Presentazione di PowerPoint - Gruppo di Ricerca Geriatrica

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GRG, 5 agosto 2005
“Cancro della mammella?”
Renzo ROZZINI
Ogni anno, circa il 50% dei nuovi casi del tumore della mammella
si manifesta nelle donne di età ≥ 65 anni.
In Italia le neoplasie maligne della mammella sono circa
25 000 casi per anno e rappresentano con il 18% la prima causa di
morte per tumore nella donna.
Il rischio di sviluppare un carcinoma della mammella è molto
superiore a quello di morire a causa della sua insorgenza: il 6,5%
delle donne di età ≥ 65 anni sviluppa il tumore, ma solo l’1,5%
muore per questo motivo.
L’incidenza della neoplasia aumenta fino agli 80 anni, rimane
costante tra gli 80 e gli 85 e poi decresce. Tuttavia, il declino che
si osserva dopo gli 85 anni è difficile da interpretare ed è
possibile che sia l’espressione dell’inadeguatezza dei dati
epidemiologici.
Il carcinoma della mammella viene classificato come non invasivo (in situ) o
invasivo (infiltrante). Generalmente, si ritiene che i carcinomi non invasivi
siano i precursori delle forme invasive.
Il carcinoma intraduttale (carcinoma duttale in situ) è la forma non invasiva
più frequente nelle donne anziane. Solitamente è multicentrico e in ≤ 20%
dei casi va incontro a recidiva locale dopo la mastectomia parziale. I
linfonodi ascellari sono interessati in < 2% dei casi.
Il carcinoma lobulare in situ, che spesso è multicentrico e colpisce entrambe
le mammelle, è un evento raro dopo la menopausa.
Tra i carcinomi invasivi, la forma duttale è quella più comune nelle donne di
tutte le età, comprendendo circa il 70% di tutti i casi.
L’incidenza del carcinoma mucinoso (colloide), un tumore a crescita lenta
tipico delle donne anziane, aumenta con l’età.
Talvolta, i tumori mammari vengono scoperti solo dopo che le loro
localizzazioni metastatiche hanno causato fratture ossee, alterazioni
neurologiche, ipercalcemia, insufficienza epatica o ascite.
Quando si individua una neoplasia all’esame obiettivo, bisogna eseguire una
mammografia bilaterale per escludere la presenza di lesioni occulte.
Anche un reperto mammografico apparentemente benigno impone una
valutazione più approfondita, in genere mediante l’agoaspirato. Questa
procedura semplice e sicura, che ha una sensibilità del 94%, permette il
prelievo e l’esame citologico del liquido cistico ed è estremamente utile per
la pianificazione del trattamento definitivo del carcinoma mammario. Se
l’aspirato con ago sottile risulta positivo, la diagnosi è certa; un risultato
negativo in genere va integrato con l’esecuzione di una biopsia a cielo
aperto.
Il carcinoma della mammella metastatizza frequentemente alle ossa e può
causare fratture patologiche, specialmente nelle donne con osteoporosi. Le
metastasi ossee possono causare anche un’ipercalcemia molto marcata, che
può costituire la manifestazione di esordio della malattia, per lo più nelle
donne immobilizzate a letto.
Il tumore metastatizza spesso anche al cervello, ai polmoni e al fegato.
Uno screening appropriato riduce del 25-30% la mortalità per
carcinoma mammario nelle donne di età compresa tra i 50 e i
75 anni.
È possibile che anche le donne > 75 anni traggano beneficio da
uno screening regolare, ma non se ne hanno ancora prove certe.
Poco meno del 50% delle donne di età ≥ 65 anni non ha mai
eseguito una mammografia e la percentuale delle donne che si
sottopongono all’esame con regolarità è ancora più bassa.
La partecipazione delle donne anziane ai programmi di screening
dipende prevalentemente dalla capacità di sensibilizzazione dei
loro medici di famiglia, che si trovano nella posizione migliore
per identificare le pazienti a rischio e aiutarle a superare gli
eventuali ostacoli socioeconomici, culturali ed educativi.
Prognosi
Non è chiaro se il carcinoma della mammella, nelle donne di età > 65 anni,
abbia lo stesso decorso clinico osservato nelle donne più giovani o ne
abbia uno più lento. I carcinomi mucinosi puri, tubulari puri, midollari puri
e papilliferi puri sono associati a una sopravvivenza più prolungata,
rispetto a tutti gli altri tipi di carcinoma intraduttale.
I tumori rinvenuti nelle donne anziane hanno più probabilità di essere ben
differenziati. Le metastasi epatiche, cerebrali e linfangitiche pericolose
per la vita sono meno frequenti.
In aggiunta, le probabilità che la neoplasia sia ricca di recettori ormonali
aumentano parallelamente all’età della paziente, il che costituisce un
segno prognostico favorevole.
Le recidive locali e regionali sembrano diminuire con l’età. Tuttavia, al
momento della diagnosi, le donne anziane, spesso, hanno una malattia
più avanzata e meno probabilmente asintomatica.
La sopravvivenza relativa, per ogni singolo stadio, è simile a quella delle
pazienti più giovani ed è peggiore nelle donne di età > 85 anni.
La prognosi dipende dallo stadio della malattia e, all’interno di
ciascuno stadio, da fattori differenti.
Quando non si istituisce una terapia adiuvante sistemica, il tasso di
recidiva a 10 anni è del 24% nelle pazienti con linfonodi negativi e del
76% nelle pazienti con linfonodi positivi. Di conseguenza, la
dissezione dei linfonodi ascellari è divenuta parte integrante della
stadiazione del carcinoma mammario invasivo per i tumori di
dimensioni > 1 cm, dato che le lesioni di dimensioni inferiori hanno
un rischio < 10% di avere metastasi linfonodali. Tuttavia,
particolarmente quando viene seguita dalla radioterapia, la
dissezione dei linfonodi ascellari è associata con la presenza di una
morbilità cronica significativa 1 anno dopo l’intervento; i quadri
comprendono il linfedema, la riduzione della forza di prensione, la
limitazione dell’escursione articolare della spalla, la rigidità, il dolore
o l’intorpidimento della spalla o del braccio e l’aumento della
suscettibilità alla cellulite.
Nelle donne con malattia in stadio I o II, il fattore prognostico più
importante è rappresentato dal numero dei linfonodi ascellari con
ripetizione tumorale.
A 10 anni dalla diagnosi, il 60-70% delle donne con interessamento di 13 linfonodi sopravvive ed è libero da malattia, in confronto appena al 1525% delle donne con interessamento di otto o più linfonodi.
Tuttavia, il 25-33% delle pazienti con carcinoma mammario senza
interessamento linfonodale va incontro a recidiva. In queste donne, la
terapia adiuvante sistemica può migliorare la prognosi. Il problema consiste
nel fatto che molte donne vengono sottoposte inutilmente al trattamento e
ai suoi effetti sfavorevoli, perché non c’è modo di distinguere chiaramente
le pazienti ad alto rischio di recidiva da quelle a basso rischio.
Gli indicatori prognostici conosciuti, per le neoplasie senza interessamento
linfonodale, sono le dimensioni del tumore primitivo, l’assenza di recettori
per gli estrogeni e per il progesterone e il grado istologico e nucleare
elevato (cioè la scarsa differenziazione). L’inibitore dell’attivatore del
plasminogeno di tipo 1 (Plasminogen Activator Inhibitor type 1, PAI-1) è un
nuovo marcatore che può essere indicativo di una miglior sopravvivenza
complessiva e libera da malattia.
Nella malattia in stadio III, i fattori prognostici sfavorevoli
comprendono l’edema, l’ulcerazione, l’aderenza alla parete
toracica e il carcinoma mammario infiammatorio.
Nella malattia in stadio IV, la prognosi varia notevolmente in
rapporto alla localizzazione delle metastasi: la sopravvivenza
media è di 3-6 mesi se la paziente ha metastasi epatiche o
linfangitiche polmonari, di 24 mesi se ha metastasi polmonari
nodulari o versamenti pleurici e > 5 anni con metastasi limitate alle
ossa.
Terapia: La terapia dipende dallo stadio della malattia, dalle
condizioni generali e dalle preferenze dell’anziana. La debolezza
costituzionale, con patologie concomitanti gravi e la demenza
possono rendere inappropriato un trattamento aggressivo. In tali
casi, è possibile che la terapia palliativa rappresenti un’opzione
migliore.
Le modalità terapeutiche locali includono la mastectomia parziale
(tumorectomia) o totale, la dissezione dei linfonodi ascellari e la
radioterapia esterna.
La biopsia del linfonodo sentinella (il primo linfonodo sulla via di
drenaggio del tumore) può ridurre la necessità della dissezione dei
linfonodi ascellari. Quando la procedura viene eseguita da chirurghi
esperti, il linfonodo sentinella viene identificato in > 90% delle
pazienti, il valore predittivo positivo è quasi del 100% e il valore
predittivo negativo è del 95%.
Il trattamento sistemico comprende la terapia ormonale e la
chemioterapia citotossica.
Carcinoma mammario in stadio 0: indipendentemente dalle
dimensioni, il 98% dei carcinomi duttali in situ guarisce con la
mastectomia parziale o totale associata alla radioterapia. La
dissezione ascellare e la chemioterapia adiuvante sistemica non
sono necessarie.
Carcinoma mammario in stadio I e II: il trattamento del
carcinoma mammario localizzato comprende la terapia locale e
quella sistemica (adiuvante). La terapia locale prevede la
mastectomia parziale o totale e la dissezione dei linfonodi ascellari.
La mastectomia parziale o totale può essere eseguita in anestesia
locale, con rischi trascurabili anche per le donne di età ≥ 90 anni.
Per prevenire la recidiva locale della neoplasia, generalmente si fa
seguire alla mastectomia parziale la radioterapia postoperatoria.
La scelta del tipo di intervento viene lasciata alla paziente. La
mastectomia parziale può essere preferibile dal punto di vista
dell’immagine corporea e dell’attrattiva sessuale, ma la radioterapia
adiuvante postoperatoria può essere scomoda (va somministrata per
5 giorni alla sett., per 7 sett.) e costosa. In aggiunta, i benefici e i rischi
della radioterapia postoperatoria non sono del tutto chiari, nelle donne
anziane. La radioterapia può prevenire le recidive locali, ma non si sa
se abbia effetto sulla sopravvivenza. Nelle donne anziane, in ogni caso,
le recidive locali sono meno probabili. La terapia radiante può
provocare tossicità mammaria, ustioni cutanee, irritazioni e
complicanze cardiache o polmonari.
Dopo la mastectomia, la maggior parte delle donne anziane preferisce
ricorrere alla protesi esterna, piuttosto che alla ricostruzione del seno.
Le ragioni di questa scelta comprendono la preoccupazione legata alla
maggiore durata dell’anestesia e il timore di un aumento del rischio di
complicanze. Tuttavia, l’età non rappresenta una controindicazione alla
ricostruzione. In Germania è in via di sperimentazione un nuovo tipo di
protesi, che aderisce alla parete toracica e non richiede l’uso di un
reggiseno imbottito (e, di conseguenza, è più confortevole).
Kaplan-Meier Estimates of Survival after Radical Mastectomy or Breast-Conserving Therapy
Veronesi, U. et al. N Engl J Med 2002;347:1227-1232
Kaplan-Meier Estimates of Survival after Radical Mastectomy or Breast-Conserving Therapy,
According to the Size of the Primary Carcinoma
Veronesi, U. et al. N Engl J Med 2002;347:1227-1232
La terapia adiuvante sistemica è raccomandata per le donne affette
da carcinoma mammario invasivo e interessamento dei linfonodi
ascellari, da carcinoma invasivo duttale o lobulare con diametro
principale ≥ 1 cm o, se i reperti istologici sono favorevoli, da
carcinoma invasivo con diametro principale ≥ 3 cm, a causa
dell’alto rischio di recidiva dopo la terapia locale.
Il tamoxifene prolunga sia la sopravvivenza libera da malattia sia la
sopravvivenza complessiva nelle pazienti in post-menopausa,
anche quelle di età ≥ 70 anni e quelle senza interessamento
tumorale dei linfonodi regionali. Nelle donne di età ≥ 70 anni, il
tasso di recidiva è ridotto dal 42 al 25%.
La prosecuzione della terapia con tamoxifene per più di 5 anni non
offre alcun vantaggio aggiuntivo.
Le donne affette da neoplasie prive di recettori per gli estrogeni
(Estrogen Receptor-negative, ER 1) generalmente non traggono
giovamento dal tamoxifene. Il farmaco ha un effetto simile sulla
riduzione dell’incidenza del carcinoma della mammella controlaterale,
sia nelle donne con neoplasie ER 1 sia in quelle con neoplasie ER+.
La terapia primaria con tamoxifene dei carcinomi localizzati è
raccomandata solo per le donne che non possono o non devono
essere sottoposte all’intervento chirurgico.
Dopo il trattamento, le pazienti con tumori in stadio I o II devono
essere ricontrollate ogni 3-6 mesi per i primi 3 anni, ogni 6 mesi per i
successivi 2 anni e, in seguito, annualmente. Queste donne rischiano
sia l’insorgenza di una nuova neoplasia, sia la recidiva di quella
originaria. Oltre all’esame obiettivo generale, le pazienti devono
essere sottoposte ogni anno alla visita senologica e alla
mammografia. L’esecuzione di indagini laboratoristiche e
radiologiche aggiuntive non migliora la sopravvivenza, né accorcia i
tempi del riconoscimento di un’eventuale recidiva.
Carcinoma mammario in stadio III: i carcinomi localmente
avanzati vengono trattati meglio con l’associazione tra la terapia
sistemica e quella locale. Il primo passo è rappresentato dalla
terapia sistemica preoperatoria con regimi chemioterapici a base di
doxorubicina o mitoxantrone. Una volta che le dimensioni del
tumore si siano adeguatamente ridotte, si può utilizzare la
mastectomia parziale o totale, la radioterapia o entrambe. A 5 anni
dal trattamento, circa il 50% delle pazienti sopravvive e risulta
libero da malattia. Nei carcinomi localmente avanzati, non è chiaro
se la chemioterapia adiuvante e la terapia ormonale, somministrate
dopo la chemioterapia preoperatoria e la terapia regionale,
riducano ulteriormente il tasso di recidiva o prolunghino la
sopravvivenza. Nel caso del carcinoma mammario infiammatorio,
la terapia ormonale da sola è efficace raramente; è consigliabile
che venga associata con la chemioterapia
Carcinoma mammario in stadio IV: la terapia ormonale
rappresenta il trattamento migliore per le donne di età ≥ 65 anni
che hanno tumori ER+ o tumori il cui corredo recettoriale è
sconosciuto, un lungo intervallo libero da malattia o metastasi
esclusivamente ossee. Gli antiestrogeni sono i farmaci di prima
linea, seguiti dagli inibitori dell’aromatasi e dai progestinici. La
maggior parte dei medici preferisce il tamoxifene come terapia
ormonale iniziale e ricorre ad altri farmaci se la malattia
progredisce o se insorgono complicanze con il farmaco. In circa il
15% delle pazienti con metastasi ossee, il tamoxifene provoca
un’esplosione tumorale che causa ipercalcemia. Questa
complicanza transitoria può essere trattata con l’infusione di liquidi
e furosemide EV e non richiede la sospensione del farmaco.
Talvolta, le pazienti rispondono a una seconda terapia ormonale,
dopo che la prima è divenuta inefficace.
Le fratture patologiche delle ossa lunghe possono
essere prevenute mediante il fissaggio ortopedico
preventivo delle metastasi osteolitiche. Le pazienti
affette da lesioni litiche vanno incontro a
complicanze scheletriche (p. es., fratture
patologiche, compressioni midollari, ipercalcemia)
meno spesso e più tardivamente, durante il decorso
della malattia, quando viene loro somministrato il
pamidronato EV una volta al mese. Il dolore osseo
può essere trattato con la radioterapia locale, con il
pamidronato e con lo stronzio 89. Le metastasi
cerebrali vengono trattate con i corticosteroidi e
con la terapia radiante.
AB, 79aa, F
Viene ricoverata per caduta a terra con
trauma cranico (29-5).
Vive al proprio domicilio (1° piano con
ascensore) in condizioni di sostanziale
autosufficienza e integrità cognitiva.
Cinque figli viventi (una figlia abita
nell’appartamento di fianco).
Benestante
-Scolarità superiore
-Lavoro prevalente: imprenditrice
(zootecnia)(fino all’età di 77aa)
-Fumo: 15 sigarette/die
-Non perdita di peso negli ultimi 6 mesi
-Alvo: stipsi
-Saltuaria incontinenza da stress (recente
peggioramento)
1° Ricovero Geriatria (1997)
Flebite superficiale safena III° inferiore gamba dx in
esiti di recente crossectomia safenica dx per
tromboflebite
Esiti di recente mastectomia totale sx e svuotamento
cavo ascellare omolaterale per neoplasia (1997)
Ipertensione arteriosa II WHO
2° ricovero Geriatria (1999)
Ernia discale L3-L4 e protrusione discale L4-L5
Esiti di mastectomia totale sx e svuotamento cavo ascellare
omolaterale per neoplasia (1997)
Ipertensione arteriosa stadio 1 gruppo di rischio B sec i criteri
JNC VI
Dislipidemia (ipercolesterolemia ed ipertrigliceridemia)
Tromboflebite anamnestica safena III° inferiore gamba dx in
esiti di crossectomia safena dx (12/97)
2003
Intervento di stabilizzazione della
colonna con stabilizzatori lombari
(L4-L5)
Da circa due settimane progressiva
ipostenia dell’arto inferiore dx con
limitazione funzionale secondaria
Viene ricoverata per caduta a terra occorsa
al risveglio con fugace perdita di coscienza;
traumatismo cranico non commotivo
Terapia in atto al momento del ricovero:
Lendormin (1 cp alla sera)
Ratacand plus (1 cp al mattino)
OD) (ingresso):
-Trauma cranico non commotivo da caduta a terra secondario a
sincope vaso-vagale;
-Ipostenia arto inferiore dx (DD)
-BPCO; tabagismo.
-Ipertensione arteriosa sistemica
-Artrosi polistazionale
-Esiti di intervento di stabilizzazione rachide lombare (L4-L5) (2003)
-Tromboflebite anamnestica safena III° inferiore gamba dx in esiti di
crossectomia safena dx (12/97)
-Esiti di mastectomia sinistra (+PKT) (1997)
Peso corporeo (ingresso): 63.9 Kg
PA (ingresso):
EAB AA:
140/90 mmHg
pH 7.49
PO2 76
PCO2 28
Esami di laboratorio: ingr.
Emocromo
WBC (5-10)
RBC (4.2-5.4)
HCT (37.0-47.0)
HGB (12.0-16.0)
MCV (82.0-97.0)
MCH (27.0-33.0)
PLT (130-450)
Formula leucocitaria
Neutrofili (40-70)
Linfociti (19-44)
Monociti (2-8)
Eosinofili (0-4)
Basofili (0-1)
VES (fino a 14)
PCR (0-0.5)
Urea (19-45)
Creatininemia (0.8-1.5)
Na (136-150)
K (3.5-5.0)
Glicemia (65-105)
Colesterolo (120-220)
Esame urine
PS (1010-1030)
pH (5.0-7.0)
leucociti (assenti)
batteri (assenti)
dim.
9.3
4.07
41.5
13.8
102.0
33.9
202
10.4
3.6
37.2
12.8
100.6
34.5
210
103/mmc
106/mmc
%
g / dl
Fl
Pg
103/mmc
75.3
16.1
6.4
1.1
1.1
29
4.2
36
0.75
142
4.2
93
297
51.5
39.3
7
1.7
0.5
6
0.1
29
0.97
138
3.9
89
296
%
%
%
%
%
Mm
mg/dl
mg/dl
mg/dl
mmol/l
mmol/l
mg/dl
mg/dl
1018
5.0
Rari
+++
Prot. totali (6.3-8.2)
albumina (55-68)
α1 (1.5-5)
α2 (6-12)
β (7-14)
γ (11-21)
AST (5-48)
ALT (7-56)
ALP (100-240)
γ-GT (5-30)
Bil totale (0.2-1.3)
PT (70-120)
INR (0.9-1.25)
PTT (26-36)
LDH (240-480)
FT3 (2.3-4.2)
FT4 (1.0-1.8)
TSH (0.3-4.2)
CA125 (0-35)
CA15 3 (<30)
ingr.
dim.
6.5
48.6
3.5
19.0
16.0
12.9
21
20
191
27
2.8
118.1
0.91
23.1
509
1.88
1.08
5.95
30.0
28.24
5.8
%
g/dl
%
%
%
%
26
UI/l
60
UI/l
223 UI/l
41
UI/l
0.7
mg/dl
113.7 %
0.94
24.4 Sec
577 UI/l
pg/ml
ng/dl
UUI/ml
U/ml
U/ml
ECG (PS): Rs, fc 78 bpm.
RX TORACE (PS): Discreta espansione polmonare con modico rinforzo
del disegno bronco-vasale. Circoscritto sfumato addensamento
parenchimale a limitante inferiore scissurale in corrispondenza del
settore ascellare del segmento anteriore del lobo superiore di dx. Non
lesioni parenchimali in attività a sin. Seni costofrenici liberi. Cuore e
grossi vasi nei limiti di norma.
RX RACHIDE CERVICALE (PS): non fratture.
RX RACHIDE LOMBARE (PS): instabilità L3-L4. Non fratture evidenti.
ECO ADDOME (PS):
Controllo post-traumatico. Non versamenti addominali.
Nei limiti fegato, colecisti, vie biliari, regione pancreatica e
la milza. Reni per quanto analizzabili nei limiti senza
ostruzioni né degenerazioni né calcoli. Vescica poco
distesa senza lesioni. Non masse pelviche. Aorta con
iniziale dilatazione sottorenale con asse massimo di 2,5
cm. Grossolane calcificazioni diffuse della parete aortica.
Nei limiti la cava. Non versamenti pleurici né addominali.
TC ENCEFALO (PS): Rispetto al precedente esame TC
eseguito nel 2002 comparsa di lesione con carattere
espansivo a livello della regione della pineale. La
lesione che contiene le calcificazioni pre-esistenti ha un
diametro di 12 mm ed apparentemente determina
dilatazione tetra-ventricolare con marcata ipodensità
periventricolare bilaterale. I solchi della convessità sono
lievemente appiattiti, ma ancora visibili.
D) Ipotiroidismo subclinico
30-5: insonnia; non dolori localizzati;
Work-p diagnostico (Eco Collo)
31-5: notte ripostata; eseguita TC torace
1-6: condizioni stazionarie (EMG; RMN
colonna; RM encefalo)
EMG ARTO INFERIORE DX: Reperti EMG e ENG
indicativi di sofferenza neurogena nella muscolatura
indagata dipendente da L5-S1.
Ecografia collo: Tiroide piuttosto piccola specie a
sinistra con struttura pseudonodulare e con alcuni
noduli, uno ipoanecogeno in sede istmica, l’altro
isoecogeno di 15 mm al lobo destro, compatibili con
noduli di iperplasia. Conservati i contorni tiroidei.
Non macroadenopatie.
RMN RACHIDE LOMBARE: L’esame è tecnicamente limitato dalla
presenza dei fissatori metallici. Quadro di osteocondrosi evoluta in
L3-L4 ed L2-L3 con discreta protrusione intraspinale dei dischi. Il
reperto si associa anche a patologia degenerativa articolare
interapofisaria di discreta entità.
L’esame, esteso anche al rachide dorsale, non ha evidenziato
segni che possano essere riferiti a localizzazioni metastatiche
vertebrali.
RMN ENCEFALO: L’esame conferma la presenza di lesione a
contorni netti del diametro di 11-12 mm in corrispondenza della
regione della pineale con appoggio sul tetto mesencefalico e
compressione dei tubercoli quadrigemini superiori. L’acquedotto
sembrerebbe ancora pervio anche se con effetto compressivo da
parte della lesione descritta. Si conferma la dilatazione dei
ventricoli laterali ed i segni di riassorbimento trans-ependimale del
liquor. Lesioni di tipo vascolare a livello capsulare bilaterale.
2-6:
Capogiro, nausea e vomito; terapia
sintomatica
TC TORACE: Esiti di mastectomia sinistra e di vuotamento linfonodale ascellare
omolaterale. In sede mammaria destra si riconosce una formazione sottoareolare
tondeggiante di circa 12 mm di diametro costituita da una parete periferica
piuttosto spessa e da un nucleo centrale ipodenso. La formazione è connessa da
tralci fibrotici esoretto al capezzolo di destra ed è circondata in profondità da una
piccola zona edematosa. Qualora non noto, il reperto è meritevole di ulteriori
indagini. Polmoni normoespansi, modicamente asimmetrici per lieve perdita di
volume dei settori craniali del destro. Nel polmone destro si evidenziano
alterazioni di due tipi: nel lobo superiore è riconoscibile un netto ispessimento
irregolare dell’interstizio peri-bronco-vasale e centro-lobulare, associato ad
alcuni noduli interstiziali. I reperti sono compatibili con un impegno dei linfatici
polmonari (tipo linfangite). Nei settori mediali del segmento apicale del lobo
polmonare inferiore destro è presente una lesione irregolarmente ovalare, di
circa 3.3x2 cm sul piano assiale e di circa 2 cm sull’asse cranio-caudale, con
margini speculati a densità solida e disomogenea; altre zone di consolidamento
parenchimale, più estese, sono riconoscibili infero-lateralmente alla lesione
descritta e, con l’aspetto di una sottile banda di consolidamento del parenchima
sub-pleurico, nel seno costofrenico laterale; alle lesioni si associa una piccola
falda di versamento pleurico declive. Nel polmone sinistro si evidenzia un
modesto e diffuso ispessimento dell’interstizio.
TC TORACE (continua): Bilateralmente sono infine presenti alcuni
noduli a diffusione ubiquitaria, fortemente sospetti per la natura
secondaria. Le alterazioni descritte sono di complessa
interpretazione, potendo essere dovute all’associazione di una
linfangite legata alla malattia mammaria di base con una lesione
polmonare di possibile natura primitiva.
I noduli intraparenchimali bilaterali sono verosimilmente di natura
secondaria e potrebbero essere legati ad una o ad entrambe le
lesioni. In ambito mediastinico, regolari il cuore, i vasi polmonari,
l’aorta toracica e la vena cava superiore. Grossolana linfoadenopatia
ad elementi confluenti nella finestra aorto-polmonare ed ad elementi
distinti nella loggia inter-tracheo-cavale ed in sede sottocarenale.
Liberi i cavi ascellari. Nelle immagini documentate con finestra per
strutture scheletriche non si riconoscono grossolane alterazioni
osteostrutturali dello scheletro toracico.
TC ADDOME-PELVI: Regolari il fegato, la colecisti, il calibro delle
vie biliari intra ed extra-epatiche e del coledoco, la milza, il
pancreas, i surreni, i reni e gli ureteri. Pervi il sistema venoso
spleno-mesenterico-portale e la vena cava inferiore. Aorta
scoliotica e con placche nel tratto sottorenale e piccola estasia
fusiforme con sottile trombo parietale semilunare sul lato dx
immediatamente al di sopra della biforcazione. Alcuni linfonodi di
dimensioni nella norma, ma in numero aumentato a ridosso del
peduncolo epatico e nel legamento gastro-epatico. Non altre
linfoadenopatie né versamento libero nei recessi peritoneali
superiori. In ambito pelvico, utero di dimensioni normali con
cavità endometriale più visibile che di norma. Non tumescenze
annessiali. Regolari vescica e mesoretto. Non versamento libero
nel Douglas. Non macrolinfoadenopatie pelviche od inguinali.
2-6
OD) Linfangite carcinomatosa del polmone dx
Neoplalasia del lobo inferiore del polmone dx
Verosimili lesioni metastatiche al polmone sin
Nodulo mammario dd
Idrocefalo ostruttivo
3-6
Notte riposata; mobilizzata in sedia.
Persiste capogiro
EAB: PH 7.49 PO2: 76 PCO2: 28
Parere oncologico: utile ecografia della
mammella+agoaspirato (non
indicazioni ad esame broncoscopico)
ECO MAMMELLA (3-6): Completamento di recente
TAC per valutazione regione retro-areolare
mammella destra.
Al controllo clinico-ecografico non si apprezzano
lesioni focali. Utile mammografia panoramica.
4/6-6
Incontinenza doppia
In sedia la paziente non riesce a mantenere
la posizione seduta per capogiro; nausea
Consulenza NCH
VISITA NCH (6-6): Pz con quadro di idrocefalo
triventricolare da ostruzione dell’acquedotto da
lesione espansiva della regione pineale. In
considerazione dell’età della paziente e della
situazione patologica sistematica si ritiene
eccessivamente rischioso il trattamento
chirurgico della neoplasia. Indicato, invece,
trattamento dell’idrocefalo con endoscopia e
solo in seconda battuta DVP
Consulenza anestesiologica: (ASA 4: rischio
notevolmente aumentato) e colloquio con i
familiari
Eco collo: noduli di iperplasia tiroidea
MAMMOGRAFIA (7-6): Esiti di mastectomia sinistra.
L’esame radiologico di controllo delle mammella destra
evidenza un corpo ghiandolare chiaro in involuzione
adiposa caratterizzato da minime note displasiche a
prevalente carattere fibroso in sede retroareolare ove si
rileva un maggior addensamento dello struma
ghiandolare con lieve ectasia duttale. Minimo
ispessimento della cute e del sottocute.
8-6
Si informa la paziente dei rischi del trattamento
endoscopico dell’idrocefalo
(profilassi pre-operatoria: Bactrim 2 fl ev;
Targosid 400mg: 1 fiala)
Valutazione Mammografia con Ecografista che
non pone indicazione a biopsia;
Da riconsiderare indicazione a esame
Broncoscopico
9-6
Sottoposta a intervento di terzoventricolocisternostomia con tecnica endoscopica
Nel pomeriggio consulenza NCH (pz sveglia,
orientata, collaborante, pupille isocoriche,
reagenti; visus conservato. Non segni di lato.
Domani TC encefalo controllo. Domani potrà
alimentarsi con dieta libera ed essere
mobilizzata.
Controllo frequente stato di coscienza.
Inserzione di un peel away sorta di cannula plastica che costituisce il
corridoio attraverso il quale si inserisce l'endoscopio.
Puntando l'endoscopio flessibile posteriormente si nota l'acquedotto
stenotico sormontato dalla commissura posteriore e subito dietro dalla
commissura abenulare
Nell'immagine a dx vien rigonfiato il palloncino di Fogarty
Nel pomeriggio controllo NCH: modesta cefalea;
non modificazioni neurologiche; può mettersi
sul fianco
10-6
NCH: si prende visione di TC Encefalo: modesto
pneumoencefalo frontale compatibile con
intervento; migliorata la cefalea
Può essere mobilizzata; da domani possibile la
deambulazione
Benessere, stranguria, incontinenza urinaria
Oncologia: utile valutare con ecografista
operativo la possibilità di agoaspirato
transtoracico della lesione polmonare dx
11-6
Notte ripiosata. Instabilità posturale ed
incontinenza urinaria
NCH: riferisce piccolo miglioramento del
controllo sfinterico; non cefalea; può
deambulare.
Non controindicazione a profilassi
antitrombotica.
12-6
Migliorato il controllo degli sfinteri
Eco polmone: non ben identificabile la
lesione del lobo inferiore dx
Si richiede broncoscopia
13-6
Capogiro, nausea.
Nistagmo. Levobren (1 fiala)
Capogiro e sonnolenza
BRONCOSCOPIA
Corde vocali in asse mobili. Non lesioni in trachea.
Carena principale affilata e mobile. Non lesioni visibili
a sinistra. A destra substenosi da compressione dei
rami subsegmentari dell’apicale dell’inferiore, senaz
alterazioni mucose. Si eseguono spazzolato e
broncolavaggio. Lo sperone di divisione tra i rami
posteriori ed apicale del superiore appare allargato
con mucosa finemente irregolare. Si eseguono
biopsie.
TC ENCEFALO (16-6-2005) Marcata leucomalacia
periventricolare diffusa con segni di ipoafflusso
cronico al centro semiovale di entrambi i lati.
Ventricoli normali. Solchi della convessità normali
Visita NCH 18.6.2005: Si rivaluta la paziente operata in
data 9.06.2005 di terzo-ventricolo-cisterno-stomia per
idrocefalo ostruttivo. Riferisce sindrome vertiginosa. TC
encefalo 16.06: segni di ipoafflusso cronico in assenza di
ulteriore dilatazione delle camere ventricolari. Soggettivo
miglioramento della continenza urinaria rispetto al
preoperatorio. Non problematiche neurochirurgiche postoperatorie.
Esame citologico da broncolavaggio:
positivo per la presenza di cellule neoplastiche
maligne; il reperto depone per la presenza di un
carcinoma ghiandolare del quale non è possibile
escludere l’origine secondaria
ESAME ISTOLOGICO di bal e brushing: Due minuti frammenti
brunastri costituiti da mucosa bronchiale nel cui stroma si
riscontrano numerosi elementi epiteliofomi anisomacrocariotici che
spesso presentano un ampio citoplasma microvacuolato, risultati
positivi alle colorazioni immunoistochimiche per la citocheratina 7
ed il TTF1. Tali reperti depongono pertanto per la presenza di una
lesione primitiva del polmone.
Diagnosi: localizzazione di adenocarcinoma.
VISITA ONCOLOGICA
Si consiglia terapia di supporto.
Diagnosi di dimissione (19-6)(LOS 20gg):
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Adenocarcinoma del lobo inferiore dx con diffusione bilaterale
ubiquitaria e linfonodale mediastinica; BPCO; tabagismo.
Idrocefalo triventricolare per ostruzione dell’acquedotto da lesione
espansiva della regione pineale (eseguito intervento NCH di terzoventricolo-citerno-stomia per via endoscopica)
Trauma cranico non commotivo da caduta a terra; monoparesi arto
inferiore destro da sofferenza neurogena della muscolatura
dell’arto dipendente da L5-S1
Ipertensione arteriosa sistemica (grado 1 rischio aggiuntivo
moderato)
Ipotiroidismo subclinico
IVU
Artrosi polistazionale
Esiti di mastectomia sinistra (+PKT) (1997)
Esiti di intervento di stabilizzazione rachide lombare (2003)
ASSESSMENT GERIATRICO
Ingresso
Dimissione
Cognitività
Disturbo dell’umore
(BADL)(Barthel Index)
(IADL) (n. funzioni perse)
(MMSE)
(GDS)
45/100
2/8
28/30
0/15
65/100
2/8
TERAPIA FARMACOLOGICA IN ATTO ALLA DIMISSIONE
Nome commerciale
posologia
Orario
Medrol 16 mg
Tachipirina 1000
½c
1c
Ore 8
Al bisogno
Ratacand plus
Cardioaspirin 100
Motilium
Levobren
Lendormin
Fosamax 70
Antra 20
1c
1c
1cx3
10 gtt x 2
1c
1 c/w
1c
Ore 8
Ore 13
Ore 8, 11 e 19
Ore 8 – 20
Ore 20
Ore 8 (al lunedì)
Ore 20
La cura del paziente anziano affetto da malattia neoplastica.
Nei pazienti anziani il ricovero in ambiente ospedaliero va valutato con
attenzione perchè spesso provoca importanti complicanze sia di tipo
fisico (infezioni cosiddette “ospedaliere”, cioè provocate da germi
selezionati dagli antibiotici impiegati in ospedale e, quindi molto
resistenti, grave debolezza muscolare legata alla immobilità protratta)
che di tipo psicologico (in particolare sindromi depressive). Queste
complicanze possono insorgere anche nei pazienti giovani, ma negli
anziani si presentano con maggior frequenza e soprattutto con maggior
gravità e con un più lento recupero dopo la dimissione.
Il medico e la famiglia (che spesso erroneamente insiste per ricoverare il
malato anziano) dovrebbero porsi una semplice domanda: “il paziente,
se si ricovera, farà cose diverse e migliori rispetto a quelle che potrebbe
fare in altri modi (Day-Hospital, ambulatorio, assistenza domiciliare)?”.
La risposta è affermativa, e quindi il ricovero è indicato, soltanto, nelle
seguenti 3 situazioni:
1) Somministrazione di chemioterapie intensive che richiedano un
controllo stretto ed immediato delle possibili gravi complicanze (in
genere emorragiche od infettive): l’esempio più tipico è la
chemioterapia iniziale di induzione in un paziente con leucemia acuta.
2) Patologie intercorrenti legate alla malattia neoplastica (ad esempio
una grave infezione) o casualmente associate (ad esempio una patologia
cardiaca) in cui un periodo di ricovero, generalmente di breve durata ed
in un reparto specializzato, può consentire la risoluzione del problema
con maggior sicurezza e prontezza. Un paziente anziano che presenti un
infarto del miocardio va ricoverato in unità coronarica
indipendentemente dalla sua malattia neoplastica.
3) Interventi chirurgici programmabili che migliorino la qualità di vita
senza gravi complicanze. L’esempio più comune negli anziani è
l’intervento per cataratta, che è quasi del tutto esente da rischi e porta
ad un miglioramento immediato ed importante della vista (e della vita di
tutti i giorni)
Il Day-Hospital consente di “ricoverare” il paziente per un periodo di
poche ore o che comunque si concluda nella giornata con ritorno alla
propria abitazione per la notte: ciò consente di effettuare terapie
impegnative per via endovenosa tenendo il paziente sotto controllo per
il tempo necessario, senza tuttavia costringerlo ad allontanarsi dal suo
normale ambiente e stile di vita.
Nei pazienti anziani il Day-Hospital è la modalità ideale di gestione di
tutte le terapie non eseguibili di routine a casa, quali trasfusioni,
chemioterapie, idratazioni.
Inoltre, può essere utilmente impiegato per dimettere precocemente
quei pazienti ricoverati in seguito a gravi complicanze, allorché sia
superata la fase acuta e la complicanza sia in fase di risoluzione: ad
esempio, i pazienti anziani ricoverati con una grave infezione spesso
migliorano rapidamente dopo l’inizio della terapia antibiotica
endovena e possono essere dimessi continuando la somministrazione
della terapia in Day-Hospital
Molte malattie neoplastiche nei pazienti anziani possono essere
gestite in regime ambulatoriale, con esami e visite periodiche. I
pazienti anziani vanno incoraggiati alla gestione ambulatoriale del
loro problema, e questo necessita da parte della struttura e della
famiglia di alcuni accorgimenti:
1) Gli ambienti dedicati all’attività ambulatoriale devono essere
accoglienti, puliti ed ordinati alla stessa stregua del Day-Hospital e dei
reparti di degenza
2) E’ bene che il singolo paziente venga seguito nel suo decorso
sempre dallo stesso piccolo gruppo di medici perché si crei un
rapporto personale e di fiducia, indispensabile a far accettare al
paziente anche i lati spiacevoli della malattia e della terapia.
3) L’essere anziano non significa non essere autonomo. In molti casi
l’anziano può (e deve) venire da solo all’appuntamento ambulatoriale:
questo lo aiuta dal punto di vista psicologico a sentirsi meno “malato”
e meno “di peso” alla famiglia.
4) Il medico ambulatoriale, oltre a preoccuparsi dell’aspetto clinico e
terapeutico, deve sapere incoraggiare il paziente anziano perché faccia
una vita più normale possibile. In alcuni casi questo aspetto psicologico
può diventare più importante di considerazioni puramente cliniche: ad
esempio, in pazienti con ridotte difese immunitarie vanno consigliate
alcune precauzioni, ma è controproducente consigliar loro uno stile di vita
solitario e privo di contatti con altre persone per prevenire possibili
infezioni.
5) La famiglia è parte essenziale di una buona gestione ambulatoriale
nel paziente anziano. Infatti va coinvolta nel controllo dell’assunzione
della terapia a casa da parte del paziente, nel controllo di un’adeguata
alimentazione e di un sufficiente apporto idrico (gli anziani si disidratano
con molta più facilità dei giovani, soprattutto nei mesi caldi), nel
mantenimento della normale attività fisica (l’anziano va incoraggiato ad
uscire e a mantenere nei limiti del possibile le attività preesistenti alla
malattia) e nel sostegno psicologico.
6) Il medico di famiglia, che spesso conosce e segue da anni il paziente
anziano, va sempre contattato e coinvolto nella diagnosi e gestione
ambulatoriale. In particolare, la collaborazione del medico di famiglia è
indispensabile per la gestione di tutte le malattie associate del paziente e
per un eventuale primo intervento a domicilio in caso di complicanze.
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