Appunti di
Compatibilità Elettromagnetica
Capitolo 10 - Complementi vari
Introduzione: concetti generali ................................................................... 1
Collegamenti a massa ................................................................................. 3
Percorsi di ritorno alternativi ...................................................................... 5
Terre e masse di segnale ............................................................................. 7
Distribuzione dell’energia elettrica commerciale nelle abitazioni ........ 7
Collegamenti del cordone di alimentazione delle apparecchiature ....... 9
Massa di segnale................................................................................. 12
Collegamento a massa a punto comune ed a punti multipli ....................... 12
Argomenti vari ............................................................................................... 22
Normative di Compatibilità Elettromagnetica........................................... 22
Sicurezza contro l’infortunio elettrico ...................................................... 22
Principali norme italiane sugli impianti elettrici ................................ 28
Pericolosità della corrente.................................................................. 29
INTRODUZIONE: CONCETTI GENERALI
La progettazione di sistemi elettromagneticamente compatibili si basa sull’applicazione di
tutta una serie di tecniche e principi. A loro volta, queste tecniche tengono conto, tra le altre cose,
del fatto che quasi mai si può ragionare in termini di comportamento ideale dei componenti
circuitali. Un esempio classico riguarda il collegamento a massa tra due punti: per realizzare
questo collegamento, si potrebbe pensare di unirli tramite un lungo filo connesso al potenziale di
terra; tuttavia, questo basterebbe a portare i due punti a circa lo stesso potenziale solo per frequenze
di lavoro molto basse e/o in presenza di correnti piccole sul collegamento stesso. Al contrario, se si
passa a lavorare ad alte frequenze (ad esempio 100 MHz), bisogna sempre ricordare che un filo
presenta una impedenza talvolta significativa dovuta principalmente
alla sua induttanza e non alla sua resistenza:
z& = R + jX ≅ jωL = j ⋅ 2πf ⋅ L
f = 100MHz 
→ z& ≅ j ⋅ 6.3 ⋅10 8 ⋅ L
In base a questa espressione, basta una induttanza di 0.1 µH (= 10-7 H), per avere una impedenza
di circa 100 Ω. Allora, se con questo filo si intende realizzare un percorso a bassa impedenza
per le correnti ad alta frequenza, l’obbiettivo di fatto non viene raggiunto: a tale frequenza, i due
punti non risultano equipotenziali.
Quindi, questo è un tipico caso in cui si tende a pensare ai fili ed
agli altri componenti di un sistema in termini di comportamento
ideale e/o in continua e non in termini di comportamento alle alte
Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 10
frequenze, alle quali tipicamente si manifestano i problemi di
compatibilità elettromagnetica.
Gli esempi in cui è necessario vigilare sulle potenziali insorgenze di problemi di natura
elettromagnetica sono svariati. Pensiamo ad esempio al posizionamento di un filo all’interno di una
apparecchiatura. Di solito, la scelta di tale posizionamento è fatta solo con criteri di comodità, ma
questo talvolta può essere sbagliato. Ad esempio, supponiamo che un connettore sia collocato su
un circuito stampato in modo che il cavo uscente da questo connettore debba necessariamente
essere posizionato al di sopra della superficie del circuito stampato se si vuole che esso si colleghi
con il dispositivo voluto. La figura seguente mostra un caso pratico di questo problema, in cui un
cavo a nastro per il collegamento con un lettore di dischi magnetici passa al di sopra del circuito
stampato e, in particolare, dell’oscillatore del sistema (che lavora tipicamente a frequenza
superiore a 10 MHz):
In questa situazione, è molto probabile che l’oscillatore si accoppi al cavo, consentendo così al
segnale dell’oscillatore stesso di propagarsi, in modo non desiderato, alle altre parti del sistema e/o
anche di irradiarsi dal cavo. In modo analogo, avverrà l’accoppiamento da altri componenti in
prossimità del cavo, come per esempio i trasformatori dell’alimentatore a commutazione.
Questo è d’altra parte un caso in cui la soluzione è abbastanza semplice: basta collocare il
connettore in un posto diverso sulla schema oppure ruotare la scheda all’interno dell’apparecchiatura
in modo che il cavo non debba passare al di sopra del circuito stampato.
Un altro fattore fondamentale per un buon progetto dal punto di vista della compatibilità
elettromagnetica consiste nel non fare affidamento sui metodi di “forza bruta”, come la
schermatura e/o la messa a terra. Questi due concetti vengono spesso travisati: infatti, la
schermatura e la messa a terra risultano talvolta inefficaci (ad esempio perché applicati
erroneamente) a tal punto da aggravare i problemi e questo per un motivo molto semplice: nella
pratica, la schermatura e la messa a terra non potranno mai essere
realizzati in modo ideale.
Per quanto riguarda la schermatura, i problemi sono diversi:
• in primo luogo, molte apparecchiature non consentono la realizzazione ideale degli schermi:
per esempio, un qualsiasi schermo perde la sua idealità nel semplice caso in cui è necessario
che esso venga attraversato da un cavo di collegamento alla rete di distribuzione dell’energia
oppure quando bisogna praticarvi una apertura necessaria alla ventilazione;
• in secondo luogo, vincoli di estetica e di costo richiedono spesso che l’apparecchiatura sia
sistemata in un contenitore di plastica, che non fornisce praticamente alcuna schermatura.
Autore: Sandro Petrizzelli
2
Complementi vari di Compatibilità Elettromagnetica
Eventualmente, si può pensare di spruzzare, all’interno del contenitore, una vernice
conduttiva, come pure si può pensare di immergere strisce metalliche nella plastica
durante la fusione. In ogni caso, però, nessuno di questi rimedi avrà l’efficacia prevista se, ad
esempio, ci sono delle aperture nel contenitore oppure se ci sono dei cavi che vanno da tale
apparecchiatura verso periferiche esterne. A tal proposito, potrebbe per esempio essere inutile
racchiudere un circuito stampato all’interno di uno schermo metallico, se poi ci sono conduttori
che escono dal circuito stampato attraversando lo schermo e portando al loro interno segnali ad
alta frequenza: dobbiamo infatti ricordarci che ogni conduttore metallico è in
grado di irradiare se trasporta una corrente elettrica e
l’efficienza di irradiazione è tanto migliore quanto maggiore è
la frequenza della suddette corrente.
Quest’ultimo concetto, secondo cui ogni conduttore metallico è in grado di irradiare, è di
particolare importanza. Infatti, anche uno schermo oppure un conduttore di massa sono
conduttori metallici; se lo schermo è collegato ad un punto che presenta un potenziale ad alta
frequenza dell’ordine dei mV, lo schermo stesso diventa un elemento radiante e potrebbe provocare
problemi sia di emissioni radiate sia di emissioni condotte.
Ancora una volta risulta dunque importante pensare all’impatto elettromagnetico di un
progetto non tanto in continua o alle basse frequenze, quanto alle frequenze considerate dalle norme
(cioè frequenze comprese tra 30 MHz e 1 GHz).
La messa a terra è un tipico esempio di come le prestazioni alle alte frequenze non
corrispondano alle aspettative. Generalmente, si è abituati e considerare la
“massa” o la “terra” come una superficie equipotenziale ad impedenza
nulla, ossia come un conduttore perfetto (σ=∞). In realtà non è così.
Tipicamente, attraverso la massa passano correnti con componenti spettrali che vanno dalla continua
a oltre i 100 MHz; quando parliamo di MHz, abbiamo già visto prima che la resistenza dei conduttori
risulta senz’altro trascurabile in confronto a quella dovuta all’induttanza del conduttore di massa:
z& = R + jX ≅ jωL = j ⋅ 2πf ⋅ L
Questo implica che, a tali frequenze, sia necessario considerare la
massa come un possibile percorso per la corrente e non come una
superficie equipotenziale.
COLLEGAMENTI A MASSA
Nell’accezione convenzionale, con il termine massa (o terra) si intende una superficie
equipotenziale ad impedenza nulla, ossia un conduttore perfetto (σ=∞), che spesso viene considerato
solo dal punto di vista del suo comportamento in continua. In realtà, nessuno di questi
concetti è applicabile quando si considerano applicazioni con
frequenze di lavoro particolarmente elevate (dalle decine di MHz in
su): infatti, tutti i conduttori presentano un certo valore di impedenza z& = R + jX ; questo
comporta che ogni corrente che passa attraverso la massa generi una differenza di potenziale tra i
vari punti della superficie.
Per comprendere a pieno il concetto, consideriamo lo schema mostrato nella figura seguente, dove
sono considerati due sottosistemi (ad esempio due circuiti stampati) collegati a massa (costituita
ad esempio da una pista di circuito stampato oppure da un semplice filo oppure anche da un piano
metallico):
3
Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 10
Generatore
Sottosistema
1
- ZG1 (I 2+I1 ) +
I1
Sottosistema
2
- ZG2I 2 +
ZG1
I2
ZG2
Massa
Abbiamo fatto l’ipotesi che la massa (o conduttore di ritorno) del secondo sottosistema sia
collegata alla massa del primo sottosistema, il che significa che i sottosistemi condividono, dal primo
in poi, lo stesso conduttore di ritorno.
I due sottosistemi qui considerati possono essere sia digitali sia analogici sia una combinazione
dei due tipi:
• nel caso di sottosistemi digitali, la corrente dell’alimentazione (a +5V) ritorna alla sua
sorgente (un alimentatore in continua) percorrendo questa massa; tale corrente, inoltre,
commuta il suo stato secondo la commutazione dei dispositivi logici; tali commutazioni fanno
sì che lo spettro della corrente sia abbastanza largo, tanto più largo quanto più rapide sono le
commutazioni;
• nel caso di sottosistemi analogici, invece, la corrente può essere composta, in generale, sia
da segnali a banda stretta, in bassa o alta frequenza, sia da segnali a banda larga, come quelli
prodotti da un arco elettrico sulle spazzole di un motore in corrente continua. Anche i segnali
analogici ritornano alle loro sorgenti lungo un certo cammino di ritorno.
La corrente di ritorno I2 del secondo sottosistema, nel suo percorso di ritorno attraverso il
conduttore di massa, attraversa una impedenza complessiva ZG2, dando così origine ad una differenza
di potenziale, ai capi di tale impedenza, pari a ZG2I2. Questo fatto ci mostra subito che tra i
collegamenti a massa dei due sottosistemi esiste senz’altro una differenza di potenziale (che invece,
idealmente, dovrebbe essere nulla), tanto maggiore quanto maggiori sono zG2 e I2.
La corrente I2 si somma poi alla corrente di ritorno I1 del primo sottosistema ed insieme
attraversano la nuova impedenza ZG1, dando così origine ad una differenza di potenziale, ai capi di
tale impedenza, pari a ZG1(I1+I2). Questa espressione mostra una cosa molto interessante: in presenza
di eventuali variazioni di segnale dovute esclusivamente al secondo sottosistema, cambia la corrente
I2 e cambia anche la tensione ai capi di ZG1; quindi, a causa dell’impedenza zG2,
eventuali variazioni di segnale nel secondo sottosistema finiscono
per influenzare, in modo direttamente proporzionale, il potenziale
del punto di collegamento a massa del primo sistema:
Vmassa ,1 = z G1 (I1 + I 2 )
Questo indica dunque che il segnale nel secondo sottosistema si accoppia con il primo
sottosistema in virtù dell’impedenza non nulla del piano di massa e della condivisione dello stesso
conduttore di ritorno per entrambi i sistemi.
Autore: Sandro Petrizzelli
4
Complementi vari di Compatibilità Elettromagnetica
In modo del tutto analogo, il potenziale del punto di collegamento a massa del secondo
sottosistema vale
Vmassa , 2 = z G1 (I1 + I 2 ) + z G 2 I 2
Di conseguenza, su tale potenziale viene riportato il segnale del primo sottosistema ancora
attraverso l’impedenza ZG1.
Questo fenomeno è indicato spesso col nome di accoppiamento tramite l’impedenza di
modo comune. Esso illustra in modo semplice ma estremamente efficace l’importanza degli effetti
non ideali dell’impedenza di massa.
Un altro errore frequente è quello di considerare che l’impedenza di massa sia dovuta alla sua
resistenza in continua o a bassa frequenza. Al contrario, per alte frequenze (ad esempio
nel campo [30MHz,1GHz] indicato dalle norme di compatibilità
elettromagnetica
sulle
emissioni
radiate),
la
resistenza
dei
conduttori è sicuramente trascurabile rispetto all’induttanza dei
conduttori stessi:
z& = R + jX ≅ jωL = j ⋅ 2πf ⋅ L
PERCORSI DI RITORNO ALTERNATIVI
Sempre nell’ambito di errori concettuali abbastanza frequenti, spesso si suppone che le
correnti ritornino alle loro sorgenti solo lungo i percorsi
appositamente previsti a tale scopo. In effetti, questo è quanto
succede di solito alle basse frequenze e sicuramente in continua.
Viceversa, alle alte frequenze la cosa è diversa e sicuramente non è più valido supporre a priori che
le correnti ritornino lungo i percorsi previsti; nella realtà, possono nascere, a seconda delle
situazioni, percorsi di ritorno alternativi (e spesso dannosi) a quelli previsti teoricamente, come
illustrato nella figura seguente:
Come si vede, il percorso di ritorno desiderato per i segnali nel sottosistema 2 è quello che porta
tali segnali attraverso il conduttore di ritorno appositamente predisposto; al contrario, a causa di
fenomeni di accoppiamento tanto più probabili e intensi quanto maggiore è la frequenza, potrebbe
svilupparsi un percorso di ritorno che passa attraverso il sottosistema 1, che quindi risulta
influenzato, in modo indesiderato, dai segnali provenienti dal sottosistema 2.
Un facile esempio pratico di questo fenomeno è costituito dal fenomeno della cosiddetta diafonia
in un cavo schermato. Non vogliamo scendere nei dettagli (troppo onerosi) della diafonia, per cui ci
limitiamo a dire che essa si verifica quando, data una linea di trasmissione a 3 o più conduttori, si
verifica un accoppiamento tra due o più circuiti, per cui segnali teoricamente indipendenti tra loro
5
Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 10
risultano invece mutuamente influenzati. Per essere ancora più chiari, consideriamo una semplice
linea a 3 conduttori:
conduttore di andata del circuito generatore
RL
RS
conduttore di andata del circuito ricevitore
+
-
R NE
R FE
conduttore di ritorno
z=0
z=L
z
Si distinguono qui un circuito generatore, alimentato da una sorgente, ed un circuito
ricevitore, costituito semplicemente da due resistenze. In condizioni ideali, sul circuito ricevitore
dovremmo avere sempre lo stesso potenziale data l’assenza di sorgenti. Al contrario,
l’accoppiamento tra il circuito ricevitore ed il circuito generatore, dovuto alle correnti che circolano
in quest’ultimo, fa si che la resistenze RNE e RFE vedano una tensione non nulla ai propri capi.
Questo è appunto il fenomeno della diafonia1.
Consideriamo allora il caso della diafonia in un cavo schermato sopra un piano di massa, come
illustrato nella figura seguente:
Idealmente, il circuito dovrebbe essere tale per cui la corrente IS (prodotta nel circuito dal
generatore VS) attraversa il cavo, poi il carico RL ed infine ritorna alla sorgente attraverso il piano
di massa (che quindi funge da conduttore di ritorno). Tuttavia, l’analisi rigorosa di questa
situazione mostra che questo avviene effettivamente (figura superiore) solo per frequenze di lavoro
1
Tipicamente, esso si manifesta durante una conversazione telefonica: mentre parliamo, ci “sembra” di ascoltare la conversazione
tra altri due interlocutori: questo accade perché il segnale corrispondente all’altra conversazione si è accoppiato sui conduttori
che stiamo utilizzando noi in quel momento e quindi risulta da noi udibile.
Autore: Sandro Petrizzelli
6
Complementi vari di Compatibilità Elettromagnetica
inferiori ad una certa frequenza di taglio f0 del circuito costituito dallo schermo e dal piano di
massa.
Al contrario, per frequenze superiori ad f0 (figura inferiore), si dimostra che la corrente trova nello
schermo un percorso di ritorno con impedenza minore rispetto al piano di massa (a prescindere da
quanto esso sia esteso o da quanto piccola sia la sua impedenza), per cui segue tale percorso e non
quello previsto.
A fronte di queste considerazioni, è evidente che l’individuazione intuitiva del
percorso di ritorno della corrente (cioè il percorso a minore
impedenza) si rivela un approccio sbagliato: se la corrente ha un contenuto
spettrale esteso su un ampio intervallo di frequenza, alcune componenti spettrali (quelle con f<f0)
ritorneranno alla sorgente lungo il piano di massa, mentre altre componenti (quelle con f>f0)
torneranno lungo il cammino costituito dallo schermo.
In ogni caso, quindi, tutte le componenti spettrali della corrente tornano indietro attraverso il
percorso di minore impedenza, ma tale percorso è diverso a seconda che la frequenza considerata sia
inferiore o superiore alla frequenza di taglio f0.
Molto spesso, dunque, bisogna evitare di determinare il percorso a minore impedenza
semplicemente con una ispezione dello schema circuitale, ma bisogna fare una analisi molto più
approfondita.
TERRE E MASSE DI SEGNALE
Il concetto che una massa sia una superficie a potenziale zero è
corretto in continua e spesso alle basse frequenze, ma non è mai vero alle
alte frequenze, dato che i conduttori presentano delle impedenze (di
natura induttiva) significative e le correnti ad alta frequenza,
percorrendo tali impedenze, danno origine a punti della stessa massa ma
con potenziali differenti. Questa fondamentale considerazione introduce la distinzione tra
due tipi di “massa”: la terra (detta anche massa di sicurezza) e la massa di segnale.
Per comprendere questi concetti, studiamo il modo con cui viene fornita l’alimentazione
elettrica commerciale nelle abitazioni.
Distribuzione dell’energia elettrica commerciale nelle abitazioni
I cavi che portano l’energia lungo il territorio sono costituiti da due conduttori di tensione
(filo rosso e filo nero) ed un conduttore di massa connesso alla massa fisica della terra
(mediante un’asta metallica conficcata nel terreno2), ottenendo il classico sistema trifase:
2
Il collegamento del conduttore centrale con la terra serve per realizzare la protezione contro il pericolo di scosse e di incendi in
caso di guasti, come si vedrà in seguito. Non solo, ma c’è un altro motivo per questo collegamento: è noto che la Terra può essere
assimilata ad una sfera metallica, il che quindi crea un accoppiamento capacitivo tra tale sfera e le linee di distribuzione
dell’energia; per evitare problemi, gli enti di distribuzione dell’energia (ENEL in Italia) cercano di portare il neutro al potenziale
di terra, in modo che il centro stella della linea sia approssimativamente al potenziale di terra.
7
Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 10
Rete di
distribuzione
dell'energia
Rosso
Fusibile
Terra
Nero
P (Fase)
nero
+
120V
+
120V
-
Carico
N (Neutro)
bianco
GND(Sicurezza)
verde
Scatola
di presa
Negli USA, la tensione (alternata) presente tra i conduttori esterni (il filo rosso ed il filo nero) è di
240 V (valore efficace) mentre quella presente tra ciascun conduttore ed il conduttore centrale di
terra è di 120 V (valore efficace) In Italia, invece, la tensione presente tra i due conduttori è di 400
V (valore efficace) mentre quella presente tra ciascun conduttore ed il filo di terra è di 230 V (valore
efficace)3.
I tre conduttori arrivano all’ingresso del pannello di servizio presente in ciascuna abitazione,
come illustrato in figura. Per portare materialmente l’energia all’interno delle abitazioni, si passa ad
un sistema di alimentazione monofase: la società che gestisce la rete4 mette a disposizione
solo uno dei due conduttori di tensione (detto fase, P, o anche filo caldo) ed il conduttore di terra
(detto neutro, N). Questo comporta che la tensione disponibile all’interno delle abitazioni sia di 120
V negli USA e di 230 V in Italia.
In realtà, dato che anche l’altro conduttore di tensione della rete arriva comunque nelle abitazioni,
è possibile anche utilizzare (ad esempio per determinati elettrodomestici) la tensione di 240 V (negli
USA) o di 400 V (in Italia): in questo caso, si inserisce un fusibile o un interruttore automatico
di protezione su ciascuno dei conduttori collegati a questi carichi.
Da notare che nella parte del pannello di servizio interna all’abitazione, la colorazione dei cavi
prevede il nero per la fase (o filo caldo) ed il bianco per il neutro, con riferimento al colore dei
rivestimenti usati per tali cavi.
Oltre la fase ed il neutro, nelle abitazioni è presente anche un terzo conduttore, detto filo di
sicurezza (simbolo: GND), di colore verde negli USA e giallo-verde in Italia. L’uso del termine
sicurezza deriva dalle seguenti considerazioni:
• se consideriamo la generica presa di alimentazione domestica (dove cioè andiamo a
connettere le spine dei nostri elettrodomestici), i fili di fase e di neutro vengono collegati ai
due morsetti della presa stessa; in tal modo, inserendo la spina del cordone di alimentazione di
un dispositivo nelle due fenditure della presa, si ottiene l’alimentazione a 120 V negli USA ed
a 230 V in Italia;
3
Il valore di 230 V (efficaci) è piuttosto recente, in quanto fino a poco tempo fa era 220 V. La maggior parte delle apparecchiature
commercializzate negli ultimi tempi certificano il proprio funzionamento sia per 230 V sia per 220 V.
4
In Italia si tratta dell’ ENEL
Autore: Sandro Petrizzelli
8
Complementi vari di Compatibilità Elettromagnetica
• il filo di sicurezza, che viene posato in tutto l’edificio insieme ai fili di fase e di neutro, viene
collegato, nella scatola di presa, sia ad una terza fenditura (quella centrale) sia alla struttura
metallica della scatola:
Scatola di presa
P (Fase)
+
GND
120V
N (Neutro)
-
Questo serve per realizzare un percorso attraverso il quale le
eventuali correnti di guasto possono fluire, andando verso il
pannello di servizio di entrata, dove interrompono il fusibile
di protezione (o aprono l’interruttore automatico di protezione)
di quel circuito;
• supponiamo, per esempio, che all’interno della scatola di presa il filo nero di stacchi
accidentalmente ed entri in contatto con la scatola metallica; attraverso il filo di sicurezza
esiste un percorso che consente alla corrente di tornare verso il pannello di servizio di ingresso
e quindi di aprire l’interruttore automatico di questo circuito. Se il filo di sicurezza non ci fosse
o non fosse collegato alla scatola di presa, quest’ultima verrebbe a trovarsi ad una tensione di
120 V (o 230 V) rispetto alla terra, con il conseguente pericolo di scossa per chiunque toccasse
la scatola stessa.
Si deduce, dunque, che l’unico caso in cui il filo di sicurezza è attraversato da corrente è in caso
di guasti del tipo appena descritto. Al contrario, la corrente ha il suo normale percorso di ritorno nel
filo di neutro.
Osserviamo adesso quanto segue: dato che la tensione in gioco è piuttosto elevata, una piccola
differenza di tensione (dell’ordine, per esempio, di qualche centinaio di mV), presente lungo
ciascuno di questi conduttori e dovuta ad una corrente di parecchi ampere che scorre nei fili, è
decisamente trascurabile. Di conseguenza, possiamo ritenere che, rispetto all’alimentazione a 120 V
e 60 Hz (o 230V e 50 Hz), questi conduttori sono essenzialmente superfici equipotenziali. Quindi,
in questa applicazione, il concetto di terra che utilizziamo è
quello di massa di sicurezza.
Collegamenti del cordone di alimentazione delle apparecchiature
Nell’ambito di questo discorso, è utile anche esaminare il modo con cui le apparecchiature che
prelevano l’alimentazione dalla scatola di presa utilizzano la terra. I metodi comunemente utilizzati
sono due:
• apparecchiature a tre fili;
• apparecchiature a due fili.
In presenza di una apparecchiatura cosiddetta a 3 fili (5), la connessione tra l’apparecchiatura
stessa e la scatola di presa avviene nel modo seguente:
5
Sono i cosiddetti apparecchi di classe I, i più vecchi in circolazione
9
Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 10
Scatola di presa
P (Fase)
GND
N (Neutro)
Alimentatore
+
corrente
continua
120V
-
Apparecchiatura a 3 fili
Come si vede, il cordone di alimentazione (e quindi anche la spina terminale) dell’apparecchiatura
contiene 3 fili, uno per la fase, uno per il neutro ed uno per la sicurezza; quest’ultimo filo è collegato
direttamente all’intelaiatura metallica dell’apparecchiatura, in modo da fornire la stessa protezione
contro il pericolo di scosse realizzato nelle scatole di presa.
I fili di fase e di neutro sono invece collegati direttamente all’alimentatore dell’apparecchiatura:
quest’ultimo preleva la tensione alternata in ingresso e la converte in una tensione continua di valore
prefissato (quello necessario ad alimentare i vari dispositivi elettronici oppure a pilotare motori o
altri componenti all’interno dell’apparecchiatura).
Nella figura seguente è illustrato invece quello che tipicamente accade per una apparecchiatura
cosiddetta a 2 fili (6):
Scatola di presa
Trasformatore
P (Fase)
N (Neutro)
corrente
continua
+
120V
-
Alimentatore
Apparecchiatura a 2 fili
In questo caso, vengono utilizzati solo i fili di fase e di neutro. Questi apparecchi non necessitano
di collegamento all’impianto di terra in quanto la protezione è affidata a un doppio isolamento o
a un isolamento rinforzato. Per riconoscerli basta guardare la targa: deve essere riportato il
simbolo della figura seguente:
Questo simbolo si può trovare, ad esempio, su vari elettrodomestici come asciugacapelli,
aspirapolvere, radio. La loro spina non ha il contatto centrale che serve, infatti, per il collegamento al
filo di sicurezza.
Anche per questi apparecchi si potrebbe pensare di attuare la solita protezione contro il pericolo di
scosse collegando il filo di neutro all’intelaiatura dell’apparecchiatura. In realtà, non è possibile far
questo in quanto l’utente potrebbe inserire la spina in modo sbagliato nella presa, nel qual caso
l’intera intelaiatura si porterebbe alla tensione di 120 V (o 230 V), con gli stessi rischi
precedentemente citati.
6
Sono i cosiddetti apparecchi di classe II, di più recente concezione
Autore: Sandro Petrizzelli
10
Complementi vari di Compatibilità Elettromagnetica
Per evitare che l’utente commetta il suddetto errore, la maggior parte delle spine a due fili sono
fatte con uno spinotto più largo dell’altro (si dice che sono polarizzate), in modo che sia possibile
una sola posizione di inserimento della spina nei fori della presa.
Ad ogni modo, per garantirsi contro ogni pericolo di scossa, si procede come illustrato in figura: i
fili di fase e di neutro sono collegati al primario di un trasformatore posto all’interno
dell’apparecchiatura; dei due fili in uscita dal trasformatore, uno viene collegato all’intelaiatura del
prodotto. Così facendo, il trasformatore ha sostanzialmente il compito di eliminare la distinzione tra
quale dei due fili sul lato secondari sia “caldo” rispetto a terra.
Un qualsiasi guasto elettrico che coinvolga l’intelaiatura dell’apparecchiatura (che può essere un
contenitore metallico oppure la struttura metallica di un contenitore di plastica) farà aumentare
fortemente la corrente e quindi scattare l’interruttore automatico di protezione del circuito.
Esiste un motivo concreto per l’eliminazione del filo di sicurezza nelle apparecchiature a due fili:
si vuole infatti eliminare le emissioni condotte dovute alle correnti di modo comune, facendo sì che
non esista alcun circuito fisico che porti queste correnti di disturbo ad attraversare le impedenze da
50 Ω della rete di stabilizzazione dell’impedenza di linea (LISN):
Rete di
distribuzione
dell'energia
DUT
Dispositivo in prova
LISN
In effetti, questa ipotesi si rivela falsa: infatti, esiste comunque un percorso per tale correnti,
attraverso la corrente di spostamento che si sviluppa tra l’apparecchiatura e l’intelaiatura della LISN
(che invece è a 3 fili, per cui è collegata al filo di sicurezza). Non solo, ma potrebbe esistere un
ulteriore percorso, attraverso il filo di sicurezza del cavo di collegamento con una eventuale
periferica e quindi attraverso il filo di sicurezza che collega tale periferica alla LISN, secondo il
seguente schema:
Questo per dire che le apparecchiature a due fili possono ridurre i problemi di emissioni condotte,
ma in generale non riescono ad eliminarli.
11
Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 10
Massa di segnale
Fin qui, dunque, abbiamo utilizzato il concetto di massa di sicurezza. L’altro concetto è quello di
massa di segnale, che permette alle correnti di segnale di tornare alle loro sorgenti. E’ allora
importante dire che, nonostante il progetto di un sistema preveda
espressamente che le correnti ritornino attraverso questi percorsi
designati, in realtà non esiste alcuna garanzia che questo accadrà;
alcune componenti spettrali di un segnale possono ritornare
attraverso un dato percorso, mentre altre componenti dello stesso
segnale possono tornare attraverso un altro percorso.
Un cavo schermato sospeso sopra un piano di massa costituisce un buon esempio:
(dal generatore)
schermo
(percorso di ritorno indesiderato)
filo interno
(percorso di
andata)
Piano di massa
(percorso di ritorno desiderato)
Lo schermo ed il piano di massa costituiscono di fatto un circuito, dotato di una propria
frequenza di taglio, ossia di una frequenza minima tollerabile (che indichiamo con f0). Allora,
mentre idealmente vorremmo che tutte le correnti (provenienti dal generatore attraverso il filo
interno) tornassero indietro attraverso il piano di massa, nella realtà succede qualcosa di diverso:
tutte le componenti in frequenza al di sotto di f0 ritornano effettivamente attraverso il piano di
massa, mentre invece quelle al di sopra di f0 ritornano lungo lo schermo.
Quindi, nel caso di masse di segnale bisogna pensare a queste come a possibili percorsi per le
correnti. Dato che l’impedenza alle alte frequenze è principalmente di natura induttiva, è questa
impedenza che deve essere minimizzata se si vuole che la differenza di tensione lungo questa
“massa” sia piccola.
COLLEGAMENTO A MASSA A PUNTO COMUNE ED A PUNTI MULTIPLI
Ci sono due principali filosofie relative a come realizzare gli schermi di massa per il segnale:
sistemi di massa a punto comune e sistemi di massa a punti multipli. Cominciamo dalla
prima.
Un sistema di massa a punto comune si realizza quando i conduttori di
ritorno in un sistema sono collegati tutti al medesimo punto (detto
perciò punto comune) all’interno del sistema stesso. L’intento, con una
simile scelta, è quello di evitare che le correnti di due sottosistemi diversi condividano lo stesso
percorso di ritorno e producano perciò un accoppiamento di modo comune. Consideriamo a tal
proposito la figura seguente:
Autore: Sandro Petrizzelli
12
Complementi vari di Compatibilità Elettromagnetica
Generatore
Sottosistema
1
- ZG1 (I3+I2+I1) +
ZG1
I1
Sottosistema
2
- ZG2 (I3+I2) +
I2
Sottosistema
3
- ZG3 I 3 +
I3
ZG3
ZG2
Questa è una tipica realizzazione secondo il metodo della massa a punto comune e, in particolare,
si parla di collegamento in serie. Abbiamo tre sottosistemi che condividono la stessa sorgente e
che sono connessi alla massa comune tramite un unico filo conduttore; il problema ovvio di questa
configurazione è quello di consentire l’accoppiamento tramite l’impedenza di modo comune presente
tra le masse dei tre sottosistemi: infatti, i segnali del sottosistema 2 e del sottosistema 3 sono
riportati sul sottosistema 1, che invece dovrebbe essere da essi teoricamente indipendente.
La connessione a massa a punto comune ideale è invece quella del collegamento in parallelo:
Generatore
Sottosistema
1
I1
Sottosistema
2
Sottosistema
3
I 3 ZG3
I2
ZG2
ZG1
Parliamo di connessione a massa comune ideale in quanto è evidente che non si presenta il
problema dell’accoppiamento dei sottosistemi tramite l’impedenza di modo comune. Essa, tuttavia,
presenta anche uno svantaggio: dato che il punto comune di massa può trovarsi a distanza più o
meno grande dai sottosistemi, i conduttori di massa dovranno essere più o meno lunghi e, quanto
maggiore è la loro lunghezza, tanto maggiore sarà anche la loro impedenza induttiva. Se questa
lunghezza è particolarmente grande, allora l’impedenza dei fili di massa diventa grande e quindi
vengono annullati gli effetti positivi della connessione, specialmente quando la frequenza dei segnali
coinvolti è alta.
Non solo ma, come evidenziato in figura, le correnti di ritorno che percorrono i conduttori di
massa possono irradiare con efficienza verso gli altri conduttori, dando luogo all’accoppiamento tra
sottosistemi in modo analogo alla diafonia, ossia determinando problemi con le norme sulle
emissioni radiate. L’intensità con cui avviene questo fenomeno dipende dal contenuto spettrale dei
13
Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 10
segnali di ritorno: le componenti a frequenza maggiore irradieranno e si accoppieranno con maggiore
efficienza rispetto alle componenti a frequenza inferiore.
Da queste considerazioni scaturisce che la filosofia della massa a punto comune
non è ottimale sempre, ma soprattutto nei sistemi che lavorano in
bassa frequenza.
L’altra filosofia possibile è quello dei sistemi di massa a punti multipli. La figura seguente
propone una classica configurazione che segue questa filosofia:
Generatore
Sottosistema
1
- ZG1 (I3+I2+I1) +
ZG1
I1
Sottosistema
2
- ZG2 (I3+I2) +
I2
Sottosistema
3
- ZG3 I 3 +
I3
ZG3
ZG2
piano di massa
In questa configurazione tipica, il sistema di massa a punti multipli viene
realizzato usando un conduttore esteso (spesso un piano di massa)
come conduttore di ritorno. In tal modo, i singoli conduttori a massa dei sottosistemi
sono connessi al conduttore di riferimento in punti diversi. Perché si tratti di una configurazione
accettabile, si presuppone che, alla frequenza di interesse, il conduttore di ritorno (al quale sono
collegate le singole masse) presenti una impedenza estremamente bassa tra due punti qualsiasi. Se
non fosse così, non ci sarebbe chiaramente alcuna differenza tra questo schema e quello della
connessione serie con massa comune precedentemente illustrato.
Il vantaggio del sistema di massa a punti multipli, rispetto al
sistema con massa comune, è quello di poter usare connessioni a
massa più corte, proprio perché si ha un punto di riferimento più
vicino. Tuttavia, questo presuppone nuovamente che la massa presenti, tra i punti di
collegamento ed alla frequenza di interesse, una impedenza comunque molto piccola, il che non è
necessariamente vero.
A questo punto, potrebbe sembrare non chiara la differenza tra un sistema di massa a punti
multipli ed un sistema a massa comune con connessione serie; diciamo allora quanto segue:
collegare semplicemente i sottosistemi a punti di massa diversi
lungo un conduttore non costituisce di per sé un sistema di massa a
punti multipli, a meno che non si conservi lo spirito di un simile
sistema, che presuppone che l’impedenza tra questi punti di
connessione risulti molto piccola alla frequenza di interesse.
Un sistema di massa a punti multipli presenta anche un altro problema, legato alle correnti che
scorrono nel conduttore di massa. Un semplice esempio è riportato nella figura seguente, in cui è
riportato un motore in corrente continua pilotato da un circuito pilota:
Autore: Sandro Petrizzelli
14
Complementi vari di Compatibilità Elettromagnetica
Il circuito pilota è montato sullo stesso circuito stampato assieme ad altri circuiti elettronici. Esso
è alimentato in continua a +38V, come richiesto per il funzionamento del motore; è presente inoltre
una alimentazione da +5V necessaria per i dispositivi elettronici digitali. Tali due alimentazioni sono
fornite al circuito stampato tramite un apposito connettore, situato a sinistra della scheda.
Tutti questi circuiti sono collegati a massa ad una rete comune sul circuito stampato. Nel circuito
motore sono presenti correnti di intensità elevata, che attraversano la suddetta massa: tali correnti, in
corrispondenza delle commutazioni del dispositivo pilota, originano tensioni ad alta frequenza che
possono anche risultare elevate. Allora, se i dispositivi digitali sono collegati anch’essi a questa rete
di massa con uno schema a punti multipli, le tensioni originate lungo la rete di massa dalle correnti
di ritorno del circuito del motore potrebbero accoppiarsi con tali dispositivi digitali, dando luogo a
malfunzionamenti. E’ quindi un tipico problema di emissioni condotte.
Non solo, ma supponiamo che un segnale venga prelevato dal circuito stampato tramite un
connettore collocato dalla parte opposta (nel circuito stampato) rispetto al connettore di
alimentazione, come mostrato nella figura (a destra): il filo di massa di quel cavo di segnale si
troverà ad un potenziale variabile a causa dei disturbi presenti sul sistema di massa e quindi, come
sappiamo, potrebbe irradiare, originando in questo caso problemi di emissioni radiate.
Sulla base di queste (ed altre) considerazioni, l’orientamento corretto da seguire nel progetto dei
sistemi elettronici è il seguente:
• i
sistemi
di
massa
a
punto
comune
vengono
impiegati
essenzialmente nei sottosistemi analogici in cui sono usati
segnali di intensità limitata; in questi casi, il pericolo è che cadute di tensione
sulla massa dell’ordine dei mV o anche dei µV possano provocare problemi non trascurabili di
interferenza dovuti all’accoppiamento tramite l’impedenza di modo comune;
• un altro campo di applicazione dei sistemi di massa a punto
comune è quello dei dispositivi di pilotaggio dei motori: in questo
caso, infatti, si vuole evitare che le correnti di elevata intensità possano creare grandi cadute di
tensione attraverso la rete comune di massa, come descritto prima;
• nel campo dei dispositivi digitali, invece, è noto che i problemi maggiori vengono non tanto dai
disturbi esterni (cui i dispositivi digitali sono intrinsecamente immuni), quanto dai disturbi
generati internamente, che “sfruttano” l’accoppiamento tramite l’impedenza di modo comune
(come visto in precedenza); di conseguenza, al fine di minimizzare tale accoppiamento tramite
l’impedenza di modo comune, il sottosistema di massa nei sistemi
digitali è preferibilmente a punti multipli. Generalmente, si usa un
piano di massa esteso oppure numerosi cammini di terra alternati in parallelo.
15
Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 10
Ci sono poi sistemi di massa ibridi, che sono una opportuna combinazione del sistema di
massa comune e di quello a punti multipli; in particolare, questi sistemi sono tali che,
a seconda della frequenza di lavora, intervenga il meccanismo più
opportuno. Per spiegarci meglio, consideriamo un conduttore schermato sospeso sopra un
piano di massa, come illustrato nella figura seguente:
schermo
filo interno
- VDISTURBO +
Piano
di massa
I DISTURBO
Nel capitolo sulla diafonia abbiamo visto che un cavo schermato può eliminare
l’accoppiamento induttivo verso il filo interno solo se lo schermo è collegato al piano di massa
(oppure al conduttore di riferimento) ad entrambe le estremità. Tuttavia, abbiamo anche osservato
che questa configurazione rende possibile l’accoppiamento tramite l’impedenza di modo
comune: infatti, le correnti di disturbo che scorrono attraverso il conduttore di riferimento
generano una tensione lungo lo schermo e questa si accoppia con il filo interno. In particolare, questa
evenienza si verifica quando ci sono correnti di alimentazione a bassa frequenza che
scorrono nel conduttore di riferimento.
Allora, un modo molto efficace di ottenere una messa a massa dello schermo che sia selettiva e
impedisca questo accoppiamento a bassa frequenza è quello di predisporre un ulteriore schermo
attorno al cavo e di realizzare due collegamenti con il piano di massa così come illustrato nella
figura seguente:
Come si vede, l’estremità sinistra dello schermo più esterno e quella destra dello schermo più
interno sono state collegate al piano di massa, in punti diversi. In questo modo, tra i due schermi non
esiste alcuna connessione a bassa frequenza, il che evita il problema dell’accoppiamento tramite
l’impedenza di modo comune dovuto alla corrente IDISTURBO che scorre attraverso il conduttore di
riferimento.
Autore: Sandro Petrizzelli
16
Complementi vari di Compatibilità Elettromagnetica
Al contrario, avendo due conduttori concentrici, esiste tra di essi una capacità parassita (che può
risultare anche elevata) che determina un accoppiamento capacitivo, ossia sostanzialmente un
collegamento ad alta frequenza tra di essi. Questo comporta che, ad alta frequenza, lo schermo
interno risulti, di fatto, collegato al conduttore di riferimento ad entrambe le estremità, il che è ciò
che volevamo.
Riepilogando, abbiamo ottenuto un collegamento a massa di tipo selettivo: a bassa
frequenza, lo schermo interno è collegato al piano di massa ad una sola estremità, mentre invece ad
alta frequenza è collegato ad entrambe le estremità.
Questo stesso risultato si può ottenere in altro modo e, precisamente, collegando a massa
entrambe le estremità e usando un condensatore per una delle due:
schermo
filo interno
- VDISTURBO +
Piano
di massa
I DISTURBO
Il motivo è evidente: alle basse frequenze, il condensatore si comporta come un circuito aperto,
per cui lo schermo risulta collegato al piano di massa ad una sola estremità; al contrario, alle alte
frequenze il condensatore rappresenta una bassa impedenza (tanto più bassa quanto maggiore è la
frequenza) e quindi lo schermo risulterà collegato al piano di massa ad entrambe le estremità.
Tipicamente, per una configurazione di questo tipo è richiesta una capacità abbastanza elevata.
Anche in questo caso, dunque, abbiamo usato un sistema di massa ibrido, in cui cioè
intervengono meccanismi diversi di messa a massa a seconda della frequenza di lavoro.
La figura seguente illustra un altra possibile realizzazione di un sistema di massa ibrido, in cui si
sfruttano ancora una volta le proprietà dei condensatori:
Generatore
Sottosistema
1
Sottosistema
2
Sottosistema
3
Conduttore di ritorno
In questo caso, sfruttando ancora il fatto per cui i condensatori presentano una bassa impedenza in
alta frequenza ed un’alta impedenza a bassa frequenza, si è ottenuto un sistema di massa a punto
comune alle basse frequenze ed un sistema di massa a punti multipli alle alte frequenze.
E’ inoltre evidente che si ottiene la situazione perfettamente duale se, al posto dei condensatori, si
usassero degli induttori: avremo un sistema di massa a punto comune alle alte frequenze (alle quali
gli induttori sono delle basse impedenze) ed un sistema di massa a punti multipli alle basse
frequenze (alle quali gli induttori sono dei circuiti aperti). Ad esempio, un sistema di questo tipo
17
Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 10
viene usato quando, per ragioni di sicurezza, si vuol collegare i sottosistemi al filo verde di terra e si
vuole, al contempo, un sistema di massa a punto comune alle alte frequenze.
In generale, quando abbiamo a che fare con un sistema elettronico
complesso, dobbiamo prevedere tre sistemi di massa separati, come
indicato nella figura seguente:
I sottosistemi con bassi livelli di segnale devono essere collegati ad un punto di massa dedicato,
detto massa di segnale. All’interno di questo sottosistema di massa di segnale, poi, il circuito può
utilizzare un sistema di massa a punto comune, un sistema di massa a punti multipli oppure una loro
combinazione.
Il secondo tipo di sistema di massa è chiamato sistema di massa disturbata: esso rappresenta
i circuiti che operano con livelli di segnale alto oppure generato segnali con caratteristiche tipiche di
disturbo. A tal proposito, ricordiamo che un segnale può rappresentare o meno un disturbo a seconda
delle circostanze: per esempio, il contenuto spettrale alle alte frequenze dei segnali digitali di
temporizzazione può essere considerato un disturbo per quanto riguarda il soddisfacimento delle
norme oppure quando va ad interferire con altri sottosistemi; tuttavia, per realizzare tali segnali di
temporizzazione queste componenti in alta frequenza sono comunque necessarie. Al contrario, gli
archi elettrici presso le spazzole di un motore in corrente continua sono un autentico disturbo, in
quanto non sono assolutamente necessarie al funzionamento del motore.
Per chiarire meglio questi concetti, consideriamo un esempio pratico. Ad esempio, consideriamo
un circuito stampato che contiene circuiti digitali, circuiti analogici e circuiti “rumorosi” di
pilotaggio di un motore:
Autore: Sandro Petrizzelli
18
Complementi vari di Compatibilità Elettromagnetica
In primo luogo, la massa del circuito rumoroso (elettricamente) ha una connessione dedicata al
connettore della scheda, onde evitare che le sue correnti di ritorno (di intensità elevata) possano
attraversare i sistemi di massa della parte analogica e/o di quella digitale.
In secondo luogo, anche i circuiti digitali e quelli analogici hanno dei propri collegamenti di
ritorno sul connettore della scheda.
Infine, si nota una differenza sostanziale tra il sistema di massa per la parte analogica e quello per
la parte digitale: nel primo caso, abbiamo sostanzialmente un sistema di massa a punti multipli,
mentre invece nel secondo caso abbiamo un sistema di massa a punto comune, in accordo alle
considerazioni fatte in precedenza.
Il terzo ed ultimo tipo di massa è la cosiddetta terra, che è collegata alla struttura, all’intelaiatura,
agli armadi e così via. Questa massa non serve per la conduzione di correnti tranne che in presenza
di guasti o di altri fenomeni indesiderati (ad esempio scariche elettrostatiche). E’ quindi una sorta di
massa di sicurezza.
Il motivo fondamentale per cui è necessario avere 3 distinti
sistemi di massa è sempre quello di impedire l’accoppiamento tramite
l’impedenza di modo comune:
• ad esempio, consideriamo una corrente di disturbo di elevata intensità prodotta dal circuito
pilota di un motore; supponiamo anche che tale disturbo possa passare attraverso un conduttore
che viene usato anche come percorso di ritorno di un circuito digitale: la corrente produrrebbe,
lungo il percorso in comune, una caduta di tensione che viene “sentita” dal circuito digitale, il
quale potrebbe perciò risentirne. Da qui la necessità di separare i percorsi di ritorno dei segnali
di livello elevato dai percorsi di ritorno dei segnali di livello più basso; al contrario, lo stesso
percorso di ritorno può essere utilizzato da parecchi circuiti che usano segnali di ugual livello
(ad esempio basso), senza che ciò provochi interferenze (a patto, ovviamente, che l’impedenza
di modo comune non sia grande, in modo che piccole correnti di disturbo possano provocare
solo piccole cadute di tensione;
• in secondo luogo, bisogna considerare che non è importante solo il livello dei segnali, ma
anche il loro contenuto spettrale: consideriamo infatti un generico segnale di rumore, di
intensità elevata e ad ampio spettro; se questo segnale giunge ad un circuito che presenta un
filtraggio intrinseco sui propri ingressi, non si verificano problemi d interferenza se il
contenuto spettrale del rumore è per gran parte al di fuori della banda passante dei suddetti
filtri7; al contrario, la maggior parte dei circuiti digitali hanno ingressi con banda passante
abbastanza estesa, il che significa che non possiedono una valida protezione selettiva in
frequenza. Bisogna d’altra parte considerare che il filtraggio intrinseco in ingresso a taluni
circuiti può talvolta venire meno a causa di imprevisti effetti parassiti;
• infine, per quanto riguarda la terra, si è detto che attraverso di essa possono passare sia gli
intensi segnali dell’alimentazione (a 60 Hz o 50 Hz) sia quelli dovuti alle scariche
elettrostatiche; per questi motivi, è importante non vi sia alcun collegamento tra la terra e le
altre masse, in particolare quelle di segnale: in questo modo, infatti, si evita l’eventualità che
un segnale di scarica elettrostatica deviato sulla terra possa causare la variazione del potenziale
di un punto del sistema di massa di segnale al variare del disturbo.
Possiamo ora fare un esempio di come la connessione di sistemi di massa diversi possa creare dei
problemi. Facciamo allora riferimento alla figura seguente:
7
Si pensi, ad esempio, ad un circuito analogico che si comporti come comparatore: esso possiede una buona capacità di filtraggio
alle alte frequenze a causa del tempo di risposta non velocissimo degli amplificatori operazionali impiegati.
19
Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 10
Abbiamo qui due armadi , che costituiscono perciò il sistema in esame, che hanno le loro terre
collegate ad un punto comune. Essi sono anche collegati insieme per evitare che nasca una differenza
di potenziale tra loro, ad esempio causata dalle correnti di scariche elettrostatiche che si scaricano
attraverso essi.
All’interno di un armadio sono presenti due circuiti stampati, le cui masse (masse di segnale) sono
state collegate insieme. Non sarebbe giusto collegare tali masse all’armadio, dato che la predetta
scarica elettrostatica potrebbe far variare il potenziale dell’armadio, e quindi anche quello delle
masse di segnale, secondo lo stesso andamento della scarica.
Le capacità e le induttanze parassite tra l’armadio ed i circuiti interni potrebbero però far sì che il
comportamento alle alte frequenze di queste masse si discosti parecchio da quello ideale. Questa
possibilità impone che i circuiti siano il più possibile separati fisicamente gli uni dagli altri e dal
contenitore, appunto al fine di evitare accoppiamenti alle alte frequenze.
Le regole esposte fino ad ora non sono del resto inviolabili. Ad esempio, ci sono casi in cui è
possibile collegare fisicamente i sistemi di massa presenti su di una scheda. Consideriamo, a tal
proposito, il caso proposto nella figura seguente:
Abbiamo qui una scheda in cui sono presenti, insieme, circuiti digitali e circuiti analogici. La
parte digitale è alimentata a +5V, mentre quella analogica (ad esempio il solito circuito pilota di un
motore) è alimentata a +38V. Il cavo di alimentazione che porta queste alimentazioni è collegato ad
una estremità della scheda tramite un connettore di alimentazione comune.
Autore: Sandro Petrizzelli
20
Complementi vari di Compatibilità Elettromagnetica
In questo caso, potremmo anche collegare le masse del circuito digitale e del circuito analogico, in
corrispondenza del punto P1 dove le due parti sono adiacenti. Il motivo che rende possibile questo
collegamento è duplice:
• da un lato, le elevate correnti di pilotaggio del motore seguiranno, con ogni probabilità, un
percorso diretto di ritorno alla loro sorgente (in questo caso il connettore), per cui non
attraverseranno la rete di massa del circuito digitale;
• al contrario, le correnti di ritorno della parte digitale percorreranno la rete di massa del circuito
analogico, ma questo non darà problemi, dato che la corrispondente caduta di tensione prodotta
sull’impedenza di modo comune della parte analogica sarà comunque trascurabile rispetto ai
livelli di tensione a cui opera il circuito pilota.
In base a queste stesse considerazioni, sarebbe lecito collegare anche i due fili di ritorno in
corrispondenza del punto P2 presso il connettore.
Una cosa invece assolutamente non lecita sarebbe quella di connettere le due reti di massa nel
punto P1 nel caso in cui il connettore della alimentazione fosse situato a sinistra anziché a destra
della scheda: in questo caso, infatti, i ruoli della parte digitale e di quella analogica sarebbero
invertiti, nel senso che sarebbero le correnti di ritorno della parte analogica ad attraversare la rete di
massa della parte digitale, causando senz’altro malfunzionamenti in quest’ultima, data l’elevata
intensità.
L’ultima situazione che prendiamo in esame è quella di un sottosistema analogico che fornisce
segnali ad un sottosistema digitale, come riportato nella figura seguente:
Se si utilizza un conduttore di massa o di ritorno per collegare i due sottosistemi, si crea una spira
di corrente potenzialmente molto estesa, che quindi sarebbe in grado di irradiare con discreta
efficienza. Per ovviare a questo problema, sarebbe più opportuno predisporre, per ogni segnale, un
proprio conduttore di ritorno, come illustrato nella figura tramite le linee tratteggiate: se ciascun
conduttore di ritorno è posto sufficientemente vicino al corrispondente conduttore di andata, per
ciascun segnale il percorso di ritorno a minore impedenza sarà molto probabilmente quello
appositamente previsto, per cui le spire che inevitabilmente si formano sono di area molto minore
rispetto a prima e quindi irradiano ad un livello tollerabile.
21
Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 10
Argomenti vari
NORMATIVE DI COMPATIBILITÀ ELETTROMAGNETICA
Esiste una normativa legale (per i paesi a maggiore sviluppo tecnologico), che è classificabile
in 2 grossi blocchi (norme per gli USA e norme per i paesi della Comunità Europea), alla quale si
aggiunge una normativa tecnica. Per i paesi della Comunità Europea, la normativa tecnica è
rappresentata dalle norme I.E.C., che sono essenzialmente delle direttive che ogni paese
liberamente recepisce tramite proprie leggi; in Italia, ad esempio, le norme I.E.C. si traducono nella
Normativa CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano).
La normativa tecnica è sempre un punto di riferimento, anche in assenza di leggi specifiche. La
normativa tecnica prevede norme generali su emissione ed immunità degli apparecchi e poi norme
specifiche per i vari apparecchi. Questo, naturalmente, non significa che tutti gli apparecchi hanno
delle norme specifiche: qualora queste non ci siano, valgono comunque sempre quelle generali.
Per quanto riguarda le norme di carattere generale valide per i paesi della comunità europea,
citiamo le norme CEI 110-13 per dispositivi usati in ambito industriale e le norme CEI 110-7 per
quelli usati in ambiente residenziale, per commercio e per industria leggera; le norme CEI 110-7
sono ovviamente le più severe, in quanto relative a dispositivi con meno frequente opera di
manutenzione.
Importante è la direttiva CEE 89/336/CEI, recepita dalla legislazione italiana con il decreto
legislativo n° 476 del 4 dicembre 1992: essa obbliga al risposto delle Norme Tecniche in Italia.
SICUREZZA CONTRO L’INFORTUNIO ELETTRICO
Le norme tecniche relative alla sicurezza contro l’infortunio elettrico sono le CEI 11-1 , CEI 1118 e CEI 64-8: i primi due gruppi di norme (a cura del comitato 11) riguardano le
caratteristiche generali, mentre il terzo gruppo (a cura del comitato 64) è relativo ad impianti
elettrici a tensione per corrente alternata minore di 1000 V e per corrente continua minore di
1500 V.
Le norme del comitato 11 sono relative alle cabine di trasformazione, dalle quali vengono
fuori i fili di fase e di neutro tra i quali la rete commerciale di distribuzione dell’energia elettrica
(l’ENEL) ci fornisce la tensione alternata a 50 Hz con 230 V di valore efficace (cui corrisponde una
ampiezza di 330 V):
R
S
T
N
Cabina di
trasformazione
fase
Contatore
ENEL
neutro
Autore: Sandro Petrizzelli
22
230 V rms
50 Hz
Complementi vari di Compatibilità Elettromagnetica
All’interno delle cabine di trasformazione si hanno circa 400 kVA di potenza apparente ed un
fattore di fase8 cosϕ
ϕ=0.9:
V
ϕ
I
Il prodotto tra i 400 kVA ed il fattore di qualità fornisce la potenza attiva fornita agli edifici:
per cosϕ=0.9, risultano 360 kW di potenza attiva; ogni appartamento ha poi a disposizione 3 kW, il
che significa che la singola cabina di trasformazione può gestire
360kW
= 120 appartamenti
3kW
All’aumentare dello sfasamento ϕ tra tensione e corrente (dovuta ad una variazione del carico), la
corrente deve aumentare al fine di ottenere sempre la stessa tensione a parità di potenza utile (o
attiva) fornita: quest’ultima vale infatti
P = VI cos ϕ
Aumentando la corrente, però, le perdite sulle linee che portano l’energia aumentano. Di
conseguenza, l’ENEL impone alle abitazioni di rifasare i carichi (usando condensatori in parallelo),
quando ϕ>arccos0.9, in modo da ripristinare cosϕ=0.9.
All’interno delle cabine di trasformazione è presente un trasformatore trifase, che possiamo
schematizzare nel modo seguente:
20 kV
R
R (230 V)
S
T
T (230 V)
S (230 V)
neutro
Sul primario del trasformatore trifase, l’ENEL fornisce una tensione di circa 20 kV (media
tensione) tra i conduttori nello schema a triangolo. Sul secondario, invece, il
collegamento dei conduttori è a stella, dove il centro stella (o
punto comune) è rappresentato dal conduttore di neutro. Le tensioni tra i
conduttori sono di 230 V efficaci, come indicato in figura, e tali conduttori sono quelli che sono
disponibili nelle abitazioni.
8
E’ il rapporto tra modulo della tensione e modulo della corrente
23
Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 10
Dato che la Terra può essere considerata come una sfera metallica e i segnali sulle linee di
distribuzione dell’energia sono di tipo alternato, esiste un accoppiamento capacitivo tra la Terra
stessa e le suddette linee:
linea di distribuzione
C
1
.
j ⋅ 2π ⋅ 50 ⋅ C
Allora, per evitare problemi, l’ENEL tenta di portare il potenziale del Neutro al potenziale di
Terra, usando un conduttore che, almeno idealmente, presenta una resistenza RT nulla:
Alla frequenza di 50 Hz, l’impedenza associata a questa capacità è
R
S
T
N
Cabina di
trasformazione
fase
Contatore
ENEL
neutro
230 V rms
50 Hz
RT =0
C’è però un problema. Indichiamo con IR, IS ed IT le correnti assorbite dall’utenza e provenienti
dal secondario del trasformatore di trifase, come indicato nella figura seguente:
20 kV
R
S
T
IR
IS
IT
neutro
Autore: Sandro Petrizzelli
24
Complementi vari di Compatibilità Elettromagnetica
Se le correnti sono uguali in modulo e sfasate di 120°, la loro somma è nulla e quindi la legge di
Kirchhoff delle correnti ci dice che non c’è corrente attraverso il filo di neutro. Al contrario, date le
inevitabili differenze di funzionamento dell’utenza, la somma delle correnti di fase in generale non è
nulla, per cui c’è sempre una corrente anche attraverso il filo di neutro. Questa corrente,
attraversando la resistenza RT che non può essere mai nulla, porta il conduttore di neutro ad una
tensione non nulla, diversa quindi da zero. Di conseguenza, se una persona dovesse toccare il neutro
mentre ha i piedi a terra, ci sarebbe su di essa una tensione non nulla e quindi sarebbe attraversata da
corrente. Tenendo presente che anche una corrente di 30 mA, che dovesse percorrere una persona
per più di 20 ms, potrebbe esserle fatale (si tenga conto che la resistenza dell’uomo è di circa 1000
Ω, per cui, per avere una corrente non superiore a 30 mA, ci deve essere una tensione RI non
superiore a 30 V), è evidente che si tratta di una situazione da evitare.
Quindi, nonostante il neutro dovrebbe teoricamente trovarsi al potenziale di terra e quindi non
dare problemi, in realtà si tratta comunque di un qualcosa di rischioso. Questo spiega la necessità di
proteggersi sia dai conduttori di fase sia anche dal conduttore di neutro, detti conduttori attivi.
Consideriamo, ad esempio, un motore all’interno di un elettrodomestico (ad esempio una
lavatrice). Tutte le parti metalliche accessibili all’utente, come ad esempio la carcassa
dell’elettrodomestico, devono essere isolati dai conduttori attivi:
Carcassa metallica
perdita di
isolamento
fase
Motore
neutro
conduttore
di protezione
Nonostante il distacco fisico tra motore e carcassa metallica, potrebbe comunque verificarsi, come
indicato in figura, un guasto (ad esempio cede l'isolante del circuito elettrico) o comunque una
perdita di isolamento; questo potrebbe portare la carcassa ad una tensione elevata rischiosa per chi
la dovesse toccare. Di conseguenza, si procede a collegare tutte le parti metalliche suscettibili di
questo rischio ad un impianto di terra, tramite i cosiddetti conduttori di protezione9 (simbolo:
PE).
9
Sono ovviamente conduttori non attivi, al contrario dei conduttori di fase e di neutro che invece sono in tensione
25
Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 10
In un impianto elettrico ogni massa, tramite il conduttore di protezione, è collegata al
collettore (o nodo) principale di terra. A sua volta, il conduttore di terra collega il
nodo ai dispersori e i dispersori tra loro. Questi ultimi, in intimo contatto col terreno,
costituiscono la parte terminale dell'impianto di terra:
Al nodo di terra vanno collegati anche i cosiddetti conduttori equipotenziali, che
collegano
le
masse
estranee
come
tubazioni
e
strutture
metalliche.
La sezione del conduttore di protezione deve essere la stessa dei conduttori di fase fino a
16 mmq.
Idealmente, anche i conduttori di protezione dovrebbero avere resistenza nulla, ma questo non è
mai possibile, per cui la situazione è quella riportata nella figura seguente:
20 kV
R
S
IR
IS
Carcassa metallica
perdita di
isolamento
Motore
R'T
neutro
RT
conduttore
di protezione
In caso di guasto, la carcassa metallica va in tensione, per cui c’è una tensione ai capi della
resistenza RT del conduttore di tensione e quindi una corrente Ig (corrente di guasto) attraverso di
essa. Questa corrente scorre prima in R’T, poi nella resistenza RP (detta resistenza di percorso)
che separa R’T stessa da RT ed infine si richiude attraverso il conduttore di neutro. Quindi, a seguito
di questa corrente, abbiamo una tensione sulla carcassa pari a
∆V = I g ⋅ (R T + R P + R ' T )
Autore: Sandro Petrizzelli
26
Complementi vari di Compatibilità Elettromagnetica
Allora, è evidente che la corrente di guasto deve essere interrotta prima
che la tensione sulla carcassa raggiunga il valore massimo ammesso
(sarebbero i 30 V calcolati prima, anche se in realtà si tollerano valori fino a 48 V in ambiente
domestico e 24 V in ambiente ospedaliero). Per interrompere la corrente, sono presenti, sui
conduttori di fase e di neutro, appositi interruttori che scattano quando la corrente supera un
determinato limite.
In prima approssimazione, possiamo trascurare la resistenza di percorso e la resistenza R’T nella
cabina di trasformazione, per cui si può scrivere che ∆V ≅ I g ⋅ R T , per cui deve risultare
∆V ≅ I g ⋅ R T < 48V
In pratica, una volta realizzato l’impianto di terra, si va a misurare il valore di RT e quindi si fissa
la massima corrente di guasto tollerabile, oltre la quale devono scattare le protezioni.
Queste protezioni possono essere realizzate in vari modi:
• ad esempio, si possono utilizzare fusibili, il cui tempo di intervento si può
approssimativamente calcolare come 10 volte il valore nominale della corrente tollerata (ad
esempio, per 10 A il tempo di intervento è circa 100 ms);
• si possono anche usare interruttori magneto-termici, per cui vale una legge simile: se la
massima corrente nominale è 10 A, l’interruttore scatta a 100 A.
Queste considerazioni mostrano dunque che sia i fusibili sia gli interruttori magneto-termici non
garantiscono protezioni accettabili, per cui si ricorre ai cosiddetti dispositivi differenziali.
L'interruttore differenziale, se presente nel nostro quadro elettrico d'appartamento, è facilmente
riconoscibile per la presenza di un pulsante, utile per la manutenzione, contrassegnato dalla lettera T.
Il principio di funzionamento è sintetizzato nella figura seguente:
f.e.m.
fase
IP
IN
Motore
neutro
conduttore
di protezione
Attorno ai due fili di fase e di neutro viene disposta una spira aperta, che comanda due interruttori
posti in serie ai fili stessi: in condizioni normali di funzionamento, la corrente entra dal conduttore di
fase ed esce dal neutro, per cui la corrente netta concatenata alla spira è nulla e quindi, in base alla
legge di Faraday, anche la forza elettromotrice indotta è nulla.
Se invece ci fosse un guasto (ad esempio il cedimento dell'isolante di un elettrodomestico
collegato all'impianto di terra) o se comunque una parte della corrente stesse percorrendo strade
diverse (come il corpo umano in caso di scossa elettrica), risulterebbe
IP + IN = Ig ≠ 0
27
Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 10
per cui la corrente netta concatenata con la spira non è più nulla. Si induce perciò una tensione ai
morsetti della spira, che comanda l’apertura degli interruttori e quindi blocca il passaggio della
corrente di guasto. La figura seguente schematizza quello che succede in caso di contatto diretto di
una persona con una parte in tensione:
Parte della corrente non torna indietro attraverso il neutro ma prosegue l’ungo la persona, la qual
cosa viene avvertita dall’interruttore differenziale che quindi scatta.
E’ ovviamente possibile dimensionare il meccanismo in modo che scatti solo quando la corrente
di guasto raggiunge un valore limite prefissato (detto perciò sensibilità): quando si considerano i
famosi 30 mA, il dispositivo prende il nome di salvavita.
Se non è presente l’impianto di terra, il salvavita scatta solo se una persona dovesse toccare una
parte metallica in tensione, per cui esso non funziona in caso di guasto. Al contrario, in presenza
dell’impianto di terra, è comunque molto difficile che una carcassa vada in tensione.
Un qualunque impianto elettrico, specie se vecchio e con componenti non in perfette condizioni,
ha delle piccole dispersioni di corrente che, sommate tra loro, possono provocare lo scatto
dell'interruttore differenziale, senza particolari situazioni di pericolo. Per questo è consigliabile non
usare nel quadro elettrico generale un interruttore differenziale con sensibilità di valore inferiore a 30
mA. Singole prese possono comunque essere protette con sensibilità maggiori, ad esempio di 10 mA.
Principali norme italiane sugli impianti elettrici
Gli impianti elettrici vanno eseguiti a regola d'arte e per raggiungere questo obiettivo le imprese
installatrici devono seguire quanto stabilito nelle norme CEI del Comitato elettrotecnico italiano.
Alcune norme esistenti sono:
n
n
n
n
n
n
n
n
n
n
n
n
n
CEI 64-2 - Impianti elettrici nei luoghi con pericolo di esplosione.
CEI 64-4 - Impianti elettrici nei locali adibiti ad uso medico.
CEI 64-7 - Impianti elettrici di illuminazione pubblica e similari.
CEI 64-8 - Impianti elettrici utilizzatori - IV edizione - 1998
CEI 64-11 - Impianti elettrici nei mobili.
CEI 64-12 - Guida per l'esecuzione dell'impianto di terra negli edifici per uso residenziale e
terziario.
CEI 64-13 - Guida alla Norma CEI 64-4.
CEI 64-14 - Guida alle verifiche degli impianti elettrici utilizzatori.
CEI 64-15 - Impianti negli edifici pregevoli per rilevanza storica e/o artistica.
CEI 64-50 - Edilizia residenziale - Guida per l'integrazione nell'edificio degli impianti
elettrici utilizzatori ausiliari e telefonici.
CEI 81-1 - Protezione di strutture contro i fulmini.
CEI 81-4 - Valutazione del rischio dovuto al fulmine.
CEI 11-1 - Impianti elettrici con tensione superiore a 1 kV in corrente alternata.
Autore: Sandro Petrizzelli
28
Complementi vari di Compatibilità Elettromagnetica
Pericolosità della corrente
Normalmente, in presenza di un incidente di natura elettrica, si è abituati a far riferimento
alla tensione quale causa dei danni (infatti si leggono o si ascoltano frasi del tipo: "... è rimasto
folgorato da un a scarica a 20.000 volt"). In realtà, anche se è dalla tensione che parte il meccanismo,
quella che produce direttamente i danni è la corrente.
Quando una corrente elettrica attraversa il corpo umano, i danni conseguenti dipendono dal suo
valore e dalla durata del fenomeno:
• la tetanizzazione si ha quando i muscoli rimangono contratti fino a quando il passaggio di
corrente elettrica non cessa: il soggetto può sembrare attaccato alla parte in tensione, in quanto
incapace di eseguire movimenti;
• per correnti più alte può intervenire l'arresto della respirazione;
• il cuore funziona grazie a stimoli elettrici, per cui una corrente elettrica esterna può alterare il
suo funzionamento fino alla fibrillazione ventricolare;
• la corrente elettrica, per effetto Joule, riscalda le parti attraversate. Si possono, quindi, avere
ustioni.
Nella prossima figura sono rappresentate, in base al valore della corrente (espresso in mA) e alla
durata del fenomeno (in secondi), quattro zone di pericolosità, per una frequenza compresa tra i 15 e
i 100 Hz:
• zona 1 - al di sotto di 0,5 mA la corrente elettrica non viene percepita (si tenga presente che
una piccola lampada da 15 watt assorbe circa 70 mA);
• zona 2 - la corrente elettrica viene percepita senza effetti dannosi;
• zona 3 - si possono avere tetanizzazione e disturbi reversibili al cuore, aumento della pressione
sanguigna, difficoltà di respirazione;
• zona 4 - si può arrivare alla fibrillazione ventricolare e alle ustioni.
Da un punto di vista circuitale, il corpo umano può essere rappresentato tramite quattro resistenze
(quadripolo equivalente ad una persona):
29
Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 10
dove ogni resistenza R corrisponde ad un arto del corpo.
Per gli effetti sul cuore, bisogna tener conto anche del percorso della corrente. Ad esempio, tra i
più pericolosi, abbiamo i percorsi mano sinistra-torace, mano destra-torace, mani-piedi.
Il valore della corrente elettrica dipende anche dalla resistenza che il corpo umano oppone. Questa
diminuisce con pelle umida o in presenza di ferite, aumentando la pressione del contatto e
aumentando la superficie di contatto. La resistenza aumenta, invece, in presenza di zone callose.
Si possono ritenere come livelli di sicurezza i 25 volt in corrente alternata e i 60 volt in corrente
continua. Correnti ad alta frequenza (f>>50 Hz) sono meno pericolose di quelle a 50 Hz.
Autore: SANDRO PETRIZZELLI
e-mail: [email protected]
sito personale: http://users.iol.it/sandry
succursale: http://digilander.iol.it/sandry1
Autore: Sandro Petrizzelli
30