Correzioni e aggiornamenti al testo `Lezioni di macroeconomia`

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Correzioni e aggiornamenti al testo
‘Lezioni di macroeconomia’
Marco Dardi
Anno accademico 2015-16
1
Errata corrige
Pag. 36, metà inferiore: formula
Yt
Y~t Pt
=
Yt 1
Y~t 1 Pt 1
correggi in
Y~t Pt
Yt
=
Yt 1
Yt 1 P t 1
Pag. 84, esercizio 9 ultime due righe: “il limite del totale ... è
correggi “il limite del totale ... è 1+x
”.
x
1
”,
x
Pag. 87, prime due righe: “ma a condizione che il iniziale sia maggiore
di uno”, correggi “ma a condizione che lo iniziale sia maggiore di uno”.
Pag. 132, second’ultima riga: “man mano che k si avvicina a k 00 ”,
correggi “man mano che k si avvicina a k 0 ”.
Pag. 180, ultime due righe prima dell’esercizio 19: “è necessaria una
diminuzione di ”, correggi “è necessario un aumento di ”.
Pag. 198, formula in centro pagina
!0
!m = !m
! 00
!0
!m = !m
!
correggi
1
000
Pag. 212, righe 9-10 dall’alto: “il possesso di liquidità in patrimonio
dà zero payo¤”, correggi “il possesso di liquidità in patrimonio dà tasso di
rendimento zero”.
Pagg. 222-24: per chiarezza, il tasso di rendimento atteso qui indicato con
am
il simbolo i non è altro che lo r de…nito in 4.2.3/B pag. 198.
Pag. 224, esercizio 27: l’esercizio è male impostato, ignoralo.
Pag. 244 …g. 4.4 gra…co inferiore, pag. 246 …g. 4.5 e pag. 252 …g.
4.6: in conseguenza della revisione del testo dei paragra… 4.5.1 e 4.5.2 (vedi
più avanti, 2.3), la variabile in ascissa è lo spread i i .
Pag. 245 e segg. …no alla …ne del capitolo: sempre in conseguenza
della revisione di 4.5.1 e 4.5.2, la de…nizione ora usata di parità scoperta
è uip = i i . Di conseguenza, tutte le volte che occorre la funzione di
am
domanda netta speculativa deve essere corretta in J i
i;
.
Pag. 264, terz’ultima riga: “A membro destro dell’equazione (1.5)”,
correggi “A membro destro dell’identità (1.5)”.
Pag. 279, circa a metà pagina: “relazione generale fra tasso d’interesse nominale e reale vista in 4.2.4”, correggi “relazione generale fra tasso
d’interesse nominale e reale vista in 4.1.2/B”.
~
Pag. 297: tutte le volte che in questa pagina compare X, sostituisci con X.
Questa correzione e le due che seguono derivano dalle revisioni di testo fatte
più avanti in 2.6 e 2.7.
~ ,
Pag. 297, quattro righe prima della formula (5.13): “X = Z = E~ Z”
~ = E~ Z”
~ .
correggi “X
Pagg. 299 e seguenti: tutte le volte che compare D da qui in poi,
~ .
sostituisci con D
Pagg. 320-321, dall’ultima riga di pag. 320 alla quarta di pag.
321, sostituisci con il testo seguente: “in b, con gli stessi Y~ e E~ che in a ma
tasso d’interesse interno maggiore, la domanda interna sarà minore (per la
componente investimenti), e conseguentemente la bilancia commerciale e la
2
domanda netta di copertura di valuta domestica maggiori; inoltre, in conseguenza del maggiore spread sui tassi d’interesse esteri, anche la domanda
netta speculativa sarà maggiore. Con le stesse aspettative stazionarie di a
etc.”
Pag. 325, nota a piè di pagina: “Alla luce dell’esercizio 38”, correggi
“Alla luce dell’esercizio 43”.
~ , correggi “I~m ; G;
~ A”
~ .
Pag. 366, quarta riga del par. 6.1.3: “I~m ; g~; A”
2
2.1
Paragra… revisionati
Da pag. 30 a pag. 33, sostituisci il testo dell’intero
par. 1.2.2/B con il seguente
Consideriamo ora due panieri diversi, X e Z, di cui X composto da prodotti del paese A in una qualche proporzione e Z composto analogamente da
prodotti del paese B. Con PX indichiamo il valore di X ai prezzi e nella
valuta di A, con PZ quello di Z ai prezzi e nella valuta di B, e con il simbolo
E il tasso di cambio nominale fra le valute A e B (quante unità di A per una
di B). EPZ misura quindi il costo in valuta di A di acquistare un paniere Z
in B.
Dall’equazione (nell’incognita R) RPX = EPZ ricaviamo il rapporto di
conversione, questa volta fra panieri,
RXZ =
EPZ
PX
che indica quanti panieri X ai prezzi di A equivalgono –nel senso di richiedere
esattamente la stessa spesa –a un paniere Z ai prezzi di B essendo E il tasso
di cambio nominale fra le due corrispondenti valute. In altri termini, RXZ
misura il rapporto di scambio o prezzo relativo (vedi sopra, de…nizione in
nota 7) fra due panieri caratterizzati dall’essere prodotti in paesi diversi. Lo
possiamo vedere come l’analogo di un tasso di cambio de…nito però non su
valute ma su beni: e perciò un rapporto come RXZ è denominato ‘tasso di
cambio reale’. Esso dipende dalla coppia di panieri scelti per misurarlo, dai
prezzi nei due paesi e dal tasso di cambio nominale fra le rispettive valute.
Mettendoci dal punto di vista del paese A, RXZ è un tasso di cambio reale
misurato secondo la ‘convenzione europea’ (vedi sopra nota 8), cioè con il
3
bene domestico nel ruolo di unità di misura. Per analogia lo indicheremo con
~ lasciando implicita l’indicazione dei panieri (Z e X) sottostanti
il simbolo E,
EPZ
(1.10)
PX
Qualche esempio di tasso di cambio reale. Supponiamo che A sia un
particolare paese, B il resto del mondo. Se la composizione del paniere X
rispecchia la composizione del PIL di A e quella di Z la composizione delle
sue importazioni da B, il tasso di cambio reale E~ misura il costo per A di
ogni unità di importazione in termini del PIL che deve cedere in cambio per
saldare il proprio debito commerciale. Se a saldo delle proprie importazioni A
esporta in B non generico PIL ma beni di tipo particolare, allora supponiamo
che il paniere X rispecchi la particolare composizione delle esportazioni di
A e, come sopra, Z la composizione delle sue importazioni: in tal caso E~
misura il rapporto di scambio fra ciò che A o¤re e ciò che domanda sul
mercato internazionale. In questo secondo esempio la terminologia economica
preferisce parlare di ‘ragioni di scambio internazionale’(in inglese: terms of
international trade) piuttosto che di tasso di cambio reale.
Dati i panieri sottostanti, ogni aumento (diminuzione) di E~ indica deprezzamento (apprezzamento) del prodotto domestico rispetto al prodotto estero.
Se i prezzi stanno fermi, E~ si deprezza (apprezza) a ogni deprezzamento (apprezzamento) del tasso di cambio nominale E; se invece è E che sta fermo,
E~ si deprezza (apprezza) a ogni aumento (diminuzione) del rapporto prezzi
esteri su prezzi interni. Movimenti simultanei di cambio nominale e prezzi
possono ra¤orzarsi o elidersi fra di loro; per esempio, un deprezzamento di
E congiunto a un aumento dei prezzi interni rispetto ai prezzi esteri può
lasciare E~ invariato.
E’evidente che un deprezzamento (apprezzamento) di E~ indica che per
A le importazioni sono diventate meno (più) convenienti rispetto al prodotto
domestico; nella misura in cui importazioni e prodotto domestico sono fra
loro sostituibili, questo fatto può indurre una tendenza a domandare meno
prodotti esteri a favore dei prodotti domestici (meno prodotti domestici a
favore dei prodotti esteri) e quindi in‡uenzare le scelte del paese su cosa
produrre e cosa importare, nonché il saldo del suo commercio con il resto del
mondo. In e¤etti, sono i movimenti dei tassi di cambio reale più che quelli dei
cambi nominali a in‡uenzare i ‡ussi del commercio internazionale e le scelte
di specializzazione produttiva dei diversi paesi. Su questi aspetti torneremo
più avanti in 5.2. Qui, a titolo di illustrazione del principio generale può
essere su¢ ciente svolgere l’esercizio seguente.
E~
Esercizio 1 (5) I panieri X e Z contengono prodotti commerciabili diversi. I paesi A e B hanno struttura industriale diversa. Se ognuno dei due
4
producesse domesticamente entrambi i prodotti, i rapporti di scambio interni
(prezzo interno di Z su prezzo interno di X) sarebbero rispettivamente rA e
rB , con rA > rB . Prendi E~ con X come unità di misura e dimostra che, a
seconda della posizione di E~ rispetto a rA e rB , solo tre situazioni alternative
sono possibili: (i) ad A conviene produrre tutto internamente senza comprare
niente da B; (ii) a B conviene produrre tutto internamente senza comprare
niente da A; (iii) ad A conviene specializzarsi in X e comprare Z da B, a
B specializzarsi in Z e comprare X da A.
Per come lo abbiamo de…nito il concetto di tasso di cambio reale è indipendente da quelli di tasso nominale e di tasso a parità di potere d’acquisto.
C’è però un caso particolare in cui i tre concetti entrano in stretta relazione
fra di loro. Supponiamo che i panieri domestico ed estero rispetto ai quali è
de…nito E~ abbiano esattamente lo stesso contenuto. Con i simboli di questo
paragrafo, se X = Z, PX e PZ rappresentano il valore dello stesso paniere
ai prezzi e nelle valute rispettivamente di A e di B. In tal caso, mettendosi
dal punto di vista del paese A, il rapporto PPXZ non è altro che il tasso di
cambio PPA (su quel paniere) fra A e B. Usiamo il simbolo Epp per il tasso
di cambio PPA. Dalla de…nizione (1.10) segue la relazione
E
Epp
E~
che vale esclusivamente quando i due panieri sottostanti a E~ coincidono con
il paniere sottostante a Epp .
Nota che in questo caso se il paniere sottostante è composto di prodotti
commerciabili ogni scostamento di E~ dall’unità, ovvero di E da Epp , rivela
l’esistenza di una ‘…nestra di arbitraggio’fra mercato delle valute e mercato
dei beni. Infatti con un paniere interamente commerciabile ci sono due modi
di scambiare valute fra di loro. Il modo diretto attraverso il mercato delle
valute al tasso di cambio E; e il modo indiretto, consistente nel comprare un
paniere in A, con spesa PX in valuta A, e rivenderlo in B, con ricavo PZ in
valuta B (o inversamente, comprando il paniere in B e rivendendolo in A).
Nel secondo modo si scambiano valute attraverso il mercato dei beni al tasso
di cambio PPXZ = Epp . Se E e Epp sono diversi, si può realizzare un ovvio
pro…tto di arbitraggio comprando B contro A sul mercato (beni o valute)
dove il tasso di cambio è più basso per ricomprare A contro B sull’altro
mercato al tasso di cambio più alto. Per esempio: con E~ < 1 (E < Epp ),
comprare B contro A sul mercato delle valute per ricomprare A contro B sul
mercato dei beni attraverso un’importazione di panieri da B in A, al lordo
1
dei costi dell’operazione porta un utile di EppE E
1 > 0 per ogni unità
~
E
di valuta A o B anticipata.
5
Esercizio 2 (6) Con i dati dell’esempio in 1.2.2/A (cambio nominale euro
per dollaro = 0,72; cambio medio PPA euro-Italia per dollaro = 0,82; cambio
reale = 0,878), e supponendo che il paniere di riferimento sia fatto interamente di beni commerciabili, dimostra che un esportatore di paniere dagli
USA all’Italia può realizzare un margine di utile lordo per euro o dollaro
anticipato di circa il 14%.
2.2
Da pag. 137 a pag. 141, sostituisci il testo dell’intero par. 3.2.3/B con il seguente
In un’economia la cui attività produttiva è organizzata sulla base del principio
di libera impresa (‘right to manage’) il livello di occupazione L è tendenzialmente quello che il sistema delle imprese ritiene conveniente impiegare. Per
un’impresa, la convenienza a tenere un posto di lavoro coperto da un lavoratore anziché vacante si giudica dal confronto fra la produttività del posto e il
costo di tenerci sopra un addetto, cioè più precisamente dalla di¤erenza fra
il reddito, al netto di tutti gli oneri accessori, generato dall’addetto al posto
e la parte di quel reddito che serve a remunerarlo. Se la di¤erenza è positiva conviene tenere il posto coperto, altrimenti no. Tendenzialmente quindi
L dovrebbe essere tale da coprire tutti e soli i posti di lavoro che generano
un surplus di reddito netto positivo sulla remunerazione degli addetti che li
coprono. Se questo non è il caso, nel senso che posti che generano surplus
positivo risultano non coperti oppure posti coperti generano surplus negativo,
vi sarà tendenza a modi…care lo stato di una parte dei posti trasformandoli
da vacanti in coperti nel primo caso e da coperti in vacanti nel secondo, con
L che tende rispettivamente ad aumentare o a diminuire.
Un criterio per cogliere la tendenza macroeconomica prevalente nella varietà di situazioni microeconomiche possibili consiste nel cercare di individuare, a ogni dato livello di occupazione L, i casi che si collocano ‘al margine’, intendendo per margine a livello L l’insieme formato da (i) i posti che
presentano i surplus più bassi fra tutti i posti coperti da L, e (ii) i posti
che presentano i surplus più alti fra tutti i posti vacanti. In generale niente
impedisce che il livello di surplus dei posti nella parte (ii) del margine sia maggiore di quello in (i) ma casi del genere si possono considerare abbastanza
eccezionali. Supporremo quindi che di norma i posti marginali coperti generino un surplus non minore di quello generato dai posti marginali vacanti.
Questo equivale a supporre che, sempre stando nella norma, qualunque posto
coperto dia surplus maggiore di qualunque posto vacante.
6
Avremo allora due possibili con…gurazioni del margine a un dato livello
di L.
La prima con…gurazione si può presentare in due modi alternativi, o con
posti marginali vacanti che generano surplus positivo, o con posti marginali
coperti che generano surplus negativo. In entrambi i casi è facile capire che
il livello dato di L non può essere stabile. Con posti marginali vacanti a
surplus positivo e quindi, nell’ipotesi di normalità, nessun posto coperto a
surplus negativo, il livello di L non può che tendere ad aumentare man mano
che i posti vacanti che alle imprese conviene coprire cambiano di stato. Con
ragionamento simmetrico, con posti marginali coperti a surplus negativo e
nessun posto vacante a surplus positivo il livello di L non può che diminuire.
In entrambi i casi siamo in presenza di un ‘margine attivo’che si manifesta
attraverso ‡ussi di assunzioni di nuovi addetti o ‡ussi di licenziamenti di
addetti precedentemente occupati.
La seconda con…gurazione è la negazione esatta della prima, cioè un margine formato da posti coperti tutti con surplus non negativo e posti vacanti
tutti con surplus non positivo. Come detto sopra, in condizioni normali
questo signi…ca che su nessun posto, coperto o vacante che sia, vi è convenienza a realizzare cambiamenti di stato e quindi che il livello di L esistente
è tendenzialmente stazionario. Questa volta siamo in presenza di un ‘margine inattivo’caratterizzato da ‡ussi netti di assunzioni/licenziamenti nulli;
le assunzioni, se ce ne sono, sono solo quelle necessarie a sostituire gli addetti
in uscita per pensionamento o altre ragioni.
Quando il margine è attivo le variazioni di L in corso modi…cano sia i
posti inclusi nel margine sia i livelli di surplus ad essi associati. Prendiamo
l’esempio di un margine attivo con L in aumento. Man mano che l’insieme
dei posti coperti si espande e quello dei posti vacanti si contrae, il surplus
sui posti che si ritrovano sia nella parte (i) che nella parte (ii) del margine è
destinato a diminuire per pura necessità logica: il minimo di un insieme che
si espande, così come il massimo di un insieme che si restringe, certamente
non aumentano e prima o poi, con l’entrata di un nuovo minimo o l’uscita
di un vecchio massimo, diminuiscono. Notiamo che questa tendenza può occasionalmente venir contrastata dalla presenza di complementarità fra posti
diversi. Per esempio: la trasformazione di un posto A da vacante a coperto
può aumentare la redditività e quindi il surplus di altri posti B, C etc collegati
ad A nella stessa …liera produttiva. Ma è di¢ cile che questi casi particolari
in controtendenza possano prevalere a livello di intero sistema, specialmente
se la tecnologia aggregata è caratterizzata da rendimenti di scala decrescenti
(vedi 3.1.4/B). La tendenza del surplus sui posti marginali a diminuire con
l’espandersi del livello di occupazione si può quindi considerare la tendenza
vincente a livello macroeconomico.
7
Con ragionamento analogo: su un margine attivo con L in diminuzione
la tendenza logica del surplus sui posti marginali è ad aumentare, salvo occasionali casi in controtendenza dovuti di nuovo a complementarità fra posti
(nell’esempio sopra, la trasformazione di A da coperto a vacante può ridurre
la redditività di B, C ...) che comunque non bastano a invertire la tendenza
macroeconomica.
Tutto questo porta a concludere che qualsiasi situazione di margine attivo
si trasforma prima o poi in una situazione di margine inattivo. Partendo da
un livello L con surplus positivo sui posti marginali vacanti (negativo sui
posti marginali coperti), L aumenta (diminuisce) e di conseguenza i surplus
al margine diminuiscono (aumentano). Il processo continua …nché la discesa
(l’aumento) dei surplus marginali non porta a una situazione in cui tutti i
posti vacanti hanno surplus non positivo, tutti i coperti surplus non negativo.
A quel punto il margine è diventato inattivo e, in assenza di altri cambiamenti
nei dati della situazione (vedi oltre), L si stabilizza.
Un livello di L a cui corrisponda margine inattivo si può de…nire un livello di occupazione tendenziale, indichiamolo con Lo . In questa de…nizione
‘tendenziale’assume due signi…cati. Primo, se L = Lo , non c’è nessun vantaggio per le imprese a modi…care lo stato dei posti di lavoro e quindi L
(sempre a situazione invariata) rimane stazionario. Secondo, se L 6= Lo ,
L è sicuramente in movimento ma, qualunque sia la sua direzione, il movimento lo spinge verso un livello Lo stazionario. Occupazione tendenziale è
quindi un livello di occupazione che, se si realizza, tende a restare invariato
…nché non cambiano le circostanze; se non si realizza, funziona da attrattore
dell’occupazione e¤ettiva e quindi è probabile che …nisca per realizzarsi.
Per rendere più precisa la relazione fra occupazione tendenziale e situazione macroeconomica cerchiamo ora di individuare le variabili che la in‡uenzano più direttamente. In situazione di occupazione tendenziale i surplus sui
posti marginali coperti e vacanti si trovano ai due lati dello zero, il che vuol
dire che la redditività dei posti marginali sta in un intervallo i cui estremi includono la remunerazione di un addetto maggiorata di tutti gli oneri
accessori. Si tratta quindi di individuare le variabili macroeconomiche più
direttamente legate alla redditività dei posti di lavoro da un lato, ai costi
della loro copertura dall’altro.
Partiamo dal lato dei costi. Come indicatore macroeconomico del costo
di un addetto prendiamo il salario medio per unità di lavoro, W , determinato
come media ponderata in base alla composizione dell’occupazione dei salari
unitari pagati in tutto il sistema.1 Siccome tutta l’analisi di questo capitolo è
condotta a prezzi costanti, anche W va inteso come una variabile monetaria
1
Se l’economia impiega n tipi di lavoro diversi in quantità L1 ; L2 :::Ln , retribuiti con
8
misurata a prezzi costanti, cioè come un indice del salario reale medio (qui
come nel resto del capitolo omettiamo la tilde che in generale contrassegna
le variabili reali).
Perché valga la pena tenere coperto un posto l’impresa vorrà, per ogni
euro speso in salario, un ritorno di almeno un euro più un margine lordo che,
una volta sottratti gli oneri …scali legati al lavoro, lasci quel minimo di utile
che giusti…ca il mantenimento di un addetto sul posto. Quest’ultima voce,
la soglia di utile minimo per euro sotto il quale l’impresa non ha interesse
a coprire un posto, sta in relazione inversa con la competitività del mercato
di sbocco su cui l’impresa opera. Su mercati molto competitivi le imprese
devono contentarsi di percentuali di utile basse, pena l’esclusione dal mercato
a opera dei concorrenti; dove invece la concorrenza è ridotta, le soglie di utile
minimo possono salire. Il margine lordo minimo su ogni euro speso in salari
deve quindi coprire (i) gli oneri …scali e (ii) la percentuale minima di utile
che l’impresa giudica irrinunciabile data la sua situazione competitiva.
Sia allora una media di tali margini di ritorno minimo per euro speso
in salari calcolata su tutte le imprese del sistema, ciascuna con il suo carico
…scale e la sua situazione competitiva. Il prodotto (1 + ) W sarà il nostro
indicatore macroeconomico del costo di copertura di un posto di lavoro. Il
surplus, positivo o negativo, di un posto di lavoro sarà dato dalla di¤erenza
fra la redditività del posto e (1 + ) W . In particolare, in un margine inattivo
tale surplus deve essere non negativo sui posti marginali coperti e non positivo
sui vacanti. La redditività dei posti marginali deve trovarsi quindi il più
vicino possibile ai due lati di (1 + ) W .
Rivolgiamoci ora alla de…nizione di un indicatore macroeconomico di
redditività dei posti marginali.
La teoria economica utilizza per lo più a questo scopo la produttività
marginale del lavoro in unità naturali ricavata dalla funzione di produzione
aggregata, cioè la derivata della funzione di produzione rispetto a L. Questa scelta ha i suoi vantaggi di semplicità analitica ma concettualmente non
è del tutto paci…ca. La derivata in L della funzione di produzione misura
approssimativamente la variazione di valore aggiunto imputabile a una vasalari unitari W1 ; W2 :::Wn , il monte salari complessivo è dato da
P
per l’occupazione totale L = Lh si ottiene
n
P
Lh Wh . Dividendo
h=1
h
W
n
X
Lh
Wh
L
h=1
cioè una media dei salari unitari per tipo di lavoro pesati per l’importanza relativa di ogni
tipo nell’occupazione totale.
9
riazione unitaria in più o in meno dell’occupazione, quindi l’e¤etto sul valore
aggiunto di un posto di lavoro trasformato da vacante in coperto o viceversa.
Tale variazione però in generale non coincide con la redditività del posto di
lavoro per l’impresa a cui esso è attaccato. Gli esempi di non coincidenza
si trovano facilmente. La copertura di un posto presso l’impresa A aumenta
gli utili delle imprese B e C a monte di A nella stessa …liera produttiva (la
produttività marginale aggregata è maggiore della redditività del posto per
A). Oppure: la copertura di un posto presso A riduce gli utili di B e C in
competizione con A sullo stesso mercato di sbocco (la produttività marginale
aggregata è minore della redditività per A). Se la redditività per le imprese
è ciò che più conta per capire se il margine è attivo o inattivo, i due esempi
mostrano come, ragionando caso per caso, la produttività marginale aggregata del lavoro possa essere un indicatore distorto. Ciò ammesso, tuttavia,
la pratica della teoria economica di servirsi della produttività marginale aggregata per stimare la redditività dei posti marginali si può giusti…care con
la …ducia che, preso il sistema nella sua totalità, i tanti casi di distorsione
possibili si compensino fra di loro.
Entro i limiti di …ducia ora detti, possiamo dire che il margine è inattivo quando la produttività marginale aggregata del lavoro al livello di occupazione L esistente coincide con, o comunque approssima molto da vicino
(1 + ) W . Prendendo per semplicità il caso di eguaglianza stretta, la caratterizzazione macroeconomica di un margine inattivo è data dall’equazione
dY
= (1 + ) W
dL
(3.9)
Da questa si può passare a determinare il corrispondente livello di occupazione tendenziale utilizzando una qualunque delle formule (3.6) per calcolare il membro sinistro. In particolare, se nella (3.9) usiamo la forma
dY
= Q L 1 , sviluppando otteniamo
dL
L1
=
Q
(1 + ) W
(3.10)
la cui soluzione rispetto a L identi…ca il livello di occupazione tendenziale Lo .
Come è facile veri…care la soluzione di (3.10) è unica;2 il che vuol dire che in
una situazione macroeconomica de…nita da valori dati di Q, W e il sistema
ha un unico livello di occupazione tendenziale. Non solo, ma dalla (3.10) si
vede anche che tale livello è correlato positivamente all’e¢ cienza del lavoro
2
Dal fatto che < 1, L1
è crescente monotonicamente in L, quindi esiste un unico
valore di L che soddisfa l’equazione (3.10).
10
misurata da Q, e negativamente sia al salario reale medio W sia all’altezza
del margine di ritorno minimo irrinunciabile per le imprese misurato da .
In 3.1.4/B, proprietà (ii), abbiamo visto che con < 1 la produttività
marginale del lavoro è funzione decrescente di L. Quindi, in caso di occupazione e¤ettiva al di sotto o al di sopra della tendenziale, L < Lo o L > Lo ,
la produttività marginale è rispettivamente maggiore o minore di quella al
livello Lo , che per la (3.9) è uguale a (1 + ) W . Da ciò si può dedurre che a
L < Lo i posti marginali vacanti generano un surplus positivo su (1 + ) W ,
e che a L > Lo i posti marginali coperti generano un surplus negativo. Nel
primo caso è allora in azione una tendenza di L ad aumentare, nel secondo
a diminuire. La formulazione matematica conferma quindi che il livello di
occupazione tendenziale funziona da attrattore dell’occupazione e¤ettiva a
partire da qualunque livello non tendenziale.
2.3
Da pag. 236, par. 4.5.1/B, …no a pag. 243 dove
comincia la spiegazione di …g. 4.4: sostituisci con
il testo seguente
Par. 4.5.1/B. Rischio di cambio e parità scoperta
I criteri di gestione del portafoglio del cambista sono gli stessi dell’operatore speculativo in generale (vedi 4.2), basati su redditività e rischio. Nel
caso particolare del cambista si tratta di portafogli con asset denominati in
due valute diverse: il rapporto di scambio fra di esse introduce un fattore di
varianza di rendimento, e quindi un rischio aggiuntivo rispetto a portafogli
composti da asset tutti nella stessa valuta. Non solo, ma questo speci…co
rischio, che distinguiamo con il nome ‘rischio di cambio’, sarà valutato diversamente a seconda se il cambista calcola il suo rendimento atteso in unità
di valuta domestica o in unità di valuta estera. Infatti il rischio di cambio
riguarda solo gli asset denominati nella valuta diversa da quella che serve da
unità di conto del rendimento atteso.
Chiamiamo per comodità ‘cambista residente’quello che computa i rendimenti attesi in unità di valuta domestica, e ‘non residente’l’altro. Un asset
denominato in valuta estera, con prezzo e payo¤ atteso entrambi in valuta
a
estera3 P e x , avrà tasso di rendimento atteso in valuta estera calcolato
3
Notazione: in generale d’ora in poi le variabili contrassegnate con asterisco si intendono
espresse in valuta estera.
11
come nella (4.10)
a
a
x
1+r =
P
Per il cambista non residente questo è l’indicatore di rendimento che conta
e il tasso di cambio non entra in gioco. Invece il cambista residente calcolerà
il tasso di rendimento tenendo conto del fatto che il prezzo P equivale a
a a
a
EP in valuta domestica a pronti, e il payo¤ x a E x in valuta domestica
a
alla data futura a cui si riferisce il payo¤, con E valore atteso oggi del tasso
di cambio a quella data. Il tasso di rendimento in valuta domestica è quindi
a
a
a
E
Ex
=
1+r =
EP
E
a
a
1+r
Introduciamo la notazione
a
a
E
E
E
a indicare la variazione percentuale attesa del tasso di cambio. La formula
del tasso di rendimento in valuta domestica diventa
a
a
a
a
r=r +
1+r
a
a
'r +
(4.20)
Per semplicità, nel seguito useremo sempre la formula approssimata con
a a
l’omissione del prodotto di decimali
r .
a
Nel caso particolare in cui l’asset in valuta estera è risk-free r coincide
con il tasso d’interesse monetario a breve sul mercato monetario estero, i .
Dalla (4.20), il corrispondente tasso di rendimento atteso in valuta domestica
è
a
a
r'i +
(4.21)
a
con
a segnalare che l’unico rischio derivante dal tenere in portafoglio un
risk-free estero è il rischio di cambio.
Esercizio 3 (32) Veri…ca che il tasso di rendimento per un cambista non
residente di un asset denominato in valuta domestica con prezzo e payo¤
a
atteso P e x è dato da
a
a
a
a
r
a
'
r
r =
a
1+
a
con r ' i
a
nel caso di asset risk-free in valuta domestica.
12
Mettiamo ora a confronto coppie di asset, uno in valuta domestica l’altro
in valuta estera, che i mercati considerano egualmente rischiosi nel senso che
il premio di rischio a cui il cambista residente mediano è disposto a tenere
in portafoglio il titolo nella propria valuta è lo stesso a cui il cambista non
residente mediano è disposto a tenere in portafoglio l’altro. Sia k l’asset
domestico, h l’asset estero, e per ipotesi
a
a
rk
i=
= rh
i
Applicando la (4.20), la di¤erenza di rendimento atteso fra i due asset
per un cambista residente è data da
a
rh
a
a
a
a
rk ' rh
rk +
a
= i
i+
Per un cambista non residente, come si può veri…care immediatamente dalla
soluzione dell’esercizio (32), la di¤erenza non cambia
a
rh
a
a
a
a
rk ' rh
rk +
a
= i
i+
Per entrambi gli operatori termini decisivi di confronto sono l’aspettativa di
variazione del cambio e lo spread fra i tassi d’interesse monetario a breve
interno ed estero.
Osserviamo in particolare che i rendimenti attesi di asset di pari rischiosità
nelle due valute si eguagliano fra di loro – sia per il cambista residente che
per il non residente –quando l’aspettativa prende il valore
a
=i
i
(4.22)
cioè quando la variazione percentuale attesa del tasso di cambio compensa
perfettamente lo spread fra tassi monetari interno ed estero. In tal caso si dice
che è veri…cata la ‘condizione di parità scoperta’, abbreviata con l’acronimo
UIP = Uncovered Interest Parity.4 Nel seguito indicheremo la particolare
aspettativa de…nita dalla (4.22) con l’abbreviazione uip . In conseguenza di
4
La denominazione ‘parità scoperta’deriva dal fatto che il cambista residente che lascia
una posizione in valuta domestica per una in valuta estera di rischiosità e rendimento
atteso uguale assume rischio di cambio senza alcuna copertura assicurativa. Per coprirsi
dal rischio di cambio basterebbe che il cambista combinasse il suo impiego in valuta estera
con un contratto derivato di vendita ‘forward’di valuta estera contro domestica. Questo gli
permetterebbe di rientrare in valuta domestica, anziché al tasso di cambio futuro (incerto)
13
questa de…nizione il di¤erenziale di rendimento fra asset domestici ed esteri
di pari rischiosità, in qualunque valuta sia computato, si può riscrivere
a
a
a
a
r k ' rh
rh
a
rk '
uip
Basilare per le scelte di portafoglio dei cambisti è il principio secondo il
quale, fra due asset appartenenti alla stessa classe di rischio, uno in valuta
domestica l’altro in valuta estera, quello in valuta estera sarà preferito solo
a condizione che dia un premio di rendimento atteso rispetto all’asset domestico più che su¢ ciente a coprire il rischio di cambio. Chiamiamo E il
premio necessario a coprire l’assunzione di rischio di cambio e supponiamo
per semplicità che abbia lo stesso valore per tutti i cambisti, residenti e non.
Volendo tenere in portafoglio un rischio di classe , il cambista residente
preferirà farlo con un asset in valuta estera (h) o uno in valuta domestica (k)
a
a
a seconda se la di¤erenza di rendimento rh rk copre o non copre il premio
a
a
a
a
di rischio di cambio, rh rk R E . Sostituendo rh rk dall’ultima formula,
vediamo che ciò dipende da dove si colloca l’aspettativa del cambista rispetto
alla soglia de…nita qui sotto
a
R
uip
+
(4.23)
E
E analogamente,
Esercizio 4 (33) Dimostra che a parità di rischio il cambista non residente preferisce tenere in portafoglio un asset in valuta domestica o uno in
valuta estera5 a seconda se
a
Q
uip
(4.24)
E
a
E, al tasso di cambio certo Ef che è stabilito oggi sul mercato forward. Il rendimento
unitario per un residente che investe in h sarebbe dato da
a
a
rh ' rh +
Ef
E
E
=i + +
Ef
E
E
La parità di rendimento con l’asset domestico k egualmente rischioso richiede
Ef
E
E
=i
i
Questa condizione si chiama condizione di parità coperta, ed è in tutto simile alla (4.22)
fuorché per la sostituzione del tasso di cambio forward al tasso di cambio atteso. A
di¤erenza della UIP, la parità coperta garantisce indi¤erenza fra impiego domestico ed
estero non essendoci rischio di cambio da compensare.
5
Ovviamente quella che qui chiamiamo valuta ‘domestica’è estera per il non residente,
e viceversa per quella che chiamiamo ‘estera’. L’asset in valuta ‘domestica’ sarà quindi
preferito dal non residente solo a condizione di copertura del rischio di cambio al premio
E.
14
Questa analisi delle scelte dei cambisti, per quanto sempli…cata (abbiamo
lavorato su una formula approssimata dei di¤erenziali di rendimento atteso e
nell’ipotesi di premio di rischio di cambio uguale per tutti gli operatori) porta
a concludere quanto segue. Dato lo spread fra i tassi d’interesse monetario
a breve domestico ed estero, e quindi l’aspettativa di parità scoperta uip ,
esiste un intorno di uip individuato dalle formule (4.23) e (4.24) di ampiezza
direttamente correlata al rischio di cambio, [ uip
E ; uip + E ], tale che
a
(i) se l’aspettativa
cade all’interno dell’intervallo, a parità di rischio ogni
cambista preferisce tenere asset nella propria valuta piuttosto che in valuta
estera; (ii) se l’aspettativa cade al di sopra dell’estremo superiore, tutti i
cambisti sia residenti che non preferiscono asset in valuta estera; e se (iii)
cade al di sotto dell’estremo inferiore, le preferenze di tutti i cambisti si
spostano sugli asset in valuta domestica. Nel primo caso le scelte di residenti
e non residenti si distribuiscono fra i due lati del mercato; nel secondo e terzo
si allineano tutte dallo stesso lato, con domanda di soli asset esteri o asset
domestici a seconda se il caso è (ii) o (iii).
Da queste conclusioni derivano le caratteristiche della domanda netta
speculativa sul mercato delle valute che illustriamo nel prossimo paragrafo.
Par. 4.5.2 Domanda netta speculativa
a
Per quanto visto in 4.5.1/B, tutti i cambisti con aspettative abbastanza
lontane da uip , residenti e non, cercheranno di tenere portafogli concentrati
su una sola delle due valute. Se in portafoglio è ancora presente qualche asset
nell’altra valuta (quella non desiderata) lo vorranno vendere, e in nessun
caso vorranno comprarne di più. Negli scambi fra valuta estera e valuta
domestica questi cambisti operano, se operano, in una sola direzione. Se lo
a
scarto
uip è positivo e abbastanza alto da coprire il rischio di cambio
degli operatori residenti che tengono o acquistano asset in valuta estera,
chi ha attività in valuta domestica in portafoglio cercherà di eliminarle, chi
non le ha si guarderà bene dall’acquistarle. Se lo scarto è negativo e di
valore assoluto abbastanza alto da coprire il rischio di cambio degli operatori
non residenti che tengono o acquistano asset in valuta domestica, accadrà il
contrario. Il primo tipo di aspettative alimenta esclusivamente il lato o¤erta
del mercato dei cambi; il secondo, il lato domanda.
I cambisti con aspettative vicine a uip possono avere invece convenienze
in entrambe le direzioni, e quindi alimentare tanto il lato o¤erta che il lato
domanda in proporzioni variabili.
Da queste osservazioni discendono due proprietà fondamentali della do-
15
manda netta di valuta domestica da parte dei cambisti, o domanda netta
speculativa.
Prima proprietà: data l’aspettativa di parità scoperta uip , la domanda
netta speculativa dipende dal modo in cui i cambisti si distribuiscono fra
diverse aspettative.
Data uip , infatti, la distribuzione ci dice in che modo i cambisti si ripara
tiscono fra quelli con
>
a
o¤erta, e quelli con
<
uip
uip
in misura su¢ ciente a spingerli tutti dal lato
in misura su¢ ciente a spingerli tutti dal lato
a
domanda. Gli altri, quelli con non così lontano da uip , risultano non decisivi. Infatti se una netta maggioranza di cambisti si colloca nel primo gruppo
la domanda netta di valuta domestica sarà negativa, e tanto di più quanto
maggiore è il peso di questo gruppo sulla popolazione totale dei cambisti.
Se la maggioranza si colloca nel secondo gruppo, il contrario, con domanda
netta positiva tanto maggiore quanto più pesa la maggioranza. Solo in caso
di equidistribuzione delle aspettative dai due lati di uip si può presumere
che la domanda netta speculativa sarà approssimativamente nulla.
Un altro modo di caratterizzare questa proprietà è attraverso l’aspettativa che occupa la posizione mediana della distribuzione, indichiamola con
am
a
. Se la maggioranza dei cambisti ha aspettative
am
>
uip
>
uip
vuol dire che
e quindi che i cambisti con l’aspettativa mediana preferiscono
am
portafogli interamente in valuta estera. In caso contrario,
< uip e i cambisti con l’aspettativa mediana preferiscono portafogli interamente in valuta
domestica. La domanda netta, negativa o positiva, ri‡ette quindi le preferenze del cambista con aspettativa mediana.6 Nel caso di domanda netta nulla,
am
= uip , i cambisti mediani non hanno una preferenza univoca: infatti
con aspettativa allineata alla parità scoperta i residenti preferiscono tenere
portafogli in valuta domestica, i non residenti in valuta estera.
Un corollario di questa proprietà è il seguente: se le aspettative dei cambisti si muovono, restando fermo lo spread fra i tassi d’interesse e perciò
uip , la domanda netta speculativa si muove in direzione opposta. Per esempio, se i cambisti si spostano in massa verso aspettative di variazione del
cambio più alte, a parità di uip aumenta la quota di quelli che preferiscono
portafogli in valuta estera a scapito della quota di chi preferisce portafogli in
valuta domestica; conseguentemente diminuisce la domanda netta di valuta
domestica.
6
In questa analisi il cambista mediano ha il ruolo del così detto ‘elettore
mediano’ nell’analisi dei ‡ussi elettorali: l’alternativa preferita dall’elettore mediano è
anche l’alternativa che ottiene la maggioranza dei voti.
16
Seconda proprietà: data la distribuzione dei cambisti fra le aspettative, la
domanda netta speculativa si muove nella stessa direzione dell’aspettativa di
parità scoperta uip .
Per esempio, restando ferme le aspettative, un aumento di uip riduce la
a
a
quota dei cambisti con > uip e aumenta quella dei cambisti con < uip .
Scendono le preferenze per portafogli in valuta estera, salgono quelle per
portafogli in valuta domestica, e di conseguenza aumenta la domanda netta
di valuta domestica. Notiamo che uip varia in relazione diretta con il tasso
d’interesse interno e in relazione inversa con il tasso d’interesse estero. La
domanda netta speculativa è quindi in‡uenzata positivamente da variazioni
del tasso d’interesse interno, negativamente da variazioni del tasso estero.
Nella …gura 4.4 è rappresentata... (riprendi pag 243)
2.4
Da pag 275 penultimo capoverso (“La propensione
marginale al consumo può trovarsi...”) …no alla …ne
di pag 277: sostituisci con il testo seguente
dA
che prende
La (5.5) mostra anche la possibilità che in casi particolari, con dY
d
valori negativi, la propensione marginale scenda al di sotto di C1 . Un esempio notevole è quello ricordato in letteratura come ‘equivalenza ricardiana’.
Supponiamo che un euro di spesa pubblica passi da …nanziamento mediante
prelievo …scale a …nanziamento a debito. Il reddito Yd delle famiglie aumenta
di un euro a fronte di un euro in più di debito pubblico. Ma se l’euro di debito
è collocato presso investitori esteri, e se le famiglie ritengono che in futuro
il prelievo …scale dovrà aumentare per coprire il corrispondente ‘servizio del
debito’, la capitalizzazione delle maggiori imposte future va a diminuire il
dA
risulta quindi negativo e
valore del loro patrimonio netto. Il rapporto dY
d
per la (5.5) la propensione marginale al consumo inferiore a C1 .7
7
Nel caso considerato da David Ricardo (…nanziamento di un debito di guerra, 1820)
la propensione marginale al consumo sarebbe risultata addirittura nulla. Da ciò il termine
‘equivalenza’: tassare subito, o ricorrere al debito per tassare più tardi man mano che si
rimborsa il debito, dal punto di vista del comportamento di consumo non farebbe nessuna
di¤erenza. L’esempio, per ammissione dello stesso Ricardo, era arti…ciale e non generalizzabile. Nella sua versione moderna l’equivalenza ricardiana serve piuttosto ad aprire una
questione più fondamentale. Visto che il rimborso del debito pubblico esistente verrà in
parte o del tutto dalla tassazione, quale è la nozione di ricchezza più appropriata come
determinante della spesa per consumo delle famiglie? La ricchezza netta delle famiglie
o la ricchezza netta consolidata di famiglie e P.A.? In e¤etti nell’esempio ricardiano la
17
Dal grado di permanenza delle variazioni del reddito dipende il comportamento della propensione media al consumo al variare del reddito disponibile.
C
. In seguito a una
Indichiamo la propensione media per brevità con cm
Yd
variazione di reddito disponibile da un livello Yd a Yd + dYd , qualunque sia il
segno di dYd la propensione media passa dal valore iniziale cm al valore
c0m =
C + dC
Yd + dYd
Quale sia il segno della variazione c0m
l’esercizio seguente.
cm si può ricavare attraverso
Esercizio 5 (37) Dimostra che
c0m
cm =
dYd
Yd + dYd
dC
dYd
cm
La formula ottenuta dall’esercizio mostra che l’andamento della propensione media al variare del reddito dipende dal segno dell’espressione in parentesi a membro destro. La propensione media al consumo varia nella stessa direzione del reddito o in direzione opposta a seconda se la propensione
marginale al consumo è maggiore o minore della propensione media. Se le
due propensioni sono eguali, la propensione media è invariante al variare del
reddito.
Utilizzando la formula (5.5) si vede che in quale caso si rientri dipende
da quanto è patrimonializzata la variazione di reddito. Il livello di patrimonializzazione che eguaglia la propensione marginale alla media, cioè
dA
cm C 1
=
dYd
C2
(5.5bis)
fa da discriminante. Esso esprime la percezione che dYd non è né così temporaneo, né così permanente, da indurre alterazioni nel rapporto fra spesa
per consumo e reddito. Allora le due variabili covariano mantenendosi in
proporzioni costanti.
Se la percezione di permanenza fosse maggiore di questo livello ‘neutrale’
il livello di patrimonializzazione di dYd aumenterebbe e di conseguenza la
propensione marginale al consumo supererebbe la propensione media. Questa
allora si muoverebbe nella stessa direzione del reddito, con livelli di consumo
capitalizzazione delle maggiori tasse future equivale a considerare il debito pubblico come
se facesse parte delle passività dei contribuenti. In queste lezioni si è preferito non seguire
questa strada perché si è ritenuto che nella realtà non vi sia così tanta ‘interiorizzazione’
del debito pubblico da parte delle famiglie.
18
che rispondono a variazioni del reddito in misura più che proporzionale o
‘prociclica’. Il caso opposto, di una percezione di permanenza minore di
quella neutrale con conseguente minor patrimonializzazione di dYd , muove
invece la propensione media in direzione opposta al reddito generando una
risposta del consumo alle variazioni di reddito meno che proporzionale o
‘anticiclica’. In questo secondo caso si parla anche di un comportamento
stabilizzatore o ‘consumption smoothing’, orientato cioè a smorzare gli e¤etti
della variabilità del reddito sul consumo.
Questa casistica dà per scontato che il livello di patrimonializzazione discriminante de…nito dalla (5.5bis) sia positivo, cioè che per lasciare invariata
la propensione media al consumo una variazione dYd debba avere un certo
grado di permanenza, tale da indurre un dA dello stesso segno. Ciò equivale a supporre cm C1 > 0, propensione media al consumo maggiore della
propensione marginale per variazioni di reddito puramente temporanee. E
siccome cm è di norma minore dell’unità (vedi 5.1.1/A), a maggior ragione
C1 dovrà essere minore dell’unità.
2.5
Pagg. 281-282, sostituisci il testo dell’intero par.
5.1.3/B con il seguente.
La produttività dei progetti d’investimento che il sistema delle imprese è in
grado di proporre ai mercati …nanziari si può considerare come un indicatore
di fabbisogno di capitale da parte del sistema economico: se ci sono progetti
di manutenzione, sostituzione o innovazione di beni strumentali durevoli che
danno alte prospettive di redditività, vuol dire che in qualche settore dell’economia l’attrezzatura produttiva è ancora al di sotto di un livello adeguato
alle esigenze del sistema. Chiaro che aumentando la dotazione complessiva
di capitale le inadeguatezze vengono gradualmente colmate, con conseguente
tendenza alla diminuzione dei tassi di rendimento mediamente attesi da nuovi
progetti. Possiamo supporre allora che la media dei tassi di rendimento sul
costo ~{c calcolata sul ‡usso dei progetti che si confrontano con i mercati …nanziari sia in relazione inversa con la disponibilità di capitale dell’economia.
Come in 3.1.1, prendiamo come indicatore di disponibilità di capitale il rapK
. L’ipotesi è quindi che fra k e la media degli ~{c vi sia una
porto k
L
relazione inversa.
In 3.2.1/C abbiamo visto che ogni dato livello di k, per essere mantenuto
invariato a fronte di una velocità di rottamazione degli impianti e una velocità ` di variazione di occupazione, richiede un ‡usso di investimento per addetto
( + `) k. Moltiplicando per L ambo i membri di questa de…nizione
19
otteniamo il corrispondente ‡usso di ‘investimento di mantenimento’: infatti,
da L = I,
Im ( + `) kL = ( + `) K
con Im a indicare il ‡usso di investimento necessario a mantenere invariata
la dotazione di capitale per addetto al livello k esistente.
Dato un livello di k, il ‡usso e¤ettivo di investimento I può coincidere
o non coincidere con Im , l’investimento di mantenimento di k. Per quanto
visto in A (punto (ii)) ciò dipenderà dalla media dei tassi d’interesse reale
~{ vigenti sui mercati …nanziari. Indichiamo allora con ~{m , che chiameremo
‘tasso d’interesse di mantenimento’, il livello di ~{ in corrispondenza del quale
il ‡usso degli investimenti che arrivano a realizzazione coincide con Im . Un
livello medio dei tassi reali maggiore o minore di ~{m porterà a un ‡usso di
investimenti I rispettivamente minore o maggiore di Im e quindi, col tempo,
a una diminuzione o un aumento del livello di k inizialmente dato.
Colleghiamo ora la nozione di tasso d’interesse di mantenimento a un
dato k con l’ipotesi di una relazione inversa fra la disponibilità di capitale
dell’economia e il fabbisogno rivelato dal tasso di rendimento mediamente
atteso sui progetti d’investimento. Se è vero che più alto è k più basse
sono le produttività reali ~{c sui nuovi progetti, la realizzazione del ‡usso di
mantenimento Im associato a k richiederà, a livelli più alti, condizioni più
favorevoli sui mercati …nanziari. Il tasso ~{m di mantenimento di k dovrà
quindi diminuire al crescere di k in modo da assecondarne il mantenimento
nonostante il minor fabbisogno di capitale dell’economia. Esprimiamo questa
proposizione nella forma di una relazione funzionale
~{m = ~{m (k)
a cui ci limitiamo a richiedere che la funzione generica ~{m (k) abbia derivata
prima negativa.
A questo punto ogni data situazione sarà caratterizzata dai livelli Im e
~{m (k) corrispondenti alla dotazione k dell’economia, e dal livello ~{ corrispondente allo stato dei mercati …nanziari. La situazione può evolversi nel senso
di confermare k o di modi…carlo a seconda della di¤erenza ~{ ~{m (k) R 0. Per
analizzare i vari casi possibili sarà utile riunire tutti gli aspetti sinora visti
nella forma di una funzione d’investimento.
20
2.6
Da pag 290 terzo capoverso (“Come in‡uiscono
il livello della domanda domestica...”) …no a pag.
296 formula (5.11): sostituisci con il testo seguente
Come in‡uiscono il livello della domanda domestica e il tasso di cambio reale
sulla domanda di beni importati? De…niamo prima di tutto la domanda di
importazioni in termini reali in unità di prodotto estero attraverso il rapporto
fra spesa per importazioni Z misurata in valuta domestica e valore, sempre
in valuta domestica, di un paniere di importazioni EP
Z~
Z
EP
Notiamo che da questa de…nizione segue
Z
E~ Z~ =
P
ovvero: E~ Z~ rappresenta la quantità di panieri di prodotto domestico equi~ all’importazione di Z~ panieri di prodotto
valenti, al tasso di cambio reale E,
estero (importazioni reali in unità di prodotto domestico).
La domanda interna che si rivolge a prodotto domestico, Drs Z, in
termini reali in unità di prodotto domestico è rappresentata da
Drs Z
P
~ rs
X
e per quanto appena visto al capoverso precedente,
~ rs = D
~ rs
X
E~ Z~
A questo punto possiamo rappresentare le possibili ripartizioni di una
~ rs fra beni esteri e beni domestici attraverso un
data domanda dei residenti D
~ rs come nella …gura 5.4.
gra…co bidimensionale nelle coordinate Z~ e X
~ rs =
I due segmenti nella …gura sono ritagliati da rette di equazione X
~
~
~
Drs E Z tracciate ai due diversi livelli di domanda interna leggibili dalle
intercette sull’asse delle ordinate. Ogni segmento indica tutte le possibili
ripartizioni del livello corrispondente di domanda interna fra beni importati
~ rs , dall’estremo Z~ = 0, X
~ rs = D
~ rs all’estremo X
~ rs = 0,
Z~ e beni domestici X
1
~ rs . Il rapporto di scambio de…nito dal tasso di cambio reale E~
Z~ = E~ D
è rappresentato dall’inclinazione del segmento rispetto all’asse delle ascisse.
La posizione scelta su ogni dato segmento dipende in parte da preferenze
21
Figura 1: (5.4)
collettive, in parte dalla tecnologia e dalla disponibilità di risorse primarie
dell’economia.
~ rs la scelta
Supponiamo che al livello più basso di domanda interna D
collettiva cada sul mix di importazioni/prodotto domestico rappresentato
dal punto a. Se, variando uno qualsiasi degli argomenti della funzione di
~ rs aumentasse …no al livello D
~ 0 , il luogo delle
domanda interna (5.8), D
rs
scelte possibili diventerebbe la retta più alta parallela alla precedente (E~ non
è cambiato). Qualunque siano le preferenze e la tecnologia della collettività,
è naturale attendersi che la scelta sul nuovo segmento si collochi all’interno
dell’intervallo bb0 , con il di più di domanda …nale che si distribuisce in una
qualche misura fra importazioni e prodotto domestico. Sarebbe singolare,
infatti, che essendovi per qualsiasi ragione maggior potere d’acquisto che si
rivolge ai mercati …nali, la domanda di prodotti domestici o di prodotti esteri
diminuisse.
Questa correlazione positiva fra domanda interna e importazioni corrisponde a una specie di ‘e¤etto di reddito’puro, non in‡uenzato da variazioni
di rapporto di scambio fra beni domestici ed esteri. Ne discende la regola
secondo cui qualunque variazione degli argomenti della funzione di domanda
~ rs .
interna (5.8) fa variare Z~ nella stessa direzione in cui fa variare D
Diverso il caso se, a parità di domanda interna, vi è una variazione del
~ In tal caso, oltre che di un e¤etto di reddito, dobrapporto di scambio E.
biamo tener conto di un ‘e¤etto di sostituzione’indotto dal cambiamento di
22
Figura 2: (5.5)
convenienza relativa fra beni domestici ed esteri.
Nella …gura 5.5 è rappresentato il caso di un deprezzamento reale da E~
~ A parità di domanda interna, il deprezzamento comporta il pasa E~ 0 > E.
saggio da un segmento meno ripido a uno più ripido, a esprimere la maggior
convenienza relativa dei beni domestici rispetto ai beni d’importazione. La
…gura mostra anche che il deprezzamento si accompagna a una perdita di
potere d’acquisto: le scelte prima possibili ora, a parità di domanda interna,
non lo sono più. L’unica scelta che rimane possibile è la scelta ‘autarchica’
Z~ = 0.
Supponiamo che la ripartizione iniziale della domanda interna fra beni
domestici e importati sia rappresentata dal punto a. Il puro e¤etto di reddito porterebbe a una riduzione sia delle importazioni che della domanda di
prodotto domestico. Ma siccome il rapporto di scambio fra beni domestici
ed esteri è variato a favore dei primi, divenuti relativamente più a buon mercato, è probabile che vi sia un e¤etto di sostituzione nella direzione indicata
dalla freccia sul nuovo segmento. Il risultato …nale è certamente negativo
~ su cui e¤etto reddito e sostituzione lavorano nella stessa direzione; è
per Z,
~ rs che può variare in qualunque direzione a seconda se
invece incerto per X
l’e¤etto di sostituzione si ferma prima del punto b (di ordinata uguale ad a)
o prosegue oltre. Decisivo è il grado di sostituibilità fra beni domestici ed
esteri: più è alto, più è probabile che la domanda di prodotti domestici dei
residenti aumenti.
23
~ rs diminuito, costante o aumentato, corrispondono
I tre casi possibili, X
~ Z cresciuto costante o diminuito. Infatti, mentre la
rispettivamente a E~ Z=
P
quantità importata Z~ sicuramente diminuisce, il suo valore in termini di beni
~ può essere variato
domestici, essendo aumentato il rapporto di scambio E,
in qualunque direzione. I tre casi, che corrispondono (rispettivamente) a
bassa, media o alta sostituibilità fra beni domestici ed esteri, si possono anche
caratterizzare in termini di elasticità delle importazioni rispetto al tasso di
cambio reale.
Infatti l’elasticità di Z~ rispetto a E~ è de…nita dal rapporto
z
=
~
dZ
~
dE
~
Z
~
E
=
E~ dZ~
Z~ dE~
Con il suo scarto dall’unità l’elasticità indica se il valore della spesa per
importazioni misurato in termini di beni domestici aumenta, resta costante
~ Infatti
o diminuisce al crescere di E.
d E~ Z~
dE~
dZ~
= Z~ + E~
= Z~
dE~
= Z~ (1
z)
E~ dZ~
1+
Z~ dE~
!
=
da cui: il valore delle importazioni in termini di beni domestici aumenta,
resta costante o diminuisce a seconda se (1
z ) è positivo, nullo o negativo,
cioè a seconda se l’elasticità delle importazioni z è minore, uguale o maggiore
dell’unità.
Il caso favorevole, in cui un deprezzamento reale fa aumentare la domanda
di prodotti domestici dei residenti, è quello in cui E~ Z~ diminuisce: lo possiamo
caratterizzare alternativamente come caso di elevata sostituibilità fra beni
domestici ed esteri, o di elasticità delle importazioni rispetto a E~ maggiore
dell’unità. Il caso sfavorevole, in cui un aumento di E~ abbatte la domanda di
prodotti domestici, è invece quello in cui E~ Z~ aumenta, ovvero la sostituibilità
fra beni domestici ed esteri è bassa, e l’elasticità delle importazioni rispetto
a E~ minore dell’unità. In mezzo sta il caso discriminante di deprezzamento
reale neutrale, con sostituibilità a livello medio e elasticità delle importazioni
uguale all’unità.
Esercizio 6 (39) Analizza gra…camente il caso di un apprezzamento reale.
Mostra che le conseguenze sulla domanda di prodotto domestico sono simmetriche, in particolare che questa diminuisce, nonostante il maggior potere
d’acquisto, se l’elasticità delle importazioni è maggiore dell’unità.
24
Riassumiamo l’analisi di questo paragrafo nella forma di una funzione
d’importazione dipendente da due argomenti, la domanda interna e il tasso
di cambio reale
~ rs ; E~
Z~ = Z D
La funzione è normalmente crescente nel primo argomento, decrescente nel
secondo.
La spesa per importazioni espressa in unità di prodotto domestico
Z
~ rs ; E~
= E~ Z D
P
è quindi anch’essa funzione crescente della domanda interna, mentre il segno
della sua dipendenza dal tasso di cambio reale è a priori indeterminato e
dipende dall’elasticità z . Con importazioni elastiche, z > 1, sia Z~ che PZ
variano inversamente al tasso di cambio reale.
Un indicatore importante della tendenza a importare di un’economia è la
così detta propensione marginale all’importazione, de…nita in termini nominali dalla derivata di Z rispetto alla domanda interna Drs . Indicando con Z1
~ rs , a P ,
la derivata della funzione d’importazione nel suo primo argomento D
P e E costanti la propensione marginale è data da
d EP Z~
dZ
=
dDrs
~ rs
d PD
=
EP dZ~
~ 1
= EZ
~ rs
P dD
Da Z1 > 0 segue che la propensione marginale all’importazione è positiva. Aggiungiamo che in condizioni normali avrà anche un valore minore
dell’unità, 1 > E~ Z1 > 0. Un euro in più di domanda interna, distribuendosi fra beni domestici e beni d’importazione, darà luogo a maggior spesa in
importazioni per qualcosa di meno di un euro, il resto venendo assorbito da
maggior spesa in prodotti domestici.
Esercizio 7 (40) Utilizzando la …g. 5.4, dimostra geometricamente che se,
a domanda interna aumentata, la posizione scelta dalla collettività passa
dal punto a a un punto interno al segmento bb0 , la variazione di quantità
~ Z~ < dD
~ rs , da cui E~ Z1 < 1.
importata soddisfa la condizione Ed
5.2.2 Funzione di esportazione
La funzione di esportazione di un paese coincide con la funzione di importazione del resto del mondo. Possiamo quindi basarci interamente sull’analisi
25
del paragrafo precedente, prestando attenzione al fatto che se E~ è il tasso di
cambio reale ‘incerto per certo’del nostro paese, l’incerto per certo del resto
del mondo sarà dato da E1~ .
La quantità del (nostro) prodotto domestico che il resto del mondo importa dal nostro paese sarà allora (i) funzione crescente della domanda interna
reale del resto del mondo espressa in unità del suo prodotto, indichiamola
~ . (ii) Funzione decrescente del tasso di cambio reale 1 , e quindi per
con D
~
E
~
il nostro paese funzione crescente di E.
~ il ‡usso reale delle esportazioni in unità di prodotto
Indicando con X
domestico, avremo quindi una funzione
~ =X D
~ ; E~
X
crescente in entrambi gli argomenti.
Il grado di sostituibilità fra beni d’importazione e prodotti domestici del
resto del mondo determina la maggiore o minore elasticità delle esportazioni
del nostro paese rispetto al tasso di cambio reale. La de…nizione di elasticità
è
~
E~ dX
=
x
~ dE~
X
Maggiore è x e maggiore è l’e¤etto positivo di un deprezzamento reale
sull’esportazione, ma maggiore è anche l’e¤etto negativo di un apprezzamento
reale.
5.2.3 Funzione di saldo commerciale
A. Saldo commerciale e tasso di cambio
Dall’analisi dei due paragra… precedenti il saldo commerciale reale espresso in unità di prodotto domestico si può scrivere come
Z
~ = X
~ E~ Z~ =
=X
B
P
P
~ ; E~
~
~ rs ; E~
EZ
D
= X D
~ rs , D
~ , E.
~ Nota che la domanda
cioè come una funzione nelle tre variabili D
interna e la domanda estera sono entrambe in termini reali ma la prima
è espressa in unità di prodotto domestico, la seconda in unità di prodotto
estero. In forma generica scriveremo
~=B D
~ rs ; D
~ ; E~
B
26
(5.11)
2.7
Pagg. 298-299, sostituisci il testo del par. 5.2.3/B
con il seguente
Dalla funzione di saldo commerciale reale (5.11) ricaviamo il saldo commer~ = PB D
~ rs ; D
~ ; E~ .
ciale nominale dato da B = P B
La funzione (5.11) implica che una qualunque variazione dei prezzi interni,
da un livello P a un livello P 0 = P con positivo e diverso da 1, comporta
una variazione del saldo nominale esattamente nella stessa misura, da B a
B 0 = B, a condizione che la variazione dei prezzi abbia lasciato immutati
~ rs , D
~ e E.
~ Questa condizione è veri…cata se (i) la domanda dei residenti
D
0
~ rs a Drs
= Drs ; (ii) prezzi esteri
in termini nominali è passata da Drs = P D
e/o tasso di cambio nominale sono variati in modo tale da portare il prodotto
EP al livello EP ; (iii) la domanda estera, espressa in termini nominali in
~ a D0 = D .
valuta domestica, è passata da D = EP D
In altri termini, valendo la (5.11), il saldo commerciale nominale si può
scrivere come una funzione omogenea di primo grado, e quindi neutrale rispet~ , EP , P . E’
to ai prezzi (vedi 5.1.4/C), negli argomenti Drs , D = EP D
facile vedere che vale anche il viceversa, cioè che la neutralità rispetto ai
prezzi del saldo nominale come funzione degli argomenti suddetti implica
che il comportamento del saldo reale è descritto da una funzione come la
(5.11). Infatti, sia
B = ' (Drs ; D ; EP ; P )
la funzione di saldo nominale: se è vero che per qualunque
vale
B = ' (Drs ; D ; EP ; P ) = ' ( Drs ; D ; EP ; P )
prendendo
=
1
P
si ottiene
~ = 1 ' (Drs ; D ; EP ; P ) = ' D
~ rs ; E~ D
~ ; E;
~ 1
B
P
~ dipende esclusivamente da D
~ rs , D
~ e E~ come nella (5.11).
Ciò conferma che B
27
2.8
Da pag. 390 ultimo capoverso (“Come si con…gura la funzione...”) a pag. 403 …ne del par. 6.2.4:
sostituisci con il testo seguente
B. Equilibrio macroeconomico con vincolo di o¤erta di lavoro
Che l’o¤erta di lavoro sia in equilibrio costituisce un vincolo aggiuntivo
per l’equilibrio generale macroeconomico. L’eguaglianza fra domanda e o¤erta aggregate infatti non garantirebbe nessuna stabilità nel sistema se, nella
situazione, i livelli di occupazione e di salario medio non fossero compatibili
con una situazione di quiete sul mercato del lavoro. In regime di contrattazione decentrata questo vuol dire che, dato b, i livelli di L, W e P devono
veri…care l’equazione di o¤erta di lavoro (6.5). In regime centralizzato, che W
sia eguale al livello Wo concordato in sede di contratto collettivo, indipendentemente da L e, per quanto riguarda P , condizionatamente oppure no a P a
seconda se il contratto collettivo contiene oppure no clausole di indicizzazione
tipo ‘scala mobile’(vedi sopra in 6.2.1).
Per vedere i modi in cui l’aggiunta di questo vincolo può interferire con
l’eguaglianza di domanda e o¤erta aggregata, costruiamo un’equazione nelle
variabili L W e P che metta insieme tutte le condizioni necessarie per avere
equilibrio macroeconomico.
Questa equazione dovrà tener conto in primo luogo della condizione che
ai prezzi e salari esistenti il sistema delle imprese sia in equilibrio con l’occupazione a livello tendenziale. In questo capitolo questa condizione è stata
espressa alternativamente dalle equazioni (6.1), o (6.2) o (6.3). Riprendia1
mo quest’ultima, che è la più semplice, e al termine Y~
(attraverso la funzione di produzione Y~ = (QL) ) il seguente
sostituiamo
1
Y~
= (QL)1
Quindi attraverso semplici passaggi algebrici riscriviamo la (6.3) nella forma
W
=
P
Q
L1
(6.6)
L’equilibrio richiede in secondo luogo che la produzione reale Y~ ai prezzi
P sia eguale alla domanda aggregata agli stessi prezzi, cioè che la coppia
Y~ ; P veri…chi l’equazione di domanda aggregata Y~ = D (P ). Quindi fra
28
P e Y~ deve valere la relazione inversa espressa da D. Siccome Y~ = (QL) , la
stessa relazione inversa deve valere fra P e (QL) ; ed essendo un parametro
dato, la domanda aggregata istituisce una relazione inversa fra P e QL che
scriviamo nella forma
P = P (QL)
indicando con la stessa lettera P la funzione decrescente che a ogni livello QL
associa il livello di P tale che D (P ) = (QL) , la domanda assorbe l’intero
prodotto di QL.
Sostituendo P = P (QL) nella (6.6) ci garantiamo che siano in equilibrio
non solo il sistema delle imprese ma anche la domanda aggregata. La (6.6)
così arricchita prende la forma
W
=
P (QL)
Q
L1
(6.6bis)
L’ultimo passo consiste nell’imporre che le variabili L W e P che …gurano
nella (6.6bis) soddis…no anche l’equilibrio dell’o¤erta di lavoro, quale che sia
il regime contrattuale, decentrato o centralizzato, del mercato del lavoro. Nel
caso decentrato ciò signi…ca sostituire a W il valore indicato dalla funzione
di o¤erta di lavoro,
Q
! (P (QL) ; b; L)
=
(6.7)
P (QL)
L1
Nel caso centralizzato, a W dobbiamo sostituire il salario nominale Wo
stabilito dal contratto collettivo vigente. Se il contratto collettivo non contiene clausole di indicizzazione di nessun tipo Wo sarà indipendente dalle
variabili P Q e L. Se invece il contratto contiene una clausola di indicizzazione tipo scala mobile, Wo dipende da P e quindi vi sarà una funzione
crescente Wo = W (P ) che descrive la regola di indicizzazione adottata contrattualmente. In ogni caso possiamo riscrivere l’equazione (6.6bis) nella
forma
W (P (QL))
Q
=
(6.8)
P (QL)
L1
con W ( ) funzione costante o crescente a seconda del regime di indicizzazione
stabilito in contratto.
Qualunque livello di L che, dati Q, b e , risolve l’una o l’altra delle
equazioni (6.7) e (6.8), rappresenta un livello di occupazione tale che, ai corrispondenti Y~ , P e W , domanda aggregata, o¤erta aggregata e o¤erta di lavoro sono in equilibrio. Ovvero, ogni soluzione di ognuna delle due equazioni
rappresenta l’occupazione associata a un equilibrio generale macroeconomico
con mercato del lavoro in equilibrio.
29
Figura 3: (6.11)
Dimostriamo che, per ciascuna delle due equazioni, dati Q, b e
la
soluzione esiste ed è unica. A tale scopo trasferiamo le due equazioni in un
gra…co con L in ascissa. L’espressione a membro destro è eguale in entrambe
e può essere rappresentata da una curva decrescente asintotica rispetto agli
assi come la ss della …gura 6.11. L’espressione a membro sinistro è rappresentata da un’altra curva il cui andamento nel piano di ascissa L si può
dedurre dalla soluzione dei due esercizi seguenti.
Esercizio 8 (65) Dimostra che derivando rispetto a L il membro sinistro
dell’equazione (6.7) si ottiene
~
dW
= !1
dL
0
~ P Q + 1 !3
W
P
P
dove: ! 1 e ! 3 indicano rispettivamente le derivate parziali della funzione
di o¤erta di lavoro rispetto al primo (P ) e al terzo (L) argomento, e P 0 la
derivata della funzione P (QL) nel suo argomento.
Esercizio 9 (66) Dimostra che derivando rispetto a L il membro sinistro
dell’equazione (6.8) si ottiene
~
dW
= W0
dL
dove W 0 =
dWo
dP
0
~ P Q
W
P
e P 0 come in esercizio 65.
Entrambe le soluzioni mostrano che l’inclinazione che stiamo cercando
dipende fra l’altro dall’espressione in parentesi tonda. E questa, come ora
30
vedremo, sta a sua volta in relazione con il grado di indicizzazione del salario
nominale rispetto all’indice dei prezzi, intendendo per grado di indicizzazione
la misura di quanto un punto percentuale di variazione dell’indice dei prezzi si
trasferisce (attraverso contrattazione decentrata o in applicazione di clausole
di scala mobile) in variazione percentuale del salario nominale. In formula,
detto a il grado di indicizzazione,8
dW
dP
=a
W
P
ovvero anche
dW
~
= aW
(6.9)
dP
Il massimo grado di indicizzazione corrisponde a a = 1, l’intera variazione
dei prezzi è trasferita sul salario nominale; il minimo ovviamente all’assenza
di indicizzazione, a = 0. Nel mezzo tutti i possibili livelli di indicizzazione
parziale, 0 < a < 1.
In contrattazione decentrata il grado di indicizzazione è in relazione con
la reattività del salario nominale di o¤erta di lavoro a variazioni di P , rappresentata da ! 1 ; in contrattazione centralizzata, con la clausola di scala mobile (o l’assenza della stessa) nel contratto collettivo, rappresentata da W 0
(eventualmente zero). In entrambi i casi, sostituendo la (6.9) nelle espressioni in parentesi tonda trovate a soluzione degli esercizi 65 e 66, otteniamo
rispettivamente
0
~
dW
~ (a 1) P Q + 1 ! 3
=W
dL
P
P
per il regime di contrattazione decentrata, e
~
dW
~ (a
=W
dL
P0
1) Q
P
per quello di contrattazione centralizzata.
Dal confronto fra le due formule vediamo immediatamente che a parità di
grado di indicizzazione e altre variabili, la curva che rappresenta il membro
sinistro dell’equazione (6.7) nel piano di ascissa L è più inclinata di quella
che rappresenta il membro sinistro della (6.8), per la presenza nella derivata
della prima del termine ! 3 (ricordiamo, dalla sezione A di questo paragrafo,
positivo per ipotesi). In contrattazione decentrata, i salari di riserva salgono
all’avvicinarsi al pieno impiego per il ra¤orzamento della posizione negoziale
del lavoro. In contrattazione centralizzata questo e¤etto non esiste.
8
Nota che a non è altro che una misura dell’elasticità di W rispetto a P .
31
Figura 4: (6.12)
Dalle due derivate vediamo anche che, salvo per un caso particolare,
l’inclinazione delle due curve è generalmente non negativa (ricordiamo che
P 0 < 0, quindi (a 1) P 0 0), e tanto maggiore quanto minore è a, raggiungendo il massimo di inclinazione positiva quando l’indicizzazione è assente.
L’unica eccezione si ha nel caso di indicizzazione completa, a = 1, che in
~ invariante rispetto a L, con membro sinistro
regime centralizzato porta a W
della (6.8) rappresentato da una retta orizzontale. In …gura 6.12 rappresentiamo il caso generale mediante la curva positivamente inclinata !!, e
l’eccezione mediante la linea orizzontale !!. Il fatto che intersechino la ss
nello stesso punto è deliberato per pulizia gra…ca ma non è necessario.
In ogni caso è evidente che, orizzontale o positivamente inclinata che
sia, la linea marcata !! deve necessariamente intersecare la ss e in un unico punto. Questo punto di intersezione è la rappresentazione gra…ca dell’eguaglianza fra membro sinistro e membro destro delle equazioni (6.7) e
(6.8). L’ascissa dell’intersezione mette in evidenza il livello di occupazione al
quale l’equazione è soddisfatta, e quindi il livello di occupazione che ai dati
parametri Q, b e realizza l’equilibrio generale macroeconomico con mercato
del lavoro in equilibrio. Nell’esempio della …g. 6.12 questo accade a un livello
di L inferiore al pieno impiego. L’ordinata del punto di intersezione mette in
evidenza il corrispondente livello di salario reale.
Sull’analisi statica dell’occupazione di equilibrio, sintetizzata nelle equazioni (6.7) e (6.8), non è possibile basare un confronto generale fra i due sistemi
di contrattazione del salario. La contrattazione collettiva, stabilendo Wo e la
sua eventuale indicizzazione, decide forma e posizione della curva !! come
risultato di previsioni macroeconomiche e espressione di rapporti di forza fra
rappresentanze di gruppi sociali. Nella contrattazione decentrata la curva è
32
il risultato aggregato di percezioni di potere negoziale de…nite momento per
momento e a livello locale nel presupposto che ogni singolo accordo salariale
sia di per sé macroeconomicamente inin‡uente. Quale delle due procedure
generi equilibri più favorevoli agli interessi del lavoro o delle imprese, è una
domanda senza risposta. Si possono però mettere a confronto i due sistemi
per quanto riguarda il loro comportamento in reazione ai principali fattori
di cambiamento messi in evidenza dall’analisi di equilibrio, cioè al progresso
tecnico e a variazioni nei parametri di domanda. Su ciò vedi nel prossimo
paragrafo.
6.2.4 Dinamiche nei due sistemi contrattuali
A. Progresso tecnico
Esaminiamo separatamente le dinamiche dell’equilibrio generale attivate
dal progresso tecnico e quelle attivate da fattori espansivi della domanda
aggregata. In questa prima sezione ci occupiamo di progresso tecnico nella
forma di un aumento di Q.
Partiamo da una posizione di equilibrio iniziale che per comodità di confronto assumiamo sia la stessa in entrambi i sistemi di contrattazione e a
qualunque livello di indicizzazione, da completa a inesistente. Nel gra…co di
sinistra della …gura 6.13 l’equilibrio iniziale è rappresentato dal punto b di
intersezione delle curve ss e !! a tratto continuo. Delle tre curve !!, la
!! 0 si riferisce all’ipotesi di indicizzazione parziale o nulla (1 > a 0) con
l’uno o l’altro regime di contrattazione; la !! 00 e la !! 000 si riferiscono invece
all’ipotesi di indicizzazione completa (a = 1) in contrattazione decentrata
(!! 00 ) e centralizzata (!! 000 ). In tutti i casi livello di occupazione e salario
nominale iniziale sono per ipotesi gli stessi. Il gra…co a destra riproduce il
corrispondente equilibrio iniziale (punto b) nello spazio AD-AS di coordinate
P e Y~ .
Il progresso tecnico con il conseguente aumento del parametro Q ha lo
stesso e¤etto sul membro destro delle due equazioni di equilibrio (6.7) e (6.8):
in termini gra…ci si manifesta con uno spostamento verso l’alto della curva
ss nel piano (curva tratteggiata). Nel gra…co AD-AS l’o¤erta aggregata,
restando invariati tutti i parametri diversi da Q, si sposta nella posizione
AS´.
Con indicizzazione parziale o assente, come visto in 6.2.3/B, il salario
reale associato a ogni livello di L aumenta al diminuire dei prezzi perché
il salario nominale o reagisce con diminuzione meno che proporzionale (se
1 > a > 0) o rimane invariato (se a = 0). In ogni caso quindi la curva
!! 0 si sposta verso l’alto nella posizione della curva tratteggiata. Il nuovo
33
Figura 5: (6.13)
punto di equilibrio corrispondente a questa ipotesi è in b0 , con aumento sia
dell’occupazione che del salario reale di equilibrio. Il punto b0 si troverà tanto
più in alto a sinistra quanto minore il grado di indicizzazione.
Sappiamo da 6.2.3/B che a parità di indicizzazione la curva !! è più ripida in regime decentrato che in regime centralizzato. Lo stesso spostamento
verticale di !! 0 porta l’equilibrio b0 più in alto a sinistra con contrattazione
decentrata che con centralizzata. Ciò signi…ca che, a parità di indicizzazione,
gli e¤etti del progresso tecnico si distribuiscono fra occupazione e salario reale
in modo più favorevole all’occupazione in regime centralizzato, al salario reale
in regime decentrato. In particolare, nel caso a = 0, in regime centralizzato W rimane invariato e la posizione del nuovo equilibrio nelle coordinate
Y~ ; P corrisponde a quella del punto b0 del gra…co a destra di …g. 6.13. In
regime decentrato, anche se a = 0 il salario nominale aumenta con l’avvicinarsi di L al livello di pieno impiego, e perciò il nuovo equilibrio in coordinate
Y~ ; P sarà alla sinistra del punto b0 .
Nel caso opposto di indicizzazione completa il salario reale non cambia
al variare dei prezzi e quindi le curve !! relative ai due regimi contrattuali
restano invariate. In regime centralizzato l’equilibrio si sposta in b000 . Nel
gra…co AD-AS a destra il corrispondente punto di equilibrio b000 si trova su una
funzione di o¤erta aggregata AS000 tracciata a un livello di salario nominale
diminuito rispetto a quello iniziale esattamente nella stessa proporzione in
cui sono diminuiti i prezzi. L’occupazione ha l’aumento massimo, il salario
reale resta invariato.
34
Con s = 1 ma contrattazione decentrata, l’aumento di occupazione comporta un maggior potere negoziale del lavoro e quindi un aumento di salario
reale misurato dall’inclinazione positiva della curva !! 00 . L’equilibrio va in
b00 dove i prezzi sono minori, come si vede dal corrispondente punto b00 nel
gra…co AD-AS a destra, ma la curva AS00 su cui si trova il nuovo equilibrio
è tracciata a un livello di salario nominale diminuito di meno che nell’equilibrio di regime centralizzato. Qui l’accresciuta forza contrattuale del lavoro
impedisce che i salari scendano nella stessa proporzione dei prezzi.
Da questa analisi si traggono diverse conclusioni. (i) In generale, gli effetti del progresso tecnico sull’occupazione di equilibrio sono inversamente
proporzionali a quelli sul salario reale. (ii) In qualunque regime contrattuale,
maggiore è il grado di indicizzazione del salario nominale e tanto di più
l’impatto del progresso tecnico favorisce l’occupazione a discapito del salario
reale, che aumenta anch’esso ma sempre di meno quanto di più aumenta
l’occupazione. (iii) A parità di grado di indicizzazione il regime contrattuale
fa di¤erenza perché, in tutti i casi visti, avere contrattazione centralizzata
piuttosto che decentrata redistribuisce parte dell’impatto del progresso tecnico dal salario reale all’occupazione. I due casi estremi sono rappresentati da
centralizzazione con indicizzazione piena (massimo aumento di occupazione a
salario reale invariato) e decentramento con indicizzazione assente (massimo
aumento di salario reale, minimo aumento di occupazione).
Nell’esercizio che segue si chiede di veri…care che nei vari casi gli e¤etti
del progresso tecnico su occupazione salari e prezzi sono analoghi a quelli di
una redistribuzione del reddito dai redditi da proprietà ai redditi da lavoro.
Esercizio 10 (67) Usa i gra…ci di …g. 6.13 per dimostrare che una variazione distributiva che porti a un aumento di (equivalentemente, diminu~ , Y~ e P gli stessi e¤etti di un aumento di Q
zione di ) produce su L, W
nei tre casi di indicizzazione piena con contrattazione centralizzata, contrattazione decentrata, e indicizzazione parziale o assente con qualunque regime
di contrattazione.
Esercizio 11 (68) Sempre con lo stesso metodo, esamina gli e¤etti di una
variazione distributiva che porti a una diminuzione di (aumento di ).
35
Figura 6: (6.14)
B. Espansione della domanda
La seconda dinamica che analizziamo è quella indotta da un’espansione
della domanda aggregata dovuta a variazione di qualche parametro di AD.
La discussione gra…ca di …gura 6.14 segue le linee della discussione del caso
di progresso tecnico.
Un aumento di domanda aggregata a parità di prezzi (spostamento da AD
a AD´ nel gra…co a destra di …g. 6.14) lascia invariato il membro destro delle
equazioni di equilibrio (6.7) e (6.8). La curva ss nel gra…co di sinistra della
…gura 6.14 quindi non cambia posizione. A membro sinistro delle equazioni
invece l’espansione della domanda si manifesta attraverso un aumento del
livello di P associato a ogni dato QL.
Di conseguenza, con indicizzazione parziale o assente (1 > a 0) il salario
reale a ogni dato livello di L diminuisce e la curva !! 0 che si riferisce a questa
ipotesi si sposta verso il basso nella posizione della curva tratteggiata, portando l’equilibrio in b0 . Lo spostamento è tanto maggiore quanto minore il
grado di indicizzazione. Inoltre il confronto fra regime decentrato e regime
centralizzato a parità di indicizzazione ci dice che l’e¤etto (diminuzione di
salario reale, aumento di occupazione) è maggiore nel regime centralizzato
perché la curva !! 0 è meno inclinata che nel regime decentrato. Nel caso
estremo di regime centralizzato con a = 0, il salario nominale rimane fermo e le variazioni di occupazione e salario reale sono le massime possibili.
Nel gra…co a destra di …g. 6.14 l’equilibrio AD-AS di questo caso estremo è
rappresentato dal punto b1 . In regime decentrato, anche se s = 0 l’aumen-
36
to di occupazione comporta un aumento di salario nominale e quindi uno
spostamento verso l’alto di AS.
Nel caso di indicizzazione piena (s = 1) con regime decentrato (curva
00
!! ) o centralizzato (retta orizzontale !! 000 ) il salario nominale varia verso
l’alto nella stessa proporzione di P e quindi il salario reale a ogni dato livello
di L non varia. Le due curve !! 00 e !! 000 restano ferme e l’equilibrio non si
sposta dal punto b, con gli stessi livelli di occupazione e salario reale di prima. Naturalmente, con produzione invariata e domanda aumentata i prezzi
dovranno essere maggiori, e così anche i salari nominali. Ciò è mostrato
nel gra…co a destra di …g. 6.14 dallo spostamento dell’equilibrio AD-AS dal
punto b al punto b00 collocato sulla sua verticale.
Le di¤erenze rispetto al caso trattato in 6.2.4/A sono messe in evidenza
dalle tre conclusioni che seguono. (i) Resta vero che gli e¤etti di un aumento
della domanda sull’occupazione di equilibrio sono inversamente proporzionali
a quelli sul salario reale: qui l’occupazione aumenta tanto di più quanto più
diminuisce il salario reale. (ii) In qualunque regime contrattuale, l’impatto
positivo di un aumento della domanda sull’occupazione, e negativo sul salario
reale, è inesistente con indicizzazione piena: per manifestarsi ha bisogno di
indicizzazione parziale, ed è tanto maggiore quanto più il grado di indicizzazione si avvicina a zero. (iii) A parità di grado di indicizzazione il regime di
contrattazione centralizzata ampli…ca l’impatto di un aumento di domanda
rispetto al regime decentrato. Qui i due casi estremi sono rappresentati da
assenza di indicizzazione con contrattazione centralizzata (aumento di occupazione e diminuzione di salario reale massimi) e indicizzazione piena con
qualunque regime contrattuale (e¤etti reali nulli, tutto l’aumento di domanda
si scarica su prezzi e salari nominali).
~ , Y~ e
Esercizio 12 (69) Esamina nei vari casi il comportamento di L, W
P di equilibrio di fronte a una contrazione della domanda aggregata.
Dalla discussione di questo paragrafo emerge che il confronto fra i due
sistemi di contrattazione non può dare una risposta univoca. Molto dipende
da quale dei due sistemi tende a realizzare il grado di indicizzazione maggiore/minore. E anche a parità di grado di indicizzazione, dal testo e dalla
soluzione degli esercizi 68 e 69 si ricava che, se l’obiettivo primario è il sostegno del livello di occupazione, il regime centralizzato è preferibile in caso
di spinte positive sull’occupazione (aumento di Q, o di , o di domanda
aggregata), ma in caso di spinte negative (diminuzioni di o di domanda
aggregata) il regime decentrato protegge di più.
37
C. ‘Tasso di disoccupazione naturale’
Il caso particolare di indicizzazione completa dei salari nominali, qualunque sia il regime contrattuale, merita un ‘nota bene’. Come abbiamo visto ai
punti A e B di questo paragrafo, con grado di indicizzazione nullo o comunque
minore dell’unità, l’occupazione risponde per lo più positivamente, sia pure
in misura diversa, tanto al progresso tecnico che a espansioni di domanda
aggregata. Il caso notato presenta invece un comportamento polarizzato:
l’occupazione reagisce al progresso tecnico, e in modo più positivo che in
tutti i casi di indicizzazione non completa, ma di fronte a variazioni della
domanda non reagisce per niente.
La ragione della polarizzazione si capisce tornando alle equazioni di equilibrio (6.7) per il sistema decentrato e (6.8) per il centralizzato. In regime
decentrato supporre a = 1 equivale a supporre che la funzione di o¤erta di lavoro abbia la proprietà che in 5.1.3/C abbiamo de…nito di ‘neutralità rispetto
ai prezzi’ nella forma seguente: se P varia di un fattore moltiplicativo il
salario nominale di o¤erta varia dello stesso fattore,
! ( P; b; L) = ! (P; b; L)
Da ciò l’invarianza del salario reale di o¤erta di fronte a qualunque variazione
di prezzi. Infatti, prendendo = P1 , la neutralità comporta
~ = 1 ! (P; b; L) = !
W
P
1
P; b; L
P
= ! (1; b; L)
il salario reale di o¤erta risulta funzione solo di b e di L. L’equazione di
equilibrio (6.7) diventa ora
! (1; b; L) =
Q
L1
la cui soluzione in L dipende solo dai valori di b, Q e .
Il caso a = 1 in regime centralizzato è ancora più semplice: inserire
in contratto collettivo una clausola di indicizzazione totale è lo stesso che
assumere come oggetto di contrattazione non il salario nominale W ma il
~ . Una volta …ssato il livello W
~ o che mette d’accordo le parsalario reale W
ti, il salario nominale è determinato residualmente dal livello dei prezzi di
~ o . Con l’inserimento di questo accordo contrattuale
equilibrio, W = P W
nell’equazione di equilibrio (6.8) si ottiene
~o =
W
38
Q
L1
~ o, Q e .
la cui soluzione in L dipende esclusivamente da W
In entrambi i regimi contrattuali quindi l’occupazione di equilibrio risulta
indipendente dai prezzi, e perciò dalla domanda aggregata che può in‡uenzarla solo operando sui prezzi e il salario reale. Una volta che L sia stato
~ o a seconda di quale è
determinato in funzione di Q e , e di b oppure W
~ risultano determinati in funzione delle
il regime contrattuale, anche Y~ e W
stesse variabili. La condizione che Y~ sia in equilibrio con la domanda aggregata serve solo a determinare il livello di P e attraverso questo il salario
~ . Il sistema risulta così come spaccato in due parti senominale W = P W
~ dipendono dalle deterparatamente determinate. Le variabili reali L, Y~ e W
minanti tecnologiche (Q) e strutturali ( ) dell’o¤erta, nonché dai parametri
~ o a seconda del regime contrattuale. Le sole variabili
istituzionali b oppure W
nominali P e W invece dipendono dalla domanda aggregata.
L’idea di un livello di occupazione non in‡uenzabile altro che da fattori di
o¤erta e istituzionali è conosciuta in teoria economica con la formula livello
di occupazione naturale. Ricordiamo che sopra in 6.2.3/A abbiamo espresso
l’o¤erta di lavoro come funzione crescente di L avendo presa la popolazione
attiva N come un dato. Al livello di occupazione naturale corrisponde quindi
uno e un solo livello di tasso di disoccupazione u = 1 NL con le stesse caratteristiche di ‘naturalità’. Da ciò la formula equivalente tasso di disoccupazione
naturale. La nozione sottostante, argomentata su presupposti macroeconomici più elaborati di quelli molto schematici utilizzati in questo capitolo, è stata
a lungo materia di discussione per le sue implicazioni politiche.
Infatti se si accetta come valida la dottrina del tasso naturale di disoccupazione, dalla dicotomia del sistema economico in una parte reale e una
parte nominale discende un’analoga dicotomia delle politiche economiche.
I soli interventi e¢ caci per ridurre il tasso di disoccupazione del sistema
sarebbero quelli diretti a incentivare il progresso tecnico, o a modi…care la
distribuzione a favore del lavoro attraverso misure …scali e di regolazione della concorrenza, o in…ne riduzioni delle tutele alla disoccupazione misurate da
~o
b in regime decentrato, riduzioni del livello di salario reale concordato W
in regime centralizzato. Ogni altro intervento, e in particolare tutti quelli
basati sul ‘demand management’, …nirebbe per scaricare i suoi e¤etti solo su
prezzi e salari nominali senza ricadute durevoli sulla disoccupazione. L’unica
ricaduta positiva indiretta si avrebbe se le politiche di domanda, attraverso il tasso d’interesse, riuscissero a stimolare gli investimenti e per questa
via il progresso tecnico, cioè se lungo la strada perdessero la loro natura di
politiche di domanda per trasformarsi in politiche di o¤erta.
Da quanto detto si capisce che dietro il tasso naturale di disoccupazione
sta una delle divisioni dottrinali più profonde prodottesi nel pensiero macroeconomico nel corso del XX secolo. La tesi che vede nelle politiche di sostegno
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della domanda aggregata la forma d’intervento decisiva contro la disoccupazione è stata il cavallo di battaglia della scuola keynesiana …no dagli anni
’30. Il rovesciamento di prospettiva, per cui le politiche di domanda diventano fattori di instabilità nominale mentre l’unico modo di in‡uenzare la
disoccupazione è attraverso i fattori che stanno dietro l’o¤erta, parte dalla
scuola monetarista di Chicago nel secondo dopoguerra ed è stata una delle
fonti dottrinarie della ‘supply-side economics’degli anni ’80. Anche se i punti di riferimento teorici sono cambiati nel corso degli anni, questa linea di
divisione è ancora visibile in molte discussioni di oggi.
Date le implicazioni politiche così radicali, è giusto chiedersi quanto sia
fondato prendere a esclusivo riferimento il caso particolare del tasso naturale di disoccupazione. Nello schema con cui lo abbiamo introdotto il caso
particolare dipende essenzialmente da un’ipotesi di indicizzazione completa
del salario nominale, che può essere o formalmente concordata in sede di
contrattazione collettiva o realizzata di fatto in sede di contrattazione decentrata. Nel primo caso però l’ipotesi è esposta a un’obiezione di tipo storico: le
clausole di indicizzazione, non sempre e non necessariamente al 100%, sono
state gradualmente bandite dalla pratica contrattuale di diversi paesi europei fra cui l’Italia …no dagli anni ’80 del secolo scorso. Nel secondo caso c’è
un’obiezione teorica piuttosto evidente: la capacità dell’o¤erta di lavoro di
mantenere un allineamento perfetto fra salari nominali e prezzi presuppone
che, a parità di b e L, il lavoro mantenga il suo potere negoziale inalterato
quale che sia il livello dei prezzi. Ma questo presupposto non tiene conto del
fatto che una variazione di P modi…ca in direzione opposta il potere d’acquisto dell’indennità di disoccupazione b, a cui il potere negoziale del lavoro
è positivamente correlato. A prezzi più alti e b nominale invariato il ri…uto
di un posto di lavoro è un’opzione meno attraente per il lavoratore, che è
quindi in posizione più debole nel contrattare il livello del salario nominale;
e inversamente, la posizione del lavoratore è più forte nel caso di prezzi più
bassi a b invariato.9 Ciò fa pensare che anche in contrattazione decentrata
l’ipotesi più plausibile sia quella di una indicizzazione solo parziale del salario
nominale ai prezzi. E in quell’ipotesi, come visto nelle sezioni A e B di questo
paragrafo, la dicotomia da cui deriva il tasso naturale di disoccupazione non
sussiste.
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Per sostenere l’ipotesi di indicizzazione completa occorrerebbe quindi che anche
l’indennità di disoccupazione b fosse a sua volta completamente indicizzata ai prezzi.
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