La musica nella terapia psicomotoria

C o l l a na d i ret t a d a
FA B I O C O M U N EL LO
A N U P I
TNPEE
Associazione Nazionale Unitaria Terapisti della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva Italiani
Associazione rappresentativa a livello nazionale per D.M. 14/04/2005 della figura professionale sanitaria del Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva (D.M. n. 56/97)
La collana nasce come luogo di confluenza naturale dei molteplici percorsi che il pensiero e
le pratiche psicomotorie e neuropsicomotorie disegnano in educazione, prevenzione, riabilitazione, terapia e formazione. L’obiettivo è quello di raccogliere e condividere le esperienze e le
riflessioni dei professionisti impegnati in questo settore: presentare prassi ed elaborazioni teoriche, che offrano un panorama attuale d’interventi e che condividano modelli teorici identificabili
nel panorama scientifico attuale.
€ 18,50
WILLE
PNEE
P SICOMOTRICITÀ E DI
NEUROPSICOMOTRICITÀ
D E L L’ E T À E V O L U T I V A
A N U P I
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Associazione Nazionale Unitaria Terapisti della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva Italiani
Associazione rappresentativa a livello nazionale per D.M. 14/04/2005 della figura professionale sanitaria del Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva (D.M. n. 56/97)
Collana diretta da
FA B I O C O M U N EL LO
La musica nella terapia psicomotoria
Il libro presenta un modello di psicomotricità che utilizza la musica come strumento per sintonizzarsi con lo stato emotivo del
bambino, favorendo la liberazione della sua espressività corporea.
Dalla scelta del brano musicale fino all’improvvisazione in prima
persona, l’adulto sostiene e accompagna il bambino creando quel
clima emotivo e relazionale peculiare della pratica psicomotoria e
ne migliora la coordinazione motoria grazie a specifiche proposte
ritmico-musicali.
Il volume si rivolge a tutti i professionisti impegnati nel mondo educativo e riabilitativo infantile e ai genitori che intendano sperimentare una tale modalità di relazione con il loro bambino per valorizzare
il suo piacere di sentirsi, viversi, essere. Esplicitando i principi e
gli obiettivi teorici e metodologici della psicomotricità, il testo presenta una concreta programmazione didattica composta da organizzazione di spazi, tempi, materiali e disponibilità dell’adulto che
costituiscono la specificità tecnica e professionale del setting psicomotorio. Questa programmazione può così diventare un valido
strumento pedagogico per rispondere alle esigenze espressive del
bambino oltre che un’efficace risposta preventiva nei confronti del
disagio infantile.
ANNE-MARIE WILLE
La musica
nella terapia psicomotoria
ESPERIENZE
E PROPOSTE DI INTERVENTO
C o l l a na d i ret t a d a
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le pratiche psicomotorie e neuropsicomotorie disegnano in educazione, prevenzione, riabilitazione, terapia e formazione. L’obiettivo è quello di raccogliere e condividere le esperienze e le
riflessioni dei professionisti impegnati in questo settore: presentare prassi ed elaborazioni teoriche, che offrano un panorama attuale d’interventi e che condividano modelli teorici identificabili
nel panorama scientifico attuale.
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La musica nella terapia psicomotoria
Il libro presenta un modello di psicomotricità che utilizza la musica come strumento per sintonizzarsi con lo stato emotivo del
bambino, favorendo la liberazione della sua espressività corporea.
Dalla scelta del brano musicale fino all’improvvisazione in prima
persona, l’adulto sostiene e accompagna il bambino creando quel
clima emotivo e relazionale peculiare della pratica psicomotoria e
ne migliora la coordinazione motoria grazie a specifiche proposte
ritmico-musicali.
Il volume si rivolge a tutti i professionisti impegnati nel mondo educativo e riabilitativo infantile e ai genitori che intendano sperimentare una tale modalità di relazione con il loro bambino per valorizzare
il suo piacere di sentirsi, viversi, essere. Esplicitando i principi e
gli obiettivi teorici e metodologici della psicomotricità, il testo presenta una concreta programmazione didattica composta da organizzazione di spazi, tempi, materiali e disponibilità dell’adulto che
costituiscono la specificità tecnica e professionale del setting psicomotorio. Questa programmazione può così diventare un valido
strumento pedagogico per rispondere alle esigenze espressive del
bambino oltre che un’efficace risposta preventiva nei confronti del
disagio infantile.
ANNE-MARIE WILLE
La musica
nella terapia psicomotoria
ESPERIENZE
E PROPOSTE DI INTERVENTO
INDICE
9
11
Presentazione di collana
(di Fabio Comunello e Giuseppe Nicolodi)
Introduzione
PRIMA
PARTE
La musica: esperienze e riflessioni
15
CAPITOLO 1
Breve autobiografia musicale
25
CAPITOLO 2
Il metodo Dalcroze
29
CAPITOLO 3
L’ascolto musicale
33
CAPITOLO 4
Conoscersi attraverso la musica
37
CAPITOLO 5
Conoscere la propria voce
SECONDA
PARTE
La terapia psicomotoria: esperienze
e proposte di intervento
45
CAPITOLO 6
Sintesi di un metodo di terapia psicomotoria
53
CAPITOLO 7
Dialogo tra musica e movimento.
Presentazione di casi clinici
65
CAPITOLO 8
Incoraggiare l’espressione sonora.
La scelta degli strumenti
77
CAPITOLO 9
Svegliare la percezione uditiva.
Proposte di esercizi
89
CAPITOLO 10
Facilitare la coordinazione motoria.
Esempi di esercizi psicomotori
113
CAPITOLO 11
La scelta e l’analisi del brano musicale
119
BIBLIOGRAFIA
CAPITOLO 2
Il metodo Dalcroze
Nel 1892 il compositore Émile Jaques-Dalcroze fu nominato professore di
solfeggio e armonia al Conservatorio di Ginevra, dove insegnò per 18 anni. Nel
1908 creò la ritmica — un metodo corporeo-musicale del tutto originale — e
scrisse un trattato di solfeggio che divenne la pietra angolare della sua opera. Alle
prese con giovani allievi musicisti, Dalcroze si chiese se esistesse un metodo che
potesse sviluppare la sensibilità verso l’ascolto musicale, che acuisse il senso melodico, tonale e armonico tramite specifici esercizi. All’epoca non esisteva niente
del genere. C’erano invece numerose pubblicazioni con compiti di lettura a prima
vista, mentre non si trovava nessuna proposta che sviluppasse l’orecchio musicale.
Infatti, come Dalcroze osservava, non ci si preoccupava di educare la sensibilità
uditiva, che dovrebbe essere la principale qualità del musicista. La tecnica digitale
per lo studio dello strumento era in primo piano rispetto all’educazione uditiva,
l’insegnamento era solo teorico e non prevedeva un’educazione all’ascolto. L’obiettivo
della ritmica dalcroziana fu proprio quello di sensibilizzare il futuro musicista in
proposito, al fine di migliorare la qualità dell’interpretazione strumentale.
Il metodo di Dalcroze vede impegnato il movimento corporeo come punto
di riferimento per l’esecuzione musicale. Il corpo, infatti, gioca un ruolo di intermediario tra i suoni e il pensiero, e diventa «lo strumento dei nostri sentimenti»
(Dutoit-Carlier, 1965). Lo spazio, il tempo, l’energia formano l’impero del rythmicien.
Ecco, secondo Dalcroze, le «regole d’oro» che ogni rythmicien dovrebbe conoscere e saper applicare (Dutoit-Carlier, 1965):
– stabilire una comunicazione rapida tra il cervello che progetta e analizza e il
corpo che esegue;
25
La musica nella terapia psicomotoria
– creare numerosi automatismi e assicurare l’integrità delle funzioni muscolari;
– favorire l’espressione dei ritmi naturali; imparare a conoscersi, a controllarsi,
a prendere coscienza della propria personalità;
– rinforzare le capacità di concentrazione; abituare il corpo a mantenersi, per
così dire, «sotto pressione», aspettando i comandi del cervello;
– ottenere il massimo effetto con il minimo sforzo; sviluppare le abitudini motorie più numerose e creare nuovi riflessi; tranquillizzare lo spirito, rinforzare
la volontà e instaurare ordine e chiarezza nell’organismo;
– canalizzare l’energia vitale dell’essere umano.
Queste «regole d’oro» erano concetti innovatori per l’epoca, specie nell’ambito
musicale, ma lo sono ancora. Il metodo di Dalcroze si rivolge a tutti gli aspetti
della musica (melodia, armonia, ritmo), ma è soprattutto il ritmo a essere al centro
dell’attenzione. L’autore sottolineava che il ritmo musicale e quello corporeo non
sono la stessa cosa:
Se si vuol tradurre il ritmo musicale in movimento occorre mobilitare un
raffinato controllo motorio […] non si tratta solamente di abituare gli arti a
muoversi in modo differenziato ed elastico, ma anche di saper variare la durata
dei gesti, far sì che ogni muscolo sia in grado di contrarsi e decontrarsi a diverse
velocità, opporre una contrazione lenta a una contrazione rapida. Bisogna
anche sapere modulare i livelli di regolazione tonica, ad esempio eseguire
dei crescendo con il movimento di un braccio, aumentando gradualmente la
contrazione muscolare, quindi (o anche contemporaneamente) eseguire un
descrescendo con l’altro braccio rilasciando poco a poco la tensione, effettuare
con la minima resistenza dei crescendo di innervazione, quindi cambiare il
crescendo di innervazione di un arto con il decrescendo di un altro arto.
(Dutoit-Carlier, 1965)
Tradotte in un linguaggio psicomotorio queste indicazioni coinvolgono i
meccanismi neuromotori della regolazione tonica: l’individuo deve saper controllare in modo cosciente la sua sensibilità propriocettiva, che è l’insieme delle
sensazioni muscolari e articolari. Esse sono alla base del senso di sé corporeo e del
senso di sé tout court.
Ancora Dalcroze: «Occorre mettere tutti gli arti in condizione di eseguire
movimenti opposti e di essere in grado di interromperli e di riprenderli senza
sforzo, grazie all’educazione dei centri dell’inibizione» (Dutoit-Carlier, 1965). In
altre parole si tratta di attivare le diverse forme di movimenti dissociati, così come
vengono definiti nella metodologia psicomotoria presentata in questo lavoro (si
veda il capitolo 6, Sintesi di un metodo di terapia psicomotoria, nella seconda parte
del testo).
26
CAPITOLO 6
Sintesi di un metodo
di terapia psicomotoria
In questo capitolo presento in modo sintetico un metodo psicomotorio che
ho elaborato in questi anni di pratica della terapia e della formazione psicomotoria,
al quale ho integrato progressivamente apporti musicali e che ho presentato più
approfonditamente nel testo Manuale di terapia psicomotoria in età evolutiva (Wille
e Ambrosini, 2008). Il metodo si riferisce in parte a quello di Suzanne Naville
insegnato alla scuola di Ginevra e agli apporti della ritmica di Dalcroze. In esso
si ritrovano molti aspetti in comune con altri metodi ben conosciuti.1
Le due facce della medaglia del metodo sono: la conduzione della seduta
psicomotoria e le aree funzionali.
La conduzione della seduta psicomotoria
La conduzione riguarda la scelta delle modalità di comunicazione che si
utilizzano tenendo presenti le caratteristiche neuropsichiche dei soggetti. Inoltre,
la conduzione comprende anche la scelta della progressione con cui vengono proposti i contesti, le attività e gli esercizi, sia all’interno della singola seduta sia nel
corso dell’intervento stesso.
Ci sono fondamentalmente tre modalità di conduzione: una conduzione
indiretta basata prevalentemente sul linguaggio non verbale (tra cui la musica), una
conduzione facilitante in cui dominano l’accompagnamento e il sostegno corporeo
del soggetto, e una conduzione diretta che segue modalità più psicopedagogiche
— come l’imitazione di modelli, i comandi verbali e il problem solving.
Ad esempio il metodo di Giselle Soubiran, quello di Jean Le Boulch e quello di Huguette Bucher.
1
45
La musica nella terapia psicomotoria
Non è possibile associare in modo rigido la conduzione della seduta con
l’ambito patologico dei soggetti, così come viene definito nei manuali scientifici
quali, ad esempio, il DSM-5® (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali;
APA, 2013) o l’ICD-10 (Classificazione statistica internazionale delle malattie e dei
problemi sanitari correlati; OMS, 2001). Per contro, essa verrà determinata dalla
tipologia adattiva di ciascun soggetto. Che cosa si intende con questo termine? Si
tratta del modo in cui una persona interagisce spontaneamente con un determinato
ambiente fisico (territorio, luoghi, abitazione), sociale e interpersonale.
Nel contesto della terapia psicomotoria ho riscontrato tre tipi di tipologia
adattiva ai quali associare poi una specifica modalità di conduzione della seduta.
Il setting è quello dell’ambiente psicomotorio, che corrisponde al luogo in cui si
svolge l’intervento psicomotorio (ospedale, ambulatorio, centro di riabilitazione,
appartamento, ecc.) e alle caratteristiche strutturali della stanza di psicomotricità
(dimensioni, arredamento, presenza di determinati oggetti). In questo luogo si
trova l’osservatore e conduttore — il terapista — che comunica con il soggetto
principalmente con il linguaggio non verbale, ma anche con la parola.
Di seguito definisco sinteticamente le diverse tipologie adattive.
L’inglobamento
Il comportamento del soggetto tende a far rientrare aspetti del mondo esterno
nelle sue abitudini percettive, mentali, emotive e motorie, in modo tale da non
dover compiere quello sforzo adattivo che deve tenere conto dei limiti del mondo
reale e anche della sua mutabilità. Secondo i casi, il soggetto «inglobante» può
presentare livelli di competenza sia motoria sia cognitiva dai più bassi ai più alti.
È la resistenza nei confronti delle pressioni culturali e pedagogiche e delle regole
ambientali e sociali a caratterizzare questa tipologia adattiva, e non il suo livello di
sviluppo e di abilità raggiunto. Nel caso di bambini sotto i 4 anni, l’inglobamento
è una modalità adattiva fisiologica.
Il tipo di conduzione ad esso più adatto è quello indiretto, in cui si privilegia la comunicazione non verbale corporea (vocalità, suono musicale, gestualità,
prossemica, ecc.) e ambientale (tipologia di arredamento della stanza di terapia
psicomotoria, scenario, scelta degli oggetti, ecc).
La dipendenza da modelli
I soggetti appartenenti a questo gruppo aspettano che gli stimoli provengano
dall’esterno per prendere un’iniziativa. Nel loro comportamento manca spesso la
componente ludica. Hanno una scarsa fiducia in sé e presentano ansia da presta-
46
Sintesi di un metodo di terapia psicomotoria
zione. La mancanza di iniziativa può essere dovuta anche a difficoltà cognitive di
programmazione dell’azione. Tuttavia, di solito sono normodotati o lievemente in
ritardo sul piano intellettivo, mentre presentano problemi tipicamente psicomotori
quali l’inibizione, la maldestrezza e le disprassie, cui possono essere associati alcuni
disturbi di apprendimento (in particolare la disgrafia) e del comportamento.
Il tipo di conduzione più adatta, nelle prime fasi dell’intervento, è quella
diretta, in cui ci sono proposte o indicazioni precise sui comportamenti da tenere. Come già riferito in precedenza, è una conduzione con modalità di tipo
psicopedagogico.
L’inerzia
Questa tipologia si presenta in soggetti che non prendono iniziative proprie
e che non sono in grado di rispondere a proposte e stimoli, tranne che a livello
riflesso e automatico. Contrariamente alle altre due modalità, l’inerzia è sempre
associata a una severa situazione neuropsicopatologica.
Il tipo di conduzione da scegliere è quella facilitante, in cui si usa la guida
corporea per aiutare queste persone a comunicare con l’esterno e ad apprendere
nuove abilità motorie e prassiche al fine di sviluppare il più possibile un’autonomia
nell’ambito delle attività della vita quotidiana.
Le tipologie inglobamento e dipendenza da modelli si incontrano anche nei
soggetti sani: in questo caso sono da considerarsi caratteristiche del temperamento
e non sintomi di uno stato patologico. Esse diventano tali solo a partire da un
certo livello di intensità, tale da creare un vistoso squilibrio nel loro adattamento
all’ambiente: ad esempio, una persistenza della mancanza di iniziativa sul piano
dell’azione (inerzia), oppure un’importante inibizione emotiva (dipendenza da
modelli), oppure un rifiuto marcato o un evitamento categorico nei confronti di
qualsiasi richiesta o variazione del contesto (inglobamento).
Le aree funzionali dell’organizzazione psicomotoria
L’altro aspetto essenziale del metodo da me elaborato, riguarda concretamente
le diverse attività possibili da svolgersi in psicomotricità. Queste vengono raggruppate in un quadro di riferimento: l’organizzazione psicomotoria, che comprende
una serie di competenze e di abilità possedute da ogni individuo relativamente alla
sfera delle azioni corporee. È in essa che le situazioni, le attività e soprattutto gli
esercizi trovano i loro riferimenti pratici. Mi piace rappresentare questa organizzazione come una grande metropoli divisa in aree e quartieri (si veda tabella 6.1).
47
La musica nella terapia psicomotoria
TABELLA 6.1
Sintesi dell’organizzazione psicomotoria (metodo di Anne-Marie Wille)
Aree funzionali dell’organizzazione psicomotoria
Motricità
Spazialità
Temporalità Prattognosie
Coordinazioni Corpo vissuto
cinetiche
Percezione
visiva
Espressione Gnosie digitali Espressività
del tempo
grafica
Coordinazioni
semplici
Parti elementari
Localizzazione
Sincronismo
acustico
motorio
Riconoscimen­
to mano dx
e sx
Scarabocchio
Coordinazioni
complesse
Posture
Riconoscimento Raggruppa­
mento
Ordine spaziale
dita
Dialogo grafico
Coordinazioni Corpo
oculo-motorie percepito
Relazioni spaziali
Irregolarità
Prassie con
oggetti
Controllo moto­
rio del gesto
Coordina­
zione oculomanuale
Parti complete
Rapporti topo­
logici euclidei,
proiettivi
Percezione
del tempo
Abbigliamento
Coordinazione
visuo-motoria
Motricità fine
Orientazione
Inclinazione
Rotazione
Qualità so­
nora
Oggetti quoti­
diani alternativi
Completamento
figure
Dissociazioni
Lateralità
Distanze
Lunghezze
Relazioni
temporali
Oggetti alter­
nativi
Forme precalli­
grafiche
Regolazioni
toniche
Spazio gestuale
Orientamento
Concetto di Gioco simboli­
tempo
co-rappresen­
tativo
Controllo
posturale
Corpo rappresentato
Memoria
Misurazione
del tempo
Prassie senza
oggetti
Rilassamento
guidato
Controllo
segmentario
Lateralizzazione
Visualizzazione
traccia
Simbolismo
del tempo
Imitazione gesti
astratti
Tecniche pitto­
grafiche
Equilibrio di­
namico
Rappresentazio­
ne cinetica
Strutturazione
Dialogo
sonoro
Pantomima
Tecniche
scrittografiche
Accelerazione Tridimensionalità
e frenaggio
Decentramento
Vocale
Riproduzione
modelli
Rilasciamento Simbolismo
volontario
Misurazione
Riproduzione
Strumentale
Integrazione
verbale
48
Schema
corporeo
Grafomotricità
Rieducazione
della scrittura
Dialogo tra musica e movimento
esperienze traumatiche. Allora, Sergio manifestava la sua disperazione o la sua
rabbia perdendo il controllo: iniziava a girare su se stesso per schiantarsi poi a
terra come se venisse abbattuto da una pallottola. Era inutile chiedergli il perché
di tanta disperazione, si doveva invece correre ai ripari e cercare di farlo stare
meglio con i mezzi che si avevano a disposizione. Durante una seduta Sergio
perse completamente la testa. Il motivo fu la caduta improvvisa e casuale del
tetto (un grande materasso) di un abitacolo che aveva costruito con molta cura.
Questo evento, per lui catastrofico, ebbe l’effetto di farlo correre e ringhiare con
odio e di farlo schiantare ripetutamente a terra. Avevo l’impressione che si volesse
uccidere. Come con Vittorio, improvvisai ricalcando ogni suo movimento al fine
di aiutarlo a distanziarsi dalle proprie emozioni, a simbolizzare ciò che provava,
a «estetizzare», per così dire, la tragicità della sua espressione. C’era anche il
rischio di enfatizzarla, ma ciò non accadde. A poco a poco il comportamento
furioso si trasformò in una rappresentazione ludica: lo stato di esasperazione
era scomparso per lasciare il posto a una quasi gioia.
Le soluzioni musicali dell’improvvisazione sono infinite. Ciò che importa
è poter creare una sintonia tra il gesto musicale improvvisativo e l’espressione
corporea del soggetto, che, se tutto va bene, si ispirano a vicenda.
La scelta del brano, la composizione musicale
L’utilizzo della musica registrata può avere gli stessi obiettivi di quello della
musica improvvisata, specie quando, oltre alla sintonizzazione con lo stato d’animo del soggetto, si vuole proporre un senso simbolico ad azioni che sono più
strutturate, quasi un rituale, rispetto a quelle dei soggetti descritti negli esempi
precedenti. È la loro ripetizione ossessiva da una seduta all’altra, senza che ci
sia un’apertura alla comunicazione con il mondo umano, a motivare l’uso della
musica. In questo caso, l’obiettivo è di creare una cornice sonora simbolica che
trasformi quelle azioni in una sorta di racconto, in modo da aiutare il soggetto a
uscire dalla ripetizione e a trovare nuove modalità di espressione. Non si tratta più
d’improvvisare sul momento, ma di utilizzare musiche registrate o di comporre
brani che si ritengono adatti alla situazione. Ecco alcuni esempi.
Casi clinici
La storia di Antonio
Antonio aveva 12 anni. Era affetto da un disturbo autistico e da gravi problemi di comportamento: aggrediva le persone con calci, morsi e lanci di oggetti
mirati verso la loro faccia. Io ero stata risparmiata dopo una prima seduta in cui
59
La musica nella terapia psicomotoria
aveva cercato di ferirmi: ero riuscita a contenerlo con calma e lui aveva deposto le armi. Negli incontri successivi, Antonio non mi aggredì più, ma ripeteva
sempre la stessa scena: si nascondeva sotto un materasso piegato a forma di
tunnel nel quale poi si dondolava a lungo. Quindi, all’improvviso, tirava fuori la
testa, come una tartaruga dal suo guscio. Subito dopo si buttava fuori dal tunnel
mentre emetteva un verso acuto. Poi si metteva a saltare, a correre da tutte le
parti come se volesse prendere il volo. Vista dall’esterno, e se non si fosse stati
a conoscenza del contesto in cui si svolgeva, la scena era bella da vedere, ma
era sempre identica, inarrestabile, e io non ero che una spettatrice impotente.
Desideravo partecipare all’evento, ma non in modo diretto: ciò lo avrebbe irritato.
Non sapevo proprio come fare. Per caso, avevo ascoltato la Pavane de la Belle
au Bois Dormant di Maurice Ravel: un tema melodico molto dolce e misterioso
che si ripete parecchie volte, come una nenia. Durante l’ascolto associai istintivamente la parte melodica al dondolio di Antonio nel suo tunnel. Riprodussi
il tema al pianoforte in modo semplificato. Poi, per il seguito della «scena», improvvisai con un brusco aumento di volume una rapida successione di accordi
che si concludevano con un trillo finale, acuto come lo squittio di un volatile che
si desta bruscamente. Infine, conclusi con un valzer romantico e liquidi arpeggi
che accompagnassero la sua (presunta) voglia di volare. Ripetei più volte questa
improvvisazione, che divenne poi una piccola composizione pronta all’uso. Decisi
di suonarla alla tastiera nella seduta seguente, con il suono virtuale del pianoforte.
La tastiera era già accesa e le stavo accanto. Aspettavo solo il momento in cui
Antonio avrebbe iniziato il suo «racconto».
Lui reagì alla musica con sorpresa e piacere: mentre eseguiva la solita sequenza
sorrideva, e durante le corse mi lanciò un breve sguardo. Lo invitai a ripeterla più
volte. Stava quieto e immobile nella parte melodica, quindi sbucava bruscamente
fuori dal tunnel esattamente al momento del trillo; poi correva in tondo per la
stanza durante il valzer, e osservai che ne seguiva gli accenti e saltava ancora più
in alto durante gli arpeggi. Quando il valzer cessava di colpo, rompendosi sopra
un accordo scuro di settima diminuita come un’onda sulla battigia, Antonio si
rifugiava nel tunnel. La ripetizione delle scene stava perdendo a poco a poco il
suo lato stereotipato, perché oramai era lui a seguire il commento musicale e non
più il contrario. Con prudenza, infatti, apportai piccoli cambiamenti: prolungavo
o accorciavo i tempi del dondolamento o delle corse, modulavo il tema in altre
tonalità fino a introdurre temi estranei a quelli soliti, ad esempio un ritmo binario
di marcia un po’ militare che contenesse la sua turbolenza.
In seguito, integrai delle parole cantate alla melodia: raccontavano di un mare
profondo, nel quale Antonio si cullava, poi di un uccello che viene bruscamente
svegliato dal richiamo di un suo simile e che scappa dal suo nido, sale in cielo e
vi plana prima di rituffarsi nel suo mare blu. A poco a poco, Antonio abbandonò
il solito copione e mi chiese espressamente di suonare e di cantare. «Suona,
canta!», diceva. Stava fermo vicino alla tastiera e cercava di ripetere le melodie
e le parole. Musicandole, il loro significato diventava più pregnante e più comprensibile per lui.
Il dialogo era diventato possibile.
60
Facilitare la coordinazione motoria
Esempio di ritmo complesso con punti di appoggio che segnano la suddivisione
metrica
Punti di appoggio
L’esercizio psicomotorio intende proprio sfruttare il fenomeno del SAM per
migliorare l’esecuzione di diversi movimenti con l’obiettivo che siano eseguiti con
ritmo regolare. Come già detto a inizio capitolo, la regolarità è uno dei parametri
della qualità motoria. Spesso, chi presenta disturbi della coordinazione fatica a
mantenerla nell’esecuzione dei movimenti continui: il fenomeno più frequente è
quello dell’accelerazione.
Il primo passo è quello di aiutare il soggetto a raggiungere una regolarità
interna, a sincronizzarsi con se stesso, per così dire, producendo una propria
pulsazione invariabile: ad esempio, battendo le mani a terra, sopra un tamburo,
percuotendo il suolo con i piedi, ecc.
Di seguito alcuni esempi di attività/esercizi per favorire la sensazione della
regolarità.
Esercizi
Esercizi passivi
Si scelgono brani con aspetti ritmici ben marcati e ad alto volume.
–– Esercizio 1: invitare il soggetto a porre le mani sopra la pelle di un tamburo per captarne
le vibrazioni. È una sensazione molto piacevole perché sembra che le vibrazioni entrino
nel corpo (questo esercizio viene proposto anche a soggetti sordi per attivare un SAM).
–– Esercizio 2: porsi dietro al soggetto e percuotere la sua schiena con le mani in modo
gentile ma deciso, seguendo la pulsazione del brano.
–– Esercizio 3: guidare il SAM tramite un dialogo tonico: aprire e chiudere le braccia del
soggetto, dare piccole spinte sul tronco, estendere e flettere le sue ginocchia, mentre si
canta una canzone che descrive i movimenti che si stanno eseguendo.
Esercizi attivi
Si inizia con un SAM da eseguire preferibilmente con movimenti settoriali che, per i
soggetti con difficoltà di coordinazione, sono più facili da eseguire rispetto a quelli globali
(andature, salti, ecc.).
–– Esercizio 1: body percussion. Battere le mani tra loro o su diverse parti del corpo (guance,
spalle, pancia, glutei, cosce, ecc.) seguendo la pulsazione sonora di un brano ben ritmato.
99
La musica nella terapia psicomotoria
–– Esercizio 2: uso di strumenti.
•
Seguire la pulsazione del brano sostenendola con maracas, tamburi o legnetti,
ecc.
•
Percuotere congas o djembé associando o alternando le due mani, ad esempio:
1. una volta con entrambe le mani, quindi una volta con mano destra, poi una
volta con mano sinistra; 2. due volte con mano destra, due volte con mano
sinistra, quattro volte con entrambe le mani. Le combinazioni sono infinite e
si può ancora variare il modo di percuotere lo strumento: con il palmo, con il
pugno, con un dito alla volta, ecc.
•
Distribuire una battuta alla volta su due, tre, quattro djembé. Il terapista si
sincronizza con la velocità delle battute del soggetto con un altro strumento:
fischietto, triangolo, woodblock, ecc.
–– Esercizio 3: scansione verbale. Ripetere una frase scandendo bene ogni sillaba (ad
esempio: «be-vi l’ac-qua, man-gia il pa-ne, buo-na not-te!»).
Si prosegue con movimenti più globali.
–– Esercizio 4: dondolarsi da un piede all’altro è uno tra i modi più semplici per creare un
ritmo regolare.
–– Esercizio 5: chiedere in seguito di battere contemporaneamente con le mani la velocità
della pulsazione del dondolamento. Il terapista sostiene questa pulsazione improvvisando
con il canto o con uno strumento.
–– Esercizio 6: invitare a camminare regolarmente, per almeno 2 minuti. È importante che il
soggetto possa deambulare per un lasso di tempo sufficientemente lungo e in uno spazio
ampio senza ostacoli: camminare in forma di cerchio è il percorso più adatto. Si chiede
inoltre di porre attenzione sul rumore del piede a terra: per rinforzarlo è utile indossare
delle scarpe con suole di cuoio. Il terapista accompagna (ma non modifica) il ritmo del
soggetto. È lui a effettuare un SAM, traducendo il ritmo motorio del soggetto in un ritmo
musicale, restituendogli il feedback sonoro dei suoi passi. Infatti, piuttosto che imporre
da subito un ritmo esterno diverso da quello del soggetto, è bene sincronizzarsi con il
suo — segnalandogli così l’eventuale irregolarità dei suoi passi — e aiutarlo a prenderne
coscienza. Inoltre, l’improvvisazione può rispecchiare anche le caratteristiche plastiche
del movimento quali la pesantezza, la lunghezza e l’elasticità del passo. L’accompagnamento musicale non deve essere un puro e semplice rispecchiamento dei passi: Bum!
Bum! Bum! No, al colpo sul tamburo in corrispondenza del momento in cui il piede tocca
il suolo! Ogni passo ha una fase arsi (sollevamento del piede) e una fase tesi (appoggio
del piede), e musicalmente occorre rispettare questo andamento e non appiattire il passo
sonorizzando solo la fase tesi. Può essere adatto un ritmo binario composto, come quello
dell’esempio sottostante.
Esempio di ritmo binario composto
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Facilitare la coordinazione motoria
In seguito a questa abitudine alla regolarità si chiederà al soggetto di sincronizzare i suoi
passi a tempo di musica. Se si utilizza musica registrata si sceglieranno brani con ritmi ben
scanditi, come quelli del blues, del rock e del jazz e quelli di molte musiche scritte per le
danze popolari.
Quando sarà possibile si chiederà in seguito di:
–– concatenare diversi movimenti eseguiti con la stessa velocità: ad esempio 8 passi di
marcia, 8 salti a piedi uniti, 8 lanci e riprese della palla;
–– utilizzare anche delle brevi canzoni che descrivano questo cambiamento.
Alternanza di cammino e corsa (composizione di A.M. Wille)
–– Esercizio 1: eseguire lo stesso movimento con diverse velocità, ad esempio aprire e
chiudere le braccia, alzare e abbassare le spalle.
–– Esercizio 2: concatenare diversi movimenti realizzati con la stessa velocità — palleggiare,
camminare, saltare su un piede.
–– Esercizio 3: concatenare diversi movimenti con diverse velocità — palleggiare velocemente, camminare molto lentamente, saltare su un piede con velocità intermedia, ecc.
Terzo scalino. Controllare l’intensità tonica dei movimenti
Oltre al mantenimento della regolarità, la coordinazione motoria richiede
un controllo sul livello di forza muscolare con cui si eseguono i movimenti: la
regolazione tonica, che è un altro parametro della qualità motoria.
È frequente osservare in chi presenta disturbi motori un uso errato della
forza: di solito viene sprecata oppure ci sono cambiamenti improvvisi di tensioni,
rilasciamento e anche tremori, lievi clonie. Inoltre si riscontra uno stato di tensione che soggiace non solo ai movimenti, ma anche alle posture: ad esempio, il
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