rivista svizzera di architettura, ingegneria e urbanistica Schweizerische Zeitschrift für Architektur, Ingenieurwesen und Stadtplanung 1 / 2 0 13 L’edificio e il suolo Gebäude und Boden Testi Texte Berlanda, I & A Ruby Progetti Projekte Baserga e Mozzetti + Ingegneri Pedrazzini Guidotti, Bonetti e Bonetti + Bernardoni, Coffari, Gianola, S & R Gmür, Könz Molo SIA: Il 3 marzo è necessario sostenere la revisione della LPT warning-studio comunicazione passione; 90 anni la nostra tre ol da a nt se re le rapp e d’eccellenza, La pietra natura la pietra in oper o iam rm sfo tra e tecnologie. importiamo delle più moderne da tutto il mondo mediante l’ausilio 1 91 7516653 | 7516208 - F. +4 7 64 11 75 91 om 1 +4 iss-stone-group.c (Switzerland) | T. p.com - info@sw - 6600 Locarno ou gr a CH ehis 22 cc ton -s lli lse iss Ga www.sw youtube.com/va Valsecchi SA | Via lsecchisa facebook.com/va STUDIO B IMAGE SA Novità: VOLA braccio doccia con soffione tondo. Eccezionalmente rinfrescante. VOLA AG Mülistrasse 18 CH-8320 Fehraltorf Tel: 044/955 18 18 [email protected] www.vola.ch It’s Magic L’ascensore senza sporgenza sopra il tetto. www.lift.ch FEBBRAIO Archi rivista svizzera di architettura, ingegneria e urbanistica fondata nel 1998, esce sei volte all’anno ISSN 1422-5417, Tiratura REMP: 2668 copie via Cantonale 15, 6900 Lugano – tel. 091 921 44 55 [email protected] – www.espazium.ch Direttore Alberto Caruso AC Coordinamento editoriale Stefano Milan SM Assistente al coordinamento Teresa Volponi TV Redazione Marco Bettelini MB, Debora Bonanomi DB, Andrea Casiraghi AnC, Laura Ceriolo LC, Piero Conconi PC, Mercedes Daguerre MD, Gabriele Neri GN, Andrea Pedrazzini AP, Andrea Roscet ti AR, Enrico Sassi ES, Stefano Tibiletti ST, Graziella Zannone Milan GZM Redazione online Livia De Domizio LDD Redazione comunicati SIA Sonja Lüthi, [email protected] Impaginazione Silvana Alliata Corrispondenti Andrea Bassi, Ginevra; Francesco Collotti, Milano Jacques Gubler, Basilea; Ruggero Tropeano, Zurigo Traduzioni italiano-tedesco Alexandra Geese AG Correzione bozze Fabio Cani Consiglio editoriale Giuliano Anastasi, ing. ETHZ, Locarno Nicola Baserga, arch. ETHZ, Muralto Valentin Bearth, arch. ETHZ, Coira Marco Della Torre, arch. POLIMI, Milano-Como Nicola Emery, filosofo, Collina d’Oro Franco Ger vasoni, ing. ETH, Bellinzona Massimo Martignoni, ing. ETHZ, Lumino Nicola Soldini, storico dell’architettura, Novazzano Editore Verlags-AG der akademischen technischen Vereine Staffelstrasse 12, 8045 Zurigo – tel. 044 380 21 55, fax 044 380 21 57 Walter Joos presidente; Katharina Schober, direttrice; Hedi Knöpfel, assistente Abbonamenti e arretrati Stämpfli Publikationen AG, Berna – tel. 031 300 62 57 fax 031 300 63 90, e-mail: [email protected] Abbonamento annuale (6 numeri) Svizzera Fr. 125.– / Estero Fr. 150.– / Euro 94.00 Studenti Svizzera Fr. 62.50 Abbonamenti soci SIA: SIA, Zurigo – tel. 044 283 15 15 fax 044 283 15 16, e-mail: ret [email protected] Organo ufficiale SIA Società svizzera ingegneri e architetti, www.sia.ch OTIA Ordine ticinese ingegneri e architetti, www.otia.ch Associazioni garanti SIA Società svizzera ingegneri e architetti, www.sia.ch FAS Federazione architetti svizzeri, www.architekten-bsa.ch USIC Unione svizzera ingegneri consulenti, www.usic-engineers.ch A3 Associazione diplomati dell’EPFL, http://a3.epfl.ch ETH Alumni Ex allievi dell’ETH, www.alumni.ethz.ch Stampa e rilegatura Stämpfli Publikationen AG, Berna Pubblicità Svizzera italiana e Svizzera tedesca: Kömedia AG, CP 1162, 9001 San Gallo tel. 071 226 92 92, fax 071 226 92 93 Svizzera romanda: Kömedia AG, Rue de Bassenges 4, 1024 Ecublens tel. 021 691 20 84, fax 021 693 20 84 La riproduzione, anche parziale, di immagini e testi, è possibile solo con l’autorizzazione scritta dell’editore e con la citazione della fonte. Nel prossimo numero Giardini periferici 1/ 2 013 6 Comunicati aziendali Interni e design 9 La ricetta di atelier oï a cura di Gabriele Neri L’edificio e il suolo a cura di Enrico Sassi Editoriale 15 Il suolo dell’architettura Alberto Caruso 17 Groundscapes Ilka & Andreas Ruby 23 L’incontro con il suolo nell’architettura ticinese Tomà Berlanda 29 Casa monofamiliare, Biasca Luca Cof fari 34 Autorimessa CMB , Camorino Bonetti e Bonetti architetti, Bernardoni SA 38 Casa ai Pozzi, Minusio Silvia e Reto Gmür 44 Casa al Ronco, Pregassona Jachen Könz, Ludovica Molo 50 Villa a Vacallo Ivano Gianola 54 Casa Minghetti-Rossi, Gordola Nicola Baserga, Christian Mozzetti, Ingegneri Pedrazzini Guidotti TI 62 Diario dell’architetto a cura di Paolo Fumagalli 66 Archivi Architetti Ticinesi Edificio commerciale SEPU a Zaragoza 68 Accademia Architettura Mendrisio Riuso e restauro SIA 71 Comunicati OTIA 77 Comunicati 79 Offerte di lavoro Libri 80 Segnalazioni a cura di Enrico Sassi La traduzione del testo di Ilka & Andreas Ruby è a cura di Mercedes Daguerre ERRATA CORRIGE La fonte delle immagini dell’articolo di Martin O. Bachmann nello scorso numero è Pöyry Infra AG e non Poyly come menzionato. Dello stesso editore 02 139 e année / 30 janvier 2013 Bulletin technique de la Suisse romande DOSSIER VERTICALITÉS Concept Consult Architectes, Mozinor, Herzog & de Meuron à Miami Beach Tracés n.02 VERTICALITÉS www.revue-traces.ch Tec21 n.7-8 HALLENBAD CITY ZÜRICH www.tec21.ch In copertina: Luca Cof fari, casa monofamiliare a Biasca Foto Filippo Simonet ti C OMUNICATI A ZIENDA LI Stûv : tutti i vantaggi dei focolari a legna «a bassa energia» È possibile installare un focolare «a bassa energia» in un’abitazione tradizionale? Questo focolare funzionerà a regime elevato nelle stagioni intermedie, quindi nelle migliori condizioni (zona chiara nello schema sottostante). Solo quando il freddo è più intenso vi sarà anche il contributo del riscaldamento centralizzato (zona più scura). Si deve pertanto evitare di installare un focolare che funziona al minimo per la maggior Cos’è un focolare «a bassa energia» ? parte del tempo e a regime ottimale È un focolare che: - ha una camera di combustione più solo alcune settimane l’anno. compatta, una potenza adattata alle esigenze delle nuove abitazioni, Stûv in breve unconsumo inferiore e sempre un Stûv è un’azienda belga che progetta, costruisce e commercializza soluzioni ottimo rendimento, - ha una gamma di utilizzo più ampia, di riscaldamento a legna (stufe, inserti - è a tenuta ermetica e provvisto di e caminetti da posa) destinate ad esaltare il fuoco, sia nella sua dimensione una presa d’aria esterna diretta. funzionale (riscaldamento) che emotiva Perché scegliere un focolare «a bassa (bellezza della fiamma, piacere, socievolezza e comfort termico). energia»? È indispensabile per le abitazioni «a A tale scopo, Stûv si propone di seguire bassa energia» che hanno esigenze costantemente un approccio sevedi riscaldamento limitate, per evitare ro, fondato sulla creatività, il design, surriscaldamenti e disagi. È molto utile la qualità dei prodotti sviluppati e il per ridurre il consumo di un sistema di loro adeguamento nei confronti delle riscaldamento centralizzato (o di un aspettative dei consumatori, riconoscendo sempre maggiore importanza sistema di riscaldamento elettrico). ai valori umani. Stûv impiega direttaE perché non scegliere un focolare più mente 120 persone, con altrettanti in potente, che viene fatto funzionare al subappalto. L’azienda, con un fatturato di 25 milioni di euro, produce ogni anno minimo? Perché un focolare a legna, anche mol- 15.000 focolari ed esporta il 75% della to potente e utilizzato a regime elevato, sua produzione. funziona male al minimo: si surriscalda, consuma troppo, il ritorno di fumo è www.stuv.com considerevole, il vetro si sporca. Le nuove abitazioni sono sempre meglio isolate termicamente, questo è un dato di fatto. Per ottimizzare il benessere degli occupanti, si deve scegliere una soluzione di riscaldamento adattata… Stûv offre una gamma completa di soluzioni di riscaldamento a legna «a bassa energia». 25° 20° Variazione della temperatura esterna 15° 12° 10° Calore fornito dal focolare a legna 5° 3° 0° Calore fornito dal riscaldamento centralizzato - 5° - 10° Giugno Maggio Aprile Marzo Febbraio Gennaio Dicembre Novembre Ottobre Settembre Agosto Luglio I rivenditori / Lack SA I focolari Stûv sono disponibili in una quarantina di punti vendita in Svizzera. Potete trovare l’elenco su www.lack-sa.ch o su www.stuv.com/it/contatto/ i-distributori/punti-vendita.html 6 NOVITÀ: braccio doccia con soffio- Nuovo scanner per dita overto ne tondo VOLA – eccezionalmente rinfrescante overto fissa nuovi criteri Feller ha ulteriormente sviluppato il Puntualmente, per l’inizio dell’anno sistema d’accesso biometrico overto 2013 VOLA presenta il nuovo braccio che aveva già riscontrato successo. Un doccia con soffione tondo. Si tratta di nuovo scanner per dita con sensore a un nuovo elemento per la progetta- righe capacitivo migliora ancora sensizione di bagni esclusivi, nei quali viene bilmente le capacità di riconoscimento assegnato particolare valore all’ele- e valutazione. Questo ricava informaganza sobria e al lusso personalizzato. zioni non sulla pelle, come accadeva finora, ma anche all’interno della pelle. L’elemento fondamentale di design Perciò è più veloce, più preciso e meno del nuovo braccio doccia con soffione sensibile agli influssi ambientali. Nuovi è l’anello sottile, che gli conferisce un processori e memorie contribuiscono effetto molto filigranato. La sua effi- ad aumentare l’efficienza dello scanner cienza si deve alla piastra del soffione per dita. Una guida per dita ottimizzata doccia. L’acqua viene condotta attra- e la scansione multipla migliorano la verso 18 serie di fori che si diramano qualità della lettura. a ventaglio dal centro sulla piastra. Questo assicura anche un’incompa- Sensore a righe capacitivo rabile esperienza doccia. Metodo di misurazione tramite segnale RF fino agli strati cutanei più profondi. La sostenibilità è stata sempre impor- Riconosce meglio le dita che presentante per VOLA. Il principio basilare tano solo poche caratteristiche e le è sempre stato quello di mettere a dita sporche. disposizione la quantità d’acqua ideale, necessaria, senza tuttavia rinunciare Caratteristiche a nessun comfort di azionamento. Migliori caratteristiche di lettura Il braccio doccia con soffione tondo Migliore guida delle dita viene perciò offerto con due diverse Design unitari EDIZIOdue portate di flusso: 24 L/min e 15 L/min. colore e Umidità Ripresa multipla delle dita: almeno 3 scansioni determinano Come è consueto per VOLA, sussiste la migliore immagine delle dita una vasta gamma di possibilità d’impiego per il nuovo braccio doccia con Processore e memoria più efficienti soffione. Esso è disponibile come Sensore a righe capacitivo (riconoscibile dal colore oro) modello a soffitto o a parete, cromato lucido, in acciaio legato massiccio Superficie antigraffio e antiurto Ciclo di vita più lungo del sensore spazzolato e in innumerevoli colori. a righe (>10 milioni) 5 anni di garanzia Feller VOLA AG Signor Alex Stadler Mülistrasse 18 8320 Fehraltorf Tel: 044 955 18 18 www.VOLA.ch / [email protected] Feller SA CP 8810 Horgen Tel. 044 728 72 72 www.feller.ch Lavello e rubinetto Centinox Piano di lavoro PureSteel CrystalFinish LIFESTYLE IN ACCIAIO. MADE BY FRANKE. Date espressione al vostro stile personale. Con Franke Centinox: Lavello, rubinetti e accessori coordinati. Creati grazie ad un’esperienza centenaria. Perfetti per design e funzionalità. Combinati ad un piano di lavoro PureSteel CrystalFinish – la raffinata lastra in acciaio laminata a caldo che affascina con una brillantezza serica. www.franke.ch Ugo Bassi SA via Arbostra 35 CH-6963 Lugano-Pregassona Tel. 091 941 75 55 Fax 091 940 95 93 [email protected] Un valore aggiunto per il vostro immobile: il collegamento via cavo HD con ancora più prestazioni = Collegamento via cavo HD + Digital TV Optate già oggi per la rete del futuro. Attraverso la rete via cavo HD, upc cablecom offre l’accesso a 55 canali TV digitali senza codifica, di cui 19 in qualità HD garantita. Contemporaneamente beneficiate di una connessione Internet gratuita che nella maggior parte delle regioni arriva a una velocità di 2 000 Kbit/s. Internet Phone Il collegamento via cavo HD offre accesso a una navigazione ancora più veloce fino a 150 000 Kbit/s, a un’esperienza televisiva digitale ancora più intensa e alle vantaggiose offerte della telefonia. Maggiori informazioni al numero 0800 66 88 66 oppure sul sito upc-cablecom.ch/collegamento Più prestazioni, più emozioni. + INTERNI E DESIGN A cura di Gabriele Neri in collaborazione con VSI . ASAI La ricetta di atelier oï Intervista a Patrick Reymond, fondatore dello studio svizzero Atelier oï è uno studio di progettazione con base a La Neuveville, sul lago di Bienne. Attivo da più di vent’anni, si è distinto per la capacità di muoversi tra diverse discipline – dall’architettura alla scenografia – mantenendo fissa l’attenzione per una dimensione artigianale del progetto. Una dimensione capace però di affrontare anche la produzione industriale e la costruzione di grandi edifici: sul loro curriculum si passa infatti dagli oggetti per IKEA alle boutique per Swatch, dai tappeti per Ruckstuhl agli «Objets Nomades» per Louis Vuitton, dagli edifici – ad esempio il DYB Centre de compétences a Cormondrèche del 2007, per cui hanno disegnato tutto, dalla facciata agli arredi – fino alle barche. Abbiamo fatto qualche domanda a Patrick Reymond, uno dei tre soci fondatori, per capire meglio quali sono i principi alla base di questo «volare» da un progetto all’altro. 1. Gabriele Neri: Cosa avevate in mente quando avete aperto il vostro studio? Patrick Reymond: Abbiamo fondato atelier oï nel 1991, dopo aver fatto alcuni concorsi insieme. Alla base ci sono sempre stati l’idea di lavorare in team – come eravamo abituati a fare all’École d’architecture Athenaeum di Losanna – e il modello del workshop, per mantenere saldo il legame concreto con i materiali e per puntare a sviluppare tutte le componenti costruttive che definiscono il progetto. 2. Molte delle vostre creazioni, dagli arredi alle facciate di grandi edifici, sembrano infatti essere generate dalla ripetizione di un singolo elemento costruttivo: un pezzo di corda, una bacchetta di legno, addirittura il mangime per gli uccelli… Sì, infatti, è un po’ come quando cucini: prendi alcuni ingredienti e cominci ad aggiungerne altri… provi a usare il legno, poi il metallo, e continui a testare altre possibilità, sempre seguendo gli stessi principi alla base del progetto. Credo che la tutta la nostra ispirazione derivi da questa assidua sperimentazione con i materiali. Questa è anche la ragione per la quale il nostro ufficio è sempre rimasto a La Neuveville, dove fin dall’inizio abbiamo installato i nostri macchinari e i nostri materiali… non avrebbe avuto senso spostarsi altrove. Inoltre qui possiamo sfruttare la vicinanza con una serie di artigiani e laboratori, che ci aiutano a sviluppare piccoli prototipi delle nostre idee. Così abbiamo deciso di ristrutturare un vecchio motel degli anni Sessanta, il Moïtel, per farlo diventare il nostro quartier generale, e abbiamo continuato a sperimentare. 3. 9 INTERNI E DESIGN Dalle tue parole mi viene in mente l’attività di Jean Prouvé… In effetti siamo un po’ vicini a quel modo di lavorare. L’opera di Prouvé è interessante perché il suo lavoro sta a cavallo tra quello di un ingegnere e quello di un architetto, tra la realizzazione artigianale e la produzione industriale. Nel nostro studio siamo sempre a contatto con le macchine, con i materiali, con i prototipi… una volta realizzato, ogni progetto viene archiviato ma rimane sottotraccia nelle nostre menti e accade che un pezzo venga ripreso, modificato, migliorato; possiamo cambiarne la scala e il materiale… È possibile che questa sperimentazione vada avanti anche per 5-6 anni e che infine conduca a qualcosa di nuovo. Questo spirito è anche alla base del libro che abbiamo pubblicato (cfr. la scheda di Enrico Sassi su questo numero di archi): i progetti non sono infatti presentati in ordine cronologico, ma rispecchiano il modo in cui utilizziamo il nostro archivio. 4. Insomma un archivio open source… nel quale vi muovete senza problemi da un tema all’altro. Ci muoviamo tra scale diverse, contesti diversi, differenti tematiche; tra design, architettura e scenografia. Quest’ultima in particolare è molto importante nei nostri progetti. Abbiamo imparato molto dal progetto Arteplage Neuchâtel per l’Expo 2002… 5. I famosi padiglioni «a goccia»… È stata un’ottima esperienza per sviluppare un progetto dalla piccola alla grande scala. La cosa più importante era creare un progetto intorno a una tematica: il tema era insomma la cosa fondamentale, ben più del programma funzionale, e questo ci ha permesso di sperimentare. Cerchiamo di sviluppare un linguaggio, e non una «firma»: infatti tra tutti i nostri progetti puoi trovare alcuni punti di contatto, ma questi non sono mai lineari o immediati. Non è come quando vedi il lavoro di molti designer famosi, nel quale la «firma» è ostentata e si vede chiaramente. Ovviamente ci sono delle costanti nel modo in cui affrontiamo temi come la struttura o la texture; siamo ispirati dal mondo naturale, da fotografie e dal lavoro di molti artisti, ma pensiamo che sia importante anche cambiare completamente il nostro linguaggio in ogni occasione. 1. Cabane des oiseaux (dal 2005) è un piccolo rifugio commestibile fat to di mangime per uccelli, all’insegna della sostenibilità: una volta terminato il pasto infat ti «l’architet tura» si dissolve nella natura. Foto atelieroï 2. Per Jaquet Droz manufacture a Crêt-du-Locle (2010) atelier oï ha spostato il problema dalla produzione al paesag gio: l’edificio sfuma nella vegetazione circostante, ponendosi come un’opera di land ar t. Foto Yves Andre 3. Realizzata per il Centro Culturale Svizzero di Milano (2006), la Come rispondono i clienti a questo approccio progettuale? All’inizio non era facile capire la filosofia del nostro atelier, che cambia linguaggio e scala a ogni progetto… non era facile né per le aziende né per noi stessi. C’è voluto tempo per capire e far capire il nostro modo di lavorare e per comunicarlo. Ma alla fine in molti hanno saputo apprezzare il nostro modo di affrontare il processo creativo, sul quale continuiamo ad investire. scenografia A Composition of Cords è uno studio sulla corda come materiale compositivo e strut turale, da cui deriveranno diversi arredi. Foto atelieroï 4. La scenografia Oïphorique (2011) si ispira alla danza acquatica delle meduse, sot tolineando la compressione e la dilatazione dello spazio at traverso l’intensità della luce che proviene dalle lampade. Foto atelieroï 5. Insieme a Thalassa e a Elara, Pandora (2012) forma una collezione di lavabi fat ti in cemento ad alta densità, disegnati per Beton Manifactur. Foto creabeton 10 www.antoniolupi.it_panta rei, solidea, design carlo colombo_a.d. riccardo fattori_ph. zerotremedia Showroom MILANO_ Porta Tenaglia 21/02/2013 - 03/03/2013 BATIBOUW Bruxelles PAD.7 Stand 115 12/03/2013 - 16/03/2013 ISH Frankfurt PAD.3.1 Stand B80 70117 www.muttoni-sa.ch IMPRESA COSTRUZIONI STUDIO D’INGEGNERIA 6760 Faido Tel. 091 866 19 46 - Fax 091 866 13 35 [email protected] 6500 Bellinzona Tel. 091 825 51 53 - Fax 091 825 83 41 [email protected] PUBLIREPORTAGE La tecnica ad olio a condensazione, la nuova generazione di riscaldamento Foto: UP Un moderno riscaldamento ad olio risparmia molta energia Casa non isolata Vecchia caldaia Consumo annuo: 22 litri/m2 Casa non isolata Nuova caldaia a condensazione Consumo annuo: 15 litri/m2 Casa isolata Nuova caldaia a condensazione Consumo annuo: 7 litri/m2 Casa isolata / Nuova caldaia a condensazione con impianto solare Consumo annuo: 5 litri/m2 Per la tutela dell’ambiente non occorre passare a un altro vettore energetico. Una buona coibentazione dell’edificio e l’installazione di un nuovo riscaldamento ad olio combustibile con tecnica a condensazione, combinato con un impianto solare termico, sono un’eccellente soluzione (riferito al consumo annuo di olio da riscaldamento di una casa tipica). La sua efficienza è eccellente, è parsimoniosa nei consumi ed ecologica. Non c’è dubbio: la tecnica di riscaldamento ad olio a condensazione è la nuova generazione di riscaldamento. Rispetto alla tecnica a bassa temperatura vanta segnatamente valori di raffreddamento dei fumi decisamente migliori. Inoltre, sfrutta il calore di condensazione dell’acqua contenuta nei gas di scarico. Ne risulta una produzione di calore supplementare del 10% dovuta nella misura del 6% alla condensazione diretta e nella misura del 4% all’ulteriore riduzione della temperatura dei gas di scarico. L’installazione di un impianto a condensazione di nuova generazione consente di risparmiare denaro, ridurre i consumi di combustibili fossili e tutelare l’ambiente. I n gran parte dei cantoni sono quindi state varate norme che prevedono che nelle nuove costruzioni e in caso di ristrutturazioni possano essere installati solo ancora riscaldamenti ad olio combustibile a condensazione. La durata di un riscaldamento ad olio varia, a dipendenza della sollecitazione, tra 15 e 20 anni. Siccome i riscaldamenti ad olio sono molto robusti e duraturi, in Svizzera sono ancora in esercizio molti apparecchi assai più vetusti. Con il risanamento di un siffatto apparecchio, il che è ragionevole sia dal punto di vista economico sia per motivi ambientali, il risparmio energetico arriva fino al 35%. Ancora più significativi sono i risparmi conseguibili mediante un investimento parallelo nel risanamento energetico dello stabile. Con la posa di nuove finestre per esempio è possibile risparmiare fino al 20% di energia. Con un buon isolamento delle facciate, del solaio o del tetto è possibile ridurre, a dipendenza dello standard e del carattere dell’edificio, i rispettivi consumi di un altro 10% fino al 25%. Di regola conviene sostituire il riscaldamento ad olio combustibile esistente con una moderna caldaia ad olio a condensazione per risanare con il risparmio rispetto a un riscaldamento alternativo l’involucro dell’edificio. Il moderno riscaldamento ad olio a condensazione è nettamente più conveniente di una pompa di calore a sonda geotermica. Con l’importo restante risparmiato è possibile per esempio sostituire le finestre. Tramite queste misure si può ridurre sostanzialmente il consumo di olio combustibile per metro quadrato di superficie riscaldata, vale a dire che dopo il risanamento i consumi si riducono da 22 litri a soli 7 litri l’anno al metro quadrato. Combinando il tutto con un impianto solare termico, si arriva a un consumo annuo di 5 litri al metro quadrato. Un moderno riscaldamento ad olio è economico, pulito e parsimonioso. Può essere installato in ogni edificio e può essere facilmente combinato con sistemi per energie rinnovabili come per esempio collettori solari. Inoltre, con l’olio combustibile la sicurezza d’approvvigionamento è molto più elevata che con altri vettori energetici. Basti pensare alle proprie scorte di combustibile depositate nella cisterna. Consulenza gratuita per gli interessati. Giorgio Bergomi Responsabile del Centro d’informazione regionale Telefono 0800 84 80 84 [email protected] www.olio.ch Stile ed eleganza per arredare e rivestire i tuoi ambienti. Rivestimento parete e pavimento doccia | Onice Fantastico Lucido ceramiche mosaici pietre naturali SLHWUHDUWLƂFLDOL Sede e showroom Resega di Cornaredo Via Chiosso 12 CH-6948 Porza Tel. +41 (0)91 936 30 00 Fax +41 (0)91 936 30 11 gehri.com EDITORIALE L’ E D I F I C I O E I L S U O L O Alberto Caruso Il suolo dell’architettura Lo stilobate di marmo, il resto tutto in acciaio. Nero. Lo zoccolo è enorme, non prende il filo delle colonne, è una piazza, appartiene alla città. È il piano della città ad essere modificato, non la crosta terrestre. Tutta Berlino è virtualmente coinvolta e non c’è, come nel Partenone, un punto d’entrata dai Propilei. Livio Vacchini, 2005 Per quanto il suo autore possa contestare le tradizioni costruttive e ribaltare i canoni architettonici più antichi o quelli più moderni, ogni edificio costruito stabilisce relazioni con il suolo, e, più in alto, con il cielo. All’esame critico fondato sul criterio della tripartizione classica basamento-fusto-coronamento non è possibile sfuggire. La relazione con il suolo, sia che venga praticata let contrario, che venga negata «liberando», in modo altrettanto tematico, l’edificio dall’aderenza al terreno, rimane una questione determinante della vita pubblica dell’architettura, del suo ruolo nella città. La forza di gravitazione che caratterizza il pianeta impone l’appoggio della struttura portante nel terreno, i servizi tecnologici necessari al confort degli abitanti obbligano la connessione verticale con le reti orizzontali che corrono nel suolo, e la relazione, più in generale, degli abitanti con il contesto sociale attribuisce al livello di contatto con il suolo il ruolo di «ingresso», di inizio della sequenza di spazi interni che ogni edificio offre ai suoi utenti. Nella sua complessità poetica, la modernità ci ha proposto le soluzioni più diverse ed opposte di relazione con il suolo, sempre fortemente motivate da un’idea di città da costruire attraverso edifici esemplari. I pilotis corbusiani, come anche il tetto-giardino, erano finalizzati a moltiplicare e rendere continuo il suolo pedonale verde, per favorire la densificazione. L’esempio realizzato più importante e famoso, l’Unité marsigliese, mostra come la liberazione dal suolo non abbia comportato, in quel caso, un effetto di lievitazione, ma addirittura una rappresentazione figurativamente imponente della relazione tra edificio e terreno. Nella Neue Nationalgalerie berlinese Mies, invece, appoggia l’edificio su uno zoccolo, la cui dimensione è molto superiore a quella dello stesso edificio. La Nationalgalerie si estende effettivamente nella superficie espositiva contenuta nello zoccolo, mentre l’edificio d’acciaio nero funge da ingresso e ospita piccole mostre temporanee. Qui lo zoccolo, come afferma Livio Vacchini, è una modulazione del suolo urbano e fa appartenere alla città gli edifici costruiti sopra di esso. Per Vacchini, infatti, è diversa la condizione degli edifici costruiti nella città, sul grande basamento pubblico costituito dal suolo artificiale, rispetto agli edifici costruiti sul terreno naturale, che invece hanno bisogno di una mediazione con il suolo appositamente progettata. Nell’ultima conferenza pubblica all’Accademia di Mendrisio nel 2003 parlando della Ferriera di Locarno, urbanissimo edificio privo di basamento, Vacchini ha spiazzato gli ascoltatori mostrando due immagini del palazzo di Versailles di Jules Ardouin-Mansart. La prima era lo scatto fotografico originale del fronte classicamente tripartito del palazzo, la seconda (appositamente modificata con Photoshop da Stefano Milan) era la medesima immagine dalla quale era stato sottratta la fascia architettonica del basamento, per dimostrare, con un artificio tanto arbitrario quanto didatticamente efficace, come quell’architettura avrebbe guadagnato in proporzioni se fosse stata concepita in un contesto urbano. Il suolo, quindi, è il supporto materiale necessario dell’architettura, è il foglio sul quale essa viene disegnata. Come già sosteneva Hans Bernoulli nel 1945, è prima di tutto il regime dei suoli con le sue regole a determinare la stessa forma degli insediamenti. Nei tentativi finora messi in atto per correggere gli esiti disastrosi della città cosiddetta diffusa (che non è città, è territorio abitato privo di ogni qualità cittadina), sembra che finalmente si sia compreso che sono inefficaci le misure esclusivamente pianificatorie, e che bisogna agire a monte, partendo dal regime dei suoli, costruendo un nuovo sistema di regole giuridiche e fiscali per governare il suo valore economico. È allora importante, al referendum del prossimo 3 marzo, sostenere con il voto la recente revisione della lpt, la Legge federale sulla pianificazione del territorio, che prevede misure avanzate, quali la riduzione dei suoli edificabili inutilizzati e la tassazione del plusvalore determinato dalla edificabilità. Al referendum seguirà la revisione della Legge cantonale sullo sviluppo territoriale, che prevede analoghe misure. È una prova generale di civiltà, per non distruggere irreversibilmente il paesaggio di tutti. EDITORIAL L’ E D I F I C I O E I L S U O L O Alberto Caruso Der Boden der Architektur Der Stylobat ist aus Marmor, der Rest aus Stahl. Schwarz. Die Sockelplattform ist riesig und richtet sich nicht nach den Säulen, sie bildet einen Platz und gehört zur Stadt. Nicht die Erdkruste wird verändert, sondern der Plan der Stadt. Ganz Berlin ist virtuell beteiligt, und es gibt keinen Eintrittspunkt von den Propyläen aus wie im Parthenon. Livio Vacchini, 2005 Auch wenn der Urheber die Bautraditionen anficht und die ältesten oder modernsten Regeln der Architektur umstürzen will, so geht doch jedes Bauwerk Beziehungen zum Boden und – in die andere Richtung – zum Himmel ein. Die kritische Betrachtung, ausgehend von der klassischen Dreiteilung Sockel–Schaft–Krone, ist unverzichtbar. Die Beziehung zum Boden mag ausdrücklich praktiziert und explizit thematisiert oder aber ebenso explizit durch «Befreiung» des Gebäudes vom Grund negiert werden – immer bleibt sie ein wesentliches Thema für das öffentliche Leben der Architektur und ihre Rolle in der Stadt. Die Schwerkraft der Erde macht es notwendig, jede tragende Konstruktion auf dem Boden abzustützen. Die technische Infrastruktur, die für den Komfort der Bewohner erforderlich ist, verlangt eine vertikale Verbindung mit den horizontalen Leitungsnetzen im Boden. Die allgemeine Beziehung der Bewohner zu ihrem sozialen Umfeld verleiht der Ebene im Erdgeschoss, die in Verbindung zum Boden steht, die Rolle eines «Eingangs»: Hier beginnt die Abfolge von Innenräumen, die jedes Gebäude seinen Nutzern bietet. Mit ihrer komplexen Poetik hat uns die Moderne unterschiedliche, oft gegensätzliche Lösungen für die Beziehung zum Boden präsentiert. Dahinter steht immer eine Idee der Stadt, die durch Bauten mit Vorbildcharakter umgesetzt werden soll. Die Pilotis von Le Corbusier dienten ebenso wie Dachgärten dazu, von Fussgängern nutzbare Grünflächen zu vermehren und zu verbinden, um eine dichte Bauweise zu ermöglichen. Das berühmteste Beispiel, die Unité in Marseille, zeigt, dass die Befreiung vom Boden in diesem Fall keine schwebende Wirkung entfaltet, sondern eine imposante figurative Darstellung der Beziehung zwischen Gebäude und Boden verkörpert. In Mies von der Rohes Neuer Nationalgalerie in Berlin steht das Gebäude auf einer Sockelplattform, die wesentlich grösser ist als das Gebäude selbst. Die Ausstellungsfläche der Nationalgalerie liegt unter diesem Sockel, während das Gebäude aus schwarzem Stahl als Eingang und für kleine temporäre Ausstellungen dient. Wie Livio Vacchini hervorhebt, ist die Sockelplattform hier eine Modulation des städtischen Bodens und stellt die Zugehörigkeit der darauf errichteten Bauten zur Stadt her. Für Vacchini sind die Ausgangsbedingungen für Gebäude in der Stadt, die auf dem grossen öffentlichen Sockel des künstlichen Bodens errichtet werden, anders als bei Bauwerken auf natürlichem Boden, weil bei ihnen ein Eingehen auf das eigens für dieses Bauwerk geplante Grundstück erforderlich ist. An der letzten öffentlichen Konferenz der Akademie von Mendrisio im Jahr 2003 überraschte Vacchini bei einem Gespräch über die Ferriera in Locarno, ein städtisches Gebäude ohne Sockel, das Publikum mit zwei Bildern des Schlosses von Versailles von Jules Ardouin-Mansart. Das erste war eine klassische Frontalansicht der Dreiflügelanlage des Schlosses, das zweite zeigte die gleiche Ansicht, aus der jedoch (von Stefano Milan, mittels Photoshop) das Sockelband entfernt worden war. Durch einen willkürlichen, aber didaktisch wirksamen Trick wurde ersichtlich, in welchem Masse sich die Proportionen des Bauwerks verbessert hätten, wenn es in der Stadt errichtet worden wäre. Der Boden ist der materielle Untergrund, den die Architektur braucht, das Blatt, auf dem sie gezeichnet wird. Wie Hans Bernoulli bereits 1945 betonte, ist es die Raumplanung mit ihren Regeln, die die Siedlungsform gestaltet. Die bisher unternommenen Versuche, die katastrophalen Folgen der Zersiedelung zu korrigieren (es handelt sich um Gebiete ohne jeglichen städtischen Charakter), machen deutlich, dass Massnahmen unwirksam bleiben, die allein auf die Bebauungsplanung bezogen sind. Ausgehend von der Raumplanung muss das Problem auf einer höheren Ebene gelöst werden – wir brauchen ein neues System rechtlicher und steuerrechtlicher Bestimmungen, die den wirtschaftlichen Wert beeinflussen. Aus diesem Grund ist es wichtig, bei dem Referendum am 3. März das revidierte Raumplanungsgesetz (RPG) zu unterstützen, das fortschrittliche Massnahmen wie die Verkleinerung von ungenutzten Baulandparzellen und die Besteuerung des Mehrwerts der Bebaubarkeit vorsieht. Auf das Referendum folgt die Revision des Kantonalgesetzes über Raumentwicklung, das ähnliche Massnahmen enthält. Auf dem Prüfstand steht die Zivilisation – sie darf die Landschaft, die allen Menschen gehört, nicht zerstören. 16 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O Groundscapes Die Begegnung mit dem Boden in der zeitgenössischen Architektur Ilka & Andreas Ruby* Groundscapes L’incontro con il suolo nell’architettura contemporanea** L’idea del suolo come un’ecologia dell’architettura nel senso che le attribuisce Reyner Banham, risulta oggi talmente familiare che facciamo fatica a immaginare che una volta fosse stata concepita in un altro modo. E, tuttavia, quest’idea ha appena un secolo. Nel 1926 Le Corbusier proclamò la «liberazione dal suolo» nei suoi «cinque punti per una nuova architettura». La «casa sopra pilotis», realizzata prima nella casa Citrohan (1922-1927) e poi – diventata la tipologia dominante della modernità – nell’Unité d’habitation (Marsiglia, 1947-1952), rappresenta infatti l’icona della liberazione dal suolo. Senza un contatto diretto con il terreno, la casa si sottrae al suo contesto fisico. Il suolo non definisce più l’architettura poiché l’edificio, mediante la piattaforma appoggiata su pilotis, crea praticamente il proprio terreno. Questa duplicazione della superficie stabilisce un nuovo livello elevato che lascia in ombra – spesso anche in senso letterale – il suolo materiale del lotto. Dal punto di vista programmatico, si assegnano al terreno solo funzioni secondarie (circolazione, parcheggi, depositi ecc.) mentre l’abitazione è riservata esclusivamente al nuovo bel étage della villa moderna. Mentre l’architettura decolla come un aereo – tanto ammirato da Le Corbusier – il suolo continua a rinviare alla terra. La «Maison en l’air» di Le Corbusier, ormai ha bisogno del suolo soltanto come una contraddizione forzata per stabilire la dialettica della sua presenza: quanto più debole sia il suolo, tanto più forte sarà la figura con cui l’architettura si distanzia da esso. Risulta impossibile immaginare la Villa Savoye in un lotto dalla topografia accidentata. L’aura solenne della sua geometria idealizzata ha bisogno della superficie piana del suolo vergine che circonda l’edificio nelle fotografie contemporanee, e questo lo fa apparire come un’isola in mezzo all’oceano. Tramite lo svuotamento fisico, programmatico e semantico del terreno, il contesto si trasforma in una massa priva di attributi che, in forma di tabula rasa, sarebbe diventata la materia prima dell’urbanismo moderno. All’interno dell’architettura moderna, è in Mies van der Rohe dove più chiaramente si materializza questa neutralizzazione concettuale del suolo, sebbene senza la didattica propagandistica con cui Le Corbusier postula questo esito, ma piuttosto in modo poetico. Seguendo la sua tendenza classica, Mies colloca solitamente la costruzione su di un basamento che rimanda allo stilobate del tempio greco. In qualche modo costruisce il terreno su cui poggia il manufatto come una parte del proprio edificio simbolicamente rialzata. Nel Padiglione di Barcellona, quel terreno artificiale ancora si evidenzia come uno zoccolo massiccio che fornisce il suo microcontesto ideale alla struttura più leggera dei cristalli delle pareti e del tetto. Nella casa Farnsworth (Plano, Ill., 1945-1950), Mies accentua quell’effetto deterritorializzante mediante la piattaforma che galleggia tra il livello del terreno e il piano elevato dell’ingresso, espediente che utilizzerà anche nell’iit (Chicago, 1950-1956). L’assenza di gravità suggerita con questo gesto elimina ogni impronta della nozione di peso associata tradizionalmente al suolo. Negli appartamenti di Lake Shore Drive (Chicago, 1948-1951), Mies esegue la smaterializzazione del suolo tramite una sorta di tappeto magico che copre la superficie del piano terra aperto. Questo tappeto è costituito da sottili lastre di travertino che fuoriescono dal terreno in tutto il loro spessore e sembrano levitare alcuni millimetri sopra il suolo. In questo modo, il suolo pare coperto da una vernice «fenomenologica» che, invece di essere di asfalto 1. 2. 1. Le Corbusier, Villa Savoye, Poissy 1929. Foto S. Milan 2. L. Mies van der Rohe, Neue Nationalgalerie, Berlino 1965-68. Foto S. Milan 17 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O oscuro, è di travertino. La pietra chiara gli toglie dimensione terrena e lo trasforma in una superficie luminosa che riflette la luce del sole verso la parte inferiore della copertura dell’atrio, generando così un materasso luminoso che nei giorni chiari sembra sorreggere il corpo dell’edificio. Negli anni sessanta, questa concezione del terreno come terra incognita incomincia a cambiare poco a poco. Se fino ad allora lo «spazio del suolo» solo si definiva in senso negativo (come un volume scavato, vuoto, tra l’edificio e il livello del suolo), ora incomincia a considerarsi come una «condizione abitabile». È interessante come il precursore di questa evoluzione sia, ancora una volta, Le Corbusier. Tra le sue ultime opere costruite, come il Monastero di La Tourette (Eveux-sur-Arbresle, 1957-1960) e il Carpenter Center for the Visual Arts (Cambridge, Mass., 1961-1964), è già annunciata questa nuova valorizzazione del suolo, ma dove essa si manifesta più radicalmente è nel suo progetto non realizzato del Centro di calcolo elettronico per l’Olivetti (Milano-Rho, 1963). Sotto i vetri galleggianti del dipartimento di ricerca, Le Corbusier organizza un impressionante groundscape a diversi livelli: le sale di montaggio sono state disposte al piano terra ma sono accessibili dall’alto tramite una piattaforma intermedia che si estende dalla strada fino alla copertura delle stesse, dove si conclude con tre sale a forma di paravento. Questo edificio-piattaforma diventa un’interfaccia spaziale che permette lo sviluppo di un terzo ambiente tra gli edifici nel terreno e nell’aria. Questo terzo spazio diventò concretamente il centro della ricerca architettonica quando Paul Virilio e Claude Parent fondarono il gruppo Architecture Principe nel 1963, anno in cui Le Corbusier progettò l’edificio per l’Olivetti. Entrambi partono da una critica alle monoculture rappresentate dall’orizzontalità della Broadacre City (1935) di Frank Lloyd Wright, così come dalla verticalità assolutista del grattacielo americano, criticando anche le utopie metabolistiche di Constant, Yona Friedman, Domenig/Huth e altri.1 Mentre il moderno distanziamento dal suolo solo si accentua con la sovrapposizione di nuove città spaziali sulla città esistente, Virilio e Parent inventano con la loro «funzione obliqua» un modulo concettuale per la produzione di una continuità urbana: invece di limitarsi a situare una nuova città su quella esistente, cambiano la disposizione del suolo presente facendo in modo che la nuova città sorga «obliquamente» da quella precedente. Questa intenzione si rivela nel progetto del centro culturale di Charleville (1966) con più intensità rispetto alla chiesa costruita di Sainte Bernadette (Nevers, 1964-1966). Si tratta di un gigantesco manufatto leggermente inclinato, collocato nel letto del fiume Mosa. All’altezza del livello dell’acqua, il volume si apre tramite fessure in modo che le barche possano entrare direttamente dal fiume nell’edificio e attrac- care nei moli interni, i quali sono collegati agli spazi pubblici della parte superiore mediante una rampa a spirale. Secondo l’idea di Virilio della «circolazione abitabile», tutte le superfici hanno programmi differenti. Così, per esempio, la copertura diventa una piazza urbana per incontri informali o un palcoscenico all’aperto, dove il pubblico può disporsi nelle tribune localizzate nel tratto più inclinato della stessa. Per Parent e Virilio, il vantaggio decisivo dei piani inclinati risiede in questa capacità di stabilire una corrente ininterrotta tra interno ed esterno. Questa idea, che a malapena trova seguito nell’architettura francese, fornisce invece impulsi decisivi al dibattito internazionale, le cui conseguenze architettoniche prendono corpo, paradossalmente, in Francia.2 Nel 1976 Oscar Niemeyer riceve l’incarico dal partito comunista francese di costruire la nuova sede del comitato centrale. Il suo progetto sembra sviluppare le idee di Parent e Virilio, il cui sodalizio professionale finì l’anno successivo, a causa delle diverse posizioni rispetto alla rivolta studentesca del maggio del ’68. Tramite una messa in scena la cui suspense pare degna di un film di Hitchcock, in questo caso Niemeyer conferisce al suolo (solitamente continuo e figurativamente indefinito) una forma, un’espansione e un luogo concreto. In linea di principio, tutto sembra girare attorno al pannello curvo dell’edificio principale, visibile da lontano. Tuttavia, esso produce un effetto così potente perché la maggior parte del lotto non è costruito, almeno in superficie. Dalla Place Colonel Fabien, una via attraversa una piazza elevata e conduce il visitatore verso una cupola bianca che sembra nascondere il corpo di fabbrica. Siamo guidati verso destra, finché arriviamo dove immaginiamo di trovare l’ingresso all’edificio. Sebbene non vi sia un vero e proprio accesso, sarà un’apertura a forma di fessura, situata nel pavimento di calcestruzzo della piazza, a indirizzare il visitatore nelle profondità del terreno. Una volta giù, egli si trova in un autentico mondo sotterraneo, all’interno di un’architettura invisibile, senza orizzonte: non vi è nessuna finestra né alcuna comunicazione con l’esterno, tranne la sala conferenze, che ora si rivela come l’equivalente sotterraneo della cupola bianca del giardino. In questo modo, privo dell’abituale orientamento nello spazio, il visitatore segue la sua percezione di movimento per scoprire con stupore che si muove su un terreno quasi-topologico. In realtà, il pavimento dell’atrio non è una superficie piana, ma è animato da alcune ondulazioni appena percettibili, talmente sottili che prima si avvertono con i piedi e solo dopo con gli occhi: piccoli ostacoli inattesi che interferiscono tenacemente il movimento del fruitore, correggendolo e, pertanto, anche organizzandolo. Anticipando in parte le «superfici liquide» del padiglione acquatico di Nox, Niemeyer trasforma qui il pavimento di una superficie in uno spazio configurato plasticamente. Questa è un’opera pioniera – finora 18 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O poco valorizzata – per l’architettura degli anni ottanta e novanta, in cui il suolo diventò finalmente un oggetto primordiale della ricerca architettonica. Una continuità diretta con l’«architettura del suolo» di Niemeyer può essere colta nei progetti dell’architetto argentino Emilio Ambasz. Eppure, mentre in Niemeyer la figura dell’edificio continua a prevalere e solo sonda e palpa il terreno sotto la superficie del visibile, Ambasz trasforma il suolo nella figura architettonica visibile e tramuta l’edificio nell’agente segreto del paesaggio. Per rendere l’architettura invisibile utilizza essenzialmente due tecniche. Da un lato copre l’architettura con uno strato di vegetazione in modo che l’edificio non sembri un oggetto ma una sinuosità topografica del paesaggio. Dall’altro, affonda il volume nella topografia del terreno. La sua Casa di Ritiro Spirituale è un monumento alla sparizione: due enormi pareti bianche segnano l’ingresso alla casa, i cui spazi abitabili sono completamente ipogei. Il progetto non realizzato per i laboratori di ricerca Schlumberger avanza un altro passo collocando la massa architettonica esclusivamente sotto terra. L’edificio non sembra un oggetto appoggiato su una superficie ma piuttosto delle incrostazioni eseguite in un materiale. In alcune parti la massa di terra scompare ed espone una serie di facciate vetrate che forniscono luce naturale all’interno dei laboratori. Ciò nonostante, l’architettura di Ambasz continua a essere un’architettura protagonista; il suolo si utilizza essenzialmente come strumento per il camuffamento topografico dell’oggetto architettonico. Tuttavia, esso non è ancora concepito come personaggio. Questa emancipazione dal suolo, da fondamenta architettoniche ad architettura per proprio diritto, acquista forma, forse per la prima volta, nelle «Cities of Artificial Excavation» di Peter Eisenman. Mentre in Virilio e Parent, Ambasz e Niemeyer il terreno si definisce partendo dalla figura, Eisenman tenta di sviluppare la configurazione architettonica a partire dal terreno. Con questo lavoro, egli fece una critica alle sue prime abitazioni, che funzionavano completamente all’interno della tradizione atopica della villa moderna in quanto oggetto autonomo su terreno neutrale. Tuttavia, nelle «Cities of Artificial Excavation» Eisenman si basa sulla Collage City di Colin Rowe, secondo cui il suolo della città non è una superficie neutrale, ma soltanto lo strato superiore di una densa sovrapposizione di strati delle più variegate vestigia storiche. Per svelare queste vestigia e assumerle come materiale generatore del proprio progetto, Eisenman utilizza il palinsesto come analogia metodica. Nell’Antichità e nel Medioevo per palinsesto s’intendeva una pagina o rotolo di manoscritto che, dato il costo del materiale (generalmente pergamena o papiro) veniva scritto più volte. Si raschiava o lavava l’iscrizione precedente e, in seguito, si scriveva un nuovo testo. Spesso rimanevano tracce del testo originale che oggi, mediante 3. 4. 5. 3., 4. Paul Virilio, Claude Parent, Centro Culturale, Charleville 1966. elementosdecomposicion.wordpress.com 5. Oscar Niemeyer, Sede del Partito Comunista Francese, Parigi 1967 19 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O 6. determinati processi tecnici come la fotografia fluorescente, possono diventare nuovamente visibili, in modo che il testo antico sia leggibile. Nelle sue «Cities of Artificial Excavation», Eisenman tratta la propria città come un palinsesto e utilizza l’architettura come procedimento per rendere ancora visibile le sue molteplici iscrizioni. Dove più chiaramente egli applicò questa tecnica fu nelle sue abitazioni d’interesse sociale all’iba (Esposizione Internazionale di Architettura) di Berlino (1982-1987), nella Kochstrasse, proprio accanto al Muro. Invece di limitarsi a riempire i vuoti rimasti dopo la Seconda Guerra Mondiale nell’edificazione marginale di un isolato urbano berlinese – cioè, piuttosto che ricostruire pressappoco lo stato prebellico – Eisenman cercò le vestigia storiche del luogo localizzate più in profondità, che in parte erano astratte e artificiali e, in parte, concrete. Rivestì il lotto con un muro-reticolo corrispondente al grado di latitudine e longitudine del globo, evidenziando così l’importanza di Berlino come città di frontiera durante la Guerra Fredda. Sotto questo reticolo artificiale, egli porta alla luce una parte della trama barocca della planimetria urbana. In questo modo il progetto emerge, tramite un’estrusione verticale delle informazioni spaziali del terreno, come una struttura tridimensionale la quale fa sì che i resti esistenti dell’isolato siano spostati e confusamente contestualizzati. Questo intreccio sistematico tra storia e contemporaneità provoca in progetti più recenti, come Romeo e Giulietta (Verona, 1985) e il Wexner Center of Arts (Columbus, Ohio, 1982-1989), il fatto che la figura architettonica dell’edificio vada scomparendo come oggetto autonomo, mentre il suolo diventa progressivamente protagonista come archivio archeologico.3 Negli anni novanta, Eisenman continua ad analizzare questa trasformazione nei suoi scritti, in cui stabilisce concetti come figured ground figure che definiscono materializzazioni architettoniche del terreno, concetti che vanno oltre la dialettica classica tra la figura e il suolo. La ricerca architettonica su questa nuova potenzialità del terreno diventa il punto essenziale del lavoro di Zaha Hadid. La fase di gestazione di questa ricerca coincide, paradossalmente, con il periodo della sua architettura planetaria, in cui lei sembra negare la nozione di suolo. Infatti, nelle sue immagini i volumi galleggiano come navicelle spaziali in uno spazio infinito e privo di gravità. Non vi è sopra e sotto, né davanti e dietro, ma soltanto diversi spazi di movimento che si assemblano dinamicamente. Malgrado ciò, questo non significa che per Zaha Hadid il suolo non esista: semplicemente esso è concepito dall’alto. Poiché le sue navicelle spaziali sono destinate alla terra, deve comunque porsi la questione del suolo quando atterrano. In ogni caso, il suolo nell’architettura di Zaha Hadid non è solo il pezzo di terra su cui si posano le sue navicelle, ma quel peculiare «spazio di suolo» che si genera nel momento dell’atterraggio. 7. 6. OMA , Kunsthall Rot terdam, Olanda 1992. Foto Steven Ward 7. Zaha Hadid Architetti, Plastico Opera di Cardiff, Regno Unito 1994. Render Zaha Hadid Architetti 8. FOA , 9. M V RDV , molo Osanbashi, Yokohama, Giappone 2002. Foto Mat teasu Metacit y/Datatown, Olanda 1998-2000. Render Questo spazio vincola la leggerezza dell’architettura planetaria al peso gravitazionale della Terra e assomiglia a quel «denso levitare» dei vecchi film di fantascienza quando la navicella spaziale atterra lentamente. Poco prima di toccare il suolo, la navicella si ferma un momento e rimane immobile, fluttuando sopra la superficie. È proprio in questo momento che lo spazio tra la terra e la navicella spaziale trema in modo quasi impercettibile, come se l’imminente messa in contatto lo stesse caricando di energia. La potenza di quello spazio intermedio che galleggia sopra il suolo è uno dei temi centrali dell’architettura di Zaha Hadid. La scena è sempre la stessa: una massa scende poco a poco verso il terreno senza arrivare a posarsi su di esso. Dei pilastri affilati perforano il suolo, e, in seguito, la terra sottostante incomincia a muoversi finché la superficie si apre e sotto di essa scaturiscono spazi non percepiti. Questa emergenza spaziale, che ricorda la tettonica dei continenti scoperta da Alfred Wegener, tiene conto di uno spazio prima invisibile in architettura: le fondazioni. Si configura una sorta di «fondazione esposta» invece della pianta aperta propria della prima modernità, ed è precisamente in questo punto dove Hadid colloca la parte più attraen- 20 M V RDV L’ E D I F I C I O E I L S U O L O te del programma. Vale a dire: uno spazio che prima era infrastrutturale diventa improvvisamente uno spazio sperimentale e culturalmente rappresentativo dell’architettura. Da qui fino all’infrastrutturalismo di oma degli anni novanta – dove in linea di massima gli edifici appartengono più al dominio delle infrastrutture che a quello dell’architettura – vi è solo un passo. Koolhaas vide nell’infrastruttura un’opportunità per liberare l’architettura e l’urbanismo dalla loro separazione categorica e per assemblarli operativamente. Intesa come parte di un’infrastruttura della città, l’architettura poteva reclamare per sé una nuova forma di performance urbana. Nel Kunsthal (Rotterdam, 1992), questa concezione dà luogo a una doppia programmazione dell’architettura: come museo e come luogo di scambio urbano tra il parco del museo e l’autostrada. Una rampa pedonale che attraversa l’edificio come un passaggio pubblico stabilisce la comunicazione e, allo stesso tempo, fornisce il modello per circolare. In questo senso, il Kunsthall non è solo un polemico adattamento della «scatola-museo» di Mies, né una nuova edizione della promenade architecturale di Le Corbusier. La sua continua sequenza spaziale, che interpreta lo spazio di circolazione come ambiente funzionale e viceversa, è piuttosto un’appropriazione diretta della funzione obliqua di Claude Parent e Paul Virilio. Con questo stesso metodo, Koolhaas progetta un paesaggio infrastrutturale nell’Urban Design Forum (Yokohama, 1992). Questo progetto urbano riunisce una grande quantità di programmi (di edificazione) su di un «piano ondulato» e fa di loro una coreografia trasformandoli in un ciclo esperienziale di ventiquattro ore. In entrambi i casi con l’inclusione del mondo sperimentale circostante si vuole rompere la monofunzionalità di una tipologia e riempirla di programmi. Infine, nelle Biblioteche di Jussieu (Parigi, 1992), Koolhaas porta al culmine questa ambizione trans-programmando l’edificio, il quale diventa generatore architettonico di spazio pubblico. Lo spazio della strada – il boulevard – continua all’interno dell’edificio come un passaggio continuo di superfici piegate che configurano un boulevard intérieur di 1,5 km di longitudine. Sebbene il progetto diventi famoso per aver impiegato per la prima volta una geometria topologica per l’organizzazione spaziale di uno spazio interno, l’uso che fa Koolhaas della nuova forma si basa principalmente su una strategia precisa: fornire un nuovo luogo allo spazio pubblico della città, sempre più sottomessa alla pressione della privatizzazione. La principale funzione della superficie continua consiste nel fatto che questo nuovo ambito pubblico non costituisca una riserva monadica, ma che rimanga collegata alla città esistente e influisca su di essa con effetto retroattivo. Il concetto del suolo infrastrutturale è anche sviluppato da alcuni successori di Koolhaas, in particolare mvrdv e foa. Questi ulti- mi si occupano di una ridefinizione morfologica del terreno come edificio. Combinano geneticamente la geometria topologica di Jussieu con la logica infrastrutturale del progetto di oma per Yokohama, e trasformano tipologicamente l’edificio in un paesaggio urbano infrastrutturale. Grazie a questa concezione ibrida, foa risolve le contraddizioni tipologiche che ancora caratterizzano i due progetti di Koolhaas. Nella proposta di foa, gli edifici che nel progetto di oma per Yokohama sono ancora concepiti come entità separate, si fondono definitivamente nel «piano ondulato», nello stesso modo in cui il paesaggio di rampe piegate di Jussieu scappa – per così dire – dalla scatola vetrata. La superficie piegata che in Koolhaas era ancora un semplice dispositivo strategico, per foa diventa un’infrastruttura inclusiva in cui si sopprimono tutti gli elementi isolati: in questo modo la tecnica del collage è definitivamente rimpiazzata dal morphing. Con il suo Osanbashi Pier (Yokohama, concorso: 1995; 8. 9. 21 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O realizzazione: 2000-2002), foa crea la struttura di un suolo che si differenzia e si moltiplica permanentemente, ma che in realtà è un’unica superficie: scompaiono così le tradizionali gerarchie tra muro, copertura e pavimento. A differenza di foa, mvrdv abbandona il principio topologico di Jussieu – l’angolo curvo della villa vpro era poco più di un ammiccamento manierista a Koolhaas da parte dei suoi ex collaboratori Winy Maas e Jacob van Rijs – e continua a sviluppare decisamente i paradigmi della moltiplicazione del suolo nel suo filone programmatico. Con questo scopo, combinano la teoria del grattacielo di Koolhaas – di Delirious New York – con la continuità idealizzata del «Monumento Continuo» di Superstudio. In un certo modo, mvrdv applica alla linea verticale la mancanza di scala orizzontale di quest’ultimo progetto, con lo scopo di continuare a sviluppare, a modo di piattaforme sovrapposte, il principio del grattacielo: generare una molteplicità urbana impilando i programmi più diversi (così la critica culturale distopica di Superstudio perde – e questo risulta interessante – ogni ambiguità, acquistando una neutralità analitica). Del resto, l’iperdensificazione della società urbana libera il paesaggio – sempre più dilaniato dalla società – e lo dichiara «un nuovo tappeto verde continuo» tra enormi blocchi urbani. Con edifici che sembrano punti in mezzo allo spazio verde fluido, il palcoscenico della città in tre dimensioni allarga la ville radieuse di Le Corbusier a limiti fino allora sconosciuti (il progetto accoglie un milione di abitanti in un singolo edificio). Considerando che la popolazione mondiale continua ad aumentare, la grandezza limitata della superficie abitabile della Terra sembra un problema quantitativo. La mutazione del suolo suggerita da mvrdv, che da singolarità naturale diventa molteplicità artificiale – in realtà un’unica natura creata dall’uomo – può sembrare esagerata. Tuttavia, il panorama reale che i climatologi paventano per il nostro pianeta per il XXI secolo non è meno surrealista: calotte polari che si sciolgono progressivamente, aumento del livello del mare, quote di neve più basse sulle Alpi, migrazioni dalle zone di vegetazione e altri cambiamenti imminenti rendono evidente che il suolo ha smesso di essere la base stabile della nostra esistenza ed è diventato una topografia dinamica, ai cui mutamenti e oscillazioni dobbiamo adattare la nostra vita. * Ilka Ruby è architetto e Andreas Ruby critico e storico dell’architettura. Titolari dal 2001 dell’agenzia berlinese di comunicazione textbild. Si occupano di architettura contemporanea sia tramite l’attività didattica, sia come consulenti e curatori di eventi culturali e pubblicazioni. Nel 2008 fondano le edizioni Ruby Press. ** Introduzione al volume: Ilka & Andreas Ruby, Groundscapes. El reencuentro con el suelo en la arquitectura contemporánea. The rediscovery of the ground in contemporary architecture, edizione originale spagnolo/inglese, Editorial Gustavo Gili, Barcelona 2007. Note 1. Prima di lavorare con Virilio, Parent fece parte di un movimento utopico. Solo il contatto con le idee di Virilio sulla «funzione obliqua» gli fece prendere le distanze: «Incominciai ad essere in disaccordo con i miei colleghi utopici. La spaccatura emerse nel dibattito su un progetto che proponeva una grande autostrada urbana –l’Avenue Charles de Gaulle– che partiva da Parigi, bloccando il movimento pedonale. Pensai che fosse una follia, ma la mia proposta alternativa –una struttura gradinata accessibile– non trovò consenso tra gli utopici.» Si veda Irénée Scalbert, Mohsen Mostafavi, «Interview with Claude Parent», The function of the Oblique. The Architecture of Claude Parent and Paul Virilio 1963-1969, (aa Documents 3), Architectural Association Press, Londra 1996, p. 54. Successivamente, Parent rifiutò di diventare membro del gruppo degli architetti utopici giap (Groupement International d’Architecture Prospective) e fonda insieme a Virilio «Architecture Principe» come contro-movimento critico. 2. Oltre alla sede centrale del pcf, occorre citare la meno nota Bourse de Travail, costruita da Niemeyer nel 1973 nei dintorni parigini di Bobigny. Anche qui si utilizza la «funzione obliqua» in modo sorprendente. Il suolo si separa dalla strada: un piano scende mezzo livello, penetra nel terreno per configurare un atrio –un volume inedito simile a una tenda da campagna– all’aperto che conduce all’edificio d’uffici nella parte retrostante alla sala cerimonie, da dietro; l’altro piano sale mezzo livello e, configurando un semicircolo generosamente curvo, porta al piano d’ingresso dell’edificio d’uffici. 3. Si veda Alejandro Zaera Polo, «Eisenman’s Machine of Infinite Resistance», in «El Croquis», 83, 1997, pp. 50-63, in part. pp. 54-55. Ausgehend von der Freigabe des Bodens, die Le Corbusier mit dem «Haus auf Pilotis» praktiziert, erarbeiten Ilka und Andreas Ruby einen facettenreichen Diskurs, in dem unterschiedliche Herangehensweisen beleuchtet werden: die Klassik von Mies van der Rohes im Barcelona-Pavillon (1929), in der die konzeptuelle und poetische Neutralisierung des Bodens klar umgesetzt wird; die von Virilio und Parent in den 60er-Jahren propagierte «function oblique», ein Konzeptmodul für ein vollkommen neue städtische Kontinuität; sowie die plastische, «quasi-topologische» Definition, die Niemeyer mit dem Hauptsitz der Kommunistischen Partei Frankreichs (Paris, 1976) realisiert hat und die mit den Projekten von Ambasz fortgeführt wird, der den Boden in eine sichtbare architektonische Form verwandelt und das Gebäude harmonisch mit der Landschaft verschmelzen lässt. In all diesen Fällen wird, ausgehend von der Figur, der Boden definiert. Eisenman dagegen definiert in den «Cities of Artificial Excavation» die architektonische Konfiguration direkt vom Boden aus. Er lehnt sich methodisch an die Idee des Palimpsest an, um historische Überreste der Stadt zu enthüllen und sie als Projektmaterial zu verwenden. Dieses neue Potenzial des Bodens wird zum zentralen Punkt der Architektur von Hadid, dem besonderen experimentellen Raum, der beim Landen der «Schiffe» entsteht. Dann folgt der Begriff des Infrastrukturbodens, den OMA in den 90er-Jahren entwickelte. Hier nimmt die Architektur eine neue Form der städtischen Performance für sich in Anspruch, während das Artefakt öffentlichen Raum generiert. MVRDV und FOA schliessen den Kreis mit der morphologischen Neudefinition des Bodens als Gebäude. Es handelt sich um ein hybrides Konzept, das das Bauwerk in eine infrastrukturelle urbane Landschaft verwandelt. 22 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O Tomà Berlanda* Die Begegnung mit dem Boden in der Tessiner Architektur. Theorie und Praxis L’incontro con il suolo nell’architettura ticinese Teoria e pratica 1. L’ipotesi sottintesa nella scelta di dedicare un numero monografico al rapporto con il suolo è che sia possibile individuare nelle opere degli architetti ticinesi un comune interesse per il tema, che si traduce in una molteplicità di soluzioni costruttive. È una domanda interessante, che lega la discussione sulla rilevanza teorica della questione - cioè il riconoscimento che l’itinerario che traduce un’idea in una architettura costruita, strutturalmente stabile e adeguata nella collocazione spaziale, trova un momento decisivo nel modo in cui il manufatto tocca la terra alle scelte tettoniche di volta in volta inventate. Negli anni recenti si è sviluppato un discreto corpo di letteratura che affronta il tema dell’attacco al suolo da due principali punti di vista. Il primo concentra l’analisi su un singolo architetto, con l’intento di individuarne l’evoluzione o la continuità nel modo di rapportarsi al terreno. Alcuni esprimono preferenze assolute per una particolare soluzione che diventa una costante nel loro approccio progettuale, mentre altri sono disponibili a declinarne più d’una in funzione delle specifiche condizioni del sito. Il secondo parte dall’individuazione di specifiche categorie o modi ricorrenti di attacchi al suolo e li analizza attraverso le opere di architetti diversi. Il tema, invece, non è stato affrontato con riferimento a specifiche aree geografiche o alle scuole e gruppi regionali, alla cui produzione architettonica della seconda metà del Novecento viene riconosciuto un notevole grado di omogeneità e di riconoscibilità. Il Ticino è una di queste aree culturali. Le caratteristiche che si trasmettono da una generazione all’altra e che giustificano l’individuazione di una scuola ticinese sono la scelta pertinente e la sincera esibizione della struttura, dei materiali e delle soluzioni tecnologiche, nonché un rapporto con le preesistenze che rifiuta qualsiasi storicismo e mimetismo formale.1 2. Topografia è ormai un termine abusato nel dibattito architettonico ed il suo significato originario si è dilatato per incorporare, oltre alla descrizione delle caratteristiche geometriche di un sito, preoccupazioni e tematiche nuove rispetto alla tradizionale nozione di crosta terrestre. Riecheggiando tale allargamento di prospettiva, è diventata una consuetudine enfatizzare l’attenzione per l’attacco al suolo e presentare progetti e costruzioni come risultato di un intenzionale rapporto con il sito, inteso nella sua duplice e inscindibile connotazione geografica e umana. In realtà, gli architetti per i quali la relazione tra costruzione e luogo non si basa su analogie e rimandi geometrici o formali sono ancora una minoranza. È, però, generalmente condivisa l’idea che il paesaggio non sia lo sfondo dell’architettura, ma l’oggetto stesso della trasformazione. Se le dichiarazioni d’intenti possono sembrare simili, esse si materializzano in forme diverse e riflettono diverse intenzioni e priorità. In altre parole, ogni attacco al suolo si configura in funzione della strategia di modificazione del luogo. Per alcuni, l’aspirazione a costruire senza alterare la configurazione del sito si traduce nel tentativo di far sì che l’architettura ne diventi, o ne sembri, un completamento. Simile a questo approccio, che ricorda l’idea classica dell’appartenenza dell’architettura alla terra, perché come diceva Frank Lloyd Wright «la terra è la forma più semplice di architettura», è quello che considera l’architettura come estensione del paesaggio o in esso vorrebbe farla dissolvere. Per altri, l’architettura nasce dalle forme naturali, ma pur non ignorando gli aspetti essenziali della topografia li trasforma. La capacità di assumere le caratteristiche morfologiche come punto di partenza della progettazione, ma nello stesso tempo dar origine a una nuova entità, e che riecheggia il modo di procedere di Alvar Aalto, è evidente nella casa Balmelli di Tita Carloni e Luigi Camenisch a Rovio (1956-1957) che segue l’andamento del terreno, ma crea anche un nuovo profilo. Il ricorso all’architettura per dare risalto alla topografia e accentuare ed estendere il sito è un atteggiamento che si manifesta soprattutto quando il manufatto si colloca su sommità o punti cospicui. La chiesa di Santa Maria degli Angeli a Monte Tamaro di Mario Botta (1992-1996), dove il monte è stato «ampliato di una piccola sporgenza», e nella sua massa architettonica è stato integrato di pochi strati di roccia, viene letta come una «prosecuzione della montagna», una «leggera correzione geometrica della massa rocciosa».2 C’è, poi, chi considera la conformazione esistente come un dato da accettare, per turbare la terra il meno possibile. La registrazione degli accidenti del terreno, la conservazione degli oggetti minerali e degli organismi vegetali presenti, più che un vincolo diventa il fulcro dell’intero processo. Infine, un esplicito intento di contraddizione nei confronti della configurazione del sito si ritrova nelle opere di quegli architetti che non sono indifferenti al luogo, ma rifuggono da qualsiasi integrazione e mimesi, come fa Aurelio Galfetti con casa Rotalinti 23 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O a Bellinzona (1960-1961) che si pone in intenzionale contrasto con il pendio al quale è accostata. Anche per Livio Vacchini l’ordine nasce dalla distinzione dalla natura, e la sua architettura si discosta dall’intorno rivelando la propria artificialità logica e tecnica. La palestra a Losone (1995-1997) che lo stesso Vacchini ha paragonato ad un tempio arcaico, una Stohenenge del nostro tempo, appare come un blocco imponente, inaccessibile su una piattaforma posta sopra un esteso prato verde. La sala rettangolare è un blocco di vetro cinto da pilastri di calcestruzzo che si rastremano verso l’alto e sono stati eseguiti in un solo getto. Al livello del suolo non è visibile alcuna entrata, perché gli ingressi si trovano alle estremità delle rampe che scendono al sotterraneo e hanno il significato di scandire il percorso in una fase di discesa all’interno della terra e in una successiva emersione.3 Collegare l’edificio al suolo con un elemento che dal suolo appare staccato, è un modo per segnalare la diversità tra artefatto e natura. 3. L’enfasi con la quale progettisti e critici sottolineano l’importanza della topografia, che letteralmente significa scrittura di un luogo, non si traduce meccanicamente in architettura. A volte il riconoscimento del valore fondativo dell’attacco a terra si riduce a un retorico richiamo alla necessità di sviluppare una non meglio definita sensibilità topografica, mentre la relazione tra manufatto e contesto viene trattata in termini di visione poetica o di linguaggio architettonico, senza che questi elementi si traducano in coerenti scelte costruttive. Al moltiplicarsi di immagini e metafore che descrivono edifici «ancorati, radicati, seduti, in volo, galleggianti» non corrispondono adeguati metodi di rappresentazione, quali la sezione lunga, o più propriamente detta intersezione, che è lo strumento più efficace per rivelare e sintetizzare tutti gli intrecci tra sito e architettura. Consentendo di evidenziare la configurazione generata dalla solidarietà tra suolo e manufatto, che è diversa rispetto a quella che la linea della terra e la costruzione avrebbero se considerate separatamente, l’intersezione è essenziale per comprendere le modalità dell’incontro e ricondurne la materializzazione ad alcune situazioni di base. A seconda che il piano della pianta coincida con la superficie d’appoggio, che il contatto sia limitato a pochi punti, che l’edificio e il terreno entrino l’uno nell’altro, si parla rispettivamente di aderenza, distacco, incastro. Tale terminologia deve essere integrata ren- 1. Lio Galfet ti, Casa Rotalinti, Bellinzona 1960-61. Foto Archivio Galfet ti 2. Livio Vacchini, Palestra, Losone 1997. Foto Archivio Vacchini 3. Livio Vacchini, sezione della Palestra, Losone 1997. Disegno dell’autore 4. Rino Tami, autostrada N2, portali delle gallerie di Sciaresc 1963-83. Foto S. Milan 5. Lio Galfetti, Flora Ruchat, Ivo Trümpy, sezione dei Bagni, Bellinzona 1967-70. Disegno dell’autore 1. 2. 3. 24 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O dendo espliciti i criteri in base ai quali ogni architetto sceglie una o l’altra modalità. La decisione di appoggiarsi al terreno semplicemente consolidato o su una sottile piattaforma, che diventa una sorta di suolo artificiale, può essere ricondotta alla ricerca di un rapporto simbiotico tra interno ed esterno. Può anche coesistere con la convinzione che un edificio sia un artefatto che non è indifferente al luogo, ma rifugge da qualsiasi integrazione, come dimostra la casa Bucerius a Brione sopra Minusio (1965-1966) – una delle due case costruite da Richard Neutra in Ticino – collocata su una piattaforma che si allarga oltre il perimetro dell’edificio. L’incastro non è mero sinonimo di vano interrato o di edificio ipogeo, ma una configurazione pensata in modo che la terra e la costruzione, condividendo uno spazio definito volumetricamente, siano complementari; un procedimento ben diverso da quello di chi manipola e stravolge la terra per realizzare costruzioni indifferenti ai luoghi. Anche le motivazioni di chi cerca di limitare il contatto ad una serie di punti possono essere molto diverse, come dimostrano le piattaforme appoggiate su supporti spostati verso l’interno di Mies van der Rohe, gli edifici di Sean Godsell sostenuti da elementi puntiformi studiati caso per caso e alcune recenti opere di Peter Zumthor. Un edificio non può essere completamente privo di legami con il suolo, ma la limitazione del contatto ad una serie di elementi discontinui consente di lasciarne il piano orizzontale principale staccato. Lo spazio interstiziale che ne risulta separa e allo stesso tempo connette il terreno con l’edificio e consente di leggere con chiarezza la struttura portante. Casa Nadig a Maroggia di Rino Tami (1956-1957) è un parallelepipedo appoggiato su due muri ortogonali di pietra legati da due travi di calcestruzzo. L’apparente distacco dal suolo pone in risalto la ricerca della soluzione strutturale. fare distinzione tra architettura, land art e landscape architecture, trattano il suolo come materiale primario del progetto. Aurelio Galfetti e Luigi Snozzi sono entrambi attratti dalla dimensione territoriale del rapporto tra architettura e suolo, ma la declinano con strumenti diversi. Nei Bagni di Bellinzona, che Galfetti ha costruito con Flora Ruchat e Ivo Trumpy (1968-1970), l’attacco al suolo, che consiste in una passerella che connette e articola spazialmente il percorso, non è un accorgimento tecnico pensato a posteriori per garantire stabilità all’edificio, ma il cardine stesso del progetto. Il luogo dove si fa il bagno è, in realtà, un percorso e la passerella, cioè l’infrastruttura che crea lo spazio, ha una dimensione paesaggistica. Per Snozzi l’interesse per il territorio – sintetizzato in uno dei suoi aforismi «fino a poco tempo fa gli insediamenti umani erano carte geologiche» – prevale su quello per il singolo edificio ed abbraccia un ambito che si estende a tutti gli strati della crosta terrestre, da quello dove insistono le fondazioni fino al centro della terra. «Ogni casa raggiunge il centro della terra, un vero prato arriva fino al centro della terra» è un altro dei suoi aforismi.5 Snozzi è affascinato dal valore simbolico delle fondazioni, dalla loro capacità di comunicare l’ossatura dell’idea architettonica e di essere, quindi, una sintesi di tutto il percorso progettuale. «Un edificio comincia sempre dalle sue fondazioni», dice, ed è convinto che per capire un’architettura basta osservare le fondazioni, perché «le più belle piante dell’architettura, le vedi dalle cantine, è li che matura tutta l’idea».6 Inoltre, per Snozzi il progetto è uno strumento di ri- 4. 4. Le opere di Tami sono un lascito ineludibile per la successiva generazione di architetti che pure hanno posizioni variegate nei confronti del modo di legarsi al suolo. Sia i singoli edifici – le case che sempre «cercavano di essere ben sedute» e per questo in ogni suo lavoro si preoccupa di «sposare la casa col terreno»4 – che gli interventi a scala territoriale lungo l’autostrada N2 tra Chiasso e il Gottardo (1963-1983) nei quali è difficile 5. 25 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O cognizione e la scoperta del terreno è il momento decisivo del percorso nel quale intuizione e invenzione possono avere un peso diverso, ma comunque interagiscono.7 Come ha osservato Alvaro Siza, «nelle sue valli, Snozzi, ricerca meticolosamente ogni traccia sul suolo e ogni voglia di cambiamento. Tanti sono gli elementi che attirano la sua attenzione.. filari di viti, muri, fondazioni di antichi conventi, abitudini antiche e in trasformazione».8 Camminare, per misurare ed esplorare il sito, è una pratica seguita da quegli architetti, che Jacques Gubler chiama «architetti agrimensori» e tra i quali include Snozzi, che costruiscono il progetto «con la punta della matita e con i piedi», cioè partendo dalle tracce e dai segni scoperti andando a piedi9 e per i quali l’esplorazione del terreno non è una mera operazione tecnica di raccolta di dati quantitativi e misurabili, ma un processo di selezione e interpretazione inscindibile dal progetto. Pierre-Alain Croset considera l’orografia qualcosa che deve essere rivelato grazie all’architettura. È un concetto che usa nella lettura di molte opere di Snozzi, casi esemplari di promenade architecturale concepita come «lettura dell’orografia». A suo giudizio, Snozzi prende le mosse dalla conformazione del terreno e inventa la topografia per comporre sequenze di immagini incorniciate nel paesaggio. Nelle sue case, mai disposte come prospetti statici10 i valori geografici del sito sono rivelati attraverso il percorso di avvicinamento e «stupisce il grande rispetto manifestato nei riguardi dell’orografia naturale: piccoli dislivelli, minimi spostamenti di terra e terrazzamenti appena affioranti si dimostrano sufficienti laddove abitualmente le nuove costruzioni tendono a cancellare definitivamente i caratteri dell’orografia originaria».11 5. L’attenzione alla percezione fenomenologica dell’architettura fa sì che alcuni interpretino le «figure» architettoniche come strumenti grazie ai quali l’architetto può leggere e riscrivere la topografia di un sito. Secondo questo approccio, la piattaforma, che media l’andamento del terreno o crea un nuovo piano distaccato, stabilisce e segnala una precisa relazione altimetrica con l’esistente; il muro, oltre che filtro e supporto, è un elemento di misura del terreno; la passerella concentra l’attenzione sulle due parti che collega sottolineandone la separatezza; la rampa, prolungando e rallentando il percorso di avvicinamento, crea una serie di orizzonti intermedi tra la terra e la costruzione. In quanto parte di una consapevole strategia della costruzione del legame con il suolo, la piattaforma – che secondo Jørn Utzon è l’evento critico dal quale emerge l’architettura – assolve molte funzioni. Può segnalare la quota di riferimento principale o stabilirne una nuova, può mettere in relazione la costruzione con una porzione più o meno ampia di terreno, può evidenziare una intenzionale separazione tra il suolo e l’edificio o tra la parte della costruzione adiacente al suolo e quelle superiori. Il basamento attira l’attenzione al legame con la terra e alla soluzione costruttiva che lo sostanzia, esprimendo così l’artificialità costitutiva di ogni intervento architettonico. La piattaforma rimanda alla concezione classica, tripartita dell’architettura. Ogni architettura è sempre «tendenzialmente tripartita, si appoggia sulla terra, si innalza e si chiude nel cielo», dice Livio Vacchini, e conformemente a questa visione, colloca la palestra di Losone su uno zoccolo rialzato.12 Ogni muro è diverso, ma sempre risolve e segnala l’attacco al suolo e ridefinisce il sito. Per Mario Botta la gravità è la forza che lega l’opera di architettura alla terra e costituisce la ragion d’essere del principio costruttivo nella ricerca dell’equilibrio per trasmettere i carichi al suolo. A suo giudizio, il gesto primo del costruire è dato dal «sovrapporre alla terra una pietra» e perciò, «piuttosto che di pietra su pietra si deve parlare di pietra su terra».13 I suoi muri sono più una massa che una superficie ed enfatizzano il peso della terra e il peso dell’architettura che saldano insieme. Come elemento di raccordo al suolo, la passerella ha un forte valore simbolico. Ponendo i due elementi che connette l’uno di fronte all’altro, li lega ma allo stesso tempo ne evidenzia la separazione. La cappella di Santa Maria degli Angeli a Monte Tamaro, che Botta definisce «una passerella viadotto che esce dalla montagna»; è un «ponte metafisico» che vertiginosamente lascia la terra per gettarsi nel vuoto.14 6. La ricognizione delle configurazioni alle quali la solidarietà del manufatto architettonico con il suolo può dar origine deve essere accompagnata dall’analisi di come ogni idea progettuale si concreta in soluzione costruttiva se si vuole che la modalità dell’attacco a terra perda la connotazione di astrazione geometrica. Opere che dal punto di vista tipologico sembrano simili, rivelano intenzioni diverse se analizzate alla luce delle modalità di attacco al suolo, come dimostra il confronto fra tre case di Snozzi, Botta e Vacchini. A prima vista tutte e tre appaiono semplici scatole di calcestruzzo armato su un pendio, ma ognuna instau- 6. 26 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O 7. ra con il sito una peculiare relazione che è possibile cogliere guardando il modo in cui è stato realizzato il contatto con la terra. Casa Kalman a Minusio (1972) è un manifesto costruito dell’approccio di Snozzi che, attraverso la critica interpretazione della geografia e della topografia, identifica particolari caratteristiche naturali o resti della storia e della cultura e li riformula per intensificare la percezione del luogo. Il muro di contenimento segue la curva di livello – la condizione geologica esistente che informa l’organizzazione della casa – e collega l’architettura alla più larga fisica entità del lago. La contrapposizione tra il ripido pendio e l’andamento orizzontale del piano della valle è accentuata dalla passerella che indirizza e sposta l’attenzione dell’osservatore dall’oggetto architettonico verso la concreta esperienza della topografia del sito. Casa Bianchi di Botta a Riva San Vitale (1973) è una torre che si erge isolata, come un osservatorio. Ma se la torre rimanda all’atto di guardare, la passerella d’accesso rimanda a quello di attraversare. Percorrendola il terreno diventa parte integrale dell’esperienza di entrare in casa e allo stesso tempo, essa articola il distacco tra le forme naturali e l’artefatto facendo emergere l’opposizione tra la casa e il paesaggio suburbano. La casa a Costa Tenero di Vacchini (1992-1993) è un parallelepipedo appoggiato perpendicolarmente sul pendio collinare, ad un’altezza di circa 140 cm rispetto alla quota di accesso. La casa è definita da una struttura ridotta al limite delle leggi fisiche. Il tetto è un’ unica trave in calcestruzzo precompresso che, alleggerita da tubi in acciaio, poggia su sei pilastri posti alle estremità del rettangolo di base. Una piccola pensilina e una pedana in calcestruzzo rivelano l’ingresso ed indicano la separazione tra esterno ed interno. La soglia, che divide e connette, è il momento significativo dell’incontro tra terreno e costruzione, ma non è parte di un processo di narrazione. La casa ha la sua logica, la montagna ne ha un’altra, è una «gestalt come le opere di Donald Judd».15 7. Molti architetti hanno assimilato l’insegnamento dei maestri, come si evince dagli esempi qui pubblicati. La struttura portante di casa Minghetti e Rossi a Gordola di Nicola Baserga e Christian Mozzetti (2009-11) si limita a due appoggi interni che permettono di non «infierire» sulla terra. Due travi longitudinali appoggianti su plinti portano la soletta di copertura, mentre la soletta inferiore è appesa tramite tiranti centrali alle pareti laterali. È un approccio non dissimile da quello usato per l’autorimessa cmb a Camorino da Dario e Mirko Bonetti (2009), che sollevando un lungo volume chiuso sopra pochi appoggi puntuali idealmente rafforza l’andamento orizzontale della pianura circostante. Il rapporto con un sito assimilabile a una linea orizzontale è presente anche nella casa monofamiliare a Bia- 8. 9. 6. Mario Bot ta, sezione longitudinale Cappella di Santa Maria degli Angioli, Monte Tamaro 1990-95. Disegno dell’autore 7. Livio Vacchini, Casa a Costa, Tenero-Contra 1991-92. Foto E. Sassi 8. Luigi Snozzi, Casa Kalmann, Brione 1976. Foto S. Milan 9. Mario Bot ta, Casa Bianchi, Riva San Vitale 1971-73. Foto Marco D’Anna 27 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O sca di Luca Coffari (2011). Una pesante piattaforma di calcestruzzo funge da zoccolo nel quale è incastrato un involucro che rimane visivamente staccato da terra. Casa Ostinelli a Vacallo di Ivano Gianola (2007-09) presenta una tensione creata tra i piani orizzontali del pavimento e della copertura. L’imponente spessore della soletta del tetto, quasi a voler sottolineare un paradosso statico è rivestito da alte lastre di pietra verde che dominano la composizione. Nella casa ai Pozzi a Minusio, Silvia e Reto Gmür (200711) hanno sfruttato un terrazzamento pianeggiante per posizionare il basamento dell’edificio che segnala la separazione della casa dal pendio e allo stesso tempo fa si che il contesto diventi parte del suo interno. La casa a Ronco a Pregassona di Jachen Könz e Ludovica Molo (2007) è invece sollevata rispetto al suolo e, staccandosi dal terreno terrazzato, garantisce la continuità del prato sottostante. 8. La ricognizione delle opere di tre generazioni di architetti ticinesi mette in luce una condivisa attenzione per l’attacco al suolo che si traduce nella ricerca di soluzioni costruttive appropriate. Piace qui citare come esempio la consapevolezza della necessità di esplorare nuovi percorsi di ricerca riconoscibile nella Capanna Cristallina (2009) di Baserga e Mozzetti dove la scelta dell’attacco al suolo ha richiesto, prima che una soluzione tecnica, la ricerca della «giusta collocazione» del manufatto. L’ubicazione della capanna rispecchia la volontà di non costruire sulla fragile topografia del passo e di occupare un terrazzo adiacente ritenuto più adatto alle caratteristiche climatiche. Il rapporto con il sito è ricercato, più che attraverso rimandi formali, attraverso l’uso dei materiali. Uno zoccolo, formato con pietre recuperate dalla vecchia Capanna e con materiale di scavo, si estende da un lato per diventare terrazza. Il piano seminterrato in calcestruzzo, che salda la capanna alla terra, ha la funzione di isolare la parte abitativa dal terreno, mentre l’involucro leggero possiede un’elevata coibenza termica ed una ridotta inerzia termica. Se da un lato appare chiaro come, negli anni più recenti, la scelta della modalità dell’attacco a terra tende a incorporare nuove preoccupazioni che riflettono il superamento della tradizionale nozione di topografia, dall’altro quelli che sembrano essere gli esempi più interessanti non attingono a un repertorio statico di soluzioni già sperimentate, ma propongono innovazioni dal punto di vista tecnologico, strutturale e dell’uso dei materiali, confermando così la vitalità della scuola ticinese. * architetto, tra i primi laureati aam, dottore di ricerca. Dal 2010 in Ruanda é professore e titolare di asa studio. La sua tesi di dottorato Topografie architettoniche: lessico grafico dell’attacco al suolo è in corso di pubblicazione presso Routledge. Note 1. Schmertz, Mildred, The Ticino Group: Toward an architecture of place, in «Architectural Record», n. 175, 1987, p. 110. 2. Oechslin, Werner, Mario Botta: l’architettura sacra, l’espressione e la pietra, in Gemin, Mario (a cura di), Mario Botta. Cinque architetture, Skira, Milano, 1996, pp. 126-148. 3. Masiero, Roberto, Prima e dopo il classico. Sull’architettura di Livio Vacchini, in Livio Vacchini. Opere e progetti, Electa, Milano, 1999, p. 16. 4. Carrard, Philippe, Oechslin Werner, Ruchat-Roncati, Flora (a cura di) Rino Tami, Segmenti di una biografia architettonica, gta, Zurich, 1992, p. 50. 5. Snozzi, Luigi, Aforismi, in Disch, Peter, Luigi Snozzi, L’opera completa 1958-93, ADV, Lugano, 1994, pp. 104-105. 6. Croset, Pierre Alain, Una conversazione con Luigi Snozzi, in «Casabella», n. 567, 1990, pp.20-22 e Id. Un’architettura aulica e funzionale, ivi, pp. 6-7. 7. Lichtenstein, Claude, Design as recognition, in Luigi Snozzi, Birkhauser, Basel, 1997, pp. 7-25. 8. Siza, Alvaro, Impressioni di un viaggio in Ticino, visitando le case di Snozzi, in Disch, Peter, cit., pp. 20-23. 9. Gubler, Jacques, Motions, émotions: notes sur la marche à pied et l’architecture du sol, in «Matières», n. 1, 1997, pp. 6-14, ora in Guerrand, Henri (a cura di), Thème d’histoire et d’architecture, Infolio, Gollion, 2003, pp. 15-30. 10. Croset, Pierre Alain, L’architettura e l’urbanistica di Luigi Snozzi, in Disch, Peter, cit. p. 48. 11. Croset, Pierre-Alain, ivi, p. 46. 12. Masiero, Roberto, cit., pp. 17-65. 13. Botta, Mario, Luce e gravità, in Cappellato, Gabriele (a cura di), Mario Botta, Compositori, Bologna, 2008, p. 8. 14. Botta, Mario, Il monte e la cappella, in Pozzi, Giovanni e Botta, Mario, Santa Maria degli Angeli sul Monte Tamaro, Casagrande, Bellinzona, 2001, p. 5. 15. Lucan, Jacques, Livio Vacchini, L’implacabile necessità del tutto, in Disch, Peter (a cura di), Livio Vacchini architetto, adv, Lugano, 1994, p. 26. Auf Grundlage der These, dass das Thema der Befestigung im Boden in der Tessiner Architektur der letzten 50 Jahre eine wichtige Rolle gespielt hat, untersucht der Artikel eine Reihe von klassischen Bauwerken unter dem Gesichtspunkt der von den Urhebern beabsichtigte Beziehung zum Boden und der dafür entwickelten baulichen Lösungen. Die Analyse erfolgt im Rahmen umfassenderer Überlegungen darüber, wie sich die Theoriedebatte zum Begriff der Topografie entwickelt und wie sich seine ursprüngliche Bedeutung erweitert hat. Heute versteht man darunter nicht allein die Beschreibung der geometrischen Eigenschaften eines Standorts, sondern auch seine vielfältigen materiellen Aspekte, zu denen auch neue Anliegen und Themen gehören, die über den herkömmlichen Begriff der Erdkruste hinausgehen. Soweit möglich werden die beschriebenen Bauwerke als Schnitte dargestellt – einige stammen vom Autor des Artikels selbst. Wie die Schnitte und der Vergleich zwischen den Erklärungen der Planer und den errichteten Bauwerken zeigen, erfolgt die materielle Umsetzung der Eingebungen und Absichten, die mit Zeichnungen und Modellen erzählt und illustriert werden, durch tektonische Knoten – durch eine konstruktive Syntax also, die mit der Topografie verbunden ist. Aus dem Überblick, der von den Meistern Rino Tami, Aurelio Galfetti, Luigi Snozzi, Livio Vacchini und Mario Botta bis zu den jüngeren Vertretern der Tessiner Architektur reicht, kristallisieren sich wesentliche Elemente heraus, die auf eine Kontinuität hindeuten. Zugleich wird offensichtlich, dass das Thema der Befestigung am Boden von einer Generation zur nächsten weitergegeben wird und sich dabei konstant weiterentwickelt. 28 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O Luca Coffari foto Filippo Simonet ti Casa monofamiliare, Biasca Abitare su un piano Abbiamo voluto lavorare su un progetto che prevedesse di abitare su un piano. Tutte le attività: arrivare in auto, soggiornare, studiare, mangiare, rilassarsi e dormire, si sviluppano ad un’unica quota. Una parte di sotterraneo contiene i locali tecnici, i depositi, la lavanderia e la cantina. La seconda volontà era quella di abitare in una pianta a L che permettesse di vedere due facciate della casa e di usufruire dello spazio esterno allo stesso livello. La volontà era anche quella di semplificare al massimo le superfici, dando al progetto un’immagine o, meglio, una forma scultorea, lavorando sui volumi. Questo atteggiamento ci ha permesso di «dialogare» con le montagne circostanti e il paese di Biasca. Il modo più diretto per ricercare la «pulizia» delle forme è stato quello di utilizzare il calcestruzzo armato a vista gettato senza giunti visibili, casserato con cura, pulito e levigato. La forma dell’edificio si è ottenuta attraverso la lavorazione di due volumi iniziali tramite sottrazione e tagli e la successiva aggiunta di un terzo e un quarto volume. Il primo volume è estruso dal terreno e definisce un piano di 362 mq che accoglie tutte le attività. Abbiamo poi «incastrato» sul volume primario un volume secondario che misura 22.50 x 17.50 x 3.71 m, le pareti hanno uno spessore di 40 cm sui quattro lati e di 66 cm alla sommità; il volume secondario si incastra in sospensione sul volume primario, ospitando nei 148 mq di superficie netta interna riscaldata tutti i contenuti abitativi. Viene poi realizzata un’operazione di sottrazione di una parte del volume secondario e l’inserimento di altri due volumi. Il taglio a 60° permette di rivelare il contenuto del volume. Tagliare «l’esoscheletro duro» per rivelare un contenuto «addomesticato», dove si svolge la vita famigliare. Le facciate a L, completamente vetrate, permettono di godere la casa da tutte le stanze e di accedere al soggiorno esterno. La sottrazione al volume secondario sul lato della strada forma l’accesso. In questo vano si inseriscono il terzo volume dalla sezione a L, dallo spessore di 40 cm, che caratterizza l’entrata. La forma è giustificata dalla necessità statica di sostenere il solaio interno liberando l’angolo vetrato da pilastri portanti. Il quarto volume, inserito nel vano, va a formare «l’approdo» a forma di rampa che porta alla quota dell’abitato. Il soggiorno esterno è in contatto diretto col terreno naturale (non è un tetto), ospita un prato steso a rotoli precoltivati come se fosse un tappeto. I serramenti sono in alluminio termolaccato antracite perché non volevamo parti «luminose» che riflettessero la luce diurna ma che rimanessero in ombra. Il pavimento è realizzato su tutte le superfici della casa sia all’interno che all’esterno, in betoncino finito Duratex pigmentato antracite con il 4% di colore nero nella massa, accuratamente lisciato e trattato con una lacca di finitura indurente, scelto per dare uniformità e rafforzare l’idea dell’abitare su una quota unica. 29 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O 1 2 3 4 5 Volume primario: estrusione Volume secondario: incastro in sospensione Terzo volume: definizione entrata e struttura Quarto volume: approdo Taglio volume secondario a 60° Schema compositivo Pianta Sezione soggiorno Sezione camere 30 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O Casa monofamiliare; Biasca Architet to Collaboratore Ingegnere Fotografo Date Modellista Impresario costrut tore Elet tricista Sanitario e riscaldamenti Sistemi costruttivi a secco Serramenti Protezioni solari Arredi Luca Cof fari; Coldrerio R. Cof fari Project Partners; Grancia-Lugano Filippo Simonet ti; Brunate proget to: 2008-2009 realizzazione: 2010-2011 Benjamin Marchesoni; Lamone Mut toni SA ; Faido p. 12 Elettrobiasca 2 SA ; Biasca p.12 Thermonord SA ; Biasca p.12 Knauf SA ; Lugano p.6 Vitrocsa Design System Griesser SA ; Cadenazzo LaCasa Interior Design; Mendrisio 31 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O L’ E D I F I C I O E I L S U O L O 33 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O Bonetti e Bonetti architetti Bernardoni SA Autorimessa CMB , Camorino Il progetto nasce dalla necessità della committenza di trovare una nuova collocazione per i posti macchina presenti nell’area del Centro di Manutenzione di Camorino. L’incarico chiedeva la nuova edificazione di circa 80 posteggi una parte dei quali chiusi per esigenze legate alla sicurezza. Un programma di natura prevalentemente infrastrutturale che una committenza avveduta e lungimirante ha saputo, e voluto, tematizzare in un progetto. Il terreno, ubicato sul piano di Magadino, fa parte di un più vasto comparto occupato dal Centro per la Manutenzione delle strade nazionali. Delimitato a nord dalla linea ferroviaria del Gottardo e di AlpTransit, a sud dalla strada d’accesso al centro di manutenzione, si presenta come una superficie quasi perfettamente orizzontale libera da costruzioni. Il contesto si connota invece per un’occupazione diffusa di capannoni artigianali, industriali e amministrativi. In lontananza le montagne che, in netto contrasto con il disordine delle immediate adiacenze, costituiscono il chiaro limite del paesaggio e che restituiscono al luogo la tranquillità di un riferimento a grande scala. Un edificio, elementare nella sua semplicità, occupa l’intera larghezza del sedime a disposizione e tenta, tramite la sua dimensione e la sua espressione, un dialogo con la grande scala del paesaggio e delle infrastrutture viarie che lambiscono il sedime (autostrada, ferrovia, ). La sua ubicazione segna, caratterizzandolo, l’ingresso al centro di manutenzione. Il volume progettato è completamente sollevato per liberare lo spazio orizzontale del piano campagna. Questa soluzione genera uno spazio coperto ma aperto sulle superfici adiacenti che divengono così parte integrante del sistema. Gli spazi residui ed abbandonati sono così praticamente assenti. Alla grande continuità ed alla trasparenza del piano terreno si contrappone un piano superiore completamente chiuso ed introverso che risponde alla richiesta di posteggi chiusi. Una facciata astratta e continua, realizzata con un unico modulo di pannelli in lamiera d’alluminio presso-piegata, azzera ogni riferimento alla scala ed alla funzione dell’intervento. La struttura tocca il suolo solo puntualmente ed evidenzia aggetti significativi grazie anche alla precompressione delle solette. L’edificio pare così librarsi sul terreno. La cadenza e la disposizione dei pilastri, arretrati rispetto al filo delle facciate, consentono la disposizione dei veicoli sia lungo l’asse centrale dell’edificio (piano terra) che lungo le sue facciate (primo piano). Questa scelta strutturale consapevole e fondamentale, pur se tecnicamente impegnativa, è scaturita grazie anche al contributo sostanziale dell’ingegnere civile. La rampa d’accesso come elemento eccezionale è slegata dalla logica strutturale dell’autorimessa e funge da sfondo al piazzale d’accesso verso la ferrovia. 34 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O Autorimessa Centro Manutenzione Camorino CMB Commit tente Sezione della Logistica Cantone Ticino Architet ti Bonet ti e Bonet ti architet ti; Massagno Ingegneria e realizzazione Bernardoni SA ; Lugano Ingegnere elet trotecnico Tecnoproget ti SA ; Camorino Consulente costr. metalliche Didier Grandi SA ; Rivera Date proget to: 2005-2008 realizzazione: 2009 Impresario costrut tore Bossi e Bersani SA ; Bellinzona Precompressione Stahlton SA ; Mezzovico Metalcostrut tore Of ficine Canova; Chiasso Impermeabilizzazioni Lot ti SA ; Lumino Pavimentazione Consorzio Novastrada SA ; Taverne ATAG AG ; Erst feld 35 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O Pianta piano terra Pianta piano superiore Sezione di dettaglio Sezione trasversale 36 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O 37 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O Silvia Gmür Reto Gmür foto Helene Binet Casa ai Pozzi, Minusio Il nostro obiettivo per questo progetto è stato quello di riflettere sulle questioni fondamentali dell’architettura, non certo quello di soddisfare delle esigenze specifiche dettate dal programma. «Il progetto, prima che strumento di trasformazione, è strumento di conoscenza» (Luigi Snozzi). Tuttavia ogni progetto trasforma sempre il suo autore. Alcune delle domande che ci siamo posti sono: Qual è l’essenza di una casa? Come si esprime il rapporto tra pubblico e privato? Come tocca il suolo la casa? Quale relazione si instaura col paesaggio? Come si comporta l’edificio rispetto alla pendenza (cioè, quando non ci sono né riferimenti orizzontali né verticali)? La casa è in primo luogo la protezione fisica e psicologica dell’uomo e crea un limite tra uno spazio usato individualmente e il mondo esterno. Il passaggio dal privato al pubblico simboleggia il rapporto dell’individuo con la società. Nella casa ai Pozzi, questi spazi di transizione hanno un carattere integrativo in quanto ancorano l’edificio al paesaggio. La casa è sempre un artefatto, non c’è simbiosi tra l’edificio e il terreno. Il carattere del dialogo tra natura e artefatto determina la specificità del progetto. La parcella della casa ai Pozzi è di forma triangolare, si colloca obliquamente rispetto alla strada ed è situata su un ripido pendio. È stato dunque sfruttato un terrazzamento pianeggiante per posizionare il basamento dell’edificio. Da un lato la separazione della casa dal pendio permette di percepire lo stesso ordine architettonico su tutti i lati, dall’altro le quattro pareti trasformano la topografia permettendo un confronto diretto di ogni facciata con il paesaggio circostante. Questo gesto genera una tensione più forte rispetto all’opzione di integrare l’edificio nel terreno. L’edificio è indipendente ma allo stesso tempo il contesto paesaggistico diventa parte del suo interno. Due unità identiche formano un tutto. La loro posizione speculare esprime dualità e complementarità ma anche l’equilibrio nell’asimmetria. I pochi elementi della casa sono costituiti dalla struttura e dall’involucro. Gli elementi di arredamento necessari, come ringhiere, cucina e bagno, sono subordinati al tutto e sono realizzati in cemento. Due pilastri di cemento speculari, che contengono anche gli spazi di servizio, formano con i tre solai, sempre di cemento, la struttura dell’edificio e definiscono gli spazi della casa. La pianta rettangolare (12 x 24 m) è divisa in spazi interni ed esterni, ognuno dei quali contiene una porzione di questi pilastri. L’unità è dunque evidenziata anche da questo espediente. La facciata in vetro non è chiusura ma solo protezione termica e rappresenta invece l’assoluta apertura verso il paesaggio. Delle tende traslucide sono disposte tutto attorno allo spazio della casa. Esse permettono di scegliere la parte di paesaggio che si vuole accogliere all’interno. Le tende trasformano la casa in uno spazio intimo di protezione che sembra galleggiare nel paesaggio piuttosto che essere ancorata al terreno. Matematica e proporzione sono gli elementi che determinano la forma e la struttura dello spazio. I pochi materiali conservano la loro espressione arcaica. L’acqua che scorre attraverso la terra della valle, è stata catturata e diretta in due bacini che riflettono la luce. 38 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O Casa ai Pozzi; Minusio Commit tente Silvia Gmür Architet ti Silvia Gmür, Reto Gmür Architetti; Basilea Collaboratore J. B. Machado Ingegnere A. Baset ti, Dr. Lüchinger+Meyer Bauingenieure AG ; Zurigo Specialista imp. riscaldamento W.Haldemann, Waldhauser Haustechnik AG , Münchenstein Specialisti imp. sanitario Gode AG Baden; Dät twil EE Design; Basilea Specialista imp. elet trico PPEngineering; Basilea Architet to paesag gista August Künzel; Binningen Fotografo foto Helene Binet; Londra Date progetto e realizzazione: 2007-11 39 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O Pianta piano superiore Pianta piano inferiore Sezione trasversale 40 41 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O 42 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O 43 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O Jachen Könz foto Walter Mair Ludovica Molo e Filippo Simonet ti Casa al Ronco, Pregassona La casa sospesa La casa sospesa è l’abitazione per una coppia e si colloca su una collina con una vista magnifica in un quartiere di villette nella periferia di Lugano. Il lotto, per secoli terreno agricolo, è terrazzato. L’ubicazione delle case unifamiliari adiacenti ha compromesso la qualità originaria del terreno introducendo terrapieni, muri di sostegno e recinti e lasciando spazi interstiziali indefiniti. Il progetto crea un mondo a sé stante: tutte le funzioni si svolgono all’interno di un corpo che, staccandosi dal terreno, ne garantisce la continuità. Il prato viene conservato nella sua essenzialità. La messa a dimora di un ciliegio vicino al nuovo accesso, un orto sul lato est e un frutteto sul lato ovest costituiscono gli unici interventi esterni. Il giardino abitato entra all’interno della casa. Dentro il volume della casa un paesaggio composto da terrazze interne che rispondono all’andamento del pendio e alla vista forma uno spazio continuo intorno alla grande terrazza. La luce entra attraverso corpi di varie dimensioni incavati nel volume: la grande terrazza, una piccola corte che funge da parete divisoria nella zona notte e un lucernario che corre lungo tutta la zona giorno. La corte presenta un microclima simile a quello di una serra e consente di penetrare l’edificio con piante. Il lucernario lungo il soggiorno svolge anche la funzione di captare il calore, garantendo un basso consumo energetico. Tutto l’edificio è in legno, costruzione, rivestimenti esterni e interni compresi. Una costruzione in legno è vantaggiosa non solo per leggerezza, velocità nella realizzazione e caratteristiche ecologiche, ma ha anche una grande qualità statica, che, abbinata alla necessità di staccare il legno dalla terra e dall’umidità, ci ha indotto ad optare per una costruzione sospesa. L’elemento di raccordo con il terreno è il posteggio, il cui zoccolo contiene i locali tecnici. Si accede alla casa tramite un piccolo ponte, che si stacca dalla terra e conduce ad un mondo tutto interno, proiettato verso l’orizzonte. 44 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O foto Filippo Simonet ti Casa al Ronco; Pregassona Commit tente Eliana Fuchs e Renzo Viganò Architet ti Jachen Könz e Ludovica Molo; Lugano Statica e costruzione in legno Xilema; Bedano Ingegnere civile Geo Viviani; Lugano Specialista elettrotecnico Riva Elettroprogress; Ponte Tresa Specialista sanitario Copa e Co; Viganello Specialista VR Aircond Ser vice; Biog gio Fotografo Walter Mair; Zurigo Date proget to di concorso: 2006 realizzazione: 2007 Falegname Veragouth SA ; Bedano 45 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O Principio costruttivo-strutturale Travi parallele Travi perpendicolari Pianta livello superiore Assemblaggio Pianta livello inferiore Pianta degli appoggi Sezione longitudinale 47 Sezione cavedio 48 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O 49 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O Ivano Gianola foto Sieg fried J. Gragnato Villa a Vacallo Si tratta di un’abitazione monofamiliare con un piano fuori terra e uno interrato. Il piano terreno si compone di una rimessa per due auto, l’atrio entrata con guardaroba e il servizio ospiti, un grande soggiorno da cui si accede direttamente al portico e al giardino. Il soggiorno mette in contatto anche lo studio, la cucina e la camera padronale con guardaroba e bagno. Al piano interrato si trovano i locali di servizio: lavanderia e stireria, riscaldamento, deposito, cantina, e una serie di armadi. Le facciate esterne sono formate da una muratura doppia isolata, con rivestimento in serpentino verde. I serramenti scorrevoli del portico-terrazza, pavimentato con la stessa pietra delle facciate, così come la zona d’ingresso e il garage, ma con un diverso trattamento, sono in alluminio termolaccato. La zona giorno è caratterizzata dal volume che contiene il camino rifinito in stucco veneziano di colore rosso. Tutti i pavimenti del piano terreno sono realizzati in wengé a doghe, la scala e il pavimento del piano interrato sono rivestiti in resina. Particolare cura è stata dedicata alla scelta delle essenze del giardino: olivi, ligustrum, osmantus, corbezzoli, lecci, feijoa, melograni, sugheri, callistemon citrinus, gelsomini e philadelphus levisii disegnano il giardino. Villa a Vacallo Commit tente Architet to Ingegnere Fotografo Date Impresario costrut tore Impianti RVS Impianto elet trico Serramenti Giovanni Ostinelli; Chiasso Ivano Gianola; Mendrisio Giani e Prada; Lugano Siegfried J. Gragnato; Stoccarda realizzazione: 2007-2009 Fossati S A ; Mendrisio Fratelli Branca; Mendrisio Elat tro Mastai S A ; Riazzino Binet ti S A ; Canobbio 50 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O 51 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O Pianta piano interrato Pianta piano terra Sezione longitudinale 52 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O 53 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O Nicola Baserga Christian Mozzetti Ingegneri Pedrazzini Guidotti foto Nicola Roman Walbeck Casa Minghetti-Rossi, Gordola Il terreno si situa nella zona collinare di Gordola ed è orientato verso il lago e il Piano di Magadino. Il lotto è caratterizzato dalla preesistenza di due rustici: uno nella parte piana a valle ed uno in quella in pendenza a monte, sottostante la strada d’accesso; le due zone sono divise da una valletta intermedia. La nuova casa è un volume parallelepipedo posto al limite del cambio di pendenza; aperto sia a valle che a monte si relaziona con il paesaggio e con le caratteristiche topografiche del sito. La sua collocazione permette di salvaguardare i rustici e di trasformarli in spazi accessori. La struttura portante si limita a due appoggi interni che sospendono la casa dal terreno e permettono di non stravolgerne la fragile e particolare topografia. Due travi longitudinali poggianti su due plinti portano la soletta di copertura, la soletta inferiore appesa tramite quattro tiranti centrali e le pareti laterali. La struttura portante è l’espressione dell’edificio e al contempo lo organizza spazialmente. Lo spazio interno ne risulta così suddiviso: camere agli estremi e spazi giorno e di servizio al centro. Casa Minghetti-Rossi, Gordola Commit tente Tiziano Minghetti e Monica Rossi Architet ti Nicola Baserga, Christian Mozzet ti; Muralto Collaboratore R. Arrivabeni Ingegneri Ingegneri Pedrazzini Guidotti; Lugano Specialista SV Studio tecnico Idalgo Ferretti; Pura Protezione antincendio Giovanni Laube, IFEC Consulenze; Rivera Architet to paesag gista Giorgio Aeberli; Gordola Fotografo Nicola Roman Walbeck; Düsseldorf Date proget to: 2010 realizzazione: 2011-2012 Consulente Pittsburgh Corning SA ; S. Antonino Sistemi costruttivi a secco Rigips SA ; S. Antonino p. 61 Impresario costrut tore Marchesini G. S A ; Mezzovico Serramenti General Mast Engineering S A ; Stabio p. 61 Protezioni solari Griesser S A ; Cadenazzo Pit tore Luca Stauf fer; Ascona p. 60 Impianto elet trico Pedrioli S A , Locarno p. 60 Impianto d’allarme Sicurtech SA ; Bioggio p. 12, 61 Falegname e pavimenti Oswald Wyrsch Schreinerei; At tinghausen p. 60 54 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O 55 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O Pianta abitazione Sezione trasversale Pianta struttura Sezione longitudinale 56 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O 57 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O 58 L’ E D I F I C I O E I L S U O L O 59 Chiarezza fin dalla prima ora: cucine e bagni Sanitas Troesch. Molto più di semplice innovazione Creatività. Ci trasformiamo di continuo. Curiosità. Esplorate con noi terreni ignoti. PRIVERA offre valore aggiunto. In qualità di una delle aziende leader con 450 collaboratori in svizzera per i servizi immobiliari, noi padroneggiamo l’intera gamma di servizi riguardanti gli immobili e siamo altamente qualificati, competenti e collegati in rete in ogni settore. Sviluppiamo soluzioni su misura per i nostri clienti e li consigliamo da un’unica fonte. Attiva in ambito nazionale, ancorata regionalmente. PRIVERA – più che immobili. La nostra offerta di servizi Gestione Intermediazione/vendita Locazione Valutazioni e perizie Center Management Facility Management Succursale e vendita: PRIVERA SA Via Massagno 26 6900 Lugano T 091 910 97 60 Ufficio vendita: PRIVERA SA Via A. Pioda 15 6600 Locarno (Appuntamenti su richiesta) Baden-Dättwil Basel-Oberwil Bern-Gümligen Fribourg Genève Lausanne Lugano Luzern-Kriens Rapperswil-Jona Sion Solothurn St. Gallen Zürich-Wallisellen .ch lisa h o i r ed lisa.c w.p io ww pedr fo@ www.sanitastroesch.ch 6600 Locarno Via del Passetto 8 Tel. 091 751 49 65 Fax 091 751 63 34 [email protected] www.pedriolisa.ch Quando l’efficienza energetica fa aumentare il comfort. Gestione naturale della temperatura ambientale con le lastre in gesso Alba®balance. In estate come in inverno, di giorno e di notte. Le rivoluzionarie lastre in gesso Alba®balance con materiale PCM (Phase Change Material) accumulano in modo latente, nelle pareti e nei soffitti, il calore in eccesso degli spazi. Quando la temperatura scende lo rilasciano automaticamente. Così il consumo energetico per riscaldamento e condizionamento cala in modo significativo e si raggiungono al contempo delle temperature ambientali equilibrate. La redditività delle vostre costruzioni aumenta e il loro Alba ® eco-bilancio migliora, sia negli edifici nuovi che in quelli ristrutturati. www.rigips.ch Rigips SA, Gewerbepark, Casella postale, 5506 Mägenwil, Tel. 062 887 44 44, Fax 062 887 44 45 [email protected] www.generalmast.ch www.espazium.ch/archi/concorsi DIARIO Paolo Fumagalli Diario dell’architetto del 16 gennaio 2013 Le derive estetiche del paesaggio Paesaggio è in definitiva una definizione generica, nel senso che ci si può mettere dentro un po’ di tutto, città periferie villaggi colline montagne boschi radure prati pianure agricoltura e così via. Tutte componenti che vanno a configurare il paesaggio. Ma se questo paesaggio presenta – come presenta – degli squilibri e delle incongruenze e importanti perdite di valori, allora occorre capire dove e perché. Il dove: i luoghi più problematici del paesaggio sono le periferie delle città, sono le aree circostanti i villaggi, sono le colline che circondano gli abitati, sono i fondovalle e sono le rive dei laghi. Infatti: all’interno delle città le normative pianificatorie sono chiare (pur con molte contraddizioni) e gli interventi pianificatori e architettonici sono bene o male tesi verso una qualificazione spaziale dei luoghi della collettività, le piazze, le strade, le zone pedonali. Nelle periferie invece la dilatazione del costruito è avanzata con normative legate in prevalenza alle quantità, molto meno sulla qualità. Abbandonati al loro destino (qualitativo) sono soprattutto gli spazi pubblici, dalle strade che si limitano a incanalare il traffico alle aree verdi che sono piuttosto terreni di risulta o alle zone pedonali che sono inesistenti. Sulle colline la situazione è identica, forse anche peggio: affastellate le une sulle altre in piccoli appezzamenti, ville e villette si disperdono lungo viottoli e strade tracciate a caso su per i pendii, sopra muri in pietra, in cemento, in prefabbricati «fai da te», coronati da alte siepi alla ricerca di un’utopica privacy. E lontane tutte dai mezzi di trasporto pubblico. Nessuna area di svago, un parco che sia un parco: tanto – dicono – i sentieri di montagna sono poco distanti. Ma se le colline piangono, i fondovalle non ridono: occupati dalla cacofonia dei capannoni industriali e dei depositi, lungo strade percorse da camion di giorno e deserte di notte, su terreni ritenuti di nessun valore naturalistico o paesaggistico, offrono un quadro desolante nella loro banalità urbana. Non una gerarchia, un momento di «respiro spaziale», un viale alberato. Nulla. Le cause e gli ef fet ti Premesso che l’evoluzione di un territorio è un fatto positivo perché traduce un’economia dinamica, vi è tuttavia da chiedersi come questa evoluzione avviene. E se di storture si tratta, occorre valutarne le cause e le conseguenze. Sono riconducibili fondamentalmente a due aspetti. Primo, chi occupa le periferie e le col- line sono (salvo i luoghi dorati dei milionari con vista lago) gli abitanti delle città stesse, costretti a cercare un’alternativa ad affitti divenuti troppo cari nei centri delle città. Secondo, gli enti comunali, per nulla preoccupati di questa «emigrazione», dilatano le aree edificabili e asfaltano nuove strade in periferia. Mai però hanno fatto un «progetto» architettonico di carattere collettivo, anzi di qualità per la collettività. Non si conta un quartiere, nemmeno uno, degno di questo nome. Un quartiere vero, come lo definisce l’Enciclopedia Treccani: «Nucleo o settore che, all’interno di una città, si individua rispetto al restante agglomerato urbano per particolari caratteristiche geografiche e topografiche». Quartiere capace di offrire abitazioni di qualità a costi controllati, con aree verdi in comune, con strade veicolari divise dai pedoni e percorsi pedonali per raggiungere le scuole e le fermate dei mezzi di trasporto pubblico e i negozi e così via. In assenza di questi quartieri, il tutto è lasciato all’iniziativa della proprietà privata, che – per carità, talvolta anche bene – ha costruito singoli palazzi su singoli terreni. Nel Cantone Ticino «insomma» le città, come già si è scritto in queste colonne, le fanno i privati, non gli enti pubblici: e i privati, come è logico, fanno i loro interessi. Dalla periferia alle colline il discorso è forse più grave, perché lo spezzettamento del territorio è ben maggiore, non è per niente piatto ma contorto in mille pieghe e mille pendii, perché i muri di sostegno la fanno da padrone per tirare orizzontale quello che non lo è per posarci sopra un tavolo con delle sedie, un ombrellone e l’immancabile barbecue. Un ef fetto inatteso: le nuove emergenze nel paesaggio Se da un lato questa evoluzione urbanistica e le conseguenze che implica sono un’azione dinamica nella sua negatività, a fianco emerge un altro effetto – inatteso – di carattere invece passivo, non provocato ma subìto: la sempre maggiore importanza che, per la qualità del paesaggio, hanno oggi assunto le aree emergenti e di eccezione dentro il contesto edificato. Emergenti per il loro valore intrinseco, come ovvio, ma anche per la loro eccezionalità dentro questo paesaggio modificato, oppure per il loro ruolo di equilibrio dentro un’urbanizzazione diffusa. Alcune di queste aree sono protette a livello cantonale o comunale, ma molte invece hanno acquisito questo ruolo di «emergenza» in questi ultimi anni: non tanto per qualità proprie o perché abbellite di recente, ma per- 62 TI DIARIO ché è il «resto» che sta intorno ad essere cambiato, a essersi totalmente urbanizzato. E quindi queste aree sono rimaste come uniche isole di qualità e di identità e di eccezione dentro la banalità del paesaggio. La dilatazione del costruito è una realtà preoccupante se si osserva la spalmatura di ville e palazzine nel Mendrisiotto o in Capriasca o in sponda destra del Ticino tra Bellinzona e Gordola, o addirittura drammatica su per le falde del Brè sopra Lugano o del San Salvatore sopra Paradiso o a Orselina sopra Locarno. E sempre più evidente emerge, quale contrappunto, il valore di quello che resta dei quartieri di primo Novecento a Minusio o Muralto o Bellinzona o Mendrisio, oppure singoli edifici grandi o piccoli degli anni Sessanta e Settanta, oppure ancora le macchie ancora verdi nelle periferie di Lugano o Mendrisio o Bellinzona o Locarno, o il ponte in ferro o pietra di fine Ottocento. Oggi insomma un terreno non ancora edificato posto dentro una periferia anonima può avere un’importanza – per l’equilibrio del paesaggio – ben maggiore rispetto a cinque o dieci anni fa. Ma questo luogo divenuto oggi paesaggisticamente importante è ancora edificabile, come lo erano gli altri terreni circostanti. Il Piano regolatore, nato al minimo un dieci anni fa, ovviamente ne ignorava il ruolo strategico attuale, e ne prevede la sua edificabilità. Proget tare significa scegliere In estrema sintesi, il paesaggio è afflitto da due fattori: primo, l’eccessiva dilatazione dell’abitato nelle periferie delle città e sulle colline che sovrastano laghi e villaggi e pianure; secondo, luoghi e spazi edificabili circondati dalla dilatazione diffusa dell’edificato e dalla sua banalità sono oggi divenuti importanti per la qua- lità e l’equilibrio del paesaggio. Ma poiché piangere serve a ben poco, occorre riflettere non tanto su possibili rimedi, ma piuttosto sulla necessità di «disegnare», o se si preferisce di progettare, questo paesaggio in profonda trasformazione. Poiché progettare significa in primo luogo scegliere per determinare valori e gerarchie, queste scelte non possono che essere tre: primo, arrestare la dilatazione del costruito mediante una riduzione delle aree edificabili; secondo, per garantire lo sviluppo (indispensabile) di città e agglomerati operare una densificazione del costruito all’interno degli abitati; terzo, salvaguardare edifici e spazi e aree verdi importanti per la qualità del paesaggio. Strumenti per proget tare il territorio Di questa rapida evoluzione è cosciente anche il Cantone, che in questi ultimi decenni ha assunto un ruolo attivo e propositivo e si è dotato di strumenti giuridici per un maggiore controllo del territorio. Alcuni già da alcuni anni, come il Piano Direttore (un progetto di organizzazione territoriale per orientare le trasformazioni dell’insieme del Cantone), altri più recenti come i Programmi di agglomerato, i Piani di utilizzazione cantonale (puc, pianificazioni intercomunali per aree complesse), i Concetti di organizzazione territoriale nelle diverse regioni, gli Inventari dei paesaggi di importanza cantonale, i Progetti di paesaggio comprensoriale (linee guida per comprensori geograficamente unitari). Sono strumenti pianificatori e progettuali importanti, alcuni dei quali, istituiti di recente, non hanno ancora trovato uno sbocco concreto e sono in fase di gestazione ed elaborazione. Ma strumenti comunque indispensabili per gestire l’edificato in un Cantone che progressivamente si è quasi intera- 63 TI mente urbanizzato e che richiede strumenti legislativi capaci di gestire un intero territorio, e non solo il ridotto limite comunale dei Piani Regolatori. Legge federale sulla pianificazione del territorio: la votazione del 3 marzo Poiché i problemi urbanistici tratteggiati in Ticino sono in definitiva identici a quelli che si osservano in altri Cantoni svizzeri, pur nelle loro maggiori dimensioni, a Berna il Governo e il Parlamento hanno approvato una revisione della lpt, la Legge federale sulla pianificazione del territorio. Contro questa revisione è stato promosso un referendum e si andrà a votare il 3 marzo 2013. Cosa prevede questa revisione? Sostanzialmente due misure: primo, l’obbligo di ridurre le zone edificabili sovradimensionate. Sono terreni per la maggior parte ancora liberi da edifici posti all’esterno delle zone abitate, e che non ha più senso oggi edificare per non dilatare ulteriormente gli agglomerati. La seconda misura riguarda il plusvalore: vale a dire la tassazione dell’aumento del valore economico di un terreno edificabile se questo viene inserito in una zona edificabile, oppure quando aumenta l’indice di sfruttamento. Un bel regalo e un evidente guadagno per il proprietario e che la Confederazione vuole tassare per un principio ovvio di parità di trattamento. Legge cantonale sullo sviluppo territoriale: plusvalore Anche il Cantone Ticino si muove in parallelo con la Confederazione e propone una modifica alla Legge sullo sviluppo territoriale legata ai vantaggi e svantaggi che derivano dalla pianificazione. In concreto, si vuole tassare il plusvalore di quei terreni che vengono resi edificabili oppure che beneficiano di un aumento della loro edificabilità (altezze e indici di sfruttamento). Il ricavato di questa tassa andrebbe ad alimentare un fondo a favore del paesaggio, e in particolare per indennizzare quei proprietari i cui terreni o edifici sarebbero vincolati o addirittura resi inedificabili. Non credo che le misure proposte dalla Confederazione e dal Cantone siano una rivoluzione o un attentato contro la proprietà privata e il libero mercato, come si vuol far credere. Ma piuttosto una scelta civile a favore della qualità del paesaggio, a favore della collettività. Sono strumenti oggi indispensabili per fronteggiare la sempre maggiore trasformazione di un territorio la cui qualità si regge su rapporti estremamente delicati. E, aggiungo, per far sì che i rapporti di forza tra pubblico e privato ritrovino quell’equilibrio che in questi ultimi decenni di boom immobiliare sembra andato perso. Gli svizzeri sono amanti delle cucine migliori? Oltre 80 partner competenti a vostra disposizione. www.piatti.ch ARCHIVI ARCHITETTI TICINESI A cura di Angela Riverso Ortelli Fondazione Archivi Architetti Ticinesi Edificio commerciale SEPU a Zaragoza Paolo Mariotta architetto, 1905-19721 A volte ci si imbatte in progetti inaspettati come quelli di un architetto, Paolo Mariotta, di cui si conosce vagamente l’attività professionale soprattutto per i rimandi e le citazioni trovate fra le riviste di storia dell’architettura.1 Ma è sorprendente scoprire come un architetto, visto in patria come esempio sì di eleganza e di rigore, ma anche di attenzione agli aspetti più storicistici e tradizionali di un’architettura regionalista, abbia progettato e costruito all’estero edifici moderni e innovativi in paesaggi urbani, forse sufficientemente lontani da una realtà troppo conosciuta che non gli permetteva di esprimersi liberamente. Ne è un esempio la realizzazione del grande edificio commerciale per sepu a Zaragoza, Spagna. Progettato a partire dal 1963 ed inaugurato nel 1967, è il terzo di una serie di collaborazioni instauratesi a partire dal 1951 fra l’architetto Mariotta e la direzione dei grandi magazzini spagnoli. La sepu, Sociedad Española de Precios Unicos, viene fondata già nel 1934 da cittadini stranieri, le fonti citano fra gli altri gli svizzeri di origine ebraica Henry Reisembach e Alexander Goestschet. Il grande magazzino popolare entra sul mercato spagnolo nel 1935, istallandosi a Madrid sulla Gran Via in un edificio che era stato l’emblema dei grandi magazzini francesi «Paris-Madrid» e proponendo la vendita di diversi articoli al medesimo prezzo secondo una tecnica impiegata dal gruppo americano Woolworth. Filiali nascono in seguito a Barcellona e Zaragoza e a Mariotta, dopo una prima trasformazione dell’emporio originario di Madrid nel 1951 e una seconda collaborazione nel 1952 per quello di Barcellona, viene commissionato un progetto impegnativo per Zaragoza. Si tratta di intervenire con un nuovo edificio sul Paseo de la Independencia, in un tessuto urbano di transito e di commercio già densamente edificato, partendo dalla demolizione parziale di uno stabile adiacente ad importanti edifici storici, sedi rispettivamente della Union Y el Fenix Español (committente del progetto) e del Banco HispanoAmericano. Di Paolo Mariotta si conosceva già il nuovo Feldpausch di Zurigo, inaugurato nel 1949, e di cui la Neue Zürcher Zeitung aveva ampiamente riferito; aveva inoltre lavorato a diversi progetti di empori commerciali situati nei centri di Lucerna, Ginevra e Basilea. Dopo la partecipazione al concorso per i nuovi grandi magazzini Bekas a Malmoe in Svezia nel 1950, aveva realizzato edifici commerciali e am- ministrativi a Lisbona e Lima, in Perù. Non sappiamo come sia entrato in contatto con i promotori, possiamo solo presumere che, oltre all’attività professionale nota, sia le ville sul lago realizzate in Ticino per diversi clienti facoltosi che le amicizie e le conoscenze personali in occasione dei suoi soggiorni invernali a Sils e St. Moritz e la signorilità del personaggio stesso abbiano fruttato i contatti necessari. Possiamo ammirare a Zaragoza un Mariotta apparentemente diverso da quello che opera negli stessi anni nel locarnese, un architetto consapevole delle esigenze contemporanee, delle nuove tipologie necessarie a coprire i fabbisogni della modernità. L’edificio si erge in verticale oltre i limiti di quelli circostanti, e pur sforzandosi di conservare i tradizionali portici commerciali della capitale aragonese, parla un linguaggio innovativo, funzionale e moderno anche all’interno di questi ultimi. La trama leggera delle solette in metallo fotografate durante il cantie- L’edificio della SEPU , Zaragoza 1963-1967 66 TI ARCHIVI ARCHITETTI TICINESI re, si ripete nei dieci livelli sopra i portici, separata da questi ultimi da una sottile fascia completamente vetrata a marcare lo stacco del volume dalla base e che assumerà maggiore rilievo solo sulla facciata laterale all’interrompersi dei portici. La verticalità è accentuata dalla scelta finale di marcare la struttura portante della facciata con leggeri montanti in metallo e di sovrapporla alle fasce di chiusura orizzontali che marcano le solette e corrono lungo tutto il perimetro. A chiudere il volume, nei disegni, un piano attico poi non realizzato. Mariotta collabora con la direzione sepu e con gli architetti locali che firmano il progetto, José Jarza e Teodoro Rios,2 si reca in cantiere e riceve puntualmente rapporti e fotografie dei lavori in corso. La documentazione conservata in archivio riguarda soprattutto gli studi prospettici per le diverse varianti di facciata, le fotografie di cantiere e dell’edificio terminato, poca corrispondenza e la rivista di costruzione madrilena «Obras» del 1968, con la descrizione e diverse fotografie dell’immobile e in copertina la facciata principale. Ma un’ulteriore conferma dell’impegno personale di Mariotta e del valore riconosciuto dell’opera ci viene da un sottile cartoncino bianco, inserito fra le pagine della rivista spagnola. È il riconoscimento, i «Complimenti per la bella costruzione». La firma: Augusto (Jäggli). Vista dal Paseo de la Indipendencia. Fondazione A AT Paolo Mariot ta, ca 1960 Per gentile concessione di Alfredo Mariot ta Note 1. Simona Martinoli in ast, n.133, p. 47 2. «Obras», n. 112, Madrid 1968, p. 20 Bibliografia – Fondazione aat, Fondo 005, architetto Paolo Mariotta, pr. 124 – http://revisioninterior.blogspot.ch/2010/04/grandesalmacenesen-espana Vista dei por tici. Fondazione A AT 67 TI ACCADEMIA ARCHITETTURA MENDRISIO A cura di Laura Ceriolo Riuso e restauro Intervista a Franz Graf* a proposito della ricerca sul riuso e il restauro dell’architettura del X X secolo e sul rappor to fra la storia materiale del costruito e il progetto di restauro. La ricerca si inserisce all’interno del Swiss Cooperation Project in Architecture (2008-2012), finanziato dalla CUS, Conferenza Universitaria Svizzera, ed è basata sulla collaborazione tra USI, EPFL, ETHZ e SUPSI. È strutturata in quattro sezioni: strumenti critici per la storia, il riuso e il restauro; storia materiale del costruito e il progetto di conservazione; strumenti critici per il restauro urbano; strumenti metodologici per la pratica del restauro. Laura Ceriolo: Le opere del XX secolo non si sono dimostrate così durabili, ma necessitano di una nuova declinazione del restauro. Perché? Franz Graf: Tutti i manufatti architettonici dal momento della loro realizzazione sono soggetti a processi di invecchiamento, compreso quindi le architetture moderne e contemporanee che si credeva realizzate con materiali (quasi) indistruttibili – acciaio, vetro, calcestruzzo –, ma che in realtà si sono rivelate fragili, spesso costruite in modo sperimentale ed economico. Il patrimonio architettonico costruito nel XX secolo oggi appare il luogo privilegiato di lavoro dell’architetto sia per la sua dimensione quantitativa sia per le questioni teoriche che solleva. Il progetto di architettura che si occupa dell’esistente si definisce progetto di tutela, sia nella sua accezione rivolta alla conservazione sia in quella della nuova realizzazione. La storia materiale del costruito contemporaneo, che si occupa della conoscenza dei materiali, dei cantieri e dei sistemi costruttivi sviluppati nel XX secolo, è base imprescindibile per il progetto. Da qui il ruolo centrale di questo campo di ricerca all’interno dell’Enciclopedia critica. Quali sono dunque i settori di ricerca e gli obiettivi di questa sezione del progetto? La ricerca mira a fornire da un lato conoscenze specifiche relative alla materialità dell’architettura, ai sistemi costruttivi utilizzati nel XX secolo, ai fenomeni di degrado, alle patologie e alle fragilità che li riguardano, dall’altro individua e analizza in maniera critica interventi volti alla manutenzione e conservazione oltre che al riuso e alla trasformazione. Tre sono le tematiche principali: i materiali «moderni», con particolare riferimento alle facciate leggere e alle loro problematiche specifiche; i sistemi costruttivi, soprattutto i sistemi prefabbricati e industrializzati e la loro conservazione/trasformazione; i dispositivi del confort in relazione al progetto tecnologico che determina un miglioramento dal punto di vista ener- getico. La ricerca, che si basa su fonti bibliografiche e archivistiche, è stata effettuata dagli architetti Francesca Albani, Giulia Marino e Yvan Delemontey, ricercatori e docenti nelle rispettive università e da esperti del settore inviatati a presentare i loro contributi in giornate studio volte allo scopo di approfondire tematiche specifiche. Sono state coinvolte molte discipline affini nella sua ricerca CUS, che ne sottolineano il carattere interdisciplinare e la completezza. La tutela del patrimonio architettonico si basa su un approccio interdisciplinare che coinvolge architetti, ingegneri (strutturisti e impiantisti), fisici della costruzione, chimici dei materiali, restauratori, economisti, giuristi, ecc. All’interno della ricerca questo aspetto è tenuto in estrema considerazione, sia per quanto riguarda l’analisi della costruzione dell’edificio (fase di cantiere) – per esempio lo studio della Tour Nobel risulterebbe assolutamente superficiale senza comprendere il contributo di Jean Prouvé – sia la fase di restauro – come nel caso dell’intervento di consolidamento della fabbrica Olivetti a Crema realizzata con strutture in calcestruzzo precompresso. Jean Prouvé, cantiere della Tour Nobel, Parigi-la Défense 1963-1967 68 TI ACCADEMIA ARCHITETTURA MENDRISIO 1 Struttura opaca in plastica rinforzata con fibre di vetro GFRP 2 Impermeabilizzazione del plexiglas in gomma 3 Rivetti ciechi per fissare il plexiglas al lucernario 4 Elemento trasparente in polimetalcrilato 1. TI 5 Aggancio del lucernario alla trave secondaria 6 Copri-vite 7 Aggancio fra i lucernari 8 Guaina in gomma 8 7 6 5 4 3 2 1 2. 1. Esploso assonometrico della struttura portante in calcestruzzo armato prefabbricato della fabbrica Olivetti di Crema progettata da Marco Zanuso e Eduardo Vittoria. Disegno di Bailey Matew Truan e Farrell Darragh, corso di «Tecniche costruttive del XX secolo», prof. Franz Graf, AAM, a.a. 2011-12 2. Studio dell’elemento di copertura in materiale plastico della fabbrica Olivetti di Crema, 1968-72. Disegno di Robin Bader, corso di «Tecniche costruttive del XX secolo», prof. Franz Graf, AAM, a.a. 2011-12 In che modo la ricerca ha influenzato la didattica dei suoi corsi universitari o viceversa? I temi della ricerca – storia materiale del costruito e progetto di restauro – sono presenti da sempre nei nostri corsi. Non si è mai concepito l’insegnamento come una materia semplicemente tecnica, senza un panorama culturale, storico e senza una relazione con il progetto. Questa consapevolezza ha profondamente influenzato il nostro progetto di ricerca. Ovviamente i corsi teorici sono stati rinnovati e per certi versi ristrutturati per quanto riguarda le fonti archivistiche e documentarie, ma anche l’articolazione di teorie e metodi di restauro in relazione alla materialità del costruito. La ricerca e la didattica devono o dovrebbero andare di pari passo nell’ambito di un insegnamento accademico, per completarsi ed arricchirsi vicendevolmente. Quali sono stati gli insegnamenti, quali i risultati piu’ significativi del vostro progetto di ricerca? I tre temi principali – in cui si articola la ricerca che si presenta sotto certi aspetti veramente innovativa, ma sempre intimamente legata alle problematiche della tutela e restauro – sono estremamente significativi per comprendere le specificità dell’architettura del XX secolo e definiscono una conoscenza articolata e complessa sul tema, la maggior parte della quale inedita. L’obiettivo non è quello di compilare una documentazione tecnica – sicuramente interessante, ma probabilmente riduttiva – ma l’intenzione è di porre le premesse per «un’altra» storia dell’architettura che si basa sulla materialità del costruito, oltre che proporre un nuovo modo di concepire il progetto di architettura capace di relazionarsi in modo complesso e rispettoso verso i valori di cui essa si fa portatrice. Gli insegnamenti che possono essere dedotti da questa esperienza sono fin da adesso molteplici e a diversi livelli. Vanno dall’offerta dell’industria vetraria che riproduce i vetri mattoni Nevada, tanto amati da Pierre Chareau e da Le Corbusier, alle proposte di progetti sostenibili rispettosi dei valori architettonici che il patrimonio diffuso veicola che rischiano di scomparire sotto i «cappotti» esterni isolanti proposti come un’unica risposta alle norme vigenti. Importante inoltre è sottolineare che una serie di pubblicazioni, relative alle giornate studio organizzate all’interno della ricerca,1 sono già uscite e rappresentano quello che è stato definito come «la primera piedra de esa disciplina, aún por construir, que un día nos permitirá repensar nuestras ciudades desde la – tan necesaria ya – perspectiva de la reutilización».2 * architetto, professore ordinario di Costruzione e Tecnologia all’aam dal 2005 e professore associato di Teoria e Progetto all’epfl dal 2007. È co-responsabile della ricerca cus «Enciclopedia critica per il riuso e il restauro dell’architettura del XX secolo» Note 1. Franz Graf, Francesca Albani (a cura di), Il vetro nell’architettura del XX secolo: conservazione e restauro, Mendrisio Academy Press, 2011 Franz Graf, Yvan Delemontey (a cura di), Architecture industrialisée et préfabriquée: connaissance et sauvegarde, ppur, 2012 2. ArquitecturaViva 147 2012, p. 85. 69 lucasdesign.ch Un tetto… è tutto Diamo forma alle vostre idee Abitazioni con soluzioni architettoniche innovative e personalizzate richiedono partner preparati. Realizziamo case modulari con struttura in legno, per una migliore qualità di vita, in perfetta sintonia con la natura. Carpenteria Copertura tetti Lattoneria Impermeabilizzazioni Case modulari LAUBE sa CH-6710 Biasca Tel. 091 873 95 95 Succursali CH-6616 Losone Tel. 091 791 29 55 CH-6818 Melano Tel. 091 648 28 55 www.laube-sa.ch [email protected] C OMUNICATI Immaginare la Svizzera come una città Il Consigliere nazionale Beat Flach* si esprime a favore della revisione della legge sulla pianificazione del territorio Il 3 marzo 2013 la popolazione svizzera voterà in merito alla revisione della legge sulla pianificazione del territorio. Nella presente intervista, il giurista e Consigliere nazionale Beat Flach spiega in che modo la revisione possa concorrere a superare il «campanilismo cantonale». Sonja Lüthi: «La pianificazione del territorio si contrappone al federalismo, all’autonomia cantonale, alla proprietà privata – la pianificazione del territorio è un concetto profondamente non elvetico», così Thomas Held in occasione dell’inaugurazione della mostra itinerante «Idea spazio territorio» tenutasi a Berna. Signor Flach, lei come la pensa al proposito? Beat Flach: Da un lato il signor Held ha certamente ragione. La pianificazione del territorio aderisce a un approccio molto poco svizzero, poiché va contro la libertà di pensiero tipicamente elvetica. D’altro canto però, il desiderio di ordine e l’anelito di giustizia, contemplati dalla pianificazione del territorio, sono decisamente propri del nostro Paese. Direi piuttosto che la pianificazione del territorio contrasta gli interessi individuali, ponendo l’interesse comune in primo piano, il che non è nulla di sconosciuto alla nostra realtà, la grande sfida è piuttosto insita nel modo in cui realizzare tutto questo. Come valuta la pianificazione attuata finora sul nostro territorio? Dipende dai punti di vista. A mio modo di vedere, negli ultimi anni la pianificazione urbanistica ha raggiunto livelli notevoli. La maggior parte dei problemi tuttavia non insorge nelle città, dove è possibile pianificare spazi pubblici, trasporti, aree abitative e lavorative con un’unica soluzione calzante, bensì nelle zone periferiche, negli agglomerati e in campagna, dove lo sviluppo territoriale dipende per lo più dal sistema stradale. Ed è proprio in tale contesto che si sono commessi tanti errori. A cominciare dall’idea del centralismo decentralizzato, dove, a prescindere dal fatto che sia sensato o no, quasi ogni capoluogo cantonale è stato provvisto di un raccordo autostradale. Le ripercussioni di tale approccio non sono mai state prese seriamente e affrontate. Oltre alla pianificazione dei trasporti, spesso si menziona il moltiplicatore d’imposta come il vero e proprio strumento di gestione dello sviluppo territoriale oppure, tra i tanti mali, l’autonomia dei Comuni. Quale strumento di gestione contrappone la revisione della legge sulla pianificazione del territorio (LPT)? Beat Flach (foto: Michael Mathis, SIA ) In riferimento all’autonomia comunale, la nuova lpt non segna alcuna cesura, e probabilmente una combinazione di questo tipo si presenta necessaria. Con la revisione della lpt si promuove e consolida soprattutto il modo di pensare e di agire al di là dei confini politici. Per riuscire in tale intento occorre rafforzare il piano direttore cantonale che, sul piano internazionale, rappresenta uno dei migliori strumenti di pianificazione territoriale. I Cantoni sono chiamati a esprimere con chiarezza, in riferimento al piano direttore, quale sia lo sviluppo territoriale auspicato, in particolare in riferimento a uno sviluppo insediativo centripeto, il che rappresenta il pilastro di tale revisione. Vi è inoltre l’obbligo di verificare quante riserve di terreno edificabile siano necessarie per coprire il fabbisogno dei prossimi quindici anni, e ciò non ognuno per sé, bensì all’interno di una regione. L’armonizzazione delle aree edificabili con il fabbisogno previsto per i prossimi quindici anni è già contemplata dall’attuale LPT. Tra i pianificatori del territorio circola spesso la voce che la LPT sia di per sé una buona legge, ma che sia fallita nell’applicazione. Perché allora la revisione della LPT non fallirà? Anche la revisione della lpt dovrà certamente misurarsi con la sua applicazione. Tuttavia, la nuova legge comporta un maggiore inasprimento, poiché sancisce 71 SIA C OMUNICATI in modo più restrittivo e definisce per la prima volta nero su bianco come sia possibile raggiungere uno «sviluppo centripeto degli insediamenti». La revisione prevede vari strumenti: l’ancoramento, in termini legali, di una tassa sul plusvalore pari ad almeno il 20 per cento, riscossa in caso di nuovi azzonamenti, in modo da frenare un’urbanizzazione sproporzionata. E poi anche l’impegno a ridurre le aree edificate sovradimensionate – con particolare riferimento alle superfici al di fuori delle aree insediative, la cui costruzione nei prossimi quindici anni appare del tutto insensata. Da ultimo, con la nuova lpt i Cantoni possono far valere l’obbligo di edificazione, naturalmente con lo scopo di utilizzare concretamente il terreno edificabile disponibile. Contrariamente a quanto sottolineato da alcuni scettici, la nuova lpt non mira a ridurre artificialmente il terreno edificabile, bensì a incentivare negli insediamenti l’utilizzo del terreno edificabile disponibile. Il nostro obiettivo non è quello di impedire la costruzione, ma di impedire che il terreno edificabile sia tesaurizzato o che si costruisca sugli «spazi verdi». Oltre alla critica da lei citata in merito a una «riduzione artificiale del terreno edificabile», l’Unione svizzera delle arti e mestieri e altre associazioni affini considera l’obbligo di edificazione un concetto «discutibile sul piano del diritto fondiario e contrario al diritto alla proprietà». Innanzitutto va precisato che l’obbligo di edificazione concerne esclusivamente i nuovi azzonamenti; secondo il legislatore occorre effettuare degli azzonamenti laddove è sensato farlo, ma poi bisogna anche costruire. Questo approccio non ostacola per nulla la proprietà, al contrario, anche i proprietari ne risultano avvantaggiati. Infatti, se si costruisce laddove effettivamente è sensato che si costruisca, si utilizza in modo ottimale l’infrastruttura disponibile. Si tratta dunque di un’ottimizzazione del sistema, un’ottimizzazione dalla quale anche i proprietari possono trarre beneficio. Secondo lei che conseguenze ha la revisione della LPT sul lavoro dei pianificatori? Sono fermamente convinto che la nuova lpt porterà con sé un periodo interessante e stimolante per i pianificatori. Con la revisione della legge si comincia infatti finalmente a considerare la Svizzera come un tutt’uno, in modo unitario, e a pensare al nostro Paese come a una grande «città». Questo scostarsi dal «campanilismo cantonale» è fondamentale. Negli ultimi quindici anni infatti abbiamo provveduto a dotare il nostro Paese di un’infrastruttura globale e completa, che in altri luoghi del pianeta è disponibile soltanto nelle megalopoli. Dovremmo dunque cominciare a sentirci parte, non tanto di un paese, ma di un quartiere di una grande città chiamata Svizzera. In questo contesto sono chiamati a intervenire non soltanto i pianificatori e gli urbanisti, ma anche gli architetti: come riuscire per esempio a riempire i numerosi spazi vuoti nei centri dei paesi che si sono progressivamente svuotati, senza snaturare i luoghi, al contrario generando un plusvalore? Che cosa auspica per il futuro della «città Svizzera»? Mi auguro vivamente che riusciremo a strutturare i nostri fabbisogni in modo da poter lasciare libertà di decisione alle generazioni future. Mentre per la maggior parte delle persone è chiaro che una centrale nucleare non sia facile da smantellare, forse pochi sono consapevoli del fatto che anche una strada, una volta costruita, con molta probabilità non verrà più demolita. * Consigliere nazionale, giurista presso la sia, M Law, cas eth in Pianificazione del territorio. Intervista a cura di Sonja Lüthi SÌ ALLA REVISIONE DELLA LEGGE SULLA PIANIFICAZIONE DEL TERRITORIO ALLE URNE IL 3 MARZO 2013! Il 3 marzo 2013 la popolazione svizzera voterà in merito alla revi- Da un punto di vista giuridico quali sono state le sfide maggiori che si sono dovute affrontare nell’elaborazione della revisione della LPT? In generale, una grande sfida della pianificazione del territorio è il lungo termine. Prendiamo per esempio, a titolo di paragone, la legge sulla circolazione stradale. Posso decidere di posizionare un cartello con indicato il limite di velocità 30 km/h ed è chiaro che a partire da quel momento preciso varrà tale limite, un limite subito misurabile. Nella legge sulla pianificazione del territorio invece fisso un piano direttore con un orizzonte temporale di dieci-quindici anni. Se l’obiettivo prefissato viene poi raggiunto posso solo dirlo con il senno di poi. Ecco perché è così difficile legiferare in materia di pianificazione del territorio. sione della legge sulla pianificazione del territorio (lpt). La sia appoggia la revisione. La revisione della lpt gode dell’ampio sostegno delle associazioni dei pianificatori e altri ancora (tra questi i promotori dell’iniziativa per il paesaggio). Con la revisione della lpt i piani direttori sono precisati e rafforzati, promuovendo la pianificazione in spazi funzionali. Tra le novità più importanti vi sono l’introduzione di una tassa sul plusvalore di almeno il 20 per cento, l’obbligo di edificazione in caso di nuovi azzonamenti come pure l’impegno teso a ridurre le aree edificate sovradimensionate. In questo modo la nuova lpt crea misure in grado di contrastare lo sviluppo incontrollato degli insediamenti e la tesaurizzazione di terreno edificabile e garantisce così spazio per la natura e il paesaggio, creando il necessario margine di manovra atto a garantire la possibilità di futuri sviluppi (edilizi ed economici). Altre informazioni al sito: www.ja-zum-raumplanungsgesetz.ch (in tedesco e francese) e www.sia.ch (alla voce temi/pianificazioneterritoriale). 72 SIA C OMUNICATI Fattore delle spese generali in valori percentuali David Fässler* Rilevamento statistico 2012 Tutte le specializzazioni Architetti Ingegneri civili Ingegneri rurali e geometri Ingegneri impiantistici 2012 55.1 53.0 52.9 61.1 54.2 2005 60.1 62.0 56.5 63.5 - Differenza -5.0 -9.0 -3.6 -2.4 - 1. Il fattore delle spese generali indica il rappor to tra spese generali in percentuale rispetto al salario lordo in percentuale. Il salario lordo equivale sempre al 100%. Produttività in valori percentuali È noto il risultato dell’attuale rilevamento statistico effettuato presso gli studi di architettura e di ingegneria. L’obiettivo del rilevamento è di aumentare la trasparenza negli studi di progettazione e contribuire a una sensibilizzazione per quanto concerne la pianificazione finanziaria e la definizione degli onorari. Il rilevamento statistico del 2012 è stato il primo dopo i dati registrati nel 2006 (con l’allora determinazione delle spese generali e delle ore di lavoro) e in futuro sarà effettuato ogni due anni. Con tale strumento la sia e le associazioni partner (usic, igs, fsai, fas) vogliono richiamare l’attenzione dei membri sull’importanza degli indici aziendali quale strumento per la pianificazione finanziaria e la definizione degli onorari. Inoltre, occorre aumentare la trasparenza nel settore della pianificazione. D’ora in poi i rilevamenti saranno effettuati mediante un’apposita piattaforma online. I risultati attuali sono pubblicati in forma anonima al link https://benchmarking.sia.ch in un’area protetta da password. Gli studi che non hanno partecipato al rilevamento hanno la possibilità di sottoscrivere un abbonamento (cfr. fine articolo). Gli studi partecipanti possono accedere gratuitamente ai dati raccolti e mettere a confronto, con un semplice clic, i propri indici aziendali con i corrispettivi parametri settoriali ed eseguire un benchmarking. Sono in tutto 192 le aziende che hanno concluso il rilevamento. Per evitare anomalie statistiche, la valutazione è stata eseguita sulla base di 174 aziende (77 architetti; 45 ingegneri civili; 43 ingegneri rurali e geometri; 9 ingegneri impiantisti). Come in passato, i dati raccolti sono stati verificati e sottoposti a plausibilizzazione dall’azienda bdo ag, partner di lunga data della sia. Le eventuali divergenze riscontrate hanno potuto essere chiarite telefonicamente con i partecipanti e le informazioni mancanti sono state completate. I risultati sono stati rilevati in base a principi statistici e conferiscono dati affidabili e confrontabili. Per ottenere la trasparenza desiderata, in futuro si auspica un’ancora più numerosa partecipazione. La bdo garantisce la confidenzialità e l’anonimato assoluti per quanto concerne i dati pubblicati sulla piattaforma. Tutte le specializzazioni Architetti Ingegneri civili Ingegneri rurali e geometri Ingegneri impiantistici Come per l’ultimo rilevamento effettuato, la determinazione delle spese generali si basa sui salari lordi (cfr. tabella 1). Gli indici di supplemento delle spese generali risultano in parte nettamente inferiori, 2005 76.7 77.6 77.0 76.7 - Differenza +0.9 +2.1 +0.1 -1.7 - 2. L a produt tività è calcolata dividendo le ore at tribuibili a un mandato e le ore di presenza ef fet tive. il che lascia spazio a due possibili interpretazioni. Da un lato si denota, in proporzione, un aumento maggiore dei salari lordi rispetto alle spese generali. D’altro canto le spese generali hanno potuto effettivamente essere ridotte. Il rilevamento salariale che avrà luogo nel 2013 permetterà presumibilmente di disporre di una valutazione complementare al riguardo. I fattori delle spese generali in cui si riscontra una forte diminuzione sono soprattutto le spese per i locali, le spese d’ufficio e le spese amministrative, gli interessi e gli ammortamenti. Aumentata la produttività Uno dei principali risultati scaturiti dalla statistica sulle ore di lavoro è lo sviluppo della produttività aziendale (cfr. tabella 2). Le ore di lavoro non attribuibili a un mandato sono leggermente diminuite rispetto all’ultimo rilevamento effettuato, è stato dunque possibile aumentare la produttività in tutte le specializzazioni. La cifra d’affari per onorari di tutte le specializzazioni corrisponde a circa 174 000 chf per ogni impiego a tempo pieno. Al proposito si denotano tuttavia differenze considerevoli: gli ingegneri civili capeggiano con un onorario di circa 183 000 chf, gli architetti attestano cifre attorno ai 162 000 chf. * avvocato, mba, direzione del progetto sia-Service Abbonamento e factsheet Per disporre dell’analisi det tagliata dei risultati, al link ht tps:// benchmarking.sia.ch è possibile sot toscrivere un abbonamento. L’abbonamento è valido un anno e conferisce l’accesso al rilevamento statistico 2012 e al rilevamento salariale che avrà luogo nel 2013. Per i membri SIA e le associazioni partner il costo dell’abbonamento è di 240 CHF, per i non membri 360 CHF. Inoltre il numero di gennaio di «Blickwinkel /Aspects» (tedesco/francese), la rivista aziendale pensata dalla Diminuito il fattore delle spese generali 2012 77.6 79.7 77.1 75.0 76.7 SIA , contiene esaustivi commenti e infor- mazioni dettagliate sul rilevamento e le funzioni della piattaforma online. La rivista (18 CHF per ogni numero) può essere ordinata per e-mail a [email protected]. Il factsheet sul rilevamento 2012 è disponibile gratuitamente e può essere scaricato collegandosi al sito ht tps://benchmarking.sia.ch 73 SIA C OMUNICATI Umsicht-RegardsSguardi 2013 Il riconoscimento per l’organizzazione lungimirante dello spazio di vita Come dovrebbe essere organizzato lo spazio di vita in modo da soddisfare le esigenze delle generazioni future e mantenere nel contempo un elevato valore qualitativo? Quest’anno si terrà la 3 a edizione di Umsicht – Regards – Sguardi, il più importante riconoscimento nazionale per lo sviluppo sostenibile, con cui la sia rende onore ai lavori che contribuiscono in modo eccellente all’organizzazione lungimirante dello spazio di vita. Il concorso inizia il 15 febbraio e termina il 30 aprile 2013 e si rivolge a tutti gli esponenti attivi in quei settori che svolgono un ruolo di primo piano nell’organizzazione lungimirante dello spazio di vita. Tra questi citiamo, a titolo d’esempio, la pianificazione territoriale, l’edilizia, i trasporti, il settore dello sviluppo, l’ingegneria sismica, il settore agrario, l’ingegneria forestale e ambientale, l’architettura e l’architettura del paesaggio, la dinamica strutturale, la fisica edilizia e la geofisica, l’urbanistica, la costruzione di strade, ponti e gallerie, l’idrologia e l’ingegneria meccanica, la tecnica edilizia, la tecnologia dei materiali, la biotecnica, la geotecnica, la microtecnica, la tecnica dei processi, la tecnica energetica e l’impiantistica, l’illuminazione, la geologia, la geografia e la mobilità. Si ricercano, anche quest’anno, soluzioni complete e avveniristiche, in linea con le esigenze del futuro. I partecipanti sono invitati a inoltrare lavori di varie dimensioni; importante è che impieghino in modo interdisciplinare le competenze disponibili, ma anche che si confrontino sapientemente con lo spazio di vita e con approcci sorprendenti e creativi basati sulla volontà di creare con spirito innovativo. Inoltre, si auspica che le opere presentate attestino un valore durevole ed economicamente performante, contribuiscano al bene comune e cristallizzino in sé un plusvalore culturale. Una giuria altamente professionale assegnerà il riconoscimento a un numero massimo di otto lavori. I riconoscimenti saranno assegnati il 5 dicembre 2013, in un contesto festoso, segnato dalla consegna di un simbolico «apriti sesamo» di Sguardi. La sia accompagna l’intero iter per il conferimento dei riconoscimenti con molteplici misure di comunicazione e garantisce così ai lavori presentati l’attenzione pubblica che meritano. I lavori sono documentati e illustrati nelle prospettive più diverse e resi pubblici attraverso un’esposizione itinerante, in uno speciale dossier di tec21/Tracés/Archi, nonché attraverso i supporti elettronici della sia. Concorso e termine di inoltro Per par tecipare a «Umsicht – Regards – Sguardi 2013» l’inoltro dei lavori deve av venire dal 15 febbraio al 30 aprile 2013. Le opere possono essere spedite per posta (timbro postale prima del 30 aprile) oppure consegnate di persona. Per posta: Umsicht – Regards – Sguardi 2013, c/o SIA Geschäf tsstelle, Postfach, 8027 Zürich Consegna di persona: dal 29 al 30 aprile 2013, dalle 10.00 alle 18.00, c/o trot toir SIA, Selnaustrasse 6, 8001 Zurigo Riunione della giuria: 6/7 e 28 giugno 2013 Cerimonia di assegnazione: 5 dicembre 2013, Auditorium Ma ximum, Politecnico federale, Zurigo Troverete un elenco di informazioni costantemente aggiornate e il testo integrale del concorso (incl. composizione della giuria, requisiti di partecipazione e inoltro, nonché criteri di valutazione) a par tire dal 15 febbraio 2013 sul sito: www.sia.ch/sguardi Benvenuti ai nuovi membri SIA Ticino 2012! Membri Filiali It ten+Brechbühl AG , Lugano-Paradiso Membri individuali Aguiar Cristiano, Dipl. Arch. REG A , Benzoni Patrizia, Dipl. Arch. E TH , E TH REG A , Borra Antonio, Dipl. Kultur-Ing. Bot ta Giudit ta, Dipl. Arch. EPF, Carboncini Jacopo, MSc Arch. Del Fedele Marco, Arch. Sorengo Lugano USI , USI , Conti Alessandro, MSc Arch. Mendrisio Montagnola Origlio Serra de’ Conti SUP SI REG A , Sala Capriasca De Prà David, MSc Arch., Mendrisio Dellea Loris, Dipl. Arch. E TH , Hochuli Stefano, Dipl. Arch. Bellinzona EPF, Gudo Inches Mat teo, MSc in Architecture, Vacallo Magnani Marco, Dipl. Arch. Mauch Mischa, Dipl. Arch. Parola Fabia, MSc E TH , USI , USI , Breganzona S. Nazzaro Morcote Membri associati Benetollo Marco, BSc Arch. SUP SI , Gnosca Membri associati studenti Roncelli Michele, Bellinzona Informazioni sull’adesione alla SIA Tel. 04 4 283 15 01, [email protected] Informazioni e of fer te per dit te SI A : 74 www.sia.ch/siaser vice SIA FONDAZIONE LOMBARDI INGEGNERIA Avviso di concorso La Fondazione Lombardi Ingegneria ha lo scopo di promuovere la ricerca nel settore del genio civile, in particolare nei campi delle opere sotterranee e idrauliche. Informazioni sui concorsi? Per l'anno 2013 il Consiglio di Fondazione ha scelto di sostenere con priorità i progetti che interessano le tematiche seguenti: - Comportamento a lungo termine delle costruzioni in calcestruzzo armato e delle opere idrauliche, - Impiego di calcestruzzi ad alta resistenza in galleria, - Nuovi sviluppi per l’utilizzo del potenziale idroelettrico, - Manutenzione di ponti e dighe. L'importo messo a disposizione dalla Fondazione per il 2013 ammonta a circa CHF 15'000 - 20'000 per progetto. Le richieste di sostegno dovranno essere inoltrate alla Fondazione entro martedì 30 aprile 2013 e corredate dalla documentazione seguente: - generalità del richiedente - scopo e programma della ricerca - enti o istituti coinvolti - sostegno finanziario desiderato. www.espazium.ch/archi/concorsi Informazioni aggiuntive in merito al presente concorso possono essere ottenute sul sito www.lombardi.ch www.fkpidentity.ch FONDAZIONE LOMBARDI INGEGNERIA c/o Lombardi SA - Via R. Simen 19 - 6648 Minusio La collaborazione è d’argento, il partenariato è d’oro. Christian Pagnamenta, Aurelio Pagnamenta SA, 6917 Lugano Impresa insignita 2012– 2014 www.holzbau-plus.ch Il marchio di qualità nel settore della costruzione in legno. One Central, Macau Noi vi mettiamo in moto. A Bedretto e nelle non immediate vicinanze. Ogni giorno un miliardo di persone utilizza gli ascensori, le scale mobili e le innovative soluzioni di mobilità Schindler. Al nostro successo contribuiscono 44 000 collaboratori in tutti i continenti. www.schindler.ch C OMUNICATI a cura di Daniele Graber consulente giuridico OTIA La LEPIA : un esempio valido per tutta la Svizzera La Legge cantonale sull’esercizio delle professioni di ingegnere e di architetto (LEPIA) definisce le condizioni d’esercizio delle professioni di architetto e di ingegnere in Ticino, caso unico in Svizzera. L’evoluzione tecnologica, le aspettative crescenti dei committenti pubblici e privati e la presa di coscienza dei politici dell’importanza delle professioni in esame sono fattori che permettono di essere ottimisti e ipotizzare a medio termine l’adozione della regola ticinese a livello della Confederazione. Le condizioni di esercizio della professione in Ticino In merito alle condizioni di esercizio della professione di architetto e di ingegnere, la lepia è chiara: sono abilitate ad esercitare le professioni di ingegnere e di architetto nel Cantone, nei campi di attività dei gruppi professionali e nei limiti delle disposizioni delle leggi speciali, le persone che adempiono i requisiti stabiliti dalla presente legge e sono in possesso della relativa autorizzazione rilasciata dall’otia (art. 3 cpv. 1 lepia). In altre parole, senza autorizzazione rilasciata da otia non è possibile esercitare le professioni di ingegnere e di architetto su suolo ticinese. L’autorizzazione è rilasciata ai richiedenti in possesso dei requisiti professionali e personali stabiliti agli art. 5 e 6 lepia. I requisiti professionali si riferiscono al diploma conseguito e/o all’esperienza pratica acquisita dal richiedente. I requisiti personali concernono lo stato della persona del professionista dal punto di vista giudiziario e finanziario (carenza beni e fallimento). Le condizioni d’esercizio della professione di architetto e di ingegnere comprendono pure il rispetto di una serie di obblighi da parte dei professionisti iscritti all’albo, in particolare svolgere l’attività professionale nel rispetto del diritto e del Codice deontologico otia, non prestarsi a fare da prestanome e rispettare le regole professionali per la fatturazione delle prestazioni (art. 17 lepia). Le violazioni sono sanzionate dalla Commissione di Vigilanza (18 lepia). La validità della LEPIA La normativa ticinese potrebbe fungere da esempio per una futura legge federale sull’esercizio delle professioni di architetto e di ingegnere. La validità della lepia è stata ribadita dal tram e dal Tribunale federale. Rispondendo agli argomenti sollevati dal ricorrente/ ingegnere che aveva firmato una domanda di costruzione per la realizzazione di un’opera architettonica, il tram ha constatato che il contenuto della lepia è compatibile con il diritto costituzionale dalla libertà di commercio. In effetti, la leggera limitazione d’esercizio posta dalla lepia non pone ai singoli professionisti alcuna significativa restrizione dello svolgimento della professione per la quale sono stati formati. Il tram precisa inoltre che i Cantoni hanno la facoltà di sottoporre l’esercizio delle professioni di architetto e di ingegnere ad un regime autorizzativo che permetta di verificarne le capacità. La Confederazione ha comunque la competenza di legiferare a livello svizzero, adottando una legge federale di rango superiore. Con tutta evidenza, sarebbe auspicabile una normativa unificata a livello federale e non pratiche diverse nei vari Cantoni svizzeri. La necessità e l’utilità di regole sull’esercizio della professione è confermata dal tram, secondo il quale l’esercizio delle professioni di ingegnere e di architetto «presuppone conoscenze scientifiche che gran parte degli architetti ed ingegneri acquisiscono in una scuola d’ordine universitario o in un’altra scuola di rango equivalente e la cui assenza rischierebbe di essere di nocumento alla collettività». Il tram ha precisato che il regime autorizzativo instaurato dalla lepia è dettato da importanti, nonché evidenti interessi pubblici. Evidentemente però, affinché questi obiettivi possano essere raggiunti, è necessario, secondo il tram, che «il campo d’attività delle persone autorizzate a svolgere la professione di architetto o di ingegnere sia circoscritto a quegli ambiti per i quali esse dispongono di una effettiva e sufficiente formazione teorica e pratica». Il sistema istaurato dalla lepia è molto liberale e permette ai professionisti con la necessaria esperienza pratica, ma non in possesso di un diploma accademico, di poter richiedere l’autorizzazione tramite l’ottenimento del titolo reg B o reg A (www.reg.ch). La necessità di una legge federale La scelta del legislatore ticinese non si giustifica solo per la costante evoluzione tecnologica nei settori dell’edilizia e del genio civile e per le aspettative crescenti dei committenti pubblici e privati. Permettere l’esercizio delle professioni di architetto e di ingegnere unicamente ai professionisti che hanno dimostrato di possedere determinati requisiti professionali e personali è un’esigenza riconosciuta pure da molti politici eletti a Berna, non solo per tutelare gli interessi del «consumatore», ossia dei singoli committenti pubblici e privati, ma pure a tutela dell’interesse generale, dell’intera popolazione Svizzera. Per maggiori informazioni: [email protected]. 77 OTIA ISTITUTO CONSULENZA GEOTECNICA SA Consigli Consulenze Indagini Progettazione Direzione lavori Misurazioni Perizie negli ambiti della geotecnica, della meccanica delle terre e delle rocce, dei flussi sotterranei, dell'idrologia e dei pericoli naturali e ambientali Via Besso 7 6903 Lugano Tel. 091 966 07 77 Fax 091 967 22 24 [email protected] Direttore: Martinenghi Tullio ing. civ. PF Losanna docente SUPSI/SSSTE Tel. diretto 091 961 24 52 Cellulare 079 230 05 32 [email protected] OFFERTE DI L AVORO K N E L L W O L F Erfolgsmanagement für PLANUNG BAU IMMOBILIEN Unsere Auftraggeberin ist eines der grössten und traditionsreichsten Bauunternehmen in Europa. Ob Hochbau, Tiefbau, Projektentwicklung oder Strassenbau – die lückenlose Wertschöpfungskette ermöglicht der Gruppe mit mehreren Tausend Mitarbeitenden die Realisierung komplexer Projekte. Das Unternehmen ist mit einer eigenen AG in der Schweiz vertreten und beschäftigt hier derzeit ca. 175 Mitarbeitende. Für den Standort in Zürich konnten mehrere grosse und facettenreiche Hochbauprojekte gewonnen werden. Aufgrund der stetigen guten Auftragslage und des damit verbundenen weiteren Standortausbaus suchen wir einen vielseitigen und erfahrenen Technischen Projektleiter Grossprojekt m/w Ihre Aufgaben. Sie sind verantwortlich für die technisch operative Gesamtabwicklung und Gesamtleitung eines TU- oder GU-Hochbauprojektes inkl. Vertragsmanagement nach Auftragserteilung. Sie leiten die bautechnische Planungs- und Vorbereitungsphase des entKnellwolf + Partner AG Tödistrasse 51 I 8002 Zürich I T 044 311 41 60 I F 044 311 41 69 [email protected] I www.knellwolf.com sprechenden Projektes inkl. Abklärungen und Einbindung von bauherrenspezifischen Vorgaben in die bestens etablierten Standardabläufe des Unternehmens. Sie führen ein Projektteam von bis zu 10 Mitarbeitenden selbständig und rapportieren direkt an die Geschäftsleitung. Zu Ihren weiteren Hauptaufgaben gehört die Vertragsabwicklung, Kosten-, Qualitäts- und Terminkontrolle sowie die Leitung der Projektbesprechungen mit Planern, Bauherrenvertretern und Subunternehmern. Ihr Profil. Sie haben eine abgeschlossene technische Hochschulausbildung beispielsweise als Bauingenieur oder Architekt mit mehrjähriger Berufserfahrung und hervorragender Qualifikation in allen relevanten Bereichen der technischen Leitung komplexer Hochbauprojekte. Aufgrund Ihrer Erfahrung sind Sie in der Lage, Projekte und Arbeitsabläufe zu optimieren und effizient zu leiten. Sie sind ein Teamplayer mit hoher Einsatzbereitschaft und sind es gewohnt, Ihr Organisationstalent mit ausgeprägtem unternehmerischen Denken und Handeln einzusetzen. Sind Sie interessiert, in einem dynamischen Arbeitsumfeld mit Entwicklungsmöglichkeiten innerhalb eines internationalen Unternehmens tätig zu sein? Dann senden Sie Frau Claudia Willi Ihre Bewerbungsunterlagen oder rufen Sie uns für weitere Informationen an. Wir garantieren Ihnen absolute Diskretion und freuen uns, Sie kennen zu lernen. Geologie Geotechnik Grundwasser Naturgefahren Altlasten Dr. von Moos AG, Beratende Geologen und Ingenieure Die Dr. von Moos AG ist ein gut etabliertes und erfolgreiches Beratungsbüro auf dem Gebiet Geotechnik/ Geologie/Altlasten. Wir sind seit über 50 Jahren als Baugrund-Spezialisten bekannt und bearbeiten in der Umweltgeologie vielseitige Aufträge von Privaten und der öffentlichen Hand (www.geovm.ch). Profis beraten... bei anspruchsvollen Projekten Zur Verstärkung unseres Teams suchen wir eine Projektleiter-Persönlichkeit: Altlastenspezialist/-in mit Erfahrung in der Bearbeitung und Projektleitung von Altlasten- und Umweltaufgaben Ihre Hauptaufgaben: - Planung und Auswertung von Altlastenuntersuchungen - Beratung von Auftraggebern in abfallund altlastenrechtlichen Fragen - Erstellen von Gutachten Wir bieten Ihnen: - Abwechslungsreiches, anspruchsvolles und interdisziplinäres Tätigkeitsfeld - Gut eingespieltes, kollegiales Team - Sttelle mit Verantwortung, Arbeitsort Baden - In- und externe Weiterbildung Ihr Profil: - Solide Fachkompetenz, Projektleitererfahrung - Vorzugsweise Diplom in Erdwissenschaften - Systematisches Denken und Arbeiten - Teamfähig, flexibel und belastbar - Gewandtheit im schriftlichen und mündlichen Ausdruck in Deutsch, evtl. Fremdsprachen Interessiert? Für weitere Auskünfte steht die Geschäftsleitung in Zürich und Baden gerne zur Verfügung (B. Rick 079 286 20 68, M. Henzen 079 643 87 61). Wir freuen uns auf Ihre schriftliche Bewerbung! Dr. von Moos AG, Geotechnisches Büro z.H. B. Rick, Bachofnerstrasse 5, 8037 Zürich LIBRI A cura di Enrico Sassi Ser vizio ai lettori Avete la possibilità di ordinare i libri recensiti all’indirizzo [email protected] (Buchstämpfli, Berna), indicando il titolo dell’opera, il vostro nome e cognome, l’indirizzo di fatturazione e quello di consegna. Riceverete quanto richiesto entro 3/5 giorni lavorativi con la fattura e la cedola di versamento. Buchstämpfli fattura un importo forfettario di CHF 7.– per invio + imballaggio. Roberta Grignolo, Bruno Reichlin (a cura di) Lo spazio interno moderno come oggetto di salvaguardia – Modern Interior Space as an Object of Preservation Mendrisio Academy Press, SilvanaEditoriale, Mendrisio 2012 (CHF 49.90, ISBN 978-83-6624-171, bross., 21 x 25 cm, ill. foto e dis. b/n e col., pp. 293, italiano e inglese) Il libro edito dalla Mendrisio Academy Press raccoglie i contributi presentati nel corso delle giornate di studio internazionali tenutesi presso l’Accademia di architettura di Mendrisio il 6-7 ottobre 2011 sul tema Lo spazio interno moderno come oggetto di salvaguardia. L’evento è stato organizzato nel quadro della ricerca interfacoltà svizzera intitolata Enciclopedia critica per il restauro e riuso dell’architettura del XX secolo, finanziata nel 2008 dalla Conferenza Universitaria Svizzera con l’obiettivo di promuovere la collaborazione tra le principali scuole di architettura svizzere (Swiss Cooperation Project in Architecture). La ricerca si articola in quattro sezioni: Strumenti storico-critici e salvaguardia (coordinata da R. Grignolo e B. Reichlin), Storia materiale del costruito (diretta da F. Graf EPFL, USI), Salvaguardia della città nel XX secolo (coordinata da V.M. Lampugnani ETHZ), Strumenti metodologici (diretta da J. Jean, SUPSI). Il volume è composto da 4 sezioni che raccolgono complessivamente 24 contributi: 1) Lo spazio interno moderno. Storia e prospettive di salvaguardia (B. Reichlin, A. Rüegg, E. Garda, R. Grignolo); 2) Musealizzazione di spazi interni moderni (J. Molenaar, L.S. Waggoner & J. Gunther, G. Rigone, M. Goutal); 3) Difficile adeguamento di monumenti fragili (M. Pogacnik, H. Frank, D. Deschermeier, F. Fiorino & P. Scaramuzza, A. Canziani); 4) Salvaguardia di interni a rapida obsolescenza (C. Briolle & J. Repiquet, R. Grignolo, J-B. Minnaert). Workshop guide atelier Oï Avedition, Ludswigsburg (D) 2012 (CHF 53.90, ISBN 978-3-89986-1648, ril., 17.7 x 24.5 cm, ill. foto e dis. b/n e col., pp. 224, francese, tedesco, inglese) Sergison Bates architects Buildings coll. Monografie, Quart Verlag, Luzern 2012 (CHF 105.– , ISBN 978-3-03761-060-2 D, 978-3-03761-061-9 E, ril., 21.6 x 27 cm, 506 ill. foto b/n e col., 113 dis., pp. 300, tedesco o inglese) Il libro – edito dalla casa editrice tedesca avedition – è una sorta di manuale di istruzioni dell’atelier di design svizzero «oï», fondato nel 1991 a La Neuveville nei pressi del lago di Bienne da tre soci: Aurel Aebi, Patrick Reymond, Armand Louis. I primi due si sono formati all’«École d’architecture Athenaeum» di Losanna, il terzo era un costruttore di imbarcazioni. Il nome dello studio è formato dalle vocali centrali della parola russa «Troïka» che indica il trio di cavalli che trainano una slitta, a metafora del modo di lavorare dei tre soci. Nell’atelier il design è considerato come processo nella genealogia delle cose passate e presenti. Il designer è parte della storia degli oggetti come successore e predecessore, in contrasto con la tendenza contemporanea del culto della personalità che domina nell’industria del design. La sede dell’atelier si chiama Moïtel, neologismo che combina «oï» con «Motel», a indicare un vecchio motel degli anni ’60, completamente ristrutturato e trasformato, che accoglie l’atelier. L’ormai ventennale produzione dello studio si basa su un approfondito studio dei processi di produzione, sulla concretezza, la conoscenza della materia e dei materiali; è molto vasta e differenziata, tra le altre realizzazioni ricordiamo: progetto dell’infocentro Alptransit a Pollegio; coperture a forma di gocce d’acqua per l’Arteplage di Neuchâtel dell’Expo 02; Lunix, sistema di pavimentazione in cemento per la Creabeton; lampade (Allegro e Allegretto, Foscarini 20072009, Tome lamp in carta, Danseuses, lampade sospese in tessuto la silhouette delle quali si modifica con la frequenza delle rotazioni); tessuti, mobili, sistemi espositivi, allestimenti. Il libro è pubblicato nella collana Monografie dalla casa editrice svizzera Quart Verlag e documenta l’opera dello studio di architettura londinese Sergison-Bates (Jonathan Sergison e Steven Bates), caratterizzata dall’attenzione all’«atmosfericità» e al rigore formale. L’indice è suddiviso in quattro sezioni: Texts, Intentions, Impressions, Catalogue (regesto). Il libro è molto raffinato, sia per grafica che per confezione; è stampato su tre tipi di carta: bianca opaca 100 g per la sezione Texts; opaca color avorio 150 g per la sezione Intentions; bianca semilucida 150 g per la sezione Impressions. La prima parte pubblica tre saggi (testo in tono di grigio): 1) Tectonic presence di Irina Davidovici, London; 2) A raison dêtre of its own di Martin Steinmann, Aarau; 3) A kind of picturesque di Dirk Somers, Antwerpen. La scelta degli autori riflette l’internazionalità della produzione dello studio del quale sono pubblicate 8 opere realizzate (City Library, Blankenberge Belgio; Urban housing, Hackney London UK; Care home, Huise-Zingem Belgio; Applied arts centre, Ruthin Wales UK; Urban housing and crèche, Genève CH; Urban bolock, Westminster London UK; House, Cadaqés, Catalonia E; Garden pavillion, Mereworth Kent UK). Le opere sono pubblicate con la stessa sequenza nelle due sezioni Intentions e Impressions. Nella prima sono illustrate le fasi di elaborazione del progetto con schizzi, modelli di studio, disegni e campioni di materiali; nella seconda sono pubblicate immagini fotografiche con alcune sequenze (fotografie piccole, grandi immagini a colori, tutta pagina). Jonathan Sergison è professore di progettazione presso l’Accademia di architettura a Mendrisio. 80 TI studiodigraficagrizziavegno Bazzi Piastrelle SA Via dei Pioppi 10 6616 Losone T +41 (0)91 792 16 02 F +41 (0)91 792 18 02 www.bazzi.ch [email protected]