Introduzione Nel mondo di oggi, in cui il comportamento del consumatore è ripensato in termini di flusso e le dimensioni di tale flusso sono il tempo e lo spazio, è rilevante essere capaci di presidiarle entrambe e pensarle come dimensioni della comunicazione. Da ciò deriva una sovrapposizione tra le funzioni di comunicazione e distribuzione, e la nuova interpretazione dei canali come come touchpoint della marca, oltre che come canali di delivery, cioè letteralmente come momenti di contatto tra la marca e il consumatore. La comunicazione si è da sempre occupata, oltre ai contenuti dei messaggi convogliati sui vari mezzi, anche di presidiare l’aspetto temporale, ciò in linea con lo sviluppo dei maggiori media, come i quotidiani, la radio e in primis la televisione, dove l’aspetto temporale è più saliente di quello spaziale. I piani di comunicazione, infatti, per come sono stati gestiti finora, hanno privilegiato gli aspetti temporali della stessa, lasciando del tutto in secondo piano quelli che riguardano lo spazio, anche perché in alcuni casi, come nella radio e nella televisione, essi non esistono, oppure si sovrappongono completamente alla dimensione temporale. La distribuzione, invece, che è sempre stata inquadrata separatamente dagli aspetti di comunicazione in essa presenti, spesso definiti below-the-line, è divenuta il contesto in cui la comunicazione diventa reale e concreta, in cui la marca si può esperire e dove la sua identità è più esposta presentandosi autenticamente, non più attraverso una comunicazione “preconfezionata”, ma in un contesto reale in cui la brand experience viene prodotta a vantaggio e con la partecipazione e il coinvolgimento del consumatore. La mediazione della distribuzione, e in particolare l’interpretazione del luogo come mezzo di comunicazione e il concetto di flusso di comunicazione nello spazio, è rilevante ai fini dello sviluppo delle relazioni con la marca, essendo il luogo fisico un luogo privilegiato di recettività per un verso e di interattività per l’altro. Questi due aspetti sono sempre esistiti; il consumatore ha infatti sempre vissuto le marche nel mondo fisico e in contesti reali, tuttavia essi sono effettivamente venuti alla luce come aspetti 11 La customer journey nello spazio di vendita potenzialmente importanti per la differenziazione solo di recente. È in questo contesto che lo spazio diventa uno strumento fondamentale per la comunicazione. Il volume affronta quindi il marketing del punto vendita, enfatizzando il tema della comunicazione rispetto alle funzioni informativa e logistica del servizio commerciale, che tuttavia restano fondamentali e anzi, nella logica dell’omnicanalità, si amalgamano alla prima dimensione. L’approccio tipico della tradizione industriale dei monomarca, che oggi si estende sempre di più anche ai multimarca e alla grande distribuzione, enfatizza il ruolo dello store design e la sua funzione di comunicazione nei confronti del consumatore. In questo contesto, l’analisi della percezione del consumatore di fronte a un display rivela aspetti utili a comprendere non solo il comportamento in-store ma l’intera filosofia del commercio al dettaglio. Il punto vendita è infatti composto da una moltitudine di display di fronte ai quali il consumatore si ferma, osserva ed effettua scelte. Ciascuno di tali display rappresenta un momento di interazione del consumatore con quel preciso ambito del negozio, o micro-ambiente, ripetendosi di continuo man mano che si naviga all’interno dell’ambiente di vendita. La vetrina, ad esempio, che nell’ultima parte del volume viene esaminata dettagliatamente, è il primo display ad essere incontrato. Esso è ricco di elementi narrativi, ma anche meno complesso di un display nel punto vendita, caratteristiche che ne consentono un utilizzo didattico e con finalità di illustrazione. L’analisi di un display rivelerà gli aspetti più tattici della comunicazione in-store, tra cui seguire le regole del design e i principi della Gestalt, far muovere lo sguardo lungo una studiata sequenza di fissazioni, influenzare una sensazione corporale inducendo una certa percezione multisensoriale, raccontare una storia attraverso i simboli utilizzati nell’allestimento. Attraverso un’analisi dei fattori di progettazione della comunicazione di marca e quelli di dettaglio che riguardano la fenomenologia della percezione di un display, il volume si pone l’obiettivo ambizioso di definire le logiche di base della progettazione dell’esperienza di marca in-store e, non secondariamente, i modi attraverso cui la marca riesce a convertire le intenzioni in azioni di fronte a un display. Questa visione si propone di integrare sia la prospettiva dell’organizzazione e della gestione del punto vendita, anche nota come store management, sia quella della vendita visiva, anche nota come visual merchandising, entrambe ampiamente analizzate dalla letteratura esistente. Se l’ “organizzare” (lo store management) e il “vendere” (il visual merchandising) sono le funzioni tipiche del servizio commerciale in un contesto a libero servizio, per il consumatore è prioritario il processo di comunicazione che si instaura tra lo “spazio” di vendita e il pubblico che lo frequenta. 12 Introduzione Il punto vendita si presenta con una serie di caratteristiche funzionali e simboliche che il consumatore interpreta e consuma nel processo d’acquisto, al pari di un prodotto, ma con la particolarità di vivere uno spazio reale e condiviso con il personale di vendita e gli altri utenti. Il volume presenta una visione innovativa dello store, almeno dal punto di vista del marketing, presentandolo in primis come progetto di comunicazione Da questo obiettivo nasce la visione del punto vendita come luogo della comunicazione, prima che uno spazio dedicato allo scambio commerciale. Il punto vendita svolge una funzione comunicativa e di relazione fondamentale nel contesto competitivo moderno. La forza della fisicità e l’esperienza multisensoriale comunicano infatti più di ogni altro media, e le marche che hanno compreso queste dinamiche cercano modalità per differenziarsi e comunicare un determinato posizionamento attraverso i loro monomarca, sviluppando relazioni più ravvicinate e facendo vivere al consumatore più vividamente l’esperienza del brand (Brakus, Schmitt, e Zarantonello 2009), implicitamente interpretando il punto vendita come un mezzo di comunicazione prima ancora che come uno strumento per vendere. È noto un aneddoto in cui Steve Jobs, il fondatore di Apple, parla con Ron Johnson, appena assunto come Vice Presidente Retail, per aiutarlo nella progettazione dei monomarca. Il manager chiede a Jobs se lui intenda la marca Apple come un brand più o meno grande di The Gap, e Jobs risponde ovviamente di vederla più grande, affermazione alla quale Johnson ribatte che allora gli Apple store, all’epoca in corso di progettazione, avrebbero dovuto essere più grandi e vistosi di The Gap, altrimenti non sarebbero stati tali (tradotto da “otherwise you won’t be relevant”) (Lima e Fabiani 2012). Lo spazio comunica infatti in tantissime forme, e i modelli di comportamento del consumatore devono essere aggiornati per tenere conto della dimensione esperienziale e dello spazio. Il caso della customer journey sottolinea in modo emblematico la necessità di abbandonare l’idea piuttosto astratta e idealizzata del comportamento del consumatore come sequenza di fasi decontestualizzate: il consumatore ha un bisogno, valuta, e lo risolve tramite un acquisto. L’idea di comportamento all’interno di un contesto diventa piuttosto un viaggio attraverso uno spazio, il quale, vissuto nei suoi significati, si trasforma in un luogo e resta nella memoria del consumatore a influenzare i suoi futuri acquisti. In letteratura si moltiplicano i contributi di ricerca che scoprono effetti di comunicazione determinati dallo spazio, anche paradossalmente dallo spazio vuoto, semplicemente attraverso i vuoti a scaffale, che hanno un importante valore segnaletico delle scelte di altri consumatori (Massara, Porcheddu e Melara 2014), oppure attraverso lo spazio vuoto o non utilizzato attorno ad un certo display, che gli conferisce un’immagine di prestigio aumentandone il valore estetico, l’attribuzione di valore, la probabilità di acquisto con effetti positivi sull’esperienza del 13 La customer journey nello spazio di vendita prodotto esposto (Sevilla e Townsend 2016). Se anche lo spazio vuoto comunica, se ne deduce che approfondire quali sono gli elementi di comunicazione da considerare per progettare un’esperienza di marca nello spazio, può essere davvero rilevante ai fini del successo. Il testo affronta questa prospettiva, dedicando una prima parte alla ricognizione della letteratura esistente in ambito di conoscenza del punto di vendita. Specificamente, il primo capitolo analizza i vari filoni della letteratura e introduce il “sistema punto vendita”. Questo modello relaziona le prospettive di store design, store management e visual merchandising, mettendo in evidenza il ruolo di ognuna di esse rispetto al comportamento del consumatore. Nel secondo capitolo, le tre citate attività sono lette funzionalmente al processo d’acquisto del consumatore, in particolare attraverso un modello di customer journey che proietta la classica sequenza del comportamento d’acquisto nel concreto, seguendone le azioni e le necessità nelle dimensioni del tempo e nello spazio. Il modello propone una serie di fasi - dall’engagement, all’esplorazione, alla decisione fino al post-acquisto- tra loro collegate, ma che tuttavia non devono susseguirsi necessariamente in sequenza. A partire dal ruolo del progetto di comunicazione che viene veicolato attraverso il punto vendita e che serve a plasmare i desideri, la parte commerciale del negozio lavora nel senso di consentire al consumatore di effettuare una valutazione esauriente e di concludere la vendita. In tal senso si stabilisce la rilevanza della comunicazione del punto vendita e quindi della sua progettazione, tra gli attributi del servizio commerciale. In tale nuova accezione, la funzione di comunicazione viene anteposta alla stessa funzione commerciale, acquistando un ruolo di primo piano tra gli elementi fondamentali del servizio commerciale (Pellegrini, 1990). In particolare, la constatazione di quanto la comunicazione sia rilevante viene effettuata al di fuori delle logiche che riguardano il suo contenuto, la cui definizione spetta caso per caso ai progettisti e ai designer dei servizi commerciali. Il terzo capitolo inaugura la seconda parte del libro, dedicato agli aspetti rilevanti della black-box, ovvero fattori che influenzano il comportamento del consumatore in-store. È necessario passare in rassegna questi aspetti per comprendere passaggi fondamentali concernenti il comportamento in-store ed il modo in cui la comunicazione incide. Vengono passati in rassegna l’elaborazione cognitiva, i processi di memorizzazione e come essi vengono ad influenzare il comportamento nel punto vendita; l’attenzione e la percezione, e in particolare la percezione ambientale e visiva, che è forse l’elemento più rilevante per il retail; e infine le emozioni utilizzate come euristiche nell’ambiente macro e vissute in quanto tali nel micro-ambiente, fondamentali fattori di influenza del processo decisionale. 14 Introduzione Tutti questi aspetti riguardano la comunicazione. Il primo, cioè la memoria, viene influenzato dalle strategie di comunicazione le quali, seguendo le argomentazioni di Berger in analogia al passaparola (2016), possono essere più orientate alla ripetizione dello stimolo, e quindi a fissare delle impressions, oppure all’elaborazione approfondita e quindi allo storytelling. Non è tanto determinante quale via viene perseguita per far sì che il consumatore memorizzi un determinato stimolo, piuttosto è importante che tale strategia sia efficacemente messa in pratica. L’idea di fondo è infatti quella di ottenere l’attenzione del consumatore per il tempo necessario affinché la memorizzazione abbia luogo. L’attenzione è di fondamentale importanza, in quanto rappresenta la chiave d’accesso all’elaborazione e alla memoria. Se un prodotto all’interno di un display non supera la soglia di attenzione, finisce per essere totalmente ignorato e non ha nessuna probabilità di inclusione, né di essere selezionato. In uno spazio caotico, caratterizzato da un flusso di comunicazione pervasivo, l’attenzione diventa un campo di battaglia in cui si compete aspramente. Nei multimarca ciò avviene presidiando posizioni a scaffale più visibili (Janiszewski 1998), utilizzando ad esempio l’esposizione verticale, o il packaging, mentre nei monomarca la competizione per l’attenzione si sposta all’esterno, tramite la vetrina che diventa un elemento centrale per l’attrazione dei consumatori. Dall’attenzione si passa quindi alla centralità della percezione nel mondo del retail, la quale si fonda sulla limitatezza della nostra capacità di processare informazioni, che viene ad essere oggi esasperata dall’eccesso di stimoli a cui siamo sottoposti. Il fenomeno dell’overload informativo e del clutter a livello di punto vendita fisico acquista infatti dimensioni rilevanti, se si pensa che nei punti vendita in cui abitualmente si compera, ad esempio in una superficie despecializzata con 30/40 mila referenze e una visita media di 20 minuti, un individuo dovrebbe avere la capacità fisica e cognitiva di processare 25/30 stimoli di marketing al secondo. La medesima dinamica è presente outdoor, se si pensa per esempio agli stimoli commerciali a cui si è sottoposti passeggiando per una via di un centro urbano. Risulta evidente come l’imparare a ignorare le informazioni, oppure a usare scorciatoie, anziché processarle, diventi una questione di sopravvivenza. E risulta anche chiaro come i canali digitali, che offrono un’esperienza meno emozionante ed esperienziale, ma certamente più leggibile e ordinata, offrano evidenti vantaggi (Avery et al. 2012). Si può infatti dire che oggi le imprese competono per l’attenzione dei consumatori e infatti uno dei ruoli dei designer dei servizi commerciali è quello di rompere il flusso della comunicazione al fine di far emergere il brand e far notare la presenza del negozio, generando attenzione e traffico. Il capitolo si chiude con un’analisi delle emozioni, fondamentali a informare il processo decisionale ma adattate alla fenomenologia della 15 La customer journey nello spazio di vendita percezione, che cambia in base al contesto e agli obiettivi del consumatore. In base a dove il consumatore si trova e cosa fa, quindi se si trova nel macroambiente oppure nel micro-ambiente, le emozioni giocano ruoli differenti. Esse sono informatori e quindi vengono utilizzate strumentalmente all’interno dei processi cognitivi nel macro-ambiente, ma sono vissute come stati transitori in risposta a stimoli ambientali e all’atmosfera del punto vendita all’interno della fenomenologia della percezione del micro-ambiente. Attraverso questa sfumatura si riesce si a spiegare il doppio ruolo delle emozioni nei processi decisionali e cognitivi, e in quelli più esperienziali ed autotelici. Si intuisce quindi come un modello di comportamento del consumatore che non tiene conto degli effetti di contesto è da considerarsi concettualmente, ma anche nei fatti, superato. Un modello di consumer behaviour che tiene conto delle ingerenze create a livello di contesto deve includere la dimensione dello spazio (il where) e considerare che il processo d’acquisto come “viaggio” che la attraversa. Da queste considerazioni nasce il modello della customer journey. Gli ultimi due capitoli si occupano di tracciare gli elementi fondamentali della progettazione di marca e dei display, quindi innanzitutto guardando il progetto punto vendita come contenitore della marca, che come vedremo deve essere costruito intorno alla customer journey, offrendo attraverso tutti i punti di contatto un’esperienza di marca coerente alle aspettative, ma anche al posizionamento del brand. Infine ci si propone l’obiettivo di rivelare le dinamiche di dettaglio della percezione dei particolari dello spazio, analizzando il passaggio da macro a micro ambiente e come la percezione si adatta al passaggio, seguendo il percorso della customer journey e definendo gli obiettivi della comunicazione nei diversi livelli di lettura dell’ambiente. In particolare, si definisce una tipologia di proprietà comunicative dello spazio a diversi livelli di profondità di elaborazione, dall’attrazione esercitata a livello macro, alla leggibilità, passando per la multisensorialità, fino alla narrazione. Al fine di illustrare tali proprietà, saranno analizzate a scopo illustrativo alcune vetrine. Audience Il volume è pensato per un target accademico, professionale e per gli studenti di specialistica o master che vogliano approfondire tematiche di marketing avanzato, soprattutto legate al tema della comunicazione negli spazi e nei luoghi. Ai colleghi professori e riceratori il libro offre diversi spunti, anche se spesso solo a livello concettuale, che tuttavia possono essere approfonditi con degli studi più rigorosi per essere portati all’attenzione del dibattito scientifico internazionale. A loro mi rivolgo con grande interesse e sono più che aperto e disponibile a qualsiasi forma di collaborazione. I professionisti troveranno più utile il secondo capitolo, che presenta un modello per la costruzione della 16 Introduzione customer journey, e più in generale la seconda parte del libro, che include una raccolta di contributi sul comportamento del consumatore e identifica mediatori e moderatori del comportamento, come ad esempio la fenomenologia della percezione e il suo campo di variazione tra il macro e il micro-ambiente, con spunti pratici direttamente azionabili sul campo. Infine, il libro offre agli studenti l’opportunità di trovare, insieme per la prima volta, una varietà di concetti e modelli, che spaziano dal marketing, alla comunicazione, al retail, al service design. Mi rivolgo soprattutto a loro porgendo i miei più cari auguri, e che da questo volume possano trarre ispirazione nel percorso di crescita professionale. Ringraziamenti Desidero ringraziare tutte le persone che sono state importanti per la mia formazione, in particolare il primo ringraziamento per essere stato la mia paziente guida, va a Luca Pellegrini. Ringrazio allo stesso modo tutti gli altri eccellenti Maestri, professori e colleghi, con cui ho avuto la fortuna di confrontarmi da vicino nel percorso di crescita personale e professionale: Michele Costabile, Angelo Miglietta, Robert Melara, Thomas Novak e Sandra Liu. Ringrazio i miei collaboratori e le persone che negli ultimi anni ho avuto vicine in ambito professionale: Guido Benassi, Elena Bernini, Marco De Carli, Paolo Bertozzi, Stefania Gabrielli, Giuseppe Stigliano, Daniele Porcheddu, e Orfeo Morello. Ringrazio anche le persone che hanno contribuito con le loro idee e il loro lavoro alla realizzazione di questo volume: Maurizio Mauri del Brain & Behavior Lab dell’Università IULM e il collega Vincenzo Russo per gli studi di eyetracking menzionati nel volume, Marco De Carli amministratore delegato e titolare della società di service design DINN! per il modello utilizzato in Figura 4.2, la window dresser Marica Gigante per la testimonianza e per le immagini gentilmente fornite, la window dresser Kaisa Leinonen per l’intervista concessa, l’artista e designer Giuseppe Bruno (www.gbr1.com) per la bella copertina. Sono inoltre eccezionalmente lieto del fatto che il volume in bozza è stato riletto dalla scrittrice Valeria Bellobono, e sono onorato dei suoi suggerimenti. Ringrazio la Toulouse Business School, per l’opportunità e il prestigio che mi concede di dirigere il laboratorio di Marketing & Communication Networks del suo centro di ricerca, luogo in cui parte di questo lavoro è stato concepito. Rivolgo un saluto a quanti ne fanno parte. Ringrazio infine i miei colleghi, docenti e impiegati dell’amministrazione dell’Università IULM, volti che mi accompagnano nel quotidiano e che considero come una famiglia. 17