La gestione delle emergenze in psichiatria

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La gestione delle emergenze in psichiatria
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Per urgenza psichiatrica si intende qualsiasi condizione di
grave e acuta sofferenza psichica che comporti la necessità di
una valutazione clinica di un medico per impostare un percorso
diagnostico-terapeutico adeguato
L’emergenza comporta
invece la rottura di un equilibrio con
l’ambiente e lo scompenso delle relazioni psicosociali, che
presuppone una risposta rapida per evitare la crisi
Urgenze/emergenze in medicina e in psichiatria
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“Emergency” medica: situazione seria e acuta che richiede un
trattamento immediato
Caratteristiche essenziali:
•
acuzie
•
intensità
•
elevato livello di pericolo o di rischio di danno
•
necessità di un intervento immediato e indifferibile
Urgenze/emergenze in medicina e in psichiatria
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Altre branche mediche
Richiesta
d’aiuto
Problema
Intervento
Psichiatria
Raramente il paziente, più spesso
Paziente (o chi per lui)
familiari, vicini di casa, polizia, operatori
• Sintomi acuti
• Tensioni relazionali
Sintomi acuti
• Problemi sociali
• Comportamenti disturbanti
• Problemi di natura non psicologica
• Raccolta anamnesi medica • Raccolta notizie
• Valutazione e raccolta dei • Valutazione della natura del problema
sintomi
• Orientamento diagnostico
• Diagnosi
• Valutazione delle risorse
• Provvedimenti terapeutici
• Provvedimenti terapeutici
Cosa fare di fronte ad un’urgenza psichiatrica
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•
Essere preparati: aspettarsi l’inaspettato
•
Riconoscere se è presente un qualche livello di rischio (non
sempre in evidenza)
•
Definire gli aspetti specifici del rischio (concretezza, gravità,
imminenza)
•
Formulare un piano di intervento (psicologico, farmacologico,
ricovero, ecc.) per ridurre il rischio
Cosa fare di fronte ad un’urgenza psichiatrica
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Valutare la gravità della condizione del paziente (agitazione, confusione, ecc.)
Valutare il rischio di comportamento auto/eteroaggressivo
Indagare le funzioni vitali (richiedere, se possibile, accertamenti laboratoristici
e strumentali) e considerare i trattamenti in corso
Raccogliere informazioni dal paziente (se accessibile), oppure dai familiari o da
altri accompagnatori
Effettuare l’esame psichico e la diagnosi differenziale
Durante il colloquio clinico
•
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Cercare di stabilire un rapporto con il paziente (quando possibile),
mantenendo un atteggiamento d’ascolto e spiegare gli interventi
che si intendono attuare
•
Comprendere il punto di vista del paziente (se accessibile) e dei
suoi familiari
•
Valutare come pazienti e familiari tentano di affrontare il problema
•
Negoziare soluzioni e consentire al paziente o ai familiari di
prospettare soluzioni
Le emergenze in psichiatria
Comportamenti
autolesivi
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Aggressività
eterodiretta
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Comportamenti autolesivi
Comportamenti autolesivi
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•
Suicidio: ogni caso di morte che risulti direttamente o
indirettamente da un atto positivo o negativo, compiuto dalla
vittima stessa consapevole di produrre questo risultato
•
Suicidio dimostrativo: i mezzi utilizzati e gli atti compiuti non
sono idonei a procurare la morte, il paziente ha richiesto aiuto
o sapeva che sarebbe stato soccorso; il gesto ha il significato
di una richiesta di attenzione o di vantaggi secondari, oppure
ha intenti rivendicativi o punitivi verso gli altri
•
Suicidio mancato: tentativo di suicidio che incidentalmente
non è riuscito, nonostante i mezzi e gli atti fossero idonei
Il comportamento autolesivo
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•
Parasuicidio: atto ad esito non fatale, nel quale un individuo
inizia deliberatamente un comportamento non abituale che,
senza l’intervento di altri, causerà un’autolesione. Si tratta di
comportamenti a rischio di morte, spesso ripetuti, con
negazione dell’ideazione suicidaria (overdose, incidenti
stradali, attività a rischio)
•
Ideazione suicidaria: l’individuo ha frequenti idee di morte,
con gradi molto diversi di intensità e di elaborazione, senza
arrivare a mettere in atto un comportamento suicidario vero e
proprio
Epidemiologia del suicidio
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•
Nel mondo si toglie la vita circa 1 milione di persone ogni anno (si
muore di più per suicidio che per incidenti stradali), ed un numero
circa 10 – 20 volte superiore tenta di farlo
•
È tra le prime cause di morte nella fascia d’età compresa tra i 15 e i
34 anni
•
Negli ultimi 45 anni i suicidi sono aumentati in tutto il mondo del
60%
•
Le condotte autolesive non fatali sono 10-20 volte più frequenti di
quelle fatali
•
Il suicidio è più diffuso tra gli uomini, i comportamenti autolesivi
non fatali tra le donne
Suicidio e psicopatologia
•
•
•
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Il 90% dei suicidi è commesso da pazienti affetti da disturbi
psichiatrici
I pazienti psichiatrici sono il 47-74% della popolazione a rischio
suicidario
La presenza di più disturbi psichiatrici aumenta il rischio suicidario
Disturbo bipolare
Rischio relativo
suicidio
28
Depressione maggiore
21
Abuso di sostanze
20
Distimia
9
DOC
11
DAP
11
Schizofrenia
9
Disturbi di personalità
7
Abuso di alcol
5
Popolazione generale
1
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Fattori di rischio
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Socio-demografici
Sesso maschile
Età (maggior rischio in adolescenti e anziani)
Isolamento sociale (essere single, divorziati o vedovi, con una scarsa rete sociale)
Basso livello socio-economico, bassa scolarità
Disoccupazione o situazione lavorativa stressante
Presenza di violenza domestica e abusi infantili fisici e sessuali
Familiarità per comportamenti suicidari
Fattori di rischio
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Clinici
Precedenti tentativi di suicidio
Presenza di disturbi psichiatrici (depressione maggiore, disturbo bipolare,
abuso di sostanze, schizofrenia all'esordio, disturbo di personalità borderline)
Malattie fisiche croniche o invalidanti
Ricoveri recenti
Fattori protettivi
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Stabilità socioeconomica
Flessibilità, capacità di
adattamento
Buone capacità di
problem solving
Buon supporto sociale
Buona relazione
terapeutica
Presa incarico del centro
di salute mentale
Segnali di allarme
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•
Sorprendenti ed improvvisi miglioramenti clinici nei pazienti con
depressione (possono in realtà dipendere dalla decisione di togliersi
la vita)
•
Stress, attacchi di panico, agitazione, inquietudine, angoscia grave
•
Espressioni come: “mi sento molto triste o depresso”, “vorrei essere
morto”, “mi sento profondamente solo”, “non riesco a fare nulla”,
“non posso più andare avanti così”, “sono un perdente”, “gli altri
staranno meglio senza di me”
•
Ricerca di armi, farmaci o altri mezzi autolesivi
•
Disperazione, rabbia incontrollabile, ricerca di vendetta, azioni
imprudenti o rischiose compiute senza considerare le conseguenze
del comportamento, sentirsi intrappolati e senza via d’uscita
•
Verbalizzazione di pensieri suicidari e presenza di un piano per
mettere in atto il suicidio
Esempi di domande da porre al paziente
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• Le è capitato di sentirsi triste o depresso per parecchi giorni di
seguito? Quando si è sentito così ha pensato alla morte? Ha mai
pensato di farla finita?
• Quando ci ha pensato? Quando è stata l’ultima volta? Con che
frequenza ci pensa?
• Ha mai tentato il suicidio? Ha pensato a come farlo? Ha pensato
dove e quando farlo?
• Ha pensato alle conseguenze della sua morte sui suoi familiari e
amici?
• Che cosa prova quando pensa di continuare a vivere?
• Di che tipo di aiuto avrebbe bisogno per poter affrontare le sue
difficoltà?
• Che effetto le fa poter parlare di queste sue idee ed intenzioni?
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Valutazione del rischio suicidario
Fattori clinici
•
•
•
•
•
•
•
Presenza di segni e sintomi di disturbi psichiatrici
Sentirsi senza speranza, disperati
Impulsività, anedonia, ansietà marcata, agitazione
Abuso di alcool o altre sostanze
Metodi specifici per il suicidio (compresa la valutazione del loro
potere letale)
Ragioni per vivere e progettualità rispetto al futuro
Anamnesi (storia familiare di suicidio, precedenti tentativi di
suicidio, diagnosi e trattamenti medici precedenti)
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Valutazione del rischio suicidario
Fattori psicosociali
•
•
•
•
Lutti, perdita del lavoro, problemi economici, violenza domestica
Rete sociale di supporto
Qualità delle relazioni sociali
Credenze culturali o religiose nei confronti della morte o del
suicidio
• Facilità di accesso ad armi o ad altri strumenti potenzialmente
utilizzabili
Gestione del paziente a rischio suicidario
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Strategie generali
• Monitorare l’ideazione suicidaria
• Comprendere il significato e dei bisogni sottesi alle intenzioni
suicidarie
• Trattare il disturbo psichiatrico
• Valutare la tendenza all’utilizzo di alcool e sostanze psicotrope
• Aiutare il paziente a identificare e migliorare strategie per la
risoluzione dei problemi
Il rischio suicidario non è di per sé una patologia. La
gestione dipende dalle patologie di base
(dall’intervento specialistico per una psicosi a un adeguato
sostegno per una reazione impulsiva a un evento stressante)
Gestione del rischio suicidario
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Rischio basso:
Ideazione
labile,
pianificazione
psicopatologia o abuso di sostanze
assente,
assente/lieve
• Offrire ascolto empatico e supporto, esplorare alternative al
suicido, analizzare le strategie, riflettere sull’ambivalenza
• Informare su possibilità di aiuto presenti sul territorio, fornire
supporto adeguato
• Discutere, eventualmente con i familiari, per affidamento o
attivazione di un supporto
• Inviare a un servizio di salute mentale nel caso di presenza di
psicopatologia, mantenere il contatto
Gestione del rischio suicidario
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Rischio medio:
ideazione stabile, assenza di chiara pianificazione, psicopatologia o
abuso di sostanze assente/lieve, situazione psicologica instabile,
crisi
• Iniziare un trattamento in regime ambulatoriale o in day-hospital
• Prendere in carico il paziente, iniziare una terapia farmacologica
specifica ed eventualmente una psicoterapia
• Effettuare colloqui con i familiari, con i quali identificare strategie
condivise di supporto e gestione del rischio
• Rimuovere possibili mezzi per commettere gesti autolesivi
Gestione del rischio suicidario
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Rischio alto:
ideazione fissa, pianificazione, psicopatologia o abuso di sostanze
severo, situazione psicologica instabile, crisi, accesso a mezzi
autolesivi, comportamenti a rischio
• Ricovero in ambiente ospedaliero
• Se sono presenti scarso insight, rifiuto dei trattamenti proposti e
alto rischio suicidario, è possibile effettuare un ricovero in TSO
• Assicurare al paziente una sorveglianza continua, rimuovendo tutti
i possibili strumenti utili a mettere in atto il suicidio
Terapia farmacologica
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Antidepressivi
• Trattamento dei comportamenti suicidari nei pazienti con
depressione acuta, ricorrente, cronica e con disturbi d’ansia
• I trattamenti a lungo termine sembrano ridurre il rischio
suicidario, sebbene le evidenze siano scarse
• Monitore la terapia e l’eventuale switch del tono dell’umore con
insorgenza di agitazione, insonnia, rabbia e disforia
• Prescrivere sempre la dose minima efficace per prevenire
assunzioni incongrue
Terapia farmacologica
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Ansiolitici
• Le benzodiazepine sono utili nel ridurre la sintomatologia ansiosa
• Preferire le benzodiazepine a lunga emivita per evitare effetti
rebound, monitorando la sedazione diurna associata all’ideazione
suicidaria
Terapia farmacologica
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Antipsicotici
• Preferire gli antipsicotici atipici, per la maggiore tollerabilità
• Utilizzati in pazienti con ideazione suicidaria associata a disturbo
bipolare e/o schizofrenia
• La clozapina è l’unico antipsicotico per il quale è stato
documentato un effetto di prevenzione del rischio di suicidio
Terapia farmacologica
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Stabilizzatori del tono dell’umore
• Rappresentano
una
possibile
alternativa
terapeutica
nella
gestione dell’ansia
• Il litio è lo stabilizzatore maggiormente efficace nella prevenzione
suicidaria (la terapia di mantenimento riduce il rischio di suicidio
dell’80-90%)
Psicoterapia
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• La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) è efficace nel ridurre
l’ideazione e i comportamenti suicidari in pazienti con
depressione maggiore e ideazione suicidaria
• La terapia dialettico-comportamentale (DBT) è indicata nel
trattamento dei pazienti con disturbo borderline di personalità e
ideazione suicidaria
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Il paziente con comportamenti aggressivi-violenti
Il paziente con comportamenti aggressivi-violenti
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•
La frequenza dei comportamenti violenti nelle persone con
disturbi psichiatrici non si discosta significativamente da quella
della popolazione generale, anche se la percezione pubblica di
questo problema è molto sovrastimata
•
I pazienti con disturbi psichiatrici hanno una maggiore
probabilità di subire comportamenti violenti, piuttosto che di
commetterli
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Il paziente con aggressività eterodiretta
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•
I comportamenti aggressivi non sono una patologia psichiatrica
•
Sono espressione di malattia quando:
 non sono controllati da chi li manifesta
 non sono modulabili e adeguati alla situazione che li ha
determinati
Il paziente con aggressività eterodiretta
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•
Il 10% dei pazienti al momento del ricovero presenta un
comportamento aggressivo
•
Il 22% dei pazienti psichiatrici ha presentato almeno un
episodio di aggressività eterodiretta
•
Il 40% degli operatori psichiatrici ha subito almeno un episodio
di aggressività
•
I comportamenti aggressivi aumentano in relazione all’aumento
di abuso di alcool e droghe
Disturbi mentali associati a comportamenti
aggressivi
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Psicosi
Disturbo
bipolare
• Più frequentemente associati a schizofrenia e disturbo delirante
cronico
• Spesso sono conseguenza di deliri o allucinazioni e si presentano in
genere in maniera esplosiva, con crisi pantoclastiche
• Possono essere presenti nelle fasi maniacali del disturbo
• Sono dovuti a: irritabilità, elevato livello di attività, bassa tolleranza
alla frustrazione e difficoltà di adeguare le risposte emotive al
contesto
•
Disturbo
borderline di
•
personalità
•
Secondari a: incapacità di regolare le reazioni emotive, instabilità
delle relazioni, eccessiva reattività agli eventi ambientali e impulsività
Frequentemente sono autodiretti
Sono spesso legati all’assunzione di alcool o sostanze stupefacenti
Disturbi
d’ansia
• Possono essere espressione della percezione del pericolo esterno e
della sensazione di una scarsa capacità di controllo da parte di chi
ne soffre
Depressione
• Nelle forme di depressione «agitata», possono presentarsi associati
ad irritabilità
Patologie organiche che possono presentarsi con
comportamenti aggressivi
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Delirium
Astinenza da
farmaci (oppiacei,
barbiturici)
Intossicazione
alcolica
Sepsi
Lesioni cerebrali
espansive
Sindrome
delirante da
squilibri
metabolici
Alcune forme di
epilessia
Parkinsonismo
post-encefalitico
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Fattori di rischio di comportamenti aggressivi
•
I fattori di rischio sono aspecifici e non permettono di
prevedere con certezza un comportamento aggressivo
•
L’unico elemento predittivo è l’anamnesi positiva per
precedenti comportamenti violenti (violenza domestica, reati o
arresti)
•
La valutazione dei precedenti comportamenti violenti deve
prevedere il riconoscimento della frequenza, della durata e
dell’entità della violenza, dei mezzi impiegati, della presenza di
danni ed eventuali precedenti arresti
Fattori di rischio di comportamenti aggressivi
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Socio-demografici
• Sesso maschile
• Età 15 - 24 anni
• Povertà
• Basso livello di istruzione
• Storia personale di abuso, abbandono, impulsività, reati
• Apprendimento di modelli aggressivi
• Scarse abilità sociali
Fattori di rischio di comportamenti aggressivi
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Clinici
• Presenza di ritardo mentale, delirium, lesioni cerebrali
• Stati paranoici
• Allucinazioni imperative che ordinano atti di violenza
• Abuso di alcol o droghe
• Stati maniacali o depressivi
• Tratti di personalità associati a violenza (disturbo antisociale di
personalità, disturbo borderline di personalità)
Fattori di rischio di comportamenti aggressivi
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Biologici
• Scarsa espressione del gene per le monoamino-ossidasi
e per il trasportatore della serotonina
• Esposizione, durante lo sviluppo intrauterino, a tabacco,
alcool o sostanze d’abuso
Cosa fare con un paziente aggressivo
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Ambiente:
• il colloquio va condotto in una stanza sicura e tranquilla,
facilmente osservabile dallo staff; se non sono disponibili stanze
videosorvegliate chiedere ad un membro dell’equipe di essere
presente al colloquio
• impedire al paziente di porsi tra l’interlocutore e la porta in modo
da avere sempre una via di fuga libera
Postura:
• posizione passiva e non minacciosa
• non invadere lo spazio del paziente, non toccarlo
• mantenere il contatto oculare per tutta la durata del colloquio
Cosa fare con un paziente aggressivo
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Rassicurare il paziente:
• specificare che non gli si farà del male
• chiedergli le ragioni del comportamento aggressivo
• ascoltare le preoccupazioni
• mostrarsi d’accordo con le affermazioni del paziente
Spiegare al paziente le conseguenze del comportamento aggressivo:
• ricordargli che è responsabile legalmente dei suoi comportamenti
• dirgli che le altre persone sono spaventate (potrebbe non esserne
consapevole)
Cosa NON fare con un paziente aggressivo
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• Costringere il paziente in un angolo o tentare di avere un contatto
fisico
• Assumere un atteggiamento di confronto con il paziente (alzare la
voce, considerare l'aggressione verbale come un'offesa personale)
• Mostrare paura, timore, ansia (possono spingere il paziente ad essere
ancora più agitato e violento)
• Cercare di disarmarlo (se il paziente ha armi, allontanarsi e chiamare
le forze dell’ordine)
Trattamento
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L’intervento deve mirare a:
•
chiarire le cause che hanno determinato i comportamenti
aggressivi
•
trattare
l’eventuale
disturbo
mentale
da
cui
deriva
il
comportamento
•
agganciare il paziente nella fase post-critica per stabilire una
relazione terapeutica
Trattamento farmacologico
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•
Proporre al paziente una terapia orale
•
Le formulazioni intramuscolo o endovena sono da preferire solo
in caso di chiaro rifiuto del trattamento
Trattamento farmacologico
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Benzodiazepine
• Da preferire in tutte le condizioni in cui non si hanno molte notizie
sulle condizioni cliniche del paziente
• Cautela in pazienti in stato di ebbrezza alcolica e nei pazienti alcolisti
in crisi d’astinenza (rischio di insufficienza respiratoria)
• Possono essere usate in combinazione con gli antipsicotici tipici
Trattamento farmacologico
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Antipsicotici
• Alcuni studi indicano che gli antipsicotici atipici sono superiori ai
tipici nel trattamento di violenza legata a sintomi psicotici
• Cautela per rischio di sindrome neurolettica da sovradosaggio
• Cautela per rischio di allungamento del tratto QT
• In mancanza di collaborazione da parte del paziente preferire
antipsicotici sedativi per via intramuscolare
I luoghi di gestione dell’emergenza psichiatrica
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Urgenza
psichiatrica
sul territorio
Servizio 118
Urgenza Psichiatrica nel
Presidio Ospedaliero
Reparto di
Presidio
Ospedaliero
Pronto
Soccorso
Centro di Salute
Mentale
competente
territorialmente
SPDC
competente
territorialmente
DSM
Il consenso in medicina
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“Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento
sanitario, se non per disposizione di Legge. La legge non può
violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”
(Art. 32 della Costituzione Italiana)
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“Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate,
vengano tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine,
letteralmente tutto quanto possiede: sarà un uomo vuoto, ridotto
a sofferenza e bisogno, dimentico di dignità e discernimento,
poiché accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se
stesso... si potrà a cuor leggero decidere della sua vita o morte al
di fuori di ogni affinità umana…”
P. Levi (“Se questo è un uomo”)
Il consenso in medicina
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“Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla
diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative
diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte
operate; il medico nell’informarlo dovrà promuovere la massima
adesione alle proposte diagnostico-terapeutiche”
(Art. 30 del Codice di Deontologia Professionale della Federazione degli
Ordini dei Medici, 1998)
Il consenso in medicina
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Il consenso prevede:
•
l’informazione fornita dal medico e non delegabile ad altre figure
professionali
•
il comprendere consapevole da parte del paziente
•
l’accettazione e la restituzione del consenso
•
la possibilità di revoca
Il consenso in medicina
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L’informazione deve pertanto essere:
•
finalizzata: deve comprendere informazioni esaurienti circa le
condizioni di salute del paziente e la loro prevedibile evoluzione con
o senza trattamento adeguato, le caratteristiche del trattamento
proposto, i rischi e l’esistenza di trattamenti alternativi
•
personalizzata: deve essere fornita in funzione del livello culturale e
intellettuale dell’interessato
•
completa ed esauriente
•
comprensibile: il medico deve accertarsi che le informazioni fornite
sono state comprese
Il consenso in medicina
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Il consenso può essere:
•
presunto: quando si configura lo stato di necessità
•
implicito: nel caso in cui il trattamento non comporti particolari
rischi, e sempre dopo una corretta informazione
•
esplicito: quando il trattamento comporta particolari rischi
Il consenso in medicina
•
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“Il medico non deve intraprendere alcuna attività diagnostica e/o
terapeutica senza l’acquisizione del consenso informato del paziente”
•
“Il medico deve attenersi, nel rispetto della dignità, della libertà e
dell’indipendenza professionale, alla volontà di curarsi, liberamente
espressa dalla persona”
(Artt. 32 e 34 del Codice di Deontologia Professionale della Federazione degli Ordini
dei Medici, 1998)
Il consenso in medicina
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Condizioni nelle quali si può prescindere dal consenso del
paziente:
•
“Stato di necessità”(art. 54 C.P.): “non è punibile chi ha
commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di
salvare sé od altri dal pericolo di un danno grave alla persona…”
(non possibilità, bensì imminenza di danno alla persona; non
agire in queste condizioni può configurare il reato di omissione
(art. 593 del C.P.)
•
Condizioni previste dagli artt. 34 e 35 della Legge 833/78 sui
Trattamenti Sanitari Obbligatori.
Legge 180 del 13 maggio 1978
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“Norme per gli accertamenti e i trattamenti
sanitari volontari e obbligatori” (Legge
Basaglia)
Successivamente inglobata nella legge 833
del 23/12/1978 “Istituzione del Servizio
Sanitario Nazionale”
“Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e
obbligatori” - legge 180 del 13 maggio 1978
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Art. 2: “… la proposta di trattamento sanitario obbligatorio può
prevedere che le cure vengano prestate in condizioni di degenza
ospedaliera SOLO SE:
1.
2.
3.
esistono alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi
terapeutici
gli interventi non vengono accettati dall’infermo
non vi sono le condizioni e le circostanze che consentano di
adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extra-ospedaliere
Il trattamento sanitario obbligatorio
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Condizioni cliniche che possono richiedere un TSO:
•
alterazioni dello stato di coscienza (stati confusionali, stati
oniroidi, stati crepuscolari, sindromi “dissociative”)
•
compromissione della consapevolezza di malattia (sindromi
deliranti o allucinatorie, sindromi maniacali, dipendenza o abuso di
sostanze)
•
disturbi cognitivi (demenza, oligofrenia, patologie organiche
cerebrali)
•
disturbi depressivi (con gravi alterazioni della consapevolezza di
malattia, manifestazioni deliranti, rischio suicidario)
Caratteristiche essenziali del TSO
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•
Evento straordinario
•
Finalizzato alla tutela della salute mentale del paziente (non deve
essere considerata una misura di difesa sociale)
•
Disposto dall’autorità sanitaria
•
Attivato solo dopo aver ricercato, con ogni iniziativa possibile, il
consenso del paziente ad un intervento volontario
•
Proposto e convalidato solo dopo aver effettivamente visitato il
paziente (reato di falso ideologico e sequestro di persona)
Aspetti etici
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•
Il TSO deve essere effettuato nel rispetto “dei diritti civili e politici
garantiti dalla Costituzione”
•
Chiunque ne abbia interesse (paziente, familiari, amici) ha il diritto
di ricorrere al tribunale competente contro il provvedimento di TSO
convalidato dal Giudice Tutelare
•
Nel corso del TSO il paziente ha diritto di comunicare con chi
ritenga opportuno
•
Tutti gli interventi effettuati contro la volontà del paziente devono
essere documentati in un modulo specifico della cartella clinica,
specificandone le modalità di intervento
•
Non è possibile effettuare terapie che non riguardino lo stato
psicopatologico (trasfusioni, alimentazione forzata, ecc.), a meno
che non sia ravvisabile un legame con la condizione psichica
Procedure per il trattamento sanitario obbligatorio
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•
•
•
•
•
•
La proposta può essere effettuata da qualsiasi medico, la convalida
della proposta può essere effettuata solo da uno specialista
psichiatra afferente ad una struttura pubblica
Proposta e convalida devono essere inviate al Sindaco
Ordinanza sindacale deve essere notificata entro 48 ore al Giudice
Tutelare che convalida o meno il provvedimento, dandone
comunicazione al Sindaco
La durata massima di un TSO è di 7 giorni
Nel caso sia necessario prolungare il TSO, il medico responsabile
dell’SPDC nel quale è ricoverato il paziente propone al Sindaco un
prolungamento
La revoca del TSO deve essere comunicata al Sindaco e al Giudice
Tutelare
Modello di proposta di TSO
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