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nozioni di
TECNICHE DI COMUNICAZIONE
Il Modello della Scuola di Palo Alto: la Pragmatica della Comunicazione (1967))
L’introduzione di un nuovo
paradigma
L’approccio alla comunicazione interpersonale introdotto dalla cosiddetta
scuola di Palo Alto*, ha posto le basi per un nuovo modello, un paradigma
inedito della comunicazione umana.
*La Scuola di Palo Alto prende il suo nome dalla località californiana dove sorge il Mental Research Institute, centro di ricerca e terapia
psicologica fondato da Don D. Jackson negli anni cinquanta del Novecento. E’ una scuola di psicoterapia il cui maggior esponente è Paul
Watzlawick
Il Modello della Scuola di Palo Alto: la Pragmatica della Comunicazione (1967))
La teoria che ne è stata sviluppata offre della comunicazione una
concezione più larga di quella tradizionale.
Sostiene infatti che tutti i comportamenti hanno valenza
comunicativa poiché, come afferma Birdwhistell, l’individuo
partecipa a un sistema globale di interazione.
Questo approccio ha spostato l’attenzione dall’indagine
intrapsichica (com’è fatta la mente, in cosa consiste l’io) e da
un’eccessiva enfasi posta sul passato (come luogo di ricerca delle
cause dei malesseri attuali) agli effetti della comunicazione, dei
comportamenti, sulle persone, sul loro sistema di relazioni nel loro
presente, nel qui e ora.
Il Modello della Scuola di Palo Alto: la Pragmatica della Comunicazione (1967))
Questo ha significato grandi vantaggi dal punto di vista dell’efficacia delle
psicoterapie e ha avuto significative ricadute sull ’ interpretazione e il
miglioramento
delle
necessariamente
dinamiche
patologici
relazionali
in
(nell ’ educazione,
aziendali, nelle società sportive, anche in politica..)
diversi
nelle
ambiti
non
organizzazioni
Il Modello della Scuola di Palo Alto: la Pragmatica della Comunicazione (1967))
I principi individuati dai primi protagonisti della Scuola di Palo Alto sono famosi
come i 5 assiomi.
Sono tuttora considerati validi fondamenti della comunicazione umana.*
cfr Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi, delle patologie e dei paradossi, di Paul Watzlawick, J. H.
Beavin, D. D. Jackson, Casa Editrice Astrolabio, 1978
Il Modello della Scuola di Palo Alto: la Pragmatica della Comunicazione (1967))
I 5 ASSIOMI DELLA
COMUNICAZIONE
Il Modello della Scuola di Palo Alto: la Pragmatica della Comunicazione (1967))
1. E’ IMPOSSIBILE NON COMUNICARE
In una relazione tra persone ogni atteggiamento, comportamento,
gesto o silenzio, anche involontario, non intenzionale, è per l’altro
una precisa comunicazione.
C’è una proprietà del comportamento che difficilmente potrebbe
essere più fondamentale e proprio perché è troppo ovvia spesso
viene trascurata: il comportamento non ha un suo opposto. Non
esiste un qualcosa che sia un non-comportamento, non è possibile
non avere un comportamento.
La comunicazione quindi è di più che l’espressione linguistica. Il buon
comunicatore non è necessariamente un buon oratore e viceversa
2.
OGNI COMUNICAZIONE HA UN ASPETTO DI CONTENUTO E
UNO DI RELAZIONE IN MODO CHE IL SECONDO QUALIFICA IL
PRIMO ED E’ QUINDI METACOMUNICAZIONE
Nella
1.
comunicazione
convivono
due
aspetti
:
quello di notizia, ovvero la trasmissione di un ’ informazione. Ed è il
CONTENUTO del messaggio…………………………………………………………….
2. e l’aspetto di comando, che si riferisce al modo in cui il messaggio è
comunicato e dà istruzioni su come vada inteso. Il command dunque
definisce la RELAZIONE tra i comunicanti; si riferisce al messaggio che
deve essere assunto e, perciò, alla relazione tra i comunicanti (Ecco
come mi vedo ... Ecco come ti vedo ... ecco come ti vedo che mi vedi).
Di qui la centralità della meta-comunicazione, che èl a capacità di
meta-comunicare in modo adeguato non so lo è la conditio sine qua
non della comunicazione efficace, ma è anche strettamente collegata
con il problema della consapevolezza di sè e degli altri.
Gli aspetti di relazione sono di un tipo logico più elevato dei contenuti:
sono meta-informazione poiché sono informazione sull’informazione. La
relazione, infatti, può essere espressa anche in modo non verbale
(gridando e/o sorridendo) ed anche il contesto in cui ha luogo la
comunicazione influisce ulteriormente a chiarire la relazione. Rispetto al
rapporto contenuto – relazione, la relazione è un ’ informazione sul
contenuto, ovvero su come esso deve essere assunto, ed è perciò ancora
meta-comunicazione.
Comunicazione e comportamento sono talmente vicini come fenomeno
che nel comunicare un’informazione inevitabilmente chiedo, oriento il
mio interlocutore ad un comportamento.
3. LA NATURA DI UNA RELAZIONE DIPENDE
DALLA PUNTEGGIATURA DELLE SEQUENZE DI
COMUNICAZIONE TRA I COMUNICANTI
I comunicanti segmentano il loro scambio in unità di comunicazione
dotate di senso e chiusura attraverso l’uso della punteggiatura; essa
organizza gli eventi comportamentali dell ’ interazione in corso.
Realtà diverse dovute ai modi diversi di punteggiare la sequenza
sono alla radice di innumerevoli conflitti di relazione.
La comunicazione si configura come un processo circolare in cui i
soggetti coinvolti punteggiano la sequenza di messaggi in modo
che sembri che l’uno o l’altro abbia iniziativa. Questo aspetto è alla
base di numerosi conflitti (e anche della loro possibile soluzione!)
Se si è in disaccordo sulla punteggiatura si creano conflitti,
incomprensioni, equivoci. Immedesimandosi nella punteggiatura
altrui possiamo risolvere conflitti
4. GLI ESSERI UMANI COMUNICANO SIA CON IL
MODULO NUMERICO SIA CON IL MODULO
ANALOGICO
La comunicazione verbale (numerica) necessita del supporto del
messaggio non verbale per evitare possibili fraintendimenti. Il
linguaggio non verbale contiene elementi analogici che si
trasmettono attraverso la postura, la gestualità, il tono della voce,
la mimica e che corrispondono, in parte, a universali del
comportamento umano, in parte a codici culturalmente definiti.
L ’ uomo si ritrova con la necessità di comunicare sempre su
entrambi i livelli. Quello numerico-verbale e quello analogico-non
verbale. L’uno sull’informazione, l’altro sulla relazione e il modo di
intendere l’informazione.
5. GLI SCAMBI COMUNICATIVI TRA DUE O PIU’
PERSONE POSSONO ESSERE SIMMETRICI O
COMPLEMENTARI
Nelle relazioni simmetriche i due si considerano paritari (rischio conflitto);
nella relazioni complementari uno si considera superiore all’altro che lo
conferma
in
questa
valutazione
genitore/figlio;medico/paziente..)
(es.
capo/
subordinato;
Uno scambio di comunicazione può essere:
1. simmetrico, quando è basato sull’uguaglianza ed è, dunque, paritario
e democratico. Uno scambio comunicativo è detto simmetrico quando
ciascuno dei due dialoganti tende a rispecchiare il comportamento
dell’altro e a minimizzare la differenza, tendendo all’uguaglianza. I due
comunicanti sono sullo stesso piano e, quindi, in equilibrio tra loro.
2. complementare, quando è basato sulla differenza e sul rapporto
autorità/subordinazione. Uno scambio comunicativo è complementare,
quando il comportamento di uno completa quello dell’altro e si mantiene
la differenza. I due comunicanti hanno due diverse posizioni per cui uno
prevale sull’altro.
La relazione tra due individui non è comunque mai definitiva, ma tende
al contrario a mutare, anche senza l’intervento di fattori esterni.
All’interno delle relazioni simmetriche possiamo, poi, distinguere altri due
tipi di interazione:
1. relazioni simmetriche-simmetriche, in cui i due comunicanti sono in
costante competizione per la conquista della posizione dominante;
2. relazioni simmetriche-reciproche, in cui i due comunicanti assumono
alternativamente la posizione dominante, a seconda delle situazioni.
Di qui un’indicazione di possibile applicazione pratica: essere consapevoli
del tipo di relazione che si vuole instaurare permette di essere chiari nel
messaggio che si invia e di evitare sgradevoli conflitti di ruolo o lotte di
potere.
COS’E’ ALLORA DAVVERO LA COMUNICAZIONE?
Non è SOLO trasferimento di informazioni; anche. Non è solo uno scambio di
messaggi. Anche.
La comunicazione è una dimensione complessa, un processo nel quale siamo
sempre coinvolti, fin dalla nascita. Anzi fin dal concepimento. E in qualche
modo siamo costretti a comunicare, ad essere in comunicazione, in relazione
costante. Con gli altri o anche “solo” con noi stessi.
La validità di ogni teoria proposta ha la sua possibilità di verifica nella riflessione
che ognuno di noi può fare sulla propria esperienza. Ogni modello concettuale,
ogni modello proposto in questa sede ha caratteristiche significative e vantaggi
anche applicativi di cui tener conto. Occorre a nostro avviso tenere presente
che appunto il comunicare è davvero un tema da considerare sempre oggetto
di studio, di approfondimento, di continue integrazioni e rivisitazioni.
Come spesso in altri casi anche in questo ciò che ci può aiutare a
cogliere l’essenza del significato della comunicazione è scoprire
l’origine, l’etimologia. Perché tanti fenomeni hanno nella loro origine,
scritto nel loro inizio le loro caratteristiche distintive e permanenti.
Il termine comunicazione deriva dal latino communicare, che
attraverso la terminazione –atio, che indica forme astratte di azione,
determina la parola:
Communicatio  partecipazione  letteralmente “messa in comune”
Non mancano influenze anche dal greco antico:
il termine koinonia, infatti, designava il concetto di comunità e venne assorbito
dal latino attraverso la parola communio e cioè
società/comunità
L’aggettivo latino communis a sua volta è alla base del verbo communicare
composto dunque dalla preposizione cum e dall’aggettivo munis, il cui iniziale
significato era quello di
“condivisione di una carica”
Il valore fondamentale che sembra, dunque, aver accompagnato la voce
communis sin dall’inizio è rintracciabile in una precisa idea di reciprocità
Dal punto di vista antropologico possiamo certamente definire la comunicazione
come un bisogno umano elementare
In particolare, la comunicazione assolve a due fondamentali funzioni:
-da un lato risponde ad un bisogno di solidarietà: ogni essere umano ha una sorta
di fame di amore, di relazione.
-Dall’altro ad un bisogno psicologico e sociale: “l’uomo è un animale sociale “
(Aristotele)
In sostanza, tutto questo può essere riassunto nella caratteristica tipicamente
umana del:
bisogno di socialità
=
necessità di relazioni in tutti i momenti della vita
Nella comunicazione convivono due livelli di significato che rintracciamo nella
nostra esperienza:
1- la comunicazione come CONDIZIONE (cfr . il primo assioma di Watzlawick)
2 - la comunicazione come AZIONE INTENZIONALE
In entrambi i casi è sotteso il valore semantico di legare, unire, condividere.
Nel processo comunicativo assumono rilevanza significativa non solo i contenuti
(le informazioni), ma anche il sistema di valori, i pregiudizi, i vissuti personali, gli
stili comunicativi dei soggetti interagenti.
Ciò avviene anche nella relazione professionale tra operatori e persone. In
questo ambito emergono spesso, inoltre, emozioni e percezioni non sempre
concordanti. Anche il contesto (familiare, sociale, lavorativo) nel quale avviene
la comunicazione ha la sua rilevanza in quanto influenza il modo di pensare e lo
stato d’animo degli interlocutori.
Per tutti questi motivi improvvisare la comunicazione è un rischio.
Se veramente vogliamo ottenere successo quando comunichiamo con gli altri,
dobbiamo mettere il destinatario nella situazione di capire ciò che noi gli abbiamo
comunicato.
L’efficacia della comunicazione infatti non si misura dalle intenzioni , che possono
essere ottime, ma dal risultato. Cioè da ciò che giunge al destinatario.
Si potrebbe dire che tutti possono “comunicare”, ma non tutti sanno farsi capire.
Da ciò deriva che saper comunicare è un'arte, comunemente definita retorica.
E da questo ragionamento deriva anche la rilevanza attribuita alla capacità di
ASCOLTO. Di suscitarlo, di offrirlo, di mantenerlo a livelli soddisfacenti.
Infatti possiamo dire a buon diritto con Watzlawick che solo
“Chi ascolta comunica, chi non ascolta parla”
I 5 LIVELLI DI ASCOLTO
L’IGNORARE: non facciamo attenzione alle altre persone o a ciò che ci stanno
dicendo.
L’ASCOLTO FINTO: ci comportiamo e agiamo con l’altra persona come se la
stessimo ascoltando, ma effettivamente la nostra attenzione è da qualche altra
parte.
L’ASCOLTO SELETTIVO: ascoltiamo alcune cose e ne ignoriamo altre.
L’ASCOLTO ATTENTO: ascoltiamo attentamente, ma solo con le orecchie, senza
cercare più in profondità.
L’ASCOLTO EMPATICO: ascoltiamo con le orecchie, gli occhi e il cuore per
spingerci oltre il significato superficiale, per arrivare ai sentimenti e ai valori che
veramente contano. Il livello implicito di una comunicazione eccede sempre
quello esplicito. Per coglierne il più possibile allora occorre tentare
un’immersione sotto la superficie
)
Eccoci giunti agli aspetti più importanti della comunicazione. Innanzitutto
prestare attenzione a ciò che si dice e a ciò che si fa. Intanto, attenzione alle
parole: parlare semplice è uguale a parlare chiaro. Usare il linguaggio più
forbito spesso non aiuta a catturare l'attenzione di chi ascolta, anzi, molto
spesso causa l'effetto contrario.
Usare un linguaggio da “specialisti” va bene… se dovete parlare ad un
pubblico di addetti ai lavori.
Ma se l'uditorio è composto di persone che non vengono dallo stesso
ambiente, sarebbe meglio utilizzare parole semplici, tratte dal linguaggio
comune, in modo che tutti capiscano e che nessuno si annoi o peggio si senta
escluso.
Bisogna tener presente che l’elemento verbale colpisce nel primo impatto solo
per il 7%
)
Per quanto riguarda la compenente paraverbale, è bene alternare il tono in base
agli argomenti trattati.
Ma perché è così importante variare il proprio tono di voce? Perché grande parte
della comunicazione passa attraverso il tono, il timbro, il volume e l'inflessione della
voce. Questo significa che se volete farvi capire dovete assolutamente alternare il
tono della voce in base ai concetti che state esprimendo.
Per aumentare la qualità e la durata dell’ascolto dei vostri destinatari occorre colpire
non solo l’emisfero sinistro con concetti chiari e ben ragionati, cosa comunque
essenziale, ma agganciarli anche a dati sensoriali; è attraverso i sensi infatti che
entriamo in rapporto con la realtà e che filtriamo tutti i dati che ci arrivano.
Se usiamo immagini, aneddoti e metafore otteniamo l’effetto di far aumentare
l’attenzione e di essere più persuasivi e “longevi” nella memoria dei nostri
interlocutori.
)
Il restante 55% del nostro messaggio è interpretato, messo in scena dal non verbale,
dal linguaggio del corpo.
Senza entrare nel merito specifico di questo affascinante e complesso argomento ci
limiteremo a consigliare di cercare la coerenza tra tutti i livelli espressivi/comunicativi
a nostra disposizione.
Gesti, postura, sguardo, atteggiamento, prossemica (lo spazio che occupiamo col
nostro corpo in relazione agli altri e agli oggetti): vanno presidiati e curati in modo da
esprimere anche con essi ciò che intendiamo consegnare ai nostri destinatari.
Paradossalmente, ma non troppo per essere congruenti col nostro linguaggio del
corpo non dobbiamo “occuparcene” direttamente. Preoccupiamoci piuttosto di
chiarire bene a noi stessi concetti, idee e scopi del messaggio che vogliamo dare
osservando e orientandoci all’interlocutore. Il corpo seguirà. E intanto impariamo ad
osservarci in azione e a correggere, affinare laddove si può, il modo di usare il corpo
come medium, mezzo per comunicare.
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