LA FAMIGLIA COME RISORSA DELLA SOCIETA’. Fare famiglia per la generazione di mezzo. Intervento di Francesco Belletti, Direttore del Cisf (Centro Internazionale Studi Famiglia), Presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari – Italia Milano, 30 maggio 2012 1. Una ricerca originale La caratteristica più originale del campione (3.527 soggetti intervistati) 1 della ricerca qui presentata è l’universo di riferimento, che è stato individuato nei soggetti compresi tra i 30 e i 55 anni (nati dal 1955 e il 1980), con una relazione di coppia (coabitante o meno con il partner) e residenti in contesti urbani. Dal punto di vista squisitamente generazionale, questa è la coorte che nel nostro Paese ha in carico in assoluta prevalenza la costruzione ed il mantenimento dei progetti familiari di oggi, definibile anche come età adulta (adultità), delimitata con particolare riferimento all’età di fertilità biologica di coppia e all’esercizio diretto delle responsabilità educative dei propri figli. Di fatto sono anche le generazioni maggiormente impegnate e dedicate all’attività lavorativa rispetto ai più giovani e ai più anziani. Selezionare una fascia di età ristretta consente maggiore omogeneità di condizione generazionale (fase del ciclo di vita personale e familiare, atteggiamento verso il futuro, rapporto con il mondo del lavoro) rispetto alla variabilità che avrebbe un campione ricavato sul totale della popolazione adulta; l’ipotesi che ha guidato questa scelta è che sia interessante capire come si comporta, in cosa crede, come vive la generazione di mezzo, quella che nel complesso fa famiglia oggi nel nostro Paese: una sorta di middleclass generazionale rispetto alla famiglia e al suo ciclo di vita, per facilitare uno sguardo ravvicinato sui sentimenti, le paure e i progetti di quello che potrebbe essere definito lo zoccolo duro del famigliare nel nostro Paese. Il disegno della ricerca empirica è esposto in modo analitico nella figura 1. La logica del disegno di ricerca è la seguente: 1 Il campione è statisticamente rappresentativo dell’universo di riferimento (oltre 23 milioni di soggetti nella fascia di età considerata, su un totale complessivo di Italiani di poco superiore ai 60 milioni, dati 2010), ed è stato stratificato per sesso, età, area geografica e dimensioni del Comune di residenza. 1 (a) Si parte dalla rilevazione della condizione sociale e familiare dell’intervistato e da indicatori oggettivi circa il fatto che la sua famiglia sia o meno (in vari tipi e gradi) una risorsa sociale per la società: i) la reciprocità in famiglia (senso del debito reciproco come indicatore di solidarietà); ii) la capacità della famiglia di sollevare la società da certi compiti; iii) la cura e trasmissione dei valori ai figli; iv) se alcuni dei familiari aiutano persone esterne alla famiglia e/o svolgono attività pro-sociali. (b) Si chiedono all’intervistato una serie di valutazioni che permettono di comprendere i cambiamenti, le aspirazioni soggettive, le aspettative sul futuro della sua famiglia, e quali condizioni sarebbero auspicabili per fare una famiglia autentica. Le tematiche riguardano cinque aree: • le relazioni di coppia (matrimonio, stabilità, ecc.) • le relazioni genitori-figli • le relazioni famiglia-lavoro • il capitale sociale interno alla famiglia (capacità di produrre beni relazionali) • il capitale sociale esterno alla famiglia (reti di aiuto esterne). 2 Figura 1 Il disegno della ricerca empirica ITEMS DI PROFILO DELL’INTERVISTATO: sesso, età, istruzione, zona di residenza, professione, religiosità, struttura della famiglia, stile di vita, ecc. a) la percezione del cambiamento generazionale nelle aree tematiche VALORE SOCIALE DELLA b) aspirazioni ad una famiglia autentica nelle aree tematiche FAMIGLIA E AZIONI DA INDICATORI DI QUANTO LA FAMIGLIA DELL’INTERVISTATO SIA O MENO UNA RISORSA PER LA SOCIETÀ c) aspettative sul futuro della propria famiglia nelle aree tematiche ADOTTARE PER SOSTENERLA d) quali condizioni si richiedono per avere una famiglia autentica nelle aree tematiche In tal modo, potremo sapere qualcosa di più su una serie di aspetti: qual è il peso che la famiglia attuale dell’intervistato ha come risorsa sociale; com’è percepito il cambiamento generazionale; quali siano le aspirazioni dell’intervistato ad una vera famiglia; quali siano le condizioni che, secondo l’intervistato, mancano e dovrebbero essere modificate per sostenere una famiglia autentica nella sua situazione. Nel presente contributo ci limiteremo solo a pochi dati, rimandando alla lettura del rapporto complessivo 2. 2. Forme e strutture familiari 2 I principali risultati dell’indagine sono pubblicati in P. Donati (a cura di), Famiglia risorsa della società, Il Mulino, Bologna 2012. 3 La prima dimensione descrittiva meritevole di attenzione è la configurazione dei nuclei familiari di questa generazione, che manifesta diversi aspetti da approfondire (tab. 1): - in primo luogo la dimensione media di queste famiglie sfiora i 3 membri per nucleo (2,9), con un valore molto più ampio rispetto al dato della popolazione complessiva (il cui valore medio, pari a circa 2,4 persone per nucleo, viene fortemente abbassato dalla popolazione di anziani soli, qui non inclusa); - il dato più rilevante è che il campione è costituito in grande prevalenza - quasi due terzi dei casi - da coppie coniugate (63,8%), con o senza figli (le coppie coniugate senza figli sono l’11,7% del campione); - appare sicuramente elevata la percentuale di coppie conviventi, pari al 18,5%; oltre due terzi di queste coppie sono senza figli. Appare quindi rilevante la quota di giovani che vivono la propria esperienza di coppia come unione di fatto, senza il matrimonio 3; - la presenza di nuclei con un solo genitore si attesta sotto il 4%; - non marginale appare poi, in questa fascia di età, la percentuale di persone che vive da solo, che sfiora il 10% del campione (9,7%). Tabella 1 Composizione del nucleo familiare TOTALE Coniugi senza figli 11,7% Coniugi con un figlio 24,8% Coniugi con più di un figlio 63,8% Un solo genitore con un figlio Un solo genitore con più di un figlio 2,5% 3,9% Conviventi senza figli Famiglia con altri parenti 1,4% 13,4% Conviventi con un figlio Conviventi con più di un figlio 27,3% 3,3% 18,5% 1,8% 4,1% 4,1% 3 I dati ISTAT più recenti parlano di poco meno di 900.000 “libere unioni”, pari a circa il 6% delle coppie (2009), ma le informazioni quantitative riescono a descrivere solo parzialmente questa scelta di vita di coppia; dal punto di vista qualitativo si segnala invece l’indagine qualitativa realizzata dal Cisf su 120 coppie in sei diverse Regioni: 60 in coppie di fatto, 30 coniugate con matrimonio civile, 30 con rito religioso (F. Belletti, P. Boffi, A. Pennati, Convivenze all’italiana. Motivazioni, caratteristiche e vita quotidiana delle coppie di fatto, Edizioni Paoline, Milano, 2007). 4 Vivo da solo TOTALE 9,7% 9,7% 100,0% 100,0% 3.522 3.522 2,9 2,9 V.A Quanti siete in famiglia? (valore medio) Fonte: Indagine Cisf “Famiglia risorsa 2012” Le strutture familiari qui considerate presentano quindi un mix di forme tradizionali e di condizioni nuove ancora molto incerto, che dovrebbe suggerire maggiore cautela sia nel dare per morta la cosiddetta famiglia tradizionale, sia nel considerare come marginali le nuove condizioni di vita in cui molti adulti oggi vivono la propria esperienza familiare. Gli stessi dati, diversamente aggregati, consentono di analizzare la presenza di figli nelle famiglie degli intervistati: in particolare emerge che: - oltre il 60% delle famiglie con adulti tra i 30 e i 55 anni ha figli, e il numero di figli divide in parti praticamente uguali le famiglie con figli tra i nuclei con figlio unico (30,6%) e i nuclei con due o più figli (30,5%); - tra le famiglie con figli la presenza di coppie coniugate è assolutamente prevalente, e cresce ulteriormente per le famiglie con due o più figli; - 3. tra le coppie senza figli, invece, è maggiore la percentuale di conviventi che non di coniugati. La religiosità degli intervistati Un altro dato descrittivo sugli orientamenti degli intervistati riguarda il rapporto con l’esperienza religiosa, analizzato secondo un indice sintetico di religiosità, 4 che evidenzia una forte presenza di valori intermedi (oltre due terzi del campione presenta un indice di religiosità basso o medio), riscontrabile in numerosi altri comportamenti, mentre le scelte estreme sono meno numerose, e nel complesso abbastanza simili: hanno un indice di religiosità nullo il 17,2% degli intervistati (tab. 2), mentre l’indice è alto per il 14,3% dei casi. Emerge quindi una religiosità leggera, senza un 4 L’indice di religiosità qui utilizzato sintetizza le informazioni relative al senso di religiosità degli intervistati e alla frequenza della loro partecipazione a riti religiosi. 5 impegno forte, e si manifesta invece un’area consistente di piena estraneità alla dimensione religiosa. In questo caso le differenze strutturali sono più rilevanti che per altri fattori: la religiosità varia per età ed area geografica, ma è la differenza tra maschile e femminile ad essere sicuramente rilevante; la religiosità è più forte tra le donne (sia nella tipologia alta che in quella media), mentre tra gli uomini è più presente sia una bassa religiosità, sia la sua totale assenza; i maschi con indice di religiosità nullo sono 22,1%, mentre per le donne la percentuale è di 12,4%. 6 Tabella 2 Indice di religiosità per sesso, età, area geografica e dimensione del Comune TOTALE SESSO M ETA' F 30-35 36-40 AREA GEOGRAFICA DIMENSIONI DEL COMUNE 40-45 46-50 SUD- FINO A 100.001- OLTRE 51-55 NORD CENTRO ISOLE 100.000 250.000 250.000 Nullo 17,2% 22,1% 12,4% 17,0% 17,5% 18,0% 17,2% 15,9% 18,7% 16,6% 15,3% 14,4% 17,3% 17,8% Basso 35,8% 40,4% 31,2% 43,4% 37,6% 34,2% 31,9% 30,2% 37,4% 33,8% 34,6% 36,2% 34,9% 36,3% Medio 32,7% 27,8% 37,6% 27,9% 33,5% 33,6% 35,5% 34,0% 32,3% 36,2% 31,4% 35,6% 30,2% 34,1% Alto 14,3% 13,5% 18,7% 13,8% 17,6% 11,7% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 464 1.326 1.627 TOTALE V.A 3.417 9,7% 18,7% 11,7% 11,4% 14,3% 15,4% 19,9% 11,6% 1.679 1.738 745 708 729 656 579 1.624 669 1.124 Fonte: Indagine Cisf “Famiglia risorsa 2012” 7 Nel complesso la generazione di mezzo considerata in questa indagine, dei nati tra il 1955 e il 1980 aventi una relazione di coppia, evidenzia al proprio interno significative distinzioni, ma sembra convergere, almeno dagli indici sintetici qui commentati, verso una ulteriore medietas al proprio interno, verso la valorizzazione di un equilibrio che è rifiuto degli estremismi (i meno scelti, un po’ su tutte le variabili), forse collegato anche alla fase di vita che gli intervistati si trovano ad attuare, che sull’equilibrio deve costruire il proprio ruolo e percorso di vita, carico come è di un passato ormai consistente, di una condizione presente che esige stabilità e continuità (pur nell’incertezza dei tempi), e di un futuro tutto ancora da costruire, per sé e per i propri figli. Insomma, la generazione nel mezzo del cammin di sua vita sembra costituire – e ricercare – , nel bene e nel male, il centro di gravità permanente del famigliare nel nostro Paese, ponendosi come fattore di equilibrio intergenerazionale e di stabilità sociale, anche nel pieno della crisi globale che stiamo attraversando dal 2008. 4. Riconoscere il valore della famiglia Queste famiglie sono state pesantemente investite dalla società post-moderna, e in particolare hanno dovuto fare i conti con una cultura che ha relegato la famiglia nella sfera dell’etica e dei comportamenti privati, e spogliata dunque di qualsiasi rilevanza pubblica, di qualsiasi possibilità di esercitare o anche solo reclamare diritti di cittadinanza e di partecipazione in quanto soggetto sociale. Si tratta oggi di recuperare quel nesso ineludibile tra società e famiglia, fondato ed argomentato con efficacia già nel 1981, da Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio, che a più di trent’anni dalla sua pubblicazione rimane un documento di altissima attualità. «L'intima connessione tra la famiglia e la società, come esige l'apertura e la partecipazione della famiglia alla società e al suo sviluppo, così impone che la società non venga mai meno al suo fondamentale compito di rispettare e di promuovere la famiglia stessa. Certamente la famiglia e la società hanno una funzione complementare nella difesa e nella promozione del bene di tutti gli uomini e di ogni uomo. Ma la società, e più specificamente lo Stato, devono riconoscere che la famiglia è «una società che gode di un diritto proprio e primordiale» (Dignitatis Humanae, 5), e quindi nelle loro relazioni con la famiglia sono gravemente obbligati ad attenersi al principio di sussidiarietà» (FC, n. 45, La società al servizio della famiglia). 8 È proprio dal riconoscimento della famiglia come cellula fondante e fondamentale della società che deriva un compito ben preciso per la società: essere a servizio della famiglia, per promuoverla e rafforzarla, mediante il principio di sussidiarietà. Anche la ricerca qui presentata conferma che la famiglia è un bene per la società NON perché conserva il patrimonio (famiglia funzionale), ma perché possiede uno specifico “valore aggiunto” 5, che consiste nella capacità di produrre beni sociali relazionali (famiglia relazionale), che vanno dal fatto di stimolare il senso altruistico dell’esistenza, alla fiducia interpersonale, al costruirsi delle regole di vita fino ai valori della generatività come reciprocità del dono della vita, a valori economici di redistribuzione del reddito e altro ancora, necessariamente intrecciati tra di loro. In sintesi, il valore aggiunto della famiglia sta nell’offrire un modello fiduciario di vita che genera capitale umano e sociale primario 6, mentre nelle altre forme di convivenza il valore aggiunto è quello di un modello negoziale di vita che, enfatizzando la ricerca dell’auto-realizzazione individuale, tende piuttosto a consumare il capitale sociale e umano. Questa struttura di pensiero non lascia adito a fraintendimenti. Non è la famiglia a servizio della società, in un’ottica diametralmente opposta a quella dominante: oggi anche la famiglia è considerata, a livello funzionalistico, come luogo nel quale si generano uomini, ma non si genera società, si generano (a seconda degli interessi) elettori, contribuenti, lavoratori, fruitori di servizi, ma non persone libere e responsabili capaci di costruire futuro. Quest’ottica viene completamente rovesciata, ancora nell’ambito della Familiaris Consortio: «In forza di tale principio [di sussidiarietà] lo Stato non può né deve sottrarre alle famiglie quei compiti che esse possono ugualmente svolgere bene da sole o liberamente associate, ma positivamente favorire e sollecitare al massimo l'iniziativa responsabile delle famiglie. Convinte che il bene della famiglia costituisce un valore indispensabile e irrinunciabile della comunità civile, le autorità pubbliche devono fare il possibile per assicurare alle famiglie tutti quegli aiuti - economici, sociali, educativi, politici, culturali - di cui hanno bisogno per far fronte in modo umano a tutte le loro responsabilità» (FC, n. 45, La società al servizio della famiglia) 5 Da P. Donati (a cura di), Ri-conoscere la famiglia. Quale valore aggiunto per la società? Decimo Rapporto CISF sulla famiglia in Italia, Ed. San Paolo, Cinisello B. (MI), 2007. 6 Cfr. P. Donati (a cura di), Famiglia e capitale sociale nella società italiana. Ottavo Rapporto Cisf sulla famiglia in Italia, Ed. San Paolo, Cinisello B., 2003. 9 Ma la relazione tra famiglia e politica sociale potrà essere radicalmente modificata a favore delle famiglie solo quando le famiglie stesse sapranno acquisire una chiara consapevolezza del proprio ruolo sociale, della propria responsabilità pubblica, della propria soggettività autonoma di fronte all’agire degli altri sottosistemi (politico, amministrativo, economico). Occorre cioè, in altre parole, maggiore consapevolezza e maggiore pratica dell’“agire sociale” della famiglia, maggiore esercizio di cittadinanza attiva. “Ripartire dalla famiglia” 7 non può essere solo uno slogan, da difendere e affermare teoricamente, ma è la responsabilità che ogni famiglia deve assumersi, diventando una presenza reale e producendo fatti sociali. Solo questa autonoma forza della società civile e delle famiglie associate consente di uscire da logiche assistenziali e di stato sociale istituzionale o totale, evitando nel contempo i rischi (oggi paventati da molti) di una privatizzazione solo mercantile, che lasci le singole famiglie sole di fronte al contesto sociale. Ed è questo il mandato che il Forum delle associazioni familiari ha assunto fin dalla sua origine, nel 1993, fondando la sua azione sui valori e sugli obiettivi esplicitati dalla Carta dei Diritti della Famiglia (promossa dalla Santa Sede nel 1983 e inserita integralmente nel Patto associativo fondativo del Forum). La famiglia, dunque, può e deve essere generatrice di bene comune, ma questo suo generare bene comune non può che stare dentro ad una alleanza esplicita, consapevole tra scelte familiari e contesto sociale, termine in cui vanno inseriti le politiche, la comunità ecclesiale, la modalità in cui la società civile si organizza, il mondo dell’impresa, e ogni altro ambito della società. Se manca l’idea del dover mettere insieme esperienza familiare ed esperienza del sociale la famiglia viene confinata in una privatizzazione totale e si favoriscono comportamenti privatizzanti e corporativi. Se invece si costruiscono ponti tra famiglia e società, se si creano possibilità di alleanza, la potenzialità di bene comune della famiglia, che sicuramente c’è, potrà essere snidata, promossa e valorizzata. 7 “Ripartire dalla famiglia” è anche il titolo di un volume che descrive proprio questa connessione indissolubile tra soggettività sociale attiva e consapevole da parte delle famiglie e richiesta di politiche per la famiglia (F. Belletti, Ripartire dalla famiglia. Ambito educativo e risorsa sociale, Edizioni Paoline, Milano 2010). 10