Ma quando il vino arrivò alla mente del Ciclope, anche allora io gli parlai con dolci parole: “Ciclope, tu mi domandi il mio nome famoso, e dunque io te lo dirò, ma tu dammi il dono dell’ospitalità, come mi promettesti; Nessuno è il mio nome; Nessuno solo soliti chiamarmi la madre e il padre e tutti gli altri compagni.” Così dissi, e quello subito mi rispose con animo spietato: “Nessuno lo mangerò per ultimo dopo i suoi compagni, quegli altri li mangerò prima; questo avrai come dono ospitale.” Disse, e rovesciatosi all’indietro cadde supino, ma poi giacque piegando da un lato il grosso collo ed il sonno che tutto doma, lo colse; e dalla gola gli venivano su il vino e pezzi di carne umana; poi ruttava essendo pesante di vino. Ed allora io spinsi il palo sotto la molta cenere, finchè si riscaldasse ed incoraggiavo con parole tutti i compagni, temendo che qualcuno preso da paura mi si traesse indietro; ma quando il palo d’olivo subito dentro la brace stava per infiammarsi, pur essendo verde, risplendeva vivamente. Ed allora io lo trassi dal fuoco più vicino e i compagni mi stavano intorno; un dio poi mi ispirò un grande coraggio; e quelli, avendo preso il palo di olivo, appuntito sulla cima lo conficcarono nell’occhio, ed io, appoggiatomi di sopra, lo girai, come quando un carpentiere trapana col trapano il legno di una nave e gli altri lo girano al di sotto, attaccandosi con una cinghia dalle due parti e quello corre sempre continuamente; così noi reggendo quel palo infuocato lo giravamo nell’occhio di quello ed intorno al palo che era caldo scorreva il sangue; e la fiamma, mentre la pupilla bruciava, gli arse tutte le palpebre e le sopracciglia; e ne friggevano a fuoco le radici. [Come quando un fabbro immerge nell’acqua fredda per temperare una grande scure o un’ascia che stridono fortemente; e questo costituisce ogni volta la forza del ferro.] Così sfrigolava il suo occhio attorno al palo di ulivo; terribilmente e grandemente si lamentò ed attorno la roccia rimbombò e noi impauriti scappammo; ma quello trasse via dall’occhio il palo intriso di molto sangue. Poi essendo eccitato lo scagliò da sé con le mani e chiamava a gran voce i Ciclopi, i quali abitavano nelle caverne per le cime ventose intorno a lui; E quelli, ascoltando il grido, vennero chi da una parte, chi dall’altra e, fermatisi attorno alla spelonca, domandavano che cosa lo affliggesse; “Perché mai, così abbattuto, o Polifemo, nella notte divina gridasti in questo modo e ci rendevi insonni? O forse qualcuno dei mortali contro la tua volontà ti porta via le greggi? Oppure qualcuno uccide te stesso con l’inganno o con la forza?” A sua volta il forte Polifemo dall’antro si rivolse ad essi: “O miei cari, Nessuno mi uccide con l’inganno e non con la violenza.” Quelli poi rispondendo, dicevano parole alate: “Se nessuno usa violenza a te, poiché sei solo, non è possibile evitare la malattia che viene dal grande Zeus, orsù prega il re Poseidone tuo padre.”