Martin LUTERO

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Martin LUTERO
MARTIN LUTERO
NOTE BIOGRAFICHE
Martin Lutero (1483-1546) figlio di un minatore divenuto poi imprenditore, studiò a Magdeburgo laureandosi magister artium, si iscrisse poi alla
facoltà giuridica, ma nel 1505 entrò nel convento degli agostiniani di Erfurt. Qui iniziò la sua lettura della Bibbia e degli scritti di Agostino.
Proseguì gli studi filosofici e nel 1507 fu ordinato sacerdote, ma continuò a dedicarsi all’approfondimento degli argomenti teologici. Nel 1508
insegnò l’etica di Aristotele nell’università di Wittenberg, fondata dal principe elettore di Sassonia, Federico il Savio. Nel 1515, divenuto vicario
provinciale dell’ordine e dottore in teologia, assunse la cattedra di esegesi biblica che mantenne fino alla morte.
Il pensiero di Lutero si delineò nei commentari biblici sui Salmi (1513-16) e nelle lezioni sull’epistola ai Romani (1515-16). La sua produzione
letteraria, scritti di edificazione, prediche, epistole, fu caratterizzata dalla polemica contro la teologia scolastica che riteneva Dio e l’uomo in
modo filosofico, considerando la loro essenza metafisica: ciò comprendeva, da un lato l’esaltazione della bontà umana, anche dopo il peccato
originale, e dunque la libertà dell’uomo nel contribuire alla propria salvezza, e dall’altra una tendenza egoistica a vedere in Dio il termine di uno
sforzo intellettuale e morale dell’uomo.
Lutero però seguì il pensiero di Agostino che affermava la pericolosità del libero arbitrio, in quanto l’uomo è corrotto e decaduto, dominato
dall’amore di sé, quando crede di poter avanzare dei meriti davanti a Dio, mentre la salvezza è soltanto opera della grazia. Concetto che è stato
posto in rilievo come dottrina cristiana e non di natura filosofica. Paolo infatti afferma, nella Scrittura, che Dio e l’uomo sono da considerare nella
loro relazione: l’uomo davanti a Dio è peccatore e bisognoso di giustificazione e Dio è, in Cristo, giustificatore e redentore. L’analisi approfondita
e meditata della sacra Scrittura rivelò pensieri più profondi e Lutero, quale attento lettore, vide che giustizia e peccato indicano i due modi di
riconoscimento fra Dio e l’uomo. Il peccato è l’incredulità dell’uomo che non riconoscendosi bisognoso di giustificazione non riconosce Dio
giusto e dunque come suo giustificatore, la giustizia è invece la fede con cui Dio porta l’uomo a confessare il peccato e a confidare nel perdono.
Il centro della teologia cristiana è allora la giustificazione per fede, che, secondo Lutero è vista come essere di Dio per l’uomo e dell’uomo per
Dio, attraverso l’opera di Cristo. Perciò, mentre la legge rivela all’uomo il suo peccato e il castigo di Dio e lo conduce a pensare con superbia di
volersi giustificare adempiendo la legge o ad accusare Dio perché non può adempierla, l’evangelo della croce di Cristo rivela invece la
misericordia di Dio per il peccatore che confida in Lui.
Lutero allora sostenne continuamente che la giustificazione avviene “sola fede, sola gratia, solo Christo, sola Scriptura” e così si realizza “il
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grazioso scambio” fra il peccato dell’uomo e la giustizia di Dio, secondo la parola di Paolo “il giusto vivrà per fede” (Rom. 1:17).
Il centro della teologia di Lutero si definì già prima della disputa sulle indulgenze, ma in ogni passaggio si sentì sempre sostenuto dalla certezza
di essere in conformità alla Scrittura durante tutto il percorso della riforma. Nel 1516 predicò contro il commercio delle indulgenze perché
ritenute adatte solo a far allontanare dalla pena e non a fuggire il peccato, per cui non si confida nel perdono di Dio, ma in un atto espiatore
esteriore. Lutero il 31 ottobre 1517 pubblicò le 95 tesi, considerate l’inizio della riforma, nelle quali denunciò la prassi delle indulgenze, la
dottrina dei meriti, divulgata dalla chiesa, il potere del papa sulle anime del purgatorio. Redatte in latino, furono tradotte in tedesco e diffuse in
tutta la Germania e nell’Europa, suscitando molte polemiche. I domenicani sassoni lo denunciarono per eresia e per oltraggio all’autorità papale.
Nonostante tutte le varie vicissitudini, Lutero continuò a proclamare, attraverso i suoi sermoni, la sola infallibilità della Scrittura e ribadì che le
opere buone non sono quelle che l’uomo compie per redimersi, ma quelle che Dio compie attraverso di lui, dopo averlo giustificato in Cristo.
Nella disputa di Lipsia (1519), Lutero mise in dubbio il carattere divino dell’investitura papale, mentre affermava l’uguaglianza di tutti i credenti e,
denunciando le pratiche della chiesa, sostenne che la critica non costituisce una dottrina, per questo Lutero non fu mai un teologo sistematico,
ma un divulgatore del pensiero evangelico. Egli affermò che la fede aveva la supremazia, pertanto il clero, come casta separata, dotata di
funzioni mistiche, era da abolire perché tutti i cristiani potevano partecipare al sacerdozio, cioè potevano, attraverso la fede, conoscere la sacra
Scrittura.
Abolì l’ordine come sacramento, la messa cattolica mantenne la celebrazione della comunione, cioè dell’ultima cena. Si riconobbero validi solo il
battesimo e l’eucarestia, mentre il servizio religioso divenne un atto comunitario, per tutti i credenti. Famosi gli inni evangelici che Lutero
pubblicò nel 1524, proprio per arricchire in maniera coinvolgente il servizio religioso. Rifiutò anche la dottrina della transustanziazione, secondo
Lutero il pane e il vino non si trasformavano veramente in carne e sangue di Cristo.
Lutero dovette poi affrontare un’altra questione riguardante la libertà dell’uomo nelle sue azioni, nel “De servo arbitrio” (1525) sostenne
l’importanza della sottomissione ai comandamenti divini e l’inefficacia sostanziale delle “opere”, concetti che si rifacevano alla dottrina della
predestinazione, ma Lutero mitigò questo aspetto mettendo in risalto contemporaneamente la grazia salvatrice della rivelazione di Cristo. Nella
Scrittura, che può essere compresa da tutti, si trova la speranza della salvezza, che incoraggia ad avere fede, anche se all’uomo è impossibile
comprendere appieno la volontà ultima di Dio.
Ciò che caratterizzò la vita e le opere di Lutero, pur con tutte le controversie storiche dell’epoca, fu sicuramente il suo continuo confronto con
l’autorità della Scrittura esempio ripreso dalla storia di un altro personaggio, Paolo da Tarso, il quale in una circostanza elogiò gli abitanti di
Berea, perché “ricevettero la Parola con ogni premura, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se le cose stavano così”…”
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