L’unità di
Italia,
reportage
La brigata
Volume II, numero
VII
Marzo 2016
SOMMARIO:
La prima cena per il 50esimo
L’unità di ItaliaCampione al
femminileSi ascolta in
classe
La testimonianza del
sign. Nani
1
2-3
La prima cena per il festeggiamento del
50esimo della nascita dell’istituto e
l’intervista allo chef Andrea Mattei
Può spiegarci come ha impostato il menù?
Perché questo menu, il menu si chiama croc toscana: croc perché è un punto di rottura tra la tradizione e l’innovazione. Quindi abbiamo fatto un cibo moderno, un
risotto con gli asparagi e le verdure di stagione, l’agnello con le barbe di prete, poi
abbiamo personalizzato con la liquerizia, con il cipresso, con il cacao e abbiamo creato questo concetto di croc Toscana, la Toscana ma in un punto di rottura.
4
Notizie di rilievo:
• La cena per il 50esimo
Il regista Dario
Lo chef stellato Andrea Mattei
• L’unità d’Italia
• Campione al femminile
• La testimonianza del
sign. Nani
La prof.ssa Carla Buffa e le sue
emozioni alla cena per il 50esimo
La prof.ssa Buffa con Gaia
Grande orgoglio per la scuola dall’accoglienza (fantastica e professionale; te lo dico non solo da parte mia ma
anche di mio marito che è un militare e ha frequentato numerose ambasciate) al servizio e alla alta qualità del cibo (qualità e quantità, perché non è mai mancato fino alla fine). Complimenti ai ragazzi e ai docenti per la professionalità con cui li seguono e per il lavoro immane che svolgono. La sala era qualcosa di splendido, come mise en
place, ognuno aveva il proprio posto assegnato. Che dire del cibo?ottimo! il cuoco, chef stellato, (che avevo già
conosciuto in Versiliana dove aveva presentato un piatto particolare) ha condiviso la sua filosofia di cucina tavolo,
per tavolo, con tutti, con grande umiltà. Il piatto che ho più apprezzato è stato il secondo piatto. C’erano varie
tipologie di pesce e si apprezzava il sapore di ciascuno; anche i dolci erano ineguagliabili, sono già prenotata per la
prossima, a scatola chiusa, anche se non so ancora la data.
17 marzo 1861: L’Unità di Italia. Prospettiva
storica: il Sindaco professor Alessandro volpi
Il 17 marzo 1861 cosa accadde?
si è riunito il parlamento a Torino a Palazzo Carignano; io penso che quella fosse un’unità di Italia che però
non era ancora unita. Questo paese ha un grande problema storico: quando è nato il regno di Italia, di fatto
l’Italia esisteva solo sulla carta, cioè nel 1861 l’Italia non era ancora completata perché la capitale era a Torino che era una capitale anomala: Roma faceva parte dello Stato pontificio, quindi non era ancora italiana, così
come in quel momento non era italiana Venezia, non erano italiani Trento e Trieste, quindi mancavano ancora parti importanti. L’elemento più importante di questa questione è che Vittorio Emanuele II che si chiama
Vittorio Emanuele II re di Sardegna in realtà ha continuato a chiamarsi Vittorio Emanuele II re d’Italia; se fosse stata una vera unificazione, ci si sarebbe aspettato che cambiasse la numerazione e diventasse Vittorio Emanuele I re di Italia, non più Vittorio Emanuele II in continuità, quindi c’era l’idea di una grande continuità.
Peraltro era uno stato che nasceva un po’ zoppo; due casi secondo me importanti: Cavour che è il primo
ministro che costruisce il regno d’Italia, a giugno muore di infarto, il promotore dell’Italia viene meno e questo lascia un vuoto importante; l’altro caso è Garibaldi che aveva fatto l’impresa dei 1000 nel 1860, nel 62
viene arrestato perché vuole arrivare a Roma: è paradossale dal punto di vista della storia. Quindi l’Italia è un
paese con enormi contraddizioni e io penso che l’unità italiana vera si sia fatta solo con la Costituzione.
Cioè nel 1861 nasce un procedimento di avvicinamento all’Italia degli italiani; però l’atto fondativo che costituisce realmente il nostro paese è la Costituzione italiana e non è un caso che proprio il 2 giugno del 46
quando si elegge l’assemblea costituente e si sceglie la repubblica, per la prima volta, vanno a votare tutti gli
italiani, anche le donne. Nel 1861, invece, quel regno di Italia lo votavano veramente in pochi, pochi, maschi
che rappresentavano una percentuale minima della popolazione, quindi non era lo Stato scelto dagli italiani.
Non è un caso che noi italiani siamo così innamorati della nostra Costituzione, che è scritta, se vogliamo, in
modo anche poetico.
Cos’ha di particolare la storia dell’Italia rispetto agli altri stati?
Questa è una bella domanda; ora tutte le storie sono più o meno irripetibili, però la storia dell’Italia ha alcuni
caratteri che sono importanti. Io penso che la più grande specificità che abbia avuto, perché uno può dire:
c’è stato l’impero romano, ma insomma gli imperi li hanno vissuti anche altri popoli, magari non con la grandezza dell’impero in quella fase, così a lungo; però il grande tema è stata la presenza del papato: l’esistenza a
Roma della Chiesa romana che ha fatto della storia italiana uno dei temi più caratterizzanti: la presenza dei
cattolici, sempre. L’Italia è sempre stata al centro dell’attenzione internazionale perché era la sede del papato. Questo ha condizionato, nel bene e nel male profondamente la storia italiana. Tanto è vero che, solo per
citare un caso, quando nel 1870 le truppe italiane arrivano a Roma e quindi liberano quella che è la capitale
naturale dello stato italiano, il papa, che in quel momento era Pio IX scomunica il re e tutti gli italiani che in
qualche maniera si riconoscevano nella monarchia dei Savoia, allora è un caso unico nella storia: nel momento in cui Roma diventa capitale dello Stato italiano, il papa scomunica la monarchia e gli italiani che di fatto hanno riconosciuto quella capitale come capitale dello stato italiano; è una frattura, una
crisi di coscienza che in altri paesi non c’è mai stata, è una frattura
tipica della presenza millenaria della chiesa. Questa è sicuramente
la peculiarità più forte della nostra storia. Peraltro ancora oggi è
così, se voi vedete i giornali internazionali e girate un po’ il mondo, spesso l’Italia è citata quando si parla del papa, è più facile che
si parli dell’Italia attraverso il papa che non che si parli dell’Italia in
quanto tale , Poi siamo nati molto tardi; il regno di Francia è nato
molto presto, il regno di Inghilterra è nato addirittura in pieno
Il sindaco prof. Alessandro volpi
medioevo, L’Italia è nata solo nel 1861.
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LA BRIGATA
L
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VOLUME II, NUMERO VII
17 marzo 1861: L’Unità di Italia. Prospettiva artistica:
l’esperto d’arte Silvano Soldano
Per quanto riguarda il risorgimento italiano, c’è un pittore fondamentale conosciuto proprio per le sue opere che hanno
a che fare con il risorgimento, si chiama Giovanni Fattori; è un pittore livornese che realizza nel suo percorso artistico
molte scene e rappresentazione di battaglie. Accade che lui rappresenta, sia il momento della battaglia, quindi il fuoco, i
cannoni, i cavalli che muoiono, sia altre volte le retrovie, cioè quando la battaglia ha il suo momento di tregua, in cui si
raccolgono i feriti, si consolano; perché noi abbiamo una visione eroica del mondo militare però sapete che è un mondo
che determina sofferenze, danni fondamentali. Ciò non toglie che per esempio, per costruire l’unità di Italia, è stato necessario fare delle guerre. Un personaggio fondamentale da questo punto di vista è Garibaldi; e Fattori rappresenta in
un’opera la conquista di Palermo. Garibaldi iniziò la conquista partendo dalla Sicilia. Si vede bene come questi personaggi
hanno la camicia rossa che caratterizza i garibaldini; c’è questa presa della città di Palermo. Garibaldi risalirà l’Italia partendo dalle regioni meridionali, giungerà a Napoli poi c’è il famoso incontro con Vittorio Emanuele, la stretta di mano.
Garibaldi è un personaggio fondamentale non a caso anche a Massa abbiamo la piazza Garibaldi, abbiamo il monumento di
Garibaldi che è stato fatto nel 1906. Altre volte Giovanni Fattori rappresenta un po’ le retrovie, il momento in cui la battaglia si quieta, si calma, si raccolgono i feriti e c’è quindi sia la dimensione tragica sia la dimensione eroica della guerra.
Questi quadri sono stati fatti nel 1860, 1861, 1862; Fattori dipinge la battaglia di Magenta, la battaglia di Custoza, viene
proprio incaricato di rappresentare la storia dell’indipendenza italiana attraverso le battaglia (lui fa decine e decine di quadri di battaglie).
L’esperto d’arte Silvano Soldano
Baldassarri, Garfagnini, Nicolli e
Manetas autori dell’intervista
L’opera di Fattori
Campione al femminile: la prof.ssa Maria Adele Barberi
Se ti dico: scuola …..rispondo una delle poche cose in cui credere e riporre la fiducia
donna……. Mestiere difficile, oneroso, ma anche affascinante
Vita……..piena di misteri e a volte tanto confusa da perderne il senso, ma sempre meravigliosa se la si prende dal verso
giusto.
il tuo mantra domani è un altro giorno.....si vedrà
Qual è la battaglia più importante che hai vinto? Quella contro la timidezza e la paura di non essere all'altezza
nelle varie situazioni
Una scrittrice che ti è piaciuta e perché Michela Murgia in Chirù perchè parla di maestre ( di vita) di allievi
(veri) di una storia di insegnamenti, doni, manipolazione, e gioventù.
Un film da consigliare alle donne
amo molto il cinema ci vado almeno una volta alla settimana, ci sono films
detestabili, noiosi o assurdi e altri che ti fanno sognare e ti rimangono dentro con emozioni fortissime. A
me personalmente piace molto Tarantino, lo trovo intelligente ed ironico, qualità che apprezzo anche negli esseri umani (uomini o donne che siano). L'ultimo
visto: Hatefull eight
Un personaggio femminile che ammiri ce ne sono tante di donne in
gamba e da ammirare diciamo.......mia madre
Cosa farai l’8 marzo? Valeria ormai tra un po' è pasqua!
Non mi ricordo che cosa ho fatto, ma so di sicuro che cosa non ho fatto e cioè
festeggiare come se fosse un giorno speciale. Per me ogni giorno è l'occasione
giusta per volersi bene e sentirsi grate al mondo di essere donne.
La prof.ssa Maria Adele Barberi
La seconda parte dell’incontro con il sign.
Nani. Testimone dell’eccidio di Forno
La mattina all’alba, cominciarono a buttarci fuori casa e anche a casa mia, naturalmente i tedeschi arrivarono e con il
calcio del fucile cominciarono a battere i colpi contro la porta tentando di forzare le cose per entrare. Allora si dà il
caso che in casa mia a quel tempo c’erano sfollati due giovani, i fratelli Benetti di Massa, perché tanta gente da Massa,
in quel tempo, per la paura dei bombardamenti e altro, era fuggita in montagna e li avevamo ospitati nelle nostre case,
e anche noi avevamo ospitato questa famiglia con questi due giovani, uno di 18 e uno di 20 anni. Io di fronte ai colpi
dei tedeschi contro la porta ero convinto che andassero ad aprire questi giovani naturalmente rispetto a me più grandi, più adulti, quindi anche più consapevoli anche del momento che stavo vivendo, e invece loro capirono il pericolo e
rimasero su nella stanza e andai ad aprire io la porta e lì devo dire, non sono superstizioso ma Sant’Antonio una manina c’è l’ha messa; vi spiego perché: mentre io dall’interno di casa, aprivo la serratura (era una serratura di quelle
antiche, di ferro battuto, si alzava un gancio e si tirava il chiavaccio) il tedesco dall’esterno stava sparando contro la
serratura, cosa che aveva già fatto al piano terra dove avevamo ospitato un’altra famiglia di sfollati. Questi sfollati al
piano terra sentirono camminare sul pavimento uscirono dalla porta e fecero cenno al tedesco di non sparare. Nel
caso avesse sparato io quella mattina andavo con gli angeli in cielo perché le pallottole, poi mi sono misurato lì alla
serratura, avrei preso una raffica di mitra al petto, in una posizione effettivamente letale nel modo più assoluto e mi
andò bene. I tedeschi entrarono in casa, ci mandarono fuori, e scendendo le scale di casa, a pochi metri da casa mia,
incontrai altri due tedeschi che stavano sparando all’impazzata, sparavano forse più per terrorizzare che verso un obiettivo preciso.
E allora consentitemi così un inciso che mi piace ricordare quando a volte con gli amici partigiani e gli altri cantiamo la
canzone ‘o bella ciao’ quando dice ‘questa mattina mi sono alzato e ho incontrato l’invasore’ scusate questo riferimento molto personale, io mi vedo in questa scena, perché ho sceso le scale di casa, pochi metri più avanti ho incontrato questi due tedeschi che stavano sparando, quindi ho incontrato l’invasore come dice la canzone,
Dalle case del paese, ci riunirono all’inizio del paese., e questo avvenne fino alle dodici, mezzogiorno. Quando poi i
tedeschi si resero conto di tanta gente così come era Forno, perché Forno abitualmente aveva 3000 abitanti, con gli
sfollati, si calcola molto approssimativamente che fossero almeno 6000 abitanti; quindi quando i tedeschi videro che
c’era tanta gente, allora di lì ci spostarono nella via del cimitero di Forno. Però prima di spostarci successe un fatto
molto grave che impressionò la popolazione: vicino a noi: a 50 metri non di più, c’era un partigiano ferito grave, partigiano che gesticolava con le mani, forse chiedeva aiuto, che qualcuno lo assistesse, e invece un tedesco andò dov’era
questo partigiano ferito, mi ricordo la scena: il partigiano ferito aveva gli occhi verso l’alto, il tedesco lo fece girare col
viso aderente alla terra e di fronte a me sparò nella nuca al partigiano ferito. Ora voi immaginate cosa rappresentò
per noi veder uccidere subito di buon mattino una persona in maniera così brutale e ingiustificata, tanto più, aggiungo
io che si trattava di un ferito, non era un combattente con l’arma in mano, se non ti ammazzo io mi ammazzi te, in
guerra, purtroppo, c’è una legge feroce che porta a queste conseguenze. Quindi il primo impatto per la popolazione
fu quello: un tedesco uccise davanti a noi questo partigiano ferito, inerme e quindi a maggior ragione fu vile l’azione di
questo soldato, perché il rispetto al ferito è dovuto e consacrato anche da leggi internazionali.
Poi, sempre scortati da militari armati ci portarono nella via del cimitero e nella via del cimitero, lì, siamo rimasti tutto il pomeriggio fino a sera inoltrata. Quando poi i tedeschi, andarono via, noi, piano piano, cercammo di raggiungere
le case, alcuni del paese, alcuni di montagna. Nel frattempo, che cosa successe? Quando ci mandarono fuori casa, i
tedeschi fecero subito una selezione: misero da una parte gli uomini che avrebbero poi portato in Germania, deportati nei campi di concentramento e fecero un altro gruppo di persone che sono quelle che poi fucilarono. Arrivati verso
le 7, 7 e mezzo di sera, a gruppetti di 6, 7, 8, questi destinati alla fucilazione, li presero a gruppetti e li portarono là
dove c’è il monumento che ricorda l’eccidio di Forno, e lì sul ciglio della strada, un plotone di esecuzione, a gruppetti,
fucilarono questi ragazzi di Forno che dopo precipitavano nel terreno sottostante e questa scena si è ripetuta fino al
numero di 68 ragazzi fucilati. Questo vuol dire che il quel momento, a Forno, c’era l’intendimento di fare fuori la popolazione, di fare un altro massacro come fu a Sant’Anna di Stazzema, dove furono uccise 160 persone, un altro eccidio fu sul Monte Amiata.
I disegni di Giulia Campone sulla
testimonianza del sign. Nani
Si ascolta in classe
Te Corsari, ti trovassi mai con la penna in mano, sempre qualcos’altro o il panino o la finestra, mai la penna, ma
capisci? La P-E-N-N-A.
Prof, ma lei ha la moto? si, poi quando ho 18 anni mi compro la macchina.
Abbiamo capito che c’è uno che telefona nella strada, lasciamolo telefonare in pace, te guarda la lavagna.
È inutile che fai la faccia :”MA IO?MA COME?”.
I risultati delle gare per la selezione alle provinciali e
l’uscita didattica al rifugio antiaereo della Martana
Gaia Giusti,
della classe
prima b è
arrivata prima alla gara
di salto in
lungo