3 Impianti elettrici
•
L’impianto elettrico rappresenta l’esempio classico di un impianto di servizio; diamone una definizione
più dettagliata:
o
•
È un complesso di macchine, apparecchiature, linee di distribuzione, etc etc, tutte caratterizzate
da uno stesso valore di tensione nominale.
La costruzione e la gestione degli impianti elettrici è sottoposta ad una stretta normativa; in Italia l’ente
che si occupa delle emanazione delle regole vigenti e il CEI (comitato elettrotecnico italiano).
o
Il CEI dispone delle norme per la protezione degli impianti e degli utilizzatori, per i materiali, etc;
tali norme devono poi essere contestualizzate.
3.1 Classificazione degli impianti e simbologia CEI
•
La classificazione degli impianti elettrici da parte del CEI si basa sul concetto di tensione nominale VN.
o
o
o
o
o
•
Esiste una seconda classificazione del CEI che si basa su norme di sicurezza.
o
o
o
•
Categoria 0: costituita dagli impianti a corrente alternata (c.a.) con VN < 50V, e impianti a
corrente continua (c.c.) con VN < 75V. Un esempio di impianto di categoria 0 è l’impianto dei
campanelli di un condominio.
Categoria 0S: ha le stesse categorie della categoria 0, ma prevede impianti ad alimentazione
autonoma e privi di collegamento a terra
Categoria I: impianti con valori di tensione nominale appartenenti all’intervallo [50, 1.000] V in
c.a. e [75, 1000] V in c.c.
Categoria II: impianti con valori di tensione nominale appartenenti all’intervallo [1.000, 30.000] V
Categoria III: impianti con valori di tensione nominale superiori ai 30.000 V
Impianti a bassa tensione: con VN < 400V in corrente alternata, e VN < 600V in corrente continua
Impianti a media tensione: con VN [400/600, 10.000/20000]
Impianti ad alta tensione: con VN > 10.000/20.000V
Questa seconda classificazione è senza dubbio la più utilizzata.
Il CEI ha anche creato una precisa simbologia per la rappresentazione degli impianti elettrici. Qui di
seguito abbiamo i simboli disposti secondo un circuito standard.
Generatore di corrente: genera corrente con VN [5000, 20000] V (categoria II)
La distribuzione tuttavia deve avvenire ad alta tensione per contenere le perdite, avremo quindi
bisogno di un trasformatore
Trasformatore – elevatore: opera a VN [150000, 380000] V in categoria III, quindi ad altissima
tensione nominale: questo è dovuto ad esigenze di trasporto su lunghe distanze; l’obiettivo è
infatti quello di minimizzare le perdite.
Sezionatore: interruttore non manovrabile sotto carico
Interruttore: manovrabile sotto carico
Trasformatore “riduttore di pressione”: opera a tensioni nominali comprese trai 10.000 e i
20.000V (categoria II), è utilizzato nella distribuzione su media distanza con media tensione
A questo trasformatore segue un sezionatore che precede la diramazione verso la cabina di
trasformazione (e quindi le utenze civili) e verso le utenze industriali.
3.2 Calcolo della potenza elettrica richiesta
•
Per il progetto di un impianto elettrico industriale è necessario innanzitutto conoscere la potenza
necessaria allo stabilimento. A tale scopo si considerano le macchine istallate e, per ognuna di esse, si
moltiplica la potenza nominale corrispondente Pi per due coefficienti d’utilizzazione αu (varia in base al
tipo di utenza nell’ipotesi che la potenza istallata non sia completamente sfruttata) e di contemporaneità
αc (tiene conto del fatto che tutte le macchine non vengano usate contemporaneamente). In tal modo si
ottiene la potenza motrice PM necessaria:
PM = ∑ Pi ⋅ α u ⋅ α c
•
Oltre alla potenza necessaria per l’operatività delle macchine è utile considerare anche la potenza per
l’illuminazione PL: in questo caso il coefficiente di utilizzazione e di contemporaneità hanno valore
unitario
PL = ∑ Pi
•
Le due linee dedicate a PM e a PL sono separate; la potenza totale necessaria, potenza elettrica PEL, è
pari alla somma dei due membri; la potenza nominale è uguale a
PN =
PEL
k
dove k è un coefficiente che vale circa 0,7/0,8, e tiene conto delle perdite e degli sviluppi dell’impianto in
termini di crescita.
3.3 Cabina di trasformazione
•
•
Per cabina di trasformazione si intende il complesso d’apparecchiature e macchinari impiegati per
trasformare la media tensione fornita dalla linea di distribuzione a valori compresi nel campo della bassa
tensione. Esse possono essere istallate all’interno oppure all’esterno dei fabbricati.
In una cabina di trasformazione si possono distinguere essenzialmente i seguenti elementi componenti:
o
o
o
o
•
Circuiti di media tensione, comprendenti i conduttori di collegamento, il sistema di sbarre e le
apparecchiature di manovra e protezione.
Uno o più trasformatori destinati a ridurre la tensione.
Circuiti di bassa tensione comprendenti i conduttori di collegamento, il sistema di sbarre e le
apparecchiature di manovra e protezione.
Impianto di messa a terra.
Si consideri il seguente schema unifilare di cabina di trasformazione:
Nella parte iniziale abbiamo un sezionatore di linea
segue un interruttore di media tensione
abbiamo poi il trasformatore
ed infine l’interruttore magnetotermico di bassa tensione
3.3.1 Sezionatori
•
•
I sezionatori vengono istallati al termine della linea di alimentazione, cioè all’ingresso della cabina, ed il
loro scopo è quello di interrompere la continuità metallica di tutti i conduttori al fine di poter accedere alle
apparecchiature poste a valle per manutenzione e modifiche. Si tratta di apparecchiature che non vanno
manovrate sotto carico e per tale motivo per togliere tensione alla cabina si deve agire prima
sull’interruttore di bassa tensione e successivamente sui sezionatori.
I sezionatori vengono ad assumere essenzialmente una funzione di sicurezza. La sezione dei cavi nel
tratto di linea che termina nel sezionatore viene stabilita dall’Ente distributore che ne assicura la
protezione.
3.3.2 Trasformatori
•
Come noto i trasformatori sono macchine statiche ad elevato rendimento per le quali, per sistemi
monofase, valgono le seguenti relazioni:
V1 n1
=
V2 n 2
•
•
•
Dove V1 è il valore nominale della tensione primaria di alimentazione, V2 la tensione secondaria a vuoto,
n1 e n2 rappresentano il numero delle spire componenti rispettivamente l’avvolgimento primario e quello
secondario.
Le caratteristiche elettriche dei trasformatori sono in primo luogo le tensioni nominali V1 e V2, tenendo
presente che V1 corrisponde alla tensione della rete di alimentazione di media dell’Ente distributore, pari
generalmente a 10000-20000 V.
Per l’uscita in bassa tensione, oltre alla tensione a vuoto V2, si considera anche quella sotto carico V*2;
tale valore risulta inferiore a V2 a causa delle cadute di tensione nel trasformatore e generalmente, in
condizioni di esercizio normali, risulta V*2 = 380 V
Un’altra caratteristica importante è la potenza nominale PN pari a quella che il trasformatore è in grado di
erogare in modo continuo. Essa viene riferita alla potenza apparente AN in kVA. Risulta:
AN =
•
PN
cos ϕ
Nota la potenza nominale in kVA di un trasformatore trifase e le tensioni primaria e secondaria, le
correnti nominali I1 I2 risultano rispettivamente:
I1 =
1000 AN
V1 3
I2 =
1000 AN
V *2 3
•
L’ultima caratteristica elettrica di particolare importanza e la tensione percentuale di corto circuito Vcc%,
definita come quella percentuale di tensione da applicare al primario per avere, con il secondario in corto
circuito, la corrente nominale del trasformatore. La corrispondente corrente di corto circuito Icc è di
estremo interesse, in quanto determina la corrente di corto circuito a cui devono resistere le
apparecchiature installate a valle del trasformatore.
I cc =
•
10 5 ⋅ AN
I2
⋅ 100 =
Vcc
V *2 VCC 3
Esistono dei diagrammi che danno direttamente la corrente di corto circuito in funzione della potenza
nominale espressa in kVA e della tensione percentuale di corto circuito. Risulta evidente che a parità di
tutte le altre condizioni, i trasformatori che presentano le minori correnti di corto circuito sono quelli dotati
di limitate potenze nominali e quindi di valori limitati per I2.
3.4 Sistemi di distribuzione dell’energia elettrica
•
•
Per la distribuzione dell’energia elettrica nell’interno degli stabilimenti industriali generalmente
s’impiegano dei sistemi derivati da quelli trifasi simmetrici ed equilibrati.
Si chiamano sistemi equilibrati quei sistemi in cui si hanno tre correnti uguali e con uguale sfasamento.
Ciò si verifica solo quando su ogni fase vengono applicati carichi esattamente uguali e in tale caso tra i
valori efficaci I e quelli vettoriali Ī delle correnti si verificano, rispettivamente, le relazioni:
I1 = I 2 = I 3 = I
•
I1 = I 2 = I 3 = 0
Si definiscono sistemi simmetrici quei sistemi in cui le relative tensioni risultano uguali ed ugualmente
sfasate. In questo caso esistono le seguenti relazioni:
V12 = V23 = V31 = V
V12 + V23 + V31 = 0
•
In pratica sistemi trifase perfettamente simmetrici ed equilibrati si trovano raramente. Se infatti da un lato
risulta possibile costruire gli alternatori trifasi in modo che le tre tensioni da essi generate siano identiche
e sfasate di 120°, le correnti erogate dipendono sempre dalle condizioni del circuito esterno; di
conseguenza si hanno quasi sempre delle diversità o degli squilibri nelle tre correnti. In pratica questi
squilibri non sono molto grandi, e la conseguente asimmetria nelle tensioni trascurabile: ne deriva che i
la maggior parte dei sistemi si può considerare simmetrici e squilibrati.
•
Per questi sistemi continua a valere la relazione vettoriale I 1 = I 2 = I 3 = 0 ma con valori I 1 ≠ I 2 ≠ I 3
•
Questa realtà a portato all’utilizzo di sistemi trifase spuri, ovvero a 4 fili, dove il quarto filo rappresenta il
filo neutro e permette alla corrente di una fase di variare indipendentemente dalle altre, in quanto c’è la
possibilità di ritorno lungo il filo neutro; ne deriva la relazione:
I1 + I 2 + I 3 + I N = 0
•
Il neutro serve dunque a compensare lo squilibrio tra le tre correnti di fase.
3.4.1 Classificazione dei sistemi di distribuzione dell’energia elettrica
•
•
Dopo aver visto che per la distribuzione generalmente si impiegano sistemi trifasi a quattro fili, rimane da
vedere come tali sistemi risultano collegati a quello di alimentazione dell’Ente di distribuzione, tenendo
presente che l’alimentazione può essere diretta nel caso di piccole utenze, oppure più spesso nel caso
industriale, tramite una cabina di trasformazione.
A tale scopo, i sistemi di distribuzione dell’energia elettrica vengono classificati con gruppi di lettere con
riferimento al collegamento di messa a terra.
o
la prima lettera indica lo stato del neutro con riferimento alla terra
ƒ
ƒ
o
la seconda lettera è invece relativa alla condizione di masse metalliche con riferimento alla terra
ƒ
ƒ
•
T = neutro connesso a terra
I = neutro isolato da terra
T = masse collegate a terra
N = masse collegate al neutro
Si distinguono perciò tre tipi diversi di sistemi di distribuzione
o
o
Sistema TT: in questo sistema il neutro è collegato direttamente a terra e le masse sono
collegate ad un impianto di terra locale, elettricamente indipendente da quello del neutro. Tale
sistema è utilizzato nell’alimentazione della rete pubblica
Sistema TN: in questo sistema il neutro è collegato direttamente a terra, mentre le masse sono
collegate al conduttore di neutro. Si distinguono i seguenti tipi di sistemi TN, a seconda che i
conduttori di neutro e di protezione siano separati o meno:
ƒ
ƒ
ƒ
o
TN-C: quando i conduttori di neutro e di protezione sono in comune
TN-S: quando i conduttori di neutro e di protezione sono separati
TN-C-S: quando le funzioni di neutro e di protezione sono in parte combinate in un solo
conduttore ed in parte separate
I sistemi di distribuzione TN sono tipici degli impianti aventi una propria cabina di
trasformazione.
Sistema IT: questo sistema ha il neutro isolato da terra mentre le masse sono collegate a terra.
Tale sistema è tipico delle utenze nelle sale di chirurgia od in cui sono presenti apparecchi
elettromedicali che possono entrare in contatto con il corpo umano; è inoltre di uso all’estero per
utenze industriali.
3.4.2 Comportamento in caso di guasto dell’isolamento
•
Consideriamo rispettivamente il comportamento in caso di guasto dei sistemi TT e dei sistemi TN
o
Sia Ig la corrente di guasto che si racchiude attraverso le
resistenze RTU e RTN; è possibile considerare un circuito
equivalente dell’anello di guasto e della persona che ne
viene in contatto: dove Vf è il valore efficace della
tensione di fase ed RC è la resistenza di contatto.
Considerando che RTN + RC + Rfilo << RTU, la massima
corrente di guasto, in assenza di contatto, è:
I g max ≤
Vf
RTU
Tale corrente deve essere abbastanza elevata da permettere l’intervento del dispositivo di
protezione automatico, quindi deve essere RTU molto piccola, mentre se vi è contatto la corrente
che attraversa l’uomo è data da:
I UOMO =
RUOMO
VKT
+ RUOMO −TERRA
dove VKT è la tensione della carcassa metallica.
In questo caso si hanno due ipotesi contrapposte:
1. RTU << RUOMO + RUOMO-TERRA, per cui la corrente si richiude prevalentemente sulla
resistenza terra-utilizzatore;
2. RUOMO << RUOMO-TERRA, che risulta essere il caso peggiore.
Per un tempo di intervento di scatto dell’interruttore minore od uguale a 5 secondi, le norme
indicano come massima tensione di contatto
VK∞ = VKT ≤ 50V
e quindi per avere una sicura protezione dalla tensione di contatto, la resistenza di terra deve
essere tale che:
RTU ≤
o
50
IS
dove IS è la corrente di intervento del dispositivo a massima corrente per un tempo inferiore od
uguale a 5 secondi. In tal modo tra i punti K e T non ci sarà mai una differenza di potenziale
maggiore di 50V.
C’è comunque da tenere in considerazione che per correnti di guasto inferiori ad IS il dispositivo
di protezione impiega tempi lunghi ad aprire il circuito o potrebbe anche non intervenire. Tuttavia
la condizione di sicurezza non è facilmente ottenibile, dal momento che necessita di valori della
resistenza di terra molto bassi, in genere inferiori all’ohm.
Per questo motivo, dato che i dispositivi a massima corrente nascono per la protezione del
circuito contro sovracorrenti e non per assicurarsi contro qualsiasi anomalia del circuito, spesso
è necessario aggiungere altri sistemi di sicurezza.
Il sistema TN è migliorato rispetto al sistema TT, in
quanto, come si vedrà, ha il vantaggio di poter
utilizzare unicamente i dispositivi a massima
corrente (interruttori magneto-termici) per la
protezione contro i contatti indiretti. La normativa
prevede l’obbligo di adozione del sistema TN per
impianti elettrici aventi una propria cabina di
trasformazione.
Si consideri ad esempio il caso di guasto a terra in
un sistema TN-S con conduttore di protezione
equipotenziale completamente distinto dal
conduttore di neutro; la corrente di guasto Ig non passa in questo caso attraverso la terra, ma si
richiude nel centro stella dei trasformatori attraverso il conduttore PE ed è data da:
Ig =
Vf
Z f + Z PE + RC
≅ I CCT
dove VF è il valore efficace della tensione di fase, ZF e ZPE sono rispettivamente le impedenze
del conduttore di fase e del conduttore di protezione equipotenziale ed RC è la resistenza di
contatto. Inoltre tale corrente risulta dello stesso ordine di grandezza della corrente di corto
circuito a terra ICCT. In pratica è molto più alta rispetto alla corrente di guasto che si verifica nel
sistema TT e l’interruttore magnetotermico basta da solo ad assicurare l’apertura del circuito.
Indicando con ZG l’impedenza dell’anello di guasto, si ha:
Z g = Z f + Z PE + RC
Indicando poi con IS la corrente di intervento entro cinque secondi del dispositivo di protezione a
massima corrente, secondo le norme CEI la condizione da rispettare in caso di guasto franco
terra è la seguente:
I 'S ≤
Vf
Zg
In tal modo si verifica sempre l’apertura del circuito entro 5 secondi dal verificarsi del guasto.
Il sistema TN-S ha inoltre un vantaggio rispetto al sistema TN-C, in quanto eventuali tensioni
che hanno origine sul conduttore di neutro (in caso di correnti di squilibrio importanti, corto
circuito fase-neutro, interruzione del conduttore di neutro) non portano in tensione la carcassa
dell’utilizzatore, essendo il neutro separata dal conduttore PE.
3.4.3 Schemi distributivi
•
Negli impianti industriali e in quelli del terziario, gli schemi impiegati per distribuire l’energia del quadro
generale a quelli secondari sono riconducibili a tre soluzioni fondamentali, che risultano rispettivamente:
radiale semplice, radiale doppio e ad anello.
o
o
o
•
Lo schema radiale semplice risulta il più semplice ed il più frequentemente impiegato per i
quadri nel caso di cabine con un solo trasformatore di piccola e media potenza e poche
partenze per la distribuzione. Nella linea forza motrice è da rilevare la presenza, oltre
all’interruttore generale posto sul quadro, degli interruttori posti a monte di ciascuna utenza.
Lo schema radiale doppio è dato dall’unione di due schemi radiali semplici, collegati tra loro da
un congiuntore; tale congiuntare è normalmente aperto e può essere chiuso solamente con uno
dei due trasformatori fuori servizio. Ciò assicura una reciproca riserva, che può essere parziale o
totale in funzione della potenza richiesta rispetto a quella normalmente fornita da ciascun
trasformatore. Il congiuntore può essere inoltre attivato anche in caso di manutenzione.
Per quanto concerne lo schema ad anello, bisogna considerare una rete radiale chiudibile ad
anello. Quando i congiuntori risultano chiusi, l’alimentazione delle singole utenze può avvenire
attraverso due strade diverse e viene garantita la notevole affidabilità caratteristica degli schemi
ad anello.
In ultima analisi la scelta dello schema distributivo deve essere effettuata con considerazioni tecnicoeconomiche, al fine di valutare se le perdite relative a possibili interruzioni sono in grado o meno di
giustificare il maggiore investimento che comporta uno schema più affidabile.
3.5 Linee in cavo
•
Negli impianti presi in esame le linee si possono suddividere in linee di distribuzione primaria o collettori
e linee secondarie. I collettori servono a collegare il quadro generale con i quadri secondari o di reparto,
mentre le linee secondarie servono a collegare i quadri secondari con le singole utenze. In linea
generale le linee si possono suddividere in linee in cavo e linee in sbarre. Iniziamo considerando i cavi.
3.5.1 Generalità sui cavi
•
•
•
•
Le linee in cavo si valgono dei cavi elettrici costituiti da conduttori isolati singolarmente, in formazione
unipolare o multipolare e protetti in vario modo a seconda dell’ambiente e delle modalità di posa.
Nei cavi si possono distinguere i seguenti elementi fondamentali:
o Il conduttore, oppure i conduttori (nei multipolari), costituito da una corda composta di fili
metallici generalmente di rame.
o L’isolamento costituito generalmente da polivinilcloruro o da gomma;
o La guaina che ha funzioni protettive e generalmente risulta di PVC, ma in alcuni casi può anche
mancare
Ogni tipo di cavo è caratterizzato dal valore della tensione nominale d’isolamento, ossia la tensione di
riferimento per la quale il cavo è previsto e che serve a definire le prove elettriche alle quali il cavo è
stato sottoposto. La tensione nominale viene indicata con la combinazione di due valori (V0/V) espressi
generalmente in volt, dove V0 risulta il valore efficace della tensione tra uno qualsiasi dei conduttori e la
terra, e V è il valore efficace della tensione tra due conduttori qualsiasi del cavo multipolare oppure di un
sistema di cavi unipolari. La tensione nominale di isolamento è sempre maggiore della tensione di
esercizio del cavo.
Per distinguere i diversi cavi le norme CEI 20-27 forniscono una designazione abbreviata della
configurazione del cavo e dei materiali impiegati, espressa da una sigla formata da un complesso di
lettere e numeri suddivisi in tre gruppi.
o
o
o
•
Il primo gruppo (A) si riferisce alla norma seguita ed alla tensione nominale.
Il secondo gruppo (B) si riferisce al materiale dell’isolante, al materiale dell’eventuale guaina,
alle particolarità costruttive e ai tipi di conduttore.
Il gruppo C infine ci da informazioni sul numero di anime, il conduttore di protezione e la sezione
del conduttore.
E’ inoltre possibile classificare i cavi anche dal punto di vista dell’impiego, e si hanno quindi:
o
o
o
o
•
E’ necessario ricordare che gli isolanti dei conduttori unipolari o facenti parte dei cavi multipolari devono
essere colorati:
o
o
o
•
Cavi non propaganti la fiamma.
Cavi non propaganti l’incendio.
Cavi resistenti all’incendio.
Cavi resistenti all’incendio e con fumi a bassa tossicità
Giallo-verde: per il conduttore di protezione (di terra).
Blu chiaro: per il neutro
Nero, marrone, grigio: per indicare i conduttori di fase.
Negli impianti industriali la scelta del tipo di posa dei cavi varia tra due alternative: gli impianti a giorno,
oppure i cunicoli predisposti.
3.5.2 Dimensionamento dei cavi
•
Il primo dato necessario per il calcolo della sezione dei cavi è la corrente I che attraversa il cavo, che
deve essere determinata in funzione della potenza P, data dalla somma delle potenze delle utenze
alimentate dalle linee in esame. Come visto in precedenza i valori di I per i carichi trifasi e quelli
monofasi sono rispettivamente:
I=
P
V cos ϕ 3
e I =
P
E cos ϕ
Per i sistemi trifasi simmetrici e squilibrati, a cui si possono ricondurre molti sistemi trifasi a quattro fili,
conviene invece, al posto della corrente I, considerare la corrente media
•
Im =
I1 + I 2 + I 3
3
Da notare infine che, per le disposizioni vigenti, deve risultare cosφ >= 0,9; inoltre per le linee destinate
agli apparecchi illuminanti ad incandescenza e ad alimentare resistenze elettriche, siccome entrambe
presentano un carico di tipo ohmico, si può considerare cosφ = 1
Per quanto concerne il valore di P è inoltre necessario considerare il coefficiente di utilizzazione e quello
di contemporaneità.
Nota la corrente I che deve trasportare il cavo, il calcolo della sezione necessaria viene effettuato in
base a due condizioni a cui il cavo stesso deve soddisfare
o
La prima riguarda la caduta di tensione che non deve superare un dato limite per non provocare
regimi anomali nelle utenze servite. L’effetto della caduta di tensione viene valutato di solito in
percentuale rispetto alla tensione del sistema. Esso risulta trascurabile negli impianti a media
tensione, mentre in quelli a bassa tensione si tollerano in genere cadute massime del 3-4%.
Negli impianti a corrente alternata la caduta di tensione, in volt, nei cavi può essere valutata con
la formula:
∆V = k (R cos ϕ + Xsenϕ )I
dove K è un coefficiente pari a √3 per i sistemi trifasi simmetrici ed equilibrati e 2 per i monofasi,
mentre R è la resistenza in ohm e X la reattanza ancora in ohm; naturalmente sia R che X
dipendono dalla lunghezza L del cavo ed in particolare per la resistenza:
R=ρ
L
dove S è la
S
sezione da dimensionare.
Operativamente parlando queste sono le fasi necessarie per il dimensionamento:
1. fissare la caduta percentuale ∆V%
2. ricavare la caduta ∆V dalla formula:
∆V =
V∆V %
100
3. ricavare il valore ∆V*, per la letture della tabella delle sezioni: ∆V * =
o
∆V ⋅ 1000
L⋅I
La seconda condizione concerne invece la portata di corrente; essa per una data sezione di
cavo, non deve superare un certo valore, in modo che il riscaldamento dovuto all’effetto Joule
non danneggi l’isolante. In questo caso si parla anche di verifica termica.
3.6 Linee in condotte sbarre
•
•
In molte industrie moderne un impianto di distribuzione dell’energia elettrica costituito da un sistema di
cavi la cui posizione è spesso inamovibile risulta restrittivo. Di fronte a layout modificabili sarebbe
necessario disporre di elementi mobili prefabbricati, divisibili e componibili che si adattino alla specifica
configurazione delle macchine all’interno dell’impianto.
Questi elementi sono stati realizzati e costituiscono i condotti sbarre i cui tipi costruttivi di maggior
impiego risultano: blindosbarre, blindolux e blindotrolley.
3.6.1 Blindosbarre
•
•
•
Le blindosbarre sono tra i condotti sbarre quelle più impiegate in campo industriale. Esse sono
costituite da elementi prefabbricati con lunghezza dell’ordine di 3 m contenenti sbarre di rame o in
lega d’alluminio, sostenute da supporti di steatite vetrificata e racchiuse in contenitori di lamiera
d’acciaio zincata.
Il contenitore, oltre ad assolvere alle funzioni di portante rigido, assicura una completa protezione
antinfortunistica degli operatori, ed in esso sono praticate delle aperture a sportello alla distanza di
circa mezzo metro l’una dall’altra che permettono l’introduzione degli elementi di derivazione.
A differenza delle linee in cavo dove i dati di progetto sono la posizione e l’energia richiesta dalle
singole utenze alimentate, nel caso delle blindosbarre l’unico dato richiesto risulta la massima
potenza che deve essere distribuita. Il calcolo di una blindosbarre destinata ad alimentare
direttamente le utenze viene effettuato generalmente in questo modo.
o
In primo luogo, una volta determinata la potenza P massima da distribuire, con la relazione
I=
o
o
P
V cos ϕ 3
si determina la corrente I corrispondente: a questo punto si è in grado di effettuare la scelta,
in quanto le blindosbarre vengono caratterizzate dalla corrente nominale.
A questo punto va effettuata la verifica alla corrente di corto circuito, ed a tale scopo si deve
determinare la corrente di corto circuito che si può verificare in corrispondenza della
blindosbarre e confrontarla con quella ammissibile (prevista dal costruttore).
Rimangono infine da prendere in esame le cadute di tensione. Considero il diagramma
relativo alle cadute di tensione per blindosbarre.
3.6.2 Blindolux
•
Sotto il nome di blindolux si possono comprendere sia i condotti d’alimentazione a presa fissa continua,
che trovano impiego per alimentare corpi illuminati e piccole utenze di forza motrice, sia i condotti
destinati esclusivamente agli impianti di illuminazione
o
o
I condotti a presa fissa continua destinati all’industria sono costituiti da un involucro di lamiera
zincata, il quale contiene e sostiene due, tre, quattro barre collettrici in rame oppure in lega di
alluminio.
I condotti destinati esclusivamente all’illuminazione trovano impiego nei fabbricati industriali e
nel settore terziario come grandi magazzini, negozi, centri sportivi. Si tratta in sostanza di
condotti a presa fissa, ma non continua, cioè disponibile solo in corrispondenza delle apposite
finestre poste ad intervalli di circa 1 metro, ed in ciò assomigliano alle blindosbarre.
3.7 Protezione delle linee e delle prese
•
Nel campo degli impianti elettrici, le protezioni rivestono una notevole importanza, in quanto un impianto
carente sotto questo profilo può causare notevoli danni a persone e cose. I problemi di protezione si
possono suddividere in tre categorie:
o
o
o
•
Le linee in cavo e quelle in condotti vengono progettate in modo che, con la corrente d normale
funzionamento, non si possono verificare temperature pericolose per l’isolante, soprattutto nel caso dei
cavi. Tuttavia risulta sempre possibile che la corrente assuma valori in grado di provocare un
riscaldamento dannoso per il cavo e per l’ambiente circostante. Tale evento si può verificare per due
fenomeni, che sono rispettivamente:
o
o
•
•
il corto circuito
il sovraccarico
Entrambi questi fenomeni comportano, con tempi ed intensità diverse, il passaggio nel cavo di una
quantità di corrente superiore alla portata massima dello stesso. Infatti nel corto circuito si ha un forte
aumento di corrente in tempi molto brevi. Invece nel sovraccarico l’aumento di corrente risulta più
limitato ed impiega tempi più lunghi.
I corto circuiti avvengono in circuiti in cui si sia verificato un guasto; la protezione da questo fenomeno
deve essere applicata a tutti i tipi di linee, ad eccezione:
o
o
o
•
Protezione dall’impianto da guasti da imputare all’impianto stesso;
Protezione generale rispetto all’ambiente dove l’impianto è istallato;
Protezione dai contatti elettrici.
Le linee che collegano sorgenti di energia
Le linee la cui interruzione improvvisa può dare luogo a pericoli
Alcuni circuiti di misura
La corrente di sovraccarico, al contrario, è una sovracorrente che si stabilisce in un circuito
elettricamente sano. Contro il sovraccarico devono essere protette particolarmente le seguenti linee:
o
o
o
Le linee che alimentano derivazioni o carichi per i quali si è assunto un coefficiente di
contemporaneità inferiore ad 1
Alimentazione motori
Alimentazione prese a spina
La protezione da sovraccarico si può omettere in alcuni casi particolari:
o
o
o
Linee derivate da un collettore principale
Linee che alimentano utilizzatori termici
Linee che alimentano apparecchi illuminanti, quando si è sicuri che non vengano aggiunte altre
apparecchiature, oppure, che non venga aumentata la potenza di quelli previsti in sede di
progetto
Risulta invece vietata la protezione contro i sovraccarichi nei casi in cui l’improvvisa interruzione del
circuito possa dar luogo a pericoli, ad esempio:
o
o
•
Nei circuiti terminali d’alimentazione di elettromagneti di sollevamento.
Nei circuiti di sicurezza; in questo caso può essere utile prevedere un dispositivo di
segnalazione del sovraccarico.
Visti i possibili guasti di un circuito elettrico, vediamo ora quali sono i principali dispositivi di protezione.
3.7.1 Interruttori automatici
•
Gli interruttori automatici atti alla protezione dei circuiti, sono anche noti come interruttori automatici
magnetotermici, in quanto dotati di un relé magnetico per la protezione da corto circuiti, e di un relé
termico per la protezione da sovracorrenti. Di conseguenza questi dispositivi sono costituiti
essenzialmente da tre elementi: il meccanismo di comando e gli sganciatori magnetico e termico.
•
•
•
•
Come esempio di sganciatore magnetico, considereremo uno sganciatore magnetico di “massima”
corrente. È interessante notare come la curva di intervento dello sganciatore ci dia precise informazioni
sul comportamento dello stesso: l’intervento, ovvero lo sgancio ha luogo al tempo tm quando la corrente
del circuito ha raggiunto un preciso valore Im.
Nel caso dello sganciatore termico, il tempo di intervento è invece inversamente proporzionale
all’intensità di corrente che attraversa il circuito.
Unendo i due dispositivi otteniamo un interruttore automatico che si comporterà come uno sganciatore
termico fino a certi valori di corrente, e passerà poi al comportamento di uno sganciatore magnetico per
valori di corrente superiori.
Abbiamo tre principali tipologie di interruttori automatici:
o
o
o
Interruttori aperti oppure in aria.
Interruttori in scatola plastica
Interruttori modulari
3.7.2 Fusibili
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I fusibili sono dispositivi di protezione contro le sovracorrenti ed i corto circuiti, dove l’interruzione viene
effettuata tramite la fusione di un elemento normalmente conduttore posto in una cartuccia.
Pero correnti crescenti, l’intervento del fusibile avviene in tempi inversamente proporzionali alla corrente
stessa.
Nel corto circuiti i fusibili si comportano in modo simile agli interruttori limitatori, in quanto interrompono
la corrente di corto circuito prima che essa raggiunga il valore di cresta
Anche i fusibili vengono caratterizzati dalla corrente nominale, riferita alla cartuccia; inoltre le norme CEI
definiscono le caratteristiche della cartuccia tramite due lettere:
o
o
g indica pieno campo, a campo ridotto
G indica l’impiego per la protezione d’uso generale, M indica la protezione di circuiti che
alimentano motori.
3.7.3 Selettività dei dispositivi di protezione
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All’interno di un circuito è opportuno sapere quando far scattare un dispositivo di protezione e dove farlo
scattare. Ciò significa che se si verifica un guasto nel punto B del circuito, dobbiamo decidere secondo
quali modalità far scattare il dispositivo di sicurezza nel punto A.
In particolar modo, nel caso di un corto circuito abbiamo vari tipi di selettività:
o
o
o
La selettività cronometrica prevede un ritardo temporale nell’intervento
Nel caso della selettività amperometrica, i due interruttori posti in A e B scattano per valori
differenti di corrente.
Nella selettività di tipo misto, la diversa attivazione degli interruttori A e B è dovuta sia ad un
valore diverso di corrente, sia ad un istante temporale differente.
3.8 Protezione generale
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Come già detto in precedenza, la protezione generale concerne i fattori nocivi che possono intaccare il
nostro impianto, da imputare all’ambiente dove l’impianto è istallato.
Esistono diverse categorie d’impianti in base all’ambiente di riferimento; prendiamo in considerazione gli
impianti che si trovano in presenza di polveri e di liquidi non infiammabili ed esplosivi. Le Norme CEI 701 stabiliscono un sistema per classificare i materiali elettrici in base al grado di protezione fornito dagli
involucri degli stessi. I simboli utilizzati per indicare questo grado di protezione sono costituiti dalle lettere
IP seguite da due cifre caratteristiche di cui:
o
o
La prima indica la protezione contro la penetrazione della polvere o dei corpi solidi in generale
(con una scala da 0 a 6).
La seconda cifra indica la protezione contro la penetrazione dei liquidi (con una scala da 0 a 8).
Per rappresentare la protezione dei materiali elettrici da corpi estranei o liquidi possono essere anche
utilizzati dei simboli.
3.9 Protezione dai contatti
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Dove sono presenti impianti elettrici, per le persone si possono verificare due condizioni pericolose
abbastanza frequenti:
o
o
Si può entrare in contatto con una parte dell’impianto normalmente in tensione, quale un
conduttore, un morsetto, o l’attacco di una lampada divenuti casualmente accessibili. Il contatto
diretto è il più dannoso, ma anche il più facilmente evitabile
Si può altresì entrare in contatto con una parte dell’impianto normalmente non in tensione, quale
ad esempio la carcassa di un motore, la quale accidentalmente ha assunto una tensione
pericolosa per un guasto di isolamento. In questo caso si parla di contatto indiretto: questo è
meno dannoso del contatto diretto, ma più insidioso, in quanto non facilmente prevedibile.
3.9.1 Interruttori differenziali
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Un interruttore differenziale è costituito da un dispositivo in grado di aprire automaticamente il circuito
quando la corrente differenziale supera un valore prestabilito. Con il termine corrente differenziale I∆S si
definisce la somma vettoriale delle correnti che fluiscono attraverso i conduttori previsti per
l’alimentazione del circuito.
In condizioni normale la corrente differenziale risulta uguale a zero. Solo se si manifesta una corrente
verso terra, allora si viene a creare una corrente differenziale.
Quando a causa di un guasto, provocato ad esempio da un isolamento difettoso, la carcassa entra in
tensione e si viene a creare una corrente differenziale; se il valore di questa corrente supera la corrente
differenziale nominale dell’interruttore differenziale, questo apre il circuito in tempi brevissimi.
Da un punto di vista costruttivo un interruttore differenziale è costituito da un trasformatore a tre
avvolgimenti. Gli avvolgimenti 1 e 2 risultano perfettamente uguali, e in caso di normale funzionamento,
vengono percorsi da correnti uguali e contrarie, dando luogo ad un flusso magnetico nullo. Nel caso
invece di guasto a terra, si crea una differenza tra le due correnti, che va a determinare dei flussi
magnetici nei due avvolgimenti che allora volta provocano una corrente indotta sul 3 avvolgimento che fa
scattare l’interruttore.