Tra le necessità della bovina e la legge italiana: le strutture ideali

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Tra le necessità della bovina e la legge italiana:
le strutture ideali dal vitello alla vacca da latte
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Fiera Internazionale del Bovino da Latte - Cremona 23 Ottobre 2008
P. ROSSI, DOTTORE AGRONOMO
C.R.P.A., Reggio Emilia
INTRODUZIONE
L’attività zootecnica è quella che, fra le diverse attività agricole, ha maggiori esigenze in termini di fabbricati e impianti; basti pensare agli edifici per l’allevamento degli animali, a
quelli destinati alla raccolta di prodotti specifici (ad esempio
la sala di mungitura per la raccolta del latte), a quelli destinati allo stoccaggio degli alimenti e dei lettimi o alle strutture per la raccolta e il trattamento dei reflui zootecnici.
La costruzione di un nuovo fabbricato rappresenta un momento di grande importanza per qualsiasi azienda agrozootecnica; numerose, infatti, sono le implicazioni di tipo economico, produttivo e organizzativo che questo evento ha sulla
conduzione aziendale e sulla stessa attività d’allevamento. Gli
errori commessi nella fase progettuale e nella realizzazione
dell’edificio si traducono in un aggravio dei costi e compromettono l’efficienza gestionale, e questo è tanto più vero se l’edificio in questione è destinato all’allevamento degli animali.
Di fatto, per il comparto bovino da latte, ancor più che per
altri settori zootecnici, la stalla rappresenta non solo il luogo
fisico nel quale vivono gli animali e lavora l’uomo, ma anche
l’emblema delle scelte tecniche dell’imprenditore e, spesso, lo
specchio delle sue capacità (o delle sue possibilità) e dei suoi
limiti. La stalla, inoltre, non è un semplice mezzo di produzione, quanto piuttosto un insieme di fattori che interagiscono fra loro e che condizionano fortemente l’organizzazione
dell’azienda e l’attività d’allevamento.
La costruzione di una nuova stalla, quindi, non può essere in
alcun modo un evento improvvisato, anche per il consistente impegno finanziario che è in gioco, ma deve essere preceduta da una seria progettazione affidata a figure professionali competenti e specializzate, dotate di un’adeguata preparazione tecnico-scientifica, ma anche e soprattutto di una buona conoscenza del mondo agricolo e dei modi di pensare e di
vivere che lo caratterizzano.
CENNI SUGLI ASPETTI COSTRUTTIVI
DELLE STALLE
I moderni edifici zootecnici sono costruiti principalmente
con strutture portanti prefabbricate intelaiate (pilastri, travi
e arcarecci) realizzate con uno e due dei seguenti materiali:
calcestruzzo armato, acciaio e legno. Le soluzioni miste più
diffuse prevedono l’impiego del calcestruzzo o dell’acciaio
per la struttura portante verticale (pilastri) e l’impiego del legno per la struttura portante di copertura.
Il tetto della stalla ha il principale scopo di proteggere gli animali, gli alimenti, i prodotti e i mezzi meccanici dagli agenti
atmosferici, ma altrettanto importante è la funzione di salvaguardia delle condizioni microclimatiche interne adatte alla
specie allevata; la copertura, infatti, deve agire sia nei confronti del freddo, limitando le perdite caloriche dell’edificio
durante la stagione invernale, sia nei confronti del caldo,
proteggendo gli animali dai raggi del sole e limitando il surriscaldamento dell’ambiente d’allevamento durante l’estate.
Il tetto può essere realizzato in modo molto semplice, utilizzando il solo manto di copertura direttamente fissato sugli
elementi portanti della struttura, oppure si può prevedere un
pacchetto di copertura realizzato per sovrapposizione di
strati di materiali diversi. Questa seconda soluzione, assolutamente preferibile per la costruzione di stalle, è disponibile
anche in tipologie prefabbricate e prevede sempre uno strato di materiale coibente.
Il ruolo svolto dall’isolamento termico è quello di ridurre
l’effetto delle variazioni della temperatura esterna sulla temperatura dell’aria all’interno del locale di allevamento. Per
quanto riguarda le stalle per vacche da latte, l’aspetto prioritario è sicuramente quello di limitare il surriscaldamento
dell’intradosso (superficie rivolta verso l’interno) del solaio
di copertura durante la stagione calda, al fine di ridurre l’ingresso di calore raggiante nell’ambiente d’allevamento. Un
secondo aspetto rilevante è quello di impedire la formazione
di condensa sulle superfici interne della copertura in inverno, quando la differenza di temperatura fra l’ambiente interno e l’esterno è elevata; la cosa è ottenibile mediante l’abbassamento della trasmittanza unitaria del tetto. In caso contrario la formazione di condensa potrebbe essere scongiurata
soltanto aumentando in modo spropositato la ventilazione
dell’ambiente, con effetti negativi per gli animali (deficit termico, correnti d’aria). Il consiglio che si può fornire, quindi,
è quello di non lesinare nel costo della copertura, perché
quanto si spende a questo livello verrà sicuramente ripagato
in termini di benessere animale, prestazioni produttive e durata della struttura.
Con la rapida diffusione delle strutture prefabbricate a telaio
per la costruzione delle stalle, hanno assunto notevole importanza le strutture di tamponamento, che si possono suddividere in due categorie: tamponamenti monostrato e tamponamenti a più strati. Alla prima categoria appartengono
tamponamenti di facile costruzione, relativamente economici, spesso di massa modesta e di spessore limitato, sicuramente da preferirsi per le stalle di vacche da latte a stabulazione libera. Molti di questi tamponamenti, infatti, consentono la protezione degli animali dal vento e dall’eventuale irraggiamento solare, permettendo nel contempo una loro
agevole rimozione, totale o parziale, al fine di favorire la ventilazione estiva. Fra questi tamponamenti mobili si ricordano le pannellature di legno, i teli di plastica, le reti frangivento e … le file di rotoballe di paglia o fieno!
I tamponamenti multistrato, sia in versione prefabbricata, sia
in tipologie da realizzarsi in opera, vengono preferiti quando
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all’interno dell’edificio o del locale si richiedono particolari
condizioni microclimatiche e, quindi, quando diventa importante il grado di isolamento termico della parete. Nelle
strutture per l’allevamento bovino da latte queste condizioni
si possono ritrovare nella zona di mungitura, soprattutto per
quanto riguarda la sala latte e i locali utilizzati dagli addetti
(ufficio, spogliatoio, servizi igienici).
Il pavimento delle aree di stabulazione dei ricoveri zootecnici è il punto di più intimo contatto con gli animali ospitati e
rappresenta, quindi, un componente fondamentale dell’ambiente d’allevamento; al tipo di pavimento sono strettamente legate la salute e la produttività degli animali, ma anche la
produttività del lavoro, per gli evidenti effetti sulle modalità
di evacuazione delle deiezioni.
Per quanto concerne gli aspetti sanitari, è utile ricordare come i problemi agli arti siano una delle principali cause di
scarto di animali negli allevamenti bovini da latte e che gravi perdite economiche possono colpire le aziende nelle quali
le zoppie non sono adeguatamente controllate (Gooch,
2001). Tale fenomeno può essere scatenato da una serie di
concause, fra le quali le più importanti sembrano essere
quelle genetiche, quelle alimentari e quelle ambientali; fra la
cause ambientali un ruolo determinante è giocato dalle pavimentazioni della stalla.
Una pavimentazione zootecnica dovrebbe essere facile da
pulire, non scivolosa, priva di bordi aguzzi o protuberanze,
calda e confortevole se utilizzata per la zona di riposo, resistente, di lunga durata ed economica. I pavimenti utilizzati
nelle stalle per bovini possono essere pieni (continui) o fessurati (discontinui).
Il pavimento di calcestruzzo posato su vespaio di ghiaia rappresenta il tipo di pavimentazione più usato nelle stalle; esso
unisce all’economicità, la solidità, la longevità e la relativa
semplicità di costruzione; i pavimenti di questo materiale
vengono utilizzati per tutte le aree di stabulazione degli animali, così come per le corsie e i piazzali di transito dei mezzi
meccanici e per le aree di stoccaggio dei prodotti e delle attrezzature. Grande attenzione deve essere posta nella scelta
del materiale (dosaggio dell’impasto, classe di resistenza a
compressione, fluidità), nella posa in opera e nella fase di indurimento del getto.
Per pavimento fessurato si intende una superficie di calpestamento che alterna delle zone piene a delle fessure o fori. Il fessurato è un pavimento autopulente in quanto le deiezioni deposte, grazie all’azione di calpestamento degli animali, attraversano le fessure e cadono nelle sottostanti fosse di raccolta;
l’efficacia della pulizia dipende molto dalla tipologia di fessura e dalla sagomatura dei travetti. L’adozione di questo pavimento permette la limitazione del contatto fra animale e deiezioni, oltreché l’eliminazione di mezzi e manodopera per l’allontanamento delle deiezioni dalle superfici di stabulazione.
PROBLEMI CON LE PAVIMENTAZIONI
La finitura superficiale dei pavimenti di calcestruzzo deve essere sufficientemente ruvida (microrugosità) da permettere
una buona presa dei piedi dei bovini, ma non troppo abrasiva, per evitare danni alla suola degli unghioni, e questo è più
facile da dirsi che da farsi; in effetti, la realizzazione del pavimento di calcestruzzo delle zone di stabulazione è spesso il
problema più difficile da risolvere nella costruzione della stal-
la. È comunque preferibile adottare un pavimento con superficie abbastanza liscia e con opportune rigature, piuttosto che
un pavimento dalla superficie molto rugosa e irregolare.
Di fatto, la scivolosità dei pavimenti è un inconveniente noto, anche se spesso sottovalutato, che può rendere il movimento degli animali instabile e incerto, provocando cadute e
uno stato generale di stress.
Per limitare questo problema, già in sede di realizzazione del
pavimento è consigliabile intervenire con la rigatura della superficie; i solchi, profondi 6/12 mm, si possono realizzare
mediante appositi stampi di metallo sul conglomerato ancora fresco (da 1 a 2 ore dopo la posa), avendo cura di eliminare eventuali sporgenze e bordi taglienti prima dell’ingresso
degli animali. Sui pavimenti esistenti è possibile intervenire
con speciali macchine che incidono il calcestruzzo preventivamente pulito.
Alcune ricerche hanno studiato la disposizione delle fessure
per ottenere il migliore effetto antiscivolo, indicando come
soluzione ottimale quella con solchi larghi 10 mm disposti
secondo un disegno ad esagoni regolari con lato di 46 mm
(Dumelow, 1993), ma tale soluzione appare di difficile esecuzione nella pratica. Una alternativa decisamente più pratica è quella a solchi diagonali posti a una distanza reciproca
di 100/120 mm, realizzati in entrambi i sensi per ottenere un
disegno a rombi (Graves et al., 1997).
Un altro sistema per limitare la scivolosità del pavimento è
quello di incorporare nella superficie di calcestruzzo dei granuli di caucciù. L’intervento può essere fatto direttamente sul
pavimento nuovo, ma anche su un pavimento esistente. Il
pavimento in malta resinosa e gomma mostra una buona capacità antiscivolo, soprattutto quando è pulito, ma per evitare la rapida usura della superficie, con asportazione dei granuli di gomma, è bene che le lame degli eventuali raschiatori non tocchino il pavimento. Questo tipo di rivestimento
può essere utilizzato anche per le pavimentazioni fessurate.
In questi ultimi anni si sta assistendo alla diffusione delle pavimentazioni deformabili in gomma nelle stalle italiane; tali
rivestimenti vengono installati sia nelle aree di circolazione
della stalla, sia nella zona di mungitura, con lo scopo di migliorare la deambulazione degli animali e limitare le problematiche podali. Sono disponibili rivestimenti in gomma sia
per pavimenti pieni, sia per pavimenti fessurati.
Queste pavimentazioni devono avere una superficie antiscivolo ed essere morbide, permettendo agli unghioni di affondare quanto basta sul tappeto; ciò consente un ulteriore effetto antiscivolo, perché l’unghione viene accolto in una concavità, e permette di ridurre le pressioni a livello di arti e piedi, consentendo una camminata più naturale. I vantaggi delle pavimentazioni di gomma potrebbero essere:
- la riduzione dell’incidenza delle lesioni podali;
- la riduzione degli scivolamenti;
- la migliore deambulazione degli animali;
- la migliore evidenziazione dei calori.
Per contro, l’installazione di rivestimenti di gomma comporta un costo aggiuntivo non indifferente, che andrà valutato
sulla base dei benefici che ci si può attendere, soprattutto in
termini di migliore salute degli animali, maggiore produzione di latte, migliore fertilità e riduzione dei tassi di rimonta.
Altri aspetti che dovranno essere valutati dalla ricerca sono
l’effetto delle alte e basse temperature sulla deformazione e
durata del rivestimento, i problemi legati alla pulizia meccanizzata e, non ultimo, il rischio di decubito di bovine nelle
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corsie. Bisogna inoltre considerare che il consumo degli unghioni viene ridotto di molto e quindi si può presumere un
aumento della frequenza degli interventi di pareggiamento.
TEMPO TRASCORSO IN PIEDI
DALLE VACCHE
Un fattore di rischio di grande rilevanza in talune patologie
podali dei bovini è senza dubbio il tempo trascorso in piedi
dagli animali nell’arco della giornata; ciò è particolarmente
vero nell’allevamento in regime stallino, dove i bovini hanno
a disposizione corsie e aree di transito con pavimentazione di
calcestruzzo.
È innegabile, infatti, che le pavimentazioni tradizionali delle
stalle rappresentino un elemento dell’ambiente d’allevamento poco naturale, specie se rapportato alle superfici dei pascoli su cui molti bovini si muovono abitualmente.
Le pavimentazioni dure comportano elevate pressioni a livello delle complesse strutture del piede e la cosa è facilmente intuibile considerando il rapporto fra la mole dei bovini adulti e la superficie d’appoggio degli unghioni. Bisogna poi considerare che durante l’attività motoria i piedi
scaricano al suolo anche l’energia cinetica del movimento,
che in taluni casi si concentra sui soli arti posteriori (atto del
cavalcamento), con il risultato che le pressioni possono arrivare a valori molto elevati e concentrati soprattutto sulle
pareti degli unghioni.
Le più comuni cause del troppo tempo trascorso in piedi dalle vacche possono essere così riassunte:
- sovraffollamento della stalla;
- cuccette poco confortevoli;
- problemi nella circolazione degli animali;
- stress termico;
- tempi di attesa e mungitura troppo lunghi;
- esecuzione di lavori nelle zone di riposo.
Il tema del sovraffollamento delle stalle è di grande attualità
e numerosi esperti di strutture e di tecniche di allevamento
segnalano da tempo il pericolo di conduzioni troppo “spinte” in tal senso. I soggetti più sensibili alle problematiche indotte dal sovraffollamento sono le vacche nel periodo del periparto e nella prima metà della lattazione, oltre ai soggetti di
prima lattazione (primipare), che occupano spesso i gradini
più bassi della scala gerarchica.
Il sovraffollamento si manifesta innanzitutto come ridotto
rapporto fra i posti previsti in zona di riposo e il numero di
capi ospitati; il fatto è particolarmente grave se la stalla è a
cuccette, ma è un problema anche nella stabulazione a lettiera, perché significa che la superficie unitaria in zona di riposo si riduce al disotto dei valori di progetto adottati, con tutti i problemi che ne conseguono (difficoltà a mantenere la
lettiera pulita, aumento dei traumi da calpestamento, aumento dello stress termico in estate).
Si deve assolutamente ribadire l’importanza di avere almeno
una cuccetta per ogni vacca allevata nella stalla, perché solo
in questo modo si può garantire anche agli animali dominati della mandria un adeguato periodo di riposo e quindi una
limitata permanenza in piedi sulle corsie di transito.
Un secondo elemento che determina il sovraffollamento è il
basso rapporto fra posti alla mangiatoia e numero di vacche, particolarmente grave quando l’alimentazione è contemporanea, con distribuzione di foraggi freschi o affienati
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per tempi limitati, più volte al giorno; questa condizione
impone un rapporto pari almeno ad 1, onde evitare che alcuni animali perdano molto tempo in piedi alla ricerca,
spesso vana, di un posto con alimento ancora disponibile.
Può capitare, inoltre, che bovine poste nei gradini più bassi della scala gerarchica, avendo meno tempo da trascorrere alla mangiatoia, consumino pasti abbondanti e poco frequenti (Guard, 2006), con le negative conseguenze a livello
digestivo (acidosi ruminale).
Può essere tollerato un rapporto non inferiore a 0,8 solo
quando si attua l’alimentazione continua, con presenza dell’alimento in mangiatoia per almeno 18 ore/giorno.
Terzo elemento che configura una situazione di sovraffollamento è il numero limitato di punti di abbeverata, spesso aggravato dall’errata collocazione degli abbeveratoi. Molte bovine, durante il periodo estivo, sono costrette a lunghe attese
in piedi o a continui spostamenti per poter accedere alla sospirata acqua di bevanda, a causa della carenza di abbeveratoi o per il fatto che il modello di erogatore installato non è
adatto ad una rapida e abbondante assunzione di acqua.
La presenza di pochi punti di abbeverata, magari concentrati in alcuni punti della stalla, aumenta la possibilità che i capi dominanti controllino gli abbeveratoi, con problemi per i
capi subordinati a soddisfare le loro esigenze idriche e con
aumento dei tempi trascorsi in piedi dalle vacche. Inoltre, il
collocamento degli abbeveratoi su passaggi stretti può costituire elemento di disturbo alla libera circolazione delle vacche, con il risultato che i capi dominati possono avere difficoltà a raggiungere un posto in cuccetta, restando in piedi
per più tempo o sdraiandosi sulle corsie.
Un aspetto fondamentale che condiziona i tempi di riposo è
il tipo di cuccetta; una cuccetta può risultare poco gradita
agli animali per una serie di motivi, fra i quali si ricordano le
dimensioni errate (cuccette corte o troppo strette), le attrezzature di contenimento mal posizionate (battifianchi troppo
bassi o troppo alti, tubo allineatore troppo avanti o troppo
indietro, fermo al piede troppo alto) e la superficie di riposo
troppo dura.
Numerose ricerche hanno evidenziato come cuccette del tipo a buca con lettiera di paglia, se ben progettate e gestite,
consentano tempi di riposo delle vacche in lattazione di
14/15 ore/giorno (House et al., 1994, Rossi et al., 2003), da ritenersi ottimali per questa categoria di bovino. Risultati altrettanto validi si possono riscontrare anche nelle cuccette
con materassi morbidi a due o tre strati, mentre l’impiego di
materassi più duri o di tappetini comporta una riduzione del
tempo di riposo, che può scendere a 10/11 ore/giorno. Assolutamente non proponibili le soluzioni di cuccetta a pavimento di calcestruzzo, nudo o con poca lettiera, che comportano tempi di riposo ridottissimi (7/8 ore/giorno).
Il tempo trascorso in piedi dalle bovine può essere condizionato dal dimensionamento delle aree di transito (zona di alimentazione e corsie di smistamento) e dei passaggi fra le
cuccette, perché larghezze ridotte si traducono in difficoltà di
spostamento, specialmente nelle zone dove sono previste anche altre attività (alimentazione, abbeverata). Un tipico caso,
riscontrabile soprattutto in stalle libere di vecchio tipo, è
quello della zona di alimentazione larga 3 m: in queste condizioni, pochi animali alla mangiatoia e un animale dominante fermo nello spazio retrostante possono bloccare la circolazione di parte della mandria, causando il prolungamento dei tempi trascorsi in piedi dalle vacche.
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Bisogna considerare, inoltre, che il layout di stalla (distribuzione interna delle diverse aree) può causare problemi nella
libera circolazione degli animali. È il caso, ad esempio, della
presenza di fondi ciechi nelle corsie (cul-de-sac), che possono impedire alle bovine dominate di sottrarsi da una situazione di difficoltà, costringendole a rimanere in piedi per
tempi prolungati.
Una notevole turbativa alle normali condizioni d’allevamento può essere indotta dallo stress termico estivo: le vacche ad
alta produzione, infatti, sono particolarmente sensibili alle
alte temperature, specie se a queste si abbinano alti tassi igrometrici. Gli effetti negativi, riscontrati a livello sperimentale
da numerose ricerche e verificati dopo ogni estate calda da
tanti allevatori, si manifestano anche a livello di comportamento degli animali, che ad esempio tendono a preferire l’alimentazione nelle ore più fresche del mattino o nelle ore serali, se ciò è possibile. Il consumo di un minor numero di pasti più abbondanti, come già detto in precedenza, può predisporre l’animale all’acidosi ruminale, con le possibili conseguenze sulla salute dei piedi.
Ma un effetto diretto sul comportamento delle lattifere può
essere verificato nelle stalle durante il periodo più caldo: gli
animali tendono a raggrupparsi, in piedi, in certe aree del ricovero, presumibilmente dove la velocità dell’aria è maggiore. Questo strano atteggiamento, non del tutto chiarito, potrebbe essere un tentativo della mandria di difendersi dai fastidiosi morsi delle mosche, anche se così accalcate le bovine
aumentano la loro sensazione di caldo.
Anche la presenza dei ventilatori per il raffrescamento estivo
può portare ad una permanenza prolungata delle vacche in
piedi nella zona interessata dal cono d’aria, sia in zona di alimentazione, sia in zona di riposo. Si può riscontrare con una
certa frequenza l’atteggiamento della bovina in piedi nella
cuccetta e ciò è da mettersi in relazione con il fatto che la di-
spersione termica è maggiore rispetto alla situazione dell’animale in decubito, perché la superficie corporea è meglio
esposta alla corrente d’aria. Peraltro, talune tipologie di tappetini o materassini aumentano ulteriormente la sensazione
di caldo per l’animale sdraiato.
Un aspetto che può avere un’influenza non secondaria sul
tempo totale trascorso in piedi dalle vacche è la durata delle
operazioni di mungitura. In particolare, ha rilevanza il tempo di attesa alla mungitura, dal momento in cui l’addetto
inizia la raccolta degli animali al momento in cui la vacca entra nella posta di mungitura; questo tempo dipende dalla distanza fra l’area di stabulazione e la zona di attesa, dalla
“scorrevolezza” del percorso che devono fare gli animali (assenza di ostacoli o di strettoie) e dal numero di animali del
gruppo di mungitura, che determina la dimensione della zona di attesa.
Bisogna poi considerare che il tempo trascorso nella posta di
mungitura varia in base alla tipologia di sala e alla sua dimensione; tendenzialmente il tempo si riduce con la mungitura individuale (autotandem), mentre può allungarsi considerevolmente nelle grandi sale a spina e a pettine, dove il
tempo di permanenza è condizionato dal tempo di mungitura della vacca più lenta di ogni gruppo.
Considerando le due mungiture giornaliere, si possono registrare tempi medi trascorsi in piedi dalla singola vacca per le
operazioni di mungitura variabili da 80 a 160 min/giorno.
Infine, alcuni lavori di routine da eseguirsi nella zona di riposo, come la cura delle cuccette e l’aggiunta di paglia, possono
comportare disturbo agli animali, che se in riposo sono costretti ad alzarsi e a trasferirsi in altre aree; proprio per questa
ragione si dovrebbero eseguire queste operazioni quando la
zona di riposo è vuota, ad esempio durante la mungitura o
quando la maggior parte delle vacche si trova nella zona di
alimentazione o nei paddock esterni (se presenti).