Difendiamo la salute mentale dei giovanissimi

annuncio pubblicitario
13
S
in alute
L
a ricerca è stata condotta e
realizzata contemporaneamente in sette città italiane:
Lecco, Milano, Roma, Rimini, Pisa, Cagliari e Conegliano. I dati emersi non consentono di
abbassare la guardia: se la depressione non è un disturbo così diffuso come si è portati a pensare (solo l’uno
per cento dei ragazzi ne soffre), invece l’ansia la fa da padrona: saranno,
come al solito, da chiamare in causa
la scuola e gli insegnanti, la società
che impone modelli spesso irraggiungibili o i genitori che non accettano gli inevitabili limiti dei figli, sta
di fatto che i nostri ragazzi sono stressati. E troppo spesso sfogano il loro
malessere con gesti estremi, che focalizzano l’attenzione momentanea dei
media e degli esperti, ma che raramente trovano servizi pronti ad affrontarli. Chi sta pensando a questi
problemi? Come fare diagnosi, prevenzione e terapia? Intervistiamo in
proposito il dott. Massimo Molteni,
Neuropsichiatra Infantile responsabile del progetto di ricerca.
Dottor Molteni, un tempo l’età critica era l’adolescenza. La vostra ricerca invece riguarda i ragazzi più
piccoli, tra i 10 e i 14 anni: questo
vuol dire che i nostri ragazzi sono
precoci anche nei disturbi psichici?
Direi piuttosto che il maggiore stress
sociale compensa, in negativo, il miglioramento delle condizioni di vita
rispetto al passato e così si osserva
un cambiamento dei disturbi presentati: ma, come spesso accade, non
sempre si è preparati a queste variazioni. È ora di affrontare la questione
con le dovute risorse e con una programmazione che deve spaziare dalla
dimensione sociale a quella tecnicospecialistica.
Avete riscontrato un maggior rischio di disagio nei i maschi o nelle femmine?
Le ragazze soffrono maggiormente di
ansia e depressione, mentre per
quanto riguarda i disturbi della condotta non ci sono grosse differenze
tra maschi e femmine. Questi dati
confermano come la storica distinzione che vedeva i maschi più aggressivi
e problematici sul piano delle con-
Difendiamo la salute
mentale dei giovanissimi
Si chiama PrISMA (Progetto Italiano Salute Mentale Adolescenti) la prima ricerca epidemiologica
italiana che ha indagato la prevalenza dei disturbi psichici tra i preadolescenti di età compresa
tra i 10 e i 14 anni che vivono in zone urbane. La ricerca, condotta su oltre 5.500 studenti tra i
10 e i 14 anni, ha fornito risultati più confortanti rispetto ad altre nazioni, ma ci troviamo
comunque di fronte ad un grave problema sociale, perché un preadolescente su 10 soffre di una
patologia psichica. E la psichiatria lancia l’allarme: occorre prendersi cura dell’età evolutiva.
UNA RICERCA DELL’IRCCS “E. MEDEA”
dotte sociali sia ormai superata. Basti
pensare alle baby gang e ai fenomeni
di bullismo oggi così diffusi anche tra
le ragazze...
I problemi di mamma e papà influenzano la salute psichica dei figli?
La nostra ricerca dimostra che esiste
un’associazione statistica tra i problemi di coppia e l’assetto psicologico
dei ragazzi. Infatti, i figli di genitori
separati e divorziati presentano maggiori problemi psicologici degli altri
in tutti gli aspetti considerati.
Questo dato merita ulteriori approfondimenti, perché difficilmente
tale associazione, su un campione così ampio, è solo casuale: tra l’altro
nessuna associazione è stata trovata
nel caso di soggetti orfani di un genitore.
Si è sempre pensato che la scuola
privata fosse una sorta di isola felice, che ponesse i ragazzi al riparo dalle tempeste e dai problemi. È
vero? Cosa emerge dalla ricerca?
Si tratta di un luogo comune: non ci
sono differenze significative di problematicità tra ragazzi che frequentano la scuola statale o la scuola privata, anzi si è evidenziata la presenza
di maggiori problemi nei comporta-
menti attentivi proprio negli alunni
che frequentano la scuola privata.
Questa è un’altra sorpresa: la scuola
privata intercetta un’area importante
del disagio psicologico dei preadolescenti, comunque non inferiore a
quello della scuola statale.
E quale peso ha il contesto sociale?
I ragazzi appartenenti a famiglie con
un livello socio-economico basso o
medio basso e con un basso tasso di
scolarità dei genitori, presentano un
significativo aumento di problemi di
tipo psicologico, mentre non c’è nessuna differenza in relazione alla città
dove si vive: vivere in provincia di
per sé non è un fattore di protezione
per i ragazzi. In breve, appartenere ad
una famiglia disgregata o di modesto
tenore socio-economico - vivere
quindi in una famiglia con poche risorse sociali o relazionali (tipico delle situazioni di conflitto di coppia) ed essere di sesso femminile è la condizione di maggiore rischio per sviluppare problemi psicologici, a prescindere dalla regione in cui si vive e
dal vivere in una grande città o in
una città di medie dimensioni.
I genitori talvolta si vergognano di
ammettere i problemi del figlio.
D’altro canto è necessario non cri-
minalizzarli ed evitare di confondere un semplice disagio con la
malattia psichica vera e propria...
È vero. La malattia è un’altra cosa rispetto al disagio: e anche questo è un
rilievo da tener presente rispetto alla
programmazione e alle professionalità da mettere in gioco per la prevenzione e la cura. Si pensi per esempio
all’ADHD, il disturbo di attenzione
che tante polemiche ha suscitato in
Italia e negli Stati Uniti: una cosa è la
malattia vera e propria, che da noi riguarda meno di due bambini su cento, un’altra sono i problemi di attenzione o di irrequietezza, che non vanno assolutamente confusi con la patologia.
Mentre la famiglia è senz’altro un fattore di protezione verso i problemi
psicologici, non è in grado di svolgere tale funzione nei confronti della
malattia psichica, che ha una complessità e probabilmente una causa
diversa rispetto al disagio relazionale. Se gli adolescenti si ammalano di
ansia o depressione non è colpa della
famiglia, mentre una certa responsabilità della qualità della relazione famigliare esiste nei confronti dei vari
problemi psicologici del ragazzo, come la tristezza o l’irrequietezza.
A cura di Cristina Trombetti
INSERZIONE PUBBLICITARIA
SILVANA FUMAROLA - Nuove testimonianze sulle capacità naturali della pranoterapeuta
«Avevo perso ogni speranza. Ora sto bene»
Tante situazioni umane personali e familiari
risolte nel migliore dei modi. Molti sorrisi
ritrovati. Questa in estrema sintesi l’attività
svolta ormai da anni dalla pranoterapeuta
Silvana Fumarola nel suo studio di Ponte
Chiasso in via Bellinzona 250. Un’attività
sempre più conosciuta e apprezzata. “Avevo
perso ogni speranza, ero in preda a crescenti
crisi di panico e ora sto bene e sono ritornata
a sperare nel futuro”, racconta la signora
M.L., di 50 anni, che ha superato un grave
lutto familiare grazie alla competenza e alle
doti professionali della signora Fumarola. “E’
come se mi avesse preso per mano e condotta fuori da un tunnel - racconta - e di questo
non ne beneficio soltanto io, ma anche tutti i
miei familiari che per me erano in forte
apprensione. Ora invece è tutto diverso”.
Molto è cambiato anche per Silvia, 37 anni,
di Como che, “dopo sette ricoveri, medicine
oltre l’immaginabile e cure del sonno che si
sono protratte anche per 17 giorni” sognava
di farla finita. “Ormai non riuscivo più a svolgere neppure il mio lavoro. Mi sentivo una
straccio. Stavo bene solo al buio e non volevo
più vedere nessuno. Non mangiavo, spesso
svenivo. I miei genitori e i miei fratelli erano
sempre più preoccupati. E dentro di me crescevano dei cupi propositi. Poi un giorno ho
accettato i consigli di una conoscente, che
proprio dalla signora Fumarola aveva avuto
notevoli benefici. Ed è stata la mia fortuna.
Già dal primo impatto la pranoterapeuta ha
saputo infondermi fiducia e tranquillità. Dopo
qualche mese questa brutta fase della mia vita
è stata solo un ricordo. Non mi sembra neppure vero, non credevo fosse possibile. Ho
ripreso una vita del tutto normale e non ho
più alcun tipo di disturbo. Adesso invece ho
ancora più voglia di vivere”.
E’ importante prenotare l’appuntamento
Ecco l’elenco delle malattie
La pranoterapeuta Silvana Fumarola e il figlio
Tiberio ricevono su appuntamento nello studio
di Ponte Chiasso, in via Bellinzona 250 (tel.
031.54.13.27), dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 12.30 e dalle 13.30 alle 19.30, il sabato dalle 8 alle 12. Ecco le cure pranoterapeutiche:
– tutti gli stati infiammatori;
– artrosi cervicali, dorsali, lombosacrali e sciatiche;
– emicranie, cefalee atipiche, vasomotorie e varie;
– nevralgie del trigemino; ipo e ipertiroidismo;
– sinusiti; otiti; labirintiti; asma; bronchiti;
– periartriti; nevriti; flebiti;
– gastriti, ulcere gastriche e coliti;
– squilibri epatici; pancreatiti; cistiti;
– problemi ovarici, mestruali e di menopausa;
– prostatiti; emorroidi;
– acne; dermatiti; caduta dei capelli;
– tabagismo;
– squilibri epatici; pancreatiti;
– insonnia; esaurimenti nervosi e stati depressivi;
– deperimenti organici;
– ansia e tensione dovute a qualsiasi stress;
– stati di malavoglia e apatia;
– stati di turbamento psichico: fobie, attacchi di
panico; conflitti interiori; problemi in età scolare e adolescenziale; crisi di coppia e di identità.
Scarica