Condensatori un po’ particolari
gvp Agosto 2008
Classe: IV Liceo Scientifico
Prerequisiti: Conoscenze elementari di meccanica, energetica e costituzione atomica della materia,
conoscenze di elettrostatica
Obiettivi formativi:
1) Chiarire le idee sulle caratteristiche e sul funzionamento del condensatore elettrico
2) Dimostrare che gli oggetti trattati in un corso di Fisica servono effettivamente a qualcosa di
sensato e non soltanto a riempire le pagine dei libri di testo o le teste degli allievi
Premessa didattica
La trattazione dei condensatori elettrici diventerebbe certamente meno indigesta se si discutessero
alcuni loro impieghi particolari.
1) Come immagazzinatori di energia nel frenamento rigenerativo delle automobili elettriche
per ridurre le dissipazioni di energia. In tal caso mostrando come si possano ottenere
capacità elevatissime da parte dei cosidetti “supercondensatori” sulla base della classica
legge del condensatore piano grazie a opportuni accorgimenti tecnologici.
2) Come immagazzinatori di informazioni binarie nelle memorie usate nei calcolatori. In tal
caso discutendo i valori di capacità realizzabili in cellette di dimensioni minuscole, come
nelle DRAM impiegate oggi.
3) Come elementi attraverso i quali si esercita l’induzione elettrostatica per controllare il
passaggio della corrente elettrica nei transistori usati nei microprocessori, e in generale nei
circuiti integrati. In tal caso discutendo gli accorgimenti usati oggi dall’industria per evitare
che lo strato isolante risulti troppo sottile. (non sviluppato nel seguito)
0. Richiami sui condensatori
0.1 Il condensatore.
Un condensatore è costituito da due conduttori, chiamati armature, che sono tipicamente molto
vicini fra loro, separati dal vuoto o da un dielettrico, e lontani da altri conduttori. Un semplice
esempio è il condensatore piano, nel quale le armature sono due lastre conduttrici parallele fra loro.
Quando un condensatore viene caricato, fornendo una carica elettrica Q a una armatura, l’altra per
induzione elettrostatica assume la carica –Q dal lato affacciato alla prima (e una +Q altrove,
dovendo restare complessivamente elettricamente neutra). Fra le armature si stabilisce allora una
differenza di potenziale V, che è direttamente proporzionale alla carica Q.
0.2 La capacità.
Il rapporto fra carica e differenza di potenziale rappresenta la capacità elettrica del condensatore: C
= Q/V, che si misura in farad (F). La capacità di un condensatore piano con armature di superficie
S
S a distanza d è: C   . Essa è dunque tanto maggiore quanto più estesa è la superficie delle
d
armature e quanto più piccola è la distanza che le separa. La capacità dipende inoltre da cosa c’è fra
le armature. Nel vuoto e approssimativamente nell’aria, infatti, la costante dielettrica è  = 0 =
8,8510-12 F/m, ma se fra le armature si trova un dielettrico, con costante dielettrica  0 r , la
capacità sarà maggiore, dato che la costante dielettrica relativa r è sempre maggiore dell’unità.
0.3 Il campo elettrico.
Fra le armature di un condensatore carico vi è un campo elettrico, che nel caso di un condensatore
piano è uniforme con intensità V/d. Per l’intensità di un campo vi è un limite (campo critico) oltre
il quale si ha la scarica, limite che dipende dalla natura del dielettrico. Nel caso dell’ossido di
silicio, il valore limite è 109 V/m. Ciò pone evidentemente un limite alla massima differenza di
potenziale che un dato condensatore può sopportare impunemente, e infatti sul contenitore dei
condensatori commerciali è generalmente indicata la tensione massima di lavoro.
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0.4. L’energia.
Ricordiamo che per caricare un condensatore occorre spendere l’energia EC = ½ C V2, che esso
immagazzina e può poi restituire (idealmente senza perdite). E questa è la proprietà essenziale di
tali dispositivi.
0.5. Problema 0. La capacità della Terra. Sui libri sta scritto, e del resto si calcola facilmente,
che la capacità del pianeta Terra è di circa 710-4 F. Come mai un oggetto così grande ha una
capacità così piccola, la stessa di un condensatore con dimensioni di qualche centimetro?
Risoluzione. Il fatto è che la Terra non è un condensatore, ma un conduttore isolato, e anche piuttosto bene, da tutto il
resto. Ma se proprio vogliamo parlare di condensatori, possiamo dire allora che si tratta di un condensatore del quale la
Terra costituisce una armatura e il resto dell’Universo l’altra. E allora si capisce che la capacità, nonostante le
dimensioni della Terra, deve essere relativamente bassa date le enormi distanze in gioco.
1. I supercondensatori sono condensatori dotati di grandissima capacità. A che
servono?
1.1. Problema 1. Quanta benzina si spreca quando un’automobile frena? Calcolate l’energia
dissipata quando una automobile di massa m = 1200 kg, in moto alla velocità di 100 km/h, frena
sino ad arrestarsi. Esprimete questa grandezza in joule e in unità di litri di benzina, sapendo che la
combustione di 1 litro di benzina sviluppa 8000 kcal e ammettendo che il rendimento del motore sia
del 20%.
Risoluzione. L’energia cinetica dissipata nella frenata, che va a riscaldare i freni, è E = ½ mv2 =
(1200/2)1002(1000/3600)2 J = 4,63105 J. L’energia meccanica sviluppata bruciando 1 litro di benzina è
800041840,2 kcal = 6,7106 J. E quindi l’energia dissipata nella frenata corrisponde a 4,63105/6,7106 = 0,069 litri di
benzina. A 1,5 Euro/litro se ne vanno circa 10 centesimi per ogni frenata.
Problema 2. Come si potrebbe recuperare questa energia? Individuate qualche mezzo per
immagazzinare utilmente l’energia cinetica della vettura anziché dissiparla nei freni: un volano, un
condensatore, …
Risoluzione. L’impiego di un volano non sembra conveniente perché richiederebbe una considerevole massa, che
appesantirebbe la vettura, e creerebbe problemi di sicurezza dovuti alla presenza a bordo di una massa in rotazione
veloce. Consideriamo pertanto l’impiego di un condensatore, che deve immagazzinare l’energia E = 4,63105 J. Deve
essere quindi CV2 = 2E = 9,26105 J. Scegliendo V = 12 volt (tensione della batteria di bordo), si ricava il valore della
capacità: C = 9,26105/122 = 6,43103 F. Informandosi in rete sulla disponibilità di condensatori di grandissima capacità
(supercapacitor, ultracapacitor), si trova che ve ne sono in commercio con capacità di 1000 F, con ingombro
accettabile. E quindi per ottenere la capacità desiderata basterà disporne 7 in parallelo. (Soltanto? Attenzione alla
tensione di lavoro di questi condensatori!). Occorre naturalmente prevedere anche un motore elettrico reversibile, che
trasformi in energia elettrica l’energia cinetica della vettura, per ritrasformarla poi in energia meccanica quando
necessario, complementando il motore a benzina; e anche una elettronica di controllo, che provveda a gestire il
funzionamento dei vari dispositivi.
1.2. Osserviamo sperimentalmente il funzionamento di un supercondensatore
Esperimento 1. Scarica di un supercondensatore su un carico resistivo.
Procedimento operativo. Con due pile da 1,5 volt disposte in serie caricate a 3 volt un
supercondensatore di capacità C = 1 F con un voltmetro in parallelo. Prendete nota della tensione,
staccate le pile, collegate il condensatore a un resistore di resistenza R = 100  e fate partire un
cronometro. Registrate la tensione a intervalli successivi di 100 secondi. Riportate i dati in un
grafico: che forma ha la curva sperimentale? Se vi sembra ragionevolmente esponenziale, calcolate
la costante di tempo della scarica, confrontando il risultato da voi ottenuto con il valore teorico  =
RC = 1001 = 100 secondi.
Esperimento 2. Accendiamo una lampadina con un supercondensatore.
Procedimento operativo. Ripetete l’esperimento precedente, questa volta sostituendo il resistore con
una lampadina a stato solido, per esempio un LED (light emitting diode, diodo emettitore di luce)
rosso. Questa volta, oltre che dei valori della tensione durante la scarica, prendete nota del tempo a
cui il LED si affievolisce fino a spegnersi. Anche questa volta la curva di scarica segue la legge
esponenziale oppure no? Se no, provate a interpretare questo risultato, sapendo che la tensione ai
capi di un LED acceso è approssimativamente costante.
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1.3. Come fa un supercondensatore ad avere una capacità così grande?
Calcoliamo innanzitutto la capacità di un condensatore piano (di dimensioni “moderate”) le cui
armature abbiano la superficie S = 10 cm2, si trovino alla distanza d = 0,1 mm e siano separate da
un dielettrico con costante dielettrica relativa r = 3 (valore tipico dei dielettrici più comuni). Si ha:
C = r 0 S/d = 38,8510-12 (0,1)2/0,001 = 2,6610-10 F. In pratica, per ottenere capacità più grandi,
si usano spessori più sottili (c’è qualche limite?) e soprattutto superfici molto più estese, per
esempio ottenute arrotolando a formare un cilindretto una lunga striscia costituita da strati
sottilissimi di metallo e di isolante (simile alla carta alluminata che si usa in cucina). Si ottengono
così condensatori con capacità fino a circa 1 F, ancora però ben minori di quelle dei
supercondensatori.
Senza scendere in dettagli tecnici, in questi ultimi dispositivi si sfrutta soprattutto l’enorme
estensione delle armature, che sono costituite da strati di carbone attivo immersi in un liquido
conduttore. Questo materiale, estremamente poroso, presenta infatti una superficie
straordinariamente estesa, fino a 1000 m2 per grammo.
Esercizio 1. Il dielettrico di un supercondensatore. Valutate l’ordine di grandezza dello spessore
del dielettrico di un supercondensatore con capacità di 1 F, ricavandola arditamente dalla formula
del condensatore piano, assumendo che le armature siano costituite da 1 grammo di materiale.
Risoluzione. Si ottiene così: d = r 0 S/C = 38,8510-12 1000/1 = 2,710-8 m = 27 nm. Tale valore non è insensato se si
ricorda che le dimensioni di un atomo sono di circa un decimo di nm. E quindi si tratta di uno spessore dell’ordine di
qualche centinaio di strati atomici.
Ma perché l’industria si è presa la briga di realizzare questi dispositivi? L’impiego principale dei
supercondensatori riguarda, come si accennato, il frenamento rigenerativo degli autoveicoli elettrici
e ibridi (cioè dotati di motori sia convenzionali che elettrici) , che si prospettano come una
alternativa non inquinante (o assai meno inquinante) rispetto a quelli in uso oggi. In questo impiego
si sfrutta in particolare la capacità dei supercondensatori di assorbire e poi rilasciare quantità
rilevanti di energia in tempi brevi, assai più efficacemente che usando delle batterie.
1.4. Condensatori e batterie ricaricabili
Problema 3. Sia i condensatori che le batterie ricaricabili o accumulatori immagazzinano energia
elettrica e la restituiscono. Individuate la differenza essenziale in termini operativi fra i due tipi di
oggetti.
Risoluzione. La differenza essenziale sta nel fatto che le batterie forniscono energia a tensione pressoché costante, i
condensatori a tensione variabile, più precisamente direttamente proporzionale alla carica residua. Dalla definizione di
capacità si ha infatti V = Q/C. E quindi se Q diminuisce, anche V diminuisce in proporzione.
Proposta di ricerca. Informatevi per raccogliere i dati necessari a presentare un confronto fra le
caratteristiche generali dei superconsensatori e delle batterie ricaricabili, considerando in termini
quantitativi, ove possibile, altrimenti qualitativi, i seguenti elementi: a) densità di energia in unità
di Wh/kg, b) rendimento fra l’energia assorbita nella carica ed energia ceduta nella scarica, c)
numero massimo di cicli di carica e scarica, d) tempo necessario alla ricarica.
Provate a discutere gli aspetti vantaggiosi e svantaggiosi dei due tipi di dispositivi nei loro possibili
impieghi pratici (quali?).
Risoluzione. a) Densità di energia: circa 10 Wh/kg per i supercondensatori, circa 30 per le batterie. b) Rendimento: oltre
95% per i supercondensatori, circa 80% per le batterie. c) Cicli: oltre un milione per i supercondensatori, qualche
centinaio per le batterie. d) Tempo di carica: brevissimo per i supercondensatori, assai più lungo per le batterie.
2. Condensatori di capacità piccolissima
2.0. I circuiti integrati occupano la superficie di sottili strati di silicio, assai costosi. I circuiti
integrati sono costruiti nella regione superficiale di uno strato di silicio di spessore poco inferiore a
1 mm. Per realizzare tutte le diverse parti che costituiscono un circuito, questa regione viene
trattata, “drogandola”, cioè inserendovi atomi di altre specie, o deponendovi straterelli di ossido di
silicio. Dato che la sfoglia di silicio è assai costosa, si cerca di realizzare i circuiti in modo da
ridurre al minimo la superficie da essi occupata.
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2.1. I condensatori usati nelle memorie dei calcolatori
I circuiti integrati che costituiscono le memorie usate nei calcolatori elettronici contengono un
grandissimo numero di cellette, ciascuna in grado di memorizzare un bit, cioè una informazione
binaria elementare (“0” o “1”). Ciascuna celletta contiene un condensatore, l’elemento di memoria
vero e proprio, che quando è carico rappresenta “1”, quando è scarico rappresenta “0”, e uno o più
transistori che provvedono alla “lettura” e alla “scrittura” dell’informazione. I bit sono raggruppati
in gruppi di 8, chiamati byte. Queste memorie si chiamano RAM dall’inglese Random Access
Memory, memoria ad accesso casuale, dove accesso casuale indica la possibilità di indirizzare e
leggere direttamente, cioè immediatamente, ciascun byte (a differenza di altri tipi di memorie nelle
quali la lettura di una informazione ne richiede la scansione del contenuto).
Esercizio 2. Calcolate la capacità di
un condensatore di memoria le cui
armature sono straterelli di silicio
fortemente drogato (che è un buon
conduttore) con superficie di 25 m2,
e l’isolante è un sottile strato di
ossido di silicio (r = 3,9) con
spessore di 25 nm. Calcolate la
superficie totale ST occupata da
quattro milioni di questi elementi.
[C = 34,510-15 F, ST = 1 cm2]
Soluzione da inserire
Problema 4. Indicate qualitativamente la distribuzione delle cariche e tracciate qualitativamente le
linee del campo elettrico nel condensatore in figura, supponendo che il dielettrico sia decisamente
più sottile di quanto rappresentato.
Problema 5. Il condensatore considerato nell’esercizio precedente può funzionare effettivamente
alle tensioni di lavoro tipiche di un circuito di memoria (2 o 3 volt)?
Risoluzione. Lo straterello di isolante ha uno spessore piccolissimo, sicchè conviene verificare che l’intensità del campo
elettrico non superi il valore limite. Per una differenza di potenziale di 3 volt si ha: 3/25109 = 0,12109 V/m, che è
inferiore, con un buon margine, al limite di 109 V/m.
Problema 6. La riduzione delle dimensioni. Nel corso degli anni, per aumentare la capacità delle
memorie (e la potenza di calcolo dei microprocessori), l’industria ha ridotto continuamente le
dimensioni dei singoli elementi, tipicamente ricorrendo alla riduzione in scala della loro
geometria. Individuate qualche problema nell’applicazione di questo metodo al caso particolare di
un condensatore, tenendo presente che la capacità di un condensatore di memoria non può essere
ridotta al di sotto di qualche diecina di fF( Problema 7). Come si potrebbe, secondo voi,
affrontare questo problema?
Risoluzione. Riducendo la geometria di un fattore k, la superficie delle armature si riduce secondo k2, lo spessore
dell’isolante secondo k. Quindi la capacità si riduce a sua volta del fattore di scala k, in pratica riducendosi a valori
inaccettabili al crescere di k. Per mantenere costante la capacità, si potrebbe
a) ridurre lo spessore dell’isolante del fattore k2;
b) utilizzare un isolante con valore più alto della costante dielettrica.
c) ricorrere a una geometria diversa da quella in figura.
Esploriamo queste proposte, nei casi a) e b) con riferimento ai dati dell’Esercizio 1, considerando in particolare k = 10.
a) Riducendo lo spessore dell’isolante del fattore k2 = 100, si avrebbe d = 25/100 nm = 0,25 nm. Tale valore non è
accettabile perché corrisponderebbe ad appena a due strati atomici e comunque sarebbe soggetto a scarica perché anche
tensioni dell’ordine del volt condurrebbero a campi elettrici di intensità ben maggiore a quella del campo limite nel
materiale.
b) Ricorrere a dielettrici con valori elevati della costante dielettrica relativa è vano. Informandosi in rete si trova infatti
che non vi sono materiali dielettrici utilizzabili praticamente con valori di costante dielettrica molto maggiori di quello
dell’ossido di silicio.
c) Le soluzioni adottate dall’industria consistono nell’impiego di geometrie diverse da quella in figura. Per esempio
disponendo le armature e il dielettrico verticalmente anziché orizzontalmente.
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2.2. Alcune caratteristiche di una memoria DRAM.
L’impiego di varie tecniche di miniaturizzazione ha consentito di ridurre le dimensioni
caratteristiche di una celletta di memoria al di sotto di 100 nm. Su una superficie di silicio di 1 cm2
ne possono perciò rientrare circa 1cm2/(100 nm)2 = 10 miliardi, ma in realtà parecchio altro spazio è
occupato dai transistori e dai collegamenti elettrici. Ciò riguarda le celle di memoria più semplici, le
cui capacità, che sono piccolissime, dell’ordine di 30 fF, sono soggette a fenomeni di scarica che in
breve portano a perdere l’informazione. Sicché la memoria va periodicamente “rinfrescata”
(riscritta), provvedendo cioè a ricaricare o scaricare i singoli condensatori, generalmente ogni 64
ms. Questo è il motivo per cui tale memoria è denominata “dinamica” (DRAM, memoria dinamica
ad accesso casuale).
Esercizio 3. La potenza assorbita. Calcolate la potenza necessario per “rinfrescare” i
condensatori di una memoria contenente un miliardo di celle, se la tensione di carica è di 2 volt.
[P = 9,410-4 W]
Risoluzione. L’energia necessaria per caricare alla tensione di 2 volt un condensatore con capacità di 30 fF è: EC = ½
CV2 = ½3010-1522 = 610-14 J. L’energia totale è dunque: E = 109 EC = 610-5 J. Dato che l’operazione di ricarica va
compiuta con periodo T = 64 ms, la potenza assorbita complessivamente sarà: P = E/T = 610-5 /.064 W = 9,410-4 W.
Ma forse in media ne occorre circa la metà. Perché?
Esercizio 4. Quanti elettroni?
A quanti elettroni corrisponde la carica immagazzinata in una celletta di memoria?
[ne = 3,75105]
Risoluzione. La carica elettrica di un condensatore con capacità di 30 fF carico a 2 volt è: Q = CV = 3010-152 = 610-14
C. Corrispondente al numero di elettroni dato dal rapporto fra la carica Q e la carica elementare:
ne = Q/qe = 610-14/1,610-19 = 3,75105.
Molti materiali contengono piccolissime quantità di atomi di uranio e di torio, che sono instabili,
cioè si trasformano in atomi di altre specie emettendo particelle dotate di elevata energia. Particelle
analoghe sono emesse nelle interazioni dei raggi cosmici con gli atomi che costituiscono
l’atmosfera. Quando queste particelle attraversano la materia, possono ionizzare gli atomi liberando
elettroni e conseguentemente perdendo energia. Le particelle chiamate alfa, per esempio, cedono
3,6 eV per ogni elettrone che liberano.
Problema 7. L’effetto di una particella alfa. Discutete quantitativamente l’effetto che può
provocare il passaggio di una particella alfa con energia di 5 MeV in un condensatore di memoria
con capacità di 30 fF carico a 2 volt.
Risoluzione. Una particella alfa con energia di 5 MeV può liberare 5106/3,6 = 1,39106 elettroni. Quanti di questi
vengono effettivamente raccolti dal condensatore di memoria dipende dalla traiettoria della particella, tutti nel caso
estremo, che è il più sfavorevole. L’effetto di raccolta, infatti, modifica lo stato di carica del condensatore, potendo così
alterare il valore del bit da esso immagazzinato. Considerando un condensatore con capacità di 30 fF carico a 2 volt, la
carica elettrica è: Q = CV = 3010-152 = 610-14 C, che corrisponde a Q/qe = 610-14/1,610-19 = 3,75105 elettroni.
Poiché tale numero è inferiore al numero massimo degli elettroni liberati dalla particella alfa, può darsi che l’effetto
dell’interazione conduca effettivamente ad alterare il valore del bit immagazzinato.
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