Appunti di Raffaele Vanacore
CLINICA PSICHIATRICA Corso dei Proff. Maj, Catapano, Galderisi, Mucci e Fiorillo Integrazione di appunti, slides e dispensa Lezioni I e II Prof. Catapano: Psicopatologia di ideazione, percezione ed affettività Par I: Introduzione Introduzione alla psichiatria La psichiatria può considerarsi una disciplina medica che studia diagnosi, trattamento, riabilitazione e prevenzione dei disturbi mentali: studia quindi eziopatogenesi, clinica, nosografia, epidemiologia e terapia di questi disturbi mentali. Essa si avvale, oltre che dell’indagine clinico‐terapeutica, di neurochimica, neurobiologia molecolare, psicologia, sociologia ed anche di religione e filosofia. In campo psichiatrico, l’obiettivo del medico generale deve esser quello di individuare un disturbo psichiatrico, avviando il paziente allo specialista e partecipando alla sua gestione. L’importanza della psichiatria può evidenziarsi dall’elevata incidenza di disturbi psichiatrici nella popolazione: • Il 20‐25% della popolazione generale ha sofferto almeno una volta nella vita di un disturbo mentale clinicamente significativo • In Italia, il 13% dei maschi ed il 27% delle femmine soffre di disturbi psichiatrici: o Disturbi affettivi: M 11% vs F 21% o Disturbi d’ansia: M 9% vs F 22% o Psicosi: M 2% vs F 0,9% • Il danno economico provocato dai disturbi psichiatrici è maggiore di quello provocato dal cancro e dalle malattie respiratorie, risultando secondo solo a quello provocato dalle malattie cardiovascolari • Il tasso di mortalità, diretta ed indiretta, è aumentato (fino al 15‐20% di suicidi, il tasso è massimo tra pazienti di 15‐35 anni) • Si hanno un peggioramento della qualità di vita e lavorativa ed un peggioramento di altre malattie organiche Si sono avute, inoltre, delle trasformazioni della psichiatria: • Assistenziale: è iniziata grazie all’istituzionalizzazione dei dipartimenti di salute mentale (legge Basaglia del 1978). Attualmente i dipartimenti di salute mentale possono suddividersi in: o Centri di salute mentale sul territorio o Centri di servizio di diagnosi e cura ospedalieri o Servizi di Day‐Hospital o Strutture residenziali • Clinico‐diagnostica: si basa su classificazione ed identificazione dei disturbi mentali. In particolare ICD‐10 e DMS‐IV (ora è uscito il V) sono attualmente utilizzati per l’inquadramento dei disturbi psichiatrici e per l’impiego di criteri diagnostici • Terapeutica: prende le mosse dall’empirismo e dalle neuroscienze, considerando la psicofarmacologia superiore alla psicoterapia In summa, la psichiatria verte attualmente su di un modello teorico‐eziologico biopsicosociale, che fonde le ipotesi biologiche, psicologiche e sociologiche: vi sarebbe una più o meno marcata vulnerabilità individuale, su cui agirebbero fattori psicologici e sociologici, con esito nella malattia mentale. Altre importanti considerazioni riguardano: • Cure o “le pillole” o “le chiacchiere” o L’integrazione: più spesso, i diversi quadri clinici rispondono meglio ad interventi combinati 1 Scaricato da www.sunhope.it
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Pregiudizi o Le malattie mentali sono incurabili: invece, oggi i farmaci raggiungono un’efficacia anche del 65‐70% o Le malattie sono una conseguenza di una “debolezza” del carattere o La cura dura tutta la vita o Gli psicofarmaci determinano dipendenza Introduzione alla psicopatologia La psicopatologia si occupa della descrizione e dello studio del funzionamento anomalo delle attività psichiche, in particolare di percezione, pensiero, affettività, coscienza, attenzione, memoria, linguaggio. Comunque, la suddivisione della psiche in diverse funzioni si giustifica solo per esigenze di analisi didattica ed espositiva: è infatti arbitrario disarticolare la globalità dello psichico in funzioni indipendenti, dal momento che nessuna funzione esiste di per sé, senza essere collegata alle altre. La psicopatologia si distingue in: • Psicopatologia fenomenologica: descrive in maniera oggettiva gli stati mentali patologici, così da evitare, per quanto possibile, teorie preconcette. Seconda Jaspers, la fenomenologia è il lavoro preliminare di rappresentazione, definizione e classificazione dei fenomeni psichici come attività indipendenti • Psicopatologia psicodinamica: descrive le esperienze mentali del pensiero e del comportamento, cercando di trovare una spiegazione nei processi mentali inconsci (è insomma la psicoanalisi) • Psicopatologia sperimentale: studia le relazioni tra i fenomeni mentali patologici, inducendo modificazioni in uno di essi ed osservando i cambiamenti che si verificano negli altri La psicopatologia può, inoltre, essere: • Descrittiva: si pone il fine di descrivere i fatti psicopatologici così come appaiono senza oltrepassare il livello fenomenico • Strutturale: si propone di andar oltre la superficie dei sintomi per ricercare ciò che fonda ed organizza la patologia psichica, cioè le strutture Il campo di indagine della psicopatologia è costituito da 3 aree principali: • Singoli sintomi psichici: I sintomi psichici sono anomalie psichiche e comportamentali che recano sofferenza al soggetto od anche a persone vicine. I sintomi ed i segni psichici possono essere: comportamentali, emotivi, cognitivi e/o somatici. È, comunque, più opportuno suddividerli in: o Soggettivi (riferiti dal paziente): come in caso di ansia, depressione e delirio o Oggettivi (riferiti dal clinico): sono i segni, come agitazione psicomotoria e comportamenti bizzarri o Somatici: come tachicardia, disturbi respiratori e gastrointestinali • Malattie psichiche: una sindrome è costituita da un insieme di sintomi psichici. Tra sintomi costituenti la sindrome e la diagnosi corrispondente si stabilisce una relazione politetica: la diagnosi viene stabilita dalla presenza di un certo numero di sintomi costituenti la sindrome, senza che nessuno di essi sia essenziale. • Nosografia delle malattie psichiche, ovvero la loro classificazione: individua criteri efficaci per differenziare e classificare le differenti patologie Comunque, la fonte primaria della conoscenza psicopatologica è l’esperienza clinica, che si consegue attraverso il rapporto col paziente. Tuttavia, l’esperienza clinica necessita di conoscere teorie e tecniche che consentano di dar forma e significato a ciò che si osserva. In psicoanalisi, il sintomo ha un significato in quanto è il risultato di un’attività psichica inconscia e finalistica; nella psicopatologia fenomenologica, invece, il significato del sintomo risiede nella sua conformità ad una forma di vita diversa e, tuttavia, dotata di logica e coerenza; nella teoria sistemica, infine, il sintomo è un messaggio nell’ambito di un gruppo familiare affetto da patologia della comunicazione. I dati circa lo stato psichico del paziente sono rilevabili da: • Semplice osservazione: aspetto, espressione, atteggiamento, comportamento ed attività psicomotoria 2 Scaricato da www.sunhope.it
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Colloquio: eloquio, percezione, affettività, ideazione, attenzione, memoria, intelligenza, volontà. Valutazione empatica dell’esperienza soggettiva: l’empatia, infatti, può definirsi come la capacità di immedesimarsi nella condizione di un’altra persona e di sentire se stesso nella situazione del paziente. Vi sono, inoltre, due punti di vista principali circa la natura dei fenomeni patologici: • Continuità: vede i fenomeni patologici come variazioni quantitative del funzionamento mentale (es.paura >ansia) • Discontinuità: questo punto di vista si basa sul presupposto che alcuni sintomi siano troppo bizzarri perché si posso rintracciare un equivalente nel comportamento normale. Quindi, sarebbero variazioni qualitative del funzionamento mentale, completamente estranee all’esperienza normale Par II: Disturbi del pensiero Generalità sul pensiero Il pensiero è quell’attività operativa della psiche che, attraverso processi di astrazione, associazione, correlazione, integrazione e simbolizzazione dei dati informativi, consente di relazionarsi con la realtà, derivare concetti dalla realtà e produrre giudizi sulla realtà. Il pensiero, inoltre, si comunica col linguaggio. L’intelligenza e la memoria costituiscono attività di fondo indispensabili al processo del pensiero. • Il processo di ideazione, alla base del pensiero e che, relazionando tra loro le singole idee, conferisce un determinato ordine formale al corso del pensiero, si avvale di: o Processo di astrazione: gli elementi comuni a diverse rappresentazioni vengono isolati, liberati dai caratteri specifici delle singole rappresentazioni, ed acquisiscono il valore e l’autonomia di concetti o Processo di associazione: una rappresentazione, un ricordo o un’idea richiamano altre rappresentazioni o idee che hanno elementi in comune con quella. Quindi, il pensiero opera mediante idee, che rappresentano astrazioni intellettuali non riconducibili a stimoli attuali, né ad alcun oggetto concreto. La formulazione di idee complesse avviene attraverso processi di astrazione e di sintesi o Processo di ragionamento: è un attività che collega le idee secondo determinate strutture logiche. Opera mediante: ƒ Deduzione: da un‘idea generale si giunge ad un’idea particolare, alla prima collegata da un vincolo di necessità ƒ Induzione: da un’idea particolare si trae un’idea generale o Processo di critica: consente di discernere il vero dal falso, il reale dall’irreale • Immaginazione e fantasia: rappresentano modalità particolari di pensiero, nelle quali non vengono rispettate le comuni sequenze logiche: o Immaginazione: attività indipendente dai modelli logici convenzionali, tesa alla risoluzione creativa di problemi specifici o Fantasia: libera ed finalistica attività di pensiero disancorata dalla realtà e dal pensiero cosciente I disturbi del pensiero, infine, possono essere: • Del contenuto • Della forma Disturbi del contenuto del pensiero Normalmente, il contenuto del pensiero, ovvero il complesso e variabile flusso di pensieri coscienti, include convinzioni, preoccupazioni, desideri e fantasie che si presentano con un grado variabile di chiarezza, differenziazione e forma. Il pensiero normale, comunque, è spesso illogico e fondato su numerose credenze e pregiudizi. Infatti, il sistema di credenze, imposto da etica, morale, religione, politica, legge e superstizione, influenza le aspettative dell’individuo e le sue modalità di elaborazione dell’informazione proveniente dal mondo esterno ed 3 Scaricato da www.sunhope.it
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interno: alcune credenze sono transitorie ed evanescenti, altre stabili, pervasive e tenaci; alcune sono peculiari di uno specifico individuo, altre più o meno diffuse a gruppi di popolazioni. Il contenuto del pensiero, inoltre, può essere: • Egosintonico: è coerente con il senso di sé dell’individuo • Egodistonico: è in contrasto con aspetti essenziali del suo sistema di valori I disturbi del contenuto del pensiero, tutti caratterizzati da aspetti sintomatologici fondamentali ma aspecifici, sono: • Idee prevalenti: costituiscono una modalità di pensiero caratterizzata da idee o gruppi di idee formatesi in dipendenza da stati affettivi particolari e molto intensi o Assumono un carattere di importanza e di priorità rispetto agli altri contenuti mentali, tanto da dominarli in maniera temporanea o permanente e da permeare l’intera vita psichica o L’idea diviene così dominante che tutte le altre idee diventano secondarie: tutta l’intera vita viene a svolgersi intorno a quest’idea o Le idee sono accompagnate solitamente da una forte componente emozionale o Le idee si elaborano su eventi possibili o reali, sono comprensibili nella loro motivazione affettiva ed accessibili alla critica o L’idea non è necessariamente irragionevole o falsa o Diversamente dalle ossessioni, non sono vissute mai come ego distoniche, quindi sono egosintoniche o Esempi: ƒ convinzioni etiche, politiche o religiose sostenute con fanatica intensità ƒ i primi stadi di deliri lucidi, quali quelli di gelosia, erotomane, ipocondriaco, inventivo ƒ Dismorfofobia: di solito si ferma proprio in questo stadio, senza sfociare nel delirio ƒ Personalità paranoide ƒ Idee di autosvalutazione, inadeguatezza, indegnità o colpa in corso di depressione ƒ Difficoltà di differenziazione rispetto ad idee deliranti ed idee ossessive • Idee interpretative: sono caratterizzate da una condizione in cui il soggetto utilizza elementi della realtà attraverso associazioni che avvengono secondo elementi deduttivi, ma privi di logicità. Spesso compaiono in soggetti insicuri, che attribuiscono particolari significati a situazioni pressocchè normali • Idee ossessive: o Insorgono con un senso di obbligatorietà, vincolo, pressione o Sono ricorrenti e persistenti, con un forte grado di ripetitività o Non sono eliminabili con la volontà ed il ragionamento o Sono riconosciute dall’individuo come proprie, ma considerate inaccettabili e rifiutate perché vissute come estranee all’Io (egodistoniche), che ne viene ostacolato nella sua libera espressione o Determinano sentimenti di fastidio, ansia o disagio marcato o Il soggetto tenta di ignorare o di sopprimere questi pensieri od impulsi, o di neutralizzarli con altri pensieri o azioni (rituali o comportamenti compulsivi: il soggetto mette in atto comportamenti ripetitivi apparentemente privi d significato) o Esempi di ossessioni “normali” ƒ Impellente necessità di aver chiuso a chiave l’auto parcheggiata pochi minuti prima ƒ Esigenza di controllare di non aver lasciato il gas o altri elettrodomestici accesi in cucina ƒ Timore di poter contrarre una malattia utilizzando un bagno pubblico od utilizzando delle banconote ƒ Impulso improvviso a rubare o danneggiare qualcosa ƒ Paura di poter far male ad una persona cara ƒ Immagini ossessive: ad esempio sessuali o pornografiche in individui sessuofobici o Caratteri fondamentali delle ossessioni: le ossessioni possono essere considerate contenuti di coscienza caratterizzati da: ƒ Iteratività: persistenza e ricorrenza 4 Scaricato da www.sunhope.it
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ƒ Intrusività ƒ Incoercibilità ƒ Resistenza ƒ Coscienza di malattia o Varietà di fenomeni ossessivi ƒ Pensieri ossessivi (vedi sopra) ƒ Immagini ossessive (vedi sopra) ƒ Impulsi ossessivi: uccidere un bambino, specie il proprio; dire frasi sacrileghe durante una funzione religiosa Differenze idee ossessive (O) e prevalenti (P): o Rapporto con la personalità ƒ O: vissuta come estranea alla personalità ƒ P: vissuta come parte integrante della personalità o Rapporti con l’affettività ƒ O: no ƒ P: sì: è sostenuta da un fondo affettivo o Accettazione da parte del paziente ƒ O: no ƒ P: sì anche se spiacevole o Critica ƒ O: criticata come assurda ƒ P: criticabile, ma non ritenuta assurda o Rapporto con la personalità ƒ O: limita l’espressione della personalità ƒ P: talora connessa ad attività creative Idee egomaniche: vi è un patologico interesse per sé stessi Idee monomaniche: sono caratterizzate da un interesse eccessivo per un solo oggetto Idee deliranti (delirio): il delirio è una convinzione falsa, basata su di un’inferenza non corretta riguardante la realtà esterna, fermamente sostenuta nonostante quel che quasi tutti gli altri credono e senza tener conto di ciò che costituisce un’incontrovertibile e chiara evidenza del contrario o Continuum di credenze: ƒ Convinzioni salde, relativamente plausibili ƒ Credenze personali, irrealistiche, che l’individuo talora è disposto a considerare non plausibili ƒ Deliri: convinzioni personali, immodificabili, spesso bizzarre ed idiosincrasiche, che rimangono tali a dispetto di ogni evidenza o Caratteristiche dei deliri: sono idee che: ƒ Non corrispondono alla realtà: assurdità o impossibilità del contenuto ƒ Sono sostenute con ferma convinzione: certezza soggettiva ƒ Sono incorreggibili, cioè resistono ad ogni tentativo di critica: incorreggibilità ƒ Non sono condivise dalla cultura o dalla subcultura cui il soggetto appartiene (ad esempio, il malocchio, sebbene assurdo, certo soggettivamente ed incorreggibile, per la sua fortissima condivisione culturale, non è ovviamente un delirio) o Fattori caratterizzanti il delirio: ƒ Estensione: cioè il coinvolgimento più o meno ampio di diverse aree del pensiero (pervasività), fino all’interessamento totale nella vita del soggetto ƒ Grado di sistematizzazione: • deliri sistematizzati o strutturati: è presente una stabilità ed una coerenza interna del contenuto del delirio. Le idee deliranti sono articolate nei loro nessi logici. Sono tipici di schizofrenia paranoide e paranoia 5 Scaricato da www.sunhope.it
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deliri non strutturati o frammentari: i contenuti sono mutevoli col tempo, non coerenti e scarsamente articolati. Sono tipici della schizofrenia ebefrenica e del delirium ƒ Livello di coinvolgimento emotivo: il delirio può essere congruo od incongruo all’umore, ad esempio: • Congruo allo stato depressivo: colpa, rovina, punizione etc. • Congruo allo stato maniacale: grandezza, poteri speciali, etc. ƒ Grado di bizzarria: il DSM‐IV intende per “bizzarria” ogni delirio che riguardi un fenomeno che l’ambiente culturale della persone considererebbe totalmente non plausibile ƒ Coinvolgimento della coscienza: • deliri lucidi: sono associati a stato di coscienza vigile ed organizzati, solitamente, in idee con vario grado di complessità e sistematizzazione. Sono tipici di schizofrenia e paranoia • deliri confusi: si verificano in condizione di compromissione dello stato di coscienza e sono solitamente frammentati, sconnessi e mutevoli ƒ Contesto del delirio: • I: psicosi e paranoia • II: depressione, mania e disturbi maniacali ƒ Influenza sul comportamento: rischio di passaggio all’atto ƒ Tenacia della convinzione ƒ Grado di consapevolezza e di resistenza Classificazione dei deliri ƒ Primari: sono: • Non derivabili: vi è un’assenza di nessi di comprensibilità psicologica con la storia del soggetto, non si comprende il percorso che ha condotto alla sua formulazione, né perché ad un certo punto quel soggetto abbia compiuto un salto nel delirio. • Psicologicamente indeducibili ed incomprensibili (falsità del contenuto) • Soggettivamente certi • Incorreggibili • Tipici della schizofrenia ƒ Secondari o deliroidi: sono deliri comprensibili e derivabili da: • Stato affettivo del soggetto: l’umore patologico, come in caso di depressione o di mania, può alterare il giudizio di realtà e produrre idee prevalenti ed, infine, deliroidi (“deliri olotimici”) • Disturbi psicosensoriali: il paziente cerca di spiegarsi la natura delle proprie allucinazioni (“deliri di spiegazione”) • Carattere del soggetto: delirio sensitivo di rapporto: persone timide, condizionate da un senso di inferiorità, inclini a dare risalto ad atteggiamenti negativi degli altri nei loro confronti, ad un certo punto, classicamente dopo episodi di ingiustizia o di sberleffo, cadono preda di vissuti di riferimento e persecutori • Condizione attuale del soggetto: il delirio risulta dovuto ad avvenimenti traumatici o a particolari situazioni ambientali, come: o Forti spaventi o Psicosi isterica: ne risultano avvenimenti elaborati con vissuti deliranti, in armonia con i propri desideri, con caratteristiche istrioniche e, spesso, restringimento crepuscolare della coscienza o Situazione di isolamento forzato: carcerati, ipoudenti od ipovedenti, immigrati o Deliroide indotto: a causa della convivenza e/o di legami affettivi, il soggetto fa proprio il tema delirante di una persona con un vero e proprio 6 Scaricato da www.sunhope.it
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delirio (follia a due), fino ad un coinvolgimento di massa (tipicamente nelle sette) o
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Formazione del delirio ƒ Irruzione in maniera improvvisa (secondo Schneider tramite) • Intuizione delirante: ad una rappresentazione viene legato un coinvolgimento delirante, senza un motivo esterno • Percezione delirante: un fenomeno in sé reale viene interpretato in modo distorto e delirante (“ad una percezione reale è attribuito un significato abnorme, senza motivo comprensibile, razionale od emozionale”). Costituisce un sintomo di primo rango della schizofrenia ƒ Stato d’animo od atmosfera delirante: il delirio può scaturire da un intenso ed indecifrabile stato d’animo con carattere di turbamento, attesa, minaccia incombente, perplessità, senso di trasformazione del mondo, che costituisce una sorta di campo preparatorio al delirio. Il delirio potrebbe, in questi casi, esser interpretato come l’esito di uno sforzo di dare un senso ad un’atmosfera percettiva nuova ed enigmatica: da un fase di grande incertezza si passerebbe alla certezza assoluta del delirio vero e proprio Principali tematiche deliranti ƒ Minaccia di pericolo alla propria integrità • Persecuzione: convinzione di essere oggetto di molestie, attacchi o cospirazione da parte di figura più o meno definite, isolate od appartenenti ad organizzazioni di varia natura • Veneficio: convinzione di essere avvelenati mediante sostanze tossiche • Influenzamento: convinzione che sensazioni, impulsi, pensieri od azioni, non sono proprie, ma imposte da una forza esterna o attraverso mezzi esterni, misteriosi o fisici • Riferimento: convinzione che eventi esterni o comportamenti di altre persone nell’ambiente circostante siano connessi, di solito in termini negativi, con il soggetto o con sue qualità od attributi • Rivendicazione: convinzione di aver subito un’ingiustizia e ricerca conseguente di una riparazione per via legale (delirio querulomane) e tramite comportamenti antisociali ƒ Espansivi • Di grandezza o megalomanico: implica un sentimento esagerato di importanza, potere, conoscenza od identità. Tipici sono l’identificazione con personaggi famosi ed il delirio inventivo • Genealogico: è la convinzione di essere discendente di un personaggio illustre o comunque di altre persone. Spesso è associato al rifiuto dei genitori reali ƒ Depressivi • Ipocondriaci: convinzione di avere una malattia grave ed inguaribile, con forte rischio suicidario • Di colpa: convinzione di aver commesso colpe, omissioni od azioni riprovevoli, per le quali si è indegni di vivere o che meritano di esser punite. Possibili sono i tentativi di espiazione, come l’autodenuncia per reati non commessi o l’autoevirazione, tipica di pazienti schizofrenici • Di rovina: convinzione che il soggetto o la propria famiglia siano in miseria e che ogni possibilità di progresso economico e sociale sia compromessa (vissuto di fine del mondo o del venerdì santo nelle forme estreme: secondo Freud, rappresenta il ritiro della libido e l’inizio della psicosi) • Di negazione o nichilismo: il paziente nega l’esistenza della realtà corporea (parti del corpo visibili o viscerali) o del mondo esterno, fino alla sindrome di Cottard, 7 Scaricato da www.sunhope.it
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caratterizzata da nichilismo, negazione del mondo e sentimento doloroso di immortalità (infinità secondaria alla negazione del tempo) ƒ
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Sessuali • Erotomanico: convinzione di essere amato o di essere oggetto di interesse sessuale da parte di una persona estranea, spesso importante e/o autoritaria, che si sviluppa in diverse fasi: o Di attesa o Di disillusione o Di rancore con possibili gesti aggressivi • Di gelosia: convinzione irriducibile di un tradimento erotico da parte del partner, caratterizzata da: o Accanimento su dettagli insignificanti o Verifiche e controlli sfiancanti, anche sessuali, sul partner o Possibili gesti aggressivi ƒ Mistici: convinzione di vivere o di essere in contatto o in comunicazione con una divinità ƒ Di errata identificazione • Falso riconoscimento di persone: palignosia: è il convincimento di riconoscere estranei come amici o parenti • Delirio di persone che si spacciano per familiari o sindrome del sosia (sindrome di Capgras, frequente in corso di demenze senili, come nella malattia di Alzheimer: una persona nota o un familiare è stato sostituito da un impostore che è il suo sosia perfetto) • Sindrome di Fragoli: una persona identifica una persona familiare, in genere il presunto persecutore, in persone estranee che rappresentano lo stesso individuo sotto vari camuffamenti • Sindrome dell’intermetamorosi: una persona familiare ed uno sconosciuto condividono analogie fisiche o psichiche • Sindrome dei doppi soggettivi: il soggetto è convinto che un’altra persona si sia trasformata in se stesso ƒ Dismorfofobico: il soggetto è convinto della bruttezza di alcune parti o di tutto il suo corpo ƒ Di trasformazione corporea: soprattutto dei genitali nel giovane psicotico Ipotesi patogenetiche del delirio ƒ Difetto di ragionamento o del giudizio (“reasoning bias” o “enfasi cognitiva” nella definizione del DSM IV) ƒ Verbalizzazione di un’esperienza in termini metaforici ƒ Elaborazione concettuale di un’esperienza abnorme primaria e dell’angoscia da essa generata ƒ Concettualizzazione di un’esperienza metafisica, riguardante la relazione tra sé e mondo Disturbi della forma del pensiero Sono rappresentati da modificazioni della produzione e del fluire delle idee e riguardano quindi il modo in cui il pensiero si struttura e si svolge nel tempo, nelle caratteristiche associative e nelle formulazioni rappresentative. In condizioni normali il pensiero è caratterizzato da un flusso di idee che scorre ordinatamente da una premessa ad una conclusione, passando attraverso concetti intermedi. Le caratteristiche della forma del pensiero sono: quantità e velocità dei contenuti ideativi, coerenza dei nessi associativi ed espressione del linguaggio. Pertanto, i disturbi della forma del pensiero, importanti nelle psicosi, possono così classificarsi: • Disturbi di quantità e velocità (disturbi del flusso del pensiero) o Accelerazione: fuga dalle idee o Rallentamento: blocco del pensiero 8 Scaricato da www.sunhope.it
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o Impoverimento Disturbi della coerenza e dei nessi associativi o Circostanzialità o Tangenzialità o Deragliamento o Disorganizzazione o Illogicità o Perseverazione Anomalie del linguaggio o Assonanze o Neologismi o Ecolalia Quindi, tra i disturbi del flusso del pensiero si ricordano: • Rallentamento ideativo (o “bradipsichismo”): il flusso del pensiero è rallentato e difficoltoso, ma logicamente coerente. L’attività di pensiero appare impigrita, rallentata, quasi spenta. Si può esprimere come “eloquio poco fluente”, con tempo di latenza delle risposte allungato. I concetti sviluppati durante il percorso dalle premesse alle conclusioni sono diminuiti. Può esitare nel blocco del pensiero (o mutacico): il paziente si interrompe a metà di una frase, rimane sbigottito per qualche momento ed afferma poi di non poter ricordare cosa voleva dire Il rallentamento ideativo si ritrova in disturbi quali la depressione maggiore, la schizofrenia, i disturbi organici di natura tossico‐metabolica • Impoverimento: l’ideazione e l’eloquio sono solitamente scarni e ridotti, sia dal punto di vista quantitativo (contenuti) che qualitativi (modalità formali dell’espressione); inoltre, a causa della sua indeterminatezza, il pensiero è scarsamente informativo. Può ritrovarsi in disturbi schizofrenici o dementigeni. Altri possibili quadri sono: o Mutismo: il paziente non risponde alle domande e non proferisce parola o Povertà dell’eloquio: il paziente risponde con monosillabi o con frasi ridotte al minimo o Povertà di contenuto: il paziente risponde con un adeguato numero di parole, ma senza dire praticamente nulla o Alogia: povertà dell’eloquio + povertà di contenuto + blocco del pensiero + aumentata latenza di risposta • Accelerazione ideativa: la velocità associativa è aumentata ed i concetti sviluppati durante il percorso dalla premessa alle conclusioni eccedono quelli normalmente sviluppati. Il flusso delle idee è accelerato e continuo. I consueti nessi associativi sono allentati e/o sostituiti da associazioni per assonanza verbale. Può ritrovarsi, se lieve, nell’euforia e nell’ansia, se grave, in un episodio maniacale od ipomaniacale. Può esprimersi come: o Logorrea: i pazienti parlano continuamente, rapidamente e spesso incompletamente, tanto che risulta difficile interromperlo o Fuga delle idee: i pazienti presentano un’accelerazione ed un accavallamento dei pensieri, che rendono difficile concludere qualsiasi discorso. Il paziente, cioè, perde completamente il controllo delle parole e, per il pensiero accelerato, ha impulso a parlare con associazioni casuali innescati da stimoli esterni per assonanza. È tipica del paziente maniacale Tra i disturbi dei nessi associativi, invece, si riscontrano: • Dissociazione ideativa: i nessi associativi tra le idee sono compromessi (allentati o rotti) con alterazione della continuità logica o finalistica. I pensieri vengono espressi in maniera sconnessa, bizzarra, caotica, tanto che spesso il discorso risulta inadeguato od apparentemente incomprensibile. In pratica, viene persa la capacità sintattica del linguaggio, fenomeno definito “insalata di parole” o schizofasia • Blocco: il flusso dei pensieri si interrompe bruscamente, quasi che i processi associativi si siano arrestati 9 Scaricato da www.sunhope.it
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Deragliamento: vi è il passaggio improvviso da un tema di pensiero ad un altro, in funzione dell’emergenza di un contenuto ideico non pertinente al tema originale. Il percorso associativo devia, infatti, verso concetti non inerenti alle conclusioni e la capacità di perseguire una finalità viene perduta. Altre caratteristiche sono che: o Il soggetto non ha consapevolezza di aver perso il filo o L’assenza di connessione fra i temi del discorso non è rilevabile all’interno della singola frase, ma all’interno delle successive preposizioni o Un’incoerenza della scelta tematica è tipica delle psicosi funzionali lievi Tangenzialità: è una risposta obliqua o non pertinente ad una domanda precisa. Il pensiero fluisce lungo un percorso marginale rispetto a quello percorribile normalmente per giungere a conclusioni attinenti alla finalità della risposta; anche la stessa finalità è raggiunta in maniera marginale. È rilevabile solo nella risposta, non nel discorso libero Illogicità: il pensiero non raggiunge le proprie conclusioni in accordo alla finalità, ma procede attraverso percorsi logici non comprensibili, evocando concetti apparentemente senza alcuna relazione tra loro Circostanzialità: i contenuti di coscienza sono comunicati in modo indiretto, ridondante, ripetitivo e stereotipato. Il paziente indugia su particolari eccessivi, arricchendo il discorso di dettagli superflui ed insignificanti. L’ideazione non appare compromessa, ma solo rallentata. Perseverazione: il soggetto ripete in maniera stereotipata parole o idee, pur avendoli enunciati poco prima. Nel giungere alla conclusione, coerentemente con la finalità, il pensiero ripercorre più volte gli stessi concetti. Vischiosità: è la tendenza a non riuscir a passare da un argomento all’altro e ad insistere ripetitivamente con insignificanti variazioni Verbigerazione: è la ripetizione di specifiche parole e frasi senza senso Condensazione: due o più frammenti di idee si fondono in una nuova idea bizzarra Tra i disturbi del linguaggio si ricordano: • Assonanze: le parole vengono scelte in funzione del loro suono anziché del loro significato. Rientrano in questa categoria anche i giochi di parole ed il parlar in rima • Ecolalia: è la ripetizione di parole o frasi pronunciate da altri, spesso con tono derisorio, ironico o sarcastico. Va distinta dalla perseverazione, che è la ripetizione di idee o parole proprie • Neologismo: è una parola nuova prodotta dal paziente, spesso attraverso la combinazione di sillabe di altre parole o di parole, che assume significato solo per chi la pronuncia • Paralogismo: è l’utilizzo di parole con significato diverso da quello comune • Risposte di traverso: sono risposte date a caso, di getto, assurde e contrastanti con altre risposte date immediatamente prima. Caratteristiche sono la rapidità e l’aumento di frequenza col protrarsi dell’eloquio • Disturbi della referenzialità: sono disturbi della comunicazione, in cui il soggetto si esprime in modo tale da mettere in difficoltà l’ascoltatore, che si trova di solito costretto a chiedere chiarimenti. Sono tipici degli schizofrenici e rappresentati da frasi vaghe e confuse, informazioni mancanti, uso di parole con significato ambiguo o di parole sbagliate, frasi con oscurità strutturale Tra i disturbi intrinseci del pensiero, infine, vanno ricordati: • Concretismo: è la tendenza del soggetto a selezionare una qualità fisica di un concetto o di una cosa, a spese del significato globale • Iperinclusioni: è l’inclusione di aspetti falsi o irrilevanti in un concetto o categoria. Risulta, quindi, in un ampliamento inappropriato dei confini di un concetto o categoria, dovuto alla mancata soppressione di aspetti marginali 10 Scaricato da www.sunhope.it
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Par III: Disturbi della percezione Generalità sulla percezione La percezione è il risultato finale di una complessa attività organizzativa ed integrativa degli stimoli provenienti dal mondo esterno ed interno, attraverso la mediazione degli organi di senso. È quindi un’attività psichica complessa, atta ad integrare le sensazioni attuali elaborate dagli organi di senso con l’esperienza appresa. Gli stimoli, tramite un’attività elaborativa in cui entrano in gioco altre funzioni (memoria, affettività, intelligenza), vengono integrati in termini tali da consentire, in sintesi, la conoscenza della realtà esterna ed interna. Dunque, non è il risultato della semplice sommatoria delle afferenze periferiche, ma il frutto di complessi processi mentali selettivi, anche di filtro, che consentono all’individuo di divenire consapevole dell’ambiente. Risulta, pertanto, un’attività conoscitiva, a carattere in parte recettivo, in parte costruttivo, che consente di cogliere la realtà e di strutturarla sulla base dei dati dell’esperienza. La rappresentazione (R), invece, costituisce la riattivazione di percezioni passate, in assenza degli stimoli che le avevano provocate: è quindi la riproduzione di immagini o sensazioni che si richiamano attraverso la memoria di una percezione del passato. Ha notevoli differenze con la percezione (P): • Spazio o P: esterno o R: interno rappresentativo • Caratteristiche o P: obiettività e concretezza o R: soggettività ed immagine • Definizione o P: contorni precisi, evidenti in ogni dettaglio o R: imprecise ed incomplete, spesso vaghe e fluttuanti • Tempo o P: costanti, spesso mantenute nello spazio percettivo o R: fugaci, debbono essere continuamente rievocate • Volontà o P: non dipendono dalla volontà e non possono, quindi, esser ricreate e modificate a piacere o R: dipendono dalla volontà e possono venir ricreate e modificate a piacere • Vissuto o P: senso di passività o R: senso di attività I disturbi della percezione possono esser distinti in: • Distorsione sensoriale: lo stimolo sensoriale è percepito in modo distorto • False percezioni: si produce una percezione che non corrisponde ad uno stimolo esterno Distorsioni sensoriali Possono aversi: • Alterazioni dell’intensità: variano molto in funzione dello stato emotivo e del livello di coscienza o Iperestesie: suoni, colori ed odori percepiti come più intensi ƒ Mania, stati d’ansia, intossicazioni (“hangover”), ipertiroidismo, cefalea o Ipoestesia: colori sbiaditi, rumori ed odori attenuati ƒ Depressione, schizofrenia, sindromi dementigene, precarie condizioni psicofisiche (sonnolenza) • Alterazioni della qualità o Cromatica: xantopsia (cambiamento del colore) ƒ Intossicazioni (LSD, mescalina, cannabinoidi), tumori o lesioni del lobo frontale o Proporzioni e volume 11 Scaricato da www.sunhope.it
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Micropsie: dimensioni più piccole degli oggetti Macropsie: dimensioni più grandi Dismegalopsie: oggetti ingranditi da una sola parte • Fasi iniziali della schizofrenia, epilessia temporale, patologie cerebrali organiche temporo‐parietali Scissione della percezione: è la difficoltà nell’integrare due canali sensoriali concomitanti, finanche con un’impressione soggettiva di conflitto fra i significati veicolati, ad esempio, dalle immagini e dalla voce False percezioni • Illusione: è la percezione di un oggetto esistente percepito in maniera errata; è facilmente e rapidamente correggibile. L’illusione è una percezione e, come tale, stabile e localizzata nello spazio esterno, vissuta con passività e dotata di freschezza sensoriale. Può verificarsi in differenti situazioni normali (particolari stati affettivi, momenti di disattenzione, elaborazione costruttivo‐fantastica) o in condizioni patologiche che comportino un disturbo dell’affettività (depressione, ansia) o alterazioni modeste dello stato di coscienza. L’illusione uditiva, infine, è tipica anche dei deliri di riferimento (sentire “gay” per “ehi” o “morto” per “storto”. Altri tipi particolari di illusioni sono: o Paraeidolia: è un’illusione molto vivda, in cui vi è un’elaborazione percettiva‐costruttiva fantastica di stimoli sensoriali indefiniti (ad esempio una nuvola è percepita come un animale) o Sindrome di Capgras (o illusione del sosia, vedi anche dietro) • Allucinazione: è la percezione in assenza di un oggetto o di uno stimolo adeguato e può quindi considerarsi una rappresentazione percepita dal soggetto. Per i suoi caratteri in comune con il delirio, è anche definita “percezione delirante”. o Caratteristiche formali ƒ Accadono sotto forma di immagini mentali ƒ Sono derivate da forme mentali di informazione (rappresentazione percepita) ƒ Sono apprese scorrettamente come derivanti da fonti di informazione esterna ƒ Di solito hanno luogo in modo intrusivo o Caratteristiche essenziali ƒ Livello di complessità: da semplici suoni a monosillabi, a frasi complete ed articolate. Quindi, le allucinazioni si distinguono in semplici e complesse (un’altra classificazione è quella basata sugli organi di senso coinvolti: allucinazioni uditive, visive, etc.) ƒ Partecipazione emotiva: da sentimenti di intenso spavento, sorpresa od angoscia, a vaghi turbamenti o alla sostanziale indifferenza. La partecipazione emotiva tende a diminuire col tempo ƒ Influenza sul comportamento: da voci imperative che comandano e spingono all’azione, a voci che indirettamente condizionano abitudini e comportamenti per la loro invasività ƒ Grado di consapevolezza: dall’assoluta convinzione dei fenomeni oggettivi, alla convinzione di fenomeni reali ma soggettivi, al dubbio critico sulla loro realtà ƒ Atteggiamento nei confronti delle allucinazioni: è variabile (paura, angoscia, curiosità, indifferenza) e più coinvolgente all’esordio, con possibilità di passaggio all’atto (gesti auto‐ od etero‐aggressivi in seguito a voci imperative, aggressione di persone alle quali vengono attribuite le voci. Con l’evolversi del quadro, divengono più accettate dal paziente, che impara modalità operative per attenuare l’impatto (ascoltare brani musicali, impegnarsi in compiti manuali). Comunque, solitamente, le esperienze allucinatorie sono: • Dissimulate e tenacemente negate • Ammesse solo dietro esplicita domanda • Desumibili dal comportamento del paziente: atteggiamento di ascolto, parlare da solo, tappi nelle orecchie o Altre caratteristiche 12 Scaricato da www.sunhope.it
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Le voci possono interferire direttamente nel colloquio, ordinando di non parlare con l’interlocutore o minacciandolo se lo fa ƒ Per molti pazienti, le voci non esistono perché le voci che sentono sono reali come le altre e trasmettono informazioni preziose, anche se in modo sconosciuto ƒ Tendono ad essere vissute come egodistoniche più spesso nei disturbi organici, tossici e degli organi di senso, piuttosto che nei disturbi funzionali ƒ Non sono rari i casi in cui le voci hanno esclusivo tono e contenuto piacevole o confortante ed in cui il soggetto tende a soffrire se sono neutralizzate o bloccate Allucinazioni fisiologiche ƒ Sogni ƒ Allucinazioni ipnagoniche: compaiono nella fase di addormentamento ƒ Allucinazioni ipnopompiche: compaiono nella fase di risveglio. Il soggetto spesso ha l’impressione di essere svegliato dall’allucinazione Allucinazioni in stati non psichiatrici ƒ Uditive nell’otite ƒ Visive nel glaucoma ƒ In corso di patologie del SNC: tumori, epilessia ƒ Da uso di sostanze tossiche: LSD (visive), amfetamina (uditive) Allucinazioni come disturbo aspecifico: esse infatti possono ritrovarsi in un’ampia gamma di patologie psichiatriche (in ordine di frequenza decrescente): delirium, distrurbi deliranti acuti, schizofrenia, disturbi affettivi, disturbi non psicotici, distrubi organici, alcolismo cronico, assunzione di sostanze, assunzione di farmaci Tra le allucinazioni più frequenti si ricordano: • Allucinazioni uditive: o Elementari: rumori, cigolii, ronzii, suoni inanimati, musiche (tipiche in donne anziane, sorde o con affezioni cerebrali). Di solito sono accompagnate da scarsa sofferenza psichica, ma talvolta sono indice di casi di psicosi cronica, centrati proprio su allucinazioni elementari o Verbali (o complesse): “voci”: voci bisbigliate o urlate, multiple, note o sconosciute, maschili o femminili. Di rado prodotte da affezioni organiche sono tipiche di: ƒ Schizofrenia: • Voci dialoganti (si riferiscono al paziente in terza persona) • Voci commentanti il comportamento del paziente • Eco del pensiero: voci che ripetono il pensiero del paziente • Voci imperative: comandi che il paziente si sente di attuare ed a cui difficilmente disobbedisce ƒ Depressione: voci che ordinano di uccidersi ƒ Mania: voci che acclamano od esaltano il paziente o Comportamento allucinatorio: il franco parlare/litigare del paziente con le voci stesse ed una serie di gesti, fanno capire che il paziente sta ascoltando una voce • Allucinazioni visive o Elementari: lampi di luce, fosfeni, bagliori, corpi luminosi od opachi, colori o Complesse: scene statiche o dinamiche ƒ Macropsie: figure di dimensioni maggiori rispetto all’oggetto originale ƒ Micropsie: figure di dimensioni ridotte rispetto all’originale (allucinazione lillipuziano, tipica del delirium tremens) ƒ Dismorfiche: figure deformate rispetto all’originale ƒ Zooptiche: visione di animali o insetti ƒ Autoscopiche: il soggetto vede il proprio viso od il proprio corpo al di fuori di sé (il paziente può convincersi di avere un sosia) 13 Scaricato da www.sunhope.it
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Visione di persone conosciute o sovrannaturali: amici, Gesù, Madonna, diavolo, scheletri, santi o Cause: sono più frequenti nelle condizioni organiche che nelle psicosi funzionali (in questo caso seguono spesso un delirio) ƒ Delirium tremens: allucinazioni lillipuziane ƒ Affezioni neurologiche: infettive, tumorali, epilettiche, demenziali, invecchiamento ƒ Epilessia temporale: allucinazioni visive + uditive ƒ Uso di sostanze psicomimetiche: LSD: induce anche disestesie, cioè percezione di uno stimolo sensoriale attraverso altri canali sensoriali (“sento il suono dei colori”) ƒ Sindrome di Charles Bonnet: tipica di anziani con deficit del visus Allucinazioni olfattive: sono rappresentate da odori sgradevoli od inconsueti. Rappresentano spesso un’aura epilettica e caratterizzano non raramente le psicosi funzionali, esitando in convinzioni deliranti Allucinazioni gustative: simili alle precedenti, si accompagnano classicamente a deliri di avvelenamento Allucinazioni tattili o somestetiche: sono tipiche di schizofrenia, elaborazioni deliranti e psicosi depressive o Semplici ƒ Idriche: sentirsi bagnato in alcune parti del corpo ƒ Aptiche: scosse elettriche in alcune parti del corpo ƒ Sensazione di caldo o di freddo ƒ Allucinazioni zooptiche: sensazioni di animali sulla cute ƒ Allucinazioni genitali: sensazioni di eccitamento o di violenza sessuale o Complesse od interocettive: sensazioni di coltelli infissi nel corpo o di movimenti, infiammazione o scoppio di organi interni (viscerali) Altre allucinazioni: o Riflesse: le allucinazioni seguono un percetto normale di altra natura (rumore > voci). Uno stimolo in un dato organo di senso provoca allucinazioni in un altro organo: sono tipiche dell’intossicazione da LSD o Extracampali: sono allucinazioni localizzate al di fuori dello spazio visivo, ad esempio dietro la testa o Funzionali: insorgono solo quando l’organo coinvolto è attivo, ad esempio allucinazioni visive solo con occhi aperti o Dissociative: incontro con persone non reali o Negative: mancata percezione dello stimolo Pseudoallucinazione: è un’allucinazione in cui l’oggetto, anziché localizzato nello spazio esterno, è localizzato nello spazio interno soggettivo. Possono essere considerate intermedie tra le allucinazioni e le rappresentazioni mentali. Condividono, infatti, alcune caratteristiche con le rappresentazioni: localizzazione nello spazio interno, mancanza di corporeità e di freschezza sensoriale, assenza di completezza e di dettagli (le immagini non hanno carattere concreto, ma figurativo). Tuttavia, la rappresentazione è vissuta con un senso di attività (il soggetto si rende conto di crearla), la pseudoallucinazione è invece vissuta con un sentimento di passività e di immodificabilità (il soggetto la vive come non legata alla propria attività mentale). Si differenziano, inoltre, dalle allucinazioni per la coscienza da parte del soggetto che non si tratta di una vera percezione, ma di una percezione “con l’occhio della mente”, ossia interiore. Allucinosi: è una percezione allucinatoria della cui non realtà oggettiva il soggetto sia immediatamente consapevole e che corrisponde a patologie organiche. Quindi, il carattere patologico è riconosciuto ed attivamente criticato dal soggetto (“allucinazione criticata”). Queste percezioni sono tipicamente tenaci e disturbanti, tanto che il soggetto le vive con stupore ed ansia, come se fossero incomprensibili. Tra le cause si ricordano, oltre alle patologie psichiatriche, tumori e traumi chiusi del SNC, angiopatie mal formative del SNC, glaucoma e cause post‐tossiche (alcool, durante il delirium tremens; eroina, cocaina, LSD) Si curano con neurolettici e con l’eventuale sospensione del tossico 14 Scaricato da www.sunhope.it
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Par IV: Disturbi dell’affettività e dell’umore Affettività L’affettività potrebbe definirsi come la capacità o disponibilità individuale di rispondere con modificazioni affettivo‐
emotive a pensieri o ad eventi della realtà esterna ed interna. È quindi la capacità di provare emozioni di significato, durata, intensità e tonalità assai variabili (paura, dolore, simpatia, amore, rabbia). La risposta emozionale differisce nel singolo individuo in relazione allo stimolo causale e, soprattutto, in relazione alla disposizione affettiva di base od umore. È importante valutare le modificazioni mimico‐gestuali, comportamentali, motorie e neurovegetative, correlate all’espressione comportamentale, verbale, psicologica dello specifico vissuto affettivo: in tal senso, l’affettività risulta un pattern di comportamento osservabile, espressione di uno stato emotivo esperito soggettivamente. Le emozioni possono essere considerate stati affettivi intensi e di brave durata, suscitati da stimoli interni od esterni, che prescindono dalla volontà ed a cui conseguono reazioni più o meno intense di adattamento: lo stimolo esterno genera una risposta complessa dell’organismo, che coinvolge diversi livelli, da quello neurofisiologico a quello viscerale, da quello espressivo‐comportamentale a qullo psicologico‐emotivo. I sentimenti, invece, possono esser definiti stati affettivi di più lunga durata e stabilità, che coloriscono la risonanza emotiva personale (verso oggetti, situazioni, persone e/o scopi), motivando o favorendo (spinta all’azione) decisioni o comportamenti corrispondenti (amore, odio, etc.). Tra i disturbi dell’affettività si ricordano: • Ansia: stato emotivo spiacevole, che consiste in un sentimento di penosa aspettativa e di allarme di fronte ad un pericolo reale o potenziale, immediato od imminente, associata a sintomi fisici od iperattività neurovegetativa (tachicardia, tachipnea, tensione muscolare, cefalea etc.) ed ad un comportamento di evitamento. I correlati somatici (preparano alla fuga od all’attacco) sono gli stessi della paura, nella quale hanno un significato finalistico; nell’ansia, inoltre, contribuiscono all’aggravarsi ed al perpetuarsi dello stato ansioso. o Ansia normale: emozione di difesa sperimentata da ogni essere umano in condizioni fisiologiche di fronte a situazioni che rappresentano un pericolo oggettivo, è caratterizzata da: ƒ Comprensibile reattività: reazione adeguata allo stimolo ansiogeno ƒ Transitorietà: la reazione termina alla sospensione dello stimolo ansiogeno ƒ Funzione adattativa: fornisce all’individuo le risposte psicologiche, somatiche e comportamentali funzionali al superamento dell’ostacolo o Ansia patologica ƒ Incomprensibile reattività: intensità e durata della reazione d’ansia inappropriate allo stimolo ƒ Polarizzazione dell’attenzione sulla preoccupazione per se stessi: lo stimolo ansiogeno è percepito come minaccia alla propria integrità ƒ Compromissione della performance del soggetto: anziché ottimizzare le risorse, ne determina un blocco polarizzante • Paura: emozione principale reattiva di fronte ad un pericolo esterno, definito e chiaramente riconoscibile dal soggetto (“ansia da oggetto”). La principale differenza con l’ansia, in aggiunta alla presenza di un oggetto definito, è la temporalità: l’ansia è proiettata nel futuro, la paura, invece, è attuale e riguarda un oggetto (o una situazione) chiaramente percepito. o Analogie con l’ansia ƒ Attesa di pericolo o disagio ƒ Apprensione e tensione ƒ Arousal elevato: aumento dell’intensità di attivazione dell’organismo ƒ Stato emozionale negativo ƒ Orientamento verso il futuro ƒ Presenza di sensazioni corporee 15 Scaricato da www.sunhope.it
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Differenze con l’ansia ƒ Fonte di minaccia • A: non definita • P: specifica ed identificabile ƒ Nesso tra minaccia e paura • A: incerto • P: incomprensibile ƒ Temporalità • A: prolungata e persistente • P: solitamente episodica, diminuisce con l’allontanarsi della minaccia ƒ Quadro • A: disagio pervasivo • P: tensione circoscritta ƒ Termine • A: incerto • P: identificabile ƒ Area della minaccia • A: indefinibile • P: circoscritta ƒ Minaccia • A: nel futuro • P: imminente ƒ Qualità e sensazioni corporee di • A: aumentata vigilanza • P: carattere di emergenza ƒ Comprensibilità • A: sconcertante • P: razionale Fobia: è il correlato psicopatologico della paura, della quale conserva il rapporto con l’oggetto scatenante, che rimane chiaro e conosciuto dal soggetto. o Caratteristiche principali ƒ È una reazione spropositata rispetto ad oggetti o situazioni specifiche che normalmente non provocano tale reazione. Risulta in una reazione di timore, ripugnanza, raccapriccio, disgusto, fino al terrore ƒ Il soggetto è consapevole del carattere assurdo della reazione ƒ Non è controllabile volontariamente né eliminabile con argomenti razionali ƒ Vengono messe in atto condizioni di evitamento e/o di rassicurazione nei confronti dell’oggetto fobico. Il grado di evitamento è variabile: da livelli moderati (il soggetto può, in caso di necessità, affrontare l’oggetto, ma con disagio) a gravi (il soggetto non può affrontare neanche le rappresentazioni grafiche o mentali dell’oggetto) o Quadri ƒ Fobia specifica: il soggetto manifesta paura marcata e persistente, eccessiva od irragionevole, provocata dalla presenza o dall’attesa di un oggetto o situazione specifici; il soggetto riconosce che la paura è eccessiva od irragionevole. L’esposizione allo stimolo fobico provoca nel soggetto una risposta ansiosa, simile ad un attacco di panico. Il soggetto evita lo stimolo o lo sopporta con estremo disagio • Acarofobia: fobia degli insetti • Acrofobia: fobia delle altezze • Ereutofobia: paura di arrossire o
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• Claustrofobia: paura di luoghi chiusi • Patofobia: paura delle malattie • Odinofobia: fobia del dolore • Idrofobia: paura dell’acqua • Sitofobia: paura di alimentarsi • Ginofobia: paura delle donne Fobia sociale: il soggetto manifesta paura marcata e persistente di una o più situazioni sociali o prestazioni, nelle quali il soggetto è esposto al possibile giudizio degli altri (paura di partecipare ad una festa, di parlare con persone di sesso opposto, di parlare in pubblico, di sostenere un esame, di esibirsi in pubblico) Agorafobia: è la fobia di tutte le situazioni o luoghi nelle quali il soggetto pensa sia difficile o impossibile scappare o ricevere aiuto nell’eventualità di una crisi d’ansia. Vi è una forte associazione con gli attacchi di panico Panico o Panico: è una reazione d’ansia di particolare intensità, intollerabile, di fronte ad un pericolo, reale o potenziale, vissuto come catastrofico e quindi terrorizzante. Secondo Henry Ey è “una crisi acuta di angoscia, cui partecipa tutto l’organismo, in cui l’unità psicosomatica è sconvolta, momentaneamente compromessa, in una sorta di lotta anarchica per la conservazione”. Secondo Vella e Siracusano, inoltre, “se nell’ansia la possibilità di fuga è ancora possibile, nel panico essa è preclusa, sopraggiunge la paralisi e si perde il controllo dell’avvenimento”. Può distinguersi in: ƒ Reazione di panico spontanea: inattesa, come nel disturbo di panico ƒ Situazionale: attesa, come in corso di fobie specifiche ƒ Predisposto dalla situazione: una determinata situazione aumenta le probabilità del’insorgenza di un attacco di panico o Attacco di panico: è rappresentato da imponenti manifestazioni critiche, di rapida risoluzione, con improvviso senso di pericolo (paura della perdita di controllo, di gravi malattie fisiche o mentali, di morte imminente), accompagnate da significative manifestazioni somatiche, come dispnea, palpitazioni, perdita di forze, vertigini, cefalea, tensione muscolare, derealizzazione e depersonalizzazione. Sono comunque possibili attacchi di panico paucisintomatici Altri disturbi dell’affettività sono: • Appiattimento affettivo: è una riduzione significativa (affettività coartata) fino alla scomparsa della gamma espressiva e dell’intensità degli affetti, clinicamente manifesta con: immutabilità dell’espressione facciale, diminuzione dei movimenti spontanei, povertà della gestualità espressiva, scarso contatto visivo, perdita delle inflessioni vocali, mancanza di partecipazione affettiva. È uno dei tre sintomi negativi della schizofrenia • Affettività inappropriata: è una condizione in cui il tono emozionale non è in armonia con idee o parole che l’accompagnano • Ambivalenza affettiva: è la presenza o coesistenza di sentimenti di atteggiamento di polarità opposta, antitetici, rivolti verso lo stesso oggetto (odio‐amore, paura‐desiderio). Il soggetto attribuisce, spesso inconsapevolmente, allo stesso soggetto, significato di attrazione e repulsione. È tipica della schizofrenia ed è vissuta con sofferenza dal soggetto, sperimentata come incapacità di prendere una decisione, di assumere posizioni chiare di fronte a richieste esterne • Dissociazione affettiva: tipica della schizofrenia, riguarda lo scollegamento tra l’avvenimento‐stimolo e la risonanza emotivo‐affettiva. E’ il grado estremo dell’incongruenza affettiva, cioè della discordanza tra l’espressione affettiva ed il contenuto dei discorsi o dell’ideazione (es: “ridere a notizie di morte”) • Labilità affettiva: è un’anomala variabilità degli affetti, con notevole instabilità del tono dell’umore, facilmente e rapidamente modificabile da stimoli incongrui o di scarsa importanza • Anedonia: è la diminuzione della capacità di provare piacere per qualsiasi tipo di esperienza vitale. È frequente nelle sindromi depressive (“sentimento della perdita del sentimento”): è uno dei due criteri obbligatori per la diagnosi di depressione maggiore 17 Scaricato da www.sunhope.it
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Atimia: apparente indifferenza affettiva verso sé e verso gli altri Apatia: mancanza di risposte affettive a stimoli esterni ed interni Alessitimia: umore senza parole Umore L’umore può esser definito come la tonalità di fondo dell’affettività, risultante conscia di un insieme di caratteristiche e qualità intrinseche alla costituzione della persona ed alla somma di esperienze, apprendimenti ed abitudini acquisite nella regolazione adattativa del patrimonio pulsionale: l’umore colora l’intera vita psichica del soggetto ed è quindi lo stato emotivo globale ed unitario con cui il mondo viene percepito (atmosfera emotiva pervasiva e durevole). L’umore è quindi un’entità fenomenica complessa, contemporaneamente stabile e dinamica (modificabile dall’ambiente), che facilita od inibisce, in modo congruo od incongruo, ogni possibile vissuto, che comprende una molteplicità eterogenea di fenomeni, i quali originano da parti o livelli diversi dell’apparato psichico, dando loro un significato globale, unitario e specifico. Di conseguenza, recepisce, ed entro certi limiti seleziona, e sempre fonda in modo peculiare, stimoli di diversa provenienza e connotazione (endogeni, psicogeni, esogeni). Inoltre, è condizionato da fattori costituzionali, biologici e biografici (somma di esperienza, apprendimento ed abitudini acquisite), che spesso sfuggono all’osservazione, e non è accessibile all’esperienza, ma influenza le reazioni emotive agli avvenimenti. L’umore può essere: • Normale od eutimico: il soggetto reagisce e risponde in modo equilibrato, flessibile e congruo agli stimoli ambientali • Patologico: è caratterizzato da rigidità ed immodificabilità rispetto ai mutamenti di circostanze, agli stimoli ed ai loro significati. Il soggetto, infatti, non differenzia i significati in rapporto alla variabilità degli stimoli, ma li percepisce sempre rigidamente ed in modo stereotipato, sulla base della patologia dominante, arrivando, infine, ad avere una falsa coscienza della realtà interna ed esterna o Caratteristiche dell’umore patologico: l’umore patologico si distingue da quello fisiologico per ƒ Intensità spesso maggiore ƒ Mancanza di fattori scatenanti o sproporzione tra questi e l’entità del disturbo ƒ Decorso indipendente da avvenimenti esterni ƒ Persistenza nel tempo ƒ Frequente concomitanza di sintomi somato‐vegetativi e cognitivi ƒ Spettro: le alterazioni patologiche dell’umore sono considerate lungo una sola dimensione ai cui estremi vengono inquadrate le manifestazioni psicopatologiche (mania e depressione) o Tipi di umore patologico più frequenti ƒ Afflizione: è la tristezza appropriata nei confronti di una perdita reale ƒ Tristezza vitale: è l’impressione di malessere fisico vitale, di dolore di pena irriducibili, avvertiti in tutto l’organismo ƒ Depressione: flessione del tono affettivo di base, con possibile ipofunzione delle altre facoltà psichiche • Sentimenti prevalenti: tristezza, infelicità, malinconia, dolore, pessimismo, colpa, avvilimento, accompagnati da inibizione e rallentamento di tutta l’attività psichica • Modificazioni comportamentali, mimiche e gestuali, motorie e neurovegetative: rallentamento, tensione muscolare, espressione triste del volto • Fenomeni collegati o Disturbi del sonno: soprattutto insonnia o Perdita dell’appetito e/o calo ponderale o Facile affaticabilità o Sintomi cognitivi: deficit di concentrazione, di attenzione, di apprendimento, di memoria o Alterazione dei contenuti del pensiero fino al delirio: temi di perdita, indegnità, rovina, colpa 18 Scaricato da www.sunhope.it
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o Idee suicidarie Altre caratteristiche o Dolore che non si attenua col passare del tempo, esagerato in rapporto al presunto evento precipitante o inappropriato o non collegato ad alcuna causa evidente o La qualità distintiva dell’umore caratteristica del tipo melanconico viene esperita dagli individui come qualitativamente differente dalla tristezza vissuta durante un lutto od un episodio non melanconico o Molto spesso questi ammalati localizzano la loro tristezza nel corpo, nella fronte, nel petto, nell’epigastrio: essa, infatti, sembra più che altro una prostrazione somatica, che fa sentire la sua influenza sugli affetti e, quindi, non è per nulla sovrapponibile alla pura tristezza spirituale o Importante è, inoltre, l’assenza di prospettive future Mania: è caratterizzata da un’abnorme e stabile elevazione del tono dell’umore in senso esaltato o euforico • Disturbi dell’umore o Euforia e gaiezza immotivata o Ansia, instabilità del quadro affettivo, disforia • Cognitività o Accelerazione ideica (idee fugaci, ma non incalzanti): disinibizione ideo‐
moto‐verbale o Distraibilità, labilità attentiva, allucinazioni o Ideazione espansiva del contenuto: religioso, politico, finanziatio, genealogico o Deliroidi, congrui od incongrui: cangianti, fabulazioni ludico‐fantastiche, millanterie • Disturbi somatici o Iperstenia o Insensibilità a stimoli dolorosi o Appetito variabile, possibile ingestione di alimenti bizzarri, dimagrimento complessivo o Insonnia anche totale o Ipersessualità, comportamenti promiscui • Disturbi della psicomotricità o Eccitamento: iperattività, avventatezza o Agitazione e furore: questi fattori possono portare a gravi conseguenze Umore ipomaniacale: quadro clinico simile, ma presente in misura attenuata e senza marcata compromissione individuale Disforia: stato d’animo in cui non prevale un chiaro orientamento dell’umore, ma vi è una miscela di diversi sentimenti: irrequietezza, insoddisfazione, irritabilità, ansia, malumore, aggressività, euforia. Questi provocano disagio e sofferenza e sono vissuti in rapida ed inestricabile successione Irritabilità: reazione emotivo‐affettiva caratterizzata da scarso controllo dei sentimenti di rabbia, noia, impazienza ed insofferenza, e scatenata da stimoli di secondaria importanza •
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Appunti di Raffaele Vanacore
Lez III e IV Prof. Catapano e Lez I, II e III Prof.ssa Galderisi: Disturbi d’ansia Par I: Generalità Introduzione L’ansia è uno stato di tensione emotiva, a cui spesso si accompagnano sintomi fisici come tremore, sudorazione, palpitazioni etc. Ha il significato di una reazione istintiva di difesa, un allarme proprio dell’istinto di conservazione di fronte ad una situazione di pericolo proveniente dall’interno o dall’esterno dell’individuo, la cui natura non è conosciuta né definibile. L’ansia anticipa il pericolo in assenza di un oggetto chiaramente identificato (è quindi immotivata): si accompagna ad un aumento della vigilanza ed all’instaurarsi di un complesso meccanismo fisiologico di allarme, tale da preparare l’organismo alla difesa ed all’azione. Assume un carattere patologico quando non risulta proporzionata alle vicende esistenziali di un soggetto o quando interferisce con le sue normali attività di vita, con la realizzazione di obiettivi ed il soddisfacimento di desideri o comunque con una ragionevole sensazione di benessere emotivo. Ha due componenti predominanti (vedi anche dopo): • Fisica: le manifestazioni somatiche dell’ansia sono legate solitamente ad iperattività della sezione simpatica del SNA, ne derivano sintomi neurovegetativi, quali palpitazioni e sudorazioni • Psichica: sentimenti di paura e di tensione. Vi è un vissuto emotivo spiacevole (aspettativa di un danno): il contenuto è specifico e relativamente stabile, come nel caso delle fobie, o libero, fluttuante, che può di volta in volta legarsi ad un contenuto diverso, come nel caso del disturbo d’ansia generalizzato. Si ha, comunque, un’influenza sulle funzioni psichiche superiori, quali pensiero, percezione, apprendimento, con conseguenti disturbi della percezione. È bene sottolineare alcuni dati epidemiologici: • Ha la prevalenza più alta di tutti gli altri disturbi psichiatrici • Ha un impatto marcatamente negativo sulla qualità di vita e sul funzionamento psicosociale, anche nelle forme sottosoglia • Ha un elevato comorbidità, sia al proprio interno che con i disturbi affettivi e da abuso di sostanza: la comorbidità con la depressione (47% per il DAP, 94% per la fobia sociale) aumenta la severità e la cronicità del disturbo d’ansia ed il rischio di abuso di sostanze e di suicidio. Il rischio di abuso di sostanze (alcol, cannabis, nicotina) si lega inoltre ad una sorta di tentativo di “autoterapia” • Il rischio d’ansia è, inoltre, 26 volte maggiore nei pazienti bipolari e 5‐10 volte maggiore in quelli depressi • Ha un’elevata tendenza a cronicizzare od a recidivare • Ha un alto rischio di suicidio • Moltissimi soggetti non si rivolgono allo specialista perché l’ansia non presenta disturbi evidenti, ma agisce solitamente in maniera subdola, logorando la qualità di vita e lavorativa dei soggetti Eziopatogenesi • Circuiti neuronali coinvolti: sono vie che portano gli stimoli sensoriali esterni e viscerali dalla periferia al talamo e quelle che da qui si dipartono. Vi sarebbero due vie, una rapida sottocorticale, che dal talamo porta rapidamente all’amigdala, ed una lenta corticale, che comprende la corteccia somato‐sensoriale primaria, l’insula ed il giro del cingolo anetriore‐corteccia prefrontale, e che consente l’acquisizione di significati degli stimoli minacciosi attraverso l’elaborazione della corteccia. L’amigdala, quindi, riceve informazioni relative agli stimoli che inducono paura ed ansia sia in modo non elaborato, che dopo l’elaborazione della corteccia: l’ansia deriverebbe da uno squilibrio nel controllo della via corticale rispetto a quella sottocorticale. • Neurotrasmettitori coinvolti 20 Scaricato da www.sunhope.it
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o GABA: azione ansiolitica delle BDZ o NA: implicata soprattutto nelle reazioni autonomiche e motorie tipiche dello stress o ST: sembra avere un ruolo inibitorio sul rilascio di NA o Cortisolo: asse ipotalamo‐ipofisi‐surrene disregolato: stress Modelli patogenetici o Comportamentali: ritengono le fobie come comportamenti appresi in risposta a stimoli ambientali ƒ Modello del condizionamento classico di Pavlov: la presentazione contemporanea di uno stimolo A che elicita una risposta (paura, disagio) e di uno stimolo B neutro, comporta l’associazione dello stimolo neutro con la stessa risposta (il caso del piccolo Albert). L’associazione tra una situazione od un oggetto ed un’esperienza emozionale spiacevole sarebbe alla base della fobia ƒ Modello del comportamento operante di Skinner: i comportamenti liberamente espressi dall’individuo aumentano o si riducono in ragione delle loro conseguenze. Le conseguenze ambientali dell’azione determinano quali comportamenti saranno appresi e consolidati all’interno del repertorio individuale • Rinforzo positivo: è il processo attraverso cui talune conseguenze del comportamento aumentano la probabilità che quel comportamento si verifichi di nuovo. Ha un effetto piacevole: cibo, sesso, oppiacei, barbiturici, cocaina • Rinforzo negativo: è il processo attraverso cui viene rafforzato il comportamento che consente l’evitamento di un evento spiacevole • Rinforzo come ingrediente fondamentale della maggior parte delle terapie o Modello evoluzionista: alcune fobie, per l’elevato valore adattativo nel corso dell’evoluzione della specie, persistono come schemi automatici nella nostra memoria, che possono riattivarsi in determinate condizioni (es: fobia dei serpenti). Le fobie deriverebbero da paure istintive frutto di un processo di selezione naturale finalizzato all’adattamento all’ambiente ancestrale. In quanto prodotto dell’evoluzione, i meccanismi alla base della paura sono apparentemente irrazionali, non solo perché rispondono tuttora con incontrollabile intensità a stimoli ancestrali, ma anche perché ignorano situazioni certamente dannose ma evolutivamente nuove, Classificazione secondo il DSM‐IV • Disturbi in cui l’ansia si esprime apertamente o Disturbo d’ansia generalizzato (DAG) o Disturbo di panico (DAP) con agorafobia o DAP senza agorafobia o Disturbo d’ansia non altrimenti specificato (sindrome mista ansioso‐depressiva per l’ICD‐10) o Disturbo d’ansia dovuto ad una CMG o ad abuso di sostanze • Disturbi fobici o Agorafobia senza disturbi di panico: l’inquadramento dell’agorafobia rappresenta una delle principale differenze tra: ƒ DSM‐IV: è più spesso una complicanza del DAP (vedi sopra) ƒ ICD‐10: l’attacco di panico è solo un’espressione di maggior gravità della fobia o Fobia sociale o Fobia specifica • Disturbi ossessivo‐compulsivi • Disturbi derivanti da eventi traumatici o Disturbo da disadattamento o Disturbo post‐traumatico da stress Par II: Disturbo d’ansia generalizzato Sintomatologia 21 Scaricato da www.sunhope.it
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Il DAG può definirsi come la presenza di un’ansia persistente, non legata alla presenza di qualche particolare circostanza ambientale. La sintomatologia, quanto mai ricca, può comprendere sintomi: • Somatici o Cardiovascolari: tachicardia, palpitazioni, sbalzi pressori, dolori precordiali, crisi vaso costrittive o congestizie (generalizzate o localizzate a volto, arti, dita) o Respiratori: dispnea in varie forme (dal blocco del respiro alla crisi asmatiforme), tosse stizzose, singhiozzo, dolore toracico, crisi disfoniche od afoniche, sbadigli o Gastro‐intestinali: sensazione di peso, ripienezza, dolore o bruciore epigastrici, nausea, difficoltà di deglutizione, anoressia, bulimia, diarrea, costipazione, tenesmo o Genito‐urinari: minzione frequente, stranguria, ritenzione urinaria, impotenza o frigidità, dismenorrea e tenesmo vescicale, poliuria, pollachiuria, alterazione del ciclo mestruale o Neuromuscolari: cefalea, instabilità della marcia, vertigini, visione confusa, tremore, fascicolazioni muscolari facciali o Sensitivo‐sensoriali e cutanei: iperestesie, parestesie, crisi di prurito, sudorazione profusa, acufeni, visione offuscata, vertigini o Generali: affaticabilità e debolezza, lipotimie • Psichici o Cognitivi: ƒ eccesso di vigilanza ed aumento dell’attenzione ƒ difficoltà di concentrazione ƒ disturbi quantitativi della memoria: amnesia, ipemnesie ƒ disturbi qualitativi della memoria: errori presente‐passato, déja vù o Emotivo‐affettivi ƒ Paura di impazzire, di perdere il controllo, di morire ƒ Sentimento di dubbio, scoraggiamento, incertezza, allarme, apprensione ƒ Previsioni pessimistiche e paura del futuro ƒ Irritabilità o Disturbi della coscienza dell’io: depersonalizzazione • Mimici e comportamentali o Espressione mimica del volto tesa e preoccupata o Segni di agitazione: irrequietezza, movimento continuo, morsica mento delle unghie o Condotte di evitamento di stimoli ansiogeni o Immobilizzazione di fronte allo stimolo ansiogeno (fino alla paralisi isterica) • Sintomi di confine: vanno ad occupare un territorio intermedio tra quello somatico e quello psichico, mantenendo così la radice biologico‐somatica dell’ansia ed acquisendo caratteristiche di ordine ideativo‐
mentale o Pensieri automatici: dominano il pensiero del soggetto come idee prevalenti. Sono costituiti da affollamento di idee involontarie, stimolate da circostanza accidentali, perseveranti, difficili da eliminare nel corso del pensiero, egosintotiche, scarsamente controllabili. I contenuti prevalenti sono pericolo, morte e malattia. o Tensione nervosa: è una sensazione soggettiva di irrequietezza o apprensione interna (“nervi tesi”), accompagnata solitamente da un certo grado di tensione muscolare Altre caratteristiche (riguardano tutti i disturbi d’ansia) sono: • Correlazione con modelli sociali o Carenza di valori e di figure di riferimento, ma anche insicurezza negli studi o nel lavoro o Massimalità (pretesa di perfezione in tutto, soprattutto nelle femmine), competitività, accento sui risultati (non si considerano l’impegno ed il contesto della situazione, ma solo i risultati) o Precarietà 22 Scaricato da www.sunhope.it
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Analfabetismo emotivo: deriva da una riduzione dello spazio per la vita emotiva delle persone (se piangi sei debole, se ridi sei stupido etc.) Fattori di rischio o Sesso femminile o Familiarità (la malattia sarebbe riconducibile ad un’interazione del patrimonio genetico con il contesto ambientale) o Separazione, divorzio, lutto o comunque un contesto di instabilità generico o Morte o divorzio dei genitori nell’infanzia o Tratti nevrotici in epoca premorbosa o Malattie che possono indurre ansia: ƒ Neurologiche: epilessie del lobo temporale ƒ Endocrinologiche: tireotossicosi, feocromocitoma, sindrome di Cushing, ipoglicemia ƒ Cardiache: prolasso mitralico, angina pectoris (per la sensazione di morte imminente) o
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I criteri diagnostici per il Disturbo d’Ansia Generalizzato (GAD) secondo il DSM‐IV‐TR* A. Ansia e preoccupazione eccessive (attesa apprensiva), che si manifestano per la maggior parte dei giorni per almeno 6 mesi, a riguardo di una quantità di eventi o di attività (come prestazioni lavorative o scolastiche). B. La persona ha difficoltà nel controllare la preoccupazione. C.
L’ansia e la preoccupazione sono associate con tre (o più) dei sei sintomi seguenti (con almeno alcuni sintomi presenti per la maggior parte dei giorni negli ultimi 6 mesi). Nota: Nei bambini è richiesto solo un item. 1.
irrequietezza, o sentirsi tesi o con i nervi a fior di pelle 2.
facile affaticabilità 3.
difficoltà a concentrarsi o vuoti di memoria 4.
irritabilità 5.
tensione muscolare 6.
alterazioni del sonno (difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno o sonno inquieto e insoddisfacente). D. L’oggetto dell’ansia e della preoccupazione non è limitato alle caratteristiche di un disturbo in Asse I, per es., l’ansia o la preoccupazione non riguardano l’avere un Attacco di Panico (come nel Disturbo di Panico, Senza Agorafobia eCon Agorafobia), rimanere imbarazzati in pubblico (come nella Fobia Sociale), essere contaminati (come nel Disturbo Ossessivo‐Compulsivo), essere lontani da casa o dai parenti stretti (come nel Disturbo d’Ansia di Separazione), prendere peso (come nell’Anoressia Nervosa), avere molteplici fastidi fisici (come nel Disturbo di Somatizzazione), o avere una grave malattia (come nell’Ipocondria) e l’ansia e la preoccupazione non si manifestano esclusivamente durante un Disturbo Post‐traumatico da Stress. E.
L’ansia, la preoccupazione, o i sintomi fisici causano disagio clinicamente significativo o menomazione del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti. F.
L’alterazione non è dovuta agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es., una droga di abuso, un farmaco) o di una condizione medica generale (per es., ipertiroidismo) e non si manifesta esclusivamente durante un Disturbo dell’Umore, un Disturbo Psicotico o un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo Par III: Fobie Generalità Il termina fobia deriva dal greco phobeio, “ho paura”, e può essere definito come una paura intensa, inadeguata e sproporzionata rispetto allo stimolo che l’ha provocata, che spinge le persone all’evitamento della situazione 23 Scaricato da www.sunhope.it
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scatenante (oggetto fobico). La situazione o l’oggetto esterno sono tali da non essere considerati abitualmente pericolosi. Gli stimoli fobici possono variare da situazioni sociali a luoghi, oggetti od animali: • Stimolo fobico sepcifico: fobie specifiche • Stimoli fobici aspecifici e vari: agorafobia, fobia sociale Agorafobia Con il termine “agorafobia” Westphal indicava la paura di strade larghe, spazi aperti e piazze: era quindi una paura psicologicamente immotivata, cioè un’idea di pericolo strana ed irrazionale per l’individuo, che domina il suo comportamento quando si avvicina all’area temuta. Attualmente, invece, il concetto di agorafobia è esteso anche all’ansia che insorge in altre situazioni, come essere in luoghi dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi, nei quali potrebbe non essere disponibile aiuto in caso di attacco di panico inaspettato o con difficoltà di trovare rapidamente rifugio in un posto sicuro, in genere la propria casa (esser soli fuori casa, esser in un luogo affollato o in fila, etc.). Altre caratteristiche principali sono: • Temi principali: lontananza da casa, affollamento, sentimento di prigionia in un posto, assenza di via di uscita • Situazioni evitate o tollerate con molto disagio: spesso è richiesta la presenza di un compagno (soprattutto il partner, un amico od un medico) • Attacchi di panico in circa il 90‐95% dei soggetti: l’agorafobia predispone agli AP o li peggiora • Presenza, in circa un terzo dei casi, di agorafobia prima dei disturbi di panico, suggerendo che non necessariamente è una conseguenza del panico. Altri Autori hanno considerato l’agorafobia come una sorta di “reazione di evitamento” degli attacchi di panico. Comunque ci sono disturbi d’attacco di panico senza agorafobia. • Il soggetto riduce gli spostamenti, con possibile decorso ingravescente fino alla necessità di rimanere a casa • L’ansia e l’evitamento non sono giustificati da un disturbo mentale d’altro tipo (es. fobia sociale) • La mancanza di via d’uscita è una caratteristica essenziale • Colpisce circa il 7% della popolazione generale e maggiormente le femmine La sintomatologia dell’agorafobia riconosce sintomi: • Vegetativi o Palpitazioni od accelerazione del ritmo cardiaco o Sudorazione o Tremore o Bocca secca (non dovuta all’effetto di farmaci o a disidratazione) • Somatici o Difficoltà del respiro e sensazione di soffocamento o Dolore o fastidio al torace o Nausea o sensazione di fastidio all’addome • Psichici o Sensazioni di vertigini, instabilità, mancamento o testa vuota o Sensazione che gli oggetti siano irreali (de realizzazione) o che la propria persona sia distante (de realizzazione) o Paura di perdere il controllo, di impazzire o di morire • Generali o Vampate di calore o sudore freddo o Sensazioni di intorpidimento o di formicolio Fobia sociale 24 Scaricato da www.sunhope.it
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Sentirsi nervosi o “ansiosi” quando si incontrano nuove persone, quando ci si presenta o si conosce una persona autorevole, è un problema comune: quest’ansia riflette il semplice fatto che tutti gli incontri sociali, soprattutto quelli con persone familiari od autorevoli, hanno dei rischi. La fobia sociale, invece, è una paura marcata e persistente di una o più situazioni sociali o prestazionali, in cui la persona è esposta a persona non familiari od al possibile giudizio degli altri. È un disturbo molto frequente, secondo tra le fobie solo all’agorafobia: diversamente da quest’ultima, più frequente nel sesso femminile, è più frequente nel sesso maschile. Il pattern di evitamento, inoltre, si sviluppa più rapidamente che negli agorafobici: l’evitamento è spesso marcato e può condurre ad un isolamento pressoché completo. Il fattore scatenante sarebbe il timore di sentirsi esposto al giudizio degli altri, che provoca una sensazione di imbarazzo, ridicolaggine od inopportuna presenza: la situazione fobica provoca, quasi invariabilmente, una risposta d’ansia che spinge il paziente ad evitare la situazione od a sopportarla con notevole sofferenza. Il paziente riconosce che la paura è eccessiva ed irragionevole, ma non riesce a superarla. Le reazioni ansiose, inoltre, sono molto intense, iniziano molto prima dello stimolo e non si attenuano nel tempo. Le situazioni sociali più temute sono: conversare o parlare in pubblico (15%), partecipare anche a piccoli gruppi (14%); mangiare, bere o scrivere in pubblico; parlare con persone autorevoli; partecipare ad una festa od esibirsi in pubblico. La sintomatologia è caratterizzata da: palpitazioni, tremore, sudorazione, rossore al volto, malessere gastro‐
intestinale con diarrea, tensione muscolare. Manifestazioni associate sono: • Ipersensibilità alla critica, alla valutazione negativa oda al rifiuto • Difficoltà ad essere assertivi • Bassa autostima e sentimento di inferiorità • Scarse capacità sociali e segni evidenti d’ansia • Difficoltà scolastiche o lavorative Secondo il DSM‐IV‐TR*, i Criteri Diagnostici per la Fobia Sociale sono i seguenti: A. Paura marcata e persistente di una o più situazioni sociali o prestazionali nelle quali la persona è esposta a persone non familiari o al possibile giudizio degli altri. L’individuo teme di agire (o di mostrare sintomi di ansia) in modo umiliante o imbarazzante. Nota: Nei bambini deve essere evidente la capacità di stabilire rapporti sociali appropriati all’età con persone familiari e l’ansia deve manifestarsi con i coetanei, e non solo nell’interazione con gli adulti. B. L’esposizione alla situazione temuta quasi invariabilmente provoca l’ansia, che può assumere le caratteristiche di un Attacco di Panico causato dalla situazione o sensibile alla situazione. Nota: Nei bambini, l’ansia può essere espressa piangendo, con scoppi di ira, con l’irrigidimento, o con l’evitamento delle situazioni sociali con persone non familiari. C.
La persona riconosce che la paura è eccessiva o irragionevole. Nota: Nei bambini questa caratteristica può essere assente. D. Le situazioni sociali o prestazionali temute sono evitate o sopportate con intensa ansia o disagio. E.
L’evitamento, l’ansia anticipatoria o il disagio nella/e situazione/i sociale/i o prestazionale/i interferiscono significativamente con le abitudini normali della persona, con il funzionamento lavorativo (scolastico) o con le attività o relazioni sociali, oppure è presente marcato disagio per il fatto di avere la fobia. F.
Negli individui al di sotto dei 18 anni la durata è di almeno 6 mesi. G. La paura o l’evitamento non sono dovuti agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es., una droga di abuso, un farmaco) o di una condizione medica generale, e non sono meglio giustificati da un altro disturbo mentale (per es., Disturbo di Panico Con Agorafobia o Senza Agorafobia, Disturbo d’Ansia di Separazione, Disturbo da Dismorfismo Corporeo, un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo o il Disturbo Schizoide di Personalità). 25 Scaricato da www.sunhope.it
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H. Se sono presenti una condizione medica generale o un altro disturbo mentale, la paura di cui al Criterio A non è ad essi correlabile, per es., la paura non riguarda la Balbuzie, il tremore nella malattia di Parkinson o il mostrare un comportamento alimentare abnorme nell’Anoressia Nervosa o nella Bulimia Nervosa. Si riconoscono, inoltre, due forme: •
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Generalizzata: la situazione fobica include la maggior parte delle situazioni sociali o È la forma più frequente tra i pazienti che richiedono un intervento medico o Si associa più frequentemente ad altri disturbi psichiatrici, a marcata compromissione funzionale e ad una scadente qualità di vita Non generalizzata: la situazione fobica riguarda solo una o poche situazioni sociali. Secondo alcuni Autori queste due forme rappresenterebbero, piuttosto che due forme distinte, due differenti spettri di gravità di un unico disturbo Ancora, la fobia sociale si associa, e di solito precede, a diversi disturbi: altri disturbi d’ansia, disturbi dell’umore, disturbi correlati a sostanze, disturbi del comportamento alimentare. Stretta è, infatti, l’associazione tra fobia sociale ed abuso di sostanze, soprattutto con la dipendenza da alcool e marijuana. Infine, numerose sono le barriere alla richiesta di consulto medico: i luoghi di cura, giudizio degli altri, problemi economici, disagio percepito; infatti, solo il 5,4% dei pazienti con fobia sociale consulta i servizi specialistici. Fobie specifiche È una paura marcata e persistente, provocata da situazioni od oggetti specifici: l’esposizione allo stimolo fobico provoca, quasi invariabilmente, una risposta ansiosa immediata, che può prendere la forma di un attacco di panico. Il concetto di fobie specifiche include diverse condizioni, caratterizzate dalla paura irrazionale di oggetti o situazioni specifiche: animali (ragni, serpenti, topi), altezze, sangue, temporali, buio, malattie (AIDS), volo. La paura è mista a sentimenti di repulsione e disgusto e giudicata sproporzionata ed irrazionale. Può raggiungere, in alcuni casi, il livello di attacco di panico, ma, a differenza di questo, può essere controllata dal soggetto con l’allontanamento dello stimolo fobico. Spesso, inoltre, la paura non è determinata dal soggetto in sé, ma dalle conseguenze spaventose che il paziente immagina possano derivare dal contatto con esso. Le condotte di evitamento, comunque, saranno più o meno invalidanti in rapporto con la diffusione degli oggetti e delle situazioni temute. Per alcune di queste condizioni sono state osservate remissioni spontanee (buio, sangue, temporali), altre invece presentano un decorso cronico senza remissioni spontanee. Il decorso cronico è più frequente nelle donne e può render ragione della maggior frequenza riportata per il sesso femminile. L’esordio è solitamente nella prima infanzia o nell’adolescenza. L’esposizione allo stimolo fobico come terapia è un buon metodo, ma: • Deve essere accettata dal soggetto • Deve essere compresa • Non deve essere traumatica (soprattutto nei bambini) Par IV: Disturbo d’attacco di panico Generalità L’attacco di panico può considerarsi un periodo discriminato di intensa paura o malessere, in cui 4 o più dei seguenti sintomi si sviluppano improvvisamente (la comparsa improvvisa può avvenire da una condizione di calma o di ansia) e culminano in circa 10 minuti: • Palpitazioni, cardiopalmo o tachicardia • Sudorazione • Tremori fini o a grandi scosse • Dispnea, soffocamento od asfissia • Dolore o fastidio al petto • Nausea o disturbi addominali • Parestesie: sensazioni di torpore o di formicolio • Brividi o vampate di calore • Sensazione di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento • Derealizzazione o depersonalizzazione 26 Scaricato da www.sunhope.it
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• Paura di impazzire o di perdere il controllo • Paura di morire Il 50‐60% dei soggetti ha almeno 4 sintomi, i soggetti con meno di 4 sintomi sono considerati paucisintomatici. Inoltre, la severità dell’attacco di panico è funzione del numero dei sintomi presenti Le reazioni fisiologiche di difesa in situazioni estremamente stressanti sono: • Depersonalizzazione: sentimento di distacco e di estraneità rispetto ai propri pensieri od al proprio corpo, come ad esempio sentirsi come un osservatore, un automa, un robot, o sentirsi come in un sogno od in un film • Derealizzazione: alterata percezione del mondo esterno, ad esempio le persone sembrano meccaniche o morte, le cose sembrano modificate, diverse, non familiari o come inserite in un sogno. È praticamente il contrario del déja vù L’attacco di panico,quindi, è un sintomo che, oltre che caratterizzare il disturbo d’attacco di panico, può presentarsi nei vari disturbi d’ansia (DAG, DOC, DPTS, agorafobia, fobia sociale, fobie specifiche) ed avere una notevole comorbidità con depressione maggiore, disturbo bipolare ed abuso di sostanza (circa del 30‐40% in queste condizioni). L’attacco di panico, inoltre, può essere un sintomo di numerosi disturbi: • Abuso di sostanze: caffeina, THC, cocaina • Ipertiroidismo, ipoglicemia • Feocromocitoma • Ischemia coronarica od aritmie • Asma, pneumotorace od embolia polmonare • Disfunzioni vestibolari • Epilessia temporale o frontale Il disturbo da attacchi di panico (DAP), invece, è un periodo caratterizzata da attacchi di panico inaspettati e ricorrenti: • Più frequente nelle donne, ha una prevalenza del 3‐4% • Elevata comorbidità con disturbi dell’umore ed abuso di sostanze • Tendenza a cronicizzare o recidivare • Spesso un attacco di panico viene inquadrato in un contesto di medicina generale e mal gestito; comunque, ha un’elevata comorbidità con malattie internistiche: o BPCO o Asma o Patologie coronariche Secondo il DSM‐IV‐TR*, Criteri Diagnostici per il Disturbo di Panico (con o senza Agorafobia) sono i seguenti: A. Entrambi 1. e 2.: 1.
Attacchi di Panico inaspettati ricorrenti 2.
almeno uno degli attacchi è stato seguito da 1 mese (o più) di uno (o più) dei seguenti sintomi: a.
preoccupazione persistente di avere altri attacchi b.
preoccupazione a proposito delle implicazioni dell’attacco o delle sue conseguenze (per es., perdere il controllo, avere un attacco cardiaco, "impazzire") c.
significativa alterazione del comportamento correlata agli attacchi. B. Presenza o assenza di Agorafobia (D. di Panico con o senza Agorafobia) C.
Gli Attacchi di Panico non sono dovuti agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es., una droga di abuso, un farmaco) o di una condizione medica generale (per es., ipertiroidismo). 27 Scaricato da www.sunhope.it
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D. Gli Attacchi di Panico non sono meglio giustificati da un altro disturbo mentale, come Fobia Sociale (per es., si manifestano in seguito all’esposizione a situazioni sociali temute), Fobia Specifica (per es., in seguito all’esposizione ad una specifica situazione fobica), Disturbo Ossessivo‐Compulsivo (per es., in seguito all’esposizione allo sporco in soggetto con ossessioni di contaminazione), Disturbo Post‐traumatico da Stress (per es., in risposta a stimoli associati con un grave evento stressante) o Disturbo d’Ansia di Separazione (per es., in risposta all’essere fuori casa o lontano da congiunti stretti). Quindi, importante risulta la diagnosi differenziale tra un attacco di panico inquadrabile in DAP ed attacco di panico secondario ad altre condizioni, quali: abuso di sostanze, ipertiroidismo, feocromocitoma, ischemia coronarica, aritmie, asma, pneuomotorace, embolia polmonare, epilessia temporale. In particolare, la diagnosi differenziale tra attacchi di panico dovuti a DAP ed attacchi di panico dovuti a crisi epilettiche, in particolare temporali, per la presentazione clinica simile (dovuta in ultima analisi al coinvolgimento delle medesime strutture limbiche), risulta molto complicata e si basa su: • Flusso ematico cerebrale aumentato nelle crisi epilettiche, ma non nel DAP • Attacchi di panico più lunghi e con manifestazioni più variabili • Progressione dell’epilessia verso sintomi più classici: aura olfattoria, afasia, amnesia, disturbi autonomini • Presentazione iniziale con sintomi epilettici • Attacco di panico più associato ad agorafobia ed a stress emotivi • Presenza di lesini nel lobo temporale nelle crisi epilettiche • Alcuni trattamenti per attacchi di panico possono peggiorare l’epilessia (antidepressivi triciclici) • Alterazioni EEG nelle crisi epilettiche • Alterazioni MRI nelle crisi epilettiche Altre caratteristiche sono: • Decorso del DAP o Età d’esordio 15‐35 anni o Remissione senza ricadute a breve termine nel 30% dei casi o Miglioramento parziale con decorso caratterizzato da remissioni e recidive nel 35% dei casi o Sintomatologia grave in modo continuo nel restante numero di casi • Evoluzione del quadro clinico o Richiesta d’aiuto medico/specialistico: il paziente solitamente richiede aiuto, ma non pensa ad una patologia psichiatrica e si rivolge ad altri specialisti (cardiologo, pneuomolog, gastroenterologo, ginecologo, neurologo, oncologo, endocrinologo, etc.) e solo raramente o dopo molto tempo allo psichiatra. Compito del medico generale sarebbe quello, oltre che di escludere malattie organiche ed individuare il disturbo, di spiegare perché è necessario andare dallo specialista psichiatra o Risposte solitamente insoddisfacenti o Ansia anticipatoria per paura del ripetersi degli attacchi o Evitamento ingravescente • Fattori di rischio o Ereditari: alterazioni di COMT, A2A receptor, CCK, CCKRB, 5HT2A, MAO‐A o Familiari: ambientali condivisi o Ambientali specifici ƒ Traumi, abusi sessuali e maltrattamenti in epoche prenatali ƒ Temperamento ansioso ƒ Eventi stressanti, soprattutto di separazione, come la perdita di un genitore ƒ Conflitti interpersonali e lavorativi o problemi di salute Clinica • Elaborazione delle emozioni o Elevata frequenza di alessitimia: deficit della capacità di decodificare ed esprimere le emozioni o Tendenza ad interpretare come spaventosi stimoli a diverso contenuto emotivo od ambigui o Accentuata tendenza a cogliere segnali fisici e di pericolo o Ridotta integrazione dei vissuti emozionali: in definitiva, vi sarebbe una “cecità corticale per le emozioni”, per cui gli stimoli emotivi possono produrre modificazioni comportamentali ed autonomi che che non vengono integrate a livello corticale, con ridotta consapevolezza della natura stessa di tali modificazioni • Test di provocazione dell’attacca di panico: causa un attacco di panico in soggetti predisposti, ma non nei controlli. È testimoniato dall’aumento di flusso nelle aree cerebrali coinvolte: giro cingolato, amigdala, corteccia occipitale sinistra, corteccia orbito‐frontale 28 Scaricato da www.sunhope.it
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o Infusione di lattato di sodio, NA od isoprotenerolo o Somministrazione orale di caffeina o yoimbina o Inalazione di alte concentrazioni di CO2/O2 (35%‐65%) Teoria del soffocamento: esisterebbe un sistema di allarme anti‐soffocamento, sensibile alle variazioni di pCO2, cui i soggetti affetti da DAP sarebbero ipersensibili. L’attivazione indotta da questo sistema si configurerebbe come un attacco di panico, indotto però nei soggetti predisposti da stimoli parafisiologici Modello cognitivo del DAP o Primo AP come “falso allarme”, ossia risposta autonomica amplificata a fattori stressanti psicosociali o Fattori precipitanti: stimolanti, ipervigilanza, condizioni benigne, stress o Ne deriverebbe la percezione dei cambiamenti nello stato del proprio corpo, con risposta di paura mediata da malinterpretazione dello stimolo interno o Condizionamento enterocettivo con ulteriore amplificazione delle sensazioni somatiche o Tale risposta è più probabile in individui vulnerabili per iperattività autonomica o per amplificazione cognitiva (interpretazioni catastrofiche) delle sensazioni somatiche, particolarmente di quelle vegetative o Condizionamento ambientale con apprensione ansiosa ed ipervigilanza:sviluppo dell’agorafobia Ipotesi noradrenergica: vi sarebbe un controllo NA sul locus coeruleus che scatenerebbe l’attacco di panico: fattori come l’aumento della pCO2, gli alfa2‐agonisti e la stimolazione elettrica attiverebbero il locus coeruleus e genererebbero l’attacco Il DAP nel corso dello sviluppo: la prevalenza del DAP è bassa nei bambini e negli adolescenti e considerevolmente al di sotto di quella osservata per tutti gli altri disturbi d’ansia che si manifestano in queste età. La frequenza di DAP mostra poi un aumento durante l’adolescenza, in particolare nelle femmine e dopo la pubertà Terapia • Farmaci utilizzati: o Antidepressivi ƒ SSRI: citalopram, escitalopram, paroxetina, sertralina ƒ SNRI: venlafaxina ƒ ATC: clomipramina ƒ NaSSA: mirtazapina ƒ IMAO ƒ RIMA (inibitori reversibili delle MAO‐A) o Ansiolitici ƒ BDZ: alprazolam, diazepam ƒ Azapironi: buspirone • Terapia cognitivo‐comportamentale (CBT): esposizione, ristrutturazione cognitiva, apprendimento di strategie di elaborazione individuale • Caratteristiche o l’uso dei suddetti farmaci o della CBT è fortemente consigliato o non si hanno evidenze per considerare uno superiore all’altro o per raccomandare una politerapia o sebbene, come detto, la politerapia non sia considerata superiore della ionoterapia, psichiatri e pazienti possono scegliere tale opzione sulla base di circostanze particolari (vedi dopo) • fattori influenzanti la scelta del farmaco o preferenza del paziente o rischi e benefici per un particolare paziente (es. donne in gravidanza) o anamnesi del paziente o condizioni fisiopatologiche e psichiatriche associate o costi e disponibilità dei diversi trattamenti o risposta a precedenti trattamenti • protocollo terapeutico o trattamento psicologico o trattamento farmacologico ƒ 1: farmaco di prima scelta ƒ 2: in caso di risposta inadeguata in 12 settimane, sostituzione con un altro farmaco di prima scelta. L’aggiunta può essere preferita alla sostituzione 29 Scaricato da www.sunhope.it
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3: considerare l’invio allo specialista, l’associazione di farmaci o l’uso di farmaci di seconda e terza scelta • Associazioni possibili o Farmaci + psicoterapia o SSRI/SNRI + BDZ, stabilizzanti dell’umore od antipsicotici • Associazioni controindicate o SSRI/SNRI/ATC + IMAO o Buspirone + IMAO 4: la terapia va controllata ogni 8‐12 settimane e continuata per almeno 1‐2 anni ƒ
Fasi della terapia o Trattamento acuto: nei primi 6 mesi o Riduzione dose o Terapia di mantenimento per un anno o Tapering Reazioni avverse o SSRI ƒ Disfunzioni sessuali: ostacolano l’aderenza al trattamento ƒ Sindrome serotoninergica: si verifica diverse ore dopo l’assunzione di un nuovo SSRI o dopo un incremento rapido della dose. La forma grave è in relazione ad interazioni farmacologiche (IMAO, anfetaminici) • Forma grave o Febbre o Convulsioni o Aritmie gravi o Coma e rischio per la vita • Forma lieve o Irrequietezza fino all’agitazione o Confusione o Palpitazioni e dilatazione pupillare o Mioclonie o Sudorazione o Cefalea o Diarrea ƒ Sindrome da sospensione del trattamento: insorgenza entro 24 ore dalla sospensione brusca del trattamento, con picco in circa 5 giorni e risoluzione in 2 settimane circa • Vertigini soggettive • Parestesie (formicolii), ipoestesie • Disturbi GI: nausea e vomito • Cefalea • Sudorazione • Ansia insonnia Par V: Disturbo ossessivo‐compulsivo (DOC) Generalità Il DOC, pur classificato tra i disturbi dell’ansia, è da molti considerato un’entità autonoma, con un definito nucleo psicopatologico, con un decorso ed una sintomatologia peculiari e con correlati biologici in definizione. Ha una prevalenza dell’1‐3% nella popolazione generale, ma sarebbe largamente sottostimato: infatti, per la natura personale del disturbo e per via della paura di esser giudicati, potrebbero esistere molte persone che nascondono questo disturbo. Inoltre, vi è un’elevata percentuale di pazienti che non soddisfano i criteri classificativi per questo disturbo (specie riguardo gravità od interferenza con il funzionamento socio lavorativo, vedi dopo) Aspetti generali 30 Scaricato da www.sunhope.it
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Aspetti epidemiologici o Prevalenza= 1‐3% ma probabilmente sottostimata(vedi sopra) o Quadri subclinici: soggetti che, pur presentando tipici sintomi ossessivo‐compulsivi, non soddisfano i criteri diagnostici per il DOC relativi a gravità (resistenza, durata, frequenza, disagio soggettivo) od all’interferenza con il funzionamento sociale o lavorativo o Esordio in età giovanile, nell’adolescenza o nella prima età adulta (10‐25 anni) o Nel 15% dei casi: esordio in età infantile o Nel 5% dei casi: esordio oltre i 40 anni o Eguale distribuzione tra i due sessi, ma nei casi adolescenziali più frequente nei maschi o Possibile componente familiare o Esordio generalmente graduale ed insidioso, nel 30‐70% dei casi in conseguenza di evento psicosociale stressante (lutto, separazione, gravidanza, malattia somatica, problemi sessuali) o Il DOC ha un impatto decisamente negativo sul funzionamento sociale e lavorativo e sulla qualità di vita del paziente, ha gravi implicazioni per il contesto familiare e comporta costi sociali e sanitari rilevanti Modalità di presentazione o Associazione di ossessioni e compulsioni: 91% o Ossessioni prevalenti: 8,5% o Compulsioni prevalenti: 0,5% Notevole impatto sulla famiglia (in ordine di frequenza decrescente) o Coinvolgimento nei sintomi OC o Interferenza nella vita sociale e relazionale o Problemi psicologici: ansia, depressione, disagio o Interferenza nelle scelte di vita o Problemi di salute fisica o Richieste di aiuto: informazioni, counseling o Difficoltà lavorative e/o economiche Stabilità temporale dei sintomi o Il 70‐85% dei pazienti sperimenta modifiche nel pattern dei sintomi nel corso dell’evoluzione del disturbo o Le modificazioni sono particolarmente frequenti nell’infanzia e nell’adolescenza e nei primi mesi di malattia, meno frequenti in età adulta o Si ha un progressivo allargamento del quadro sintomatologico: nuovi sintomi si aggiungono a quelli precedenti o si sovrappongono ad essi, superandoli per gravità o per intensità Decorso o Cronico con fluttuazione più o meno accentuata della sintomatologia: 75%. I sintomi sono incostanti nel tempo, con miglioramenti e peggioramenti, senza mai scomparire completamente, e risentono molto dei livelli di stress o Cronico ingravescente: 15%. È il più grave: i sintomi iniziano in modo graduale, ci sono periodi di peggioramento e periodi di stabilità, seguiti da nuovi peggioramenti o Cronico stabile: 5%. I sintomi si manifestano in maniera graduale, ma poi rimangono stabili o Episodico con periodi di remissione completa della sintomatologia: 10%. Talvolta, il disturbo può non esser proprio dagnosticato Il problema della depressione o Il 30‐80% dei pazienti presenta sintomi depressivi o La comparsa di sintomi depressivi è più frequente dopo l’esordio di DOC o La depressione insorta tende a configurarsi come un quadro di demoralizzazione secondaria, conseguenza della continua frustrazione nel tentativo di controllo della sintomatologia ossessivo‐
compulsiva e/o della compromissione delle capacità lavorative e delle relazioni sociali ed affettive inditte dagli stessi sintomi o La comparsa di depressione può modificare alcune caratteristiche dei fenomeni ossessivi, in particolare la resistenza e la coscienza di malattia, che può determinare una maggior invasività delle ossessioni, che possono, infine, perdere il carattere egodistonico o La comparsa di depressione ha importanti implicazioni terapeutiche (scelta del trattamento, interferenza con terapie comportamentali) Caratteristiche della personalità premorbosa o Perfezionismo 31 Scaricato da www.sunhope.it
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Eccessiva dedizione al lavoro, con esclusione delle attività di svago e delle amicizie Eccessiva attenzione per dettagli ed organizzazione Indecisione Insistenza irragionevole perché altri si sottomettano al suo volere Necessità di mantenere costantemente il controllo delle proprie emozioni (espressione dell’affettività coartata) o Eccessiva inflessibilità in tema di moralità, etica o valori o Mancanza di generosità Elevata comorbilità o Fobia sociale, fobie specifiche, DAP od altri disturbi d’ansia o Depressione od altri disturbi dell’umorre o Disturbi della personalità o
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Eziologia Il DOC è riconosciuto come un disordine psichico serotoninergico: infatti, in questi pazienti vi è una disfunzione nella trasmissione ST cerebrale, causata da fattori prevalentemente biologici o dall’azione di fattori ambientali su soggetti geneticamente predisposti. La componente genetica, comunque, è ben testimoniata da vati studi. Inoltra, un’interessante associazione è stata proposta dall’ipotesi autoimmune e di connessione con la sindrome di Tourette: ci sarebbe, secondo quest’ipotesi, un’infezione, prevalentemente nell’infanzia e da streptococco beta‐
emolitico di gruppo A, provocherebbe in seguito, per mimetismo molecolare, risposte di autoimmunità (nel DOC a livello cerebrale, in maniera simile a quanto avviene per la corea di Sydenham). Il DOC, infatti, presenterebbe comparsa precoce, prima dei 14 anni, tic ed altre alterazioni motorie. La frequente associazione con sindrome di Tourette, in aggiunta, suggerirebbe il coinvolgimento dei nuclei della base Accanto a questi fattori neurobiologici, i fattori psicopatologici comprendono: anomalo rapporto con i genitori (ipo‐ od iper‐protettivi), stress psicofisici eccessivi o traumi. Quadro clinico Risulta in una sindrome caratterizzata dalla presenza di anancasmo, sintomatologia costituita da: • Ossessioni: pensieri, idee, immagini od impulsi ricorrenti e persistenti, vissuti come intrusivi ed inappropiati, che causano ansia o disagio marcato, di natura violenta, oscena o semplicemente insensata, che insorgono con un senso di obbligatorietà, vincolo e pressione. Questi pensieri sono frutto di un’ideazione egodistonica: la persona riconosce cioè tali ossessioni come un prodotto della propria mente e non come reali (in caso contrario si sfocerebbe nel delirio), ma altresì ne riconosce il carattere alieno rispetto alla propria ideazione normale e tenta di ignorarle o sopprimerle con altri pensieri od azioni; tuttavia, non sono eliminabili con volontà e ragionamento o Esempi di ossessioni “normali” ƒ Impellente necessità di verificare di aver chiuso a chiave l’auto parcheggiata pochi minuti prima ƒ Esigenza di controllare di non aver lasciato acceso l’elettrodomestico in cucina ƒ Timore di poter contrarre una malattia utilizzando un bagno pubblico o toccando le banconote ƒ Impulso improvviso a rubare o danneggiare qualcosa ƒ Paura di poter far male ad una persona cara o Ossessioni “patologiche “ (vedi dopo) • Compulsioni: comportamenti ripetitivi stereotipati (lavarsi le mani, riordinare, controllare) od azioni mentali (pregare, cantare, ripetere frasi mentalmente) che la persona si sente obbligata a mettere in atto in risposta ad un’ossessione o secondo regole applicate rigidamente, ma apparentemente inspiegabili o Volti a prevenire o ridurre il disagio od a prevenire alcuni eventi o situazioni temute conseguenti alle ossessioni o Non collegati in modo realistico con ciò che sono destinati a neutralizzare od a prevenire o chiaramente eccessivi o Non sono di per sé piacevoli, anzi spesso provocano sofferenza od imbarazzo, causando inoltre un’elevata perdita di tempo o La resistenza a compiere queste compulsioni è inizialmente elevata, ma tende a diminuire nel tempo per una sorta di resa: la compulsione nasce laddove fallisce il tentativo di controllo volontario alla reazione emotiva scaturita dall’ossessione 32 Scaricato da www.sunhope.it
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Nel corso del tempo la maggior parte dei pazienti presenta sia ossessioni che compulsioni Possono riguardare diverse tematiche (contaminazione, perfezionismo, ordine, autocontrollo) Criteri diagnostici per il Disturbo Ossessivo‐Compulsivo secondo il DSM‐IV‐TR* A. Ossessioni o compulsioni. Ossessioni come definite da 1., 2., 3. e 4.: 1.
pensieri, impulsi o immagini ricorrenti e persistenti, vissuti, in qualche momento nel corso del disturbo, come intrusivi o inappropriati e che causano ansia o disagio marcati 2.
i pensieri, gli impulsi, o le immagini non sono semplicemente eccessive preoccupazioni per i problemi della vita reale 3.
la persona tenta di ignorare o di sopprimere tali pensieri, impulsi o immagini, o di neutralizzarli con altri pensieri o azioni 4.
la persona riconosce che i pensieri, gli impulsi, o le immagini ossessivi sono un prodotto della propria mente (e non imposti dall’esterno come nell’inserzione del pensiero). Compulsioni come definite da 1. e 2.: 5.
comportamenti ripetitivi (per es., lavarsi le mani, riordinare, controllare) o azioni mentali (per es., pregare, contare, ripetere parole mentalmente) che la persona si sente obbligata a mettere in atto in risposta ad un’ossessione o secondo regole che devono essere applicate rigidamente 6.
i comportamenti o le azioni mentali sono volti a prevenire o ridurre il disagio o a prevenire alcuni eventi o situazioni temuti; comunque questi comportamenti o azioni mentali non sono collegati in modo realistico con ciò che sono designati a neutralizzare o a prevenire, oppure sono chiaramente eccessivi. B. In qualche momento nel corso del disturbo la persona ha riconosciuto che le ossessioni o le compulsioni sono eccessive o irragionevoli. Nota: Questo non si applica ai bambini. C.
Le ossessioni o compulsioni causano disagio marcato, fanno consumare tempo (più di 1 ora al giorno) o interferiscono significativamente con le normali abitudini della persona, con il funzionamento lavorativo (o scolastico) o con le attività o relazioni sociali usuali. D. Se è presente un altro disturbo in Asse I, il contenuto delle ossessioni o delle compulsioni non è limitato ad esso (per es., preoccupazione per il cibo in presenza di un Disturbo dell’Alimentazione ; tirarsi i capelli in presenza diTricotillomania; preoccupazione per il proprio aspetto nelDisturbo da Dismorfismo Corporeo ; preoccupazione riguardante le sostanze nei Disturbi Correlati a Sostanze ; preoccupazione di avere una grave malattia in presenza diIpocondria; preoccupazione riguardante desideri o fantasie sessuali in presenza di una Parafilia; o ruminazioni di colpa in presenza di un Disturbo Depressivo Maggiore, Episodio Singolo o Ricorrente). E.
Il disturbo non è dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es., una droga di abuso, un farmaco) o di una condizione medica generale. Specificare se: Con Scarso Insight: se per la maggior parte del tempo, durante l’episodio attuale, la persona non riconosce che le ossessioni e compulsioni sono eccessive o irragionevoli. Principali tipi di ossessioni • Ossessioni aggressive: impulso a compiere atti sgradevoli, immorali od illegali o Caratteristiche ƒ Frequentemente l’impulso riguarda una persona cara o significativa, con conseguente amplificazione dei sensi di colpa ƒ Talvolta, c’è la paura o il dubbio di aver già compiuto l’atto ƒ Tali ossessioni non vengono mai agite: contrariamente ai pazienti con discontrollo degli impulsi, in cui, peraltro, l’impulso è egosintonico e vissuto con desiderio e ricerca del paziente 33 Scaricato da www.sunhope.it
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Esempi ƒ Timore di far male a sé o ad altri ƒ Immagini violente o terrificanti ƒ Timore di lasciarsi sfuggire oscenità od insulti ƒ Timore di fare qualcosa di imbarazzante ƒ Timore di agire sotto altri impulsi: es. derubare una banca, rubare in un negozio ƒ Timore di essere responsabile se le cose andranno male ƒ Timore che possa accadere qualcosa di terribile: incendio, furto, morte Ossessioni di contaminazione: sono le più frequenti: i pazienti sono ossessionati dalla paura dello sporco, della contaminazione con sostanze infettive o disgustose, dei germi, degli insetti o di altri animali o Caratteristiche ƒ Talvolta il disagio è legato alla semplice sensazione di sentirsi sporchi ƒ In altri casi, il timore è quello che la contaminazione possa provocare una malattia o che il paziente possa divenire il vettore di qualche malattia o Esempi ƒ Preoccupazione o disgusto verso escrementi o secrezioni corporee ƒ Preoccupazione eccessiva per sporcizia o germi ƒ Preoccupazione eccessiva per la contaminazione ambientale (amianto, radiazioni, rifiuti tossici) ƒ Preoccupazione eccessiva per le cose di casa (detersivi, solventi, animali domestici) ƒ Preoccupazione di ammalarsi o di contagiare altre persone Ossessioni sessuali o Pensieri, immagini od impulsi perversi o Contenuti sessuali che riguardano bambini, incesto od omosessualità o Pensieri ossessivi di comportamenti sessuali violenti Ossessioni religiose o Preoccupazione di sacrilegio o di blasfemia o Eccessiva preoccupazione sui problemi di moralità Ossessioni di accumulo e raccolta: necessità di conservare ed accumulare (e talvolta persino raccogliere per strada) oggetti insignificanti ed inservibili (riviste e giornali vecchi, bottiglie vuote, confezioni di alimenti etc.), per la enorme difficoltà che hanno nel gettarli Ossessioni dubitative: riguardano le attività quotidiane (serrature, rubinetti, interruttori, finestre) Ossessioni somatiche o Preoccupazioni di malattie o Eccessiva preoccupazione su alcuna parti del corpo o sul proprio aspetto in toto Ossessioni con necessità di simmetria, esattezza od ordine o
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Caratteristiche formali delle ossessioni • Sono contenuti di coscienza caratterizzati da o Iteratività: persistenza e ricorrenza o Intrusività o Incoercibilità o Resistenza: capacità del paziente di lottare contro l’idea intrusiva: può variare in rapporto all’entità dell’interferenza, alla durata della malattia, all’efficacia del meccanismo di controllo compulsivo, alla presenza di un’eventuale comorbidità o Coscienza di malattia (insight): capacità del paziente di riconoscere il contenuto delle proprie ossessioni come irragionevole e prive di senso: varia nel corso della malattia, in relazione a particolari situazioni ambientali od alla presenza di comorbidità o Intensità: essenzialmente riferita all’incoercibilità ed incontrollabilità dell’ossessione, ma anche al suo livello di estraneità ed ego distonia o Interferenza con lo svolgimento delle attività psichiche: dipende sia dalla durata che dall’intensità dell’ossessione • Preoccupazione ossessive in altre sindromi psichiatriche o Preoccupazione per il cibo: disturbo del comportamento alimentare o Preoccupazione per il proprio aspetto: disturbo del dimorfismo corporeo o Preoccupazione per le sostanze: disturbo da abuso di sostanza o Preoccupazione di avere una grave malattia: ipocondria 34 Scaricato da www.sunhope.it
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o Ruminazioni di colpa: depressione maggiore Compulsioni • Compulsioni di pulire‐lavare o Lavaggi delle mani eccessivi o ritualizzati o Fare la doccia, il bagno, lavarsi i denti, pulirsi, in maniera eccessiva o ritualizzata o Coinvolgimento nelle pulizie eccessive oggetti della casa o Altri accorgimenti per rimuovere contatti con oggetti contaminati o Altre misure per rimuovere i contaminanti • Compulsioni di controllo o Controllare porte, serrature, riscaldamento, ascensori, freno a mano dell’auto o Verificare di non aver fatto o di stare per fare male ad altri od a se stessi o Controllare che non stia per accadere niente di terribile o Controllare la presenza di contaminanti • Altre o Compulsioni di calcolo o A mettere in ordine ed organizzare o Da rituali ripetitivi: uscire‐entrare da una porta, alzarsi e sedere o Da accumulo‐raccolta o Rituali mentali o Bisogno di parlare, chiedere o confessare o Bisogno di toccare o Misure per prevenire danni a se stessi o ad altri • Relazione tra ossessioni e compulsioni o Ossessione: contenuti di coscienza (pensieri, immagini, impulsi) o Reazione emotiva: ansia, paura, disgusto, vergogna o Tentativo di controllo volontario o Fallimento o Compulsioni: comportamento od azioni mentali ripetitivi, stereotipati, eccessivi o Sollievo: l’ansia od il disagio si riducono temporaneamente Terapia • Ritardo nell’inizio del trattamento o Decorso tipico: il DOC è tradizionalmente considerato un disturbo cronico ed invalidante, spesso refrattario ad ogni tipo di intervento. Oggi, comunque, la prognosi è parzialmente migliorata: non si utilizza la psicoanalisi, ma come prima scelta si utilizzano psicofarmacologia e terapia cognitivo‐
comportamentale ƒ Esordio dei sintomi: 14‐15 anni ƒ Richiesta di aiuto specialistico: 24 anni ƒ Diagnosi corretta: 30 anni ƒ Trattamento corretto: 31‐32 anni o Fattori che possono spiegare il ritardo nella diagnosi ƒ Ridotta consapevolezza dell’assurdità dei pensieri ossessivi o dei comportamenti compulsivi ƒ Tendenza a mantenere nascosti tali comportamenti, ritenendoli esperienze assurde od incomprensibili dagli altri ƒ Difficoltà di familiari, operatori, amici, a riconoscere questi comportamenti, confondendoli con i rituali frequenti in alcune fasi dello sviluppo o considerandoli espressioni tipiche del carattere ƒ Riluttanza a rivolgersi allo specialista e tendenza a rivolgersi ad altri specialisti ƒ Mancato riconoscimento di DOC da parte degli psichiatri con possibile confusione per frequente coesistenza di altre condizioni psichiatriche, come ansia e depressione • Motivazioni della richiesta di intervento o Da parte del paziente ƒ Lamentele generiche di perdita di efficienza mentale ƒ Ansia marcata, insonnia, depressione 35 Scaricato da www.sunhope.it
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ƒ Preoccupazione a contenuto ipocondriaco sia di natura somatica che psichiatrica ƒ Preoccupazioni dismorfofobiche e sulla propria identità e ruolo sessuale ƒ Disturbi somatici e/o lesioni fisiche di natura incerta o Da parte dei familiari ƒ Progressivo deterioramento del rendimento scolastico ƒ Conflittualità nell’ambiente familiare ƒ Cambiamento dello stile di vita precedente ƒ Abuso di ansiolitici od alcolici Trattamento o Farmacologico ƒ SSRI: clomipramina, fluoxetina, fluvoxamina, sertralina, paroxetina, citalopram • Caratteristiche o Dosaggi più elevati rispetto a pazienti depressi o Buona risposta al trattamento, ma remissione completa solo nel 15% dei casi o Miglioramento indipendente dall’attività antidepressiva dei SSRI o Miglioramento dopo un periodo di latenza di 4‐6 settimane, con aumento progressivo dell’efficacia fino ad una massimo dopo 10‐12 settimane o 30‐40% di non responders: in questi pazienti il trattamento va protratto per 12‐24 mesi • Uso nel trattamento a lungo termine o Obiettivi ƒ Consolidamento dei benefici ottenuti nella fase iniziale ƒ Prevenzione delle ricadute o Efficacia a lungo termine ƒ L’effetto non diminuisce col tempo ƒ Buona tollerabilità con possibilità di riduzione della dose ƒ Terapia per almeno 12‐24 mesi nei non responders (vedi sopra) ƒ Frequenza di ricadute in seguito a sospensione elevata, anche dopo molto tempo (1‐4 anni) o nelle prime settimane: il peggioramento si rende evidente già nelle prime settimane di sospensione. Occorre in questi casi un pronto ripristino del trattamento, che solitamente conduce ad un rapido recupero ƒ Nella fase di mantenimento, una riduzione del 30‐50% dei dosaggi non determina un incremento significativo del rischio di riacutizzazioni della sintomatologia ƒ BDZ: spesso utilizzate come alternative od in associazione agli SSRI, sono solitamente evitate per la dipendenza, la pronta tolleranza e l’ostacolo alla terapia cognitivo‐
comportamentale ƒ Antipsicotici (aloperidolo e clopentixolo, ma anche con atipici): è consigliato un loro utilizzo in associazione agli SSRI solo in casi gravi o in pazienti con concomitante tic o Psicologico‐psicoterapico ƒ Psicoterapia individuale ad orientamento analitico ƒ Psicoterapia individuale breve ad orientamento analitico ƒ Psicoterapia di gruppo ad orientamento analitico ƒ Psicoterapia individuale o di gruppo ad orientamento cognitivo‐comportamentale (vedi avanti) ƒ Gruppi di aiuto e mutuo soccorso ƒ Interventi psicoeducativi sulla famiglia o Tecniche comportamentali: si prefiggono l’obiettivo di interrompere la sequenza ossessione‐ansia‐
compulsione, dissociando l’idea ossessiva dall’ansia con tecniche di esposizione e/o bloccando il rinforzo negativo costituito dal rituale ƒ Tecniche di esposizione • Desensibilizzazione sistematica, in vivo o immaginativa • Desensibilizzazione di urto (flooding), in vivo o immaginativa • Intenzione paradossa 36 Scaricato da www.sunhope.it
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• Saturazione Terapia di blocco • Arresto del pensiero • Prevenzione della risposta • Avversione ƒ Efficacia • Tecniche di esposizione: miglioramento nel 30‐50% dei pazienti, soprattutto in quelli con rituali di lavaggio e con esordio recente • Tecniche di blocco: da sole hanno un’efficacia limitata • Associazione di tecniche di esposizione e di blocco: costituisce il trattamento comportamentale d’elezione o 50‐80% dei casi: risposta favorevole o Miglioramenti mantenuti nel tempo o Psicoterapia cognitiva ƒ Obiettivo: individuazione o ristrutturazione del sistema di convinzione e di regole decisionali, che inducono il paziente ossessivo a valutare cognitivamente determinate situazioni come fonte di minaccia per l’integrità dell’immagine di sè • Esagerato senso di responsabilità • Pensiero magico (fusione pensiero‐azione) • Sovrastima del pericolo • Intolleranza all’incertezza • Perfezionismo ƒ Durata: 1‐2 incontri settimanali per 6‐24 mesi Fattori implicati nella scelta iniziale del trattamento o Età o Gravità della sintomatologia acuta o Carattere del quadro clinico: predominanza di ossessioni o di compulsioni, gravità della sintomatologia depressiva od ansiosa, compromissione dell’insight o Comorbidità con condizioni mediche o psichiatriche o Aspettative, motivazione ed orientamento del paziente o Disponibilità e costi del trattamento Supporto psicoeducativo a paziente e famiglia o Informazioni sulla condizione e sul trattamento o Progetto terapeutico comprensibile e condiviso Motivi per il ricovero (terapia solitamente ambulatoriale) o Valutazione diagnostica o Presenza di una grave condizione depressiva o Elevato rischio suicidario o Compromissione dell’insight o Problemi legati al trattamento o Contesto familiare scarsamente supportivo o francamente espulsivo ƒ
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Par V: Disturbo post‐traumatico da stress (DPTS) Generalità Il trauma psichico è una lacerazione improvvisa, violenta ed imprevedibile dell’integrità psichica, capace di provocare un’alterazione permanente della capacità di adattamento del soggetto. La psicoanalisi definisce il trauma come quell’esperienza psichica che la persona non può assimilare né elaborare né tollerare, per cui l’unica difesa contro l’angoscia intollerabile è l’eliminazione totale o parziale del contenuto ideo‐
affettivo del campo di coscienza, mediante la rimozione del livello inconscio dell’apparato psichico. Reazioni traumatiche, comunque, possono verificarsi anche per eventi intrapsichici, conflitti interni quindi e non sole esterni. L’evento traumatico può definirsi come un’esperienza di particolare gravità che: • Supera le normali capacità di adattamento emotivo dell’individuo • Implica una sensazione di minaccia improvvisa ed inaspettata • Compromette il senso di stabilità e di continuità fisica e/o psichica della persona • Incrina le convinzioni consolidate sulla prevedibilità del mondo esterno 37 Scaricato da www.sunhope.it
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Sconvolge i normali processi di discriminazione e di filtro della mente dell’individuo Determina sensazioni di vulnerabilità, impotenza e perdita di controllo Comporta emozioni intense di paura e/o dolore Generalmente riguarda pericoli di vita o relativi all’integrità fisica od uno stretto rapporto con la violenza o la morte. Confronta l’essere umano con gli estremi della disperazione e del terrore ed evoca le risposte alla catastrofe •
Eventi traumatici secondo il DSM‐IV sono: • Accaduti direttamente alla persona o Combattimenti militari o Aggressione personale violenta: violenza sessuale, atto fisico, rapina o Esser rapiti o presi in ostaggio o Attacco terroristico o Tortura o Incarcerazione come prigionieri di guerra od in campo di concentramento o Disastri naturali o provocati o Gravi incidenti automobilistici o Diagnosi di malattie minacciose per la vita • Vissuti in qualità di testimoni o Assistere al ferimento grave od alla morte di un’altra persona per aggressione violenta, incidente, guerra, disastro o Trovarsi di fronte, inaspettatamente, ad un cadavere od a parti di un corpo • Di cui si è venuti a conoscenza o Aggressione personale violenta, grave incidente o gravi lesioni subite da un membro della famiglia o da un amico stretto o Morte improvvisa, inaspettata, di un membro della famiglia o di un amico stretto o Malattie minacciose per la vita di un proprio bambino Altre caratteristiche sono: • Prevalenza di eventi traumatici elevatissima o Uomini: aggressioni violente, incidenti mortali, coinvolgimento in uno scontro a fuoco o Donne: stupro, molestie sessuali, aggressioni violente (anche in ambito domestico) • Fattori di rischio o Legati all’evento: tipo di evento (individuale o collettivo), gravità e durata dell’evento, caratteristiche e conseguenze dell’evento o Individuali: sviluppo dell’individuo, fattori socioculturali, fattori biologici, età, malattie preesistenti, precedenti esposizioni, strutture di personalità o Ambientali: contesto, situazione familiare ed affettiva, supporto sociale • Risposte: vengono elaborate tramite significato‐valutazione‐attribuzione e sono acute od a lungo termine o Fisiologiche: modificazioni neurofisiologiche, come quelle dell’asse ipotalamo‐ipofisi‐surrene, il coinvolgimento dell’amigdala e dell’ippocampo o Psicologiche: meccanismi psicologici di difesa o Comportamentali La resilienza indica la capacità di un individuo di superare eventi negativi e traumatici attraverso un adattamento alle richieste dell’ambiente e resistendo con successo a situazioni avverse, imparando così a sviluppare competenze a partire dalle difficoltà e rafforzando la fiducia in sé e nel proprio agire. Indica, quindi, un aspetto fondamentale per l’uomo, ossia la capacità di fronteggiare situazioni di crisi attivando energie e risorse al fine di proseguire lungo una traiettoria di crescita. Non va intesa come una qualità statica (resistenza), ma come il risultato di un’interazione dinamica tra individuo ed ambiente. Caratteristiche principali sono: • Valore: le persone resilienti si sentono amate ed apprezzate, sanno di contribuire a famiglia, scuola e comunità in modo significativo • Speranza ed ottimismo: le persone resilienti hanno sogni e stabiliscono progetti per il futuro, credono che le cose andranno meglio. Per molte di loro, la fede sostiene ed alimenta la speranza nel futuro. 38 Scaricato da www.sunhope.it
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Competenza: sanno come risolvere i problemi e come comunicare con gli altri, posseggono competenze che possono usare a beneficio di sé e degli altri, fanno affidamento sulle proprie abilità e sul senso di competnza per affrontare le difficoltà Bontà: sono empatiche, disponibili e compassionevoli. La loro bontà le spinge ad aiutare gli altri e questo costituisce uno dei momenti più importanti di auto‐aiuto in caso di stress Potere: credono nella loro capacità di cambiare le situazioni. Questo senso di autoefficacia consente di intraprendere azioni positive per superare traumi o per modificare delle condizioni avverse di tipo cronico Comunità: sanno di non dover risolvere da soli i loro problemi, sono parte di famiglie, scuole, quartieri, comunità religiose e questo costituisce un sostegno reciproco per risolvere i problemi Quadro della personalità resiliente: o Autostima positiva o Legami affettivi rilevanti e solidi o Creatività naturale o Rete sociale e relazionale ampia o Ideologia personale che consenta di dare un senso al dolore in modo da diminuire l’aspetto negativo di una situazione conflittuale Reazioni emotive e comportamentali • Caratteristiche generali delle risposte emotivo‐comportamentali ad eventi traumatici o Risposte normali ad esperienze eccezionali, non inequivocabilmente segni di malattia mentale o Qualità adattativa: consentono alla vittima di gestire o di controllare la situazione o Fonte di significativa sofferenza e disagio o Possibile interferenza con la capacità dell’individuo di fronteggiare le conseguenze dell’evento traumatico o Percepite dalla vittima come socialmente inappropriate e fonte di colpa, vergogna ed incapacità o Divengono, prolungandosi nel tempo, elementi disfunzionali per famiglia e comunità • Tipologie o Reazioni emotive ƒ Rabbia, irritabilità, risentimento ƒ Tristezza, depressione, disperazione, mancanza di speranza ƒ Ansia, panico, terrore ƒ Perdita di piacere nelle attività quotidiane ed appiattimento affettivo ƒ Sintomi dissociativi o Reazioni comportamentali ƒ Facilità al pianto ƒ Eccessivo livello di attività, ipervigilanza, reazioni di allarme ƒ Isolamento sociale ƒ Aumentata conflittualità nelle relazioni familiari e sociali ƒ Compromissione delle capacità lavorative o scolastiche o Reazioni cognitive ƒ Confusione, disorientamento, ridotta concentrazione ƒ Ridotta capacità di assumere dedicisoni ƒ Disturbi della memoria ƒ Ridotta autostima, preoccupazioni eccessive ƒ Pensieri e ricordi intrusivi, sentimenti di colpa e di vergogna o Reazioni somatiche ƒ Affaticabilità ed esaurimento fisico ƒ Disturbi del sonno ƒ Senso di costrizione toracica od addominale, disturbi gastro‐intestinali ƒ Lamentele somatiche ƒ Cefalea, perdita dell’appetito, riduzione della libido ƒ Compromissione della risposta immunitaria • Conseguenze dell’evento traumatico o Il 25‐50% degli individui esposti ad esperienze traumatiche presenta consistente segni di disagio psicologico nelle settimane o nei mesi successivi o Oltre il 25% degli individui coinvolti in esperienze traumatiche presenta gravi disturbi psichiatrici a distanza di 1‐2 anni dall’evento 39 Scaricato da www.sunhope.it
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Formazione del disturbo o Evento o Reazione di protesta panico, spossatezza, sintomi dissociativi, pensiero irrazionale o Diniego reattività eccessiva evitamento: tentativi di suicidio, droghe, depressione o Intrusione fobie, angoscia, ipervigilanza, iperarousal o Elaborazione: se bloccata, conduce a reazioni psicosomatiche, comportamenti disadattavi, disturbi sintomatici o Integrazione: se non raggiunta, provoca disturbi della personalità con incapacità ad agire o ad amare Quadri clinici • Disturbi provocati o Disturbi mentali od organici secondari a traumi cranici, esposizione a sostanze tossiche, malattie o disidratazione o Disturbo acuto da stress o Disturbo d’adattamento o Disturbo post‐traumatico da stress (DPTS) o Disturbo da attacco di panico o Disturbo d’ansia generalizzato, sindrome depressiva maggiore, disturbo da abuso di sostanza • Aspetti importanti nella valutazione delle sindromi da risposta allo stress o Storia degli eventi precipitanti o Sintomi e problemi attuali, specialmente quelli che compaiono dopo l’evento stressante o Significato degli eventi stressanti in relazione agli obiettivi ed alle principali aspettative del paziente o Eventi traumatici del passato e reazioni ad essi o Condizioni di comorbidità o Strategie di coping che il paziente ha a disposizione o Supporti e pressioni sociali, soprattutto quelli modificati dall’evento o Storia di uso di sostanze o farmaci, compreso l’incremento del loro consumo in seguiot all’evento stressante o Aspettative sul trattamento e sul modo in cui potrebbe funzionare o fallire DPTS È una reazione intensa, prolungata ed, a volte, ritardata ad un evento intensamente stressante. È definito secondo i criteri del DSM‐IV: A. La persona è stata esposta ad un evento traumatico nel quale erano presenti entrambe le caratteristiche seguenti: 1) la persona ha vissuto, ha assistito, o si è confrontata con un evento o con eventi che hanno implicato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all'integrità fisica propria o di altri 2) la risposta della persona comprendeva paura intensa, sentimenti di impotenza, o di orrore. Nei bambini questo può essere espresso con comportamento disorganizzato o agitato. B. L'evento traumatico viene rivissuto persistentemente in uno (o più) dei seguenti modi: 1) ricordi spiacevoli ricorrenti e intrusivi dell'evento, che comprendono immagini, pensieri, o percezioni. Nei bambini piccoli si possono manifestare giochi ripetitivi in cui vengono espressi temi o aspetti riguardanti il trauma 2) sogni spiacevoli ricorrenti dell'evento. Nei bambini possono essere presenti sogni spaventosi senza un contenuto riconoscibile 3) agire o sentire come se l'evento traumatico si stesse ripresentando (ciò include sensazioni di rivivere l'esperienza, illusioni, allucinazioni, ed episodi dissociativi di flashback, compresi quelli che si manifestano al risveglio o in stato di intossicazione). Nei bambini piccoli possono manifestarsi rappresentazioni ripetitive specifiche del trauma 4) disagio psicologico intenso all'esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o assomigliano a qualche aspetto dell'evento traumatico 5) reattività fisiologica o esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o assomigliano a qualche aspetto dell'evento traumatico. C. Evitamento persistente degli stimoli associati con il trauma e attenuazione della reattività generale (non presenti prima del trauma), come indicato da tre (o più) dei seguenti elementi: 1) sforzi per evitare pensieri, sensazioni o conversazioni associate con il trauma 2) sforzi per evitare attività, luoghi o persone che evocano ricordi del trauma 3) incapacità di ricordare qualche aspetto importante del trauma 4) riduzione marcata dell'interesse o della partecipazione ad attività significative 5) sentimenti di distacco o di estraneità verso gli altri 40 Scaricato da www.sunhope.it
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6) affettività ridotta (per es., incapacità di provare sentimenti di amore) 7) sentimenti di diminuzione delle prospettive future (per es. aspettarsi di non poter avere una carriera, un matrimonio o dei figli, o una normale durata della vita). D. Sintomi persistenti di aumentato arousal (non presenti prima del trauma), come indicato da almeno due dei seguenti elementi: 1) difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno 2) irritabilità o scoppi di collera 3) difficoltà a concentrarsi 4) ipervigilanza 5) esagerate risposte di allarme. E. La durata del disturbo (sintomi ai Criteri B, C e D) è superiore a 1 mese. F. Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti. E' necessario specificare se il PTSD è "acuto" (se la durata dei sintomi è inferiore a 3 mesi), "cronico" (se la durata dei sintomi è 3 mesi o più), oppure "ad esordio ritardato" (se l'esordio dei sintomi avviene almeno 6 mesi dopo l'evento stressante). Quindi, i sintomi principali sono: • Intrusivi: il paziente rivive in modo persistente l’evento: ricordi sgradevoli, sogni ricorrenti sgradevoli e sensazioni di rivivere l’esperienza, flashback, malessere psicologico intenso • Da evitamento: o Fuga fobica: sforzi per evitare pensieri od attività che evocano il ricordo del trauma o Amnesia dissociativa o Ottundimento affettivo: sentimenti di disagio, di mancanza di interesse, di scarsa affettività • Da iperarousal Manifestazioni cliniche associate sono: • Comportamenti impulsivi: auto‐ od etero‐aggressività • Disturbi dell’affettività: depressione, ansia, attacchi di panico, ostilità, irritabilità, rabbia, labilità emotiva, problemi sessuali • Comportamenti di abuso od autodistruttivi: abuso di alcool o droghe, disturbi del comportamento alimentare, gioco d’azzardo, prostituzione, incapacità di relazionarsi con gli altri • Sentimenti di colpa e di vergogna, di essere irreparabilmente danneggiati • Lamentele somatiche: dolori cronici, ipertensione arteriosa, allergie, asma, disturbi gastrointestinali, mlattie dermatologiche • Modificazioni persistenti della personalità: depersonalizzazione ed altri sintomi dissociativi Tra i principali fattori di rischio si ricordano: • Pre‐traumatici o Sesso femminile o Età <25 anni o Basso livello di istruzione ed economico o Esperienze traumatiche nell’infanzia o Problemi affettivi ed economici nell’infanzia o Disturbi psicopatologici preesistenti o Caratteristiche della personalità o Disturbi psichiatrici nei familiari o Esperienze traumatiche in età adulta • Peri‐traumatici o Intensità dell’evento traumatico o Natura dell’evento traumatico • Post‐traumatici o Reazione immediata post‐traumatica o Ridotto supporto sociale o Conseguenze secondarie legate a danni fisici o perdite Il decorso presenta: 41 Scaricato da www.sunhope.it
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Caratteristiche generali o Nel 25% dei soggetti con DPTS i sintomi tendono a ridursi o scomparire nel giro di giorni o settimane, consentendo al soggetto di riprendere una vita pressocchè normale o Nel 40% dei casi i disturbi persistono per più di un anno o Nel 20‐40% dei soggetti i sintomi sono stabilmente presenti per molti anni ed il disturbo tende ad assumere un andamento decisamente cronico ed invalidante Fattori implicati nell’evoluzione del disturbo o Natura dell’esperienza traumatica: più grave per soggetti che hanno ricevuto violenze ripetute o Fase della vita in cui è avvenuto il trauma: più grave se in età infantile od adolescenziale o Caratteristiche del contesto familiare: più grave in presenza di conflitti tra genitori e di relazioni scarsamente confidenziali con genitori o partner o Presenza di condizioni ambientali che possono favorire la risoluzione: migliore in presenza di una buona rete di supporto sociale ed emotivo Altre considerazioni generali sono che: • I DPTS rimangono generalmente misconosciuti all’interno dei nuclei familiari, sono identificati e diagnosticati con difficoltà dai medici e dagli stesi psichiatri e non sono quindi adeguatamente trattati • I DPTS hanno effetti devastanti sulla salute fisica e mentale delle vittime, modificando radicalmente la percezione dello stato di benessere dell’individuo ed inducono un deterioramento significativo della qualità di vita del soggetto e dell’ambiente familiare • Hanno implicazioni negative in termini di sanità pubblica e di costi per la collettività • I soggetti con DPTS presentano un elevato rischio di sviluppare patologie mediche e psichiatriche associate o Disturbi depressivi con elevato rischio depressivo o Abuso di alcool o di droghe o Altro: dolori cronici, cefalee, disturbi GI, cardiovascolari o respiratoti • Burn out: il personale coinvolto nelle operazioni di soccorso presenta un rischio elevato di reazioni emotive, somatiche, cognitive e comportamentali o Disturbi trauma‐correlati nei soccorritori ƒ DPTS ƒ Sindromi depressive ƒ Disturbi d’ansia: DAG, DAP ƒ Disturbo di somatizzazione ƒ Abuso di alcool o di droghe ƒ Aumentato rischio di comportamenti antisociali e di suicidio ƒ Aumentato incidenza di malattie somatiche o Sintomi di burn out ƒ Eccessiva stanchezza e difficoltà di concentrazione ƒ Disturbi somatici e del sonno ƒ Eccessiva stima di sé e delle proprie capacità: impegno in attività “eroiche” ma avventate, non curanza per la propria sicurezza e per i proprio bisogni essenziali ƒ Cinismo, inefficienza, conflittualità con i colleghi Disturbo acuto da stress È un disturbo che si sviluppa in un individuo che non presenta alcun disturbo manifesto mentale, in risposta ad uno stress fisico e/o mentale di eccezionale portata e che in genere regredisce nel giro di ore o giorni. La vulnerabilità e la capacità di adattamento giocano un ruolo nella comparsa e gravità delle reazioni avverse. Criteri classificativi secondo il DSM‐IV sono: A. La persona è stata esposta ad un evento traumatico in cui erano presenti entrambi i seguenti elementi: 1.
la persona ha vissuto, ha assistito o si è confrontata con un evento o con eventi che hanno comportato la morte, o una minaccia per la vita, o una grave lesione, o una minaccia all’integrità fisica, propria o di altri 2.
la risposta della persona comprende paura intensa, sentimenti di impotenza, o di orrore. 42 Scaricato da www.sunhope.it
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B. Durante o dopo l’esperienza dell’evento stressante, l’individuo presenta tre (o più) dei seguenti sintomi dissociativi: 1.
sensazione soggettiva di insensibilità, distacco o assenza di reattività emozionale 2.
riduzione della consapevolezza dell’ambiente circostante (per es., rimanere storditi) 3.
derealizzazione 4.
depersonalizzazione 5.
amnesia dissociativa (cioè incapacità di ricordare qualche aspetto importante del trauma). C.
Marcato evitamento degli stimoli che evocano ricordi del trauma (per es., pensieri, sensazioni, conversazioni, attività, luoghi, persone). D. Sintomi marcati di ansia o di aumentato arousal (per es., difficoltà a dormire, irritabilità, scarsa capacità di concentrazione, ipervigilanza, risposte di allarme esagerate, irrequietezza motoria). E.
Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o menomazione del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti, oppure compromette la capacità dell’individuo di eseguire compiti fondamentali, come ottenere l’assistenza necessaria o mobilitare le risorse personali riferendo ai familiari l’esperienza traumatica. F.
Il disturbo dura al minimo 2 giorni e al massimo 4 settimane e si manifesta entro 4 settimane dall’evento traumatico. G. Il disturbo non è dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es., una droga di abuso, un farmaco) o di una condizione medica generale, non è meglio giustificato da unDisturbo Psicotico Breve e non rappresenta semplicemente l’esacerbazione di un disturbo preesistente di Asse I o Asse II. Alcune differenze tra disturbo acuto da stress (DAS) e DPTS sono: • Presenza di sintomi dissociativi durante e dopo l’esposizione al trauma nel DAS, ma non nel DPTS • Durata del disturbo diversa o DAS: da 2 giorni a 4 settimane o DPTS: più di un mese • Esordio sintomatologico diverso o DAS: entro 4 settimane o DPTS: in qualsiasi momento Terapia • Caratteristiche generali o Obiettivi ƒ A breve termine: gestione della crisi e contenimento dei sintomi più eclatanti ƒ A lungo termine: risoluzione dei vissuti emotivi ansiogeni e delle distorsioni cognitive legate all’evento traumatico. La remissione dei sintomi è strettamente legata alla capacità deò soggetto di ricostruire e rielaborare l’esperienza traumatica o Fattori essenziali per il successo della terapia ƒ Espressione delle emozioni legate ai ricordi dell’evento traumatico ƒ Elaborazione dei ricordi collegati all’esperienza traumatica ƒ Riorganizzazione e ristrutturazione delle distorsioni cognitive relative al mondo, al sé ed al futuro indotte dal trauma • Interventi psicologici o Tecniche di addestramento alla gestione dello stress: sono volte a fare acquisire al soggetto capacità di gestione degli effetti dell’evento traumatico o Terapia ad orientamento cognitivo: ha lo scopo di modificare i pensieri, le convinzioni e gli assunti irrazionali legati od indotti dall’esperienza traumatica o Terapia ad orientamenti comportamentale: si propone di aiutare il soggetto a confrontarsi con ricordi e situazioni legate al trauma, in maniera immaginaria o reale, sdrammatizzando il vissuto delle esperienze traumatiche e rinforzando l’innocuità nel ricordarle o Psicoterapia ad orientamento psicodinamico: focalizzano l’attenzione sul significato dell’evento traumatico e sui meccanismi difensivi responsabili della trasformazione dei ricordi rimossi del trauma nei sintomi di disfunzione del disturbo 43 Scaricato da www.sunhope.it
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Interventi farmacologici o SSRI: sertralina, fluoxetina, paroxetina, fluvoxamina o BDZ: alprazolam, clonazepam o Stabilizzanti dell’umore: carbamazepina, valproato, lamotrigina, litio o Antipsicotici: clorpromazina, aloperidolo Generalità conclusive sullo stress Lo stress è una reazione dell’organismo a sollecitazioni provenienti dall’esterno: gli stressors sono di natura psicologica o fisica: • Ciclo attivato dallo stress o La mente umana valuta il significato dello stimolo (reazione cognitiva) e vi fa seguire un’attivazione emozionale più o meno intensa o L’attivazione emozionale induce le modificazioni biologich e comportamentali proprie della reazione da stress • Sindrome generale da disadattamento o Fase di allarme: vi sono modificazioni biologiche ed ormonali ƒ Shock: perdita del tono muscolare, aumento della frequenza cardiaca, caduta della pressione arteriosa e della temperatura (“effetto sorpesa”) ƒ Contro‐shock: mobilità dei meccanismi di difesa che ribaltano le reazioni fisiologiche della fase di shock o Fase di resistenza: l’organismo si organizza funzionalmente in senso difensivo ƒ Miglioramento e scomparsa dei sintomi iniziali ƒ Diminuzione della resistenza ad altri stimoli nocivi o Fase di esaurimento: crollo delle difese ed incapacità di adattarsi ulteriormente ƒ Fase di perdita graduale della capacità di adattamento allo stressor ƒ Insorgenza di patologie psicosomatiche di altro tipo • Legge di Yerkes‐Dodson: si basa sul presupposto che lo stress è uno stato fisiologico normale ed è anzi una condizione capace addirittura di migliorare le capacità prestazionali dell’individuo. Lo stress è una condizione fisiologica dell’organismo, anche se in alcune circostanze può produrre patologia, come quando lo stimolo agisce con grande intensità o per periodi prolungati. Quindi, un individuo sottoposto a livelli fisiologici di stress migliora le prestazioni, anche quelle che riguardano l’apprendimento. Di conseguenza la legge di Yerkes‐Dodson postula che l’organismo, per raggiungere livelli ottimali di efficienza, ha bisogno di operare in rapporto a quantità di stress non estreme: sollecitazioni eccessive o carenza di stimoli hanno effetti negativi sull’efficienza. • Risposte allo stress o A breve termine: variazioni adattative per migliorare la risposta allo stress: mobilizzazione risorse energetiche o A lungo termine: variazioni antiadattative: ulcera gastrica, aumento suscettibilità ad infezioni, malattie reumatiche ed autoimmunitaria, sindrome del colon irritabile, ipertensione ed aterosclerosi, coronaropatie, diabete mellito, morbo di Cushing 44 Scaricato da www.sunhope.it
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Lez I Prof. Maj: Sindromi affettive Par I: Depressione Generalità L’umore va inteso come una dimensione complessa della vita psichica dell’uomo, nella quale confluiscono aspetto emozionali, affettivo‐sentimentali, cognitivi, temporali, motivazionali e motori, che colora di sé tutta la vita dell’individuo, costituendo una sorta di griglia percettiva ed elaborativa con cui si dà significato alla realtà. È profondamente alterata nella depressione. La tristezza è il dolore che coglie l’essere umano quando un avvenimento avverso colpisce la sua esistenza precaria o quando la discrepanza tra la vita com’è e come potrebbe essere diventa il centro della sua fervida riflessione (demoralizzazione). Essa colpisce fino al 70% della popolazione e può considerarsi una conseguenza di eventi sfavorevoli, di cui rappresenta una risposta proporzionata per durata ed intensità all’evento. La tristezza, tuttavia, è sostanzialmente diversa dalla depressione, ed in particolare dal dolore depressivo: la qualità che fa traghettare dolore e tristezza nella depressione può essere riconosciuta nella loro pervasività, nell’interessare soma e psiche allo stesso modo, nella loro fissità, nel non essere più modificabili dalle situazioni esterne, tristi o liete, nell’intensità del dolore, che tende a congelare vissuti psichici e somatici in un unico blocco, privo di spinta evolutiva. Dunque, la depressione risulta una patologia dell’umore, caratterizzata da un insieme di sintomi cognitivi, comportamentali, somatici ed affettivi, nel loro insieme in grado di diminuire in maniera da lieve a grave il tono dell’umore, compromettendo la qualità di vita, lavorativa e sociale del soggetto. La depressione non è quindi un semplice abbassamento dell’umore, ma un insieme di sintomi più o meno complessi che alterano, anche in maniera consistente, il modo in cui una persona ragiona, pensa e raffigura se stessa, gli altri ed il mondo esterno, risultando di conseguenza, come detto, profondamente differente dalla tristezza normale. Inoltre, la depressione può insorgere a ciel sereno o come risposta sproporzionata ad un evento per durata ed intensità. La distimia, invece, è la presenza di un umore cronicamente depresso, per un periodo di almeno due anni: in questo caso, i sintomi depressivi, nonostante la loro cronicità, sono meno gravi e non si perviene mai ad un episodio depressivo maggiore. In realtà, comunque, non esiste un’unica depressione, ma una gamma di condizioni che nascono, si manifestano e si curano in maniera differente (formano quindi le “sindromi depressive”, ossia un insieme di sintomi e segni psichici e somatici caratteristici): • Depressione maggiore o melanconica: i sintomi sono tali da compromettere l’adattamento sociale • Depressione minore o ansiosa • Episodio singolo o ricorrente • Disturbo depressivo non altrimenti specificato • Forme intermedie o miste Dati epidemiologici • La depressione è la prima causa di disfunzionalità tra soggetti di 14‐44 anni, precedendo quindi malattie cardiovascolari e neoplastiche 45 Scaricato da www.sunhope.it
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Maggior vulnerabilità del sesso femminile: riconducibile, oltre che a fattori psicosociali, anche a fattori biologici legati a variazioni fisiologiche dell’equilibrio ormonale (post‐partum, fase premestruale) o ad assunzione di anticoncezionali La depressione può potenzialmente colpire tutte le fasce d’età, ma l’esordio si esprime generalmente in un picco bimodale: 15‐19 anni e 25‐29 anni La prevalenza della depressione, in costante aumento negli ultimi anni, fenomeno accompagnato da una riduzione dell’età d’insorgenza, aumenta, fino ad un certo punto, con l’età: o Prevalenza puntiforme: è la prevalenza della malattia in una certa popolazione in un certo periodo ƒ Età prescolare: 0,3% ƒ Età scolare: 3% ƒ Età adolescenziale: 6‐8% ƒ Donne in età adulta: 10‐25% ƒ Uomini in età adulta: 5‐12% o Prevalenza lifetime: è il rischio di svilupparla patologia nel corso di tutta la vita ƒ Depressione • Donne: 10‐25% • Uomini: 5‐12% ƒ Disturbo distimico: 6% o Probabilità di avere almeno un episodio depressivo durante la vita ƒ nelle donne: 45% ƒ negli uomini: 27% La depressione peggiora la prognosi di varie patologie organiche (malattie cardiovascolari; DM, in cui aumenta il rischio di complicanze quali neuropatia, retinopatia, patologie cardiovascolari, disfunzione erettile) Eziopatogenesi Tra i fattori eziopatogenetici si ricordano: • Fattori predisponenti o Genotipo: in particolare, sembra rilevante l’alterazione del gene dell’human serotonin transporter (proteina che trasporta la ST attraverso la membrana plasmatica), presente in due possibili alleli: corto (S: short) e lungo (L:long). La presenza di un allele S è correlata ad un aumento del rischio di depressione in risposta ad eventi stressanti, la presenza di due alleli S è ancor più predittiva o Familiarità: è tanto più importante quanto più il quadro si avvicina alla depressione maggiore e quanto più è precoce, soprattutto quindi nei bambini: secondo alcuni Autori, nei bambini figli di depressi, l’insorgenza deriverebbe da uno scorretto rapporto genitoriale instaurato dal genitore depresso con il figlio geneticamente predisposto; in realtà, vari studi dimostrano che l’insorgenza di depressione in figli di genitori depressi è 8 volte maggiore rispetto ai figli di persone non depresse, anche se i bambini crescono in una famiglia adottiva con genitori non depressi. Comunque, la depressione segue un modello di ereditarietà poligenica influenzato dall’ambiente o Personalità premorbosa: isterica, ossessiva, dipendente: ne deriva un’alterazione del significato attribuito agli eventi o Coping: abilità di fronteggiare situazioni stressanti o Temperamento depressivo: è predisposto alla distimia, caratterizzato da bassa autostima, sentimenti depressivi, insicurezza, introversione o Fattori psicosociali ƒ Stress psicosociale: è costituito soprattutto da cambiamento improvvisi nell’ambito socio‐
relazionale dell’individuo: perdita di un genitore prima degli 11 anni, separazione da un genitore (o comunque episodi di perdita e separazione in generale), ambiente familiare disturbato, anomalie nella relazione genitore‐bambino (specie madre‐figlio), episodi di abuso fisico o sessuale. È importante sottolineare come recenti studi di neuroscienze abbiano sottolineato l’importanza dei fattori neurobiologici rispetto a quelli psicosociali: infatti, alterazioni genetiche, come quelle a livello della trasmissione GABAergica (alterata nella depressione post‐partum) e STergica (vedi dietro), inducono una forte predisposizione a sviluppare la depressione ƒ Eccessiva attività del sistema motivazionale agonistico: è la tendenza a vivere la realtà come una sfida e ad affrontare le situazioni con un senso di competizione eccessivo, che porta ad un senso di frustrazione e sconfitta 46 Scaricato da www.sunhope.it
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Fattori precipitanti o Eventi di perdita, separazione od insuccesso o Alcuni periodi della vita della donna (parto, menopausa, periodi premestruali) o Malattie croniche od invalidanti (infarti, tumori, etc.) o Uso di alcuni farmaci: reserpina ed altri antipertensivi, neurolettici, corticosteroidi, IFN. Fattori protettivi o Supporto sociale significativo: presenza di una rete sociale ampia e solidale o Vita affettiva e lavorativa soddisfacente Riguardo, invece, la patogenesi, un primo approccio è stato quello applicato in seguito all’utilizzo della reserpina. La reserpina, infatti, diminuendo la quantità di alcune monoamine, ST e NA, induceva depressione; l’isoniazide, farmaco antitubercolare, al contrario, per la sua capacità di inibire le monoaminoossidasi (MAO), era capace di migliorare i sintomi depressivi. Ne conseguì l’ipotesi monoaminergica della depressione: la depressione era vista come uno squilibrio nell’azione di alcuni neurotrasmettitori. Tuttavia, le evidenze indicano la necessaria implicazione di altri fattori. Di conseguenza, un altro fattore alterato è stato riscontrato nell’asse ipotalamo‐ipofisi‐surrene: quest’asse regola la risposta allo stress (ipotesi della diatesi da stress). Nei pazienti depressi quest’asse è iperattivo (ipotesi ansia‐
iperarousal con iperattivazione di quest’asse‐depressione?) con elevati livelli di cortisolo nel sangue. Elevati livelli di cortisolo provocano, infatti, effetti dannosi per tutto l’organismo, tra cui: insonnia, diminuzione dell’appetito, effetti diabetogeni, osteoporosi, diminuzione della libido, aumento dell’ansia, immunosoppressione, danni a vasi cerebrale e cardiaci per l’aumento della pressione arteriosa. La minor o maggior risposta allo stress da parte di quest’asse sarebbe dovuta a fattori genetici ed ambientali: comunque, quest’asse sembra maggiormente implicato negli adulti che nei bambini. A queste ipotesi si è aggiunta poi l’ipotesi neurotrofica (vedi farmaci antidepressivi): queste ipotesi costituiscono oggi un unicum, in cui ogni fattore, monoaminergico, neurotrofico o dell’asse ipotalamo‐ipofisi‐surrene gioca un ruolo. Infine, va ricordato come a queste modificazioni biochimiche si aggiungono, e si riscontrano tramite tecnihce di neuroimaging, modificazioni metaboliche (a livello di corteccia paralimbica, temporale anteriore, cingolare, prefrontale ed orbitofrontale, nonché di altre strutture quali amigdala, talamo e gangli della base) e neuro anatomiche (specie a livello di corteccia frontale e temporale). Quadro clinico generale • Sintomatologia dell’area affettivo‐emotiva o Modificazione dei vissuti del soggetto verso se stesso, gli altri e la realtà o Umore depresso: tristezza, pessimismo, scoraggiamento, non modificabili da avvenimenti esterni: l’esperienza depressiva, pur simile nelle sue caratteristiche alla tristezza, se ne distacca qualitativamente per la sua pervasività, persistenza ed immodificabilità e, soprattutto, per la dimensione assunta dal dolore, fenomeno primario e centrale della depressione o Dolore: è un’esperienza soggettiva di difficile definizione e comunicazione, derivante dall’idea di un male persistente, attuale ed immodificabile. Si caratterizza per la sua costante presenza e pervasività, interessa tutta la vita ed è l’elemento centrale depressivo o Anedonia: è l’incapacità di provare gioia e piacere, fino all’indifferenza verso tutte le attività della vita finanche verso aspetti fisiologici della vita, come mangiare, bere, sesso o Perdita dell’attaccamento affettivo: il paziente avverte una condizione di profondo distacco nei confronti delle persone a cui è legato affettivamente (“sentimento di mancanza del sentimento”) o Perdita del senso del comico: il paziente non riesce a partecipare al piacere ed al divertimento degli altri o Sentimenti di colpa, inutilità, bassa autostima, sentimenti negativi verso se stessi o Sintomi di ansia: tensione, inquietudine, fino all’angoscia o Helplessness ed hopelessness • Sintomi dell’area della psicomotricità: o Rallentamento psicomotorio: movimenti spontanei globali ridotti, profondo senso di astenia o Mimica ridotta, fronte aggrottata, angoli della bocca abbassati o Sguardo triste, smarrito e spento o Stupor (nei casi più gravi): stato di immobilità senza manifestazioni di vita psichica, con segni che fanno presupporre un controllo della coscienza o Agitazione psicomotoria: irrequietezza, continua necessità di muoversi, parlare, torcersi le mani o le dita 47 Scaricato da www.sunhope.it
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Sintomi dell’area emotiva o Difficoltà a mantenere la concentrazione e l’attenzione e disturbi della memoria fino alla pseudo demenza o Alterazioni del contenuto del pensiero: idee prevalenti incentrate sui vissuti di colpa, rovina, malattia, morte ed indegnità (scarsa autostima, autoaccusa, indegnità, colpa); idee deliranti (delirio di colpa, di rovina, di negazione corporea); idee incongrue all’umore (di persecuzione, di influenzamento e di veneficio) o Ideazione suicidaria: come idea forte, stabile, protratta o come impulso improvviso o Disturbo del linguaggio: povero nel contenuto, monosillabico con tono della voce basso e monotono Sintomi dell’area somato‐vegetativa: talvolta, questi sono gli unici sintomi a manifestarsi (depressione sottosoglia) o Riduzione della libido e dell’appetito con perdita di peso o Disturbi del sonno: insonnia centrale o terminale, ipersonnia o Cefalea o Dolori al rachide ed agli arti inferiori o Disturbi GI o Facile affaticabilità ed astenia spesso profonda Depressione maggiore • Quadro clinico: è caratterizzata da sintomi che durano almeno due settimane, causando una compromissione significativa del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti o Vissuto di prostrazione e di disperazione: è differente dalla tristezza sul piano sia qualitativo che quantitativo ed è percepito anche a livello fisico o Marcata riduzione d’interesse e del piacere per tutte le attività o Marcato rallentamento psicomotorio: il soggetto parla poco, fino al mutismo, muovendo poco le labbra e può arrivare a rimanere a letto per giorni o Mancanza di energie, affaticabilità, astenia: ogni sforzo diventa pesante o Pensieri di inadeguatezza, inutilità, disperazione, idee di colpa o rovina: possono arrivare a veri e propri deliri congrui all’umore depresso. Il paziente si incolpa di errori del passato (anche di crimini non commessi) e può arrivare al suicidio o Delirio di ipocondria o Allucinazioni: solitamente uditive, con voci che accusano, che rinfacciano le colpe, che initmano di suicidarsi, che piangono o Senso di distacco dall’ambiente: il soggetto può arrivare ad aver disturbo della compagnia o della presenza di altre persone o Il soggetto si sente abbattuto, indolente, vuoto, prosciugato, insensibile, fiacco, esausto, oppresso o Mancanza di appetito e perdita di peso o Disturbi del sonno (soprattutto risveglio precoce) o Difficoltà a concentrarsi ed a ricordare o Pensieri di morte, ideazione suicidaria: la morte, infatti, viene percepita come una liberazione; il paziente ha realmente un forte desiderio di togliersi la vita o Variazione diurna dell’intensità della sintomatologia (peggioramento mattutino) • Altre caratteristiche o Insorgenza in molti casi brusca, “a ciel sereno” ed in altri a seguito di un evento stressante, a cui risponde in maniera abnorme (vedi anche dietro) o Decorso episodico, poco influenzato dagli eventi esterni: spesso è ricorrente o Possibile inquadramento in disturbo bipolare: alternanza con periodi di esaltamento o Frequente familiarità o Risposte molto favorevole a farmaci antidepressivi o Scarsa risposta a psicoterapia • Decorso longitudinale o Ricorrente, senza disturbo distimico, con recupero interpeisodico completo o Ricorrente, senza disturbo distimico, senza recupero interepisodico completo o Ricorrente, con disturbo distimico, con recupero interpeisodico completo o Ricorrente, con disturbo distimico, senza recupero interepisodico completo Depressione minore ansiosa 48 Scaricato da www.sunhope.it
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Quadro clinico: o Umore depresso con tristezza ed abbattimento o Ansia accentuata, in parte somatizzata o Pessimismo, senso di incapacità ed inutilità o Tendenza ad auto compiacersi e ad incolpare gli altri delle proprie condizioni o Irrequietezza motoria o Astenia ed affaticabilità, meno marcate che nella depressione maggiore o Insonnia (difficoltà di addormentamento) o Instabilità ed apprensività o Disturbi della concentrazione e sensazione di “mente vuota” o Pensieri di morte, tentativi di suicidio “dimostrativi”, cioè finalizzati a richiamare l’attenzione su di sé (il paziente minaccia ed informa delle intenzioni, li attua in presenza di altre persone, avverte altre persone dopo aver commesso l’atto, impiega mezzi meno “efficaci”, come l’utilizzo di farmaci od il taglio delle vene) o Mancanza di variazione diurna dell’intensità della sintomatologia o peggioramento serale Altre caratteristiche o Insorgenza a seguito dei eventi stressanti o di conflitto prolungato o Decorso cronico o sub cronico, influenzato dagli eventi esterni o Mai alternanza con periodi di esaltazione o Familiarità meno frequente o Risposta meno marcata e costante ai farmaci antidepressivi o Miglior risposta alla psicoterapia Criteri diagnostici per disturbo depressivo maggiore A. Cinque (o più) dei seguenti sintomi sono stati contemporaneamente presenti durante un periodo di 2 settimane e rappresentano un cambiamento rispetto al precedente livello di funzionamento; almeno uno dei sintomi è costituito da 1) umore depresso o 2) perdita di interesse o piacere. Nota Non includere sintomi chiaramente dovuti ad una condizione medica generale o deliri o allucinazioni incongrui all’umore. 1. umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno, come riportato dal soggetto (per es., si sente triste o vuoto) o come osservato dagli altri (per es., appare lamentoso). Nota: Nei bambini e negli adolescenti l’umore può essere irritabile 2. marcata diminuzione di interesse o piacere per tutte, o quasi tutte, le attività per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno (come riportato dal soggetto o come osservato dagli altri) 3. significativa perdita di peso, senza essere a dieta, o aumento di peso (per es., un cambiamento superiore al 5% del peso corporeo in un mese) oppurediminuzione o aumento dell’appetito quasi ogni giorno. Nota: Nei bambini, considerare l’incapacità di raggiungere i normali livelli ponderali 4. insonnia o ipersonnia quasi ogni giorno 5. agitazione o rallentamento psicomotorio quasi ogni giorno (osservabile dagli altri, non semplicemente sentimenti soggettivi di essere irrequieto o rallentato) 6. faticabilità o mancanza di energia quasi ogni giorno 7. sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati (che possono essere deliranti), quasi ogni giorno (non semplicemente autoaccusa o sentimenti di colpa per essere ammalato) 8. ridotta capacità di pensare o di concentrarsi, oindecisione, quasi ogni giorno (come impressione soggettiva o osservata dagli altri) 9. pensieri ricorrenti di morte (non solo paura di morire), ricorrente ideazione suicidaria senza un piano specifico, o un tentativo di suicidio, o l’ideazione di un piano specifico per commettere suicidio. B. I sintomi non soddisfano i criteri per un Episodio Misto. C. I sintomi causano disagio clinicamente significativo ocompromissione del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti. D. I sintomi non sono dovuti agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es., una droga di abuso, un medicamento) o di una condizione medica generale (per es., ipotiroidismo). E. I sintomi non sono meglio giustificati da Lutto, cioè, dopo la perdita di una persona amata, i sintomi persistono per più di 2 mesi o sono caratterizzati da una compromissione funzionale marcata, autosvalutazione patologica, ideazione suicidaria, sintomi psicotici o rallentamento psicomotorio. 49 Scaricato da www.sunhope.it
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Considerazioni aggiuntive • Altri disturbi dell’umore di tipo depressivo o Distimia (vedi dietro) o Disturbo dell’adattamento con umore depresso: è conseguenza di uno o più fattori stressanti e si manifesta in genere entro tre mesi dall’inizio dell’evento con grave disagio psicologico e compromissione sociale. Solitamente, eliminato il fattore di stress, tale depressione scompare entro 6 mesi o Depressione secondaria a ƒ Malattie: SM, morbo di Parkinson, tumori cerebrali, morbo di Cushing, LES: queste patologie possono presentare la depressione come sintomo iniziale ƒ Farmaci (vedi dietro) o Depressione mascherata: si manifesta principalmente con sintomi cognitivi, somatici o comportamentali o Depressione post‐partum • Elevata comorbidità in entrambi i tipi o Disturbi d’ansia o Disturbi dismorfofobici o Condotte d’abuso o DPTS o Schizofrenia • Dove si incontrano o Depressione maggiore: prevalentemente nei reparti e negli ambulatori di psichiatria o Depressione minore: negli ambulatori dei medici di base; negli studi privati di psichiatri, psicologi, neurologi; negli ambulatori di psichiatria Terapia • Farmacologica o ATC ad azione prevalentemente serotoninergica: imipramina, clomipramina. Sono poco usati per i notevoli effetti collaterali (aanticolinergici, ipotensione ortostatica, rallentamento della conduzione cardiaca; depressione cardiorespiratoria in caso di sovradosaggio) o ATC ad azione prevalentemente noradrenergica: desipramina, nortriptilina, maprotilina. Non sono più utilizzati, per i notevoli effetti collaterali e le controindicazioni: ad esempio, i paziente non potevano assumere formaggio per la notevole presenza di tiramina (possibile comparsa di crisi ipertensive) o ATC ad azione non selettiva: amitriptilina, dotiepina, trimipramina o I‐MAO irreversibili: tranilcipromina o I‐MAO reversibili: moclobemide o SSRI: fluoxetina, fluvoxamina, sertralina, paroxetina, citalopram o SNRI: venlafaxina, duloxetina o NARI: reboxetina o Altri ad attività prevalentemente serotoninergica: trazodone, nefazodone o Altri ad attività prevalentemente noradrenergica: mianserina o Altri ad attività mista: mirtazapina o Melatonina per migliorare i disturbi del sonno • Psicoterapica o Ad orientamento cognitivo: ha come bersaglio le componenti cognitive, tra cui la paranoia. È breve (15‐20‐30 sedute) o Ad orientamento interpersonale: ha come bersaglio le relazioni con partner, famiglia, colleghi di lavoro etc. o Ad orientamento psicodinamico: ha come obiettivo la ristrutturazione e reinterpretazione di eventi precoci. Sono molto più lunghe Alte considerazioni sono: • Costi delle depressioni o Diretti: visite mediche, ospedalizzazione, acquisto di farmaci, sedute di psicoterapia 50 Scaricato da www.sunhope.it
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Indiretti: aumentata mortalità, aumento del rischio di altre patologie, assenteismo, ridotta produttività di pazienti e familiari o Intangibili: ridotta qualità di vita del paziente e dei familiari, conflitti coniugali e familiari, emarginazione sociale Fattori che ostacolano la diagnosi di depressione da parte del medico di base: ad oggi infatti circa il 50% dei pazienti depressi non viene diagnosticato o viene trattato in maniera inadeguata (con BDZ o con dosaggi inadeguati) o Insufficiente formazione od aggiornamento dei medici di base o di altri specialisti o Scarsa disponibilità di tempo o Convinzione che sia suo compito occuparsi delle patologie fisiche, ma non di quelle psichiche: spesso infatti i sintomi fisici sono predominanti e la componente psichica risulta trascurata o Paura di danneggiare il paziente con una diagnosi di malattia mentale Cosa possono fare familiari ed amici o Ascoltare con pazienza ed offrire calma e compagnia o Rassicurare la persona depressa assicurandole che uscirà dalla situazione o Citare statistiche o casi di persone che sono uscite dalla condizione o Convincere la persona depressa a rivolgersi allo specialista: offrirsi di prendere l’appuntamento o accompagnarla o Assicurarsi che la persona segua la terapia, si presenti a controllo ed assuma i farmaci (la compliance, infatti, è spesso scarsa) Cosa non devono fare amici e parenti o Esortare la persona a reagire, a mettere buona volontà, a distrarsi (accentuano, infatti, la colpa della persona e danno il senso di non esser compresi) o Incoraggiare la persona depressa a cambiare lavoro, casa o partner o Manifestare incertezze e perplessità riguardo la terapia in corso o
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Par II: Il disturbo bipolare Generalità Il disturbo bipolare è una sindrome la cui caratteristica principale è rappresentata da cambiamenti del tono dell’umore in senso patologico. Può insorgere a ciel sereno ed a seguito di episodi precipitanti. Ha una componente biologica più importante rispetto alla depressione maggiore. Personaggi illustri quali Beethoven, Lord Byron, Winston Churchill, Napoleone Bonaparte, Vincent van Gogh e Jeff Bucley ne avrebbero sofferto. • Caratteristiche dei cambiamenti dell’umore o Non prevedibili: frequentemente fluttuanti, ma senza la presenza di evidenti fattori precipitanti o Incontrollabili: le risposte emozionali sono reazioni inappropriate rispetto agli eventi o Prolungati o Estremi: stati d’animo “alti” o “bassi” o Eccessivi o Accompagnati da altri cambiamenti associati nei pensieri, nel modo di comportarsi ed anche nei sistemi biologici, con compromissione del funzionamento giornaliero o Sconvolgenti il modo di vivere • Quadri o Disturbo bipolare I: depressione + mania o Disturbo bipolare II: depressione + ipomania o Disturbi misti: compresenza di sintomi depressivi e maniacali o Ciclotimia: stato dell’umore instabile, con alti e bassi di intensità inferiore a quella del disturbo bipolare • Cenni epidemiologici o Insorgenza più precoce della depressione (I: 18 anni, II: 22 anni): i casi infantili sono in aumento o Incidenza leggermente maggiore nelle femmine, soprattutto nella forma II o Più frequente fra classi sociali più elevate, paesi industrializzati e single • Ipotesi eziopatogenetiche o Fattori genetici: più definiti rispetto alla depressione maggiore, e nella forma I piuttosto che nella II o Fattori biologici ƒ Neurochimici: alterazioni dei sistemi ST, NA e DA ƒ Neuroendocrini: correlazione con cortisolemia ƒ Immunitari: fenomeni autoimmunitari 51 Scaricato da www.sunhope.it
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ƒ Alterazione dei ritmi biologici ƒ Kindling: stimolazione sottosoglia ripetuta di neuroni di strutture limbiche o Fattori ambientali ƒ Stress psicosociali o lavorativi ƒ Lutti, abusi, perdite affettive Altre caratteristiche o Decorso episodico, poco influenzato da eventi esterni o Elevata familiarità (fino al 50%) o Risposta favorevole a farmaci stabilizzanti dell’umore Mania La mania è una condizione patologica, per certi versi opposta all’episodio depressivo, che si riscontra tipicamente nel disturbo bipolare, ma che può presentarsi anche in altre condizioni, quali la schizofrenia e l’assunzione di alcol e droghe. Nel disturbo bipolare possono riscontrarsi da una a poche fasi maniacali durante l’anno: nei casi gravi risulta necessario il ricovero, dato il potenziale pericolo per sé e per gli altri. Il quadro clinico tipico risulta caratterizzata da: • Elevazione del tono dell’umore: è estremamente instabile, basta cioè un modesto stimolo stressante esterno perché subentrino rabbia, irritabilità, aggressività o profonda tristezza, fluttuazioni solitamente di breve durata, con ritorno, nel giro di minuti od ore, alla precedente condizione di euforia • Disforia: il soggetto è volubile, polemico, scontroso, intollerante, aggressivo • Incremento dell’attività motoria e dell’energia: la mimica e la gestualità sono vivaci, esagerate e mutevoli, l’abbigliamento appariscente, il tono della voce elevato con logorrea e possibile fuga delle idee • Aumento dell’autostima con idee di grandezza fino a deliri congrui od incongrui, anche a sfondo mistico • Eccessivo ottimismo, tendenza a parlare più del solito, aggressività • Assenza di freni inibitori: comportamenti sessuali sconvenienti, investimenti azzardati • Incremento non finalizzato di hobbies ed attività lavorativa: ne deriva una perdita della capacità di raggiungere obiettivi prefissati, una forte diminuzione della produttività ed l’inizio di imprese azzardate ed impulsive (eccessi nello spendere, iniziative anche illegali) • Alterazioni delle funzioni cognitive: deficit dell’attenzione e della concentrazione • Diminuzione delle ore totali di sonno • Aumento dell’appetito e del desiderio sessuale • Eccessiva familiarità nell’approccio ad altre persone • Casi gravi o Furia maniacale o crisi pantoclastia: si tratta di un comportamento molto bizzarro o molto aggressivo o Ideazione suicidaria o Stupor maniacale: è il progressivo offuscamento della coscienza con sintomi catatonici, blocco psichico ed arresto psicomotorio Caratteristiche della depressione nel disturbo bipolare • Alterazioni prevalentemente comportamentali: apatia piuttosto che tristezza, anergia piuttosto che ansia, ipersonnia piuttosto che insonnia • Maggior probabilità di sviluppare sintomi psicotici • Significativa compromissione delle funzioni psicosociali • Sia nel disturbo bipolare I che nel II, la struttura sintomatologica è dominata da sintomi depressivi, piuttosto che ipomaniacali, maniacali o misti: il soggetto affetto da disturbi bipolare passa la maggior parte del tempo di malattia con una sintomatologia depressiva conclamata o sottosoglia Ipomania È una condizione caratterizzata da modesta elevazione dell’umore, chiarezza e positività dei pensieri, incremento di energia e di attività, in genere senza compromissione della funzionalità socio lavorativa. È tipica del disturbo bipolare II, ma può essere indotta anche da farmaci e droghe: • Differenze con la mania o Assenza di sintomi psicotici o Impatto su vita sociale e lavorativa minore 52 Scaricato da www.sunhope.it
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Quadro clinico: o Il paziente è allegro, vivace, assertivo, sicuro di sé, produttivo, instancabile, con limitate necessità di riposo o Il giudizio di realtà è solo parzialmente compromesso o L’umore è instabile con comparsa di stati improvvisi di disforia ed irritabilità o La sintomatologia è percepita come egosintonica: ne risulta una poco frequente richiesta d’aiuto Criteri di ipomania secondo il DSM IV: almeno 4 giorni di 3 o 4 tra: o Autostima ipertrofica o Logorrea o Ridotto bisogno di sonno o Fuga dalle idee, tanto che nemmeno il paziente riesce a seguirne il corso o Distraibilità e deficit di attenzione o Agitazione psicomotoria o Coinvolgimento in attività potenzialmente dannose e/o rischiose Stati misti Il quadro clinico risulta caratterizzato dalla contemporanea presenza di sintomi di entrambe le polarità del disturbo bipolare: i sintomi depressivi e maniacali persistono per un periodo sufficientemente lungo, senza però un chiaro orientamento verso uno dei due disturbi. Decorso Il decorso può essere: • Irregolare • Depressione‐mania‐intervallo libero: l’intervallo libero tende a ridursi col tempo • Mania‐depressione‐intervallo libero • Continuo circolare a cicli lunghi senza intervallo libero: depressione in autunno e mania nei periodi estivi (influenza biologica‐bioritmica) • Continuo circolare a cicli rapidi senza intervallo libero: sono frequentemente riscontrati in psichiatria forense, per le notevoli alterazioni comportamentali, e sono refrattari alla terapia con litio Terapia • Farmacologica: farmaci stabilizzanti l’umore o Litio o Valproato, carbamazepina, lamotrigina o Clozapina, olanzapina, quetiapina • Psicoterapica: la natura più marcatamente biologico‐ereditaria porta ad una serrata discussione circa l’utilità della psicoterapia. Comunque, in associazione alla terapia farmacologica, terapie cognitivo‐comportamentali e di gruppo possono essere d’aiuto. Inoltre, i problemi psicosociali influenzano l’andamento del disturbo, favorendo una scarsa compliance alla terapia, nuove ricadute e la cronicizzazione. La psicoterapia, di conseguenza, ha l’importante compito di guidare il paziente nell’adattamento e nell’accettazione della malattia e di cercare di risolvere i problemi esistenziali non correlati strettamente al disturbo o Approccio psicoeducativo: fornisce al paziente informazioni circa la malattia o Psicoterapia dei ritmi sociali (anche dei bioritmi, come quello sonno‐veglia) • Rischio di double depressione: è il passaggio da una forma minore ad una maggiore di depressione 53 Scaricato da www.sunhope.it
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Lez III, IV Prof.ssa Galderisi: Disturbi del comportamento alimentare Par I: Generalità Introduzione I disturbi del comportamento alimentare rappresentano una grave alterazione del comportamento alimentare non causata da malattie di competenza internistica o chirurgica. Caratteristiche generali importanti sono che: • Costituiscono un problema sociosanitario molto importante, ed in aumento, per tutti i paesi sviluppati • Sono in frequente comorbidità con altri disturbi psichiatrici, come depressione, abuso di sostanze e disturbi d’ansia • Hanno frequenti complicanze fisiche • Hanno un rischio di morte 12 volte maggiore rispetto a soggetti sani confrontabili per età • Hanno una netta prevalenza per il sesso femminile (6:1) • L’esordio è solitamente intorno ai 14‐18 anni, ma comunque è sempre possibile • Non hanno predilezione per alcun ceto sociale • Alcune attività fisiche‐sportive come body building, lotta, canoa, nuoto (nei maschi), danza (nelle femmine), favoriscono il rischio di sviluppare disturbi del comportamento alimentare, in relazione soprattutto con le restrizioni dietetiche previste per tale attività La classificazione del DSM‐IV distingue (tra parentesi la prevalenza in maschi e femmine): • Anoressia nervosa (F 0,9%, M 0,3%) • Bulimia nervosa (F 1,5%, M 0,5%) • Disturbo dell’alimentazione non altrimenti specificato: raggruppa tutti quei casi che non arrivano a soddisfare i criteri per anoressia e bulimia • Binge eating (alimentazione incontrollata) È bene notare come la prevalenza delle sindromi subcliniche sia circa 5 volte maggiore rispetto a quella delle sindrome complete: i soggetti con sindrome parziale o subclinica presentano un consistente grado di psicopatologia, per cui necessitano di attenzione clinica, anche in previsione della possibile evoluzione nel corso dei disturbi alimentari. Di conseguenza, è meglio eccedere in attenzione e prudenza, prestando maggior attenzione a questi casi. Anoressia È la magrezza causata da una comportamento alimentare volontariamente finalizzato alla perdita di peso od al mantenimento di un peso inferiore a quello normale. 54 Scaricato da www.sunhope.it
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Il termine “anoressia”, che letteralmente significa “mancanza di appetito” è fuorviante ed inappropriato, poiché le persone affette da questa sindrome in realtà vorrebbero mangiare, ma si rifiutano di farlo per paura di ingrassare e mettono in atto sforzi estremi per tenere sotto controllo la loro fame, in quanto ossessionati dall’idea di essere o diventare grassi. Questa paura è secondaria ad un’alterazione dell’immagine del proprio corpo, percepito come troppo grasso anche quando la condizione reale è di magrezza o di sottopeso. Le caratteristiche tipiche del disturbo anoressico secondo Brunch sono: • Falsa percezione del proprio corpo • Confusione circa le proprie sensazioni corporee • Senso onnicomprensivo di incapacità L’immagine corporea, solitamente alterata nell’anoressia nervosa, include percezione, immaginazione, emozione e sensazioni fisiche riguardanti il proprio corpo: essa non è statica, ma in continuo cambiamento in relazione ad umore, ambiente ed esperienza fisica; è molto più influenzata dall’autostima che da qualunque caratteristica estetica. La distorsione dell’immagine corporea: • Può riflettere anomalie della percezione, della valutazione di sé od entrambe le cose • Può rappresentare una normale risposta ai cambiamenti improvvisi del corpo (es. amputazioni) • Può essere dovuta a malattie neurologiche o psichiatriche • Rappresenta un fattore di rischio per l’insorgenza del DCA e predice un esito sfavorevole a lungo termina • L’influenza di fattori socioculturali sullo sviluppo dell’immagine corporea è spesso ritenuta responsabile della maggior prevalenza dei DCA tra le donne, in particolare nei paesi occidentali • Numerosi studi hanno riportato associazioni tra una serie di disturbi dell’immagine corporea e comportamenti ed attitudini problematiche nei confronti dell’alimentazione • Modelli sociali ed immagine corporea: l’esposizione alle immagini di corpi femminili proposte dai media ed il confronto tra la propria e l’altrui forma del corpo determinano insoddisfazione per il proprio corpo e stress emotivo. Infatti, le pazienti con anoressia, nonostante il basso peso corporeo, riportano elevati livelli di ansia alla vista di modelle magre o disegni di corpi magri • DCA e gravidanza: un ridotto peso corporeo o la presenza di DCA possono interferire con la possibilità di avere una gravidanza: tra le pazienti che richiedono un trattamento per l’infertilità e presentano irregolarità mestruali, l’incidenza di DCA è del 58%. Inoltre, un ridotto peso corporeo o la presenza di DCA aumentano il rischio di partorire un bambino sottopeso. Criteri diagnostici secondo il DSM‐IV sono: A. Rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra o al peso minimo normale per l'età e la statura (per es. perdita di peso che porta a mantenere il peso corporeo al di sotto dell'85% rispetto a quanto previsto, oppure incapacità di raggiungere il peso previsto durante il periodo della crescita in altezza, con la conseguenza che il peso rimane al di sotto dell'85% rispetto a quanto previsto). B. Intensa paura di acquistare peso o di diventare grassi, anche quando si è sottopeso. C. Alterazione del modo in cui il soggetto vive il peso o la forma del corpo, o eccessiva influenza del peso e della forma del corpo sui livelli di autostima, o rifiuto di ammettere la gravità della attuale condizione di sottopeso. D. Nelle femmine dopo il menarca, amenorrea, cioè assenza di almeno 3 cicli mestruali consecutivi. (Una donna viene considerata amenorroica se i suoi cicli si manifestano solo a seguito di somministrazione di ormoni, per es. estrogeni.) Può essere con o senza abbuffate o condotte di eliminazione (per es. vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi): • Con Restrizioni: nell’episodio attuale di Anoressia Nervosa il soggetto non ha presentato regolarmente abbuffate o condotte di eliminazione (per es. vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi). L’alimentazione è ipocalorica e vengono evitati cibi grassi: un peso inferiore alla norma viene raggiunto con una stretta alimentazione e/o con un esercizio fisico strenuo • Con Abbuffate/Condotte di Eliminazione: nell’episodio attuale di Anoressia Nervosa il soggetto ha presentato regolarmente abbuffate o condotte di eliminazione (per es. vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi). 55 Scaricato da www.sunhope.it
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Da uno studio circa le differenze tra i due sottotipi è emerso che: • Le ragazze affette dal tipo restrittivo hanno un rapporto migliore con la famiglia, soprattutto con la madre • Tuttavia, la frequenza di disturbi mentali della madre è più frequente in pazienti con tipo restrittivo • Le persone affette dalla forma compulsiva sono state vittime, con maggior frequenza rispetto alla forma restrittive, di abuso fisico o sessuale, spesso da parte del padre • In entrambi i casi si è riscontrata un’elevata percentuale di casi di abuso di alcol da parte del padre • Pazienti con forma compulsiva hanno una maggior tendenza all’abuso ed un rischio maggiore di suicidio Caratteristiche generali dell’anoressia sono: • Possibile inizio in coincidenza di una dieta • Euforia per il calo ponderale raggiunto con rinforzo positivo nella lotta contro la fame ed ulteriore calo ponderale. Inizia in questa fase il disturbo dell’immagine corporea con negazione della malattia • Scelta di cibi “non pericolosi”, ipocalorici • Alimentazione rigida e stereotipata con deficit nutrizionali ed alterazioni organiche (amenorrea, disturbi cardiovascolari; vedi dopo) Dato che il soggetto non si rende conto del proprio stato mentale, dovrebbero essere le persone vicine a preoccuparsi per lui. Vi sono, a loro ausilio, segni precoci, campanello d’allarme per questi disturbi: • Notevole perdita di peso, in eccesso rispetto all’eventuale dieta • Preoccupazione per peso, tipo di alimentazione, caloria, contenuto in grassi e dieta in generale • Frequenti commenti ed ansia circa il sentirsi “grassi” od in sovrappeso nonostante la perdita di peso • Negazione della fame • Presenza di rituali alimentari: magiare i cibi in un certo ordine, masticazione eccessiva, attenzione alla disposizione dei cibi nel piatto • Frequenti scuse per evitare gli orari dei pasti o le situazioni in cui si mangia • Regime di esercizio fisico eccessivo e rigido, a dispetto di tempo, stanchezza, fatica, malattia • Ritiro rispetto ad amici ed attività abituali Altre caratteristiche sono: • Fattori di rischio o Cefaloematoma, cioè un’emorragia a livello del cervello dei neonati, da cui potrebbe nascere un danneggiamento permanente dell’encefalo o Parto pretermine: vi sono molte manifestazioni, correlate ad una nascita anticipata, come il ritardo conoscitivo, che possono influenzare i problemi del comportamento, comprese le difficoltà legate all’assunzione di cibo o Anemia, diabete, pre‐eclampsia in gravidanza o Problemi cardiaci neonatali o Fattori psicosociali quali scarsa autostima e tendenza al perfezionismo • Esami diagnostici o Eating attitudes test (EAT‐26): è un questionario composto da 26 domande, che serve a controllare i disturbi dovuti a dieta, preoccupazione per il cibo e disturbi del comportamento alimentare o Eating disorder symptom severity scale (EDS3): serve a studiare la severità dei sintomi che accompagnano l’anoressia: la preoccupazione per l’immagine del proprio corpo, la paura d’ingrassare, l’ansia dovuta al cibo o Eating disorder symptom impact scale (EDSIS): esamina nutrizione, comportamento della persona ed isolamento sociale • Diagnosi differenziale o Ortoressia nervosa: è la ricerca di cibi più sani e semplici, spesso crudi. Nell’anoressia, invece, vi è il desiderio di provare cibi diversi dal solito e molto elaborati o Anoressia riversa o bigoressia o dismorfia muscolare: in questo caso il soggetto cerca di aumentare la massa muscolare. Anche in questo caso vi è un disturbo della propria immagine corporea o Sindrome da alimentazione notturna: l’anoressia nervosa è soltanto una delle fasi della sindrome, che si conclude nel mattina, seguita da iperfagia notturna ed insonnia o Ipertiroidismo: l’individuo dimagrisce anche se mangia molto o Schizofrenia con sitofobia (rifiuto patologico del cibo) • Decorso o Episodio singolo: è un singolo periodo di vita con questo disturbo che si autorisolve. È infrequente 56 Scaricato da www.sunhope.it
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o Episodio ricorrente con intervalli liberi o Cronico Prognosi o Favorevole in 2/3 dei casi recentemente sottoposti a trattamento integrato. La frequenza di abbandono della terapia è comunque notevole o Sfavorevole nel 40% dei casi o Mortalità: 6‐20% dei casi (collasso cardiocircolatorio, aritmie) o Suicidio: 2‐5% dei casi Riguardo, infine, le cause dell’anoressia, esistono vari fattori predisponenti, che, interagendo tra loro, potrebbero indurre lo sviluppo dell’anoressia: • Genetici: è ipotizzata un’alterazione del recettore 5HT2A, tipicamente alterato durante la pubertà • Familiari • Biologici: gli ormoni GI svolgono un ruolo importante nella regolazione neuroendocrina dell’ingestione del cibo e del senso di sazietà. La grelina stimola l’appetito: un suo incorretto funzionamento potrebbe causare, oltre che obesità, anche anoressia nervosa. Inoltre, anche ormoni tiroidei e leptina, ormone che controlla il peso corporeo, sembrano giocare un ruolo • Psicologici: esistono vari fattori di rischio: desiderio di raggiungere un certo standard estetico, difficoltà ad adattarsi a cambiamenti ed eventi stressanti, condizione familiare precaria o condizione di separazione, fallimenti amorosi, difficoltà scolastiche o lavorative, lutti od incidenti, abusi sessuali o fisici. Processo importante nel mantenimento del disturbo è la dismorfofobia: tali persone non solo non sono soddisfatte del loro aspetto, ma non riescono ad osservarlo e percepirlo con obiettività e lo vedono distorto e peggiore della realtà. La dismorfofobia è un vero e proprio disturbo patologico, che va a coinvolgere la rappresentazione del proprio schema corporeo. Inoltre, il soggetto vive uno stato di ansia e depressione in relazione alla situazione, che lo porta a digiunare: la malnutrizione facilita a sua volta uno stato di disforia nell’individuo, intensificando la sua depressione • Psichiatrici: all’origine dell’anoressia vi sarebbe una pregressa positività psichiatrica, in particolare DOC, soprattutto nelle forme compulsive • Sociologici: riguardano soprattutto la famiglia con difficoltà di comunicazione e di relazione familiare: in questi casi l’anoressia sarebbe una sorta di “comunicazione senza parole” del disagio psicologico della persona. Altri contesti sono il contesto di amici, sportivo o lavorativo ipercompetitivo Bulimia nervosa La bulimia (dal greco boulimìa, “fame da bue”) è un comportamento alimentare caratterizzato da abbuffate combinate con condotte di compensazione per evitare che l’ingestione di troppe calorie causi un aumento di peso corporeo: • Abbuffate: sono episodi di durata variabile, durante i quali si ingeriscono grandi quantità di cibo, avendo la sensazione di non poter smettere o di non poter controllare quello che si mangia. L’episodio bulimico è caratterizzato dall’atteggiamento compulsivo con cui il cibo è ingerito, piuttosto che dal desiderio di mangiare un determinato alimento. Gli episodi bulimici sono spesso scatenati da alterazioni dell’umore, stati d’ansia e di stress • Condotte di compensazione: consentono alle persone affette da bulimia di limitare o di evitare l’aumento di peso e possono essere: vomito autoindotto, uso di lassativi, diuretici, enteroclismi, digiuno, esercizio fisico • Confine con anoressia nervosa con abbuffate: è molto vago, si basa sul principio che nell’anoressia, e non nella bulimia, c’è la perdita di peso. Frequente comunque è la transizione da bulimia ad anoressia e viceversa Criteri diagnostici di bulimia nervosa, secondo il DSM‐IV, sono: A. Ricorrenti abbuffate. Una abbuffata è caratterizzata da entrambi i seguenti: • mangiare in un definito periodo di tempo (ad es. un periodo di due ore), una quantità di cibo significativamente maggiore di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso tempo ed in circostanze simili • sensazione di perdere il controllo durante l'episodio (ad es. sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando). B. Ricorrenti ed inappropriate condotte compensatorie per prevenire l'aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici, enteroclismi o altri farmaci, digiuno o esercizio fisico eccessivo. 57 Scaricato da www.sunhope.it
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C. Le abbuffate e le condotte compensatorie si verificano entrambe in media almeno due volte alla settimana, per tre mesi. D. I livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e dal peso corporei. E. L'alterazione non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di Anoressia Nervosa. Può essere con o senza condotte di eliminazione (tipo vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi). Specificare il sottotipo: Con Condotte di Eliminazione: nell’episodio attuale di Bulimia Nervosa il soggetto ha presentato regolarmente vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi. Senza Condotte di Eliminazione: nell’episodio attuale il soggetto ha utilizzato regolarmente altri comportamenti compensatori inappropriati, quali il digiuno o l’esercizio fisico eccessivo, ma non si dedica regolarmente al vomito autoindotto o all’uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi. Ulteriori caratteristiche della bulimia sono: • preferenza per sesso femminile meno spiccata che per l’anoressia • età d’esordio più tardiva • esordio: in genere con abbuffate periodiche, dopo un periodo di restrizione dietetica • peso corporeo variabile tra una condizione di modesto sottopeso a quella di modesto sovrappeso • disturbi associati: depressione, disturbi d’abuso di sostanze, disturbi d’ansia e di personalità
• decorso
o episodi ricorrenti in occasioni di eventi stressanti
o decorso cronico
o episodio singolo
• prognosi: favorevole nella maggior parte dei casi che completano un trattamento integrato
Differenze tra anoressia (A) e bulimia (B) riguardano: • Peso o A: sottopeso o B: peso nella norma o un po’ sovrappeso • Decade di incidenza maggiore o A: seconda decade o B: seconda‐terza decade, ma anche in età maggiore • Richiesta d’aiuto o A: la persona non cerca quasi mai aiuto o B: la ricerca d’aiuto è più frequente • Rapporto con il menarca o A: a volte causa anticipo del menarca o B: no • Diffusione nei soggetti maschili o A: discreta, in aumento o B: maggiore • Decorso o Acuto o cronico o Fluttuante • Malattie precedenti o A: nessuna o B: può seguire un periodo di anoressia • Disturbi mentali associati o A: ansia o B: istinti auto aggressivi • Prognosi o A: positiva soltanto con interventi tempestivi o B: buona in più della metà dei casi, risponde bene alla terapia 58 Scaricato da www.sunhope.it
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Disturbo del comportamento alimentare non altrimenti specificato È costituito da casi che non arrivano a soddisfare pienamente i criteri diagnostici per anoressia e bulimia e da casi in cui è presente un comportamento alimentare anomalo ma non descritto tra i criteri di anoressia o di bulimia. Criteri diagnostici secondo il DSM‐IV sono: Per il sesso femminile, tutti i criteri dell’AN in presenza di ciclo mestruale regolare. Tutti i criteri dell’AN sono soddisfatti e, malgrado la significativa perdita di peso, il peso attuale risulta nei limiti della norma. Tutti i criteri della BN risultano soddisfatti, tranne il fatto che le abbuffate e le condotte compensatorie hanno una frequenza inferiore a 2 episodi per settimana per tre mesi. Un soggetto di peso normale che si dedica regolarmente ad inappropriate condotte compensatorie dopo aver ingerito piccole quantità di cibo (es. induzione del vomito dopo aver mangiato due biscotti) Il soggetto ripetutamente mastica e sputa, senza deglutire, grandi quantità di cibo. Binge eating o distrubo da alimentazione incontrollata È caratterizzato dalla presenza di abbuffate come nella bulimia, ma in assenza di condotte di compensazione: di conseguenza, l’eccesso non compensato di ingestione calorica determina in questi pazienti un sovrappeso od un’obesità vera e propria, con un più improbabile insuccesso della terapia dietetica o chirurgica dell’obesità: • Cenni epidemiologici o Prevalenza molto maggiore in coloro che si sottopongono a programmi di controllo del peso o Prevalenza leggermente maggiore tra le femmine o Insorgenza in tarda adolescenza o nella terza decade di vita • Caratteristiche o Episodi (o giornate) ricorrenti di alimentazione incontrollata con: ƒ Ingestione di grandi quantità di cibo ƒ Sensazione di perdita di controllo nel mangiare o Assenza di comportamenti sistematici di compenso o Aumento di peso corporeo (possibile fenomeno del “weight cycling” od effetto fisarmonica) o Sentimenti di sconfitta, di colpa, disgusto verso se stessi in rapporto con le abbuffate o Almeno 2 giorni a settimana per 6 mesi o Alcuni dati suggeriscono una notevole sovrapposizione tra tutti i disturbi alimentari Par II: Altre caratteristiche BMI •
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<17,5: sottopeso (conduce ad amenorrea) 17,5‐18,4: ai limiti 18,5‐25: normale 25,1‐30: sovrappeso >30: obesità Complicanze • Cause o Malnutrizione ƒ Quantitativa: restrizione alimentare ƒ Qualitativa: incorretta scelta degli alimenti o Comportamenti compensatori: vomito, abuso di diuretici e/o lassativi o Abbuffate: obesità: DM, patologie cardiovascolari, dislipidemia, osteoartrosi, colelitiasi, insufficienza respiratoria, malattie neoplastiche • Mortalità: è maggiore nell’AN (15%) • Alterazioni cardiovascolari: si verificano in circa il 90% dei pazienti anoressici o Meccanismi adattativi: asintomatici entro certi limiti ƒ Bradicardia: da ipertono vagale e da rallentato metabolismo energetico ƒ Ipotensione arteriosa: da ipovolemia o Secondarie alla malnutrizione ƒ Riduzione del volume del cuore senza modifica della sua forma (cuore a goccia) ƒ Riduzione della massa ventricolare ƒ Stravasi pericardici asintomatici 59 Scaricato da www.sunhope.it
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ƒ Prolasso valvola mitrale e tricuspide, dovuto alla di sproporzione ventricolo‐valvola Secondarie ad alterazioni idroelettriche: ipopotassiemie ed ipomagnesiemia: aritmie severe con collasso cardiocircolatoria o Scompenso cardiaco o Segni ECG più comuni ƒ Riduzione del voltaggio ƒ Allungamento QRS e QT ƒ Depressione onda T e tratto ST ƒ Inversione onda T con occasionali onde U o Fattori di vulnerabilità ƒ Durata, severità e rapidità del calo ponderale: soprattutto riduzione del 22,5% del peso ideale ƒ Tipi di comportamento purgativi (gravità decrescente): vomito autoindotto, abuso di lassativi, abuso di diuretici ƒ Durata ed intensità dei comportamenti purgativi ƒ Attività fisica eccessiva ƒ Malattie organiche concomitanti (DM) ƒ Età avanzata ƒ Precedente malattia cardiaca Alterazioni di cute ed annessi o Cute distrofica e secca (xerosi), fredda e con colorito giallognolo (ipercarotinemia) o bruno (cheratinizzazione: “come carta invecchiata” o come se fosse sporca) o Presenza di penuria sottile (lanugine) soprattutto in corrispondenza di faccia, labbro superiore, schiena, braccia, gambe o Capelli fragili e cadenti o Segno di Russel: callosità con iperpigmentazione in corrispondenza delle articolazioni MF, causata dal ripetuto sfregamento con gli incisivi superiori durante l’introduzione delle dita nel cavo orale, per l’induzione di vomito o Presenza di petecchie, specie in regione peripalpebrale, od emorragie congiuntivali o Lesioni infiammatorie in regione periorale (gengivite, cheilite) o Edema periferico benigno (durante la fase di rialimentazione) o Edema severo, secondario all’abuso cronico di lassativi con conseguente iponatriemia ed ipovolemia, che può rapidamente portare a collasso cardiovascolare, infarto renale e pericolo di vita Alterazioni GI o Secondarie al vomito ƒ Erosione dello smalto dentale, specie sulla superficie palatale e linguale dei denti ƒ Carie dentali e gengiviti irritative ƒ Ipertrofia degli elementi salivari (sialoadenosi) bilaterale, che interessa soprattutto le parotidi ƒ Esofagiti, erosioni ed ulcere della giunzione gastro‐esofagea (anche da reflusso per atonia del cardias) ƒ Aumento dell’amilasi sierica, correlata con la frequenza del vomito (amilasi prevalentemente salivare) o Secondarie all’abuso di lassativi ƒ Atonia e rallentamento del transito nel colon con stipsi secondaria ƒ Lesioni coliche • Infiammatorie • Melanosi: dovuta all’antrace presente nei lassativi • Colon catartico: ispessimento, atrofia ed ulcerazione superficiale della mucosa, cisti ed infiltrazione di cellule mononucleate nella sottomucosa o Tipiche di AN ƒ Atonia ed atrofia muscolare gastrica ƒ Ritardo nello svuotamento gastrico: precoce senso di ripienezza gastrica ƒ Stipsi • Drastica restrizione alimentare • Rallentamento del transito nel colon • Peggiorata dall’abuso di lassativi o
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Compromissione della funzionalità epatica con elevazione delle transaminasi, epatomegalia e steatosi ƒ Alterazioni pancreatiche • Morfologiche: riduzione delle cellule acinari, aumento del tessuto fibroso interstiziale, dilatazione dei dotti • Funzionali: riduzione della secrezione stimolata degli enzimi pancreatici • Pancreatiti o Più frequenti nel corso della rialimentazione o Secondarie al ristagno duodenale con conseguente reflusso duodeno‐
pancreatico o Tipiche di BN ƒ Disfagia od odinofagia da alterata motilità esofagea o da lesioni infiammatorie ƒ Aumento della capacità gastrica in relazione alla cronicità delle abbuffate ƒ Rotture esofagee secondarie all’ingestione di massive quantità di cibo (rare) Alterazioni metaboliche o Ipoglicemia asintomatica con alterata sensibilità all’insulina (rischio di DM) o Ipercolesterolemia con aumento del colesterolo LDL o Chetosi, chetonuria (da catabolismo adiposo) con iperuricemia o Iperazotemia (da catabolismo proteico) o Ipoproteinemia (soprattutto globuline) con riduzione dei livelli di alcuni aminoacidi (specie quelli essenziali) o Riduzione dei livelli di zinco: anoressia, perdita di peso, ritardo nella crescita corporea e nello sviluppo sessuale, alterazioni cutanee Alterazioni elettrolitiche: comuni a tutte le forme di DCA in cui siano presenti vomito e/o abuso di diuretici o lassativi o Alcalosi metabolica o Ipocloremia o Ipopotassemia: la nefropatia ipopotassiemica è dovuta all’abuso di lassativi o diuretici e si associa ad IRC con poliuria, polidipsia ed innalzamento della creatinina o Iponatriemia o Ipomagnesemia o Ipofosfatemia: è da trattare con attenzione, in quanto alla rialimentazione può determinarsi uno spostamento troppo rapido di fosfato nelle cellule con rischio di insufficienza cardiaca e di convulsioni Alterazione ematologiche o Leucopenia con riduzione di neutrofili e linfocitosi: secondarie ad ipoplasia del midollo osseo con trasformazione gelatinosa ed, in alcuni casi, necrosi cellulare, dovute ad insufficiente apporto nutritivo o Anemia normocitica‐normocromica da ridotta produzione di Hb o Anemia macrocitica da carenza di B12 o folati o Anemia microcitica da carenza di ferro o Trombocitopenia o NB: la disidratazione può far apparire normali parametri in realtà alterati Alterazioni endocrine o Amenorrea: è dovuta alla ridotta stimolazione ipotalamica della secrezione gonadica, non sempre si corregge col recupero ponderale o Ipercortisolemia: in presenza di normali livelli di ACTH, per ridotta clearance ed aumentata emivita nell’anoressia o Riduzione e disregolazione della secrezione di vasopressina con lieve poliuria o Riduzione della T3 per ridotta conversione di T4 Alterazioni ossee o Patogenesi ƒ Ipoestrogenismo ƒ Alterazioni dell’equilibrio acido‐base ƒ Deficit proteico ƒ Ridotti livelli di somatomedina ƒ Ipercortisolismo 61 Scaricato da www.sunhope.it
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Clinica ƒ Osteopenia da ridotta apposizione corticale ƒ Demineralizzazione ed osteoporosi ƒ Fragilità ossea e fratture Alterazioni muscolari o Apparato muscolare ipotrofico, soprattutto ai cingoli, nonostante la frequente iperattività fisica o Miopatia primitiva con prevalente atrofia delle fibre di tipo II o Aumento CPK Alterazioni morfofunzionali del cervello o AN ƒ TC e RM: ampliamento degli spazi extracorticali e/o dei ventricoli cerebrali durante la fase di calo ponderale e loro completa reversibilità dopo il recupero del peso corporeo (pseudoatrofia) ƒ PET: ipometabolismo assoluto e relativo delle aree corticali ed ipermetabolismo relativo dei nuclei della base e delle aree frontali inferiori durante la fase di dimagrimento, normalizzazione con recupero del peso corporeo o BN ƒ TC e RM: ampliamento dei solchi corticali, delle cisterne e dei ventricoli cerebrali in fase acuta di malattia ƒ PET: inversione dell’asimmetria fisiologica in base alla quale il metabolismo relativo dell’emisfero destro risulta superiore a quello dell’emisfero sinistro Psichiatriche o Depressione (25‐80%): può perdurare anche dopo la guarigione o Ansia (20‐65%) o Tossicodipendenza o Disturbi di personalità o DOC o Rabbia ed aggressività: la mancanza di tale fattore è una caratteristica distintiva dell’AN rispetto alla BN Sindrome da rialimentazione o Il glucosio introdotto con gli alimenti promuove il passaggio di fosfati nello spazio intracellulare o Aumento del volume circolatorio o Potenzialmente ipokaliemia, ipomagnesemia ed ipofosfatemia o Collasso cardiocircolatorio: acuito dalla preesistente compromissione della massa e della muscolatura cardiaca o
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Terapia • Equipe terapeutica: è costituita da medico di base, psichiatra, dietologo o nutrizionista, internista e ha i seguenti obiettivi: o Conoscenze necessarie per porre diagnosi di DCA o Diagnosi differenziale con patologie organiche o Riconoscimento delle possibili complicanze mediche o Monitoraggio delle condizioni clinico‐nutrizionali • Fattori di rischio o Genetici o Complicanze perinatali (le stesse per pazienti schizofrenici) ƒ Anemia, diabete, preeclampsia durante la gravidanza ƒ Problemi cardiaci neonatali ƒ Iporeattività neonatale ƒ Basso peso neonatale: nella BN aumenta il rischio di depressione, obesità e malattie alimentari ƒ Difficoltà alimentari precoci o Caratteristiche della personalità ƒ Scarsa autostima ed insicurezza ƒ Incapacità a riconoscere e distinguere le emozioni ƒ Tendenza al perfezionismo o Sociali 62 Scaricato da www.sunhope.it
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Trattamento dell’AN: la terapia mira al raggiungimento di almeno il 90% del peso corporeo ideale. o Nutrizionale ƒ Introduzione di 1500, 1800 kcal al giorno ƒ Supporto di vitamina D e calcio per contrastare la perdita ossea o Farmacologico: non vi sono sufficienti evidenze di efficacia clinica del trattamento farmacologico sulle dimensioni psicopatologiche specifiche (soprattutto immagine di sé ed autostima). Vengono utilizzati vari farmaci, antidepressivi, antipsicotici, corticosteroidi, con scarsa efficacia. o Psicologico: pochi sono gli studi che documentano l’efficacia della psicoterapia (con l’unica eccezione della terapia familiare per i casi di AN adolescenziale con esordio recente). Il counseling nutrizionale, comunque, è efficace nel promuovere l’incremento di peso e nel migliorare lo stato nutrizionale nel breve periodo. La psicoterapia cognitiva è superiore al counseling nel prevenire le ricadute e migliorare gli aspetti psicopatologici e medici della sindrome. Possibili terapie, comunque, sono: ƒ Terapia analitica cognitiva ƒ Terapia cognitivo‐comportamentale ƒ Psicoterapia interpersonale (familiare o di gruppo) ƒ Terapia focale psicodinamica ƒ Interventi familiari Trattamento BN o Superiorità della psicoterapia cognitiva rispetto al trattamento farmacologico e ad altre forme di psicoterapia o L’approccio multidisciplinare con psicoterapeuta, psichiatra, nutrizionista ed eventuali altri specialisti è il trattamento di scelta o Buon recupero se il trattamento è portato a termine: 16‐20 sessioni per 4‐5 mesi o Psicoterapia interpersonale come scelta alternativa, ma più lunga o Possibile farmacoterapia con SSRI: fluoxetina (+ psicoterapia) Trattamento integrato dei DCA: è necessario per stabilizzare le condizioni fisiche dei pazienti e favorire l’aderenza al trattamento psicologico o Non è la semplice somma dei trattamenti o Intervento ospedaliero, counseling nutrizionale e psicoterapia sono articolati come fasi di un piano unico o Obiettivi ƒ Stabilizzare le condizioni fisiche del soggetto ƒ Consentire una riformulazione psicologica del problema durante le fasi iniziali del trattamento o In caso di emergenze mediche ƒ Ricovero presso un reparto specializzato per la stabilizzazione clinica (TSO): correzione squilibri idroelettrolitici e rinutrizione ƒ Nutrizione con sondino naso‐gastrico in caso di • BMI <14 per AN • BMI <15 per AN con abboffate e purging • HR <45‐50 battiti/min • Ipotensione grave • Grave riduzione di sodio, potassio e calcio • Ipoglicemia severa (glicemia <40‐45 mg/dl) • Alterazioni funzionalità renale, epatica o pancreatica o In assenza di emergenze mediche ƒ Trattamento ambulatoriale, possibile presso strutture con esperienza specifica ƒ Integrazione dei diversi tipi di trattamento: counseling nutrizionale (anche familiare), psicoterapia, farmacoterapia, trattamento delle comorbidità mediche che non richiedono il ricovero Fattori associati ad esito negativo o Peso corporeo <35kg o Più di una ospedalizzazione o Abuso di sostanze ed alcool o Peggior adattamento psicosociale Tecniche integrate 63 Scaricato da www.sunhope.it
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Counseling nutrizionale: focalizza l’attenzione dei pazienti sui fattori cognitivi direttamente correlati a cibo, peso ed aspetto fisico ƒ Facilmente integrabile con farmacoterapia ed interventi ospedalieri ƒ Non si occupa di fattori psicologici: problemi interpersonali ed emotivi del paziente ƒ Rischio di impedire la riformulazione psicologica del disturbo, essenziale per motivare il paziente alla successiva psicoterapia cognitiva Psicoterapia cognitiva: di elezione nella BN Enhanced cognitive behaviour therapy for eating disorders: si basa sulla teoria transonosgrafica ƒ È mirata al trattamento della psicopatologia comune attitudinale, piuttosto che ad uno specifico disturbo ƒ È denominata “enhanced” per l’utilizzo di una varietà di nuove tecniche e procedure atte a migliorare l’esito del DCA, in particolare agendo sugli ostacoli alla motivazione ed al cambiamento ƒ Sono previsti moduli per perfezionismo, autostima e difficoltà nelle relazioni interpersonali Lez II Prof Maj: Le psicosi primarie Par I: Schizofrenia Generalità sulle psicosi primarie Le psicosi primarie, rappresentate da schizofrenia e paranoia, rappresentano gravi disturbi psichiatrici, espressione di una grave alterazione dell’equilibrio psichico dell’individuo, con compromissione dell’esame di realtà e dunque con la negazione come meccanismo di difesa. I sintomi psicotici sono riferibili a: • Disturbi di forma del pensiero: alterazioni del flusso ideativo sino alla fuga delle idee ed all’incoerenza, alterazioni dei nessi associativi (tangenzialità, risposte di traverso, salti “di palo in frasca”) • Disturbi del contenuto del pensiero: ideazione prevalente o delirante. Sono quelli che caratterizzano tutti i quadri psicotici: ad esempio, nella percezione non si osservano evidenti disturbi della forma del pensiero • Disturbi della percezione: allucinazioni uditive (a carattere imperativo, commentante, denigratorio o teologico), visive, olfattive, tattili, chinestetiche, geusiche Questi sintomi possono presentarsi in diverse condizioni (schizofrenia e paranoia sono le psicosi primarie, le altre sono psicosi secondarie): • Disturbi schizofrenici • Disturbi deliranti di tipo paranoide • Disturbi schizoaffettivi • Psicosi acute: schizofreniformi, cicloidi, puerperali etc. • Disturbi di persolaità • Disturbi dell’umore • Disturbi dementigeni • Disturbi organici legati a malattie internisti che o neurologiche: LES, endocrinopatie, malattie renali, corea di Huntington, lesioni od epilessia del lobo temporale o frontale, uso di sostanze (alcol, amfetamina, cocaina, cannabis, allucinogeni) Generalità sulla schizofrenia 64 Scaricato da www.sunhope.it
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La schizofrenia è una malattia psichiatrica caratterizzata da un decorso superiore ai 6 mesi (quindi è tendenzialmente cronico‐recidivante), dalla persistenza di sintomi di alterazione del pensiero, del comportamento e dell’emozione, con una gravità tale da limitare le normali attività della persona. Il termina deriva dalle parole greche “schizo”, scissione, e “phrenos”, cervello: indica quindi una “mente scissa”, sostanzialmente dalla realtà esterna, ma anche da quella interna. Il termine “schizofrenia”, comunque, è un termine generico, che indica non un’entità nosografica unitaria, ma una classe di disturbi, tutti caratterizzati da una certa gravità e dalla compromissione dell’esame di realtà da parte del soggetto. A questa classe, quindi, appartengono quadri sintomatici e tipi di personalità anche molto diversi tra loro, estremamente variabili per gravità e decorso. La schizofrenia è una delle malattie più gravose per la società perché: • Insorge in genere in età giovanile, ma può esordire già nel primo anno di vita od al momento del parto (secondo recenti studi neurobiologici un primo sintomo di schizofrenia sarebbe un parto prematuro: in questi casi, esso deriverebbe da una “schizofrenia”, cioè da una mancanza di collegamento tra il sistema neuroendocrino cerebrale materno e quello del feto) • Accompagna di solito l’individuo per buona parte della vita • Compromette in misura significativa il funzionamento sociale, lavorativo e relazionale del paziente • Incide, di solito in maniera molto rilevante, sulla qualità di vita della famiglia • Suscita spesso una reazione sociale di rifiuto e di emarginazione, che aumenta la sofferenza della persona colpita e dei familiari È bene accennare ad alcuni aspetti epidemiologici • È una malattia ubiquitaria, riscontrata in ogni epoca e cultura • Prevalenza lifetime nella popolazione generale: 0,5‐1% • Prevalenza lifetime tra i familiari di primo grado delle persone affette: 5‐12% • Concordanza tra gemelli o Monozigoti: 50‐65%: nelle coppie di gemelli monozigoti discordanti per malattia, i discendenti del gemello non malato hanno la stessa probabilità di sviluppare la malattia dei discendenti del gemello malato o Dizigoti: 5‐12% • I soggetti con un genitore schizofrenico dati in adozione in epoca precocissima a persone normali hanno la stessa probabilità di sviluppare la malattia dei soggetti con un genitore schizofrenico che crescono con i loro genitori naturali (adoption studies): anche questi dati, come quelli sui gemelli, confermano l’importanza della componente genetica • La prevalenza non ha sostanziali differenze tra maschi e femmine: la malattia tende però a manifestarsi più precocemente nei maschi che nelle femmine. Il ritardo d’esordio nelle femmine è stato ricondotto a diversi fattori quali: o L’accertato effetto neuromodulatorio degli estrogeni sulla sensibilità dei recettori D2 o Alcuni comportamenti delle prime fasi, quali la riduzione della partecipazione e delle iniziative sociali, sono interpretate come patologiche più frequentemente nei maschi che nelle femmine o L’abuso precoce di sostanze, fattori di rischio per la patologia, è più frequente tra i maschi o Traumi perinatali ipossici, prematurità ed immaturità, fattori associati ad un’insorgenza più precoce, sono, per il peso e le dimensioni maggior, più frequenti nel maschio • Età d’esordio: 15‐35 anni. Tuttavia, negli ultimi anni si assiste ad un progressivo abbassamento dell’età d’insorgenza. Inoltre, in caso di esordio dopo i 35 anni, le caratteristiche sono solitamente atipiche o Maschi: unimodale: 18‐25 anni o Femmine: bimodale: 25‐35 e 45‐59 anni o Schizofrenia infantile: con esordio prima dei 12 anni, rara o Schizofrenia con esordio dopo i 65 anni: più frequente nelle donne Eziopatogenesi Si è ormai concordi nell’attribuire la schizofrenia ad un insieme di fattori genetici, biologici, psicologici e sociologi, in cui i fattori genetico‐biologici sembrano preponderanti (vedi anche dietro). Un aumento della produzione della DA sembra giocare un ruolo importante (ipotesi DAergica): i neuroni DA dell’area tegmentale ventrale scaricano molta più DA sui neuroni GABA situati nel sistema mesocorticale (corteccia prefrontale) e nel sistema mesolimbico. 65 Scaricato da www.sunhope.it
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Nel primo caso, la presenza di recettori attivatori D1 sulla membrana post‐sinaptica dei neuroni GABA porta all’iper‐
attivazione di questi ultimi, con conseguente iper‐inibizione sui neuroni glutammatergici, rallentamento dell’attività prefrontale e comparsa della sintomatologia negativa. Nel secondo caso, la presenza di recettori inibitori D2 sulla membrana post‐sinaptica dei neurono GABA induce un’iper‐inibizione di questi con iper‐disinibizione dei neuroni limbici a valle e comparsa dei sintomi positivi. Una disconnessione tra corteccia prefrontale e strutture sottocorticali determinerebbe l’insorgenza dei disturbi disorganizzativi (vedi dopo). • Fattori di rischio o Predisponenti ƒ Genetici: sono soprattutto geni coinvolti nel metabolismo DA e nella proliferazione neuronale • DISC1: è coinvolto nella proliferazione e differenziazione dei neuroni corticali • NR41: neuregolina • DTNBP1: disbindina, coinvolta nella regolazione del sistema DA • RGS4: è un fattore di regolazione GP • COMT: è coinvolto nella degradazione delle CA • AKTA • D2 ƒ Familiarità, luogo e data di nascita ƒ Traumi perinatali, soprattutto con ipossia (frequenti in cluster precoci), prematurità‐
immaturità o Precipitanti ƒ Che aumentano il rischio di insorgenza della malattia: isolamento sociale (immigrati), abuso di sostanze, classe socio‐economica e livello d’istruzione bassi ƒ Che aumentano il rischio di recidive: eventi stressanti, ambiente familiare ostile o troppo coinvolto emotivamente o Protettivi: supporto sociale, vita priva di traumi significativi Clinica • Modalità d’esordio o Insidioso: si sviluppa nel giro di mesi o di 1‐2 anni ƒ Esperienze di depersonalizzazione: sensazione di esser cambiato, di non riconoscersi più ƒ Sensazione di non aver più il controllo del proprio pensiero e delle proprie azioni (come se ci fosse un’entità esterna che li controlla) ƒ Lamentele ipocondriache relative al funzionamento del proprio corpo, con astenia, stanchezza prolungata, alterazioni della digestione e della frequenza cardiache ƒ Progressivo isolamento sociale (da amici, lavoro, famiglia, partner) ƒ Progressiva riduzione degli interessi abituali con anedonia ed apatia: il soggetto diventa svogliato e disinteressato con riduzione del rendimento e delle frequenza lavorativi o scolastici ƒ Progressiva comparsa di interessi esoterici (astrologia, parapsicologia, magia, filosofia) ƒ Alcune azioni improvvise ed immotivate (aggressione verso i familiari, fuga da casa o dal posto di lavoro) ƒ Alcune espressioni verbali strane ed incomprensibili ƒ Possibile evento che scatena il quadro: lavoro o studio lontano, fine di una relazione, servizio militare, separazione o perdita di un genitore o Acuto ƒ Insorgenza più o meno brusca (1‐2 giorni) di deliri ed allucinazioni, precedute da sintomi aspecifici (irrequietezza, insonnia) ƒ Vissuto angoscioso (probabilmente dovuto ad iperattività limbica DA) di “mutamento pauroso” od “umore delirante”: il vissuto di trasformazione del proprio corpo e/o dell’ambiente circostante si placa quando compare il delirio, che rappresenta una sistematizzazione dell’esperienza di trasformazione • Quadro clinico o Quattro “A” di Bleuler (primo psichiatra a coniare il termine “schizofrenia”) ƒ Disturbi di associazione: disturbi formali del pensiero 66 Scaricato da www.sunhope.it
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Disturbi dell’affettività: indifferenza, ottundimento, dissociazione delle emozioni dal resto della personalità ƒ Ambivalenza affettiva: provare nello stesso tempo profonda attrazione e profonda repulsione per sentimenti, atti o pensieri ƒ Autismo: distacco dalla realtà a favore di un ripiegamento sul mondo interno, motivato principalmente dall’intenzione di proteggere i complessi emozionali o Sintomi di primo rango di Schneider ƒ Eco del pensiero ƒ Inserzione del pensiero ƒ Furto del pensiero ƒ Diffusione del pensiero ƒ Percezione delirante ƒ Voce commentante ƒ Voci dialoganti ƒ Deliri di influenzamento: relativi a sensazioni corporee, sentimenti, impulsi e/o azioni o Quadro clinico tipico ƒ Deliri: di riferimento, di persecuzione, di veneficio, di influenzamento, di trasformazione corporea, percezioni deliranti ƒ Allucinazioni: uditive, verbali, ottiche. Sono più frequenti la sera e lontano dalle attività ƒ Disturbi formali di pensiero e linguaggio: diffusione, furto e/o inserzione del pensiero, eco del pensiero, disorganizzazione del pensiero fino all’incoerenza con neologismi e paralogismi, accelerazione o rallentamento del pensiero ƒ Disturbi della sfera affettiva: apatia, abulia, appiattimento affettivo, paratimia, disturbi della modulazione emozionale, riduzione della cura del proprio corpo, disinteressamente per le attività ƒ Disturbi della sfera istintiva: suicidio ed omicidio (soprattutto a seguito di voci) ƒ Disturbi di comportamento e psicomotricità: apatia, anedonia, non responsività alla realtà, agitazione psicomotoria, blocco catatonico (rarissimo, oggi prevalente nel Terzo Mondo), mutismo ƒ Disturbi della sfera sessuale ƒ Ritiro autistico e disfunzionamento sociale: si ha la chiusura in un mondo non condiviso con gli altri, popolato dai fantasmi del delirio o Dimensioni sintomatologiche ƒ Positiva o produttiva: schizofrenia I: è caratterizzata da allucinazioni, deliri e disturbi della forma del pensiero. È ascrivibile ad una disfunzione DA ed almeno parzialmente responsiva ai neurolettici ƒ Negativa o deficitaria: schizofrenia II: è caratterizzata da ritiro sociale e povertà ideativa, affettiva, volitiva, di interesse e di iniziative. È ascrivibile ad anormalità morfologiche e funzionali, in particolare frontali (ipofrontalità) quali allargamento dei ventricoli e riduzione della simmetria interemisferica, di presunta origine embrionale o perinatale, con scarsa risposta ai neurolettici ƒ Disorganizzata: è caratterizzata da disorganizzazione ideativa ed incongruenza affettiva o Fisiopatologia: la perdita di una funzione superiore determina segni deficitari, ma non positivi, determinati dalla liberazione delle funzioni nervose inferiori, a causa della mancanza dei processi inibitori top‐down (vedi anche sopra): ƒ Ipofrontalità: sintomi negativi ƒ Attività disinibita di strutture sottocorticali e limbiche: sintomi positivi ƒ Disconnessione funzionale tra attività di corteccia prefrontale e quella di strutture sottocorticali: sintomi disorganizzativi Decorso o Caratteristiche ƒ Nella maggior parte dei casi la comparsa dei sintomi negativi, il declino delle funzioni cognitive e le anomalie cerebrali sono concentrati nella fase prodromica e nel primo episodio, per poi mantenersi sostanzialmente costanti (concetto di “encefalopatia statica e neuroevolutiva” del disturbo, contrapposta a quella neurodegenerativa) ƒ Primo episodio positivo: la risposta al trattamento è tanto migliore quanto minore è l’intervallo tra esordio dei sintomi positivi ed inizio del trattamento 67 Scaricato da www.sunhope.it
Appunti di Raffaele Vanacore
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Prodromi: sono possibili sintomi prodromici non caratteristici: depressione, ansia, irritabilità, distraibilità, rituali di tipo compulsivo, pensiero magico. Comunque, la difficoltà nella socializzazione è il fattore premorboso più predittivo ƒ Rilievo di vari ritardi di sviluppo nella prima e seconda infanzia: riguardano continenza sfinterica, stazione eretta, acquisizione del linguaggio ƒ Nella finestra tra 4 e 2 anni prima del primo ricovero sono comparsi tutti i sintomi negativi, mentre i sintomi positivi cominciano a manifestarsi solo nell’ultimo anno ƒ La capacità e l’adattamento sociali sono compromessi già al momento del primo ricovero e, coerentemente con l’andamento dei sintomi negativi e dei deficit cognitivi, rimangono poi essenzialmente stabili ƒ L’abuso di sostanze e/o di alcool aggrava i sintomi positivi e facilita le ricadute, ma contrasta i sintomi negativi o Tipologie ƒ Cronico ingravescente, fino alla dementia praecox (25%) ƒ Episodico (75%) • con in intervalli più o meno liberi • con sintomatologia residua intervallare, che è prevalentemente negativa, ingravescente • con sintomatologia intervallare stabile o Fattori prognostici negativi: esordio insidioso, esordio in età giovanile, sesso maschile, assenza di matrimonio, personalità premorbosa, livello socio‐occupazionale premorboso, compromissione cognitiva e sociale già all’esordio, abuso di sostanze od alcool Sottotipi secondo il DSM‐IV o Tipo Paranoide: i sintomi principali consistono in uno o più deliri o frequenti allucinazioni uditive, ma le funzioni cognitive e l’affettività sono generalmente conservate. I deliri più frequenti sono di persecuzione o di grandiosità, e le allucinazioni sono correlate al tema del delirio o Tipo Disorganizzato (ebefrenico secondo l’ICD‐10): i sintomi principali di questo sottotipo sono eloquio e comportamento disorganizzati ed affettività appiattita o inadeguata. Anche i deliri e le allucinazioni, quando presenti, sono frammentari e non strutturati. La disorganizzazione comportamentale li porta ad avere grosse difficoltà nel portare a termine le attività quotidiane e le azioni finalizzate. o Tipo Catatonico: la manifestazione principale di questo sottotipo è un disturbo psicomotorio, che si può presentare come arresto motorio sotto forma di catalessia (rigidità delle estremità e ridotta sensibilità al dolore) o di stupor (stato di non responsività simile al sonno da cui si può essere svegliati solo se ripetutamente stimolati), eccessiva attività motoria, estremo negativismo, mutacismo, negativismo estremo, peculiarità del movimento volontario, ecolalia o ecoprassia. o Tipo Indifferenziato: è un tipo che presenta i sintomi caratteristici della schizofrenia, ma che non può essere incluso in nessuna delle precedenti sottocategorie. Ciò implica una varietà di manifestazioni non strutturate e mutevoli nel tempo, che rendono questo sottotipo molto difficile da diagnosticare. o Tipo Residuo: presenza nella storia del soggetto di almeno un episodio di schizofrenia, ma che attualmente non presenta sintomi psicotici. La presenza del disturbo è comunque indicata dalla permanenza di sintomi negativi, o di due o più sintomi positivi attenuati. Questo sottotipo può essere considerato come una forma di transizione, ma può anche permanere per anni. o Tipo simplex: è presente solo nell’ICD‐10 e caratterizzato da: ƒ Sviluppo lentamente progressivo, in un periodo di almeno un anno, di tutti i seguenti sintomi: • Cambiamento del comportamento: perdita di iniziativa o di interessi, comportamento futile e senza scopo, chiusura in se stesso, isolamento sociale • Comparsa di sintomi negativi: marcata apatia, povertà dell’eloquio, ipoattività, ottundimento affettivo, passività e mancanza di iniziativa, comunicazione non verbale (mimica, posturale) povera • Accentuato declino delle prestazioni sociali, scolastiche o lavorative ƒ Assenza di demenza od altre sindromi psicorganiche ƒ Mai presenti deliri od allucinazioni Criteri diagnostici secondo il DSM‐IV 68 Scaricato da www.sunhope.it
Appunti di Raffaele Vanacore
A. Sintomi caratteristici: due (o più) dei sintomi seguenti, ciascuno presente per un periodo di tempo significativo durante un periodo di un mese (o meno se trattati con successo): 1.
deliri 2.
allucinazioni 3.
eloquio disorganizzato (per es., frequenti deragliamenti o incoerenza) 4.
comportamento grossolanamente disorganizzato o catatonico 5.
sintomi negativi, cioè appiattimento dell’affettività, alogia, abulia. Nota: è richiesto un solo sintomo del Criterio A se i deliri sono bizzarri, o se le allucinazioni consistono di una voce che continua a commentare il comportamento o i pensieri del soggetto, o di due o più voci che conversano tra loro. B. Disfunzione sociale/lavorativa: per un periodo significativo di tempo dall’esordio del disturbo, una o più delle principali aree di funzionamento come il lavoro, le relazioni interpersonali, o la cura di sé si trovano notevolmente al di sotto del livello raggiunto prima della malattia (oppure, quando l’esordio è nell’infanzia o nell’adolescenza, si manifesta un’incapacità di raggiungere il livello di funzionamento interpersonale, scolastico o lavorativo prevedibile). C.
Durata: segni continuativi del disturbo persistono per almeno 6 mesi. Questo periodo di 6 mesi deve includere almeno 1 mese di sintomi (o meno se trattati con successo) che soddisfino il Criterio A (cioè, sintomi della fase attiva), e può includere periodi di sintomi prodromici o residui. Durante questi periodi prodromici o residui, i segni del disturbo possono essere manifestati soltanto da sintomi negativi o da due o più sintomi elencati nel Criterio A presenti in forma attenuata (per es., convinzioni strane, esperienze percettive inusuali). D. Esclusione dei Disturbi Schizoaffettivo e dell’Umore: ilDisturbo Schizoaffettivo ed il Disturbo dell’Umore Con Manifestazioni Psicotiche sono stati esclusi poiché: 1.
nessun Episodio Depressivo Maggiore, Maniacale oMisto si è verificato in concomitanza con i sintomi della fase attiva; 2.
oppure, se si sono verificati episodi di alterazioni dell’umore durante la fase di sintomi attivi, la loro durata totale risulta breve relativamente alla durata complessiva dei periodi attivo e residuo. E.
Esclusione di sostanze e di una condizione medica generale:il disturbo non è dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es., una sostanza di abuso, un farmaco) o a una condizione medica generale. F.
Relazione con un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo: se c’è una storia di Disturbo Autistico o di altro Disturbo Pervasivo dello Sviluppo, la diagnosi addizionale di Schizofrenia si fa soltanto se sono pure presenti deliri o allucinazioni rilevanti per almeno un mese (o meno se trattati con successo). Terapia • Farmacologica: tipici ed atipici (vedi lezione sulla farmacologia) • Psicosociale o Intervento psicoeducativo o Sociali skills training: riaddestramento alle attività delle vita, di base e lavorative o Riabilitazione cognitiva nei pazienti cronici Par II: Paranoia La paranoia indica una situazione di disturbo mentale lucido, caratterizzato dal delirio, spesso caratterizzabile come una degenerazione patologica di alcuni tratti caratteriali come diffidenza, inclinazione al pregiudizio, insicurezza • Caratteristiche principali o Prevalenza lifetime, uguale in maschi e femmine, nella popolazione generale: 0,03%. Sembra comunque molto sottostimata o Insorgenza intorno ai 30‐50 anni, tipicamente in soggetti permalosi e megalomani o Quadro clinico dominato dal delirio o Mancano allucinazioni, disturbi di forma del pensiero e della sfera affettiva o Decorso cronico o Risposta incostante ai farmaci antipsicotici 69 Scaricato da www.sunhope.it
Appunti di Raffaele Vanacore
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o Può derivare dall’uso di alcune sostanze, come l’amfetamina Delirio o Molto strutturato e lucido o Temi più frequenti: erotomania, di rivendicazione, di gelosia, di missione politica o religiosa, dismorfofobico, di invenzione, mistico. o Il soggetto sviluppa un atteggiamento antisociale, attribuendo alla società la paranoia stessa: possono conseguire comportamenti aggressivi o Può sfociare anche in stalking o Può risultare convincente agli altri Lez I Prof.ssa Mucci: Demenze Par I: Generalità Introduzione Le demenze rappresentano un gruppo di condizioni cliniche caratterizzate da compromissione intellettiva acquisita e persistente, con alterazione di molteplici funzioni cognitive (memoria, linguaggio, capacità visuospaziali). Il termine “demenza” viene spesso usato per definire le condizioni croniche, progressive ed irreversibili, ma ciò non è esatto in quanto molte condizioni (cause tossiche, dismetaboliche, meccaniche) sono parzialmente o totalmente reversibili in seguito alla rimozione della noxa patogena. Comunque, non è un’accentuazione del fisiologico processo di invecchiamento, né una sua anticipazione temporale: vi sono, infatti, chiare differenze qualitative, sia sul piano anatomopatologico che clinico‐fenomenologico: nell’anziano, infatti: • La disfunzione della memoria è graduale e riguarda soprattutto la rievocazione del materiale mnestico • Egli riesce comunque ad acquisire nuove informazioni • Le funzioni intellettive globali, sia pur un po’ rallentate e meno elastiche, sono conservate • Le disfunzioni presenti non interferiscono in maniera significativa con la vita quotidiana Criteri diagnostici per le demenze sono: • Comuni o Declino delle funzioni intellettive o Declino globale di memoria, capacità di astrazione, critica, giudizio o Integrità della coscienza • Per l’ICD‐10 o Interferenza con le attività personali quotidiane (lavarsi, vestirsi, mangiare) o Sintomi per almeno 6 mesi 70 Scaricato da www.sunhope.it
Appunti di Raffaele Vanacore
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Per il DSM‐IV o Compromissione del funzionamento sociale e lavorativo (differenze nei ruoli sociali tra le varie culture, religioni e nazionalità) Comunque, la diagnosi di demenza, secondo il DSM‐IV è posta in presenza di: • Compromissione della memoria a breve e lungo termine • Almeno uno di o Deficit del pensiero astratto o Deficit di giudizio critico o Turbe delle funzioni corticali superiori o Modificazioni di personalità • Interferenza con lavoro, attività sociali o relazioni interpersonali • Deficit A e B non si verificano esclusivamente in corso di delirium • Uno di o Dimostrazione di un fattore organico specifico correlato al disturbo o Presunzione di un fattore organico necessario allo sviluppo della sindrome La classificazione eziologica distingue: • Demenze primarie: neurodegenrative o Corticali: malattia di Alzheimer, demenza di PIck, demenza di Lewy, demenza frontotemporale o Sottocorticali: demenza in corso di malattia di Parkinson, corea di Huntington, degenerazione spino cerebellare, paralisi sovra nucleare progressiva. Queste condizioni non sempre danno demenza • Demenze secondarie: a varie cause o Vascolari: multiinfartuali, infarti lacunari, infarti di confine, malformazioni AV, da ipossia, malattia di Binswanger o Demielinizzanti: SAP, sindrome di Marchiafani‐Bignami o Dismielinizzanti: leucodistrofie o Traumatiche: ematoma subdurale, demenza pugilistica o Neoplastiche: meningioma sub frontale o Da idrocefalo o Metaboliche: encefalopatia uremica, epatica, disendocrinia, da deficit di B12 o folati o Tossiche: abuso di alcool, droghe o farmaci, da metalli o Infettive: neurolue, AIDS‐demenza complex, malattua da prioni o Psichiatriche: pseudo demenza depressiva La prevalenza è: • Demenze di tipo Alzheimer: 60% • Demenze vascolari: 20% • Miste: AD + vascolari: 15% • Altro: 5% Psicopatologia • Alterazioni del carattere e dell’umore: accentuazione/esasperazione dei tratti caratteriali o comparsa di caratteristiche opposte o Generosità‐prodigalità fino allo sperpero o Parsimoniosità‐avarizia o Rispetto delle regole o comportamenti asociali, fino a scoppi d’ira e manifestazioni di violenza • Disturbi della memoria o Progressivamente ingravescenti o Incapacità a ricordare i contenuti mnestici acquisiti e ad immagazzinare nuove informazioni o Afasia nominum o Alterazione della memoria diacronica: difficoltà a collocare gli eventi nella giusta sequenza temporale o Paramnesie: difficoltà a riconoscere i ricordi come personali o Amnesia globale 71 Scaricato da www.sunhope.it
Appunti di Raffaele Vanacore
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Mancanza di consapevolezza Disorientamento temporo‐spaziale Compromissione dell’attenzione: difficoltà di concentrazione e facile distraibilità Compromissione delle capacità di astrazione: perdita di capacità di critica e di giudizio con alterazione dei comportamenti sociali (es. disinibizione sessuale) Sindrome alogica di Reich o Afasia: disturbo del linguaggio con incoerenza, confabulazione, progressivo impoverimento e neologismi o Aprassia: incapacità ad eseguire attività motorie nonostante l’integrità della comprensione e della motricità o Agnosia: incapacità di riconoscere gli oggetti, nonostante l’integrità delle funzioni sensoriali Alterazioni dell’umore: labilità emotiva, irritabilità, franca depressione Alterazioni motorie: agitazione, iperaffacendamento finalistico, collezionismo, ipomobilità, deficit sfinterici Disturbi della percezione: illusioni, allucinazioni, falsi riconoscimenti Disturbi del contenuto del pensiero: deliri di persecuzione Ritiro sociale (“sfacelo mentale”) o Paziente costretto a letto o Vita puramente vegetativa o Assenza di qualsiasi attività mentale Malattia di Alzheimer • Cenni epidemiologici o Prevalenza in aumento con l’età (soprattutto dopo i 65 anni) ƒ 90% dei casi dopo i 65 anni ƒ 10% dei casi prima dei 65 anni: quadri atipici o Fattori di rischio: ƒ Non modificabili: familiarità, età, sesso, anamnesi familiare positiva per DAT ƒ Modificabili: fumo, tossici, basso livello di istruzione di attività intellettuale • Quadro anatomopatologico o Macroscopico ƒ Atrofia corticale temporale mediale bilaterale (ippocampo, amigdala, corteccia entorinale) e parietale ƒ Dilatazione ventricolare ƒ Atrofia frontale negli stadi più avanzati ƒ Perdita di neuroni corticali e del nucleo basale di Meynert, del locus coeruleus e dei nuclei del rafe o Microscopico ƒ Degenerazione granulo vacuolare: neuroni piramidali ippocampali ƒ Degenerazione neuro fibrillare ƒ Placca senile: primitiva e classica ƒ Angiopatia amiloidea o congofila: ispessimento delle pareti delle arteriole leptomeningee ed intracorticali, filamenti a doppia elica nel citoscheletro • Forme (vedi neurologia) o Sporadiche o Familiari • Alterazioni neurotrasmettitoriali o Sistema colinergico ƒ Diminuzione livelli corticali di ChAT: correlata al deficit cognitivo ƒ Diminuzione dei livelli di AChE ƒ Diminuzione dei recettori nicotinici e muscarinici M2 72 Scaricato da www.sunhope.it
Appunti di Raffaele Vanacore
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o Sistema serotoninergico: diminuzione corticale ed ippocampale o Sistema noradrenergico: perdita di neuroni nel locus coeruleus o Acido glutammico: eccito tossicità o GABA o Neuropeptidi: somatostatina, ossitocina, CRF Decorso clinico o Fase prodromica: da pochi mesi ad un anno: conservazione del comportamento sociale fino alle fasi di scompenso demenziale o Esordio insidioso o Fase neuropsichiatrica: progressione dei sintomi psicopatologici e comparsa di quelle neurologici o Fase neurologica: i sintomi neurologici predominano il quadro clinico Quadro di deterioramento delle funzioni cognitive o Lieve: ƒ Perdita della memoria a breve termine ƒ Difficoltà nel trovare le parole ƒ Problemi di giudizio critico o Moderato ƒ Memoria a breve termine gravemente compromessa ƒ Eloquio ripetitivo ƒ Orientamento diminuito o Severo ƒ Attenzione gravemente diminuita e grave amnesia ƒ Aprassia ƒ Perdita del linguaggio coerente Diagnosi o Un tempo solo bioptica o Ora si avvale di tecniche di neuroimaging o Mini mental state axamination (MMSE): ƒ valuta: • Orientamento spazio‐temporale (5 elementi) • Riconoscimento di 3 oggetti • Attenzione e calcolo • Recall: ricordare i 3 oggetti di prima • Linguaggio: comprensione linguistica, disegno (orologio), scrittura, scioglilingua ƒ Risultati • Massimo: 30 • <26: sospetto in caso di livello culturale alto • <24: deterioramento cognitivo in atto • <22: sospetto per livello culturale basso Trattamento o Dei sintomi comportamentali associati ƒ Neurolettici a basse dosi (aloperidolo) ƒ BDZ a breve emivita ƒ Supporto familiare ƒ Organizzazione di spazio e tempo o Dei deficit cognitivi ƒ Prevenzione: • Correzione dell’alterato metabolismo amiloideo • Fattori immunitari e neuro protettivi ƒ Terapie colinergiche 73 Scaricato da www.sunhope.it
Appunti di Raffaele Vanacore
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• Precursori ACh • Potenziatori uptake della colina • Inibitori AChE • Agonisti recettoriali Supporto riabilitativo Demenze frontotemporali A differenza della MA, in cui il processo inizia a livello della regione temporale mediale, nelle demenze frontotemporali, la malattia colpisce inizialmente i lobi frontali, temporali anteriori e l’amigdala: queste aree sono implicate nei processi cognitivi, ma anche in quelli emozionali e comportamentali. Rappresentano un gruppo di patologie con degenerazione fibrillare caratterizzate da accumulo abnormi di proteina tau, ma anche di ubiquitina e di TARDNA‐43, e da degenerazione in specifiche sedi neuro anatomiche. • Sottotipi o Associate ad alterazioni della proteina tau ƒ Malattia di Pick ƒ Degenerazione corticobasale ƒ Paralisi sovra nucleare progressiva ƒ Patologia da depositi tau inclassificabile o FTD‐TDP o FTD‐UPS • Varianti cliniche o FTD con varianti comportamentali o FTD con malattia del motoneurone o Demenza semantica o Aprassi del linguaggio o Afasia progressiva o Sindromi corticobasali o Sindromi da paralisi sovranucleare progressiva • Criteri o Malattia possibile: almeno 3 di ƒ Disinibizione comportamentale precoce (da meno di 3 anni) ƒ Apatia precoce ƒ Precoce perdita di empatia ƒ Comportamento stereotipato, compulsivo o ritualistico precoce ƒ Iperorariltà o modificazioni delle abitutidine alimentari ƒ Profilo psicologico dei deficit esecutivi con relativa concentrazione della memoria e delle funzioni visuospazili (test Wisconsin) o Malattia probabile: criteri di possibilità + ƒ Significativo deterioramento cognitivo ƒ Neuroimaging coerente o Di esclusione: deficit riconducibili ad altri disturbi internistici, neurologici o psichiatrici Le caratteristiche della malattia di Pick, forma più tipica di FTD, sono: • Quadro anatomopatologico o Atrofia frontale imponente o Rigonfiamento neuronale balloniforme o Corpi di Pick (corpi argirofili intraneuronali) • Quadro clinico o Sindrome frontale con alterazioni della personalità e comportamentali: disinibizione, irritabilità, ipersensibilità, immoralità, esplorazione compulsiva 74 Scaricato da www.sunhope.it
Appunti di Raffaele Vanacore
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o Disturbi mnestici ad insorgenza più tardiva Diagnosi o Successione temporanea dei sintomi o Tecniche di neuroradiologia: estesa atrofia frontale, soprattutto nella parte anteriore e mediale o Conferma istologica autoptica Demenza vascolare • Generalità o Al secondo posto tra le cause di demenza o Insorgenza solitamente dopo i 60 anni o Eziopatogenesi: di solito infarti multipli del SNC, comunque ischemico‐ipossica od emorragica o Fattori di rischio: ipertensione, DM, iperlipidemia, malattie cardiache, fumo • Manifestazioni cliniche o Esordio acuto con possibile decorso “a gradini” o Malattia di Binswanger: infarti nella sostanza bianca sottocorticale periventricolare o Deliri ed allucinazioni o Depressione • Diagnosi o Decorso clinico ed anamnesi o Tecnich neuro radiologiche ƒ TC: aree multiple di ipodensità, dilatazione ventricolare ƒ RM: più sensibile ƒ SPECT: riduzione flusso ematico diffusa con aree circoscritte ƒ PET • Terapia o Prevenzione tramite cura dei fattori di rischio o Aumento perfusione cerebrale o Colino mimetici o FSK della spasticità o Cura della depressione Demenza da HIV L’HIV genera un complesso cognitivo motorio caratteristico: • Forme o Gravi: demenza associata ad HIV1, mielopatia (80‐90%) o Lievi: disturbo cognitivo‐motorio minore (10‐20%) • Caratteristiche o Insorgenza tardiva o Inizio insidioso ƒ Apatia, depressione ƒ Disturbi motori: atassia, tremori, mioclonie ƒ Quadro demenziale completo o Anatomia patologica ƒ Modesta atrofia cerebrale ƒ Pallore sostanza ovale con manifestazioni infiammatorie o Patogenesi ƒ Localizzazione HIV1 nei macrofagi e nella microglia ƒ Produzione di gp‐120 ƒ Stimolazione cellule microgliali alla produzione di eccito tossine ƒ Morte neuronale 75 Scaricato da www.sunhope.it
Appunti di Raffaele Vanacore
Pseudodemenza Caratteristiche distintive con la demenza sono: • Insorgenza o P: stabilita con precisione e relativamente rapida o D: insidiosa • Anamnesi o P: ƒ Positiva per precedenti disturbi affettivi, anche nei familiari ƒ Paziente francamente depresso ƒ Malessere personale ƒ Rara accentuazione motoria ƒ Disturbi del sonno con risvegli precoci o D: ƒ Anamnesi familiare spesso positiva per demenza ƒ Paziente apatico, indifferente ƒ Presente accentuazione motoria ƒ Rari i disturbi del sonno • Clinica o P: ƒ Comportamento non commisurato al deficit cognitivo ƒ Attenzione e concentrazione conservata ƒ Scarsa applicazione a test superficiali ƒ Risposta a trattamento con antidepressivi o D: ƒ Deterioramento comportamentale commisurato al deficit ƒ Attenzione e concentrazione compromesse ƒ Notevoli sforzi ƒ Non risposta ad antidepressivi Lez I Prof.ssa Mucci V Prof. Catapano: Le urgenze psichiatriche Par I: Delirium Introduzione Il termine “delirium” deriva dal latino de “fuori da” e lira “solco”: “esser fuori dal solco”, “uscire dal seminato”, vaneggiare, farneticare. Il termina “delirium”, insomma, indica uno stato di confusione mentale ad insorgenza acuta, con decorso fluttuante, di breve durata (da ore a giorni o mesi) dovuto a cause organiche, caratterizzato dalla presenza di disturbi dell’attenzione e della coscienza, del pensiero e della memoria, con alterazioni del comportamento psicomotorio, delle emozioni e del ritmo sonno‐veglia. I termini più utilizzati per indicare il delirium sono: • Stato confusionale acuto o subacuto • Sindrome cerebrale organica acuta • Psicosi organica acuta • Encefalopatia tossica • Encefalopatia metabolica La diagnosi di delirium secondo il DSM‐IV si pone in presenza di: • Alterazioni della coscienza: riduzione della lucidità della percezione dell’ambiente e disorientamento temporo‐spaziale 76 Scaricato da www.sunhope.it
Appunti di Raffaele Vanacore
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Alterazioni della sfera cognitiva: deficit di memoria, disturbi del linguaggio, ridotta capacità di fissare, mantenere e spostare l’attenzione, non giustificati da demenza preesistente od in evoluzione Il disturbo si manifesta in un periodo di tempo breve (ore o giorni) ed ha un decorso fluttuante nel corso della giornata C’è evidenza dalla storia, dall’esame obiettivo e da altri accertamenti che il disturbo è una diretta conseguenza di una patologia medica in corso, di un’intossicazione da farmaci o di una sindrome d’astinenza Secondo l’ICD‐10, invece, la diagnosi di delirium è posta in presenza di: • Alterazione della coscienza e dell’attenzione: ridotta capacità di dirigere, concentrare, mantenere e spostare l’attenzione; disorientamento rispetto a tempo e spazia e, nei casi più gravi, rispetto a sé ed agli altri • Disturbo globale delle funzioni cognitive: disturbi percettivi, illusioni ed allucinazioni di solito visive, compromissione del pensiero astratto e della comprensione, con o senza deliri transitori, tipicamente con un certa grado di incoerenza, compromissione della rievocazione immediata e della memoria recente, ma con relativa compromissione della memoria remota • Disturbi psicomotori: ipo‐ od iper‐attività, con passaggi imprevedibili dall’una all’altra • Disturbi del ritmo sonno‐veglia: insonnia, inversione del ciclo sonno‐veglia, incubi • Disturbi della sfera emotiva: depressione, ansia, paura, euforia, irritabilità, apatia Il DSM‐IV distingue, inoltre, diversi sottotipi: • Delirium dovuto a condizione medica generale • Delirium da intossicazione di sostanze • Delirium da astinenza di sostanze • Delirium dovuto ad eziologie molteplici (ad esempio alcol e cirrosi) • Delirium non altrimenti specificato: si presume che sia dovuto ad una condizione medica generale o ad una sostanza, ma non vi sono dati sufficienti a stabilire un’eziologia specifica È interessante, poi, l’uso di acronimi per ricordar le particolari eziologie del delirium: • “deliriums” o D: drugs o E: eyes, ears o L: low pO2 o I: infection o R: retention of urines and fecis o I: ictal states o U: undernutrition/ dehydratation o M: metabolic disorders o S: subdural emathom, sleep deprivation • “vindicate” o V: vasculari o I: infection o N: nutrition o D: drugs o I: injury o C: cardiac o A: autoimmune o T: tumors o E: endocrine • “I watch death” o I: infections 77 Scaricato da www.sunhope.it
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W: withdrawal A: acute methabolic T: trauma C: CNS pathology H: hypoxia D: deficiensis E: endocrinopathies A: acute vascular T: toxins or drugs H: heavy metals Comunque, tra le possibili cause si ricordano: • Cerebrali o Traumi cranici o Patologie vascolari: infarti od emorragie cerebrali o Patologie infettive: meningiti, encefaliti o Encefaliti ed encefalopatie in corso di AIDS o Epilessia, stati post‐accessuali o Encefalopatie alcoliche o Processi endocranici occupanti spazio: neoplasie cerebrali, ascessi, aneurismi • Metaboliche o Insufficienza respiratoria, renale o pancreatica o Ipoglicemia, iperglicemia o Disturbi dell’equilibrio idro‐elettrolitico: disidratazione, iponatremia, ipernatremia, ipocalcemia, ipercalcemia o Deficit di vitamine: B12, B6, folati o Malattie endocrine: ipo‐ od iper‐tiroidismo, malattia di Addison, sindrome di Cushing • Infettive: qualsiasi infezione sistemica: sepsi, mononucleosi infettiva, malaria, polmoniti, infezioni del tratto urinario negli anziani • Altre malattie sistemiche: LES, sindromi paraneoplastiche • Cause legate a sostanze o Intossicazioni da farmaci: i farmaci rappresentano la causa più frequente di delirium nell’anziano (affetto solitamente da numerose patologie, trattate con altrettanti farmaci). Tutti i farmaci sono in grado di causare delirium, ma soprattutto i farmaci con attività anticolinergica (ATC, antiparkinsoniani, digitalici, cefalosporine di III generazione), litio (se litiemia >2 mEq/L), cortisonici, serotoninergici, carbamazepina, BDZ (hanno, infatti, effetti paradossi nell’anziano), cimetidina, oppiacei. Si sottolinea quindi l’importanza di una corretta anamnesi farmacologica o Intossicazioni da allucinogeni od oppiacei (morfina) o Intossicazione da CO, solventi, metalli pesanti, tossici industriali o Intossicazione da alcool o Astinenza da alcool: delirium tremens o Astinenza da BDZ o barbiturici • Cause post‐chirurgiche o Tipicamente in seconda o terza giornata o Più frequente il delirium dopo interventi complessi (chirurgia aortica, protesi dell’anca, trapianti), in particolare dopo emorragie (ipossia cerebrale, ipotensione, alterazioni idroelettrolitiche) o Uso di farmaci narcotici con attività anticolinergica • Cause fisiche: colpo di calore, ipotermia, danni da radiazioni È bene considerare, infine, la patologia del delirium: 78 Scaricato da www.sunhope.it
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Seppur ancor poco nota, è riconducibile ad un danno funzionale piuttosto che strutturale del SNC Aree più frequentemente interessate: temporo‐occipitale inferiore, parietale destra e prefrontale destra (tutte correlate alla funzione attentiva), vie neuronali che le connettono Ruolo dell’ACh: nella maggior parte dei casi, la fisiopatologia è correlata ad una ridotta trasmissione colinergica o Ruolo centrale dell’ACh nel controllo dei livelli di coscienza (SRA) e nella memoria o Le sostanze ad azione anticolinergica peggiorano il delirium (meperidina, morfina) o Condizioni mediche che causano il delirium, quali ipossia, ipoglicemia, deficit di tiamina, infezioni, nonché malattia di Alzheimer, causano una riduzione della sintesi di ACh nel SNC Quadro clinico I tipi di delirium sono: • Iperattivo od agitato: il paziente è agitato, irrequieto, iperattivo, irritabile, insonne, con eloquio accelerato, poco collaborativo • Ipoattivo o letargico: il paziente è torbido, sonnolento, con rallentamento psicomorio e dell’eloquio, apatia, aumento della latenza di risposta, ridotta attività psicomotoria • Misto: alternanza delle due forme durante l’episodio o nella giornata Comunque, il quadro clinico riconosce: • Alterazioni dell’attenzione: o Disturbi dell’attenzione con facile distraibilità: i pazienti non riescono a mantenere l’attenzione focalizzata ed a spostarla adeguatamente. Spesso le domande devono essere ripetute, i pazienti perseverano nelle risposte ad una domanda precedente o La capacità di focalizzare, mantenere o spostare l’attenzione è fluttuante o La compromissione dell’attenzione può dipendere da uno stato sia di iper‐ che di ipo‐arousal, quindi caratterizza qualsiasi tipo di delirium e rappresenterebbe l’aspetto centrale • Disorientamento o Più spesso è compromesso l’orientamento temporale (confusione giorno‐notte) o spaziale (confusione casa‐ospedale) o Più raramente è compromesso l’orientamento verso sé e verso gli altri, con falsi riconoscimenti o Il disorientamento oscilla nel tempo, con momenti in cui i pazienti appaiono discretamente orientati e tendenza al peggioramento notturno • Alterazioni della memoria: è più intenso il disturbo della memoria a breve termine. Anche in quella a lungo termine, comunque, possono esserci errori, vuoti o confusione dei ricordi. Si valutano tramite MMSE • Disturbi del linguaggio o Eloquio ridotto con paziente silenzioso ed inibito o Eloquio disorganizzato, sconnesso, spesso divagante o Disnomia, con uso di parole passepartout • Disturbi del pensiero o Della forma del pensiero: blocco, incoerenza o Del contenuto del pensiero: deliri: spesso a sfondo persecutorio, sono transitori, confusi, poco sistematizzati, mutevoli e facilmente dimenticati • Disturbi della percezione o Frequenti (50‐75%), ma non costanti, più frequenti nella forma iperattiva o Le illusioni e le allucinazioni sono spesso a carico della sfera visiva: talora sono semplici (colori, linee), altre volte sono anche molto articolate, come scene confuse in movimento o Tipiche del delirium tremens sono le allucinazioni microzooptiche • Labilità affettiva o Frequente perplessità 79 Scaricato da www.sunhope.it
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Possibili ansia, depressione, rabbia, irritabilità, euforia o paura, talora anche in relazione con le alterazioni della percezione e del pensiero Alterazioni della vigilanza: alterazioni del ciclo sonno‐veglia, spesso con insonnia o inversione del ritmo o
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Altre caratteristiche del delirium sono: • Decorso o Sviluppo in ore o pochi giorni o Fluttuazione dei sintomi nel corso della giornata, con discrepanza nei rapporti clinici o Peggioramento nelle tarde ore del pomeriggio (sindrome del tramonto): durante la notte, il paziente può essere più confuso, agitato, allucinato • Esercizio fisico o Tachicardia con sudorazione profusa (controllare sempre l’ECG) o Rossore e calore del volto o Midriasi o Stato ipertensivo o Talora febbre di intensità variabile o Talora segni di disidratazione e/o di denutrizione • Cause di sottostima della diagnosi: circa i 2/3 dei casi, infatti, sono misconosciuti o Ampio range di sintomi e natura fluttuante del disturbo o Forma ipoattiva o Erronea attribuzione dei sintomi osservati a demenza, depressione, età avanzata, deprivazione dovuta al ricovero ospedaliero o Scarsa attenzione ai pazienti anziani (“senza speranza”) • Diagnosi o Tipologie ƒ Di stato: presenza delle caratteristiche suddette ƒ Eziologica: riconoscimento della relazione temporo‐causale con una o più condizioni mediche o Modalità ƒ Valutazione clinica: esame psichico, esame obiettivo, valutazione del decorso ƒ Accurata raccolta anamnestica: familiari, personale infermieristico, compagni di stanza ƒ EEG: rallentamento diffuso, ma con carattere aspecifico Diagnosi differenziale • Demenza: la demenza rappresenta uno dei principali fattori predisponenti del delirium: talora, nei pazienti dementi un quadro confusionale, causato dalla somministrazione di farmaci o di patologie internisti che concomitanti, viene attribuito ad un peggioramento dei processi neuropatologici alla base della demenza, trascurando l’approfondimento diagnostico necessario per un adeguato intervento terapeutico. Risulta quindi opportuno ricordare le principali caratteristiche differenziali: o Esordio ƒ Delirium (DL): improvviso (ore, giorni) ƒ Demenza (DM): graduale (mesi, anni) o Decorso giornaliero ƒ DL: peggioramento notturno ƒ DM: stabile nelle 24 ore o Orientamento ƒ DL: alterato, almeno periodicamente ƒ DM: inizialmente alterato o Affettività ƒ DL: soggetto ansioso 80 Scaricato da www.sunhope.it
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ƒ DM: soggetto labile, ma non ansioso Memoria ƒ DL: a breve termine molto alterat ƒ DM: alterata sia a breve che a lungo termine o Percezione ƒ DL: frequenti allucinazioni ƒ DM: allucinazioni meno comuni o Contenuto del pensiero ƒ DL: possibili deliri ƒ DM: deliri rari o Attenzione ƒ DL: molto alterata ƒ DM: poco alterata o Sonno ƒ DL: alterazioni ciclo sonno‐veglia ƒ DM: scarse alterazioni o Sintomi psicomotori ƒ DL: presenti ƒ DM: assenti Psicosi: la presenza di disturbi della percezione e del pensiero può suggerire la presenza di un quadro psicotico acuto, si riportano quindi le principali caratteristiche differenziali: o Età avanzata ƒ DL: comune ƒ P: rara o Attenzione ƒ DL: compromessa ƒ P: normale o Memoria ƒ DL: compromessa ƒ P: normale o Patologie organiche ƒ DL: comuni ƒ P: rare o Allucinazioni ƒ DL: soprattutto visive ƒ P: soprattutto uditive o Ideazione ƒ DL: delirio poco sistematizzato ƒ P: delirio solitamente sistematizzato o EEG ƒ DL: alterato con rallentamento ƒ P: non alterato Depressione: gli eventuali sintomi disforici, specie se associati a perdita di peso e disturbi del sonno, possono orientare verso la diagnosi di sindrome depressiva. La differenza rispetto al quadro depressivo, posta tramite anamnesi, valutazione del decorso ed EEG, è molto importante poiché la somministrazione di ATC può esacerbare la sintomatologia confusionale o
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Prognosi e terapia • Prognosi 81 Scaricato da www.sunhope.it
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Il delirium può evolvere favorevolmente con resitutio ad integrum, di solito in breve tempo se il fattore eziologico può essere corretto o limitato in tempi brevi Una maggior durata della sintomatologia, anche fino a 6 mesi, si riscontra soprattutto nei casi in cui il delirium insorge nel corso di malattie croniche, quali carcinomi, endocarditi batteriche subacute ed epatopatie croniche In alcuni casi il delirium progredisce verso stupor e coma, con possibile exitus o
Terapia o Ospedalizzazione con monitoraggio continuo delle condizioni mediche o Provvedimenti per il mantenimento delle funzioni vitali (adeguata nutrizione, idratazione, ossigenazione, controllo pressione sanguigna) e per la gestione degli eventuali disturbi psichici e comportamentali o Aloperidolo a basse dosi (in alternativa, risperidone) o BDZ a lunga emivita (lorazepam) in caso di epatopatia cronica e di disintossicazione da alcool e sedativi: elevato rischio di convulsioni, favorito da aloperidolo Par II: Gestione delle emergenze Introduzione È opportuno distinguere tra: • Emergenza pschiatrica: è una situazione seria ed acuta, che richiede un immediato trattamento. Le caratteristiche essenziali sono: o Acuzie o Intensità o Elevato livello di pericolo o di rischio di danno o Necessità di un immediato ed indifferibile intervento • Urgenza psichiatrica: è una qualsiasi condizione di grave ed acuta sofferenza psichica, che comporti la necessità di una valutazione clinica di un medico, per impostare un adeguato percorso diagnostico‐
terapeutico. L’emergenza comporta, invece, la rottura di un equilibrio con l’ambiente e lo scompenso delle relazioni psicosociali, che presuppongono una rapida risposta dell’organizzazione sociale per evitare la crisi Quindi, si ricordano le principali differenze tra emergenze/urgenze in medicina (M) e psichiatria (P): • Committenza o M: paziente o chi per lui o P: raramente il paziente, più spesso familiari, vicini di casa, polizia, operatori • Problemi o M: sintomi acuti o P: sintomi acuti, tensioni relazionali, problemi sociali, comportamenti disturbanti, problemi di natura non psicologica • Interventi o M: raccolta anamnesi, valutazione sintomi obiettivi, diagnosi, provvedimenti terapeutici o P: raccolta di notizie, valutazione naturale del problema, orientamento diagnostico e valutazione risorse, decisioni terapeutiche Le caratteristiche delle emergenze e delle urgenze in psichiatria sono: • Obiettività clinica ed esperienza soggettiva del paziente • Condizione clinica significativa e disagio psicosociale • Commistione di aspetti clinici e psicosociali • Comorbidità medica e psichiatrica 82 Scaricato da www.sunhope.it
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Inappropiatezza della domanda: tossicomania, alcolismo, condotte delinquenziali, problemi di ordine pubblico Ecco invece cosa bisogna fare in questi casi: • Esser preparati: aspettarsi l’inaspettato • Riconoscere l’eventuale presenza di qualche livello di rischio • Saper definire gli aspetti specifici del rischio: concretezza, gravità, imminenza • Formulare un piano di intervento (psicologico, farmacologico, ricovero) per ridurre il rischio • Valutare la gravità della condizione del paziente: agitazione, confusione etc. • Valutare il rischio di comportamenti auto‐ od etero‐aggressivi • Indagare le funzioni vitali (accertamenti di laboratorio e strumentali) e considerare il trattamento in corso • Raccogliere informazioni dal paziente, se accessibile, o da familiari o da altri accompagnatori: favorire il racconto della storia con domande aperte, raccolta di dettagli dell’evento, anamnesi psichiatrica • Effettuare esame psichico e diagnosi differenziale • Cercare di stabilire un rapporto, quando possibile: mantenere un atteggiamento di ascolto ed esplicitare gli interventi che si intendono attuare • Comprendere il punto di vista del paziente e dei suoi familiari • Cercare di cogliere le modalità interpretative, i sentimenti associati, gli attori coinvolti • Fare delle ipotesi circa le richieste non esplicitate • Esprimere una propria valutazione sul modo in cui pazienti e familiari tentano di confrontarsi col problema • Cercare un’alleanza con loro su cosa fare in relazione alla crisi Il comportamento autolesivo Il suicidio è ogni caso di morte che risulti direttamente od indirettamente da un atto positivo o negativo, compiuto dalla vittima stessa, consapevole di produrre quel risultato. Il suicidio è tra le prime cause di morte tra le persone di 15‐35 anni ed è in aumento negli ultimi 50 anni. Accanto al suicidio vero e proprio si ricordano: • Suicidio dimostrativo: i mezzi utilizzati e gli atti compiuti non erano idonei a procurare la morte, il paziente ha richiesto aiuto o sapeva che sarebbe stato soccorso: il gesto ha il significato di una richiesta di attenzione o di vantaggi secondari, in alternativa ha intenzioni rivendicative od intenti punitivi verso gli altri • Suicidio mancato: è un tentativo di suicidio che incidentalmente non è riuscito, nonostante i mezzi e gli atti fossero idonei • Parasuicidio: è un atto ad esito non fatale, nel quale un individuo inizia deliberatamente un comportamento non abituale, che, senza l’intervento di altri, causerà un’autolesione, od ingerisce una sostanza in eccesso rispetto alla prescrizione ed al dosaggio generalmente considerato terapeutico. Si tratta di un comportamento a rischio di morte, spesso ripetuto, con negazione dell’ideazione suicidaria (overdose, incidenti stradali, attività a rischio senza critica) • Ideazione suicidaria: l’individuo sperimenta l’idea di auto sopprimersi, pur con gradi molto diversi di intensità e di elaborazione, senza arrivare alla messa in atto di un comportamento suicidario Tra i fattori di rischio suicidario si ricordano: • Storia di disturbi psichiatrici pregressi od in corso, soprattutto depressione (rischio relativo del 21%), disturbo bipolare (28%), DOC (11%), schizofrenia (9%), disturbi di personalità e dipendenza da sostanze (RR 20%). Il 90% dei disturbi è infatti commesso da pazienti psichiatrici • Precedenti gesti autolesivi • Recente dimissione da un reparto psichiatrico • Tratti di personalità di tipi impulsivo • Familiarità positiva per suicidio, storia di precoci perdite familiari o di violenza in famiglia • Età adolescenziale od avanzata e sesso maschile 83 Scaricato da www.sunhope.it
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Eventi stressanti precedenti: abusi fisici o sessuali, recente lutto, problemi finanziari, legali od affettivo‐
sentimentali, notizia di malattia somatica grave o cronica Disoccupazione e basso livello sociale Isolamento sociale: vedovi, separati, divorziato, single Comportamenti suicidari nell’ambiente Facile accesso a potenziali mezzi auto lesivi Appartenenza a determinate minoranze etniche Malattie somatiche con marcata componente dolorosa Tra i fattori protettivi, invece, si ricordano: • Stabilità socioeconomica • Flessibilità ed adattamento • Buona capacità di problem solving • Buon supporto sociale • Buona relazione paziente‐terapeuta • Presa in carico di un centro Tra i pazienti che necessitano di una valutazione per rischio suicidario, invece, si ricordano: • Con disturbi psichiatrici • Con disturbi psichici organici • Con intossicazione od astinenza da uso di sostanze o da alcool • Sopravvissuti ad un tentativo di suicidio • Che riferiscono idee, impulsi o progetti suicidari • Che negano propositi suicidari, ma si comportano in modo da poter essere suicidi potenziali • Con comportamenti parasuicidari • Con patologia mediche con depressione secondaria • A cui viene diagnosticata una diagnosi vissuta come grave • Con malattie terminali od a decorso cronico Tra i fattori da considerare nella valutazione del rischio suicidario, invece, si ricodano: • Campanelli d’allarme o Improvviso miglioramento clinico in pazienti depressi o Stress, attacchi di panico, agitazione individuale o Ricerca di strumenti auto lesivi o Sentimenti di disperazione, rabbia, vendetta • Colloquio clinico o Valutazione psicopatologica generale o Pensieri, piani, comportamenti, intenti suicidi od autodistruttivi o Considerazione di metodi specifici per il suicidio, compresa la valutazione della loro letalità o Sentimenti di mancanza di speranza, vissuti di disperazione, impulsività, anedonia, ansietà marcata, agitazione o Ragioni per vivere e piani per il futuro o Abuso di alcool e di altre sostanza o Pensieri, piani od intenzioni di violenza verso gli altri • Disturbi psichiatrici o Segni e sintomi di disturbi psichiatrici con particolare attenzione a disturbi dell’umore, schizofrenia, abuso di sostanze, disturbi di personalità o Precedenti diagnosi e trattamenti psichiatrici • Storia 84 Scaricato da www.sunhope.it
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o Precedenti tentativi di suicidio, tentativi di suicidio abortititi, altri comportamento autodistruttivi o Diagnosi e trattamento medici precedenti od in corso o Storia familiare di suicidio o tentativo di suicidio o di disturbi psichiatrici, incluso l’abuso di sostanze Situazione psicosociale o Crisi psicosociale acuta o fattori di stress psicosociali cronici: perdite interpersonali, perdita del lavoro, problemi economici, discordie familiari, violenza domestica o Presenza di supporto sociale o Qualità delle relazioni sociali, presenza di bambini in casa o Credenze culturali o religiose a proposito di morte o suicidio o Facilità di accesso ad armi od altri strumenti potenzialmente utilizzabili o Notizie di suicidio, anche attraverso i media Punti di forza o di debolezza individuale o Capacità di adattamento o Tratti di personalità o Risposte precedenti allo stress o Capacità di analisi della realtà o Capacità di tollerare la sofferenza psicologica e di soddisfare i bisogni psicologici Altre considerazioni cliniche riguardo il paziente a rischio suicidario sono: • Verificare la ripetibilità del gesto suicidario o Modalità di pianificazione od impulsività o Esecuzione: da soli od in presenza di altri o Precauzioni prese per evitare di essere scoperti o Mezzo scelto o Opinione del paziente sul grado di letalità del gesto o Presenza di messaggi scritti • Approccio al paziente con idee suicidarie o Tutte le minacce suicidarie vanno valutate attentamente, anche se sembrano manipolative, dimostrative o rivendicative o Occorre creare un setting che favorisca la tutela della privacy ed il tempo necessario per la valutazione o Utilizzare un atteggiamento empatico, sicuro, non critico, che favorisca la creazione di un’alleanza terapeutica o Superare l’eventuale ridotta disponibilità al dialogo (reticenza, diniego e/o opposizione) o Iniziare con domande a carattere generale, affrontando con gradualità ed attenzione il problema del suicidio o Discutere dell’ideazione suicidaria in modo diretto non aumenta il rischio di suicidio: i pazienti spesso sono sollevati dalla possibilità di parlare liberamente di qualcosa di cui non possono parlare altrove o che li fa sentire in colpa o Valutare se i miglioramenti riferiti sono reali o nascondono in realtà propositi suicidari da attuare in contesti diversi Interventi terapeutici Considerazioni generali sugli interventi terapeutici sono che: • Ogni paziente potenzialmente a rischio va trattenuto fino a quando la valutazione non è completata ed è stato deciso l’intervento ritenuto più idoneo • Il suicidio può avere implicazioni medico‐legali, quindi la valutazione e le decisioni sull’intervento devono sempre essere ben documentate • La decisione sull’intervento non è facile, ma il clinico non può delegare nessuno a prenderla 85 Scaricato da www.sunhope.it
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È utile coinvolgere i familiari nella decisione e trovare una collaborazione con loro sull’intervento preferibile: è utile, inoltre, associare una terapia cognitivo‐comportamentale o dialettico‐comportamentale Se non si è sicuri della valutazione del rischio, è meglio ricoverare il paziente in osservazione per breve tempo ed approfondire la situazione, anche facendo ricorso al TSO La decisione di ospedalizzare il paziente, scontata in alcune circostanze (in caso cioè di evidenza del rischio), richiede una valutazione ponderata dei vantaggi e svantaggi della degenza, ma soprattutto deve tener conto di impulsività ed intenzionalità del soggetto o la presenza di elementi clinici di grave rischio (es. allucinazioni imperative, depressione fortemente agitata, comportamenti parasuicidari negli schizofrenici, intossicazione da alcool o sostanze), anche in presenza di validi supporti esterni) Riguardo, invece, l’intervento farmacologico, è bene considerare che: • L’intervento farmacologico in urgenza ha un’importanza relativa, in quanto può agire solo su aspetti sintomatici indiretti. Ovviamente, comunque, va impostato un trattamento specifico sulla base della diagnosi fatta • Nella fase iniziale va tuttavia iniziata una terapia ansiolitica o sedativa per ridurre ansia, impulsività, irritabilità e disturbi del sonno o quella antipsicotica in presenza di deliri od allucinazioni • Data la latenza di azione con cui i farmaci antidepressivi esplicano il loro effetto, il loro utilizzo nella fase di emergenza è limitato • Le evidenze disponibili rimangono in conclusive nell’affermare un’efficacia degli psicofarmaci specifica rispetto al rischio suicidario • I farmaci con evidenze maggiormente consolidate sono: clozapina nei pazienti con schizofrenia, Sali di litio nei pazienti con disturbi affettivi ricorrenti • Gli ATC e gli IMAO, potenzialmente letali in overdose, devono essere utilizzati con grande cautela nei pazienti a rischio suicidario: possono, infatti, aumentare il rischio di suicidio per l’aumento dell’iniziativa • L’uso di antidepressivi più sicuri e maneggevoli, come gli SSRI, ha diminuito la quota di suicidi da overdose di antidepressivi Il paziente con comportamento aggressivo e violento La frequenza di comportamenti violenti nelle persone con disturbi psichiatrici non si discosta significativamente da quella della popolazione generale, anche se la percezione pubblica di questo problema può essere molto sovrastimata, contribuendo allo stigma nei confronti dei disturbi psichiatrici. Sono considerati espressione di malattia quando non controllabili né modulabili. Comunque, l’incidenza di comportamenti violenti nei pazienti con schizofrenia o maniacali in fase acuta è 5 volte superiore a quella della popolazione generale e diventa 12‐16 volte maggiore in caso di concomitante abuso di sostanza, evenienza oggi sempre più frequente. Altre considerazioni generali sono che: • Il 10% dei pazienti psichiatrici al ricovero ha un comportamento aggressivo • Il 55% degli operatori, nei dipartimenti di emergenza, subisce aggressioni da parte dei pazienti psichiatrici • Gli psichiatri, nonostante il 40‐70% di loro abbia subito un’aggressione fisica almeno una volta nella vita, sono la categoria meno a rischio: l’80% delle aggressioni riguarda infatti gli operatori non medici, specie le donne • Il 30% degli operatori che subisce un’aggressione fisica sviluppa una reazione sintomatica con ansia, sentimenti di frustrazione, perdita di controllo, irritabilità, disturbi somatoformi • Il 10% presenta un disturbo da stress post‐traumatico • Significative conseguenze sono: perdita di sicurezza sul lavoro, paura e senso di vulnerabilità, riduzione del senso di competenza professionale Tra le patologie con possibili comportamenti violenti si ricordano: • Psichiatriche: o Disturbo bipolare: specie nelle fasi maniacale o Schizofrenia e disturbi deliranti persistenti: soprattutto deliri con crisi pantoclastiche 86 Scaricato da www.sunhope.it
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o Disturbi di personalità borderline (soprattutto se con ridotto controllo degli impulsi) o Disturbi d’ansia: per diminuita tolleranza della situazione o Depressione (soprattutto nelle forme “agitate”) Tossiche: alcool (astinenza, intossicazione), allucinogeni (intossicazione con allucinazioni), analgesici (delirium), amfetamine (sintomi paranoidei), anticolinergici (delirium), antidepressivi (delirium), antipsicotici (delirium), steroidi (mania, delirium), cocaina (sintomi paranoidei) Neurologiche: epilessia, encefalite, meningite, neuro AIDS, emorragia cerebrale, demenza, tumori cerebrali, encefalopatia epatica, uremica, ipossica od ipoglicemica Mediche: infezioni sistemiche, disturbi tiroidei Predittori del rischio di comportamento violento sono aspecifici e non sensibili: • Fattori demografici ed anamnestici o Sesso maschile (in realtà sembra, più che un aumento di incidenza, un aumento di gravità) o Età giovanile (ma anche anziani con disturbi psico‐organici) o Basso livello socio‐economico o Ridotto supporto sociale o Disoccupazione o Abusi infantili e storia di violenza familiare o Uso di droghe ed alcool o di altri fattori disinibenti o Ritardo cerebrale o danni cerebrali anche minimi o Eventi stressanti: cambiamenti improvvisi nella vita del soggetto, problemi economici, abbandoni, isolamento sociale • Variabili cliniche o Psicosi ƒ Pazienti con ideazioni deliranti (soprattutto paranoidea o di gelosia) ƒ Pazienti con allucinazioni uditive (voci di comando) ƒ Pazienti con concomitante abuso di sostanze e/o di alcolici ƒ Fasi di acuzie o di riacutizzazione, periodo del ricovero ƒ Crisi pantoclastiche ƒ Scarsa aderenza al trattamento o Mania ƒ Presenza di ideazione delirante persecutoria o di grandezza ƒ Grave disorganizzazione del pensiero e/o del comportamento ƒ In risposta ad interventi di contenimento o di limitazione di progetti o programmi, imposizione di regole, processi per l’ospedalizzazione o Disturbi di personalità ƒ Personalità antisociale ƒ Personalità paranoide ƒ Personalità borderline o Abuso di alcool: azione disinibente, compromissione cognitiva con ridotta capacità di critica e di giudizio o Abuso di altre sostanze: allucinazioni, sintomi paranoidei, agitazione, irritabilità o Disturbi psicoorganici Gestione ed intervento • Caratteristiche generali o Raccogliere tutte le informazioni disponibili o Coinvolgere altro personale preparato o Garantire la sicurezza del paziente e degli operatori o Utilizzare un ambiente tranquillo e sicuro, possibilmente osservabile 87 Scaricato da www.sunhope.it
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Evitare la sensazione di costrizione e di limitazione della libertà Allontanare familiari od altre persone identificate come “nemici” Approcciare i pazienti con calma, disponibilità, fermezza o rispetto Evitare atteggiamenti inquisitori, autoritari o giudicanti Valutare le possibili cause della fase di emergenza Decidere sull’opportunità di ospedalizzazione e sulla disponibilità ad un trattamento farmacologico Il ricovero risulta necessario per: ƒ Controllare il rischio acuto ƒ Approfondire diagnosi, situazione personale ed ambientale ƒ Avviare un trattamento adeguato o Nei pazienti con disturbi organici, abuso od astinenza da alcool, intossicazione da sostanze, il ricovero deve avvenire nei reparti di medicina e specialistici di altro tipo, in quanto le patologie e le complicanze sono in questi casi prioritarie e vanno trattate specificamente o Agitazione e confusione non vanno considerate aprioristicamente di competenza psichiatrica o Ogni decisione, ai fini medico‐legali, va definita e documentata Interventi farmacologici o BDZ ƒ Hanno effetto sedativo ƒ Somministrazione • Endovena: in bolo (maggior rapidità d’azione) o per infusione lenta • Per os: a gocce: consente un assorbimento più rapido ƒ Attenzione a depressione respiratoria o Antipsicotici ƒ A maggior attività sedativa: clotiapina, clorpromazina, aloperidolo ƒ Somministrazione intramuscolo o per os: la via endovena va evitata per il rischio di morte improvvisa per aritmie ventricolari, ipotensione, collasso cardiocircolatorio e shock ƒ Attenzione ad ipotensione ortostatica ed acatisia ƒ Utilizzo di dosaggi standard , ripetendo la somministrazione fino al raggiungimento della sedazione desiderata o
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Luoghi di cura e consenso • Fattori che influenzano la decisione di ricoverare o Quadro clinico o Situazione ambientale e disponibilità ne i confronti del paziente o Rischi e responsabilità medicolegali o Disponibilità di risorse del servizio o Clima socio‐culturale del servizio o Fattori emotivi degli operatori o Rapporti interpersonali fra gli operatori • Luoghi di cura o Urgenza psichiatrica sul territorio ƒ Servizio 118 ƒ Pronto soccorso ƒ Centri di salute mentale: servizio psichiatrico d’urgenza o Urgenza psichiatrica nel presidio ospedaliero: pronto soccorso • Consenso: si ricorda che si può intervenire contro la volontà del paziente in caso di malattie infettive contagiose ed in caso di disturbi psichiatrici o Art. 32 Costituzione: “nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge. La legge non può violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana” 88 Scaricato da www.sunhope.it
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o Articoli 30, 32 e 34 del Codice di Deontologia professionale Condizioni nelle quali si può prescindere dal consenso del paziente o “stato di necessità” (articolo 54 Codice Penale): “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo di un danno alla persona o Condizioni previste dagli articoli 34 e 34 sui TSO Il consenso prevede: o Informazione data dal medico: non delegabile ad altre figure professionali. L’informazione deve essere finalizzata, personalizzata, completa e comprensibile o Il comprendere consapevole da parte del paziente o L’accettazione e la restituzione del consenso o La possibilità di revoca o L’informazione deve essere: medica, personalizzata, completa, comprensibile Il consenso, per esser valido, deve essere: o Personale: espresso direttamente dal paziente (fatta eccezione per minori e soggetti inabili) o Libero e spontaneo: riflette la capacità di esprimere la propria volontà coscientemente e liberamente, con una scelta non condizionata né vincolata o Informato: il paziente deve comprendere la sua malattia, il significato dell’utilità delle cure, ma anche gli effetti indesiderati o Attuale: il consenso riguarda l’intervento proposto e non ha valore continuativo o Manifesto: non è implicitamente acquisito con l’assenza di dissenso o con tacita disponibilità Tipologie di consenso: o Presunto: quando si configura lo stato di necessità o Implicito: nel caso in cui il trattamento non comporti particolari rischi e sempre dopo una corretta informazione o Esplicito: quando il trattamento comporta particolari rischi TSO Il trattamento sanitario obbligato (TSO) prevede che le cure vengano prestate in condizioni di degenza ospedaliera solo se contemporaneamente presenti 3 condizioni: • Condizioni: o Esistenza di alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici o Mancata accettazione da parte del paziente degli interventi suddetti o Mancanza di condizioni e circostanze che consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extraospedaliera • Situazioni cliniche che possono richiedere un TSO o Alterazioni dello stato di coscienza: stati confusionali, oniroidi o crepuscolari, stati dissociativi o Compromissione della consapevolezza di malattia: sindromi deliranti od allucinatorie, sindromi maniacali, dipendenza od abuso di sostanza o Disturbi cognitivi: demenza, oligofrenia, patologie organiche cerebrali o Disturbi depressivi: con gravi alterazioni della consapevolezza di malattia, manifestazioni deliranti, rischio suicidario • Caratteristiche essenziali del TSO o Evento straordinario, finalizzato alla tutela della salute mentale del paziente (non deve essere considerata una misura di difesa sociale), disposto dall’autorità sanitaria o Attivato solo dopo aver ricercato il consenso del paziente ad un intervento volontario o Proposto e convalidato solo dopo aver effettivamente visitato il paziente o Attivabile solo in caso di urgenza, gravità, inevitabilità o Presenza di garanzie e tutela per l’assistito: non è possibile effettuare terapie od interventi che non riguardano lo stato psicopatologico • Procedura 89 Scaricato da www.sunhope.it
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Proposta del medico che certifica l’esistenza delle suddette condizioni Convalida della proposta da parte di un altro medico, dipendente pubblico (sono quindi necessari 2 soggetti) Emanazione da parte del sindaco dell’ordinanza esecutiva (entro 48 ore) Notifica al giudice tutelare (entro 48 ore), che provvede a convalidare o meno il provvedimento Durata: 7 giorni con possibilità di proroga Cessazione del TSO da comunicare a sindaco e giudice tutelare Lez II Prof.ssa Mucci: Disabilità e riabilitazione delle psicosi Par I: Generalità Introduzione Secondo l’OMS, il 10% delle disabilità è dovuto a disturbi psichiatrici e riconducibili a disabilità sociali di tipo cognitivo, affettivo e comportamentale. Inoltre, quando una patologia comporta disabilità, i costi personali, familiari e sociali sono maggiori. Attualmente, l’ICF pone l’accento, oltre che sulla disabilità in sé, sul funzionamento in relazione all’ambiente. È importante definire: • Malattia: condizione fisica o mentale di deviazione dallo stato di salute, descrivibile con segni e sintomi • Menomazione: danno organico e/o funzionale a carico di una struttura od una funzione psicologica, fisiologica ed anatomica • Disabilità: riduzione o perdita di un’abilità nello svolgimento di un’attività considerata normale per il contesto di riferimento. Riguarda: o Funzioni e strutture corporee o Attività e partecipazione (capacità/prestazioni) 90 Scaricato da www.sunhope.it
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Fattori ambientali (barriere/ facilitatori): nelle malattie psichiatriche, infatti, spesso la barriera è rappresentata da uno “stigma” sociale, che comporta un rifiuto sociale Handicap: svantaggio sociale conseguente ad una menomazione od ad una disabilità o
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Disturbi mentali ad elevato bisogno di programma riabilitativo sono: • Cognitivi o Sintomi: difficoltà di pensiero, percezioni distorte o Disabilità: problem solving inefficace, rallentato apprendimento o Svantaggi sociali: mancanza di amici, disoccupazione • Affettivi o Sintomi: convinzioni strane, difficoltà nelle azioni e nei movimenti o Disabilità: grave ansia, senso di inadeguatezza o Svantaggi sociali: limitate attività ricreative, scarsa cura di sé e dell’ambiente • Comportamentali o Sintomi: mancanza di energia e di motivazione o Disabilità: ridotto livello di attività costruttive o Svantaggi sociali: carico personale e familiare Secondo il modello tassonomico delle disabilità di Cooper, la compromissione del funzionamento sociale di un paziente tende a manifestarsi secondo una sequenza che vede inizialmente coinvolte le abilità più complesse ed interessa successivamente quelle di base. Da uno studio dell’OMS, inoltre, risulta che la disabilità interessa progressivamente: relazioni sociali, attività lavorative, cura di sé. Comunque, le principali aree di funzionamento sociale e personale sono: lavoro, cura di sé, relazioni affettive, rapporto con i figli e con altri familiari, vita di relazione sociale, attività nel tempo libero. L’approccio al paziente schizofrenico è cambiato nel corso degli anni: • Anni ’60, ’70: risposta ai farmaci: mantenere la stabilità • Anni ’90, 2000: remissione: miglioramento delle funzioni sociali, della qualità di vita e della cognitività (i sintomi cognitivi sono quelli più strettamente associati alla disbilità) • Dopo il 2000: recupero dell’autonomia sociale e funzionale Tra i fattori associati alla disabilità nella schizofrenia si ricordano: • Variabili socio‐demografiche: sesso, età d’esordio, stato civile, occupazione, classe sociale, area geografica • Aspetti clinici e di adattamento premorboso: o Funzionamento clinico o Forme cliniche o Sintomi negativi o Deficit neurocognitivi: memoria, esercizio, pianificazione, attenzione: nel loro insieme determinano l’intelligenza e la cognizione sociale, principali cause di disabilità o Disabilità nelle prime fasi del disturbo o Depressione o Modalità d’esordio o Durata della malattia • Sociali e familiari • Interventi: o Campi ƒ Riabilitativi strutturati (di riabilitazione neurocognitiva) ƒ Sulla cognizione sociale ƒ Di sostegno familiare o Tipologie 91 Scaricato da www.sunhope.it
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Social skills training Riabilitazione cognitivo‐comportamentale Socializzazione supportata Psicoterapia Psicoeducazione familiare Secondo studi dell’OMS, l’adattamento sociale nei disturbi mentali gravi: • È buono nel 36%, accettabile nel 20% e deficitaria nel 44% dei casi • Dopo 7 anni si ha un miglioramento nel 20%, stabilità nel 56% e peggioramento nel 24% dei casi • Comprende: cura di sé, ipoattività e rallentamento, partecipazione familiare, relazione coniugale e sentimentale, ruolo come genitori, attrito nei contatti sociali, rendimento sul lavoro, disponibilità a lavorare, interessi ed informazioni, gestione delle emergenze La riabilitazione psicosociale è un processo orientato a favorire il raggiungimento di un livello ottimale di funzionamento indipendente a persone che hanno compromissione, disabilità e svantaggi sociali legati o dovuti a disturbi mentali. Questo processo prevede sia un lavoro di miglioramento delle abilità personali che cambiamenti ambientali. La riabilitazione psicosociale si propone, infatti, di favorire un livello ottimale di funzionamento e di ridurre le disabilità e gli svantaggi sociali in individui affetti da disturbi mentali, aiutandoli a scegliere come vivere con soddisfazione nella comunità. Tra i fattori che hanno determinato l’evoluzione degli interventi riabilitativi si ricordano: • Deistituzionalizzazione con conseguente spostamento dell’assistenza dall’ospedale psichiatrico alla comunità • Problematiche diverse dei nuovi utenti rispetto a quelle dei pazienti ricoverati negli ospedali psichiatrici • Evidenze scientifiche circa la possibilità di un decorso ed un esito favorevole nella schizofrenia • Affermazione dei diritti civili e di cura delle persone affette da disturbi mentali Il processo riabilitativo • Percorso o Assicurare un ambiente poco stressante o Ridurre le aspettative o Limitare le attività poco competitive o Stabilizzare il trattamento farmacologico o Aumentare le aspettative o Incentivare un miglioramento delle abilità sociali e lavorative, preferibilmente facendo uso di un metodo strutturato • Risorse o Il paziente stesso o L’equipe multidisciplinare o I familiari del paziente o La rete sociale o Gli altri pazienti • Riabilitazione e non intrattenimento: troppo spesso la riabilitazione psichica è stata ed è tuttora confusa con una pratica generica ed approssimativa, fatta di una vaga animazione, di saltuarie occupazioni del tempo libero, di improvvisate iniziative, dimenticando che “l’obiettivo della riabilitazione psicosociale è rappresentato dal miglioramento delle competenze individuali e dall’introduzione di modifiche ambientali tali da creare le condizioni di una buona qualità di vita in una persona che ha avuto disturbi mentali e ne soffre le conseguenze” (OMS) • Principi base 92 Scaricato da www.sunhope.it
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L’obiettivo globale della riabilitazione psicosociale è quello di consentire ad un individuo con compromissione nel funzionamento psicosociale e sociale, di vivere, lavorare e studiare nell’ambiente di sua scelta con il minimo aiuto professionale o L’obiettivo primario è quello di migliorare il livello di competenza sociale o I benefici ottenuti consistono in miglioramenti comportamentali nell’ambiente in cui l’individuo vive o andrà a vivere o Un obiettivo centrale è rappresentato dall’esito lavorativo o L’intervento clinico è principalmente diretto alla minimizzazione della malattia, quello riabilitativo alla massimalizzazione della salute. Comunque, si ricordano le principali differenze tra intervento clinico (C) e riabilitativo (R) ƒ Obiettivo • R: o Miglioramento del funzionamento personale e sociale o Aumento della soddisfazione del paziente per la sua qualità di vita • C: o Cura dei sintomi o Sviluppo di consapevolezza della propria salute ƒ Contenuto diagnostico • R: valutazione delle abilità e delle risorse necessarie e disponibili • C: valutazione dei sintomi e delle possibili cause ƒ Tecniche principali • R: o Riacquisizione ed insegnamento delle abilità o Promozione e modificazione di risorse sociali e personali • C: o Farmacoterapia o Psicoterapia Efficacia della riabilitazione: gli interventi riabilitativi integrati (terapia farmacologica, trattamento psicoeducativo, social skills training) sono efficaci nel: o Diminuire la durata dei ricoveri giornalieri o Ridurre il tasso di ricadute o Migliorare il funzionamento sociale del paziente o Ridurre il livello di sintomatologia Requisiti di un programma riabilitativo individualizzato o Favorire la gestione del disturbo nell’ambiente di vita dell’individuo o Migliorare le abilità sociali dell’individuo o Sviluppare le risorse dell’ambiente o Includere una precisa valutazione della disabilità e dei fattori modificanti o Prevedere un piano dettagliato di obiettivi riabilitativi scelti con l’utente o Monitorare nel tempo l’andamento del programma Obiettivi di un programma riabilitativio o Globale: portare il paziente a vivere, lavorare ed a fare nuove esperienze nell’ambiente di sua scelta, nel modo più autonomo possibile date le condizioni di partenza o Generale: riguarda l’area in cui si è deciso di intervenire o Specifico: definito in maniera operativa, raggiungibile in alcuni mesi Messa in atto del programma: nello scegliere gli obiettivi generali, cioè le aree in cui intervenire, e gli obiettivi specifici, occorre tener conto dell’esigenza di: o Scegliere obiettivi che possano accrescere la stima del paziente o Procedere per passi graduali o Non essere impazienti o
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o Tener presente l’obiettivo globale Pianificazione dell’intervento o Individuare gli obiettivi presi o Pianificare strategie di intervento o Stabilire i tempi di esecuzione delle varie fasi o Identificare un operatore chiave Negoziazione degli obiettivi o Aiutare la persona a rendersi conto dell’esistenza di un problema o Trovare insieme buone ragioni per un cambiamento o Arrivare ad un accordo su un obiettivo realistico definito in termini operativi o Scomporre l’obiettivo specifico nei passi per raggiungerlo o Identificare le risorse necessarie e disponibili o Stabilire cosa fare per “festeggiare” il raggiungimento di un obiettivo o Aiutare l’utente ad esercitarsi nell’uso delle abilità necessarie Riabilitazione neurocognitiva • Metodi o Scomposizione dei compiti per favorire l’apprendimento o Intervento terapeutico per sollecitare l’elaborazione di una strategia o Verbalizzazione per favorire l’articolazione della strategia utilizzata ed il monitoraggio della loro applicazione o Fornire indicazioni e soluzioni per i compiti non alla portata del soggetto: evitare la frustrazione del fallimento • Tecniche o Training cognitivo computerizzato ƒ Ben accetto da pazienti ƒ Compiti strutturati, flessibili e standardizzati per i diversi domini neuro cognitivi ƒ Individualizzazione ƒ Feedback chiari, accurati, immediati: gratificazione o Tecniche comportamentali ƒ Taken economy: favorire la motivazione ƒ Social learning: condividere apprendimento e gratificazione ƒ Errorless learning: semplificazione e ripetizione: è il più classico, ma meno efficace, perché non dà motivazione né gratificazione o SSANIT (social skills and neuro cognitive individualized training): è un SST individualizzato ƒ Sessione settimanale di 120’ (75 di gruppo + 45 di verifica individuale con compiti a casa) ƒ Role play: individualizzazione di problematiche personali e situazioni di vita quotidiana ƒ Compiti a casa centrati sulle situazioni trattate nel role play o Training cognitivo individualizzato ƒ 2 sessioni settimanali di un’ora (50’ di allenamento + 10 di verifica e pianificazione dei compiti futuri) ƒ È un training adattativo che consente di cimentarsi su compiti adeguati alle capacità dei singoli ƒ Struttura modulare: attenzione e concentrazione, memoria verbale e non verbale, funzioni esecutive (pensiero logico, acquisti, pianificazione di una giornata) ƒ Livelli di difficoltà progressivi: matrici da 2 a 9 elementi tra i quali bisogna distinguere (attenzione e concentrazione) ƒ Interfaccia: monitor e pannello di risposta ƒ Brani e domande, da semplici a complesse 94 Scaricato da www.sunhope.it
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TCC (training cognitivo computerizzato): appena il soggetto raggiunge una serie di prestazioni positive (es. 5), il computer passa al successivo Interventi sulla cognizione sociale • Riconoscimento di espressioni facciali o Addestramento ed identificazione di emozioni in disegni schematici (aspetti di base) o Successivo addestramento su facce statiche: dinamicità ƒ Riprodurre espressioni allo specchio ƒ Espressioni facciali ambigue ƒ Prosodie: tecniche di comprensione del tono della voce ƒ Teoria della mente: discriminazione di espressioni emozionali in contesti sociali ed attribuzione di stati mentali ad altri Lez V Prof.ssa Galderisi: Psicoterapia Par I: Generalità Introduzione La psicoterapia è un intervento basato sulla relazione interpersonale, praticato da uno psicoterapeuta esperto. Le tecniche impiegate sono numerose e richiedono la capacità di costruire una relazione interpersonale e di comunicare. La psicoterapia ha la finalità di curare i disturbi psichiatrici e migliorare la capacità dei pazienti di gestire le difficoltà che incontrano nel corso della vita. Inoltre, si propone di curare le condizioni non morbose o pre‐morbose, al fine di prevenire l’insorgenza di patologie psichiatriche o di suicidi. Chi fa lo psicoterapeuta deve conoscere bene i propri meccanismo psichici: egli infatti può farsi male, non reggendo il rapporto, e fare male, avendo un effetto negativo sul paziente (effetto iatrogeno psicoterapico). Occorrerebbe, quindi, un adeguato percorso di formazione psicoterapica con un tutor esterno alla scuola, percorso d’insegnamento oggi non previsto per la Scuola di Psichiatria. 95 Scaricato da www.sunhope.it
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Le figure mediche che lavorano in psicoterapia sono: • Psicologi: laurea + 5 anni di formazione • Medici: laurea + corso di formazione • Psichiatri: laurea + specializzazione Vi sono orientamenti diversi nell’ambito della psicopatologia, fondati su presupposti teorici differenti, che fanno uso di tecniche differenti. Comunque, tutte le psicoterapie hanno in comune la relazione col paziente e la capacità di comunicazione e metacomunicazione del terapeuta. È bene ricordare come le psicoterapie abbiano un effetto neurobiologico e funzionale sul cervello in particolare sulla plasticità sinaptica (aumento delle sinapsi e delle arborizzazioni) e sull’apprendimento (LTP e formazione di nuove sinapsi)e che i possibili interventi in psichiatri sono: psicoterapia, farmacoterapia, interventi combinati. La psicoterapia in molti casi non risulta inferiore alla terapia farmacologica, ma anzi può risultare preferibile per l’assenza di effetti collaterali. Le psicoterapie possono essere: • Diverse per gruppi di utenti o Individuali: le più frequenti o Di coppia: entrambi i partner devono essere motivati o Familiari: spesso è la comunicazione familiare “malata” a determinare i disturbi nelle singole persone o Di gruppo: sarebbero di elezione nel pubblico, ma spesso il gruppo pone resistenza per la presenza di figure eterogenee • Indirizzi o Cognitivo‐comportamentali o Psicodinamico o Interpersonale o Integrazione di più approcci Trattamento dei disturbi d’ansia • Farmacoterapia o Vantaggi ƒ Maggior accessibilità e costi ridotti ƒ Ridotta latenza d’azione (massimo 8 settimane) ƒ Minor impegno da parte sia del paziente che dei terapeuti o Svantaggi ƒ Lunga durata del trattamento ƒ Elevato tasso di recidive all’interruzione (fino al 70% nei disturbi di panico) ƒ Elevata % di drop‐outs (circa il 20% per DAP) ƒ Effetti collaterali, abuso‐dipendenza, interazioni con altri farmaci ƒ Rischi in gravidanza • Psicoterapia o Vantaggi ƒ Benefici più stabili ƒ Efficaci su di un maggior numero di dimensioni cliniche ƒ Bassa % di drop‐outs (6% per DAP) ƒ Assenza di effetti collaterali o Svantaggi ƒ Scarsa accessibilità e costo maggiore ƒ Maggior durata e frequenza delle visite ƒ Necessità di collaborazione attiva da parte del paziente ƒ Maggior latenza d’azione 96 Scaricato da www.sunhope.it
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Trattamento combinato: fino al 50% dei pazienti non risponde, infatti, al trattamento singolo e questa terapia ha lo scopo proprio di ridurre i non responders all’uno od all’altro trattamento o Vantaggio ipotizzato: effetto sinergico su ƒ Collaborazione del paziente ƒ Varie dimensioni cliniche o Svantaggi ƒ Presenza di due terapeuti ed interferenza dei farmaci con la relazione terapeutica ƒ Il miglioramento dei sintomi ottenuto con la terapia farmacologica può ridurre la motivazione nei confronti dell’intervento psicoterapeuticoè Par II: Le psicoterapie cognitive Comportamentismo Le terapie comportamentiste nacquero all’inizio del XX secolo, ad opera dello psicologo John B. Watson, che enfatizzava l’oggettività e lo studio del comportamento manifesti rispetto allo studio degli eventi interni, oggetto dell’approccio psicodinamico dominante all’epoca. Il comportamentismo moderno si sviluppa soprattutto nel dopoguerra, ad opera di Pavlov, Wolpe e Skinner, che studiarono nell’animale e nell’uomo i principi dell’apprendimento, quali il condizionamento classico ed il condizionamento operante e la desensibilizzazione. Il paradigma di base è che ad uno stimolo consegue una risposta: • Condizionamento classico: l’apprendimento è il risultato della contiguità tra due eventi ambientali: la risposta allo stimolo A (per esempio ansiogeno) si estende a quello B (neutro) • Condizionamento operante: l’apprendimento è conseguenza dei risultati di un’azione: se l’evitamento di una situazione si accompagna ad una riduzione dell’ansia, ad esempio, l’individuo tende ad apprendere il comportamento di evitamento. I comportamente liberamente espressi dall’individuo aumentano o si riducono in ragione delle loro conseguenze: Skinner e colleghi misero a punto una serie di procedure finalizzate a promuovere l’apprendimento, partendo dal presupposto che le conseguenze ambientali dell’azione determinano quali comportamenti saranno appresi e consolidati all’interno del repertorio individuale: o Rinforzo positivo: è il processo attraverso cui alcune conseguenze dei comportamenti aumentano la probabilità che quel comportamento si verifichi di nuovo. I rinforzi positivi sono quelli che hanno un effetto gratificante (apprezzamento, soldi, cibo, sesso etc.). Alcuni eventi, considerati negativi da alcuni, sono considerati positivi da altri e viceversa. Comunque, il rinforzo positivo è un ingrediente fondamentale della maggior parte delle terapie, spesso fornito come attenzione od apprezzamento per alcuni comportamenti o Rinforzo negativo: è il processo attraverso cui viene rafforzato il comportamento, che consente l’evitamento di un evento spiacevole Principi fondamentali dell’intervento terapeutico sono che: • Il comportamento anormale può essere favorevolmente influenzato dalla riorganizzazione terapeutica delle modalità di interazione dell’individuo col suo ambiente • Gli stessi principi dell’apprendimento governano il comportamento normale ed anormale e possono pertanto esser utilizzati a scopo terapeutico • La valutazione del problema dell’individuo è focalizzata sul presente, piuttosto che sull’analisi a priori di possibili antecedenti storici • È più facile modificare il comportamento che intervenire su piani cognitivi ed affettivi • La terapia comportamentale è mirata al comportamento nelle sue numerose espressioni Social skills training (SST) 97 Scaricato da www.sunhope.it
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Il SST riguarda l’apprendimento di abilità sociali: le tecniche di SST sono fondate sul presupposto che la capacità di risposta in modo adeguato alla situazione può essere acquisita (situazioni strutturate di apprendimento). La teoria dell’apprendimento sociale si basa sul presupposto che i comportamenti sociali sono acquisiti attraverso la combinazione sia dell’osservazione dei comportamenti altrui, che delle conseguenze positive e negative delle proprie azioni: possono esser presenti comportamenti eccessivi (es. commenti ostili) o deficitari (es. scarso contatto visivo), che sfociano in comportamenti problematici e disfunzione sociale. È utile anche in soggetti senza disturbi, ma con necessità di buona conoscenza di comunicazione e meta comunicazione (sanitari, operatori di vendita) Comunque tecniche di SST sono: • Modeling: è un processo di apprendimento per osservazione, ossia la possibilità che le persone hanno di apprendere una nuova abilità sociale semplicemente osservando qualcuno che la utilizzi • Scomposizione del compito: la maggior parte delle abilità insegnate nel training di abilità sociali sono troppo complesse e difficili per poter esser apprese al primo tentativo. Scomponendo le abilità complesse in sottoabilità ed insegnandole poi una alla volta nell’arco di numerose prove, si può arrivare, attraverso approssimazioni successive, ad apprendere abilità sociali adeguate • Iperapprendimento: è un processo di pratica ripetuta di un’abilità fino a quando questa diventa automatica. Nel SST i pazienti praticano ripetutamente con il role‐play l’abilità da acquisire, sia all’interno del gruppo che al di fuori del gruppo con i compiti a casa • Rinforzo (vedi dietro) Dal comportamentismo al cognitivismo L’efficacia dell’intervento comportamentale, valutata in base alla riduzione dei comportamenti sintomatici, è stata documentata da numerose ricerche. Tuttavia, numerosi fattori hanno messo in discussione l’approccio nel suo complesso: • il comportamentismo non spiega l’ “effetto informazione “ (spiegato lo stimolo condizionante, questa cessa di elicitare la risposta) e l’ “effetto terapeuta” (variabilità secondo l’operatore) • l’efficacia delle terapie comportamentali nella depressione è scarsa. Dal paradigma stimolo>risposta si è passati a quello stimolo>organismo>risposta: la presenza dell’ “organismo” indica l’intervento di variabili intraorganiche nell’apprendimento dell’associazione stimolo‐risposta. Psicoterapie cognitive Analogamente a quelle comportamentali, sono attive, strutturate e limitate nel tempo. Una serie di studi controllati ne ha dimostrato l’efficacia nel trattamento di sindromi depressive, ansiose, fobiche, nei disturbi alimentari e da abuso di sostanze. Supera la pretesa del comportamentismo di ignorare quel che accade all’interno delle persone. Attualmente, le psicoterapie cognitive vengono utilizzate nei trattamenti anche di DOC, DPTS, disturbi di personalità, depressione ricorrente, disturbi ipocondriaci e schizofrenia. Caratteristiche principali sono: • Modello cognitivista: l’assunto di base è che il comportamento e le emozioni dell’individuo siano influenzati dalla sua percezione degli eventi. Non sarebbe, quindi, la situazione in sé che determina la reazione od il sentire del soggetto, ma piuttosto il modo in cui egli costruisce la situazione. Il modo in cui le persone sentono è in relazione con il modo in cui le persone interpretano e pensano rispetto alla situazione. La risposta emotiva è mediata da quel che si pensa e si sa della situazione • Pensieri coscienti e pensieri automatici: si è consapevoli solo di alcune delle cose pensate (ragionamenti, opinioni, decisioni). Alcuni pensieri, infatti, attraversano velocemente la nostra mente e talora ci si accorge di un cambiamento di umore, ma bisogna riflettere sul flusso dei pensieri per individuare quello alla base dell’eventuale turbamento emotivo. Secondo la teoria cognitiva, alcuni di questi pensieri sono disfunzionanti e, se sottoposti ad una riflessione cosciente, possono essere modificati: al cambiamento di pensieri disfunzionanti generalmente si accompagna anche un miglioramento dell’umore 98 Scaricato da www.sunhope.it
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Credenze: già dall’infanzia, le persone sviluppano delle credenza su se stesse e sul mondo (alcuni Autori le chiamano schemi operativi): si sviluppano, infatti, nell’infanzia quando il bambino interagisce con le figure significative. Le credenze, positive o negative, riguardano anche gli altri ed il proprio mondo. Al pari dei pensieri automatici, non sempre sono coscienti, o meglio non hanno una chiara ed esplicita articolazione: uno degli obiettivi della terapia è proprio di far emergere tali credenze Il modello cognitivo della depressione: o Triade cognitiva ƒ Visione negativa di sé: l’individuo ha un senso di sé come persona indegna ed inadeguata e tende ad attribuire tale vissuto a presunti difetti fisici, mentali o morali ƒ Visione negativa dell’esperienza: è la tendenza ad a vedere il mondo come incredibilmente esigente, pieno di ostacoli insormontabili o, comunque, privo di piacere e gratificazione ƒ Visione negativa del futuro: è la convinzione che l’esperienza attuale debba continuare per sempre; nel futuro è vista una vita incredibilmente dura, piena di privazioni e frustrazione o Predispozione alla depressione nel modello cognitivista: i concetti che predispongono l’individuo alla depressione si sviluppano precocemente nel corso della vita e sono modellati da: ƒ Esperienza dell’individuo ƒ Identificazione con figura significative ƒ Percezione dell’attitudine delle altre persone nei loro confronti o Razionale: sebbene tali schemi siano latenti, essi si attivano in particolari circostanze, soprattutto se analoghe a quelle che hanno contribuito a creare l’attitudine negativa (perdita, morte, malattie, insuccessi). Non sempre la depressione origina da specifiche e chiare situazioni stressanti: talora, infatti, scaturisce da una serie di esperienze spiacevoli di minor entità.. Mentre un individuo non predisposto, a seguito di esperienze negative mantiene vivi i propri interessi per alcuni aspetti della vita, le persone predisposte alla depressione esperiscono una caduta dell’interesse in tutti gli aspetti della vita Lez VI Prof. Catapano: I farmaci ansiolitici ed ipnotici Par I: Generalità Introduzione Occorre innanzitutto considerare: • Patologie organiche che possono indurre ansia o Malattie neurologiche: epilessia del lobo temporale, quadri iniziali di demenza, cerebropatie o Malattie endocrine: tireotossicosi, feocromocitoma, ipoglicemia, ipoparatiroidismo, sindrome di Cushing o Malattie cardiache: prolasso mitralico, tachicardia parossistica atriale, angina pectoris (bisogna prestare molta attenzione perché spesso i disturbi d’ansia sono percepiti proprio come patologie cardiache) • Altre sostanze che possono indurre ansia o Farmaci: estratti tiroidei, efedrina, anoressizzanti (tipo amfetamino‐simili), antistaminici, aminofillina, alcuni antidepressivi; sospensione brusca di ansiolitici, antidepressivi, neurolettici 99 Scaricato da www.sunhope.it
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o Altre sostanze: caffè, tabacco, cocaina, amfetamina, sospensione brusca di alcool Riguardo gli ansiolitici in generale è opportuno ricordare la loro estesa area critica di utilizzo ed il fenomeno di autoprescrizione: psichiatri, neurologici, specialisti di altra branca, medici di base, su propria iniziativa o su consiglio di familiari o conoscenti, se li “autoprescrivono”, al bisogno od in maniera cronica. Inoltre, è bene considerare come le BDZ siano gli unici farmaci psichiatrici ad azione rapida (3‐5 ore). Comunque, come ansiolitici o tranquillanti minore, vanno considerati i farmaci efficaci nel trattamento della sintomatologia ansiosa, classificati in base alla struttura chimica • Benzodiazepine (BDZ) • Ansiolitici a struttura varia: buspirone • Ansiolitici glicocolici: meprobamato • Ansiolitici difenilmetanici • Ansiolitici indoazolici: queste due classi si utilizzavano in passato Inoltre, si ha una classificazione in baso all’utilizzo: • Composti ansiolitici ed ipnotici o Sedativo‐ipnotici ƒ BDZ ƒ Barbiturici ƒ Meprobamato o Sedativo‐neurovegetativi ƒ Antistaminici ƒ Antidepressivi triciclici ƒ Antipsicotici • Composti ansiolitici non sedativi o Agonisti 5HT‐1A o Beta‐bloccanti • Composti ipnotici non ansiolitici o Zolpidem o Zaleplon Par II: BDZ Chimica • Classificazione su base chimica o BDZ propriamente dette: 1‐4, 1‐5 BDZ: diazepam, bromazepam, clordesmetildiazepam, clorazepam, oxazepam, lorazepam, flurazepam, lormetazepam, clobazam o Nitro‐BDZ: nitrazepam, flunitrazepam o Triazolo‐BDZ: triazolam, alprazolam o Tieno‐BDZ: etizolam, clotiazepam • Struttura di base delle 1,4 BDZ o Composti con nucleo di base formato da un anello a 7 atomi di C, con il numero massimo di doppi legami (3: nucleo epinico) o Sostituendo i C in posizione 1 e 4 con un N, si ottiene un anello eterociclico azotato (1,4 diazepina) o L’aggiunta di un gruppo fenilico ed un anello benzenico porta alla formazione della struttura di base (5‐fenil 1,4 benzodiazepina) 100 Scaricato da www.sunhope.it
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Meccanismo d’azione • Sistemi neurotrasmettitoriali su cui agiscono le BDZ o GABA o Riduzione del turnover di DA, NA e 5HT con conseguente aumento della loro concentrazione o Aumento della concentrazione di ACh, Mg2+, glucosio, cAMP, cGMP o Aumento dei recettori per la glicina • Effetti terapeutici o Ansiolitico: per un’ azione sul sistema limbico: clordiazepossido, diazepam, lorazepam, oxazepam, bromazepam o Ipnoinducente: per un’ azione su ipotalamo posteriore, sostanza reticolare bulbo‐pontina: flurazepam, nitrazepam, triazolam o Miorilassante: per un’ azione su corteccia motoria, gangli della base, midollo spinale: diazepam o Anticonvulsivante: per un’azione su sostanza reticolare meso‐diencefalica, corteccia cerebrale: clorazepam, diazepam • Meccanismo d’azione: le BDZ agiscono potenziando la trasmissione GABAergica. Il GABA, neurotrasmettitore inibitorio più importante tra quelli presenti nel cervello, controlla l’eccitabilità di tutte le aree cerebrali regolate dall’equilibrio tra input eccitatori ed inibitori. Le BDZ si legano ad un recettore specifico (recettore per le BDZ), parte integrante del complesso macromolecolare GABA‐A del recettore GABA associato al canale del Cl‐: l’interazione delle BDZ col proprio sito recettoriale facilita, tramite un meccanismo allosterico, il legame del GABA al suo recettore. L’interazione del GABA col proprio recettore produce l’apertura del canale al Cl‐: l’apertura del canale determina l’afflusso di cloro con effetto inibitorio generalizzato sull’attività nervosa • Recettori GABA‐A: una caratteristica molto importante di questi recettori è la presenza di diversi siti modulatori che, interagendo con loro ligandi specifici, possono modulare il sito di legame e l’attività del GABA. Tra questi siti modulatori i più importanti sono quelli delle BDZ e quello dei barbiturici, i quali agiscono in maniera simile alle BDZ, potenziando la funzione del recettore GABA‐A (aumento della frequenza di apertura) attraverso un sito di legame indipendente. Il complesso macromolecolare, comunque, è ritenuto un punto critico per l’azione di molti altri composti come neurosteroidi, etanolo, anestetici e composti ad azione anticonvulsivante come la picrotossina • Subunità proteiche che delimitano il canale al cloro: il canale recettoriale consiste di almeno 5 subunità intorno ad un polo centrale che attraversa la membrana e che, se aperto, risulta permeabile agli ioni cloro. Le subunità di cui è costituito il recettore GABA‐A possono essere classificate in famiglie in base alla similarità strutturale (alfa, beta, gamma, delta, epsilon). Le diverse combinazioni di assemblamento delle varie subunità danno luogo a differenti sottotipi di recettori GABA‐A localizzati in diverse aree cerebrali • Sottotipi di recettori alle BDZ: le BDZ classiche sono attive su tutti i sottotipi, mentre quelle di III generazione hanno attività solo per i sottotipi ω1: o BDZ1 o ω1: mediano l’azione ansiolitica ed ipnoinducente e sarebbero localizzati in particolar modo nel cervelletto, nel sistema limbico e nell’ipotalamo o BDZ2 o ω2: sono responsabili dello sviluppo dell’assuefazione e della dipendenza, avrebbero inoltre un ruolo nelle facoltà cognitive e nel controllo motorio (azione miorilassante) o PBR (periferic BDZ receptor) o ω3: sembra implicato nella steroidogenesi e, probabilmente, nella risposta allo stress. Esprimono il PBR in maniera molto abbondante organi come ipotalamo, corteccia surrenalica, rene, testicolo, placenta. La localizzazione di tale recettore è citoplasmatica a livello della membrana mitocondriale Farmacocinetica • Assorbimento: o Somministrazione: per os, ev, per via rettale ƒ Orale: • Assorbimento rapido (picco in 1‐2 h): diazepam, midazolam 101 Scaricato da www.sunhope.it
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• Assorbimento più lento (picco in ≥ 3 h): prazepam, oxazepam, alazepam • Assorbimento intermedio: clordiazepossido, lorazepam, trazolam, alprazolam ƒ IM: assorbimento meno rapido e completo, forse per precipitazione del farmaco nel sito di inoculazione ƒ Rettale: valida alternativa alla somministrazione orale, quando questa non può essere praticata (es. bambini con convulsioni febbrili) ƒ EV: solo in emergenza, nell’epilessia ed in anestesia o Data la loro elevata liposolubilità, presentano un buon assorbimento GI, tuttavia lento e variabile o Tutte le BDZ vengono assorbite immodificate, fatta eccezione per il clorazepato, convertito in demetildiazepam Distribuzione o Data la loro elevata liposulibilità, si distribuiscono bene in tutti i tessuti, passano attraverso la placenta, sono escreti nel latte e nella saliva o Legame farmaco‐proteica: 80‐90% o Picco plasmatico: 1‐3 ore, ma il picco, a causa del ricircolo enteroepatico, dura anche 8 ore o Stady state: è raggiunto in circa 2 settimane: gli effetti tossici possono però sopravvenire anche dopo soli 7 giorni di trattamento o Emivita variabile: lunga, media, breve, brevissima: dipende anche dalla formazione di metaboliti attivi Classificazione delle BDZ in base alla loro emivita od a quella dei loro metaboliti o BDZ a lunga emivita: sono quelle la cui emivita, o quella dei metaboliti attivi, supera le 48 ore: diazepam (Valium), clordesmetildiazepam, flurazepam, prazepam o BDZ ad emivita media: sono quelle la cui emivita è compresa tra 24 e 48 ore: flunitrazepam, nitrazepam o BDZ ad emivita breve: sono quelle la cui emivita è inferiore alle 24 ore: alprazolam, bromazepam (Lexotan), lorazepam o BDZ ad emivita brevissima: sono BDZ senza metaboliti attivi o con un’emivita minore di 10 ore: estazolam, triazolam, oxazepam Escrezione o Urinaria: 80% o Fecale: 10% o Altro: 10% Metabolismo: o È prevalentemente epatico, con reazioni di demetilazione, idrossilazione, glucuronazione, solfoconiugazione (meno frequentemente acetilazione, riduzione, deiidrogenazione, deaminazione) o Si formano metaboliti attivi ed inattivi: ad esempio, il desmetildiazepam, metabolita attivo del diazepam o Il metabolismo è aumentato in caso di associazione con barbiturici, diminuito nell’anziano e nell’epatopatico. Rapporto tra metabolismo ed emivita o BDZ con emivita medio‐lunga: queste BDZ vanno incontro, prima di esser coniugate con acido glucuronico e quindi eliminate, ad una serie di tappe metaboliche, con formazione di metaboliti attivi, di cui la più importante è la demetilazione con successiva idrossilazione (o la nitroriduzione nel caso di nitrazepam e flunitrazepam). L’idrossilazione epatica è il processo metabolico che rende ragione della lunga emivita di queste BDZ e del conseguente accumulo di farmaco nell’organismo dopo uso prolungato. Nell’anziano e nel paziente epatopatico questi farmaci vengono, di conseguenza, sconsigliati proprio perché in questi soggetti i processi di idrossilazione epatica sono di per sé alterati. Le conseguenze cliniche di un accumulo di BDZ a livello del SNC possono esser rappresentate da: eccessiva sedazione, astenia, alterata performance psicomotoria e cognitiva, ipotensione ortostatica. 102 Scaricato da www.sunhope.it
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Comunque, la lunghezza dell’emivita in questi composti è, di fatto, determinata dalla formazione di un prodotto metabolico attivo, il nordiazepam (BDZ pronordiazepam‐simili: diazepam, clordesmetildiazepam, clordiazepossido). Nitrazepam e flunitrazepam, che hanno un’emivita tra le 24 e le 48 ore, vanno invece considerate nitro‐BDZ. o BDZ con emivita breve‐brevissima: si distinguono in ƒ Composti che vanno incontro a fenomeni di idrossilazione epatica (alprazolam, bromazepam, triazolam, estazolam) e che possono presentare interazioni farmacocinetiche con altri farmaci o modificazioni cinetiche nel soggetto anziano ed in quello epatopatico ƒ Composti coniugati direttamente con acido glucuronico (lorazepam, oxazepam: BDZ oxazepam‐simili) e quindi eliminati: la loro cinetica non si modifica nel paziente anziano ed epatopatico e non danno luogo a fenomeni di farmacoaccumulo né di interazioni farmacologiche ƒ Le BDZ ed emivita brevissima sono utilizzate prevalentemente come ipnoinducenti, in quanto la rapidità di eliminazione consente di evitare gli effetti hangover, cioè di malessere, sonnolenza e cefalea al risveglio Interazioni o Farmacoinduttori: barbiturici, carbamazepina, fenitoina, desametasone, ormoni steroidei, macrolidi o Farmacoinibitori: amiodarone, ciprofloxacina, eritromicina, fluoxetina, ketoconazolo, verapamil Indicazioni e scelta delle BDZ Le BDZ hanno indicazioni terapeutiche meno specifiche e più ampie rispetto ad altre categorie di psicofarmaci, dato che un effetto ansiolitico od ipnotico può essere richiesto per il trattamento farmacologico di diverse condizioni cliniche: in particolare, l’impiego delle BDZ può essere considerato razionale sia come somministrazione al bisogno sia continuativa nel trattamento di alcuni disturbi d’ansia (DAP, DAG, disturbo d’ansia sociale). Inoltre, tali composti possono esser utilizzati nella fase di latenza dell’azione di farmaci antidepressivi. • Caratteristiche implicate nella scelta o Velocità di assorbimento e liposolubilità ƒ Più rapido è l’assorbimento intestinale, più rapido è il raggiungimento di un’adeguata concentrazione plasmatica ƒ Più alta è la liposolubilità, più rapido è l’attraversamento della BEE o Maggior rapidità d’azione: BDZ ad azione più rapida, come diazepam e clorazepato, sono consigliabili in tutte le condizioni di ansia acuta o con necessità di rapida sedazione • Scelta della BDZ in base all’emivita plasmatica ed alla presenza/assenza di metaboliti attivi o BDZ ad emivita medio‐lunga ƒ Condizione di ansia cronica o di rilevante entità ƒ Insonnia intermedia o terminale, specie con ansia diurna associata ƒ Necessità di evitare somministrazioni ripetute ƒ Strategie terapeutiche di breve durata o BDZ ad emivita breve: ƒ Condizioni di ansia di non grave entità od occasionale ƒ Insonnia di addormentamento su base ansiosa ƒ Condizioni generali compromesse ƒ Trattamenti prolungati o BDZ ad emivita breve senza metaboliti attivi (composti oxazepam‐simili) ƒ Anziani, epatopatici (farmaci di scelta) ƒ Associazione con farmaci inibitori: cimetidina, propanololo, contraccettivi orali ƒ Rischio di iperdosaggio a scopo suicidario ƒ Hanno un rischio di dipendenza più elevato • Indicazioni 103 Scaricato da www.sunhope.it
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Ansia: a causa della tolleranza non sono più il farmaco di prima scelta nel trattamento a lungo termine Æ sostituite dagli antidepressivi; utilizzate invece in trattamenti sub‐cronici (2‐4 settimane), in cui migliorano la sintomatologia sin dalla prima somministrazione o Insonnia ƒ Difficoltà ad addormentarsi: BDZ a breve emivita (triazolam) ƒ Risvegli mattutini precoci: BDZ a emivita intermedia (nitrazepam, flunitrazepam) ƒ Insonnia ed ansia diurna: BDZ a lunga emivita (quazepam, flurazepam) o Epilessia e convulsioni: non utilizzate nel trattamento cronico per tolleranza o Diazepam: stato di male epilettico, controllo e prevenzione delle convulsioni di natura febbrile dell’età pediatrica (in somm. rettale) o Altre BDZ impiegate: lobazam, lorazepam, nitrazepam, clonazepam, midazolam o Anestesia (soprattutto midazolam): sedazione nel periodo perioperatorio ed in corso di procedure diagnostiche a bassa invasività; riducono il disagio ambientale e fisico nei pz in terapia intensiva o Alcolismo: farmaci di scelta nel trattamento della sindrome da astinenza alcolica (non nel mantenimento dell’astinenza a LT) o Disturbi neurologici: controllo dell’ipertonia e della spasticità muscolare Schemi posologici: vanno individualizzati o Può esser utile ƒ Riconoscere se c’è già stato usi di ansiolitici da parte del paziente e valutare l’effetto in funzione di dosaggio ed efficacia ƒ Valutare effetti collaterali comparsi in caso di assunzione sporadica ƒ Valutare le reazioni sia dopo singola dose che dopo due giorni di terapia ƒ Valutare con minimo dosaggio possibile in dose refratte, cominciando la sera ƒ Aggiustare il dosaggio crescendo fino al massimo dell’efficacia in assenza di effetti collaterali o Durata del trattamento: va individualizzata. Fattori responsabili o predisponenti nel determinare o favorire un uso prolungato di BDZ sono: ƒ Gravità della condizione di ansia ƒ Mancanza di una strategia di supporto psicologico concomitante all’uso di BDZ ƒ Impossibilità di eliminare l’eventuale fattore ansiogeno ƒ Rapporto medico‐paziente eccessivamente medicalizzato ƒ Predisposizione alla tossicofilia, soprattutto alcolisti, e pazienti che fanno uso eccessivo di analgesici, antispatici etc. o La sospensione di una terapia con BDZ, a meno che non emergano motivi che giustifichino una brusca interruzione del trattamento (reazioni idiosincrasiche, sovradosaggio), deve sempre avvenire in modo graduale, per evitare i sintomi da sospensione. Più lunga è la durata del trattamento e più elevato è il dosaggio, tanto più lungo deve essere il periodo previsto per la sospensione Situazioni critiche nell’uso delle BDZ o Anziano: il decremento della funzionalità epatica, soprattutto dei processi ossidativi, determina la possibilità di fenomeni di accumulo in caso di somministrazioni ripetute. Inoltre, le BDZ hanno effetti negativi sulle funzioni cognitive e sulla marcia, con atassia, frequenti cadute e rischio di rottura del femore o Gravidanza ƒ I trimestre: malformazioni fetali ƒ Nell’ultima fase di gravidanza possono insorgere problemi a carico del neonato, con un quadro caratterizzato da stato soporoso, ipotonia muscolare, suzione inadeguata, asfissia e depressione respiratoria. In alcuni casi è stata segnalata una sindrome d’astinenza (sindrome perinatale) con vomito, diarrea, ipertono, iperreflessia, tremori, convulsioni Controindicazioni o Intossicazione alcolica acuta: rischio di depressione respiratoria o Insufficienza respiratoria o Demenza: riduzione prestazioni cognitive o
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Miastenia: azione miorilassante Allattamento: le BDZ passano nel latte, provocando sedazione eccessiva, suzione inadeguata e deficit alimentari Interazioni farmacologiche • Alcool o Sinergismo farmacodinamico: fenomeni di depressione cardiorespiratoria fino al coma o Sinergismo farmacocinetico ƒ In acuto: inibizione metabolica dei composti pronordiazepam‐simili: ritarda l’assorbimento delle BDZ e ne prolunga il tempo di eliminazione ƒ Negli etilisti: induzione metabolica: accelera il metabolismo delle BDZ e provoca fenomeni di tolleranza • Farmaci che deprimono il SNC (barbiturici, analgesico‐narcotici, narcolettici, antistaminici): sinergismo farmacodinamico: si determina un aumento degli effetti di entrambi i farmaci • Farmaci che inibiscono il metabolismo ossidativo (quindi, i composti oxazepam simili vengono risparmiati dall’interazione): cimetidina, propanololo, contraccettivi orali, SSRI: ne risulta un rallentamento dell’eliminazione con possibile insorgenza di fenomeni di accumulo • Le BDZ, da parte loro, inibiscono il metabolismo di digossina, warfarin e fenitoina • Sostanze d’abuso o Eroina: in questi casi, le BDZ sono farmaci da usare con molto cautela per il loro potenziale d’abuso. Non sono utili per disintossicare il paziente o per limitare le dosi di farmaci agonisti nei programmi di disintossicazione o di mantenimento (in alternativa utilizzare AD e buspirone). Il clonazepam, comunque, risulta più maneggevole di alprazolam, diazepame e lorazepam o Alcool ed oppiacei: l’interazione di queste sostanze con le BDZ è gravata dal rischio di grave depressione cardiorespiratoria. L’assunzione contemporanea di alcool e BDZ potenzia, inoltre, grandemente gli effetti sedativi per un’azione sinergica sui recettori GABAergici Effetti collaterali • Sintomi lievi e frequenti: sono praticamente un’accentuazione delle proprietà farmacologiche delle BDZ o Eccessiva sedazione o Astenia o Diminuzione delle prestazioni psicomotorie e cognitive o Effetti residui (hangover): malessere generale, cefalea, senso di stordimento e di confusione • Sintomi paradossi (tipici di pazienti anziani): aumento dell’ansia, aggressività, ostilità, irrequietezza, irritabilità, insonnia, confusione mentale • Sintomi più gravi e rari: atassia, disartria, diplopia, ipotensione, tremori, disturbi della memoria (amnesia anterograda) Complicanze della terapia • Abuso: è un uso eccessivo, persistente o sporadico, incongruente con una pratica medica accettabile, caratterizzato da: o Aumento spontaneo della dose o Richiesta insistente da parte del paziente o Spesso associata ad abuso di altre sostanza o Potenziale d’abuso più alto per composti ad azione più rapida (flunitrazepam, lorazepam) • Assuefazione o tolleranza: il soggetto, in corso di trattamento, non risponde più alla dose sufficiente a produrre l’effetto desiderato: può essere all’effetto euforizzante (rapido), sedativo (1‐2 settimane), ipnotico (6‐12 settimane), ansiolitico (dubbio) • Dipendenza: è un bisogno intenso di assumere il farmaco, con comparsa di disagio psicologico o di una sindrome somatica se esso non viene assunto. Vi sono fattori di rischio: 105 Scaricato da www.sunhope.it
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Farmacologici ƒ Dose ƒ Durata della somministrazione: in genere 3‐4 mesi, ma coi composti a breve emivita anche 4‐6 settimane ƒ Emivita: con le BDZ ad emivita breve la sindrome insorge più precocemente (in genere entro 1‐2 giorni), presenta una maggior intensità e regredisce più velocemente (entro 5‐6 giorni). Con le BDZ ad emivita lunga, invece, l’insorgenza è più tardiva (entro 4‐8 giorni), l’intensità dei sintomi minore e la remissione avviene in un periodo maggiore (10‐15 giorni) o Non farmacologici ƒ Tipo di personalità ƒ Gravità del disturbo ƒ Abitudini culturali e sociali del paziente Sindrome d’astinenza: è un quadro clinico caratterizzato da insonnia, ansia, irrequietezza, sudorazione, cefalea, nausea, tremore, tachicardia e palpitazioni. Nei casi più gravi, inoltre, si presentano dolori muscolari, vomito, fotofobia, convulsioni, fenomeni allucinatori e di depersonalizzazione. o Caratteristiche della sindrome d’astinenza: ƒ Insorgenza brusca, a distanza di ore o giorni: dipende da durata, dose ed emivita delle BDZ in questione ƒ Risoluzione spontanea in 4‐12 settimane ƒ Possibile prevenzione evitando l’uso prolungato di BDZ e prendendo in considerazione la sospensione periodica, utilizzando la dose minima efficace ed evitando la sospensione brusca o Terapia ƒ Controllare i sintomi da astinenza ed iniziare un regime di sospensione più tollerabile ƒ Può esser utile usare una BDZ con un’emivita più lunga od uguale a quella della BDZ interrotta ƒ Spesso è stata raccomandato il clonazepam come BDZ con emivita relativamente lunga, che può coprire l’astinenza da un’altra BDZ ƒ Altri farmaci utilizzati: beta‐bloccanti (propanololo), anticonvulsivanti (carbamazepina) e clonidina Overdose o Caratteristiche generali ƒ Tutte le BDZ possono esser considerate sicure in overdose: l’ingestione acuta, accidentale o volontaria, di dosi molto elevate di BDZ non provoca, se non in associazione ad altri farmaci deprimenti il SNC, fenomeni tossici tali da compromettere le funzioni vitaliLa contemporanea assunzione di alcolici o di farmaci deprimenti il SNC (barbiturici, analgesici, antidepressivi) può risultare fatale ƒ Può essere accidentale o volontaria a scopo suicidario ƒ Il quadro clinico risulta caratterizzato da profondo torpore ed astenia accentuata, più raramente da atassia, ipotensione, ipotermia, disartria, coma o Terapia: flumazenil: è una sostanza in grado di spiazzare le BDZ dai siti recettoriali specifici, richiesto quando la frequenza respiratoria scende sotto i 10 battiti/ min. Va somministrato ev lentamente, in quanto può dare arresto respiratorio ƒ Controindicazioni: epilessia, insufficienza epatica ƒ Effetti collaterali al risveglio: agitazione, ansia, paura Sintomi da rimbalzo: non presuppongono l’esistenza di una dipendenza fisica e si osservano in seguito a sospensione brusca del farmaco. Consistono nel peggioramento transitorio dei sintomi iniziali, quindi di insonnia ed ansia, e sono in genere di breve durata o
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BDZ di seconda generazione: zolpidem e zopiclone 106 Scaricato da www.sunhope.it
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Meccanismo d’azione: hanno un’affinità maggiore per i recettori ω1 presenti nel cervelletto e nella corteccia cerebrale Uso clinico: ipnoinduzione: riducono il tempo di addormentamento e lo zolpidem allunga anche il tempo di sonno totale Effetti collaterali: amnesia retrograda ed ansia il giorno seguente la somministrazione, vomito, disforia Controindicazioni: gravidanza, allattamento, epatopatici, nefropatici Buspirone: o Meccanismo d’azione: non si lega ai recettori delle BDZ, ma è un antagonista della ST sia pre‐ che post‐sinaptico; inoltre, presenta attività DA‐agonista con aumento della prolattina. o Farmacodinamica: presenta un’attività ansiolitica selettiva, seppur non immediata. È privo di attività anticonvulsivante e miorilassante ed ha scarsi effetti sedativi ed ipnotici o Indicazioni: disturbi d’ansia e depressivi (in associazione con SSRI: non approvato in Italia, questo trattamento si utilizza comunque off‐label) o Farmacocinetica: ƒ Buon assorbimento GI ƒ Picco plasmatico dopo 60‐90 minuti ƒ Emivita di 2‐11 ore ƒ Metabolismo epatico ƒ Escrezione renale o Effetti collaterali: cefalea, astenia, effetti paradossi (insonnia, nausea, xerostomia, diarrea) Meprobamato: introdotto come sedativo‐ipnotico, può deprimere i riflessi polisinaptici del midollo spinale senza interferire su quelli monosinaptici, con effetto miorilassanti (a dosi terapeutiche quest’effetto è minimo). Presenta una ben descritta sindrome d’astinenza ed una caratteristica gamma di effetti collaterali: atassia, disturbi dell’apprendimento, ipotensione, porpora acuta non trombocitopenica Lez VII Prof. Catapano: Farmaci antidepressivi Par I: Generalità Introduzione • Notizie sulla depressione rilevanti per il trattamento o Prevalenza lifetime: 5‐11% o I singoli episodi possono durare anche anni o Dopo un episodio depressivo, la percentuale di ricadute è di circa il 50%, ancor più elevata se il paziente ha avuto episodi multipli o Se non trattata, è associata ad un’elevata mortalità da suicidio o Inoltre, il 20‐40% dei pazienti depressi esibisce comportamenti suicidari, anche se non fatali o Il 15% dei depressi ospedalizzati tenta il suicidio o Il 15% dei pazienti con depressione grave della durata di almeno 1 mese mette in atto un tentativo di suicidio 107 Scaricato da www.sunhope.it
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Costi della depressione non trattata o Mortalità ƒ Elevato numero di suicidi ƒ Incidenti mortali dovuti a difficoltà di concentrazione e riduzione dell’attenzione ƒ Mortalità dovute a conseguenze della depressione, come l’alcolismo o Morbilità ƒ Tentativi di suicidio ƒ Incidenti ƒ Perdita del lavoro ƒ Mancanza di progressione nella carriera o negli studi ƒ Abuso di sostanza o Costi per la società ƒ Disfunzione familiare ƒ Assenteismo ƒ Ridotta produttività Interazione paziente‐terapeuta: l’efficacia di ogni trattamento antidepressivo si fonda, innanzitutto, sulla cooperazione tra paziente e terapeuta. Il paziente deve essere informato su diagnosi, prognosi e modalità di trattamento , sui loro costi. Sulla loro durata e sui possibili eventi avversi. In particolare, occorre enfatizzare le seguenti informazioni: o La depressione è una malattia medica e non una debolezza del carattere o della volontà del paziente o La guarigione è la regola, non l’eccezione o I trattamenti sono efficaci e molteplici, quasi per ogni paziente è possibile individuare un trattamento efficace o Lo scopo del trattamento è la guarigione dell’episodio depressivo e non soltanto il miglioramento della sintomatologia o Il rischio di caduta, comunque, è consistente: 50% dopo il primo episodio, 70% dopo due episodi, 90% dopo tre episodi o Il paziente ed i suoi familiari devono stare attenti a segnalare al medico ogni sintomo indicativo di un’imminente ricaduta, in modo tale da iniziare immediatamente una terapia Risposta: è la riduzione dei sintomi di depressione di almeno il 50% rispetto alla loro entità iniziale; i responders hanno comunque sintomi residui. La risposta è un criterio utile per i trials clinici, ma non per la pratica clinica Remissione: è uno stato clinico globale di benessere (assenza di psicopatologia), cui corrisponde un punteggio della scala di Hamilton inferiore a 10. Un paziente in remissione non ha sintomi residui: la remissione è il target appropriato della pratica clinica Tempistica di mantenimento o Fase acuta: 6‐12 settimane o Fase di continuazione: 4‐9 mesi: previene le ricadute o Fase di mantenimento: più di un anno: previene nuovi episodi Fattori di rischio di ricaduta: o Molteplicità degli episodi precedenti o Severità e cronicità dell’episodio o Aspetti di bipolarità o Presenza di sintomi psicotici Criteri per la terapia di mantenimento o Due o più episodi precedenti negli ultimi 3 anni o Un solo episodio precedente, ma associazione con anzianità o sintomi psicotici o Episodio cronico o Episodio con remissione incompleta Classificazione dei farmaci antidepressivi 108 Scaricato da www.sunhope.it
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Composti che agiscono prevalentemente attraverso l’inibizione della ricaptazione delle monoamine ƒ Antidepressivi triciclici (ATC): imipramina, amitriptilina, clomipramina ƒ Andiperessivi tetraciclici: maprotilina, amineptina ƒ Inibitori selettivi della ricaptazione di serotonina (SSRI): fluoxetina, fluvoxamina,citalopram, escitalopram, paroxetina, sertralina ƒ Inibitori della ricaptazione di noradrenalina e di serotonina (SNRI): venlafaxina, duloxetina ƒ Inibitori del reuptake di noradrenalina e dopamina (NDRI): buspirone ƒ Inibitori del reuptake della serotonina ed antagonisti dei recettori 5HT2 (SARI): trazodone, nefazodone ƒ Antagonisti della noradrenalina e della serotonina specifici (NaSSA): mirtazapina, mi anserina ƒ Inibitori selettivi della ricaptazione della noradrenalina (NaRI): reboxetina Inibitori dell’ossidazione delle monoamine (IMAO) ƒ Non selettivi ed irreversibili: iproniazide, fenelzina ƒ Selettivi • Irreversibili: pargilina • Reversibili: moclobemide, tolo xantone Altri: 5‐adenosil‐metionina, triptofano, 5‐OH‐triptofano Meccanismo d’azione Tutti i farmaci antidepressivi (AD) hanno come attività farmacologica comune, a livello del SNC, un’azione sui neuro mediatori, in particolare noradrenalina (NA) e serotonina (ST): l’azione su tali neurotrasmettitori determina una loro maggiore disponibilità a livello sinaptico con conseguente potenziamento della neurotrasmissione. L’attivazione di potenziamento sulla trasmissione dopaminergica sembra invece meno rilevante ai fini dell’attività antidepressiva, mentre ha certamente un ruolo nel determinare effetti psicostimolanti (amfetamino‐simili). Gli effetti a livello sinaptico degli AD si verificano, in realtà, a distanza di alcune ore dalla loro somministrazione, mentre l’effetto terapeutico si osserva dopo almeno 2‐4 settimane di trattamento. Proprio tale discrepanza ha indotto la ricerca ad interessarsi degli effetti indotti dal trattamento prolungato con AD ed in particolare dei meccanismi intraneuronali di trasduzione del segnale responsabili di un gran numero di effetti dei neurotrasmettitori (modulazione di canali ionici, metabolismo cellulare, espressione genice, etc.). In pratica, gli AD non solo interferiscono sulla produzione e sul rilascio delle catecolamine, ma producono anche un’attivazione prolungata del sistema intracellulare di cAMP ed un potenziamento della funzione ed espressione del fattore di crescita CREB (cAMP response element binding protein), da cui dipende l’attivazione di una serie di geni. Tra questi, sembrerebbero coinvolti nella risposta agli AD i geni che codificano per il fattore trofico BDNF (brain derived neurotrophic factor), che ha un ruolo importante sia nel differenziamento e nella crescita neuronale sia nel mantenimento e nella sopravvivenza di neuroni nel cervello maturo. L’osservazione che gli AD siano in grado di indurre nell’ippocampo, area del cervello importante per il controllo delle funzioni cognitive ed emotive, un aumento della sintesi di tali fattori trofici e, di conseguenza, un miglioramento della funzionalità neuronale (neuroplasticità), ha portato alla formulazione di un’ “ipotesi neurotrofica” dell’azione AD, in integrazione più che in sostituzione di quella monoaminergica. Par II: Classi di farmaci Antidepressivi triciclici (ATC) • Principali composti: tra i diversi ATC è ben documentata una sostanziale equivalenza nell’efficacia terapeutica, mentre sono evidenziabili alcune differenze nella diversa affinità dei singoli farmaci per i vari recettori. In generale, essi inibiscono il reuptake di ST e NA ed hanno effetti α1‐adrenolitici, antistaminici ed anticolinergici: risultano quindi avere una scarsa maneggevolezza ed un basso indice terapeutico o Amine terziarie: l’atomo di azoto nella catena laterale è saturato da 3 metili ƒ Composti: imipramina, amitriptilina, clomipramina, doxepina 109 Scaricato da www.sunhope.it
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Caratteristiche: • Più attive sul reuptake della ST • Più attive come α1‐adrenolitici, antistaminici ed anticolinergici o Amine secondarie: l’atomo di azoto nella catena laterale è saturato da due metili ed un atomo di H ƒ Composti: desipramina, nortriptilina, protriptilina, trimipramina, maprotilina ƒ Caratteristiche • Più attive sul reuptake della NA • Meno attive come α1‐adrenolitici, antistaminici ed anticolinergici Farmacocinetica: o Buon assorbimento GI o Picco ematico: 2‐8 ore o Legame con proteine plasmatiche: 85% o Buona lipofilia o Metabolismo epatico da parte del CYP450 ƒ Demetilazione ed idrossilazione: metaboliti attivi ƒ Coniugazione con acido glucuronico: escrezione urinaria diretta ƒ Formazione di “metaboliti lenti”: aumentano la probabilità di effetti collaterali ƒ Rallenta con l’età o Emivita media: 15‐30 ore (maggior per i derivati metilati) o Necessario monitoraggio dei livelli plasmatici Spettro recettoriale ed effetti collaterali o Azione NRI e SRI: azione antidepressiva o Azione anti‐H1: aumento ponderale, sonnolenza, vertigini (soprattutto amitriptilina) o Azione anti‐ α1: vertigini, ipotensione ortostatica (con cadute a terra e rischio di fratture del femore, stroke e cardiopatie ischemiche acute), problemi eiaculatori (impotenza, anorgasmia, eiaculazione ritardata) o Azione anti‐M1: secchezza delle fauci, stipsi, ritenzione urinaria, visione offuscata, tachicardia (associata alle altre alterazioni cardiache può condurre ad angina od allo scompenso cardiaco in soggetti a rischio), disturbi cognitivi (diminuzione di concentrazione, memoria, attenzione, funzioni associative, episodi di agitazione e/o confusione mentale) e mmenstici, delirium anticolinergico (vedi sotto) o Delirium anticolinergico: è spesso associato a terapie farmacologiche multiple ed età avanzata, ha inizio insidioso e può svilupparsi anche in assenza di segni neurovegetativi (midriasi, cute eritematosa). Si sviluppa per concentrazioni plasmatiche di farmaco superiori a 500 ng/mL o Azione sul potenziale di membrana (azione chinidino‐ e lidocaino‐simile: soprattutto moprotilina e clomipramina): disturbi del ritmo cardiaco con rischio di aritmogenicità e turbe della conduzione quali blocchi di branca e blocchi AV, modificazioni ECG di scarso significato clinico, abbassamento della soglia convulsivante con rischio di convulsioni, di disturbi della motricità (tremori, atassia, discinesia) e psicotici (deliri, allucinazioni) o Disturbi cardiovascolari (conseguono alle varie azioni): ipotensione ortostatica, bradicardia o tachicardia, altri disturbi del ritmo e modificazioni ECG o Azione serotoninergica: rischio di sanguinamento per riduzione dell’aggregazione piastrinica (petecchie, ecchimosi o sanguinamento GI) o Effetti complessi: insonnia, viraggio maniacale, iponatremia da sindrome da inappropriata secrezione di ADH, tremore o Altri: rash cutanei, anorgasmia, confusione, fotosensibilità, nausea, effetti extrapiramidali, delirium anticolinergico Pazienti considerati a rischio o Epilettici o Cardiopatici (in particolare con disturbo del ritmo e della conduzione) 110 Scaricato da www.sunhope.it
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Affetti da glaucoma ad angolo acuto (per il possibile aumento della pressione oculare) Affetti da ileo paralitico Anziani: per tutti questi motivi gli ATC sono da evitare nella terapie della depressione maggiore e dei disturbi d’ansia nei pazienti anziani e/o in tutti quelli con patologie mediche concomitanti Sovradosaggio: ha una mortalità del 15% (dovuta a sovradosaggio accidentale o volontario) ed un quadro clinico caratterizzato da: o Segni anticolinergici: agitazione, iperattività motoria, disorientamento, allucinazioni, convulsioni o Segni neurovegetativi: midriasi fissa, cute calda, secca ed arrossata, iperpiressia, tachicardia, aritmie ventricolari. Il grave rischio di morte deriva quindi dai gravi disturbi del ritmo, della frequenza e della conduzione cardiaca, con rischio di scatenare gravi aritmie fino all’arresto cardiaco, oltre che depressione cardiorespiratoria, convulsioni generalizzate e stati comatosi Sindrome da sospensione o Disturbi GI (nausea e diarrea) con ansia ed agitazione o Insonnia iniziale ed intermedia con sogni terrificanti o Acatisia o parkinsonismo o Ipomania: da iperattività NA rebound Interazioni o Farmacocinetiche: gli ATC sono farmaci substrato del CYP450 e presentano una debole attività di inibizione nei confronti di tali enzimi. In particolare, alcuni SSRI, quali la paroxetina e la fluoxetina ed in misura significativamente minore la sertralina, possono determinare un aumento significativo degli ATC. Anche le fenotiazione, potenti inibitori del CYP450, possono incrementare le concentrazioni degli ATC. La carbamazepina, invece, in virtù della sua attività induttiva sul CYP450, diminuisce i livelli plasmatici di ATC, con potenziale sviluppo di tolleranza. o Farmacodinamiche: sono dovute agli effetti sulla ricaptazione delle monoamine e sulle azioni recettoriali. ƒ Fenotiazine ƒ BDZ: potenziamento degli effetti centrali con riduzione della performance psicomotoria e cognitiva ƒ Litio ed altri AD ad azione serotoninergica: aumento di rischio di sindrome serotoninergica o
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Inibitori delle monoaminoossidasi (IMAO) Inibiscono le MAO aumentando la concentrazione di monoamine nelle spazio sinaptico; oggi hanno uso limitato ƒ
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Inibitori irreversibili • Elementi: iproniazide, fenelzina, tranilcipromina (non selettivi); pargilina (selett. MAO‐B) • Reazioni avverse: epatotossicità, crisi ipertensive con emorragia cerebrale anche fatale • Interazioni: o Inibizione p450 Æ↑ emivita di barbiturici, oppioidi, aspirina, atropina, etc. o Non è possibile consumare formaggi stagionati e salumi ricchi di tiramina (amina della dieta) Å la tiramina non viene deaminata e quindi va a stimolare il rilascio di NA (simpaticomimetico) Æ crisi ipertensiva (cheese reaction) o Se si passa ad altro farmaco aspettare almeno 15 gg (tempo necessario alla risintesi dell’enzima), per evitare crisi ipertensive gravi da massiva attività monoaminergica Inibitori reversibili (RIMA): moclobemide, toloxatone, pirlindolo (selett. MAO‐A); non richiedono restrizioni dietetiche e non producono crisi ipertensive Inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) • Razionale: gli SSRI rappresentano farmaci che offrono, nel trattamento della depressione e dei disturbi d’ansia, maggiori garanzie di tollerabilità e di sicurezza in caso di sovradosaggio. I loro vantaggi rispetto agli ATC risiedono soprattutto nel loro profilo farmacologico, caratterizzato da un’azione selettiva sulla ST e da una scarsa od assente attività anticolinergica, adrenolitica ed antistaminica. • Composti e profilo farmacologico: 111 Scaricato da www.sunhope.it
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Fluoxetina: SRI, debole NRI, 5HT2, CYP3A4, CYP2D6. Forma un metabolita attivo, la norfluoxetina, che ha un’emivita maggiore di una settimana: ciò consente un’assenza di sindrome da sospensione o Paroxetina: SRI, debole NRI, NOS, M‐ACh, CYP2D6. È il composto più potente, indicato in casi di disturbi d’ansia e di attacchi di panico o Citalopram: SRI + debole H1 o Escitalopram: SRI. Ha il vantaggio di non avere un metabolismo epatico ed è il più selettivo o Sertralina: SRI, debole DRI (quindi, è particolarmente utilizzato il suo utilizzo nella cura delle depressioni in sindromi parkinsoniane), sigma. o Fluvoxamina: SRI, sigma, CYP3A4, CYP1A2 (ha un’elevata complessità metabolica) Effetti collaterali: sono dovuti soprattutto, ma non solo, ad una stimolazione dei recettori serotoninergici o Frequenti: nausea (è mediata, come gli altri disturbi intestinali, ossia vomito e diarrea, che sono meno frequenti, da 5HT‐3), insonnia, ansia ed eccitazione, cefalea, anoressia (5HT‐2) o Occasionali: diarrea, tremore, anorgasmia od orgasmo ritardato (5HT‐2), stipsi o Rari: reazioni extrapiramidali (acatisia, distonia acuta, parkinsonismo, discinesia: sarebbero dovuti ad un’azione inibitoria sulla trasmissione DA a livello nigro‐striatale, causata dall’iperattività serotoninergica) , bradicardia con sincope, iponatremia con SIADH o Sindrome serotoninergica ƒ Crampi addominali, meteorismo, diarrea ƒ Tremori, mioclonie, disartria, incoordinazione ƒ Tachicardia, ipertensione ƒ Eccitamento, confusione, disforia, sintomi maniacali ƒ Ipertermia, collasso cardiocircolatorio Caratteristiche generali nell’uso come antidepressivi o Vi sono differenze tra i composti nella tollerabilità individuale e nelle dosi terapeutiche o Vi sono effetti antidepressivi in 3‐8 settimane o I sintomi depressivi non peggiorano all’inizio del trattamento o La dose di mantenimento coincide con la dose iniziale o La risposta antidepressiva è in genere piena o Sono considerati farmaci sicuri per la loro bassa tossicità in caso di sovradosaggio o In presenza di disfunzione sessuale può essere indicato ƒ Passaggio a nefazodone o mirtazapina ƒ Aggiunta di agonisti DA: bromcriptina, amantadina o Sono utilizzati anche nel DOC a dosi 3‐4 volte maggiori Interazioni farmacologiche: sono principalmente di tipo farmacocinetico, data la loro importante attività di inibizione a livello degli isoenzimi del CYP450. Il citalopram, l’escitalopram e la sertralina sono quelli a più basso potenziale di interazione e quindi da utilizzare come prima scelta in caso di terapie antidepressive combinate, sia con psicofarmaci sia con altri farmaci metabolizzati dsl CYP450 (teofillina, beta‐bloccanti, antiaritmici, etc.). Inoltre, ed in aggiunta al già citato rischio di interazioni con gli ATC, va ricordato il rischio di interazione con gli antipsicotici, sia tipici che atipici: nel prima caso fluoxetina e paroxetina sono soprattutto in grado di rallentare il metabolismo di composti come l’aloperidolo, la flufenazine e la perfenazina, con possibili conseguenze quali sindrome extrapiramidale (EPS) e compromissione della performance psicomotoria e cognitiva; nel secondo, si hanno interazioni soprattutto con la cloazpina. Infine, gli SSRI possono potenziare gli effetti delle BDZ, inibendone il metabolismo (composti pronordiazepam‐simili) o
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Altri farmaci • Inibitori selettivi della ricaptazione della NA (NARI): Reboxetina o Impieghi terapeutici: depressione, ansia,apatia in corso di schizofrenia, ritardo psicomotorio, sindrome da stanchezza cronica, deficit di attenzione e concentrazione, rallentamento 112 Scaricato da www.sunhope.it
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nell’elaborazione dell’informazione. A differenza degli ATC, la reboxetina presenta una minor attività adrenolitica ed anticolinergica, mentre è sfornita di effetti antistaminici o Effetti collaterali ƒ Tremore, agitazione, ipertensione, tachicardia, sudorazione, insonnia ƒ Sintomi pseudo anticolinergici: xerostomia, stipsi, ritenzione urinaria Inibitori della ricaptazione di DA e NA (NDRI): Bupropione o Impieghi terapeutici ƒ In aggiunta a SSRI per potenziare l’azione terapeutica o per controllare la disfunzione sessuale ƒ Nella disassuefazione da fumo ƒ Nell’ADHD o Effetti collaterali: agitazione, insonnia, nausea, convulsioni Inibitori della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina (SNRI): venlafaxina o Profilo terapeutico ƒ A basse dosi: blocco ricaptazione solo ST: risulta simile agli SSRI ƒ A dosi intermedie: blocco ricaptazione di ST e di NA: viene impiegata nella depressione melanconica, severa e resistente agli altri AD, soprattutto se con aspetti sintomatologici di ipersonnia, aumento di peso ed atipicità ƒ A dosi elevate: blocco ricaptazione di ST, NA e DA: come sopra, ma occorre prestare attenzione in pazienti con agitazione, ansia, panico, insonnia, ipertensione arteriosa o Indicazioni: depressione melanconica severa o resistente o Controindicazioni: agitazione, ansia, panico, ipertensione grave o Effetti collaterali: ƒ A basse dosi: simili agli SSRI: nausea, agitazione, disfunzioni sessuali, insonnia, rischio di sanguinamento; rischio di sindrome serotoninergica ƒ A dosi medio alte: si aggiungono ipertensione arteriosa, insonnia severa, agitazione severa, cefalea Farmaci con meccanismo complesso (NaSSA): mirtazapina o Profilo recettoriale ƒ Blocco alfa‐2 presinaptici ƒ Blocco inibitori serotoninergici presinaptici ƒ Stimolazione 5HT‐1A: ansiolisi, effetti antidepressivi ƒ Blocco 5HT‐2A: ansiolisi, miglioramento del sonno, assenza di disfunzioni sessuali ƒ Blocco 5HT‐2C: ansiolisi, aumento del peso ƒ Blocco 5HT‐3: assenza di problemi GI e nausea ƒ Stimolazione H1: ansiolisi, sedazione, aumento di peso, sonnolenza o Vantaggi: scarsi effetti serotoninergici ed assenza di disfunzioni sessuali o Svantaggi: effetti antistaminici (sedazione ed aumento di peso sono i principali effetti collaterali) o Indicazioni ƒ Depressione associata ad ansi, agitazione ed insonnia (uso serale) ƒ In associazione agli SSRI per controllare disfunzioni sessuali, nausea, disturbi GI, resistenza all’effetto antidepressivo degli SSRI Antidepressivi ad attività serotoninergica mista: bloccano il reuptake della serotonina ed il recettore 5HT2A (Æ no ipertensione) o Elementi: nefazodone, trazodone o Profilo recettoriale: SRI, 5HT2, α1 e 2, H1 o Farmacocinetica: producono metaboliti attivi come la pentaclorofenilpiperazina o Reazioni avverse: scarse o Interazioni: inibitori del CYP3A4 113 Scaricato da www.sunhope.it
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LEZ VII Prof. Catapano: Stabilizzatori del tono dell’umore Par I: Generalità Introduzione Gli stabilizzatori del tono dell’umore rappresentano una classe di farmaci estremamente eterogenei, che presenta come caratteristica farmacologica principale e comune quella di essere efficaci nel trattamento della fase acuta maniacale e nella profilassi del disturbo bipolare: • Litio • Antiepilettici: carbamazepina, acido valproico, lamotrigina, gabapentina, topiramato, oxcarbamazepina • Ca‐antagonisti: nimodipina, verapamil • Antipsicotici • BDZ • Clonidina 114 Scaricato da www.sunhope.it
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Comunque, il trattamento farmacologico, pur rappresentando la terapia di scelta, va supportato da una serie di interventi psicosociali strutturati. Caratteristiche del disturbo bipolari implicate nella scelta terapeutica • Stadio della mania o I: è caratterizzato da elevazione dell’umore riferita come allegria e contentezza, che può sfociare in esaltazione od in irritabilità se il paziente è contrastato dall’ambiente. Comunque, il quadro risulta in aumento dell’attività, espansività interpersonale, vivacità dell’ideazione e diminuzione del fabbisogno di sonno (questo, secondo il DSM‐IV, è il quadro dell’ipomania) o II: è caratterizzato da umore labile con repentini mutamenti, viraggio dell’irritabilità in ostilità e rabbia, iperattività motoria con ulteriore riduzione del fabbisogno di sonno, idee di grandiosità, fuga dalle idee, logorrea, facile distraibilità, comportamento economicamente e sessualmente sconveniente (questo, secondo il DSM, è il quadro della mania) o III: è caratterizzato dalla presenza di sintomi psicotici conclamati, confusione, insofferenza, agitazione ed insonnia marcata • Stati misti: sono caratterizzati dalla presenza contemporanea di sintomi maniacali e depressivi per almeno una settimana. La mania disforica si riferisce, invece, ad una labilità del tono dell’umore con rapide successioni di emozioni contrastanti: a logorrea, agitazione motoria, grandiosità ed ipersessualità, si accompagnano e/o succedono manifestazioni di pianto, disperazione, pensieri e minacce di suicidio. Questi stati rispondono alle terapie antimaniacali, mentre l’uso di antidepressivi è sconsigliato • Frequenza e sequenza degli episodi affettivi o Frequenza ƒ Più di 4 episodi affettivi in un anno: è tipico del decorso a cicli rapidi, scarsamente responsivo al litio ƒ Più di 3 episodi dall’inizio delle malattia: questi casi hanno prognosi peggiore o Sequenza ƒ Mania‐depressione‐intervallo libero: è il disturbo bipolare I, caratterizzato da depressione lieve e miglior risposta al litio ƒ Depressione‐(ipo)mania‐intervallo libero: è il disturbo bipolare di tipo II, caratterizzato da depressione marcata e risposta più incerta al litio ƒ Assenza di intervalli liberi normotimici: vi è un decorso circolare a cicli lenti (di lunga durata) od a cicli rapidi (di breve durata). Gli AD possono caratteristicamente accelerare i cicli di malattia • Predisposizione temperamentale o Spettro bipolare: è caratteristico di temperamenti predisponenti, disturbo ciclotimico, sottotipi di disturbo bipolare, depressione unipolare e temperamento ipertimico o Temperamento: è lo stile innato del comportamento, indipendente dai contenuti cognitivi e motivazionali, legato verosimilmente a precisi correlati neurobiologici. ƒ Il temperamento bipolare è caratterizzato da elevati livelli di emotività, energia e socievolezza, con instabilità emotiva e labilità dell’umore ƒ La presenza di questi tratti di bipolarità è un’indicazione all’uso degli stabilizzanti dell’umore ed all’esclusione degli AD • Comorbidità per abuso di sostanze o Nel 60% dei pazienti o Gli effetti delle sostanze d’abuso possono simulare un episodio depressivo o maniacale o Maggior resistenza al trattamento farmacologico o Riduzione della compliance o Aumentato rischio di suicidio Par II: Litio Farmacodinamica 115 Scaricato da www.sunhope.it
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Il litio è un catione monovalente, presente fisiologicamente in tracce indosabili nel plasma (se risulta dosabile, p in corso una terapia con litio). Ha una grande capacità di: • Modificare la fisiologia delle membrane neuronali attraverso o Inibizione Na/K‐ATPasi o Inibizione della sintesi di cAMP o Inibizione della sintesi di fosfoinositolo (questo sarebbe un meccanismo post‐recettoriale) • Interferire con i ritmi circadiani: ritardo di fase • Interferire con l’attività di vari neurotrasmettitori o ST ƒ In acuto: aumento del rilascio ƒ Nel tempo: up‐regulation dei recettori 5HT‐2A/C o DA: prevenzione dell’ipersensibilizzazione di D2 indotta dai neurolettici e dell’iperattività motoria da apomorfina o NA: inibizione dell’adenilato ciclasi associata ai recettori β‐adrenergici (azione antidiuretica ed antitireotropa) A tutto’oggi, comunque, il meccanismo specifico con cui il litio esercita la sua azione antimaniacale e di prevenzione delle ricadute resta ancora sconosciuto. Farmacodinamica • Preparazioni o Convenzionali: carbonato (più utilizzato), citrato, solfato, aspartato, glutammato o Retard: solfato o Liquida (non in uso in Italia) • Assorbimento GI abbastanza rapido (4‐6 ore) e completo • Picco ematico: 2‐4 ore per le preparazioni convenzionali, 4‐12 per quelle retard • Emivita: 10‐24 ore • Steady state: 2‐5 giorni • Essendo uno ione, non si lega alle proteine epatiche, né viene metabolizzato a livello epatico • Eliminazione: o Renale (95%), attraverso feci (1%), sudore e saliva, anche nel latte o Riassorbimento dell’80% nel tubulo prossimale in competizione col Na, con perdita di K o Clearance: 15‐30 mL/min • Tollerabilità: gli effetti collaterali, presenti nel 65‐90% dei soggetti trattati e legati in genere ai picchi plasmatici, condizionano la compliance • Livelli terapeutici: il litio è praticamente l’unico tra gli psicofarmaci di cui è stato definito il range terapeutico: 0,6‐1,2 mEq/L. L’indice terapeutico, comunque, è piuttosto basso ed i sintomi possono comparire già a livelli di poco superiori di quelli terapeutici Indicazioni terapeutiche • Psichiatriche o Trattamento della fase acuta di un episodio maniacale (mania bipolare) ƒ Latenza: 7‐10 giorni ƒ Impiego: • Stadio I: da solo od in associazione a BDZ • Stadio II e III: in associazione con antipsicotici o Profilassi delle recidive maniacali o depressive nel disturbo bipolare: vi è una difficoltà nella valutazione della risposta terapeutica, determinata da irregolarità ed imprevedibilità del disturbo bipolare, interferenza di fattori psicosociali, inadeguata esposizione del paziente al farmaco o Prevenzione delle recidive depressive nei pazienti con depressione ricorrente o Trattamento delle forme depressive resistenti agli AD, in associazione al farmaco utilizzato 116 Scaricato da www.sunhope.it
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o Trattamento degli episodi depressivi, soprattutto nei pazienti bipolari o Altro: alcolismo, tossicodipendenza, DCA, DOC Neurologia: cefalea a grappolo Altro o Sindromi leucopeniche idiopatiche o da farmaci (zidovudina nell’AIDS) o Ipertiroidismo È opportuno aggiungere alcune considerazioni riguardo l’impiego del litio: • Fattori responsabili di scarsa compliance o Vissuto di ridotta energia, intraprendenza e produttività connesso con la stabilizzazione del tono dell’umore o Convinzione di essere guarito o Convinzione che la terapia sia inefficace o Fastidio per l’assunzione quotidiana del farmaco o Rifiuto del ruolo di malato mentale cronico o Intolleranza agli effetti collaterali o Influenza dei mass‐media o Interazioni col medico • Modalità di trattamento o Da attivarsi dopo il secondo episodio affettivo o I livelli di litemia dovrebbero esser compresi tra 0,5‐0,8 mEq/L o Ogni 6 mesi occorre monitorare la funzionalità renale, tiroidea e cardiaca o Se, nel corso della terapia, emerge ipomania, occorre aumentare la dose fino a livelli tollerabili ed aggiungere una BDZ od un antipsicotico; se inefficaci, bisogna aggiungere un altro stabilizzatore • Attenzione alla sospensione brusca per alto rischio di recidive ed induzione di refrattarietà al trattamento • Patterns di risposta o Risposta completa o Risposta incompleta: si ha una riduzione di almeno il 50% della morbilità annuale (numero di giorni di malattia) rispetto ai due anni precedenti o Non‐risposta tardiva: si ha la ricomparsa di episodi con la stessa frequenza, durata ed intensità dopo vari anni di benessere per: ƒ Assuefazione o tolleranza ƒ Competizione tra farmaci e malattia ƒ Refrattarietà da sospensione Effetti collaterali • Renali: sono quelli che necessitano di maggior attenzione e, più frequentemente, possono determinare l’interruzione del trattamento o Poliuria (50%): dovuta ad inibizione dell’AC ADH‐dipendente ed in genere accompagnata a polidipsia secondaria, è solitamente lieve e transitoria. Talvolta, tuttavia, può essere persistente ed accompagnarsi a: o Nefropatia tubulo‐interstiziale (12‐20%): si accompagna in genere a poliuria e persistente. Se si associa a riduzione delle clearance della creatinina minore di 65 mL/min, occorre sospendere il litio o Sindrome nefrosica ed insufficienza renale in caso di intossicazione e di trattamento prolungato o Trattamento: ƒ Somministrazione di litio in dose unica serale: i più bassi livelli ematici giornalieri consentirebbero un parziale recupero dell’attività dell’adenilato ciclasi ƒ Riduzione del dosaggio di litio ƒ Spironolattone: blocca la diffusione del litio nell’epitelio tubulare sensibile all’ADH ƒ Diuretici tiazidici 117 Scaricato da www.sunhope.it
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Neurologici o Tremore (30‐70%): è un tremore fine alle mani, accentuato sia dai movimenti volontari che dalla postura (nonché da ansia e caffeina), e va differenziato da quello a grandi scosse proprio dell’intossicazione da litio. Si cura con la riduzione della dose, il passaggio a formulazione retard, l’eliminazione dell’utilizzo di caffè, l’utilizzo di BDZ o beta‐bloccanti o Sintomi extrapiramidali (EPS): rigidità, discinesie, soprattutto se in associazione con neurolettici o Riduzione coordinazione motoria o Convulsioni (rare): soprattutto di tipo grande male o Neuropsicologici: rallentamento psichico, difficoltà di concentrazione e di memoria, deficit cognitivi Endocrino‐metabolici o Aumento di peso (11‐65%) ƒ Meccanismi • Introduzione di liquidi ad elevato contenuto calorico per la polidpsia • Aumento appetito e riduzione metabolismo energeticp • Aumento del legame proteico dell’insulina con diminuzione della sua azione e conseguenti effetti anabolizzanti ƒ Terapia o Ridurre l’introito calorico: attenzione comunque all’introito di acqua e sale! o Aumento programmato dell’attività fisica o Gozzo eutiroideo (4‐12%) od ipotiroidismo franco (5‐30%): più frequente nelle donne, si accompagna ad aumento dei livelli di TSH e degli Ab antitiroidei ƒ Meccanismi • Diminuito rilascio di T3 e T4 • Interferenza nella captazione dello iodio • Interferenza con le varie tappe della via biosintetica della tiroxina • Inibizione dell’AC TSH‐sensibile ƒ Terapia: tiroxina Altro o Iperparatiroidismo: si manifesta con aumento dei livelli ematici di PTH, Ca e Mg senza segni clinici o Gastrointestinali: diarrea (si cura con riduzione della dose ed uso di preparati non a lento rilascio), sapore metallico, gastralgia o Cardiovascolari: appiattimento od inversione dose‐dipendente dell’onda T, disturbi del ritmo o Cutanei: psoriasi (soprattutto esacerbazione), rash maculo‐papulari aspecifici nella fase iniziale di malattia o Sessuali: riduzione della libido, della potenza sessuale e della fertilità nell’uomo o Leucocitosi neutrofila benigna: può mascherare l’agranulocitosi da clozapina Tossicità da sovradosaggio o Intossicazione lieve: livelli ematici 1,5‐2,5 mEq/L: tremori grossolani alle mani, vomito, diarrea, confusione mentale, disartria, visione offuscata, astenia o Intossicazione grave: livelli ematici superiori a 2,5 mEq/L: compromissione della coscienza fino al coma, convulsioni, fascicolazioni muscolari, disturbi del ritmo cardiaco, IRA o Condizioni predisponenti ƒ Malattie che comportano una ridotta funzionalità renale ƒ Impiego di diuretici sodio‐depletivi (tiazidici, ACE‐inibitori, FANS) ƒ Condizioni che determinano la perdita di liquidi ed elettroliti: vomito, diarrea, dieta iposodica, febbre son sudorazione eccessiva o Trattamento ƒ Lavanda gastrica od irrigazione del tubo GI con polietilenglicole ƒ Ripristino del bilancio idrosalino 118 Scaricato da www.sunhope.it
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Rimozione del farmaco con emodialisi o diuresi forzata in pazienti con intossicazione lieve e normale funzionalità renale ƒ Sequele: disartria, atassia Necessità di monitoraggio ƒ Giornaliero per la prima settimana ƒ Poi 1 volta a settimana per il primo, ogni mese per i mesi successevi, ogni 3‐4 mesi se la situazione si stabilizza Uso in condizioni a rischio • Uso in gravidanza e durante l’allattamento o Aumento incidenza di malformazioni in neonati esposti al litio durante la gravidanza: coinvolgono soprattutto l’apparato cardiovascolare, in particolare con anomalia di Ebstein (difetto di impianto della valvola tricuspide). Bisognerebbe quindi evitarsi il litio soprattutto nel primo trimestre di gravidanza o Modificazioni farmacologiche ƒ Aumento della clearance durante la gravidanza: ne consegue necessità di aumento della dose ƒ Diminuzione della clearance dopo il parto: bisogna quindi dimezzare la dose una settimana prima del parto e sospendere la terapia al momento del parto o Passaggio del litio nel latte materno ƒ I lattanti vanno facilmente incontro a disidratazione per la poliuria ƒ Non sono ancora noti gli effetti del litio durante l’accrescimento • Uso in pazienti con patologie organiche e nell’anziano o IRA: controindicazione assoluto o IRC: bisogna ridurre la dose, monitorare frequentemente i valori plasmatici e prevenire eventuali altri fattori di rischio per l’intossicazione o Alterazioni della conduzione cardiaca: occorrono frequenti monitoraggi ematici ed ECG o Anziano: la fisiologica riduzione della filtrazione glomerulare impone una riduzione della dose, accompagnata da frequenti monitoraggi plasmatici Interazioni farmacologiche • L’impiego di diuretici sodio‐depletivi (ACE‐inibitori, diuretici tiazidici, diuretici dell’ansa e risparmiatori di K) e di altri farmaci quali i FANS e alcuni antibiotici (eritromicina, metronidazolo, spectinomicina, tetraciclina) può determinare un aumento dei livelli plasmatici del litio, con conseguente rischio di tossicità • L’uso di antipsicotici, ATC, SSRI ed anticonvulsivanti può determinare un aumento della neurotossicità • Teofillina, aminofillina e caffeina diminuiscono i livelli di litio • Il litio può potenziare l’effetto dei farmaci che alterano la conduzione a livello del nodo del seno (clonidina, digossina) e prolungare l’effetto di vari bloccanti neuromuscolari usati nella preparazione ad interventi chirurgici (succinilcolina, pancuronio) Par III: Carbamazepina Farmacodinamica Il meccanismo d’azione della carbamazepina, farmaco da tempo utilizzato anche come anticonvulsivante ed antinocicettivo, è tuttora poco conosciuto. 119 Scaricato da www.sunhope.it
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Comunque, tale composto sarebbe in grado di determinare un prolungamento della fase di inattivazione dei canali ionici, in particolare quelli del K e del Ca, con conseguente aumento della soglia di eccitazione neuronale, ed un incremento dell’azione inibitoria del GABA. Farmacocinetica • Struttura: è un composto triciclico, simile ad imipramina e clorimipramina • Formulazione pronta o slow‐release • Assorbimento GI lento e variabile • Picco plasmatico: 4‐8 ore (ma anche fino a 24 ore) • Emivita: 10‐56 ore (media 35 ore, si riduce nel tempo per l’autoinduzione, vedi dopo) • Elevata lipofilia • Steady‐state: 2‐4 giorni • Legame proteico: 75% • Effetto rilevante di autoinduzione del proprio metabolismo, persistente anche per alcuni mesi • Metabolita attivo (10,11 epossido), trasformato in composti inattivi tramite glucuronazione • Eliminazione: renale (70%), fecale (30%) Indicazioni • Trattamento della fase acuta di un episodio maniacale (mania bipolare): la carbamazepina ha dimostrato un’efficacia sostanzialmente sovrapponibile al litio (ed un’azione antimaniacale più rapida), proponendosi come una valida alternativa al carbonato di litio ed ai neurolettici nel caso di mancanza di efficacia od intolleranza ai suddetti farmaci • Profilassi del disturbo bipolare: la sua efficacia è stata dimostrata solo in pochi studi e prevalentemente nei rapidi ciclizzatori e negli stadi misti. Comunque, nella profilassi è considerata di seconda scelta e richiede un monitoraggio dell’emocromo e della funzionalità epatica ogni 6 mesi Effetti collaterali La carbamazepina presenta, in genere, una buona tollerabilità, con effetti collaterali, dose‐correlati e transitori, presenti in circa il 33‐50% dei casi: • Neurologici: astenia, visione offuscata, nausea, vertigini, cefalea, diplopia • Ematologici: leucopenia transitoria, anemia aplastica, agranulocitosi, trombocitopenia • Endocrino‐metabolici o Iponatremia: è secondaria all’azione antidiuretica del farmaco ed accompagnata a cefalea, nausea e vertigini o Diminuzione di T3 e T4: l’ipotiroidismo franco, comunque, è raro o Aumento del cortisolo o Aumento di colesterolo totale, LDL ed HDL • Epatici e GI o Aumento transitorio delle transaminasi o Epatite acuta con necrosi cellulare ed epatite granulomatosa con colestasi (rara) o Nausea, vomito, diarrea, pancreatite • Cutanei o Rash cutanei aspecifici o Reazioni da ipersensibilità con febbre, adenosplenomegalia, miocardite e nefrite interstiziale o Dermatite esfoliativa ed alopecia • Effetti idiosincrasici gravi (rari): agranulocitosi, anemia aplastica, scompenso epatico, dermatite esfoliativa, sinrome di Lyell o di Steven‐Johnson pancreatite • Tossicità da sovradosaggio 120 Scaricato da www.sunhope.it
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Nistagmo, midriasi, oftalmoplegia, EPS, segni cerebellari, compromissione della coscienza fino al coma, convulsioni, mioclonie, depressione respiratoria o Terapia: lavaggio gastrico, emoperfusione, sostegno di funzioni vitali Impiego in gravidanza: o Spina bifida ed altre malformazioni del tubo neurale o Anomalie cranio‐facciali e ritardo dello sviluppo fetale o Carenza di vitamina K con rischio di sanguinamento: somministrazione di vitamina K nell’ultimo mese di gravidanza e nel neonato o
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Interazioni farmacologiche • Azione inducente sul CYP: riduzione livelli ematici di aloperidolo, clozapina, imipramina, desipramina, nortriptilina, valproato di sodio, contraccettivi orali • Associazione con farmaci inibitori del CYP: aumento dei livelli di carbamazepina: SSRI, sodio valproato, Ca‐
antagonisti • Diminuzione dei livelli di carbamazepina per associazione con altri antiepilettici • Aumento di rischio di neurotossicità per associazione con litio od altri antipsicotici Par IV: Acido valproico Farmacodinamica Gli effetti di tipo anticonvulsivante e stabilizzante il tono dell’umore sarebbero dovuti principalemente ad un potenziamento della trasmissione GABAergica (diminuzione del turnover ed aumento della sintesi e del rilascio di GABA) ed ad un’azione di inibizione esercitata sul glutammato. Inoltre, il valproato, sembrerebbe avere anche un’azione diretta di stablizzazione delle membrane neuronali con conseguente innalzamento della soglia di eccitabilità attraverso un blocco dei canali ionici, in particolare quelli del CA e del Na. Farmacocinetica • È un derivato dell’acido carbossilico, disponibile come sale del Na o del Mg, trasformato nello stomaco in acido valproico, con un picco ematico influenzato dal cibo: 1‐3 ore a stomaco vuoto, 5 ore a stomaco pieno • Somministrazione orale, come compressa o come sospensione granulare • Emivita: 5‐20 ore • Legame proteico: 75% • Metabolismo: idrossilazione ed ossidazione con metaboliti attivi a lunga emivita e glucuronazione • Eliminazione: con urine e feci (97%) Indicazioni • Trattamento della fase acuta di un episodio maniacale (mania bipolare): come per la carbamazepina, viene indicata una maggior efficacia negli “stati misti” e nei pazienti a “rapida ciclicità”. Inoltre, il valproato di sodio deve essere considerato una valida alternativa al litio nei pazienti intolleranti od in quelli in cui tale farmaco è controindicato. • Profilassi delle recidive maniacali o depressive nei disturbi bipolari: è considerato, in questi casi, un farmaco di seconda scelta Effetti collaterali • Gastrointestinali ed epatici o Disturbi aspecifici: nausea, vomito, anoressia, dispepsia, aumento lieve e transitorio delle transaminasi: si verificano frequentemente e sono in genere lievi e transitori 121 Scaricato da www.sunhope.it
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Reazioni idiosincrasiche: epatite acuta fulminante, pancreatite acuta emorragica: si verificano raramente e sono gravi Neuropsicologici: tremore dose‐dipendente, sonnolenza, irritabilità, deficit cognitivi Ematologici: trombocitopenia e leucopenia, inibizione dell’aggregazione piastrinica, agranulocitosi Altri: alopecia, aumento dell’appetito, alterazioni mestruali, riduzione della fertilità maschile Tossicità da sovradosaggio: raramente mortale, si manifesta con sonnolenza, blocco della conduzione cardiaca, edema cerebrale e coma e si cura con emodialisi ed emoperfusione Tossicità in gravidanza: il valproato è uno dei farmaci maggiormente teratogeni nell’uomo. Il suo impiego nel primo trimestre di gravidanza si associa, infatti, a specifiche anomalie del tubo neurale (spina bifida). Il suo impiego è stato, inoltre, associato ad anomalie scheletriche (aracnodattilia, polidattilia, assenza o trifalangismo del pollice, anomali cranio‐facciali). I sintomi da tossicità neonatale sono, invece, diminuzione del ritmo cardiaco, epatotossicità ed ipoglicemia, con maggior probabilità di ritardo nello sviluppo cognitivo e di un più basso QI. o
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Interazioni farmacologiche • il valproato può rallentare il metabolismo, per riduzione dei processi di idrossilazione, e quindi aumentare i livelli plasmatici di vari farmaci: fenobarbital, difeniladantoina, ATC • il metabolismo del valproato può, a sua volta, esser aumentato, con riduzione dei suoi livelli plasmatici, da alcuni farmaci quali la carbamazepina, e ridotto, con aumento dei suoi livelli plasmatici, da altri, quali la fluoxetina • infine, l’ASA è in grado di aumentarne le concentrazioni plasmatiche della quota libera di valproato di sodio, spiazzandolo dai suoi siti di legame con le proteine plasmatiche Par V: Altri farmaci Lamotrigina • Farmacodinamica: la lamotrigina è un farmaco di comune impiego nel trattamento dei disturbi epilettici, recentemente dimostratosi efficace nel trattamento a breve termine e di profilassi della depressione bipolare (queste sono quindi le indicazioni). È in grado sia di bloccare i canali del Na con conseguente aumento della soglia di eccitabilità neuronale ed sia di esercitare un’azione di inibizione del glutammato • Farmacocinetica: è importante considerare il suo metabolismo, che consiste in una glucuronazione, indotta da carbamazepina ed estroprogestinici, inibita dall’acido valproico (quindi l’associazione con acido valproico è considerata molto a rischio di reazioni sistemiche gravi) e non influenzata dal CYP450 • Effetti collaterali: o Rash cutanei, sonnolenza, tremore, cefalea, nausea, vomito o Reazioni da ipersensibilità: febbre, artralgia, linfoadenopatie, epatomegalia ed eosinofilia o Reazioni cutanee gravi: sindrome di Lyell e di Steven‐Johnson o Tossicità da sovradosaggio: febbre, linfadenopatia, edema facciale, rash cutaneo, epatite, IRA o Rischio teratogeno in gravidanza Topiramato • Meccanismo d’azione: potenzia l’azione del GABA e riduce quella del glutammato • Farmacocinetica: ha un’emivita di 21 ore ed un metabolismo indotto da carbamazepina. Inibisce il CYP2C19, interferendo col metabolismo della fenitoina • Effetti collaterali: sonnolenza, cefalea, astenia, parestesie, calcoli renali, riduzione del peso corporeo Gabapentina 122 Scaricato da www.sunhope.it
Appunti di Raffaele Vanacore
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Meccanismo d’azione: è un analogo del GABA, ma in realtà agisce come inibitore degli enzimi di degradazione del GABA Farmacocinetica: viene escreto dal rene senza essere metabolizzato, quindi risulta privo di interazioni con altri farmaci Effetti collaterali: sonnolenza, cefalea, nausea, vomito Antipsicotici o Tipici ƒ
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Impiego nella terapia della mania acuta (stadi II e III) in associazione con litio Controllo delle manifestazioni psicotiche e dell’agitazione motoria entro 2‐3 giorni Dosaggi variabili a seconda dei casi Controindicati nella terapia a lungo termine per induzione di stati depressivi e di effetti extrapiramidali o Atipici: il loro impiego nella terapia a lungo termine è suggerito per l’azione antidepressiva o stabilizzante e per l’assenza di effetti extrapiramidali Antidepressivi: il loro utilizzo è associato al rischio di induzione e/o accentuazione dei cicli affettivi Trattamento dell’episodio depressivo in corso di disturbo bipolare È molto delicato, in quanto qualsiasi farmaco psicoanalettico può portare un viraggio verso la fase maniacale. Il bupropione e la venlafaxina sarebbero i farmaci di prima scelta. Il trattamento antidepressivo va effettuato al minimo dosaggio efficace e la terapia sbailizzante a base di litio, anticonvulsivanti ed eventualmente un antipsicotico atipico mantenuta.. La lamotrigina è efficace nella prevenzione delle ricadute depressive Negli USA è in commercio un’associazione di olanzapina e fluoxetina. Lez VI Prof.ssa Galderisi: I farmaci antipsicotici Par I: Generalità Introduzione Tra i sintomi psicotici si ricordano: • Positivi: deliri, allucinazioni, linguaggio disorganizzato e comportamento agitato • Negativi: restrizione dell’esperienza emotiva, del linguaggio, del pensiero, del piacere, della motivazione e dell’attenzione • Affettivi: depressione ed ansia, senso di colpa, tensione, irritabilità 123 Scaricato da www.sunhope.it
Appunti di Raffaele Vanacore
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Cognitivi: incoerenza e deficit nell’elaborazione e nell’apprendimento dell’informazione Ostili: incoerenza verbale o fisica, auotolesionismo od altri comportamenti impulsivi Possono quindi definirsi: • Antipsicotici (AP): sono composti attivi nei confronti dei sintomi positivi (deliri, allucinazioni: sono esperienze dispercettive o contenuti di idee dereistici, cioè non corrispondenti alla realtà obiettiva) in pazienti affetti da schizofrenia, in alcuni pazienti affetti con sindromi affettive, in pazienti con patologia cerebrale concomitante (sindromi psicorganiche quali la demenza), in soggetti che hanno assunto sostanze psicomimetiche, purchè non secondari ad alterazioni del tono dell’umore. In tal senso, un antipsicotico sarebbe un deliriolitico/allucinolitico, indipendente dal tipo di patologia che causa tali sintomi • Neurolettici: sono caratterizzati da un’associazione con effetti indesiderati neurologici di tipo extrapiramidale. Si riteneva, infatti, che gli effetti collaterali extrapiramidali rappresentassero un fattore prognostico positivo per l’effetto antipsicotico; è invece ipotizzabile che tali effetti siano associati al superamento della dose terapeutica • Tranquillanti maggiori: sono caratterizzati da marcata azione sedativa, correlata a meccanismi d’azione diversa da quelli relativi all’azione antipsicotica su D2 (quindi, probabilmente riconducibili all’azione α1 adrenolitica od anti‐M1). Ad esempio, la clorpromazina è un AP con marcato effetto sedativo, la cui azione antipsicotica si riteneva secondaria alla sedazione. Comunque, esistono farmaci dotati di un notevole effetto sedativo, ma non antipsicotico (promazina) e viceversa (pimozide) Sistema dopaminergico (DA) • Vie o Meso‐limbica: va dall’area ventro‐tegmentale del mesencefalo al sistema limbico (in particolare a nucleus accumbens, tubercolo olfattorio ed amigdala) ed è coinvolta nell’insorgenza della sintomatologia positiva. Infatti, la diminuzione dell’attività di questa via porta alla mancata inibizione del sistema limbico , con conseguente iperattività di questo ed insorgenza di sintomi positivi o Meso‐corticale: va dall’area ventro‐tegmentale alla neocorteccia, in particolare prefrontale. La diminuzione di questa via porta ad una diminuita attivazione corticale: ne consegue un’ipofrontalità con sintomatologia negativa e disturbi cognitivi (in realtà sembrerebbe che anche i sintomi positivi deriverebbero da una diminuita attivazione corticale: ne conseguirebbe una diminuita azione di inibizione a livello limbico con sintomatologia positiva) o Nigro‐striatale: va dalla sub stantia nigra al caudato‐putamen ed è importante per gli effetti collaterali extrapiramidali o Tubero‐infundibolare: va dal nucleo arcuato dell’ipotalamo all’eminenza mediana, attraverso i capillari portali dell’adenoipofisi, ed è importante per gli effetti endocrino, dovuti specialmente all’ipoprolattinemia • Recettori: l’azione della DA è legata alla sua interazione con specifici recettori ed alla modulazione di questi ultimi anche da parte di altri neurotrasmettitori. Sono stati identificati, sulla base delle loro differenti caratteristiche biologiche e farmacologiche, due classi di recettori DA, denominate D1‐like e D2‐like: esse possiedono una diversa affinità di legame, sia per la stessa DA, che per molti altri agonisti ed antagonisti, naturali o sintetici: o Classi ƒ D1‐like: D1, D5: attivano l’adenilato ciclasi (AC) ƒ D2‐like: D2, D3, D4: inibiscono l’AC, sopprimono le correnti al Ca, attivano quelle al K (con un effetto netto di iperpolarizzazione) e modulano il metabolismo del fosfatidilinositolo (PI) o Localizzazione ƒ Recettori postsinaptici: sono localizzati su dendriti, corpo cellulare o terminazioni nervose di neuroni di altri sistemi neurotrasmettitoriali (GABAergico, glutammatergico, colinergico) 124 Scaricato da www.sunhope.it
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Recettori presinaptici: sono localizzati su dendriti, corpo cellulare o terminazioni nervose di neuroni DAergici (autorecettori presinaptici). Il loro ruolo funzionale è quello di impedire un’eccessiva attività dei neuroni DAergici. Esistono farmaci DA‐agonisit capaci di stimolare preferenzialmente o selettivamente gli autorecettori piuttosto che i recettori postsinaptici: queste sostanze inibiscono l’attività dei neuroni DAergici e possono esplicare un effetto antipsicotico Classificazione degli antipsicotici in base al profilo recettoriale o Antagonisti di D2: costituiscono la prima generazione (antipsicotici tipici o tradizionali) e sono caratterizzati da: ƒ Efficacia contro i sintomi positivi ƒ Elevata frequenza di effetti collaterali: sintomi extrapiramidali (EPS), discinesia tardiva (DT), iperprolattinemia o Antagonisti D2/5‐HT2A: costituiscono la seconda generazione (antipsicotici atipici) e sono caratterizzati da: ƒ Ridotta incidenza di EPS, DT ed iperprolattinemia ƒ Maggior efficacia contro i sintomi negativi ƒ Persistenza dei problemi di inadeguata risposta sui sintomi negativi, cognitivi e depressivi ƒ Diversi effetti collaterali farmaco‐specifici: aumento ponderale, DM, dislipidemia, effetti anticolinergici, ipotensione, sedazione o Agonista parziale D2/5HT1A ed antagonista 5HT2A: aripiprazolo Par II: Antipsicotici tipici Farmacodinamica Gli AP tipici, denominati anche neurolettici (vedi dietro), sono farmaci appartenenti a classi chimiche differenti (vedi dopo), che inducono effetti farmacologici, terapeutici ed indesiderati, attraverso un’azione esercitata sui mediatori che regolano SNC e SNA, in particolare su DA, ACh, NA, ST, H. Essi hanno in comune la capacità di rallentare la neurotrasmissione, attraverso il blocco di specifici recettori (D2 per la DA, 5‐HT2 per la ST, M1 per l’ACh, H1 per l’H, α1 ed α2 per la NA; vedi dopo). La caratteristica farmacodinamica ritenuta responsabile dell’attività antipsicotica sembra il blocco dei recettori D2 postsinaptici delle aree mesolimbiche e mesocorticali. Tuttavia, il blocco di questi recettori in altre aree cerebrali aumento il rischio di insorgenza di effetti indesiderati in funzione della via DA coinvolta (nigrostriatale: EPS, tubero infundibolare: iperprolattinemia, mesocorticale: peggioramento della sintomatologia negativa e cognitiva). Altri effetti collaterali sono invece da ricondurre alle attività di blocco degli altri recettori, con significative differenze di incidenza tra diversi AP, come conseguenza della loro diversa affinità per tali sistemi neurotrasmettitoriali. È opportuno considerare, in maniera succinta e schematiche: • Principali caratteristiche generali del meccanismo d’azione o Gli AP tipici si legano strettamente a D2 e se ne dissociano lentamente o Vi è una correlazione positiva tra dosi terapeutiche ed affinità per D2 o L’attività antipsicotica è associata con una % di occupazione di D2 tra 65‐70% o I EPS sono associati ad una % di occupazione maggiore dell’80% o Il blocco dei recettori è un effetto acuto, ma l’azione antipsicotica si manifesta dopo 15‐21 giorni • Antagnosimo recettoriale ed effetti: o D2: miglioramento sintomi positivi, EPS, non miglioramento o peggioramento dei sintomi negativi, iperprolattinemia o Alfa pre‐ e post‐sinaptici: vertigini, ipotensione o M1: sonnolenza, aumento ponderale o H1: sonnolenza, xerostomia, visione offuscata, stipsi 125 Scaricato da www.sunhope.it
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Indicazioni Gli AP tipici sono utilizzati per il trattamento a breve e lungo termine della schizofrenia e di altri disturbi psicotici (sindromi deliranti, stati maniacali): essi hanno un’indubbia efficacia sui sintomi positivi (delirio, allucinazioni), ma una dubbia e scarsa efficacia nei confronti dei sintomi negativi (ritiro sociale, impoverimento affettivo, povertà del linguaggio), cognitivo (deficit della memoria e dell’attenzione) ed affettivi (depressione). Una porzione consistente di pazienti affetti da psicosi di tipo schizofrenico (dal 35 al 40%) non risponde in modo soddisfacente ad un trattamento farmacologico, anche se condotto in modo adeguato (pazienti resistenti). Gli AP sono indicati anche nella terapia a lungo termine della schizofrenia (terapia di stabilizzazione e di mantenimento), allo scopo di prevenire le possibili riacutizzazioni della malattia. Il tasso di riacutizzazione, infatti, nei pazienti in trattamento scende dal 65‐80 % al 20% dopo un anno ed al 40% dopo 4 anni. Classificazione • Fenotiazine: molecole a struttura tricilcica, possono a loro volta suddividersi in 3 sottogruppi in rapporto alla natura della catena laterale legata al nucleo triciclico: o Alifatiche: clorpromazina: è caratterizzata da: ƒ Discreta azione D2‐bloccante (effetti AP, EPS) ƒ Notevole attività antistaminica ed α1‐adrenolitica con marcato effetto sedativo ed ipotensione posturale ƒ Discreta attività anticolinergica (muscarinica) ed endocrina o Piperidiniche: tioridazina (ritirata per cardiotossicità) ƒ Minor attività D2‐bloccante: discreto effetto AP con minore EPS e minori effetti endocrini ƒ Maggior attività antistaminica ed α1‐adrenolitica: marcato effetto sedativo ed ipotensivante ƒ Maggior attività antimuscarinica o Piperaziniche: flufenazina,trifluperazina ƒ Marcata attività D2‐bloccante ƒ Minor attività α1‐adrenolitica, antistaminica ed anticolinergica • Butirrofenoni: aloperidolo, droperidolo: differenti sul piano strutturale, sono caratterizzati da: o Notevole attività D2‐bloccante: marcato effetto AP e EPS o Scarsa attività α1‐adrenolitica ed antistaminica: modesti effetti sedativo ed ipotensivante o Modesto effetto anticolinergico ed effetto procolinergico indiretto a livello striatale o Modesto effetto endocrino • Difenilbutilpiperidine: pimozide: ha una struttura simile ai butirrofenoni ed è caratterizzata da: o Scarsa attività D2‐bloccante o Scarsa attività α1‐adrenolitica ed antistaminica o Scarsa attività anticolinergica • Tioxanteni: sono simili, sul piano strutturale alle fenotiazine: o Tioxitene: possiede la catena laterale piperidinica o Clopentixolo, flupentixolo: hanno la catena laterale piperazinica • Dibenzoxazepine: clotiapina: ha una struttura triciclica ed è caratterizzata da: o Discreta attività D2‐bloccante o Notevole attività α1‐adrenolitica ed antistaminica o Discreta attività anticolinergica: risulta quindi molto simile alla clorpromazina per l’effetto ipotensivante e sedativo • Benzamidi: sulpiride, levosulpiride, amisulpiride: differiscono dai precedenti e sono caratterizzate da: o Discreta attività D2‐bloccante solo a livello extracerebrale (ipofisario) per il difficoltoso attraversamento della BEE o Notevoli effetti endocrini: iperprolattinemia, amenorrea, diminuzione della libido e ginecomastia o Scarsa attività anticolinergica, α1‐adrenolitica ed antistaminica 126 Scaricato da www.sunhope.it
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Farmacocinetica • Potenza: si misura in dosi equivalenti di aloperidolo, cioè mg di un composto che danno effetti simili ad un mg di aloperidolo • Assorbimento o È irregolare ed imprevedibile, soprattutto per os o Le preparazioni liquide sembrano avere un assorbimento più completo, quelle depot più lento o L’assorbimento della clorpromazine dal tratto GI viene modificato in maniera imprevedibile dal cibo e ridotto dagli antiacidi o La maggior affinità per i recettori muscarinici intestinali può modificare l’assorbimento della tioridazina • Biodisponibilità ed altre caratteristiche o Notevole effetto di primo passaggio epatico o Aumento notevole per somministrazione parenterale, specie intramuscolo, grazie all’evitamento del metabolismo di primo passaggio o Per la clorpormazina la biodisponibilità aumenta soprattutto se somministrata in preparazione liquida rispetto alle compresse o Volume di distribuzione apparente elevato: i neurolettici, infatti, sono molecole altamente lipofile o Elevato legame farmaco‐proteico o Accumulo nei tessuti a maggior contenuto lipidico e con elevato flusso ematico (encefalo, polmoni, placenta): clorpromazina, aloperidolo ed altri neurolettici possono raggiungere nell’encefalo concentrazioni 10 volte superiori a quelle plasmatiche o Picchi plasmatici in 2‐4 ore (clorpromazina, tioridazina) o in tempi più brevi se la molecole è altamente lipofila (aloperidolo) o Emivita: 10‐40 ore o Variabilità dei livelli plasmatici (LP) tra i soggetti ƒ LP< 30 ng/mL di clorpromazina: adeguata risposta terapeutica ƒ LP> 75ng/mL di clorpromazina: effetti collaterali marcati ƒ LP di tioridazina elevati, forse a causa della relativa idrofilia ƒ LP di aloperidolo normali tra 10‐15ng/mL: al di sotto di 4 ng/mL l’aloperidolo non è in grado di esplicare un’adeguata attività in fase acuta o di prevenire le ricadute in fase di mantenimento • Metabolismo o Processi ossidativi: CYP2D6 ƒ Aloperidolo: N‐dealchilazione ƒ Tioxanteni: formazione di sulfossidi ƒ Clorpromazina: demetilazione o Coniugazione con acido glucuronico: si effettua per rendere i composti maggiormente idrofili e quindi favorire l’escrezione urinaria ed, in parte minore, biliare o Metaboliti ƒ Inattivi: sulfossidi derivati in posizione 5 della tioridazina ƒ Attivi: 7‐idrossi‐clorpromazina, mesoridazina, idrossi‐aloperidolo o I LP di clorpromazina e di altre fenotiazine tendono ad essere più bassi nell’assunzione cronica rispetto a quella iniziale: i composti a bassa potenza sarebbero in grado di indurre il proprio metabolismo, anche se è possibile che a ciò contribuiscano alterazioni della motilità intestinale o Feto, bambino piccolo ed anziano presentano una minor capacità di metabolizzare e di eliminare i NL, mentra i bambini tendono a metabolizzarli più rapidamente rispetto agli adulti • Escrezione 127 Scaricato da www.sunhope.it
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È quasi interamente renale (70‐80%), molto più rapida di quella dai siti ricchi di lipidi (SNC): da ciò consegue la relativa lentezza con la quale ricompaiono i sintomi psicotici dopo sospensione del trattamento Eliminazione più lenta per le preparazioni depot Eliminazione clorpromazina dal plasma ƒ Fase di rapida eliminazione: circa 2 ore ƒ Fase di lenta eliminazione: circa 30 ore Effetti collaterali La scarsa tollerabilità degli AP tradizionali e la conseguente bassa compliance al trattamento sono essenzialmente correlati all’induzione degli effetti collaterali, possibili sia in fase acuta che in fase di mantenimento • Extrapiramidali (40‐80%): a prescindere dall’insorgenza, acuta o tardiva, il decorso comprende forme sia reversibili alla sospensione‐riduzione del trattamento, sia persistenti anche dopo anni dalla sospensione (es. acatisia persistente). È importante, inoltre, sottolineare come gli EPS comprendano alterazioni sia motorie che psichiche (vedi dopo) o Precoci: compaiono entro i primi giorni o le prime settimane di trattamento ƒ Sindrome parkinsoniana: è dovuta al blocco (del 75‐80%) dei recettori D2 a livello striatale con conseguente disinibizione dei neuroni colinergici • Triade clinica: tremore, rigidità, acinesia o bradicinesia • Incidenza molto variabile • Trattamento farmacologico: anticolinergici ƒ Crisi distoniche acute: sono probabilmente dovute a condizioni ipoDAergiche, con effetto compensatoria del release della DA nei neuroni a monte • Quadro clinico: spasmi muscolari ad insorgenza brusca a livello di: o Muscoli di testa e collo: torcicollo spasmodico o Muscoli masticatori: trisma o Muscoli orbicolari degli occhi: crisi oculogire o Muscoli oculomotori: crisi oculogire o Muscoli del tronco: opistotono, spasmi in torsione o Muscoli masseteri: sublussazione ATM o Muscoli di deglutizione e fonazione (raramente) • Incidenza: maggiore nei maschi ed in età giovanile • Trattamento: anticolinergici e BDZ ev ƒ Acatisia: è la sensazione di irrequietezza motoria, per cui il soggetto cammina in continuazione oppure, se sta seduto, muove continuamente le gambe • Patogenesi: incerta (blocco dei recettori DA mesocorticali?) • Incidenza: 25‐75% • Terapia: non confondere con agitazione psicomotoria, ridurre la dose di NL o passare ad una più bassa potenza, BDZ o beta‐bloccanti (propanololo) ƒ Reazioni psichiche • Disforia soggettiva: è l’espressione psichica dell’acatisia e può manifestarsi anche in assenza della componente motoria. La disforia riduce la compliance, peggiora l’esito del trattamento e può indurre comportamenti auto lesivi • Altro: ritiro od isolamento sociale, mancanza d’iniziativa, depressione, rallentamento psicomotorio (sintomi negativi secondari) o Tardivi: compaiono dopo mesi od anni di terapia ƒ Discinesia tardiva: è caratterizzata da movimenti involontari, prevalentemente a carico del distretto bucco‐linguo‐masticatorio (rabbit syndrome): movimenti di sbuffamento, di succhiare, di protrusione della lingua 128 Scaricato da www.sunhope.it
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Raro interessamento di muscoli di tronco ed arti (coreoatetosi), di muscoli di fonazione, deglutizione o respirazione Incidenza: 5‐50% Fattori di rischio: sesso femminile, età avanzata, presenza di patologie cerebrali conclamate, uso di neurolettici ad elevata potenza Patogenesi: è dovuta ad una ipersensitività conseguente al blocco dei recettori DA da non uso a livello striatale. Vi contribuirebbero anche meccanismi GABAergici e NAergici Terapia o Da evitare anticolinergici o GABA‐agonisti, BDZ, vitamina E, sostituzione dei neurolettici con clozapina Cardiovascolari o Ipotensione posturale: è dovuta ad attività α1‐adrenolitica ed antistaminica o Tachicardia riflessa e per azione atropino‐simile diretta sul muscolo cardiaco o Alterazioni ECG: appiattimento onda T ed allungamento QRS, per azione atropino‐simile Sedazione: per l’attività α1‐adrenolitica ed antistaminica Aumento di peso (40%, soprattutto con fenotiazine): parzialmente legato alla sedazione, è principalmente dovuto all’effetto antistaminico e DAergico a livello ipotalamico (con conseguente polifagia) e ad una modificazione del metabolismo dei carboidrati con accumulo di lipidi Abbassamento della soglia convulsivante Effetti endocrino‐metabolici o Iperprolattinemia (60‐95%) ƒ Nelle femmine: ingrossamento e tensione del seno, galattorea, irregolarità mestruali (amenorrea, dismenorrea, metrorragia) ƒ Nei maschi: ginecomastia e riduzione del volume testicolare, impotenza ƒ In entrambi i sessi: diminuzione del desiderio sessuale, anorgasmia, rischio di osteoporosi (soprattutto nelle donne) o Sindrome metabolica con alterazione del metabolismo glucidico e lipidico o DM2 o Alterazione della funzione erettile e dell’eiaculazione con fenotiazine Effetti anticolinergici: secchezza delle fauci, disturbi dell’accomodazione visiva, ritardo della minzione, anorgasmia Effetti cutanei: fotosensibilizzazione con rash cutanei o pigmentazione cutanea, decolorazione cutanea Effetti oculari: retinopatia pigmentosa (tioridazina) Ittero: da meccanismo allergico idiosincratico Disturbi della crasi ematica su base idiosincrasica: leucocitosi o leucopenia, eosinofilia, agranulocitosi Sindrome maligna da neurolettici o Fattori di rischio: sesso maschile, età giovanile, uso di dosi elevate di NL ad elevata potenza, con rapido incremento delle stesse dosi o Quadro clinico: rigidità muscolare, ipertermia, ipo‐ od iper‐tensione, tachicardia e tachipnea, sudorazione, leucocitosi, aumento CPK sieriche, fluttuazioni dello stato di coscienza o Trattamento ƒ Sospensione del farmaco ƒ Correggere lo squilibrio idroelettrolitico ƒ Agire sulla febbre e sul’ipertensione ƒ Miorilassanti: dantrolene ƒ Agonisti DA: bromocriptina 129 Scaricato da www.sunhope.it
Appunti di Raffaele Vanacore
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Overdose da neurolettici: si verifica soprattutto per somministrazioni di dosi troppo ravvicinate di farmaci a lunga emivita (clorpromazina) e si manifesta con: o Grave sindrome extrapiramidale o Depressione cardiorespiratoria o Iper‐ od ipo‐termia o Coma o È raramente letale, purchè si intervenga tempestivamente con dantrolene e bromocriptina Pazienti considerati a rischio o Parkinsoniani e pazienti con disturbi extrapiramidali: di determina un peggioramento del quadro clinico o Cardiopatici: vi è il pericolo di scatenare od aggaravere disturbi del ritmo e della conduzione a causa del passaggio di K dal compartimento extra‐ a quello intra‐cellulare (tioridazina) o Epilettici: vi è il pericolo di scatenare crisi epilettiche per l’abbassamento della soglia convulsivante (fenotiazine) o Epatopatici: si determinano alterazioni metaboliche con ridota eliminazione del farmaco ed aggravamento dell’ittero da stasi o Anziani: vi è un potenziamento di tutte le attività dei neurolettici per il rallentamento della metabolizzazione e per l’aumentata sensibilità dei recettori o Donne gravide: vi è un effetto teratogeno nel I trimestre Interazioni farmacologiche: alcuni AP, ed in particolare le fenotiazine, inibendo l’attività del CYP40, possono determinare un incremento plasmatico di altri farmaci quali gli ATC. Tale interazione, in realtà, è anche di tipo farmacodinamico, condividendo entrambi i farmaci attività recettoriali quali quella muscarinica, adrenolitica ed istaminergica. Il metabolismodegli AP tipici, a loro volta substrato del CYP, risulta rallentato da farmaci inibitori del CYP, come gli SSRI Trattamenti farmacologici ad azione prolungata Garantiscono un rilascio continuo nel tempo del farmaco: aloperidolo decanoato, zuclopentixolo decanoato, perfenazina enantato, flufenazina decanoato: queste preparazioni contengono un AP iniettabile per via intramuscolare che, rilasciato molto lentamente in circolo, consente di prolungare nel tempo l’effetto terapeutico. Il loro uso è indicato in pazienti schizofrenici con scarsa compliance e gli intervalli di somministrazione sono fra 2 e 6 settimane. Si associano a: • Picchi delle concentrazioni plasmatiche inferiori, senza alcuna differenza nelle concentrazioni a valle e con ridotte fluttuazioni dei LP • Miglioramento di tollerabilità ed aderenza • Possibilità di monitorare ed indirizzare in modo corretto la scarsa aderenza • Efficacia sovrapponibile a quella delle preparazioni orali Par III: Antipsicotici atipici Generalità Con il termine AP atipici o di seconda generazione è stato designato un gruppo di composti che si differenziano sostanzialmente dagli AP tipici per un diverso profilo recettoriale a livello del SNC. In generale, una minor affinità per i recettori DA ed un coinvolgimento di altri sistemi neurotrasmettitoriali, in primis quello ST, potrebbero spiegare la maggior tollerabilità soprattutto dal punto di vista motorio ed endocrinologico. • Classificazione o Antagonisti D2 altamente selettivi: benzamidi 130 Scaricato da www.sunhope.it
Appunti di Raffaele Vanacore
Antagonisti D2 non selettivi ed a largo spettro d’azione (multirecettoriali): clozapina, olanzapina, quetiapina o Antipsicotici ad azione bloccante mista 5HT2A‐D2 (e NA): risperidone, ziprasidone o Agonisti parziali D2: aripripazolo Potenziali vantaggi rispetto ai tipici o Azione sui sintomi negativi, depressivi e cognitivi: ne consegue una miglior performance psicomotoria con un miglior vissuto soggettivo rispetto al farmaco o Minori ricadute o Miglior adesione o Ridotta frequenza di EPS e DT e di iperprolattinemia Indicazioni terapeutiche o Trattamento a breve e lungo termine della schizofrenia e delle psicosi correlate o La clozapina è indicata anche nella schizofrenia resistente, cioè in quei pazienti che non hanno risposto ad almeno due precedenti trattamenti con AP o Trattamento della mania in corso di disturbo bipolare: la clozapina è efficace nel trattamento a lungo termine del disturbo bipolare o Clozapina ed olanzapina, infine, sarebbero efficaci anche nella fase acuta dell’episodio depressivo in corso di disturbo bipolare o La quetiapina è efficace negli episodi acuti di mania e di depressione in corso di disturbo bipolare, nella profilassi del disturbo bipolare, nonché nella depressione maggiore Caratteristiche generali o Ridotta affinità per D2 rispetto ai tipici o Maggior potenza di blocco 5HT2a rispetto al blocco D2: determinerebbe il mantenimento di una sufficiente trasmissione DA a livello nigrostriatale, mesocorticale e tubero infundibolare, con una significativa riduzione di incidenza dei conseguenti effetti collaterali (vedi dopo). o Blocco multi recettoriale o Specificità neuroanatomica o Azione presinaptica: sul release di DA, probabile mediazione del recettore 5HT2A ed alfa2 Meccanismi d’azione o Antagonismo recettoriale 5HT2A/ D2: maggior affinità per 5HT2A che per D2. La stimolazione di questo recettore serotoninergico, infatti, inibisce il rilascio di DA: quindi, gli AP atipici aumentano il rilascio di DA. Ne deriva, a livello prefrontale, un miglioramento dei sintomi negativi, depressivi e cognitivi, a livello dei gangli della base, una minor incidenza di EPS o Antagonismo 5HT2C: determina un effetto inibitorio sul rilascio di DA e NA nella corteccia prefrontale o Antagonismo D2/D3: amisulpiride o Rapida dissociazione da D2 (clozapina e quetiapina): l’occupazione recettoriale di alcuni AP risulterebbe ben al di sotto della soglia dell’80%, a causa di una più rapida dissociazione da D2, che consentirebbe il mantenimento di un adeguato tono DA o Agonisti D2 parziali: aripripazolo: questo composto si comporta come agonista parziale od antagonista funzionale a seconda del livello di trasmissione DA. Tale attività di modulazione dovrebbe, in teoria, consentire di correggere l’iperattività DA, che a livello mesolimbico è alla base dei sintomi positivi e l’ipoattività DA, responsabile dei sintomi negativi e cognitivi, nonché di evitare l’insorgenza di effetti collaterali quali EPS ed iperprolattinemia o Maggior affinità per i D2 mesolimbici e mesocorticali rispetto a quelli nigrostriatali o Azione su altri recettori con azione sul rilascio di neurotrasmettitori (altri recettori serotoninergici, recettori muscarinici, adrenergici, gluttamatergici, GABAergici): è importante sottolineare come gli antipsicotici, tramite meccanismi serotoninergici, riducano il rilascio di glutammato, con effetti importanti anche nella cura della mania o Azione neurotrofica e neuroprotettiva: meccanismi implicati sarebbero: o
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Appunti di Raffaele Vanacore
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ƒ Inibizione della neurotossicità da glutammato ƒ Aumento dell’espressione di fattori neurotrofici ƒ Stimolazione della neurogenesi ippocampale Meccanismi di potenziamento della trasmissione monoaminergica o Agonismo parziale 5HT1A o Antagonismo recettori 5HT2A e 2C o Antagonismo recettori alfa‐adrenergici o Blocco trasportatore NA e ST Altre caratteristiche: o Occupazione recettoriale di D2 alla PET ƒ Clozapina: bassa occupazione (20‐70%) ƒ Olanzapina: 70‐80% ƒ Risperidone: maggiore dell’80% o Similitudini tra gli atipici ƒ Elevato rapporto di affinità 5HT2A/D2 ƒ Elevata potenza alfa1 ƒ Profilo multi recettoriale o Differenze tra gli atipici: hanno una differente affinità per alcuni tipi recettoriali ƒ D1: clozapina, olanzapina ƒ 5HT2C: clozapina, olanzapina, ziprasidone ƒ Alfa2: risperidone ƒ H1: clozapina, olanzapina, quetiapina, risperidone ƒ Muscarinici: clozapina, olanzapina o Caratteristiche di legame ai recettori serotoninergici ƒ Antagonisti 5HT2A: riducono gli EPS e migliorano i sintomi negativi ƒ Agonisti 5HT1A: si associano ad effetti ansiolitici ed antidepressivi Classi di farmaci e profilo recettoriale • Clozapina: D2, D1, 5HT2C, H1, muscarinici • Olanzapina: D2, D1, H1, M1, alfa1, 5HT2C, 5HT2A, 5HT1A • Quetiapina: D2, 5HT2A, H1, alfa1 e 2 • Risperidone: D2, 5HT2A, alfa1 e 1 • Ziprasidone: D2, H1, alfa1 e 2, 5HT1d, 5HT2A, 5HT1A • Paliperidone: D2, M1, alfa1 e 2, 5HT2A. E’ disponibile sotto forma di compresse a rilascio modificato, basate su di un sistema osmotico (sistema OROS) che consente una cessione controllata del farmaco nell’arco delle 24 ore e non richiede una titolazione iniziale della dose. Nelle pompe osmotiche orali, il farmaco è eventualmente miscelato con un eccipiente solubile in acqua (un polimero, un sale inerte), parte interna del sistema. La parte del rivestimento è costituita da una membrana polimerica insolubile in acqua e semipermeabile rispetto ad esso, nella quale è praticato un piccolissimo foro: le molecole d’acqua diffondono all’interno del sistema attraverso la membrana semipermeabile, formandovi una soluzione concentrata. In questo modo, si genera una differenza di concentrazione tale da drenare il farmaco fuori dal foro: all’inizio, l’acqua entra, per osmosi, fino a raggiungere la pressione idrostatica necessaria alla fuoriuscita del farmaco. Quindi, le molecole di farmaco escono dal foro trascinate dall’acqua: però, la matrice ne rilascia una quantità corrispondente a quella che fuoriesce, sicchè la concentrazione rimane praticamente costante. Poiché dunque la concentrazione di farmaco è costante, anche la pressione osmotica interna al sistema può ritenersi costante ed in equilibrio con la pressione osmotica esterna: ne risulta una variazione nulla. Conseguentemente, la velocità di fuoriuscita del farmaco segue una cinetica approssimativamente di ordine zero. 132 Scaricato da www.sunhope.it
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Successivamente, quando il numero di molecole del farmaco diminuisce oltre un certo valore, la concentrazione prende a diminuire rapidamente e con essa la pressione osmotica interna al sistema: la cinetica di fuoriuscita del farmaco segue allora una cinetica di prim’ordine Aripiprazolo o Effetti principali ƒ Agonista parziale di D2: agisce da antagonista in condizioni di elevata attività DA (es. sintomi psicotici) e da agonista quando la DA è insufficiente (es. ridotti EPS, controllo sintomi negativi) ƒ Agonista parziale 5HT1A ƒ Antagonista di 5HT2A o Meccanismo d’azione: una gestione ottimale della disregolazione DAergica associata alla psicosi: ƒ Farebbe diminuire l’attività DAergica della via mesolimbica ƒ Farebbe aumentare l’attività DAergica della via mesocorticale ƒ Non avrebbe alcun effetto sulle altre vie nigrostriatali o tubero infundibolari o Implicazioni di tollerabilità: ƒ Agonista parziale di alta affinità per D2: determina un basso potenziale di comparsa di EPS e di iperprolattinemia ƒ Nessun affinità per recettori muscarinici e moderata affinità per α1 ed H1 • Basso potenziale di comparsa di aumento ponderale e di sonnolenza: H1 • Basso potenziale di sviluppo di deficit cognitivi: muscarinici • Bassa tendenza allo sviluppo di ipotensione ortostatica: α1 ƒ Effetti collaterali: sedazione od irrequietezza, acatisia, vertigini, insonnia (vedi dopo) Farmacocinetica • Biodisponibilità molto variabile: dal 9% della quetiapina all’87% dell’aripiprazolo • Legame proteico del 90‐95% (tranne: amisulpiride, 17%, e paliperidone, 30%) • Emivita molto variabile • Metabolismo epatico CYP450 con formazione di alcuni metaboliti attivi (quindi le principali interazioni riguardano farmaci che agiscono sul CYP450. Altre interazioni importanti sono quelle con gli AD per le comuni azioni su varie classi recettoriali): o 9‐idrossirisperidone: questo metabolita attivo è anche commercializzato come tale in formulazione a rilascio prolungato su base osmotica o Norquetiapina: è un potente inibitore del trasportatore della NA, responsabile dell’effetto antidepressivo o Norclozapina o Deidroaripripazolo • Nuove formule o Soluzione orale, gocce: risperidone, aripiprazolo o Compresse orodispersibili: olanzapina, aripiprazolo, risperidone o Compresse sublinguali: asenapina o Compresse a rilascio prolungato: paliperidone (vedi dietro), quetiapina o Preparazioni per via im ad azione più rapida: olanzapina, aripiprazolo,ziprasidone o Farmaci iniettabili a lunga durata d’azione: risperidone a rilascio prolungato, olanzapina pamoato, paliperidone palmitato Effetti collaterali Gli AP atipici non sono farmaci scevri da effetti collaterali, anche se si registra una minor incidenza di EPS e di DT rispetto a quelli tipici: • Effetti collaterali generali 133 Scaricato da www.sunhope.it
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Iperprolattinemia: ƒ Farmaci coinvolti: amisulpiride (95%), risperidone (85%), olanzapina e quetiapina ( 35%), clozapina ed aripiprazolo (10%) ƒ Quadro clinico a carico di: • Ciclo mestruale: anovulazione, accorciamento fase luteinica, oligo‐ od amenorrea • Seno: tensione mammaria, galattorrea, carcinoma • Funzione sessuale: diminuzione della libido, disfunzione orgasmica • Diminuzione della densità ossea o Prolungamento del QT (soprattutto ziprasidone) o Effetti metabolici (vedi anche dopo) ƒ Aumento ponderale (soprattutto clozapina ed olanzapina, poi risperidone e quetiapina) ƒ Rischio diabetogeno (soprattutto clozapina ed olanzapina) ƒ Modificazioni dell’assetto lipidico (soprattutto clozapina ed olanzapina) Effetti collaterali specifici o Risperidone ƒ Iperprolattinemia ƒ Ipotensione posturale ƒ Aumento di peso o Olanzapina: aumento di peso e sedazione o Quetiapina: aumento di peso, sedazione ed ipotensione posturale o Clozapina: è l’AP atipico con maggiori effetti collaterali ƒ Incremento ponderale, talora notevole ƒ Marcati effetti anticolinergici: stipsi (talora grave con subocclusione intestinale), scialorrea ƒ Ipotensione ortostatica e sedazione ƒ Abbassamento della soglia convulsiva ƒ Agranulocitosi, anche in assenza di leucopenia, di tipo idiosincratico o Aripiprazolo: sedazione, irrequietezza, acatisia o
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Approfondimento: insulina ed antipsicotici Gli AP, sia tipici che atipici, possono aumentare la produzione di insulina, anche se in modo differente, in relazione alla struttura chimica ed al profilo recettoriale. La capacità di indurre insulino‐resistenza appare secondaria all’effetto diretto del farmaco sulla funzione delle beta‐
cellule pancreatiche. Un’ulteriore ipotesi è che l’azione su H1, 5HT2A/C e sui recettori muscarinici induca uno stato di insulino‐resistenza incrementando i livelli di ormoni anti‐insulinici come cortisolo ed adrenalina. Inoltre, nei pazienti schizofrenici, a fronte di un’equivalenza di grasso sottocutaneo, vi è un netto aumento (2, 3 volte) di grasso viscerale: questo aumento, in associazione all’azione anti insulinica degli AP, comporterebbe lo sviluppo del D2. L’azione su H1 sarebbe più correlata, invece, all’aumento ponderale. Quindi, è opportuno considerare alcuni aspetti importanti: • Alterazioni del metabolismo glucidico o Peggioramento DM preesistente o Insorgenza (slatentizzazione?) di DM2 o Alterazioni della regolazione del metabolismo glucidico o L’aumento del rischio non è dimostrato per tutti i farmaci, ma soprattutto per clozapina ed olanzapina o Insorgenza cheto acidosi diabetica • Possibili meccanismi di insulino‐resistenza o Azione sui recettori cerebrali (non dimostrata per alcun neurotrasmettitore) o Aumento del peso corporeo e del BMI o Effetti neuroendocrini centrali con diminuzione di IGF1 ed aumento di insulina o Effetti periferici 134 Scaricato da www.sunhope.it
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Pancreas: tossicità su beta‐cellule delle isole di Langerhans Alterazione dei meccanismi di trasporto del glucosio: inibizione della penetrazione di glucosio nelle cellule, specie muscolari Manifestazioni di insulino‐resistenza o Il “quartetto della morte”: DM2, ipertensione arteriosa, dislipidemia, ipercoagulabilità o Manifestazioni cardiovascolari precoci ƒ Microangiopatia: insufficienza renale, cecità ƒ Macroangiopatia: ictus, infarto miocardico, amputazione degli arti inferiori Dislipidemia da AP o Aumento dei trigliceridi: correla con l’aumento di peso, con i livelli ematici di glicemia e di insulina o Diminuzione HDL o LDL normali, anche se la morfologia delle particelle LDL può essere ancora più piccola e più eterogenea o Conseguenze: aumento del rischio di malattia coronarica e di accidente cerebrovascolare Sviluppo di sindrome metabolica: almeno 3 di: o Glicemia a digiuno >110 mg/dl o Ipertensione arteriosa >135/85 mmHg o TG plasmatici >150mg/dL o HDL <40mg/dL nell’uomo o <50mg/dL nella donna o Circonferenza vita >102 cm nell’uomo o >88cm nella donna 135 Scaricato da www.sunhope.it
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Lez I Prof. Fiorillo: Sostegno ai familiari di pazienti psichiatrici Par I: Generalità Introduzione • Ruolo facilitatore della famiglia in pazienti con malattia psichiatrica cronica o Facilitare la richiesta di aiuto o Supporto pratico e psicologico (caregiving) o Favorire adattamento del paziente alla malattia o Migliorare l’adesione al trattamento farmacologico o Facilitare la guarigione • La diagnosi di malattia grave, cronica od a prognosi incerta è solitamente un evento drammatico per l’intero nucleo familiare e ciò comporta una riorganizzazione del sistema familiare. Solitamente l’iter psicologico a seguito della diagnosi prevede: o Shock o Rabbia e collera o Accetazione e rassegnazione Caratteristiche dell’ambiente familiare • Carico familiare o Difficoltà pratiche (carico oggettivo): economiche, lavorative, ricreative/relazionali, sociali o Problemi psicologici (carico soggettivo): senso di colpa, ansia, depressione, stigma, sensazione di perdita, sindrome da burn out o Conseguenze di aumento del carico familiare ƒ Diminuzione della qualità di vita di pazienti e familiari ƒ Aumento del numero di ricadute ed ospedalizzazioni ƒ Sindrome da burn out • Expressed emotion: rappresenta l’emotività espressa nei confronti del paziente con disturbi mentali gravi o High EE: criticismo, ostilità, eccessivo coinvolgimento emotivo: ha uno sviluppo negativo o Low EE: comprensione empatica, commenti positivi: ha uno sviluppo positivo • Strategie di coping: sono strategie messe in atto dall’individuo o Problem oriented coping: richiesta d’aiuto, coinvolgimento sociale, mantenimento di interessi sociali, richiesta di informazioni o Emotion focused: coercizione, evitamento, rassegnazione e ricerca di aiuto spirituale • Modello stress‐vulnerabilità o Vulnerabilità genetica o Fattori stressanti ambientali che superano la soglia biopsicosociale Interventi familiari • Terapia sistemico‐familiare o Si utilizza per disturbi psicotici, del comportamento alimentare ed ansioso‐depressivi o Teoria multigenerazionale: è il sistema famiglia ad essere disfunzionante o È utile modificare i rapporti ed i comportamenti all’interno del sistema • Counseling familiare o Dura 4‐5 sedute o È problem‐oriented, richiede un operatore psichiatrico • Interventi di auto‐mutuo‐soccorso: sono interventi, soprattutto in corso di disturbi ansioso‐depressivi, di gruppo, sviluppati per fornire informazioni ed aiuto ai familari per superare il senso di solitudine ed incapacità 136 Scaricato da www.sunhope.it
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Interventi di supporto: sono di gruppo per familiari od amici e forniscono informazioni per disturbi mentali gravi Interventi psicoeducativi familiari: sono interventi di sostegno, soprattutto per pazienti depressi, ad orientamento psicologico o cognitivo‐comportamentale, basati su di un approccio biopsicosociale per la cura di disturbi mentali gravi. Hanno la massima efficacia Caratteristiche generali • Obiettivi o Aumentare le abilità individuali per affrontare le situazioni stressanti o Aumentare le abilità del nucleo familiare ad affrontare situazioni difficili o Riequilibrare gli aspetti biologici (aumento adesione al trattamento farmacologico) o Aumentare i punti di forza familiari e sociali o Diminuire gli eventi stressanti o Diminuire le ospedalizzazione o Aumentare la qualità di vita e sociale, diminuendo il carico familiare e potenziando le strategie di coping • Differenze tra i vari approcci o Durata: da 1‐4 sedute ad anni o Uni‐ o multi‐ familiare o Setting ambulatoriale o domiciliare o Tipo di operatore o Coinvolgimento o meno del paziente • Punti in comune o Aderenza al modello stress‐vulnerabilità o Informazioni su natura, decorso e terapia dei disturbi mentali o Strategie per affrontare problemi pratici e per migliorare le capacità familiari ad affrontarli o Aumento delle abilità di comunicazione o Sviluppo di interessi e di reti sociali • Fasi dell’intervento o Aggancio del nucleo familiare e spiegazione della malattia o Valutazione individuale: interessi, risorse umane familiari o Definizione di obiettivi o Valutazione familiare di comunicazione e capacità di problem solving o Sedute informative su malattia, farmaci, prevenzione di ricadute e del rischio di suicidio o Sedute sulle abilità di comunicazione o Sedute sulle abilità di problem solving: definizione delle problematiche, approcci possibili etc. Raffaele Vanacore Grazie a Pietro Paolo Vitiello per gli appunti 137 Scaricato da www.sunhope.it