Un sistema assiomatico formale è una struttura logica, cui si può assegnare o no un significato Vengono introdotti alcuni termini tecnici non definiti: i termini primitivi. Viene fornito un elenco di enunciati primari detti assiomi. Tutti gli altri termini tecnici, detti termini definiti, vengono definiti per mezzo di termini introdotti precedentemente. Tutti gli altri enunciati del discorso vengono dedotti logicamente a partire da enunciati precedentemente dimostrati o dagli assiomi: questi enunciati derivati vengono detti teoremi Ai termini primitivi non si attribuisce inizialmente un significato Quando si dà un’interpretazione trasformando gli assiomi in enunciati veri, anche i teoremi diventano enunciati veri e ciò che prima era privo di significato diventa conoscenza reale. David Hilbert (1862- 1943) “Si deve poter dire al posto di punti ,rette, piani: tavole , sedie, boccali di birra” Bertrand Russell (1872-1970): “La matematica è quella scienza che non sa di cosa parla, senza sapere se quello che dice è vero” ;un sistema formale è completo se tutti gli enunciati veri sono derivabili (‘ottenibili’ e ‘dimostrabili’) al suo interno; è coerente , o non-contraddittorio, se non possono derivarsi al suo interno enunciati contraddittori, vale a dire una proposizione e la sua negazione. Il teorema di Gödel Potreste spiegarmi il teorema del grande Gödel: quello chiamato in gergo "dell'indecibilità" o "dell'incompletezza" dell'aritmetica e delle sue implicazioni. Rodolfo Beneduce 12 dicembre 2004 Il teorema di incompletezza di Gödel del 1931 è ritenuto il più importante risultato della logica del ventesimo secolo. In realtà, come vedremo, i teoremi di incompletezza di Gödel sono due, e a essi abitualmente ci si riferisce come al primo e al secondo teorema di incompletezza (e, quando si parla del teorema di Gödel, ci si riferisce al primo dei due). Si tratta di risultati così significativi che, ancora oggi, a più di settant'anni dalla loro dimostrazione, sono al centro dell'attenzione di studiosi di varie discipline. Il teorema di Gödel si riferisce a un sistema formale per l'aritmetica, ossia a un sistema assiomatico per la teoria dei numeri naturali in cui sono esplicitati, accanto ai concetti primitivi e agli assiomi, gli strumenti logici con i quali si conducono le dimostrazioni. Le ricerche logiche, infatti, hanno consentito di elaborare dei veri e propri calcoli logici mediante i quali è possibile formalizzare le dimostrazioni matematiche e associare alle usuali teorie matematiche la loro versione formale, in cui sono esplicitati anche i procedimenti deduttivi, e quindi trasformarle in sistemi assiomatici formalizzati. La formalizzazione di una teoria matematica non ha lo scopo di sostituire le usuali dimostrazioni condotte nella pratica matematica, ma consente di fornire una definizione esplicita, induttivamente controllabile, di cosa è un “teorema di una teoria e, quindi, di studiare problemi non affrontabili se non si è esplicitato l'apparato deduttivo della teoria stessa. In altri termini, la formalizzazione consente di “caratterizzare” l'insieme dei teoremi di una teoria, e permette così di dimostrare proposizioni che fanno riferimento alla teoria nella sua totalità. E il teorema di Gödel rientra in questa categoria di risultati. Tra l'altro, in base a un altro fondamentale risultato di Gödel del 1930, il teorema di completezza della logica dei predicati, in ogni teoria formalizzata al primo ordine, sono teoremi tutte (e sole) le conseguenze logiche degli assiomi. Va inoltre tenuto presente che, come è noto, le teorie formali sono suscettibili di svariate interpretazioni: hanno, come si usa dire, molteplici modelli. Indichiamo con AF un sistema formale per l'aritmetica del primo ordine (ad esempio quello che formalizza l'aritmetica di Peano): esso ha un'interpretazione standard in base alla quale gli assiomi sono veri nell'insieme N dei numeri naturali. L'idea che ha guidato Gödel per ottenere il suo teorema deriva dalla celebre “antinomia del mentitore”, che si può formulare come segue: una persona dice: "“Io sto mentendo". Se la persona mente, allora dice il vero. Se dice il vero, allora mente. Ebbene, la strategia di Gödel è stata quella di riformulare all'interno di un sistema formale quale AF l'antinomia del mentitore con riferimento alla dimostrabilità (e indimostrabilità) anziché alla verità (e falsità). Il primo teorema di incompletezza si può così formulare: se AF è coerente (ossia non si può dimostrare in AF una fomula e la sua negazione), allora AF è sintatticamente incompleto, ossia esiste una formula chiusa G tale che in AF non è dimostrabile né G né la negazione di G. La formula chiusa G individuata da Gödel è tale che la sua interpretazione standard risulta: "“G non è dimostrabile in AF"”. Si può allora ragionare a livello intuitivo come segue. a) Se G fosse dimostrabile in AF, allora sarebbe vera nell'interpretazione standard, e quindi sarebbe vero che G non è dimostrabile in AF. Ne segue che G non è dimostrabile in AF. b) Se non G fosse dimostrabile in AF, allora nell'interpretazione standard non G sarebbe vera, e pertanto sarebbe vero che G è dimostrabile in AF, in contraddizione con la coerenza di AF. Quindi non G non è dimostrabile in AF. Il problema principale risolto da Gödel è stato quello di costruire la formula chiusa G con la proprietà richiesta, ossia che affermi, nell'interpretazione standard, la propria indimostrabilità. Le formule di AF sono stringhe di simboli e, nell'interpretazione stadard, divengono proposizioni relative ai numeri naturali. Per costruire G occorre che la proprietà di "“essere dimostrabile"” di una formula possa essere espressa come una proprietà numerica. Questo fondamentale passo è stato realizzato da Gödel mediante il procedimento detto di “aritmetizzazione della sintassi che consente, in sostanza, di esprimere proprietà relative al sistema formale mediante formule di AF. In estrema sintesi, si associa univocamente a ogni formula un numero, e quindi alle proprietà delle formule si fanno corrispondere proprietà numeriche. Dato che AF è un sistema formale per l'aritmetica, in esso si formalizzano le proprietà dei numeri e, quindi, oltre alle usuali proprietà aritmetiche (quali ad esempio "“essere pari”, "“essere primo", ”...) si formalizzano quelle che "“traducono"” le proprietà delle formule (quale appunto "“essere dimostrabile"”). In tal modo si può costruire la formula G la quale "“corrisponde"” alla sua stessa indimostrabilità. Il secondo teorema di incompletezza si può formulare come segue: Se AF è coerente, allora la sua coerenza non può essere dimostrata in AF. Illustriamo schematicamente alcune delle principali conseguenze dei teoremi di Gödel. 1) La conseguenza più immediata del primo teorema di incompletezza di Gödel è che vi sono “verità aritmetiche” non dimostrabili in AF. In una qualsiasi interpretazione, e in particolare in quella standard, è vera G oppure è vera non G, ed entrambe non sono dimostrabili. In entrambi i casi vi è una formula vera non dimostrabile in AF. Nell'interpretazione standard, tra l'altro, è vera G in quanto, come si è detto, l'interpretazione standard di G è “G non è dimostrabile”, che è vera proprio per quanto dimostrato da Gödel. Vi sono quindi proprietà vere non dimostrabili, e quindi il sistema formale AF non è in grado di giustificare tutte le verità aritmetiche”. 2) Quanto osservato in (1) non mette in luce un difetto limitato al sistema formale AF. In generale, infatti, se una verità” non è dimostrabile, appare del tutto naturale assumerla come nuovo assioma. Ebbene, in questo caso, per il sistema formale così ampliato si può ripetere inalterata la dimostrazione di Gödel, ottenendo una nuova “verità aritmetica” non dimostrabile. In altri termini, il teorema di Gödel non stabilisce l'incompletezza sintattica del solo AF, ma anche di un qualsiasi sistema formale che estende AF. In realtà le cose andrebbero ulteriormente precisate, nel senso che il teorema di Gödel si estende a tutti i sistemi formali assiomatizzabili che estendono AF, ossia tali che è controllabile algoritmicamente il loro sistema di assiomi. D'altra parte, un sistema non assiomatizzabile non è “sotto controllo” (non possiamo neppure decidere quali sono i suoi assiomi) e, quindi, è praticamente inutile a fini matematici. È in questo senso che si ha la vera e propria limitazione dei sistemi formali: non è possibile individuare alcun sistema formale assiomatizzabile in grado di giustificare tutte le “verità aritmetiche. Vi è quindi una scollatura insanabile fra ciò che è dimostrabile e ciò che è vero nell'aritmetica (e in quasi tutte le altre principali teorie matematiche). Si è tuttavia dimostrato, ad esempio, che sono sintatticamente complete teorie del primo ordine che formalizzano parti limitate dell'aritmetica (ad esempio l'aritmetica dell'addizione, senza la moltiplicazione) e che lo è la (versione formale della) geometria euclidea (teorema di Tarski). 3) Dal fatto che G non è dimostrabile in AF segue, per il teorema di completezza della logica dei predicati del primo ordine, che G non è conseguenza logica di AF. Ciò significa che esiste un'interpretazione del linguaggio di AF che rende veri gli assiomi di AF e falsa G. Tale modello di AF non può essere isomorfo a N (poiché in N, come si è prima osservato, è vera G e in modelli isomorfi sono vere le stesse formule). Pertanto AF non è categorico, ossia ha modelli non isomorfi tra loro. Tale risultato, che non vale solo per AF ma anche per le sue estensioni, indica che non è possibile caratterizzare con un sistema formale del primo ordine la struttura dell'insieme N dei numeri naturali. 4) Il secondo teorema di incompletezza di Gödel ha segnato la fine del “periodo d'oro” della ricerca sui fondamenti della matematica e, in particolare, del programma di Hilbert”. All'inizio del secolo scorso ha assunto particolare rilevanza il problema della non contraddittorietà delle teorie matematiche. Si erano infatti trovate delle contraddizioni (o antinomie) che minavano alla base la teoria degli insiemi di Cantor e furono proposte varie assiomatizzazioni in grado di evitarle. Il passaggio all'assiomatica formalizzata è stato motivato proprio dall'esigenza di avere un “controllo” sui teoremi di una teoria in grado di consentire la dimostrazione della sua coerenza. E non è un caso che i calcoli logici, come ancora oggi vengono insegnati nei corsi universari, sono stati elaborati nell'ambito delle ricerche condotte dal matematico David Hilbert per ottenere la prova della non contraddittorietà delle teorie matematiche. Il primo obiettivo che Hilbert si era proposto era dimostrare la non contraddittorietà della più semplice delle teorie matematiche, ossia l'aritmetica (per poi estenderla alle teorie più complesse quali l'analisi, la geometria e la teoria degli insiemi). Ebbene, il secondo teorema di incompletezza di Gödel ha sancito proprio l'impossibilità di raggiungere tale obiettivo: la coerenza di un sistema formale quale AF non può essere ottenuta sfruttando tutti gli strumenti contenuti in AF stesso (e quindi, a maggior ragione, con gli strumenti più deboli ai quali Hilbert intendeva far ricorso). In parole più semplici: l'aritmetica non può garantire la sua coerenza. 5) Se da un lato il teorema di Gödel ha sancito la fine del programma fondazionale di Hilbert, dall'altro ha segnato l'inizio di nuove ricerche. I risultati limitativi, assai frequenti in matematica (ad esempio: non si può esprimere il rapporto fra diagonale e lato di un quadrato come rapporto fra numeri naturali, non si può costruire con riga e compasso il quadrato equivalente ad un cerchio ecc.), per essere ottenuti, richiedono lo studio di nuovi ambiti di ricerca che consentono una crescita delle conoscenze. I teoremi di ödel sono stati all'origine di importanti ricerche logiche e, come si è accennato, hanno aperto nuovi settori di indagine, prima fra tutti la teoria della computabilità che, oltre a costituire il quadro teorico in cui si svolgono le recenti discipline informatiche, ha applicazioni in molteplici settori quali le recenti scienze cognitive, la linguistica computazionale, la “filosofia della mente”. Per concludere, il teorema di incompletezza (sintattica) di Gödel può ulteriormente essere rafforzato in quanto è stato dimostrato successivemente che sistemi come AF sono “indecidibili”, ossia non si può stabilire mediante un algoritmo quali formule del suo linguaggio sono teoremi e quali non lo sono. Il fatto che i teoremi sono controllabili induttivamente consente di “generarli uno dopo l'altro, ma non consente, in generale, di stabilire se una data formula F è o non è un teorema: se F viene “generata” è un teorema, ma, se F non è stata ancora ottenuta, non si può sapere se verrà generata in futuro (se è un teorema) o se non sarà mai generata (se non è un teorema). Ebbene, le ricerche in teoria della computabilità hanno consentito di “dimostrare” che il problema di decidere se F è o non è un teorema di AF non può essere risolto algoritmicamente. Frege e Russell Formalismo Logico Il paradosso di Russell La "Teoria dei tipi logici" di Russell Il paradosso di Epimenide La dimostrazione dei Principia Mathematica Formalismo logico La matematica, e l’aritmetica in particolare, si esprime normalmente con un linguaggio non formalizzato, come, ad esempio, la lingua italiana. G.Frege (Biblio,Links) e B.Russell (Biblio,Links) pensavano che, come nel caso della geometria, i problemi e le ambiguità dell’aritmetica fossero dovuti all’utilizzo di concetti d’uso quotidiano anziché di termini rigidamente formalizzati. Essi attuarono un’opera di sistematizzazione della matematica attraverso la sua ‘traduzione’ nella logica. Secondo loro, il sistema formale risultante sarebbe stato scevro da imperfezioni. Alla base di questa operazione stava il presupposto che esiste una lingua logica ideale che costituisce la struttura oggettiva del pensiero; il pensiero consiste di connessioni tra oggetti ; i numeri sono proprio oggetti di questo tipo ed il contare consta di connessioni tra tali oggetti. Il calcolo è così riconducibile all’atto primario del pensiero e non necessita del linguaggio matematico come intermediario; questo va dunque eliminato, riconducendo la matematica alla propria matrice logica. Già il primo Wittgenstein (Biblio,Links), nel Tractatus (1922), criticò aspramente questa impostazione, sostenendo viceversa che è il calcolo matematico che basta a sé stesso e non necessita di fondazione logica, essendo le proposizioni matematiche diretta espressione della realtà ; ma tale posizione è a sua volta insostenibile. Il formalismo logico-matematico così prodotto non basta a sé stesso ma necessita di un corredo di concetti, regole, tecniche ad esso estranei ; in tal modo ripropone gli stessi problemi del sistema matematico che dovrebbe perfezionare. Il paradosso di Russell Frege (Biblio,Links) pubblicò i Grundgesetze der Arithmetik nel 1893. In una lettera di qualche tempo dopo, Russell (Biblio,Links) gli comunicò che i Grundgesetze contenevano una contraddizione, o meglio, una antinomia, cioè un paradosso logico. Russell tento di risolverla nei Principia Mathematica (PM), pubblicati intorno al 1913 insieme a A.N.Whitehead (Biblio,Links). La contraddizione era dovuta al paradosso dell’autoreferenza ; riguarda precisamente : la classe di tutte le classi che non contengono sé stesse Dobbiamo considerare i seguenti concetti e presupposti : esistono entità logiche denominate ‘classi’ o ‘insiemi’ che raccolgono tutti gli oggetti aventi una certa proprietà (che sono, dunque, suoi ‘membri’ o ‘elementi’); per ogni proposizione si deve poter dire se è vera o falsa. Definendo una classe si crea anche la classe di tutti gli oggetti residui, cioè che non appartengono a quella classe. L’‘universo’ o sistema di riferimento deve essere completo e coerente : completo significa che per ogni oggetto logico si deve poter dire se appartiene o meno ad una data classe ; coerente, o non contraddittorio, significa che un oggetto non può contemporaneamente appartenere ad una classe e alla classe residua (Watzlawick). Esemplifichiamo. La classe G contiene tutti i gatti ; tutti gli oggetti che non sono gatti appartengono alla classe ¬ G (nonG); ogni oggetto appartiene a G o ¬ G. La classe G non contiene sé stessa ; infatti non è un gatto ; ma consideriamo, ad esempio, la classe C di tutti i concetti ; essendo essa stessa un concetto, contiene se stessa ; analogo è il caso della classe di tutte le classi ; chiamiamole ad "auto-ingerimento" (Hofstadter trad.it.p.21). Ogni classe dell’universo o è ad "auto-ingerimento" oppure no ; creiamo così la classe M che contiene tutte le classi ad "auto-ingerimento", cioè che contengono sé stesse. Il paradosso si manifesta quando cerchiamo di collocare ¬ M : contiene se stessa o no ? Se tale classe non è membro di se stessa allora è membro di se stessa ; se tale classe è membro di se stessa allora non è membro di se stessa ; è ad "auto-ingerimento", se e solo se non è ad "autoingerimento". La deduzione logica porta ad un risultato paradossale ed alla violazione delle premesse. La questione è perciò indecidibile. La "Teoria dei tipi logici" di Russell La risposta che diede Russell (Biblio,Links) nei Principia Mathematica è costituita dalla "Teoria dei tipi logici". Questa teoria instaura una gerarchia di tipi logici che non può (non deve!) essere infranta. Gli oggetti di una classe sono di un tipo logico inferiore rispetto alla classe; "qualunque cosa presupponga tutti gli elementi di una collezione non deve essere un termine della collezione" (Watzlawick trad.it. p.189). Le classi ad "auto-ingerimento" sono, dunque, ‘prive di significato’. Una classe di classi , cioè una metaclasse, non è propriamente una classe. Dire che l’insieme di tutti i concetti è esso stesso un concetto è ‘privo di significato’ poiché è un ‘concetto’ di un tipo logico superiore. Questa gerarchizzazione è un po’ artificiosa ma, se accettata, pone un freno alla circolarità ricorsiva innescata dalla autoreferenza. Il paradosso di Epimenide Se si esce dall’ambito dei sistemi formalizzati e si considera il linguaggio quotidiano, possiamo enumerare dozzine di paradossi simili a quello di Russell ; il più noto e pregnante è l’antico paradosso di Epimenide. Epimenide era un cretese che disse : "Tutti i cretesi sono mentitori". Altre versioni possono essere : "Io sto mentendo" ; "questo enunciato è falso". Se l’enunciato è falso, allora non è vero ‘che è falso’ ; quindi sarà vero ; ma se è vero, allora è vero ‘che è falso’ ; quindi....si può proseguire all’infinito senza mai trovare una conclusione convincente . E’ vero se è falso, e viceversa. Questo enunciato viola la suddivisione degli enunciati in veri e falsi. La Teoria dei tipi logici, nell’ambito delle definizioni paradossali, non ha alcun effetto, poiché non vi è nessuna regola linguistica che mi proibisce di dire : "io sto mentendo". Lo stesso Russell, conscio della questione, anticipò la teoria dei livelli di linguaggio nella sua introduzione al Tractatus Logico-Philosophicus suggerendo che "ogni linguaggio ha, come dice Wittgenstein, una struttura della quale nulla può dirsi in quel linguaggio, ma che vi può essere un altro linguaggio che tratti della struttura del primo linguaggio e possegga a sua volta una nuova struttura, e che tale gerarchia di linguaggi può non aver limite" (Russell ). Nel linguaggio quotidiano, però, non è possibile imporre una rigida compartimentazione dei livelli ; e disfarsi del paradosso di Epimenide bollandolo come ‘privo di significato’ è un po’ troppo semplicistico. La dimostrazione dei Principia Mathematica L’opera di sistematizzazione formale e di fondazione logica dei Principia Mathematica riscosse, comunque, un notevole successo. Ma quest’opera aveva la pretesa di costituire un unico sistema che ricomprendesse e organizzasse tutta la matematica. Si poneva dunque la questione della completezza e della coerenza di tale sistema; esso è completo se tutti gli enunciati veri della matematica sono derivabili (‘ottenibili’ e ‘dimostrabili’) al suo interno; è coerente , o non-contraddittorio, se non possono derivarsi al suo interno enunciati contraddittori, vale a dire una proposizione e la sua negazione. Una questione di questo tipo rientra nella metamatematica, poiché è un’indagine matematica sulla matematica. Il matematico tedesco D.Hilbert lanciò proprio questa sfida alla comunità dei matematici : dimostrare la completezza e la coerenza dei PM. Ma quali strumenti dovevano essere usati per tale scopo? Hilbert propose di usare i metodi esposti nei PM , o meglio, solo una parte di essi. In tal modo innescava una circolarità che avrebbe permesso ai PM di reggersi da soli . Nessuno riuscì nell’impresa proposta da Hilbert. Gödel, anzi, dimostrò il contrario. 2. Sistema assiomatico formale. 1. Schema di sistema assiomatico formale. 1. Vengono introdotti alcuni termini tecnici non definiti: i termini primitivi. 2. Viene fornito un elenco di enunciati privi di giustificazione e concernenti i termini primitivi: questi enunciati primari vengono detti assiomi. 3. Tutti gli altri termini tecnici, detti termini definiti, vengono definiti per mezzo di termini introdotti precedentemente. 4. Tutti gli altri enunciati del discorso vengono dedotti logicamente a partire da enunciati precedentemente dimostrati o dagli assiomi: questi enunciati derivati vengono detti teoremi. Le novità rispetto ad un sistema assiomatico materiale stanno nei punti 1 e 2. Mentre lo schema di un sistema assiomatico materiale prevedeva la spiegazione dei termini primitivi e stabiliva che l’accettabilità di assiomi e postulati fosse da valutare alla luce di queste informazioni e del loro carattere di evidenza, il nuovo schema si limita a ciò che è strettamente necessario per il funzionamento logico del sistema. 1. Ci devono essere dei termini primitivi; essi non possono essere definiti all’interno del sistema e perciò, all’interno del sistema, sono assolutamente privi di significato; sono semplici nomi per i diversi tipi di oggetti di cui tratta il sistema. 2. Ci devono essere degli assiomi; e dal momento che si riferiscono ai termini primitivi, anch’essi sono privi di significato e perciò non sono né veri né falsi; il fatto di accettarli indica semplicemente che conveniamo di trarne delle deduzioni. Un sistema assiomatico formale è come un sistema assiomatico materiale ai raggi X: significato e realtà sono scomparsi, lasciando solo lo scheletro logico. In passato un sistema matematico veniva visto come combinazione tra forma (la struttura logica) e contenuto (il significato che gli veniva attribuito). Il punto di vista moderno, invece, è che un sistema matematico è sostanzialmente una pura struttura logica, cui si può annettere un significato o meno. In un sistema assiomatico formale non si attribuisce alcun significato ai termini primitivi. Anche se questo può sembrare un punto debole, in realtà è un punto di forza poiché ci lascia liberi di dar loro dei significati, ossia di interpretarli, in qualunque modo che trasformi gli assiomi in enunciati veri. In tal caso anche i teoremi diventano enunciati veri, e ciò che era privo di significato diviene conoscenza reale. Un primo vantaggio è che avendo a che fare con termini non interpretati è meno facile farsi trarre in inganno da dimostrazioni fasulle: meno materiale ha sa disposizione la nostra immaginazione, meno è probabile che accetti accidentalmente qualcosa che non sia logicamente certo. Un secondo vantaggio è che ci offre la capacità di riconoscere l’aspetto strutturale al di là delle differenti situazioni concrete. L’introduzione di sistemi assiomatici formali costituisce una rivoluzione non solo matematica ma anche filosofica. Gli assiomi non sono proprietà evidenti relativa ad enti oggettivamente esistenti, sono regole, relazioni formali che definiscono esse gli enti dei quali si parla, enti che esistono solo quando gli assiomi vengono formulati, non prima di essi. D’altra parte anche questa nuova impostazione, di cui più sopra sono elencati i vantaggi, non è esente da difficoltà. Se ai sistemi assiomatici materiali poteva, giustamente, essere mossa l’obiezione che non esiste l’evidenza e che l’intuizione non rappresenta una garanzia, che cosa può dare la certezza che gli assiomi dei sistemi formali non nascondano, sia pure a grande profondità, una contraddizione? Il problema della impostazione formalistica è quindi quello della dimostrazione della coerenza (non contraddittorietà) del sistema di assiomi. E’ da notare che questo è un problema non di matematica, ma di metamatematica: si tratta infatti di dimostrare qualcosa non nella matematica, ma sulla matematica. Nello studio di ogni sistema assiomatico è dunque fondamentale il presupposto che i relativi enunciati siano fra loro compatibili, cioè che non sia possibile dedurre da essi alcuna contraddizione logica. (L’impegno alla coerenza è implicito ogniqualvolta compiamo una dimostrazione per assurdo: ciò che ci permette di attribuire la responsabilità di una contraddizione esclusivamente all’ipotesi assurda assunta è la nostra convinzione che senza di essa non si sarebbe presentata alcuna contraddizione).Un sistema assiomatico è detto coerente se non dà luogo ad alcuna contraddizione nei suoi fondamenti, ossia nei suoi termini primitivi, termini definiti e assiomi. C’è poi un altro aspetto filosofico che distingue gli assiomi come li pensava Euclide dagli assiomi di un sistema formale. Se gli assiomi della geometria sono verità evidenti relative ad oggetti dati allora essi sono anche verità assolute, che non possono essere mai supposte false. Se gli assiomi della geometria sono invece relazioni formali, è lecito chiedersi se non esista qualche teoria che verifica tutti gli assiomi meno uno, più la negazione di quell’uno escluso: se esista per esempio, qualche geometria non euclidea, qualche modello matematico di enti da chiamarsi "punti", "rette", "piani" nel quale sono verificati tutti gli assiomi di Euclide tranne il quinto. Per dimostrare la coerenza di un sistema assiomatico formale, se ne fornisce dunque un modello. Si dice modello di un sistema assiomatico formale ogni interpretazione dei termini primitivi tale che gli assiomi diventino enunciati veri. Il termine "interpretazione" non è da intendere nel modo usuale, e cioè come "spiegazione di un significato", poiché non vi è alcun significato da spiegare, ma nel senso di "assegnazione di un significato". L’idea è che, siccome i termini primitivi non hanno significato intrinseco, possiamo attribuirgliene uno, con ciò anche gli assiomi acquistano un significato; se, poi, essi risultano tutti veri, abbiamo un modello. 2. S.A.F. Gli assiomi non sono proprietà evidenti relative ad enti oggettivamente esistenti, sono regole che definiscono esse gli enti dei quali si parla, enti che esistono solo quando gli assiomi vengono formulati, non prima di essi. Difficoltà: se ai sistemi assiomatici materiali poteva essere mossa l’obiezione che non esiste l’evidenza, che l’intuizione non rappresenta una garanzia, che cosa può dare la certezza che gli assiomi dei sistemi formali non nascondono una contraddizione? Problema: dimostrare la coerenza (non contraddittorietà) del sistema di assiomi. Questo è un problema di metamatematica (si tratta di dimostrare qualcosa non nella matematica, ma sulla matematica. Per dimostrare la coerenza di un sistema assiomatico formale se ne fornisce un modello. Modello: ogni interpretazione dei termini primitivi tale che gli assiomi diventino enunciati veri Interpretazione: non è "la spiegazione di un significato" ma è "l’assegnazione di un significato" Poiché i termini primitivi non hanno significato intrinseco, possiamo attribuirgliene uno, così gli assiomi acquistano significato, se, poi, essi risultano tutti veri, abbiamo un modello. Nel caso della geometria euclidea il modello è lo spazio ordinario. Siano K ed L due classi di elementi la cui natura viene lasciata indeterminata tranne per ciò che viene "implicitamente" definito dai postulati: 1. due elementi qualsiasi di K sono contenuti in un solo elemento di L 2. nessun elemento di K è contenuto in più di due elementi di L 3. gli elementi di K non sono tutti contenuti in un singolo elemento di L 4. due elementi qualsiasi di L contengono solo un elemento di K 5. nessun elemento di L contiene più di due elementi di K L’insieme dei postulati è coerente, in modo che non si possano dedurre mai teoremi contraddittori? Alla questione si può rispondere con l’aiuto di un modello. Sia K la classe dei punti costituiti dai vertici di un triangolo, sia L la classe delle linee costituite dai suoi lati. Conveniamo che la frase "un elemento di K è contenuto in un elemento di L" significhi che un punto costituito da un vertice giace su una linea costituita da un lato. Ciascuno dei cinque postulati viene allora tradotto in una proposizione vera. Per esempio, il primo postulato asserisce che due punti qualsiasi costituiti da vertici del triangolo giacciono solo su una linea, costituita da un lato. Riferendosi ai sistemi assiomatici formali Russel disse: "La matematica è quella disciplina in cui non si sa mai di che cosa si stia parlando, né se ciò che si dice sia vero" 3. Esempio di S.A.F. Forniamo un esempio semplice di sistema formale, tratto dal testo di Hofstadter Godel, Escher, Bach: un' Eterna Ghirlanda Brillante. Il sistema formale possiede tre simboli distinti: p g __ cioè le lettere p, g e il trattino. Alfabeto: il sistema possiede i tre simboli: p g __ Si definiscono gli assiomi in modo tale da poter disporre di una procedura di decisione per l’assiomaticità di una stringa composta di un certo numero di p di g e di trattini __ Definizione: x p __ g x __ è un assioma ogniqualvolta x è composto di soli trattini. x deve denotare la stessa stringa di trattini nelle varie occorrenze. Per esempio: __ __ p __ g __ __ __ è un assioma. L’espressione "x p __ g x __" non è un assioma perché x non appartiene al sistema p g , si tratta di una specie di stampo dal quale si ricavano tutti gli assiomi, è uno schema di assiomi. Regola: Supponiamo che x, y, z indichino determinate stringhe composte esclusivamente di trattini. Supponiamo di sapere già che x p y g z è un teorema. Allora x p y __ g z __ è un teorema. Osservazioni: 1) per esempio facciamo il caso che x sia __ __ , y sia __ __ __ e z sia __ . La regola ci dice che se è stato appurato che: __ __ p __ __ __ g __ è un teorema, allora lo è anche __ __ p __ __ __ __ g __ __ Oppure se è stato appurato che: __ p __ __ g __ __ __ è un teorema allora anche __ p __ __ __ g __ __ __ __ La regola di inferenza stabilisce un legame di natura causale tra la teorematicità di due stringhe senza pronunciarsi sulla teorematicità di nessuna delle due. 2) una stringa del tipo __ __ p __ __ p __ __ p __ __ g __ __ __ __ __ __ __ può venire esclusa semplicemente in base alla sua forma. 3) Supponiamo di voler stabilire se la stringa __ __ p __ __ g __ __ __ __ (1) è un teorema. Controlliamo prima di tutto se è un assioma o no. Se si tratta di un assioma, allora è un teorema per definizione, e l’esame è finito. Nel nostro caso non lo è. Consideriamo allora l’assioma ( x p__ g x __ ) più semplice possibile cioè: __ p __ g __ __ (2) e applichiamo ad esso la regola di inferenza che nel nostro caso fornisce: __ p __ __ g __ __ __ Successive applicazioni della regola non conducono alla stringa (1). Consideriamo allora l’assioma ( x p__ g x __ ) più semplice possibile dopo (2) cioè: __ __ p __ g __ __ __ Se applichiamo la regola di inferenza, otteniamo: __ __ p __ __ g __ __ __ __ che è la stringa (1), essa è quindi un teorema. La ricerca sulla natura di una stringa può anche essere condotta mediante una procedura "inversa" rispetto a quella descritta: se la stringa (1) fosse un teorema, essa dovrebbe provenire da una stringa più corta mediante l’applicazione della regola di inferenza, si ottengono così stringhe via via più corte da esaminare. A mano a mano che si procede così all’indietro, necessariamente ci si avvicina sempre di più alla fonte dalla quale discendono tutti i teoremi: lo schema di assiomi. Poiché non si può accorciare indefinitamente, prima o poi verrà il momento in cui qualcuna delle stringhe più corte sarà riconoscibile come assioma oppure non ci sarà modo di procedere oltre, avendo ormai constatato che nessuna di esse può essere accorciata ulteriormente con una applicazione "alla rovescia" della regola. __ __ p __ __ g __ __ __ __ __ __ p __ g __ __ __ Se proviamo a trovare una interpretazione per questo sistema ci accorgiamo che una possibile assegnazione di significato è: p più g uguale __ uno __ __ due __ __ __ tre ecc… Questa "interpretazione" appare utile e significativa; adesso è molto più semplice determinare se una stringa appartiene al sistema oppure no. Un’altra corrispondenza tra i simboli può essere la seguente: p g __ __ __ uguale sottratto da uno due Riassumendo: in ognuna delle due interpretazioni dotate di un significato che abbiamo fornito, ogni stringa ben formata ha un suo equivalente in un enunciato grammaticale. L’isomorfismo, però, tra le varie strutture potrebbe essere del tutto ignorato; ognuna ha la sua autonomia: 1+1 = 2 è indipendente dal fatto che __ p __ g __ __ è un teorema. Cristiana Toletti