Capitolo X Fisica del calore 1. Le scale di temperatura Quale che sia lo stato di aggregazione di una sostanza, molte esperienze indicano che le particelle microscopiche (atomi, molecole, ioni, aggregati di molecole ecc.) non sono ferme, ma risultano animate di moto caotico. Con ciò intendiamo che, anche quando è assente uno spostamento ordinato d’insieme, ognuna di loro si muove con proprie velocità e direzione, indipendentemente da quello che fanno le altre. Nel caso dei solidi si tratta di vibrazioni attorno ad una posizione di equilibrio, nel caso di liquidi e gas si tratta di liberi spostamenti in tutte le direzioni, eventualmente sovrapposti a rotazioni. Quello che chiamiamo “temperatura di un oggetto” è semplicemente il modo in cui si manifesta al tatto, o durante il contatto con altri oggetti, il moto di agitazione caotica delle sue particelle. La nostra mano che, toccando un oggetto, attribuisce ad esso la caratteristica di “caldo” o di “freddo” sta confrontando l’energia cinetica media dovuta all’agitazione termica delle molecole dell’oggetto con quella delle molecole della pelle. In questo capitolo studieremo come i fenomeni dovuti a differenze nella temperatura comportino un tipo di trasferimento di energia che non possiamo ricondurre allo spostamento del punto di applicazione di una forza. E’ possibile trasferire energia senza compiere del lavoro? Pensiamo ad un veicolo che accelera nella direzione di marcia per l’azione di un motore a vapore, aumentando così la sua energia cinetica. Consideriamo il veicolo nel suo complesso come sistema. La legge di conservazione dell’energia permette senz’altro di concludere che, visto che nessuna forza lavora dall’esterno, allora, a spese dell’energia potenziale chimica del carburante, aumentano l’energia cinetica e, come si osserva dal riscaldamento del veicolo, l’energia interna: K U chim Eint 0 K Eint Uchim Proviamo ora a cambiare la scelta del sistema, considerando il carburante un oggetto esterno. Ricordiamo che per la conservazione dell’energia la variazione E deve essere pari alla somma dei trasferimenti. Dobbiamo scrivere pertanto: K Eint Trasferimenti Ci rendiamo però conto di non disporre di uno strumento per quantificare questo tipo di trasferimento energetico. Infatti si può certamente dire che i pistoni, tramite le bielle, applicano una forza sulle ruote, compiendo del lavoro su di esse, e si può anche dire che le molecole del vapore d’acqua in espansione nella caldaia esercitano in qualche modo una forza sulle pareti dei pistoni. Ma queste sono tutte parti interne al sistema. La sorgente esterna di trasferimento energetico è la fiamma che nasce dalla combustione e riscalda l’acqua nella caldaia del motore. Non è possibile però affermare che “la fiamma compie del lavoro sull’acqua” perché essa non esercita alcuna forza sul sistema. E’ quindi necessario completare il quadro tramite l’introduzione di nuove grandezze fisiche e nuove leggi che descrivano tali fenomeni, che nel complesso diremo fenomeni termici. TEMPERATURA Proprietà dei corpi FENOMENI TERMICI CALORE Interazione fra i corpi Quali grandezze ci occorrono per descrivere un fenomeno termico? Ormai sappiamo che una grandezza fisica non è qualcosa che “si scopre” ma piuttosto il risultato della creatività umana che desidera costruire gli strumenti più adeguati per lo studio dei fenomeni. Come in meccanica si introducono da un lato grandezze che descrivono le proprietà dei corpi (massa ed energia), dall’altro grandezze che descrivono il modo in cui i corpi interagiscono (forza e lavoro), ora per analogia cercheremo di individuare due grandezze distinte nello stesso modo. La prima la diremo temperatura, e vogliamo che esprima una proprietà termica degli oggetti, che descriva cioè quegli stati fisici che non sono riconducibili a grandezze meccaniche. La seconda la chiameremo calore e vogliamo che descriva quantitativamente l’interazione fra i corpi per effetto delle loro proprietà termiche, cioè che descriva quelle interazioni non interpretabili come fenomeni meccanici. La sensazione tattile descrive una proprietà degli oggetti od un’ interazione? Prima di dare delle definizioni operative di queste nuove grandezze, è ragionevole chiedersi a quale delle categorie appartenga la più immediata fra le esperienze che nel linguaggio colloquiale classifichiamo come sensazione di calore. Ora, uno stesso corpo ci appare caldo se prima di toccarlo immergiamo le mani in acqua fredda, e freddo se prima le immergiamo in acqua calda. Questa semplice osservazione porta a concludere che quando usiamo i termini caldo e freddo non stiamo descrivendo una proprietà dell’oggetto a contatto con noi, altrimenti la sensazione di caldo/freddo non dovrebbe mutare, visto che l’oggetto non è stato alterato. Il tatto esprime piuttosto la relazione che corre fra il nostro stato e quello dell’oggetto, e cioè un processo di interazione. Quali difficoltà occorre superare per misurare lo stato termico dei corpi? Per misurare la temperatura di un corpo abbiamo bisogno individuare una qualunque proprietà fisica che vari con continuità al variare dello stato termico. Lo stato termico viene quindi misurato per via indiretta, cioè attraverso indicatori degli effetti che esso produce Esistono numerose proprietà che hanno queste caratteristiche: a titolo di esempio citiamo il volume degli oggetti, la resistenza che le sostanze offrono al 2 passaggio di corrente elettrica, ed altre ancora. Il problema è che a seconda della proprietà alla quale si decide di fare riferimento, oppure della sostanza che si sceglie di adoperare, la scala termica che si stabilisce è differente. Il numero possibile di scale termometriche è quindi praticamente illimitato. Su quali evidenze ci baseremo per misura re lo stato termico dei corpi? Appoggeremo la costruzione delle nuove grandezze fisiche termiche sulle seguenti osservazioni fondamentali: DILATAZIONE DELLE SOSTANZE Alle sensazioni di caldo e freddo è legata una variazione di volume delle sostanze. La gran parte di esse si dilata al crescere della temperatura1. E’ questo l’effetto fisico che sfrutteremo come indicatore dello stato termico. PRINCIPIO DELL’EQUILIBRIO TERMICO In condizioni fisiche lontane da quelle del cambiamento di fase, il contatto fra oggetti caldi e freddi tende a livellare i loro stati termici: quello caldo si raffredda e quello freddo si riscalda. Questo processo spontaneo si arresta dopo un certo tempo, conducendo una situazione intermedia, nella quale cessano le interazioni termiche. Lo stato raggiunto si dice equilibrio termico. PRINCIPIO ZERO DELLA TERMODINAMICA L’equilibrio termico è transitivo: se A e C sono in equilibrio termico, e se B e C sono in equilibrio termico, anche A e B sono in equilibrio termico. Questa proprietà rende possibile il concetto stesso di misura garantendoci che quando lo strumento B indica lo stesso stato termico per due oggetti A e C, possiamo concludere che A e C sono in equilibrio termico anche se non li poniamo a contatto. La Controfisica La prima enunciazione del principio dell’equilibrio termico si deve allo scienziato scozzese Joseph Black (1728– 1799) e fu scoperto relativamente tardi, nel XVIII secolo, probabilmente perché contrasta con la semplice osservazione che oggetti di materiale differente, come stoffe, metalli o legno appaiono termicamente assai differenti al tatto anche quando si trovano alla stessa temperatura. L’equivoco venne chiarito solo quando si capì che la sensazione tattile di caldo e freddo non misurava la temperatura ma lo scambio di energia con la mano. TEMPERATURA DELLE TRANSIZIONI DI FASE Esistono dei processi fisici che avvengono a valori fissi di temperatura, come le transizioni dalla fase solida alla fase liquida di una sostanza pura, oppure il processo di ebollizione alla pressione atmosferica. La stabilità di questi stati termici ne rende possibile l’utilizzo come stati di riferimento. capillare Nella pratica, come costruire un indicatore dello stato termico di un corpo? Lo strumento di misura, che diremo termometro, avrà caratteristiche diverse a seconda dagli intervalli di temperatura che si desiderano misurare. Per valori non troppo distanti dalle condizioni ambiente si individua innanzitutto una sostanza che varia in modo facilmente misurabile il proprio volume nell’intervallo di interesse. Per motivi che vedremo, la scelta cade sul mercurio oppure sull’alcol od il toluolo2, senza però dimenticare che, come si è detto, la misura di temperatura che si ottiene sarà legata alle particolari proprietà ad esempio del mercurio. L’effetto di dilatazione non sarebbe osservabile se non si facesse uso di un meccanismo di amplificazione, consistente in un bulbo di vetro alla base di un capillare. Il bulbo racchiude praticamente tutta la massa del Da un punto di vista microscopico l’aumento di dimensioni si deve all’aumento della distanza di equilibrio r0 fra due siti vicini nel reticolo cristallino. 2 Detto anche toluene, è un liquido incolore dall’odore pungente, usato come solvente per sciogliere colle, coloranti, vernici, grassi, oli. E’ contenuto anche nella benzina come antidetonante. Leboll Lcong Lt 1 3 bulbo mercurio, e la parte di sostanza che trova posto nel capillare ne è solo una porzione minima. In questo modo anche una piccola variazione di volume del mercurio nel bulbo3 diventa assai evidente nel minuscolo capillare. Si scelgono quindi due fenomeni fisici che individuino degli stati termici di riferimento, ad esempio il congelamento e l’ebollizione dell’acqua alla pressione atmosferica. Si misurano poi i valori assunti dalla grandezza scelta come indicatore dello stato termico del corpo quando la sostanza è in equilibrio con quelle temperature: in questo caso le lunghezze Lcong ed Leboll della colonnina di mercurio. Un allungamento corrispondente ad una temperatura compresa fra le due di riferimento avrà un valore intermedio Lt . La frazione di allungamento rispetto a quello corrispondente all’ebollizione, viene espressa su di una scala da zero a cento, si fanno cioè cento suddivisioni uguali lungo la colonnina, e si continua a graduare con lo stesso passo per misurare anche temperature sotto allo zero e sopra ai cento. Il numero così ottenuto è detto temperatura Celsius: LA CONTROFISICA La temperatura Celsius non è una grandezza fisica perché il fatto che due valori siano l’uno il doppio dell’altro dipende dalla scelta dello zero, che è del tutto arbitraria. Queste stesse temperature non sono più, infatti, più l’una il doppio dell’altra se passiamo ad esempio alla scala Fahrenheit. Non è così ad esempio per le misure di lunghezza: due valori in metri uno il doppio dell’altro, lo sono ancora passando in pollici. CELSIUS FAHRENHEIT 212 100 KELVIN Lt Lcong t Leboll Lcong 100 C La scrittura °C , che si legge “gradi Celsius”, viene aggiunta per esprimere che non si tratta di una misura nel senso in cui lo sono le misure di lunghezza o di massa. Infatti, avendo scelto arbitrariamente lo zero non abbiamo stabilito cosa intendiamo per temperatura doppia o tripla, o frazione di un’altra, ma solo cosa significa che un salto di temperatura è doppio o triplo o frazione di un altro. Sono possibili altre scale con la stessa sostanza? Nella scala Celsius l’ebollizione ed il congelamento dell’acqua valgono 100 °C e 0 °C , come si vede ponendo Lt Leboll oppure Lt Lcong nella formula. I 373,15 valori assegnati agli stati di riferimento sono arbitrari, come arbitraria è la tC 0 tF 32 T K suddivisione in cento parti dell’intervallo compreso fra essi. La scala Fahrenheit sceglie invece i valori 32 e 212 e divide in centoottanta parti (quindi un grado 273,15 0 Farhenheit è più piccolo di un grado Celsius), mentre per la scala Kelvin le divisioni sono di nuovo cento ed i valori invece 273,15 e 373,15 . Rapportando la lunghezza della colonna di sostanza che si trova al di sopra della temperatura di riferimento più bassa (rispettivamente tC , tF 32 e TK 273,15 : si veda la figura) alla lunghezza dell’intervallo di temperature fra i LA CONTROFISICA Lo strumento che adoperiamo per vedere se abbiamo la febbre, detto termometro clinico, differisce leggermente dalla descrizione fatta sopra, ed appartiene ad una categoria detta termometri a massima. Fra il bulbo ed il capillare è presente una strozzatura, foggiata in modo da permettere al mercurio di uscire dal bulbo nella fase di riscaldamento. Non appena il liquido comincia a contrarsi per il raffreddamento, la strozzatura produce la rottura della colonnina, bloccando così la lettura sulla massima temperatura raggiunta. due riferimenti in ciascuna scala, abbiamo la formula di conversione: tC t 32 TK 273,15 F 100 180 100 Le unità di misura sono il grado Celsius °C, il grado Fahrenheit °F ed il kelvin K (in quest’ultimo caso la dicitura grado non si usa perché come vedremo il kelvin è una vera grandezza fisica). Anche il vetro del bulbo si dilata al variare della temperatura, ma in modo trascurabile rispetto al mercurio. 3 4 Che accade quando poniamo questo termometro a contatto con un oggetto? Quando il termometro è a contatto con il corpo di cui vogliamo conoscere la temperatura, i due oggetti raggiungono l’equilibrio termico, ed il volume raggiunto dal liquido sulla scala indica la temperatura di equilibrio termico. La temperatura di equilibrio coincide con la temperatura dell’oggetto prima del contatto (che è quella che vogliamo misurare) solo se possiamo considerare trascurabile la perturbazione dovuta al termometro. In altri termini: quella che si misura è la temperatura del termometro e non quella del corpo. Il principio zero della termodinamica poi, ci assicura che quando il termometro misura la stessa dilatazione del liquido per due corpi differenti, questi sono alla stessa temperatura. Esercizi 1. Organizzereste una giornata al mare quando il termometro segna 50 F ? Applicando la formula per la trasformazione si trova: tC t 32 5 F tC (50 32) C 10 C 100 180 9 una temperatura troppo bassa per mettersi in costume. 2. Esiste una temperatura alle quale due termometri, uno a scala Fahrenheit ed uno a scala Celsius, segnano lo stesso valore? [R: 40 ] Quali limiti presenta il termometro così come l’abbiamo sinora concepito? Vi sono innanzitutto limitazioni sull’intervallo di temperature di utilizzo, che non può ovviamente estendersi oltre il campo di valori per i quali il liquido di misura si congela (per il mercurio sono 39 °C ) oppure bolle ( 357 °C ), o anche fonde il vetro che lo racchiude. Non va poi dimenticato che il procedimento di misura introduce una perturbazione. Un termometro che si trovasse a temperatura molto maggiore di quella che si desidera misurare cederebbe una considerevole energia all’oggetto, modificandone lo stato termico e producendo una lettura priva di senso. Questo problema si fa sempre più importante quanto più la temperatura da misurare si abbassa: vedremo nel seguito la strategia che si adotta in tali casi. Le dilatazioni di sostanze diverse sono proporzionali fra loro? Le dilatazioni della colonnina di mercurio sono ovviamente uniformi, per definizione, rispetto ad una scala costruita con il mercurio. Vale a dire che l’incremento di un grado corrisponde sempre alla stessa variazione di lunghezza, indipendentemente dal fatto che avvenga fra 20 °C e 21 °C oppure fra 60 °C e 61 °C , e questo perché il termometro è stato tarato proprio in modo da produrre un tale effetto. Ciò non è più vero se lungo la scala del mercurio riportiamo le dilatazioni di una colonnina di alcol o di toluolo, perché vi sono delle differenze fra le leggi di dilatazione delle sostanze. Quindi, anche se abbiamo tarato gli indici di un termometro a toluolo ed uno a mercurio in modo che segnino la stessa temperatura nelle posizioni di riferimento, accadrà che ad esempio, quando il primo segna 50 °C , il secondo segni una temperatura che in questa regione centrale può differire anche di 3 °C . Purché 5 non si vada a temperature molto sotto lo zero o molto sopra ai cento, dove il disaccordo supera le decine di gradi, da un punto di vista pratico si tratta di scarti non eccessivi, e quindi possiamo senz’altro fare uso dei termometri così costruiti. Concettualmente però questo ostacolo deve essere superato, altrimenti non potremmo mai disporre di una misura di temperatura assoluta, con un valore di zero assoluto, cioè legato all’essenza stessa della materia e dell’energia, e non alle particolari proprietà di questa o quella sostanza. Come è stato superato il problema del disaccordo fra i termometri? V0 V100 termometro a gas a pressione costante Nella seconda metà del secolo XIX si osservò che, a differenza degli strumenti che sfruttavano la dilatazione di sostanze allo stato liquido, i termometri che si servivano della dilatazione dei gas mostravano un notevole accordo. Lo schema di principio di un semplice termometro a gas a pressione costante, prevede un bulbo ed un cannello lungo cui scorre una goccia di mercurio, aperto all’estremità per tenere la pressione sempre pari a quella atmosferica. La suddivisione del cannello in tacche uguali consente di legare la variazione di temperatura alla differenza V100 V0 fra il volume del gas dilatato quando il bulbo è in equilibrio con l’acqua bollente e V0 , che possiede in equilibrio con il ghiaccio fondente. Gas come l’azoto, l’idrogeno, l’ossigeno e l’elio, quando vengono riscaldati da 0 °C a 100 °C , mantenendone la pressione costante, aumentano di oltre un terzo il loro volume: il fattore preciso varia da sostanza a sostanza. Tuttavia i dati mostrano che, in condizioni di estrema rarefazione, quando la pressione tende ad annullarsi (condizioni di gas ideale), l’incremento relativo del volume è per tutti i gas uguale a: 3 variazione di volume di 1 m di gas V100 V0 0.36610 V0 Se quindi dividiamo il cannello in 100 tacche come nella scala Celsius, ad ognuna viene associato un centesimo dell’incremento totale V100 V0 : 1 0.36610 1 (V100 V0 ) V0 V0 V0 100 100 273.15 dove il nunero adimensionale 1/ 273.15 viene detto coefficiente di dilatazione termica, a pressione costante, dei gas ideali. Il valore di temperatura letto dal termometro a gas ideale sarà il numero di tacche raggiunto dal gas sul cannello, esprimibile da una formula che rapporti la variazione di volume complessiva V V0 alla variazione V0 corrispondente ad una tacca: t variazione totale variazione di una tacca V V0 V0 La procedura consente quindi di ottenere una temperatura centigrada attraverso la misura di un volume, indipendente dalla sostanza utilizzata. 6 Qual è la legge di dilatazione dei gas rarefatti a P costante? Invertendo la formula che definisce la temperatura si ricava una legge di dilatazione a pressione costante per i gas rarefatti, detta: Prima legge di Gay-Lussac: V V0 1 t che in un piano avente il volume in funzione della temperatura viene rappresentata da una retta. Esiste un limite inferiore alle temperature? Si è soliti osservare che questa formula suggerisce un limite inferiore alle temperature che possiamo immaginare di raggiungere. Infatti, se per ogni grado di raffreddamento il volume del gas diminuisce di 1 273.15 V0 , qualora scendessimo di 273.15 °C sotto alla temperatura di fusione del ghiaccio, il volume del gas si annullerebbe. Non avrebbe allora senso pensare di scendere a temperature più basse di 273.15 °C , perché secondo la prima legge di GayLussac queste renderebbero negativo il volume del gas. L’andamento lineare di questa legge è raffigurato qui a fianco: la pendenza V0 delle rette dipende LA CONTROFISICA Non ha significato pensare a 273.15 sotto zero come la temperatura che il gas avrebbe se non diventasse liquido, perché il gas diventa liquido! Non esiste un esperimento che possa provare il raggiungimento di un volume nullo da parte di un gas. solo dalla quantità di gas rarefatto presente (e quindi dal volume V0 che V occupa a t 0 °C ) ma non dal tipo di sostanza (cioè è una costante). L’idea di un limite inferiore alle temperature nasce osservando che le rette incontrano l’asse delle temperature in un unico punto: V V0 1 t 0 gas 1 1 t 273.15 °C Tuttavia questo ragionamento, sebbene sia di guida all’intuizione, è privo di supporto sperimentale perché presuppone l’esistenza, fino a temperature estremamente basse, di un gas in condizioni ideali di estrema rarefazione, al quale poter applicare la prima legge di Gay-Lussac. L’esperienza invece mostra che, diminuendo progressivamente la temperatura di un aeriforme, si osserva la sua condensazione in liquido, per cui la sostanza cessa di esistere in quella fase. Un successivo raffreddamento solidifica la sostanza, portandola ad occupare uno spazio finito e ben determinato, per cui non vi è evidenza sperimentale che autorizzi ad ipotizzare il raggiungimento di un volume nullo. Quindi, il fatto che si trovi una intersezione matematica con l’asse delle temperature prolungando (come nel tratteggio in figura), la retta della legge di dilatazione dei gas rarefatti oltre la regione fisica di applicabilità, da solo non basta per sostenere la presenza di un limite inferiore in corrispondenza di t 273.15 °C . L’effettiva esistenza di un tale valore di zero assoluto per la temperatura viene invece rigorosamente giustificata con altri argomenti, di natura termodinamica, che saranno affrontati a suo tempo, e che consentono anche di dimostrare che tutti i gas ideali definiscono la stessa scala. 7 -273, 15 °C V0 gas 2 V0 V0 gas 3 0°C t LA CONTROFISICA E’ errato dire che allo zero assoluto le molecole sono ferme. Per la loro natura, le particelle elementari non possono mai essere ferme. Se davvero fossero ferme, conosceremmo con esattezza il valore della loro velocità, cioè zero, il che comporterebbe una indeterminazione infinita sulla loro posizione. E’ quanto afferma un fondamentale principio di meccanica delle particelle elementari dovuto ad Heisemberg. Allo zero assoluto esse sono invece in moto con il minimo valore di energia cinetica che la loro condizione permette, detta energia di punto zero. Sulla base di questo, possiamo fissare una scala assoluta per la temperatura? Il fisico britannico William Thomson (poi divenuto Lord Kelvin, 1824 –1907) propose di adottare una scala centigrada assoluta di temperatura basandosi sulle regolarità nel comportamento dei gas rarefatti, con uno zero proprio in corrispondenza del valore 273.15 °C . Indicando con la maiuscola T la temperatura assoluta, ed invece con t i valori misurati per mezzo del termometro a gas rarefatto nella regione di applicabilità della prima legge di Gay-Lussac (con lo zero di t in corrispondenza del ghiaccio fondente), si ha la semplice relazione: 1 T t 273.15 t Cosa sono i valori di T fuori dalla zona misurabile con la legge di Gay-Lussac? Per il momento i valori di temperatura fuori dalla regione in cui si può applicare la legge di dilatazione dei gas rarefatti hanno solo un significato matematico, e dovremo introdurre nel seguito un metodo che consenta di definirli operativamente e misurarli4. LA CONTROFISICA Perché si fa uso del termometro a mercurio e non di quello a gas rarefatto? E’ errato dire che si usa il termometro a mercurio perché la sua scala è lineare. Qualsiasi scala termometrica è lineare, per definizione, rispetto alle dilatazioni della sostanza che si è usato per tararlo. Si tratti di alcol, toluolo, mercurio od altro ancora, a qualunque temperatura avvenga il salto di un’unità, questo corrisponde sempre alla stessa variazione di lunghezza (diversa per ogni sostanza). Si usa il mercurio principalmente per il suo buon accordo con la scala assoluta. Che intervallo di temperature hanno i fenomeni intorno a noi? Il termometro a gas è adeguato per un laboratorio scientifico, dove si eseguono misure di grande precisione, ma risulta di poca utilità fuori da tale ambito a causa della sua scarsa praticità. Uno strumento più agile, come quelli che sfruttano la dilatazione dei liquidi, è senz’altro da preferire per l’uso quotidiano, anche a scapito della precisione. La scelta del mercurio (o dell’alcol) si deve al fatto che queste sono le sostanze che, nella regione fra 0 °C e 100 °C , mostrano il migliore accordo con la scala assoluta. All’interno del Sole, dove avviene la fusione nucleare dell’idrogeno, la temperatura raggiunge circa 1.5 106 K , ma nelle stelle che fondono elio si possono avere oltre cento milioni di gradi. La superficie della nostra stella si trova a circa 6000 °C mentre l’oggetto più caldo intorno a noi è probabilmente il filamento di tungsteno di una lampadina ad incandescenza, che raggiunge i 2500 C (più elevata dei 2000 C ai quali fonde la lava!). Il ferro fonde a 1530 C , ed un fiammifero arriva a circa 1000 C . La temperatura della fiamma viva rossa di un combustibile solido come il legno è intorno ai 700 C , una sigaretta può raggiungere i 400 C , e la carta inizia spontaneamente a bruciare anche senza innesco a circa 230 C 5. La temperatura di congelamento dell’acqua è 273.15 K (ma aggiungendo del sale la si può far scendere fino a 252 K cioè 21 C ). Abbiamo già visto che il congelamento del mercurio avviene a 39 C ; ben al di sotto si trova la temperatura del ghiaccio di anidride carbonica, o ghiaccio secco, 79 C cioè 194 K . Alla temperatura di 4 Di questo ci occuperemo studiando la termodinamica, i cui strumenti consentiranno di dimostrare (1) che tutti i gas ideali definiscono la stessa scala, (2) che esiste uno zero assoluto, temperatura di un sistema che non può trasferire energia a nessun altro corpo che sia in contatto con esso, (3) che è possibile una definizione operativa di temperature fino a quel valore, (4) che la temperatura assoluta è una reale misura nel senso in cui lo sono le misure di lunghezza o di massa, perché risulta legata al contenuto energetico delle molecole e, a differenza di quella basata sulla dilatazione del mercurio, consente di stabilire cosa intendiamo per temperatura doppia o tripla, o frazione di un’altra, indipendentemente dalle proprietà della sostanza nel termometro. I ben noti 451F del corpo di pompieri che incendiavano i libri nell’omonimo romanzo di fantascienza di Ray Bradbury 5 8 196 C ( 77.4 K ) troviamo quella che potremmo chiamare “aria liquida” - cioè l’azoto liquido -, mentre per avere l’idrogeno liquido dobbiamo scendere a 20.4 K ( 253 C ). Ma il record di stranezze nel campo della criogenia spetta all’elio liquido: a 4.25 K si ha la sua ebollizione, ma se viene raffreddato sotto ai 2.18 K , invece di solidificare diviene un cosiddetto superfluido, cioè l’unica sostanza nota a manifestare sulla scala degli oggetti le proprietà della meccanica quantistica che sono normalmente caratteristiche del micromondo delle particelle. In virtù di queste, l’elio superfluido è il miglior conduttore di calore noto, pur restando un isolante elettrico. In quali modi può essere cambiata la temperatura di un corpo? Abbiamo già considerato il principio dell’equilibrio termico, per il quale il contatto fra due oggetti a differenti temperature (ma lontani dalla transizione di fase), tende a modificare le temperature di entrambi. Non è questo tuttavia l’unico meccanismo esistente; ricordiamo brevemente alcune esperienze: (1) L’attrito modifica la temperatura di un corpo: si consideri ad esempio lo strofinio fra due superfici, oppure il riscaldamento del metallo quando viene battuto o lavorato. (2) La presenza di corrente elettrica riscalda, anche considerevolmente, il conduttore: si pensi ad una stufa elettrica od al il filamento di tungsteno di una lampada ad incandescenza, che raggiunge i 2500°C . (3) Alcune reazioni chimiche possono essere accompagnate da variazioni di temperatura dei reagenti. (4) La compressione di un gas tende a produrre un innalzamento della sua temperatura: si pensi all’aria nel pistone di una pompa da bicicletta. (5) L’interazione con la radiazione può cambiare la temperatura. Si pensi ad un oggetto lasciato al Sole ma anche al cibo nel forno a microonde. 2. Energia trasferita per calore La conoscenza della temperatura esaurisce le informazioni sui fenomeni termici? No: numerose osservazioni inducono a concludere che per descrivere i processi termici la sola conoscenza della temperatura misurata con il termometro è insufficiente. Si considerino ad esempio le esperienze seguenti: (1) Un certo quantitativo di acqua calda raggiunge l’equilibrio termico con l’ambiente che lo circonda in tempi differenti, a seconda che l’acqua sia posta in un recipiente aperto, versata sul pavimento oppure dentro ad un thermos chiuso. La temperatura finale di equilibrio è la stessa, quindi il suo valore non ci dice nulla sui dettagli del processo (ad esempio sul tempo impiegato). (2) Due quantitativi d’acqua differenti, inizialmente in equilibrio termico, quando sono riscaldati su due fornelli identici, raggiungono un certo valore di temperatura in tempi diversi, ed il quantitativo minore vi arriva prima. Anche in questo caso la semplice informazione sulle temperature di partenza e di arrivo, che sono le stesse, nasconde importanti dettagli. 9 (3) Due sistemi a contatto aventi temperature differenti, raggiungono l’equilibrio termico con un cambiamento di temperatura che non è lo stesso per entrambi, ma dipende da fattori come la massa, la geometria, la sostanza ecc., informazioni che non sono accessibili se si dispone solo della temperatura di equilibrio raggiunta. (4) Un cubo di ghiaccio prossimo a 0°C , immerso in un grande quantitativo di acqua calda, prima di raggiungere l’equilibrio termico fonde, mantenendo costante la propria temperatura. La conoscenza della sola temperatura finale non contiene queste informazioni. Il contatto di corpi a T diverse causa il passaggio di qualche tipo di sostanza? LA CONTROFISICA Ricordiamo che il contatto può anche non essere accompagnato da variazioni di temperatura; Se il contatto avviene in corrispondenza di quelle particolari condizioni fisiche caratteristiche della transizione di fase di uno dei due, la sua temperatura rimane costante. Ad esempio, alla pressione atmosferica, mentre un ferro rovente appoggiato sul giaccio si raffredda, il ghiaccio, raggiunti gli 0°C, inizia il processo di fusione mantenendo la temperatura inalterata. L’idea erronea che ponendo a contatto corpi a temperatura differente si abbia lo spostamento di uno strano tipo di sostanza detta “fluido calorico” è stata invocata in passato a spiegazione del livellamento delle temperature che si osserva. Se quest’ipotesi fosse vera però, dal riscaldamento prodotto per attrito su di un corpo, ad esempio dalla punta di un trapano, si libererebbe una quantità potenzialmente inesauribile di fluido calorico. La conclusione che tutto questo “fluido calorico” era prima contenuto nel corpo appare paradossale e quindi l’ipotesi viene respinta. Cosa accade, microscopicamente, durante il contatto fra sostanze a T differenti? Nel contatto le molecole veloci del corpo caldo interagiscono, tramite urti, con quelle lente del corpo freddo. In seguito alle collisioni le prime mediamente rallentano, le seconde acquistano velocità. Questo scambio di energia cinetica fra le molecole delle due sostanze tende a condurre i corpi stessi verso uno stato di agitazione omogeneo, cioè ad una temperatura di equilibrio compresa fra le due iniziali. Nel caso di corpi solidi le interazioni per il raggiungimento dell’equilibrio partono dalla superficie di contatto e si propagano, se invece la fase è liquida oppure aeriforme, gli scambi energetici sono agevolati dalla possibilità per le sostanze di mescolarsi, il che comporta una moltiplicazione delle regioni di contatto. Il raggiungimento dell’equilibrio termico è uno scambio di energia cinetica al livello del moto di agitazione molecolare. Il contatto fra due corpi a diversa temperatura è quindi un analogo del lavoro? Si perché comporta un trasferimento di energia. Il corpo più freddo avrà, alla fine del processo, variato l’energia cinetica media delle sue particelle incrementandola per portarsi alla temperatura di equilibrio, viceversa per il corpo inizialmente più caldo. Tuttavia, sulla scala degli oggetti tale trasferimento energetico non può essere ricondotto allo spostamento del punto di applicazione di una forza, perché tutte le interazioni sono avvenuta al livello delle molecole. Sono le collisioni fra le molecole, dovute al moto disordinato di agitazione termica, ad essere responsabili dello scambio di energia, ma il fatto che stiamo osservando l’effetto di un fenomeno microscopico, in qualche modo nasconde questa parte degli aspetti fisici. Per completare la descrizione del fenomeno di trasferimento energetico si introduce, allora, la grandezza termodinamica Q detta energia trasferita per calore, o più semplicemente calore. Q rappresenta la quantità di energia che viene scambiata per effetto degli urti 10 fra le molecole dovuti al moto disordinato di agitazione termica. Analogamente al lavoro, anche il calore descrive un trasferimento energetico, e precisamente l’energia trasferita solo per effetto della differenza di temperatura. Calore Q : energia trasferita per via termica, cioè per effetto degli urti che avvengono fra le molecole di sostanze che sono a temperature differenti. Lavoro L : energia trasferita per via meccanica, cioè per effetto dello spostamento del punto di applicazione di una forza. Il calore non è quindi una sostanza, e nemmeno una proprietà dei corpi, come i primi fisici che studiarono termologia furono indotti a pensare, ma piuttosto la descrizione di un processo. ENERGIA Q 7 5 l J 11 J CALORE LAVORO Quindi calore e lavoro sono due modalità di scambio energetico? Si, in un certo senso è come se il sistema andasse a rifornirsi da un benzinaio che dispone di due pompe differenti: per aiutare l’intuito possiamo pensare a calore e lavoro possono come a due tipi di carburante ugualmente in grado di riempire il serbatoio dell’energia di ogni sistema. Il lavoro è l’energia scambiata con l’ambiente come risultato di modifiche nella forma o nella configurazione del sistema. Esso si esprime tramite parametri macroscopici ed è dovuto all’azione di forze che spostano il loro punto di applicazione, facendo così subire alle molecole del sistema una variazione nella velocità del moto ordinato d’insieme. Il calore, invece, corrisponde all’energia scambiata attraverso la superficie di separazione tramite le collisioni fra le molecole del sistema e quelle dell’ambiente, quando fra questi esiste una differenza nella temperatura (e quindi nell’energia media di agitazione molecolare). I cambiamenti energetici coinvolti sono in questo caso al livello microscopico. Le particelle guadagnano (o perdono) energia sotto forma di traslazioni, vibrazioni, rotazioni ecc, subendo una variazione nella velocità del moto disordinato di agitazione termica. 4 0 Q L 3. L’equazione dell’equilibrio termico Come possiamo attribuire un segno all’energia Q trasferita per calore ? Diremo che l’energia trasferita per calore è positiva, cioè Q 0 , se il corpo ha ricevuto energia a causa degli urti a livello molecolare con un altro. Se il corpo cede energia per il tramite degli urti fra le sue molecole e quelle di un oggetto più freddo, si dice che l’energia trasferita per calore è negativa, cioè Q 0 : LA CONTROFISICA Come sappiamo, il trasferimento energetico tramite calore coinvolge una moltitudine di urti fra le particelle dei due sistemi, ed ha come risultato un cambiamento nella loro energia cinetica a livello microscopico. Si tratta però di un effetto di superficie, che deve propagarsi all’interno per dare luogo ad una configurazione omogenea. di temperatura. Occorre quindi del tempo perché venga raggiunta la temperatura di equilibrio. IL CORPO RICEVE ENERGIA PER CALORE: Q >0 IL CORPO CEDE ENERGIA PER CALORE : Q <0 Come legare Q scambiato da una sostanza con la sua variazione di T? Per rispondere partiremo da alcune evidenze sperimentali che riguardano una sostanza comune e facile da manipolare termicamente come l’acqua, che utilizzeremo come sostanza di riferimento. Supponiamo di avere un recipiente che non consenta trasferimenti di energia per calore con l’esterno, cioè termicamente isolato, al quale diamo il nome di calorimetro. Si osserva che due quantitativi di acqua uguali, uno caldo ed uno freddo, inizialmente alle temperature TC e TF , se mescolati in un calorimetro, raggiungono una temperatura TE , che diremo di equilibrio, che si trova a metà strada fra le due. Possiamo esprimere questo risultato attraverso la formula: TC TE TE TF la quale dice che la “distanza” TC TE della temperatura calda da quella di equilibrio è uguale alla “distanza” TE TF della temperatura fredda dall’equilibrio. Cosa succede invece se le masse d’acqua non sono uguali? Se ripetiamo l’esperimento con due masse di acqua differenti, mC ed mF , il salto di temperatura non è più lo stesso, ma il quantitativo d’acqua con massa maggiore subisce la minore variazione. L’esperienza mostra che, mescolando due quantitativi d’acqua, esiste una relazione di proporzionalità inversa fra la massa ed il cambiamento di temperatura, che si può esprimere tramite la formula: TC - TE mF = TE - TF mC TC TF TC TE m F TE TF mC In essa appare chiaro che il rapporto fra la “distanza” TC TE , dell’acqua calda dalla temperatura di equilibrio, e la “distanza” dall’equilibrio dell’acqua fredda, TE TF , è tanto maggiore quanto minore è il rapporto fra le loro masse (cioè quanto più grande è il suo reciproco mF / mC ). In altri termini, la temperatura finale di equilibrio sarà tanto più vicina ad una delle due quanto più grande è la massa della quantità d’acqua corrispondente. Se con T indichiamo il salto di temperatura per ciascuna quantità, TF TE TF e TC TE TC possiamo scrivere allora: mF TF mC TC Leggiamo questo risultato interpretando la quantità mC TC come qualche proprietà “uscita fuori” dall’acqua calda e la quantità mF TF come qualche proprietà “entrata” nell’acqua fredda. In questo modo appare del tutto naturale che la loro somma faccia zero, ed anzi traspare un processo governato dalla conservazione dell’energia. Per questi motivi il prodotto m T costituisce un buon candidato per misurare l’energia scambiata dall’acqua tramite le collisioni fra le molecole, e quindi possiamo utilizzarlo come espressione numerica dell’energia trasferita per calore. Possiamo stabilire un’ unità per la grandezza mΔT ? Il quantitativo di “energia trasferita per calore” da utilizzare come unità di misura si ha per quei valori di m e T tali che m T 1 : a questo quantitativo si dà il nome di chilocaloria. Diremo allora “una chilocaloria” ( 1 kcal ) il passaggio di energia per calore capace di variare di 1°C la temperatura di 1 kg di acqua: Q m T 1 kg 1C 1 kcal LA CONTROFISICA ed analogamente si dice “una caloria” ( 1 cal ), il calore scambiato da 1 g di acqua quando la sua temperatura varia di 1.0°C . La chilocaloria è anche l’unità di misura utilizzata per esprimere il contenuto energetico dei cibi, ed in questo contesto viene impropriamente detta caloria. Cosa cambia se si pongono nel calorimetro sostanze differenti dall’acqua? L’esperienza mostra che, a parità di massa, uno stesso quantitativo di calore determina variazioni di temperatura anche molto differenti, a seconda delle sostanze coinvolte. Ad esempio, 1 kg di acqua che riceve 10 kcal si riscalda di 10°C , ma lo stesso calore comporta un incremento pari 47°C nella temperatura di 1 kg di alluminio, che diventa invece 93°C per una uguale massa di ferro e sale fino a 300°C se si tratta di 1 kg di mercurio. La varietà dei risultati ottenibili è ampia, e fra tutte le sostanze note, il minor incremento di temperatura a parità di calore scambiato compete all’acqua. Risulta allora utile associare ad ogni sostanza una grandezza fisica, il calore specifico, che indichi quanto calore bisogna fornire ad ogni chilogrammo per innalzare di un grado la sua temperatura. Limitandoci alle fasi liquida e solida, si osserva che se forniamo Q calorie ad una massa m di sostanza, e misuriamo un incremento T nella temperatura, il rapporto Q / mT si mantiene costante in un intervallo di temperature non troppo distante da quella ambiente: Calore specifico indica quanta energia occorre fornire ad un chilogrammo di sostanza per innalzare di un grado la sua temperatura Q c m T 13 LA CONTROFISICA Il calore specifico non è in realtà una costante, ma dipende dalla temperatura alla quale si trova la sostanza. Vi sono casi in cui, anche all’interno di un salto di temperatura pari ad un grado, esso varia sensibilmente. La definizione che qui diamo è in realtà quella del calore specifico medio entro l’intervallo ∆T. Essa ha senso soltanto in quei casi in cui il calore specifico varia così poco da poterlo rappresentare attraverso il suo valore medio in quell’ intervallo di temperatura. Il calore specifico si misura in cal/kgK (oppure cal/kg°C ), e da quanto detto prima il calore specifico dell’acqua vale 1000 cal/kgK . Se dalla definizione di calore specifico ricaviamo Q si ottiene: Q cm T SOSTANZA cal/kgK C C J/kgK ACQUA 1000 4186 GHIACCIO 499 ALLUMINIO 215 2090 900 VETRO 200 837 FERRO 107 448 RAME 92.3 386 OTTONE 92 385 BRONZO 87 364 ALCOHOL 58 42 243 176 ORO 33.2 31.2 139 131 PIOMBO 30.5 128 LEGNO MERCURIO che confrontata con l’espressione provvisoria per il calore che avevamo introdotto in precedenza, mostra come c svolga il ruolo di una costante di proporzionalità davanti al prodotto m T . Possiamo interpretare questa relazione come se il numero corrispondente al calore specifico trasformasse la massa reale m della sostanza in una massa cm di “acqua equivalente” che quando riceve Q calorie manifesta lo stesso incremento di temperatura del quantitativo vero m di sostanza. In questo senso si può leggere la tabella dei calori specifici come se, dal punto di vista dell’incremento di temperatura, un chilogrammo di alluminio fosse equivalente a 0.215 kg di acqua, un chilogrammo di ferro a 0.107 kg di acqua, ed uno di mercurio a 0.0332 kg . E se invece di una sostanza si ha a che fare con un singolo oggetto ? In questo caso è più pratico moltiplicare la massa del corpo per il suo calore specifico ed esprimerne le proprietà termiche tramite un’altra grandezza, la capacità termica: Q C T misurabile in cal/K (o anche cal/°C ). La capacità termica esprime il numero di calorie che occorre fornire ad un oggetto per innalzarne la temperatura di una unità. Per oggetti a contatto come scrivere Q uscente da uno e Q entrante nell’altro? Per la definizione di calore specifico, se un oggetto riceve Q calorie si ha: Q cm Tfinale Tiniziale Consideriamo due oggetti, di massa e calore specifico mA , cA ed mB , cB , temperature TA e TB , con TA TB . Quando, in seguito al contatto, avranno raggiunto la temperatura di equilibrio TE , l’energia uscita dal corpo caldo sotto forma di calore si potrà scrivere: QA cAmA(TE TA ) Questa espressione fornisce il segno negativo che ci attendiamo per Q quando esce dell’energia, in quanto TE TA . Per l’energia entrante nel corpo freddo, positiva perché TE TB , avremo analogamente: QB cB mB (TE TB ) 14 C’è relazione fra Q uscente dal primo corpo e quello entrante nel secondo ? Per appoggiare le idee figuriamoci il contatto di due solidi a temperatura differente, e assumiamo che siano assenti dissipazioni di calore verso l’esterno, cioè che non assorbano calore né il piano d’appoggio né l’aria. Supponiamo anche che l’energia scambiata se ne vada tutta in variazioni di temperatura, trascurando quindi sia il lavoro compiuto all’interno dei due soldi sia quello da loro compiuto sull’ambiente (ad opera della piccola variazione di volume che il riscaldamento comporta). Se infine fra le molecole avvengono solo scambi tramite urti che mantengono uguale l’energia complessivamente posseduta da ogni coppia prima e dopo l’urto (urti elastici), il calore QA uscito dal corpo caldo, QA QB pagato dal corpo stesso unicamente con la sua diminuzione di temperatura, dovrà eguagliare il calore QB entrato nel corpo freddo, che a sua volta ne beneficia unicamente in termini di aumento di temperatura: QA QB . Come possiamo calcolare la temperatura di equilibrio? La somma algebrica delle due quantità QA e QB , di segno opposto ma stesso valore assoluto, è nulla, QA QB 0 . Questo risultato si scrive nella forma: Una lettura suggestiva di questa formula si ha riscrivendola come: (c1 m 1 T1+c 2 m 2 T2 +..)= (c1 m 1+c 2 m 2 +..)TE ed immaginando che ognuno degli oggetti venga prima riportato alla temperatura zero della scala utilizzata. Il rilascio di calore complessivo sarà allora proprio il membro di sinistra nella relazione: Equazione dell’equilibrio termico cAmA(TE TA ) cB mB (TE TB ) 0 che consente di ricavare TE : (c1 m 1 T1+c 2 m 2 T2 +..) c m T cB mBTB TE A A A cAmA cB mB Il risultato è generalizzabile al caso di un numero qualunque di corpi a contatto: TE LA CONTROFISICA c1m1T1 c2m2T2 c1m1 c2m2 Successivamente ci chiediamo se questo calore ci basta per riscaldare ogni corpo fino alla temperatura di equilibrio. Per fare questo occorre la quantità a destra (c1 m 1 TE +c 2 m 2 TE +..) e l’operazione è possibile quando i due calori sono uguali, che è proprio quanto dice la formula. Come non si deve immaginare il processo che porta all’equilibrio termico? E’ utile pensare a qualcosa che transita fra i due corpi, in analogia con quello che accade quando si riempie il serbatoio dell’auto. Anche in quel caso infatti vale il semplice bilancio per cui la benzina entrata nel serbatoio è uguale a quella uscita dalla pompa. Ma ciò che si trasmette in questo caso è una proprietà, e non una sostanza. Come si è già detto infatti, sarebbe errato raffigurarsi qualche fluido impalpabile che passa dalla zona ove sono le molecole del primo oggetto alla regione del secondo. Le due masse non subiscono variazioni; il trasferimento avviene al livello energetico: quel che passa dall’uno all’altro è lo stato di agitazione termica. Se Q è energia in trasferimento, la sua unità di misura è anche il Joule? Essendo il calore una forma di energia la sua unità di misura dovrà essere il Joule, come per il lavoro meccanico. Tuttavia, sia per motivi storici, sia perché risulta comodo, si usa anche una differente unità, la caloria, la cui definizione è 15 Equivalente meccanico della caloria : 1 cal = 4.186 J più strettamente termica. Ma come si è detto, il riscaldamento di una sostanza può essere ottenuto, oltre che accostando ad essa un corpo a temperatura maggiore, anche per via meccanica: strofinandolo se solido, agitando delle pale al suo interno se liquido. Con il meccanismo concepito da J.P. Joule (1818-1889) qui a lato schematizzato, è possibile misurare il cosiddetto equivalente meccanico della caloria. Al lavoro della gravità corrisponde, tramite la rotazione della pale, una cessione di energia all’acqua. Lo strato di ghiaccio nell’intercapedine circostante utilizza questa medesima energia per fondere: misurandone la quantità si risale alle calorie rilasciate dall’acqua. Poiché la stessa energia è uguale al lavoro svolto delle pale, esprimibile in Joule tramite la relazione mgh , uguagliando i due numeri si ottiene l’equivalente in Joule della caloria: 1 cal 4.186 J . Pertanto il calore specifico nel Sistema Internazionale si potrà esprimere anche in J/(kg K) (oppure J/(kg °C) )6. LA CONTROFISICA Come vedremo più avanti, nel micromondo delle particelle l’energia interna si distribuisce equamente fra tutti i modi indipendenti in cui può essere incamerata dalle molecole (traslazione, rotazione, vibrazione o sotto forma di energia potenziale). E’ comodo utilizzare la caloria perché, per ognuno di questi modi indipendenti, una mole di sostanza incamera più o meno una caloria ogni Kelvin di salto di temperatura. Cosa dimostra l’esperimento di Joule ? Mostra che la stessa variazione di energia interna in un sistema può essere ottenuta sia compiendo su di esso del lavoro sia cedendogli del calore. Esercizi 3. Si calcoli la temperatura di equilibrio che si ottiene versando 400 g di acqua a ta 30 °C in un bicchiere di vetro di 200 g alla temperatura di tb 10°C . Quanto calore Qa ha scambiato l’acqua cedendolo al vetro? Scriviamo l’equazione dell’equilibrio termico usando chilogrammi e gradi Celsius usando il valore in tabella cvetro 837 J/ kg K : [4186 0.400 (TE 30) 837 0.200(TE 10)] J 0 J 4186 0.400 30 837 0.200 10 °C 28 °C 4186 0.400 837 0.200 Calore scambiato dall’acqua: Q [4186 0.400 (28 30)]J 3.3 103 J 0.80 103 cal 0.80 kcal TE 4. Un cubetto di alluminio ed uno di ottone aventi la stessa massa m 0.190 kg e la stessa temperatura t sono immersi in acqua che viene fatta bollire da una fiamma. All’equilibrio, quale dei due ha assorbito più calore? Quanto vale il rapporto fra i calori assorbiti? Che massa dovrebbe avere l’ottone per assorbire lo stesso calore dell’alluminio? [R: 2.3, 0.437 kg ] 5. Un blocchetto di ottone di massa mA 350 g ha una temperatura iniziale di 50 C e viene posto a contatto con un piatto di ferro di massa mB 560 g . Sapendo che per raggiungere l’equilibrio termico l’ottone ha ceduto 1200 J , si trovino sia la temperatura iniziale del piatto di ferro che temperatura di equilibrio. [R: 36C, 41C ] 6 Nei paesi anglosassoni si fa uso anche di un’altra unità di misura per il calore, il British thermal unit o Btu. Essa corrisponde all’energia necessaria per variare di un grado Fahrenheit la temperatura di una libbra ( 0.454 kg ) di acqua. Risulta 1 Btu 1055 J . 16 6. Una teglia di metallo di massa mA 450 g viene usata per cuocere una torta in un forno a 200 °C . Successivamente viene lavata in una bacinella che contiene 2.00 kg di acqua a temperatura ambiente: : Ta 291 K . Teglia ed acqua si portano ad una temperatura di equilibrio tE 25°C . Calcolare (1) quanto calore ha acquistato l’acqua; (2) quanto calore ha ceduto la teglia; (3) il calore specifico del metallo della teglia. [R: 5.86 104 J, 5.86 10 4 J, 7.44 102 J/(kgK) ] 7. Una mattina d’inverno la temperatura è 12°C e si ha del caffè a temperatura di 90°C . La tazza sul tavolino è alla temperatura dell’ambiente e dentro si versano 5.0 cl di caffè e poi 10.0 cl di latte preso dal frigorifero alla temperatura di 4°C , ottenendo un cappuccino alla temperatura di 40°C . Quant’è la capacità termica della tazza? Assumete che il calore specifico e la densità del latte e del caffè siano circa uguali a quelli dell’acqua. [R: 76 cal/°C ] 8. Un motore elettrico consuma energia con una rapidità di 250 W , e la sua efficienza (percentuale dell’energia ricevuta che può convertire utilmente in lavoro) è del 65% . Quante calorie vanno dissipate nel riscaldamento degli ingranaggi e dell’ambiente in mezz’ora di utilizzo? [R: 32.3 kcal ] 9. Un calorimetro (che è l’analogo di un thermos da laboratorio) contiene 200 g di acqua a 20.0C . Vi si versano altri 200 g di acqua a 70.0C e si misura una temperatura di equilibrio di 44.4C . Si trovi l’equivalente in acqua del calorimetro, cioè quella massa di acqua che assorbirebbe lo stesso calore del calorimetro. [R: 5.86 g ] Perché scotta così tanto il pomodoro della pizza od il riso dentro ai supplì? Sarà capitato certamente di scottarsi in modo del tutto inaspettato con la pizza che non sembrava troppo calda. La crosta è appena tiepida al tatto e non brucia le labbra quando ve la si posa sopra. Ma non appena si giunge al pomodoro, sembra di avere in bocca qualcosa di molto più caldo e spesso ne ricaviamo un’ustione alla lingua! Com’è possibile? Dopotutto abbiamo scaldato sia il pomodoro che la farina nello stesso forno per il medesimo tempo, ed inoltre le due sostanze sono in contatto fra loro: il principio dell’equilibrio termico ci dovrebbe assicurare che si trovano alla stessa temperatura. In effetti sono alla stessa temperatura, ma per poterla raggiungere la salsa di pomodoro ha dovuto incamerare molta più energia rispetto alla farina, e questo a causa del grande quantitativo di acqua che contiene. Abbiamo visto che il calore specifico dell’acqua supera quello di tutte altre le sostanze, alle quali in genere occorrono molte meno delle 1000 calorie necessarie all’acqua per innalzare di un grado la temperatura di ogni suo chilogrammo. L’acqua è in grado di incamerare molta energia a fronte di modesti incrementi di temperatura. Quando accostiamo la pizza alla bocca, sia la crosta che il pomodoro raggiungono l’equilibrio termico con la nostra pelle, ma la temperatura finale è diversa perché ad ogni salto di un grado l’acqua del pomodoro rilascia molta più energia e per questo scotta. In che modo tutto ciò viene espresso dall’equazione per l’equilibrio termico? Riguardiamo la formula per la temperatura di equilibrio: 17 LA CONTROFISICA La formula per la temperatura di equilibrio ha la medesima struttura di quella per il calcolo del baricentro di un sistema di puunti. Come in quel caso il baricentor è più vicino all’oggetto più massivo, qui, a parità di massa, la temperatura di equilibrio più vicina all’oggetto col maggior calore specifico. ALTO TE BASSO cA mATA cB mBTB cAmA cB mB Se, come accade in questo caso, le due masse mA ed mB sono più o meno confrontabili ma cA (dell’acqua) è molto maggiore di cB (della nostra bocca), all’interno della somma il termine cAmATA pesa molto di più del termine cB mBTB , e così la TE finale sarà molto più vicina a TA che non a TB . Ogni caloria rilasciata da un grammo di acqua le fa decrescere la temperatura di un grado ma fa aumentare di tre-cinque gradi quella della pelle e così ci scottiamo perché ci avviciniamo molto più alla sua temperatura. E perché la crosta invece non scotta? Quando posiamo la lingua sulla crosta della pizza invece, siamo noi in vantaggio. Anche se le labbra e la pizza per effetto del contatto condividono la loro energia termica, essendo noi fatti di acqua (però meno di un pomodoro!) ci vuole molta più energia per alzare di un grado la temperatura della pelle di quanta non ne rilasci la crosta per ogni grado di temperatura perduto. E così l’equilibrio è raggiunto molto più vicino alla temperatura nostra che non alla sua, e non ci bruciamo. Quali conseguenze ha l’elevato calore specifico dell’acqua? La scottatura col pomodoro della pizza mette bene in luce come la molecola dell'acqua presenti caratteristiche tali da far sì che essa abbia il valore di calore specifico più elevato di quasi tutti i composti organici e di tante altre sostanze non organiche, il che la rende una sostanza tanto comune quanto atipica. Quotidianamente ne osserviamo gli effetti: se mettiamo dell'acqua a riscaldare in una pentola, dopo un paio di minuti, immergendovi un dito la sentiremo tiepida. Al contrario, il metallo della pentola scotterà. Sicuramente il fatto che il metallo conduca in media il calore meglio dell'acqua ha la sua parte di responsabilità. Ma il motivo principale è che il calore specifico dell’acqua è cinque volte il calore specifico dell'allumino della pentola. Dieci volte quello del ferro. Vale a dire che, per alzare di un grado la temperatura di un grammo di acqua, occorre fornire dieci volte più calore che per alzare di un grado la temperatura di un grammo di ferro. La stessa proprietà si può sperimentare facendosi una passeggiata a mezzogiorno sulla sabbia rovente: l'unica salvezza è correre più veloce che si può verso il refrigerio dell'acqua. Eppure la spiaggia rovente ed il mare sono stati riscaldati dallo stesso sole per lo stesso tempo. Sebbene questo valore anormalmente alto del calore specifico sia una caratteristica molto rara, quasi unica fra le sostanze organiche, esso risulta fondamentale per il proliferare della vita che noi conosciamo, in quanto consente alla temperatura di un ambiente circondato dalle acque di stabilizzarsi. Si tratta di una delle cosiddette proprietà antropiche dell’acqua (ne incontreremo altre più avanti). E' in questo modo che gli oceani, assorbendo calore senza riscaldarsi eccessivamente, impediscono che la temperatura del nostro pianeta salga troppo. Dall'altro lato, invece, agiscono come serbatoio di calore, cedendone in quantità senza raffreddarsi eccessivamente. In questo modo impediscono che la temperatura 18 scenda troppo. Un oceano di anidride solforosa, ad esempio, oppure un oceano di olio o di benzene non servirebbero altrettanto efficacemente allo scopo. Cosa determina il diverso incremento di T che segue allo spostamento di Q? Maggiore è la quantità di sostanza che vogliamo riscaldare, maggiore sarà l’energia che deve essere fornita. Ma anche a parità di massa, sostanze con differente composizione chimica o differente stato di aggregazione che ricevono lo stesso calore aumentano la loro temperatura di quantità diverse. L’ALLUNGAMENTO FA LAVORARE Questo perché, a seconda del materiale, una parte del calore ricevuto produce LE FORZE DI COESIONE effetti diversi da quello di innalzare la temperatura. Nel caso di un solido (ma anche di un liquido) si allungano le distanze fra le molecole nel reticolo e così lavorano le forze di coesione: il calore ricevuto viene assorbito come energia potenziale nei legami fra le molecole. Se si tratta di un gas, l’incremento di temperatura dovuto al passaggio della stessa quantità di calore può essere anche molto diverso, in relazione al fatto che si sia fissato il suo volume oppure che possa variare. In questo secondo caso infatti la pressione esercitata dal gas compie lavoro sull’ambiente e questo a spese anche del calore ricevuto. Quindi : solo una parte dell’energia scambiata per effetto degli urti fra le molecole va ad incrementare la temperatura, il resto viene utilizzato per far svolgere del lavoro interno delle forze di coesione o per il lavoro esterno. Tale frazione può essere più o meno consistente, ed anche nulla ad esempio nel caso delle transizioni di fase o dell’espansione di un gas che produce lavoro a spese di tutto il calore ricevuto. Il calore specifico riassume in un numero i complessi processi fisici che, a seconda della sostanza, determinano quanta parte del calore fornito contribuisce all’innalzamento della temperatura e quanta se ne va nel lavoro interno delle forze di coesione. Questa semplificazione è ammessa solo per le fasi solide e liquide; per gli aeriformi, come vedremo, andrà specificato invece se durante il processo di riscaldamento viene loro consentito di compiere lavoro lasciandoli espandere, oppure se il volume viene fissato. 19 Q tipo di sostanza T quantità LAVORO INTERNO (forze di coesione) LAVORO ESTERNO 4. Transizioni di fase delle sostanze pure LA CONTROFISICA La filosofia greca, a partire da Anassimene di Mileto (VI secolo a.C.) individuava quattro fondamentali elementi costituenti la materia, cioè acqua, aria, terra e fuoco. Sorprende davvero l’analogia con e quelle che oggi chiamiamo le fasi di aggregazione liquida, aeriforme, solida e plasma. Abbiamo già visto che le sostanze pure, cioè quegli elementi - o quei composti costituiti tutti da atomi di un solo tipo, possono assumere tre differenti stati di aggregazione (o fasi): la fase solida, nella quale esse hanno una forma ed un volume proprio, la fase liquida, nella quale hanno un volume proprio, e la fase aeriforme, nella quale le sostanze, se disposte in un contenitore ove sia stato fatto il vuoto, tendono ad occupare integralmente lo spazio disponibile assumendo la forma ed il volume del contenitore. Esiste anche un quarto stato di aggregazione, quello di plasma, dove gli atomi che costituiscono la sostanza sono completamente ionizzati. Non si tratta di una situazione esotica e lontana dall’ esperienza quotidiana: la fiamma (di una candela, di un fornello etc) è un plasma. Anche se non ci occuperemo di questo stato di aggregazione, va tenuto presente che oltre il 90% della materia nell’Universo si trova in fase di plasma (ad esempio all’interno delle stelle). Come si chiamano i passaggi da uno stato di aggregazione ad un altro? Il passaggio da uno stato di aggregazione ad un altro si dice transizione di fase. Più precisamente, col termine fusione si indica la transizione solidoliquido (e solidificazione il processo inverso), mentre evaporazione indica il passaggio liquidoaeriforme (e condensazione oppure liquefazione il processo inverso). Si chiamano infine sublimazione e brinamento le transizioni rispettivamente dallo stato solido a quello aeriforme e viceversa. SUBLIMAZIONE EVAPORAZIONE FUSIONE LIQUIDA SOLIDA SOLIDIFICAZIONE AERIFORME CONDENSAZIONE BRINAMENTO Quali meccanismi innescano un cambiamento nello stato di aggregazione? In un gas in condizioni ideali di estrema rarefazione ed alta temperatura, le molecole sono indipendenti ed interagiscono solo tramite reciproche collisioni. Le forze di coesione risultano inefficaci per la estrema rarefazione e per la grande energia cinetica che caratterizza le particelle: la traiettoria di una molecola in un gas perfetto non è perturbata dall’interazione con le altre più di quanto il proiettile che esce dalla canna di un fucile sia deviato dall’azione un piccolo magnete. Le condizioni che consentono ad un aeriforme di comportarsi in modo ideale vengono meno quando si raffredda la sostanza oppure quando la si comprime. In entrambi i casi le interazioni elettriche fra le molecole cominciano a far sentire il loro effetto e le particelle perdono progressivamente libertà di movimento. All’estremo opposto troviamo lo stato solido, dove le particelle sono confinate lungo un insieme di posizioni prefissate, detto reticolo cristallino, attorno alle quali hanno la possibilità di oscillare ma da cui non possono allontanarsi. La fase liquida è a metà strada fra le due, una sorta di edificio in costruzione: alcune molecole si sono associate in catene e raggruppamenti ma il reticolo cristallino non è completamente formato. Come possiamo agire per modificare la fase di una sostanza? Da quanto detto, appare che le forze di interazione intermolecolare sono quelle che aggregano, mentre lo stato di agitazione delle molecole tende a disgregare, e quindi, nella fase aeriforme dominerà quest’ultimo, mentre in quella solida domineranno le coesioni intermolecolari. Quindi per far passare una sostanza da una fase ad un'altra posso agire o per via meccanica (comprimendola o rarefacendola, cioè modificando la pressione) oppure per via termica (riscaldandola o raffreddandola cioè modificando la temperatura). Affinché le molecole cessino di essere indipendenti le une dalle altre abbiamo allora la seguente alternativa: RALLENTARE LE MOLECOLE, cioè abbassare la temperatura della sostanza, in modo che la loro energia cinetica non sia più enormemente maggiore di quella potenziale legata alle interazioni elettriche delle forze di coesione. Nell’esempio di sopra è come se il proiettile uscisse lentissimo dalla bocca del fucile: la presenza della calamita diverrebbe allora significativa. AVVICINARE LE MOLECOLE, vale a dire aumentare la densità (materialmente questo significa aumentare la pressione) in modo che, nel grafico delle forze di coesione, ci si sposti nella regione vicina al massimo di interazione, dove le forze intermolecolari sono più efficaci. Esistono valori di P e T per cui possono esistere insieme due fasi diverse? Il comportamento delle sostanze pure in relazione alle due grandezze pressione e temperatura, responsabili dello stato di aggregazione, si può apprezzare rappresentandolo nel piano pressione-temperatura attraverso un diagramma, caratteristico di ogni sostanza, detto diagramma di stato (o di fase). L’andamento qualitativo raffigurato viene ottenuto per una sostanza pura che subisca una transizione di fase in una cella dove sia preventivamente stato fatto il vuoto. Esso vale, con qualche misura di approssimazione, anche se le transizioni avvengono alla presenza dell’aria. Ogni punto individua una coppia P,T che definisce la fase della sostanza. Le linee di separazione individuano delle condizioni di temperatura e di pressione alle quali, nel vuoto, la sostanza può coesistere nelle due fasi. Esiste inoltre una condizione, detta punto triplo, per le quali nel vuoto tutte le tre fasi possono coesistere. In presenza di aria invece, come vedremo meglio più avanti, le fasi condensate (solida e liquida) coesistono sempre con il proprio vapore saturo. 21 P LIQUIDO SOLIDO AERIFORME T 5. Fusione e solidificazione Ci occuperemo ora del passaggio dalla fasse solida a quella liquida, rimandando evaporazione e condensazione a quando studieremo la termologia dei gas ideali. Cosa accade quando si provoca la fusione per via termica? P SOLIDO A La transizione dalla fase solida a quella liquida prende il nome di fusione, mentre con solidificazione si intende il processo inverso. Come si è detto, una tale transizione può essere indotta sia per via termica che per via meccanica, oppure tramite entrambe B contemporaneamente. Volendo fondere una sostanza pura per via esclusivamente termica si registra quanto segue. Fissato un valore di pressione – ad esempio quella atmosferica – si fornisce del calore per innalzare la temperatura mantenendo Fusione per costante la pressione. Dapprima la temperatura della sostanza, che si trova nello riscaldamento stato A in figura, comincerà a crescere, finché, raggiunto il valore che è indicato come temperatura di fusione, essa cessa di salire ed inizia il processo di transizione da Tfusione T solido a liquido. Durante la fusione la temperatura si mantiene costante ed il calore che continuiamo a fornire viene utilizzato per disgregare la struttura dell’edificio cristallino. Le molecole, inizialmente confinate nelle loro posizioni entro il reticolo stesso, raggiungono un regime di oscillazione così violento che le forze di coesione non riescono più a trattenerle nelle loro posizioni. Il reticolo si va progressivamente smontando a pezzo a pezzo, ed il processo assorbe l’energia che forniamo dall’esterno e che prima veniva utilizzata per incrementare la temperatura. LIQUIDO Perché è necessario raggiungere la temperatura di fusione? E’ necessario che lo stato di agitazione delle molecole sia di intensità confrontabile con la solidità del legame intermolecolare. Ciò significa che l’energia cinetica delle molecole diviene uguale all’energia potenziale dei legami del reticolo7. Tale valore è una costante, caratteristica di ogni sostanza: riscaldando il solido si aumenta la velocità microscopica media v di oscillazione delle molecole attorno alle posizioni del reticolo: la temperatura di fusione si ha quando l’energia cinetica di traslazione 12 mv 2 raggiunge tale valore ed il legame si rompe, proprio come se volessimo spezzare una molla. Quanto calore occorre fornire per far avvenire la fusione ? Poiché durante la fusione la temperatura si mantiene costante e quindi resta costante l’energia cinetica delle molecole finché il processo non è terminato, ai primi sperimentatori il calore fornito sembrava scomparire. Per tale motivo si introdusse la grandezza fisica nota come calore latente (cioè, letteralmente, “nascosto”) di fusione Calore latente di fusione Lf quantità di calore necessaria a fondere un’ unità di massa di sostanza mantenendo costante la pressione. Ricordiamo che l’energia potenziale è il lavoro compiuto dalle forze conservative quando un sistema viene smembrato da un agente esterno ed i suoi componenti portati in un posizione scelta come riferimento. Essa può essere positiva o negativa a seconda che le forze conservative compiano, durante lo smembramento, un lavoro motore oppure resistente. 7 Sperimentalmente si misura che per fondere 1.0 kg di ghiaccio alla pressione atmosferica è necessario prima portarlo alla temperatura di 273 K e poi fornirgli ulteriori 3.34 105 J , cioè il calore latente di fusione dell’acqua vale: Lf 334 k J/ kg 79.7 kcal / kg L’acqua presenta un valore di Lf anormalmente alto rispetto a quello di altre sostanze, il che favorisce la persistenza di ghiacciai perenni, specie nelle regioni polari. Per raffronto si consideri che per fondere 1.0 kg di piombo alla temperatura di 601 K bastano 2.5 104 J ed occorrono invece 1.05 106 J per fondere 1.0 kg di argento una volta raggiunta la temperatura di 1234 K . LAVORO DURANTE LA DISGREGAZIONE Dove finisce l’energia fornita alla sostanza sotto forma di calore? L’energia fornita nel processo ovviamente non scompare: il fatto che non la si ritrovi in un incremento dell’energia cinetica delle molecole (cioè di temperatura) si spiega tenendo conto del fatto che, mentre le molecole si allontanano dai loro siti nel reticolo, le forze di coesione, attrattive, compiono un lavoro resistente che si oppone alla disgregazione della struttura. In altri termini impediscono che il calore fornito faccia crescere la velocità media delle molecole trasformando il calore ricevuto in energia potenziale: DEL RETICOLO durante il processo di fusione la distanza media fra le molecole aumenta e le forze di coesione – che sono conservative – compiono un lavoro resistente. Ne consegue un aumento dell’energia potenziale al livello delle particella8. Come funzione invece la solidificazione per via termica ? Nel processo inverso di solidificazione, la linea nella figura del diagramma di fase va percorsa da B verso A e lungo il tragitto il calore viene sottratto affinché lo stato di agitazione molecolare si riduca, e così le forze di coesione possono compiere il lavoro motore necessario a ricostruire il reticolo cristallino. Per solidificare l’unità di massa di una sostanza sarà necessario sottrarle esattamente quanto calore è necessario fornirle per fonderla, cioè il calore latente di solidificazione coincide con quello di fusione, e l’incremento di energia cinetica che dovremmo osservare per effetto del lavoro – motore - delle interazioni intermolecolari è bilanciato dalla fuoriuscita di calore, cosicché la temperatura rimane costante. Il calore latente di fusione è dunque anche calore latente di solidificazione, cioè per cambiare la fase di una massa m che si trovi già alla sua temperatura di fusione bisogna fornire (o sottrarre) un’energia: La Controfisica Se per assurdo gli oceani congelassero istantaneamente, ogni cosa in superficie e nei dintorni delle coste sarebbe incenerita dall’enorme rilascio di calore latente di solidificazione. Q mLf dove il segno positivo vale per la fusione ed il negativo per la solidificazione. 23 Esercizi 10. Un laghetto alpino ha una superficie 0.785 km 2 , e d’inverno gela per uno strato profondo 25 cm . Quanta energia in forma di calore deve ricevere in primavera per ritornare liquido? [ ghiaccio 0.92 kg/m 3 ]. Supponendo che il ghiaccio del lago sia in equilibrio con l’acqua liquida sottostante, e cioè che entrambi abbiano la temperatura di 0C , per fonderlo completamente occorre che riceva il calore latente di fusione seguente: Q mgh Lf ghVgh Lf gh area spessore Lf Q mLf (0.92 kg/m 3 )(0.785 106 m2 )(25 102 m)(334 k J/ kg) 6.0 107 k J Come si può interpretare la curva che separa le fasi solida e liquida? Il tratto di curva che separa la fase solida dalla fase liquida rappresenta l’andamento della temperatura di fusione/solidificazione al variare delle pressione, oppure, se si preferisce, l’andamento della pressione alla quale la sostanza può coesistere sia nello stato solido che in quello liquido. Come si può osservare la sua pendenza è positiva e cioè al crescere della pressione cresce la temperatura alla quale avviene il processo di fusione/solidificazione. Questo si intuisce pensando alla pressione che dall’esterno si esercita sulle superfici di un liquido come un’azione aggiuntiva che tende ad aggregare le molecole sommandosi all’azione delle forze di coesione. Aumentando l’azione aggiuntiva della pressione, si alza il livello di agitazione che può essere sopportato senza disgregare il reticolo cristallino, e con esso la temperatura di fusione. P SOLIDO B LIQUIDO Come si può provocare la solidificazione per via meccanica? Solidificazione per compressione A Ptriplo Sublimazione AERIFORME Ttriplo T Se volessimo solidificare una sostanza agendo per via puramente meccanica, sarebbe sufficiente comprimerla ad una temperatura costante, percorrendo la linea che va da A in B nel diagramma di fase a lato. Immaginiamo, ad esempio, di schiacciare con un pistone qualche goccia di mercurio: stiamo contribuendo dall’esterno all’azione delle forze di coesione. Il risultato è quello di confinare le molecole nei siti del reticolo cristallino: in linea teorica questo è possibile anche fino a temperature arbitrariamente alte. Come si vede osservando la figura, il processo di fusione avviene solamente per quegli intervalli di temperatura e di pressione che permettono l’esistenza delle fase liquida. Qual è il significato dei valori di pressione e temperatura al punto triplo? Per ogni sostanza pura esiste un valore minimo di pressione, detta di punto triplo, al di sotto della quale, nel vuoto, non si può avere la fase liquida comunque si vari la temperatura: si tratta del valore assunto nel punto di incontro dei tre rami di transizione in figura. Analogamente, al di sotto del valore assunto dalla temperatura nel punto triplo non è possibile l’esistenza della fase liquida comunque si faccia variare la pressione. In tali condizioni non ha senso parlare di fusione: la sostanza passa direttamente dalla fase solida a quella di vapore e viceversa attraverso il processo detto di sublimazione nel primo verso e brinamento nel secondo. Nel caso dell’anidride carbonica, il cui punto triplo è P 5.16 105 Pa , T 217 K , il fenomeno della sublimazione a pressioni e temperature ambientali del cosiddetto “ghiaccio secco” è particolarmente vistoso. La sublimazione a pressioni atmosferiche si osserva anche nella canfora della naftalina, la quale 24 evapora scomparendo progressivamente dai guardaroba dove viene riposta per proteggere gli abiti. Sono ancora esempi di sublimazione: la scomparsa della neve dai tetti delle case, il dissolversi dei profumi solidi per ambienti, l’assottigliarsi progressivo del filamento di tungsteno dentro ai bulbi delle lampade ad incandescenza, che si deposita sulla superficie interna del bulbo di vetro sotto forma di uno strato annerito. Il fenomeno del brinamento può infine essere sperimentato osservando la formazione di piccoli cristalli di ghiaccio sull’erba e sui vetri nelle mattine molto fredde. L’acqua ha un comportamento anomalo nella fusione e solidificazione ? Se prendiamo un cubetto di ghiaccio e lo lasciamo cadere in un bicchiere d'acqua, nessuno di noi rimane stupito dal fatto che galleggi, eppure si tratta di una caratteristica quasi unica. Infatti, la grande maggioranza9 degli elementi diminuiscono di volume quando congelano in condizioni di pressione atmosferica, diventano cioè più densi. L'acqua stessa si comporta così se costretta a pressioni maggiori di duemila atmosfere, ma alla pressione atmosferica aumenta di volume solidificandosi, e quindi il ghiaccio, meno denso dell'acqua, galleggia. Se quindi riscaldiamo il ghiaccio da 0°C facendolo diventare acqua liquida a 4°C questa si contrae divenendo più densa. Nel diagramma di transizione significa che la linea di separazione solido/liquido ha una pendenza negativa. Infatti se con la fusione il volume tende a diminuire un aumento della pressione esterna agevola il passaggio da solido a liquido, pertanto la temperatura di fusione si abbassa al crescere di P . Il fenomeno è messo bene in evidenza dall’esperienza cosiddetta del rigelo, dove un blocco di ghiaccio, a temperatura inferiore a quella di fusione alla pressione atmosferica, è sottoposto all’azione di un filo teso. Sotto al filo la pressione è maggiore che negli altri punti, e se è sufficiente si assiste alla fusione del ghiaccio10. Quindi il filo attraversa il ghiaccio lasciandolo intatto perché sopra la pressione torna ad essere quella atmosferica e l’acqua gela nuovamente. E’ questo che contribuisce allo scivolamento alla lama dei pattini da ghiaccio: l’abbassamento della temperatura di fusione dovuto all’alta pressione che genera il nostro peso distribuito su una piccola superficie11. Analogamente per lo slittamento dei ghiacciai gli uni sugli altri, riconducibile all’elevata pressione che la loro massa origina alla base, né, in definitiva, noi stessi scivoleremmo così facilmente sulla neve. Esercizi 11. Si calcoli quanta energia un frigorifero deve sottrattarre a 0.500 kg di acqua inizialmente alla temperatura di 18.0C , per produrre del ghiaccio a 10.0C . LA CONTROFISICA La particolare disposizione di molecole tipica solo del cristallo di ghiaccio, che fa si che il numero di molecole prime vicine sia minore nel ghiaccio. Come per tutte le sostanze, raffreddando l’acqua diminuisce la distanza media fra le molecole (e quindi l’acqua tenderebbe a divenire più densa). Ma le posizioni che possono essere occupare sono ora solo quelle fissate dal reticolo cristallino del ghiaccio, la cui struttura unica fa in modo che siano in media meno di quante ne può avere vicine una molecola nell’acqua liquida: quattro nel ghiaccio contro le cinque o più della fase liquida. Questo secondo effetto domina rispetto al primo ed è il fattore che tende a diminuire la densità nella regione fra 0°C e 4°C e alla pressione atmosferica. densità dell'acqua temperatura 0° C 4° C IL RIGELO P B Q1 mca (t fin tin ) 0.500 4186 (0.0 18.0) J 0.38 105 J sopra al filo LIQUIDO Fusione per compressione SOLIDO Il processo si divide in tre passi successivi: (1) l’acqua viene raffreddata da 18C alla temperatura di fusione/congelamento di 0C ; (2) l’acqua viene trasformata in ghiaccio; (3) il ghiaccio viene raffreddato fino a 10C . Per raffreddare l’acqua sottrarle un’energia Q1 : sotto al filo A VAPORE T DIAGRAMMA DI FASE DELL’ACQUA per congelarla occorre che ceda un’energia Q2 : Si comportano come l’acqua: lo stagno, la ghisa, il bismuto e l’antimonio. L’esperimento viene bene se si usa un filo metallico, ma in questo caso un contributo non trascurabile è dato anche dal calore ceduto per la buona conducibilità termica del materiale. 11 Il contributo principale di riscaldamento è però dovuto all’attrito fra le lame ed il ghiaccio. 9 10 25 Q2 mLf 0.500 334 k J 1.67 105 J e sapendo che il calore specifico del ghiaccio è 2090 J/ kg°C , per raffreddarlo occorre sottrargli un’energia Q3 : Q3 mcg (t fin tin ) 0.500 2090 (10.0 0.0) J 0.10 105 J e quindi complessivamente: Q1 Q2 Q3 (0.38 105 1.67 105 0.10 105 ) J 2.15 105 J 12. Un pezzo di ottone ( c 380 J / kg K ) che si trova alla temperatura t1 190C viene immerso in una miscela di acqua e ghiaccio a 0C . Sapendo che la massa di ghiaccio inizialmente presente era 0.25 kg e che la temperatura di equilibrio termico raggiunta dopo l’inserimento dell’ottone è ancora 0C , si calcoli il massimo valore che può avere la massa dell’ottone. [R: 1.2 kg ] 13. Una sfera di rame ed una sfera di ferro, di pari massa m 0.150 kg , dopo essere state immerse per lungo tempo un acqua bollente, sono gettate in un lago ghiacciato a 0C . Quale delle due fa fondere più ghiaccio? Giustificare la risposta con il calcolo. [R: Allum 0.0400 kg, Bronzo 0.0163 kg ] 14. Se 150 g di ghiaccio a 25C vengono immersi in 500 g di acqua a 50C . Si dica se il ghiaccio fonde completamente, e quale sarà la temperatura di equilibrio raggiunta. [R: 19.4C ] Quali conseguenze ha la proprietà anomala della densità del ghiaccio? L’abbassarsi della temperatura di fusione dell’acqua al crescere della pressione è un’altra delle cosiddette proprietà antropiche dell’acqua, cioè indispensabile affinché la vita possa evolversi. Se l'acqua fosse come tutte le altre sostanze, il ghiaccio sarebbe più denso dell'acqua liquida e formandosi nei mari, nei laghi e negli oceani, affonderebbe. Ora, la pressione sui fondali, dove il ghiaccio si andrebbe raccogliendo, cresce con la profondità h, secondo la legge di Stevino P P0 gh , divenendo enormemente elevata. Ciò contribuirebbe ulteriormente a mantenere allo stato solido quest'acqua con le proprietà al contrario, ed ogni anno si formerebbe nuovo ghiaccio in superficie per poi affondare ancora. Il risultato, come si può immaginare, sarebbe un progressivo, inesorabile congelamento di tutta la massa d'acqua esistente sulla Terra. Accresciuto, per di più, dall’incremento dell’albedo del nostro pianeta, ovvero della frazione di luce solare che sarebbe riflessa senza riscaldarci, a causa della spessa coltre bianca che lo ricoprirebbe. Al contrario, lo strato di ghiaccio superficiale galleggiante, quando si forma, isola i laghi e gli oceani sottostanti, prevenendone il congelamento, e la grande pressione degli abissi mantiene liquida anche la freddissima acqua sui fondali. In tale modo essa è disponibile come indispensabile solvente per le creature che vi abitano, e la vita vi prolifera. La vita come la conosciamo è quindi possibile grazie alle peculiarità di una sostanza che per di più si manifestano solo in condizioni di pressione analoghe a quelle che si trovano sul nostro pianeta. 26 6. La conduzione del calore Quando le parti di uno stesso oggetto hanno differente temperatura, ha luogo un processo in cui si ha trasferimento di energia (cinetica, al livello delle particelle) senza che vi sia trasferimento di materia. A tale meccanismo si dà il nome di conduzione. T2 Quali sono i fattori che regolano l’efficienza della conduzione di calore? L’esperienza mostra che l’efficacia della conduzione dipende sia da caratteristiche geometriche, sia dalla natura delle sostanze. Schematizziamo la zona di contatto fra le parti che si trovano a differente temperatura, come una regione avente superficie A e spessore L . Chiameremo flusso di calore l’energia scambiata per calore nella zona di contatto ogni secondo che passa, e lo esprimeremo tramite il rapporto fra il calore Q transitato durante il tempo t , e la durata del tempo t stesso: Q / t . Si osserva che il flusso di calore: (1) è tanto maggiore quanto più estesa è A , e tanto minore quanto più grande è lo spessore L della regione: Q A t L (2) è tanto maggiore quanto più elevata è la differenza di temperatura T T2 T1 : Q T t (3) dipende dalle caratteristiche al livello dei legami chimici fra le molecole del materiale utilizzato. Ad esempio se teniamo in una mano l’estremità di una forchetta, mentre i rebbi si scaldano alla fiamma, percepiremo immediatamente il cambio di temperatura. Viceversa un mestolo di legno nella medesima condizione, potrebbe addirittura prendere fuoco all’altra estremità senza che noi rivelassimo alcuna nuova sensazione nel punto d’impugnatura. Il meccanismi estremamente complessi che regolano la dipendenza della conduzione di calore dai legami chimici vengono riassunti in un coefficiente di proporzionalità k , che viene detto conducibilità termica della sostanza. Si ottiene una relazione detta: Equazione di Fourier Q A k T t L la conduzione di calore è tanto più efficiente quanto maggiori sono la superficie attraversata e la differenza di temperatura, e tanto minore quanto più spesso è il mezzo. Quali sono le unità di misura della conducibilità termica ? Il coefficiente di conducibilità termica si misura in: Q J/s t k A m K L T W m K T1 A L dove ricordiamo che il flusso di energia ogni secondo J/s ha una propria unità, il SOSTANZA k [W/(m K)] Watt W . Per come è stato definito, quanto più k è grande, tanto più efficiente ACQUA 0, 60 risulta la conduzione. Come si vede dalla tabella esso è minore per legno, vetro, lana GHIACCIO 1, 60 ed aria, che quindi fungono da buoni isolatori di calore, mentre è assai elevato per i ARGENTO 417 metalli. In generale poi, il fenomeno della conduzione è efficace nei solidi, mentre RAME 395 risulta modesto nei liquidi e negli aeriformi. ALLUMINIO 217 VETRO 0,84 Perché i metalli danno sensazioni tattili di calore diverse da quelle dell’ambiente? LEGNO 0, 10 Le differenze nella conducibilità termica spiegano la varietà di sensazioni tattili che si registrano toccando materiali diversi che pure si trovano alla stessa temperatura. LANA 0, 040 (1) passeggiando a piedi nudi prima sul pavimento, e poi su di un tappeto, si ARIA 0, 0234 sperimenta un differente flusso di calore Q / t , che produce una sensazione di CEMENTO 1, 30 freddo quando la pelle è a contatto con le mattonelle, e di caldo se tocca la stoffa. E tutto questo avviene nonostante la temperatura del pavimento e del tappeto sia la stessa, come previsto dal principio dell’equilibrio termico. (2) una ringhiera metallica esposta al sole appare rovente al tatto se confrontata con un pavimento di legno nelle medesime condizioni. (3) due cubetti di ghiaccio posti, il primo su di una superficie metallica, il secondo su di una superficie di legno, entrambe alla stessa temperatura dell’ambiente, fondono con velocità sensibilmente differenti, e nel caso del contatto con il metallo il processo è assai più rapido. E’ possibile farsi un’idea di quanto accade negli esempi sopra riportati ragionando come segue. Il contatto con un oggetto a bassa conducibilità produce in esso una variazione di temperatura che rimane localizzata, non essendo efficiente la trasmissione dello stato di agitazione fra le molecole della sostanza. In breve tempo la differenza di temperatura fra i due oggetti che si toccano diminuisce, fino anche ad annullarsi, e questo rallenta e poi arresta il flusso di calore, come si vede ponendo T 0 nell’equazione di Fourier. Viceversa, il contatto con un materiale ad elevata conducibilità termica produce un trasferimento di energia per calore che viene immediatamente condiviso con tutto il resto dell’oggetto. Per conseguenza si ha solo una minima variazione della temperatura nella regione di contatto, ed il T delle due sostanze rimane praticamente immutato durante il processo. Ne segue che il flusso di calore Q / t continua a lungo con la stessa efficienza . Come funziona l’’isolamento tramite finestre con i vetri doppi? Ti Te In una finestra normale il maggior contributo all’isolamento dalla temperatura esterna non si deve al vetro, ma viene piuttosto da un sottile strato di aria immobile, localizzato immediatamente a ridosso del vetro stesso. Infatti, grazie alla sua bassa conducibilità termica, uno strato di un solo millimetro di aria permette lo stesso isolamento termico di un vetro circa quaranta volte più spesso (vale a dire almeno quattro centimetri). Se per assurdo volessimo ottenere lo stesso isolamento con un pannello di rame, ne dovremmo avere uno strato oltre sedicimila volte più spesso del millimetro di aria, e cioè più di sedici metri. L’isolamento dovuto all’aria localizzata sulle pareti esterne in genere perde efficacia se c’è circolazione in prossimità della finestra. Nella finestra doppia, invece, si sfrutta al meglio la bassa conducibilità termica dell’aria confinandone uno strato fra due pannelli di vetro in modo da potenziarne l’effetto isolante. 28 Esercizi 15. Il vetro di una finestra ha una superficie A 1.5 m 2 ed è spesso 5.0 mm , la temperatura esterna è Te 275 K ( 2.0 °C ), quella interna Ti 300 K ( 27 °C ). Si trovi il calore che fuoriesce attraverso la finestra in un’ora, e si ripeta il calcolo nell’ipotesi che vi sia uno strato di aria di 1.0 mm di spessore complessivo che rimane immobile a ridosso del vetro dalla parte interna. Ti Te Applicando l’equazione di Fourier, con t 3600 s , kvetro 0.84 W/(mK) abbiamo: A 1.5 Q k T t 0.84 300 275 3600 J 1.6 107 J L 0.0050 Per calcolare il flusso di calore nel secondo caso occorre la temperatura T* nel punto T* di contatto fra l’aria ed il vetro. Poiché il calore che passa attraverso lo stato d’aria ogni secondo deve essere lo stesso che poi attraversa il vetro, si può calcolare T* uguagliando i due flussi: Q A A kvetro T* 275 K karia 300 K T* t Lvetro Laria semplificando: kvetro karia T* 275 K 300 K T* 0.0050 m 0.0010 m kvetro T* 275 K 5karia 300 K T* T* (kvetro 5karia ) 300 K 5karia 275 K kvetro 300 5karia 275 kvetro 300 5 0.0234 275 0.84 T* K K 278 K kvetro 5karia 0.84 5 0.0234 Il valore trovato è molto più vicino a quello esterno dato che l’aria, avendo minore conducibilità, deve avere una più grande differenza di temperatura per poter sostenere lo stesso flusso di calore. Calcoliamo quindi il calore che attraversa la finestra in un’ora: A 1.5 Q karia 22 3600 J 2.7 106 J 300 K 278 K t 0.0234 Laria 0.001 Q kvetro A Lvetro 1.5 3 3600 J 2.7 106 J 278 K 275 K t 0.84 0.005 Come si vede il risultato precedente è del tutto irrealistico, in quanto trascurando il sottile strato di aria si sovrastima di quasi sei volte il flusso di calore. 16. Le pareti di un contenitore di polistirolo sono spesse 2.0 cm ed hanno area complessiva di 0.80 m 2 . Vi vengono introdotti dei cubetti di ghiaccio a 0.0 °C . Sapendo che il calore necessario alla fusione è 1.0 104 J si dica quanto tempo occorre per avere solo acqua liquida all’interno sapendo che la temperatura esterna è [R: 835 s ] 30 °C e che k polistirolo 0.01 W/(mK) . Perché alcuni tessuti tengono più caldo di altri? La trama dei tessuti, in particolare la lana, intrappola uno strato di aria che, grazie alla bassa conducibilità termica, impedisce il flusso di calore dal nostro corpo verso l’esterno. 29 2.0 cm Perché si sente più freddo quando tira vento , oppure se si viaggia in motorino? Quando non c’è vento il nostro corpo funziona un po’ come una stufa a 37 °C , riscaldando lo strato di aria che i nostri vestiti trattengono tutt’intorno. In questo modo la differenza di temperatura fra la pelle e l’aria fuori si riduce, e con essa il flusso di calore verso l’esterno, come previsto dalla dipendenza di Q / t da T nella legge di Fourier. Ma uno spostamento repentino di aria, dovuto al vento oppure al muoversi esposti come quando si è sul motorino, rimuove lo strato di aria riscaldato intorno a noi per sostituirlo con uno freddo. In conseguenza, la differenza di temperatura T fra la pelle e l’ambiente non diminuisce mai, perché non appena riscaldiamo un guscio di aria questo è immediatamente rimosso. Il flusso costante di calore Q / t produce così un rapido raffreddamento, che può diventare pericoloso quando già la temperatura è rigida di per sé.12 Secondo la legge di Fourier, conviene tenere sempre acceso il riscaldamento? Qualcuno sostiene che mantenere il riscaldamento acceso per l’intera notte è più economico che non spegnerlo e riaccenderlo la mattina. Il motivo sarebbe la grande capacità termica delle pareti e degli oggetti all’interno, i quali, raffreddatisi durante la notte, risucchierebbero la gran parte del calore per essere nuovamente riscaldati al mattino. A norma dell’equazione di Fourier si tratta di un ragionamento fallace. Una maggiore differenza di temperatura fra l’interno e l’esterno favorisce un più consistente flusso di calore, come si osserva dalla presenza del T al numeratore. Quindi è più facile mantenere stabile una temperatura un poco più bassa all’interno di un appartamento che non una elevata. In altri termini, più si tenta di riscaldare l’interno, più il calore cerca di fuggire attraverso le pareti. Quanto agli oggetti che devono nuovamente riscaldarsi, non si tratta certo di energia che viene dissipata, ma che anzi contribuisce ad innalzare la temperatura proprio per la presenza degli stessi oggetti che vengono riscaldati. Il fenomeno è noto in Canada come wind chill (raffreddamento da vento) e può causare l’abbassamento anche di diverse decine di gradi della temperatura percepita dalla pelle rispetto a quella reale, provocando, in casi estremi, la morte per ipotermia. 12 30 7. La convezione Perché un fluido caldo viene “sfrattato” dalle posizioni più in basso ? I modi in cui l’ energia può essere spostata per calore, cioè per effetto della sola differenza di temperatura, non si esauriscono con il meccanismo della conduzione, che come abbiamo visto è poco efficace nel caso dei fluidi. Il trasferimento energetico può anche avvenire perché le parti di un fluido a temperatura inferiore tendono ad occupare le posizioni più in basso a causa della maggiore densità. Il fluido più caldo che si trova in basso viene in un certo senso “sfrattato” e costretto a risalire dalla spinta di Archimede. Se ad esempio facciamo uso di una serpentina per riscaldare l’acqua a metà del recipiente qui a lato, soltanto i cubetti di ghiaccio nella parte alta fonderanno perché l’acqua fredda in superficie scende costringendo quella calda a risalire. Viceversa l’acqua fredda già sul fondo è intrappolata dalla sua maggiore densità ed i cubetti di ghiaccio che sono in basso non fondono mai, non essendovi alcun meccanismo efficace tramite il quale possa avvenire uno spostamento di calore verso quelle posizioni. In quale modo la convezione regola la direzione del vento in riva al mare ? L’acqua e la terra sono esposte alla stessa sorgente di calore per il medesimo tempo. Tuttavia la prima possiede un maggiore calore specifico e quindi raggiunge una temperatura meno elevata della seconda. Ne consegue che l’aria che si trova sopra alla terra è anch’essa più calda dell’aria che si trova sopra al mare. Pertanto l’aria che sta sopra al mare, più densa, la sfratta dalle sue posizioni costringendola a risalire per effetto della spinta di Archimede. Questo spostamento di aria dal mare alla terra produce la brezza di mare, che di giorno soffia sulle spiagge. La notte il mare si raffredda assai più lentamente sempre a causa dell’elevato calore specifico dell’acqua. Ora le parti sono invertita perché adesso è l’aria che sta sopra al mare ad essere più calda di quella che sta sopra alla terra. Quest’ultima, più densa perché più fredda, la sfratta dalle sue posizioni costringendola a risalire per il principio di Archimede. Il movimento d’aria che si viene a creare è diretto dunque dalla terra verso il mare e detto brezza di terra. In generale, al di là di questo semplice esempio, il fenomeno della convezione è alla base di tutte le correnti d’aria e delle correnti marine che si osservano sul pianeta. terra Aria calda mare giorno: brezza di mare terra mare Perché in montagna fa freddo? Si potrebbe erroneamente pensare che più si va in alto e più ci si avvicina al Sole, ed il risultato dovrebbe essere l’innalzamento della temperatura. Poi sappiamo anche che l’aria calda tende a salire per effetto della spinta di Archimede, a causa della maggiore leggerezza. E invece si osserva questo: ogni chilometro di salita verticale comporta un abbassamento della temperatura di 6.5°C, fino all’incirca verso i 10000 metri, e da quel punto in poi rimane costate a –48°C per 20 km, poi risale e poi riscende ancora. La distanza dalla nostra sorgente primaria di calore il Sole, è circa 150 milioni di chilometri, per cui il piccolo cambiamento di distanza da esso che si verifica salendo in cima ad una montagna è ininfluente. Noi siamo indirettamente riscaldati dalla superficie della Terra che a sua volta riceve calore dalla nostra stella. Quando ci allontaniamo dal suolo questo fondamentale apporto diminuisce perché Aria calda notte: brezza di terra calore diminuisce la terra intorno a noi. C’è un motivo secondario per cui in alta montagna fa freddo ed è legato al diminuire della pressione atmosferica. Il peso dell’aria grava sulle nostre teste in ragione di 10000 kg ogni metro quadro, non ne siamo schiacciati perché anche noi siamo alla stessa pressione all’interno, in equilibrio a quel valore. Ma salendo diminuisce la colonna d’aria e così anche la pressione. A motivo di questo l’aria in alta quota è rarefatta. Un gas che si espande si raffredda: pensiamo ad una bomboletta spray, al fornello da campo oppure espiriamo, prima a bocca aperta e poi soffiando (è un rudimentale frigorifero, ma il principio di quello vero è lo stesso, solo che usa il freon), così l’aria rarefatta è ad una temperatura decrescente con l’altezza. 8. L’irraggiamento del calore Che cosa si intende con il termine “onda”? y Ogni volta che avviene un fenomeno in cui si ha trasferimento di energia senza che vi sia stato trasferimento di materia si dice che si è propagata un’onda. Un esempio familiare di ciò sono le onde liquide. Gettando un sasso in uno stagno, il fatto che l’acqua non sia comprimibile fa osservare un cerchio di liquido che immediatamente si solleva tutt’intorno al punto d’ingresso. Quando questo ricade, oltrepassando verso il basso il pelo libero, lo stesso fenomeno fa si che si sollevi un cerchio più grande intorno al primo e così via. E’ facile rendersi conto che mentre l’onda si propaga, non si ha reale trasferimento di materia da un cerchio al successivo. Osservando un tappo di sughero a galla nello stagno si nota infatti che questo non viene trascinato lungo il pelo dell’acqua ma oscilla intorno alla sua posizione iniziale. Quali altri esempi di onde si possono fare? Una lamina vibrante con regolarità produce un’onda lungo una corda tesa, ed in questo esempio è evidente che a trasferirsi non sono le porzioni di corda ma lo stato di moto. Il fenomeno dei terremoti è ondoso: fra punti anche molto distanti si trasmettono le vibrazioni della crosta terrestre in assenza di qualsiasi trasferimento materiale. E’ un’onda il suono: la corda di un violino che vibra produce successive rarefazioni e compressioni dell’aria che si trasmettono fino a far vibrare la membrana del nostro timpano. Per evidenziarne la natura ondosa è utile confrontare questa propagazione dello stato di moto nell’aria, con il vento, dove invece si ha un reale trasferimento di materia da un punto all’altro. E’ un’onda anche il trasferimento di energia per conduzione calorica. Qui le vibrazioni degli atomi di un corpo attorno ai loro siti di equilibrio, vengono trasmesse agli atomi di un corpo adiacente attraverso la superficie di separazione. E’ chiaro che ciascuna delle due sostanze mantiene la propria individualità e che gli atomi non passano dall’una all’altra, ma si scambiano solo energia cinetica. L’onda ha sempre bisogno di un mezzo di supporto dove propagarsi? Negli esempi sopra, l’acqua, l’aria, il terreno, gli oggetti sono il supporto dove l’onda si propaga, la sostanza le cui parti vibrano trasmettendosi lo stato di moto. Il mezzo 32 riveste un ruolo fondamentale per l’onda, in particolare perché ne determina la velocità. Esiste tuttavia una classe di onde, alle quali si dà il nome di onde elettromagnetiche (OEM), che si propagano nel vuoto. A partire dagli anni trenta del Novecento, lo sviluppo di una branca della fisica nota come meccanica quantistica è giunto sino a concludere che lo spazio vuoto non è semplicemente il “teatro” nel quale avvengono i fenomeni, ma che si tratta piuttosto di qualcosa di simile ad una sostanza, con sue proprietà fisiche, che viene detta vuoto quantistico. Quando mettiamo in oscillazione un particella dotata di carica elettrica, come un elettrone od un protone, si producono increspature nel vuoto quantistico, analogamente a come s’increspa il pelo dell’acqua quando v’immergiamo e risolleviamo un dito. Onde elettromagnetiche è il nome che si dà a queste oscillazioni del vuoto quantistico. Quali tipi di onde elettromagnetiche esistono? Se scattiamo una foto dell’onda ad un dato istante, otteniamo un profilo composto di creste e gole. La distanza fra due creste successive caratterizza l’onda e viene detta lunghezza d’onda . La lunghezza d’onda delle OEM varia enormemente, passando dai miliardesimi di millimetro dei raggi gamma, fino anche ai chilometri per le onde radio molto lunghe. Quando però la lunghezza d’onda si trova ad avere valori che attivano il meccanismo della visione umana, si definisce luce visibile. Usando il millesimo di millimetro (o micron μ ) come unità di misura è: 0.39μ visibile 0.78μ Teniamo presente che si tratta tuttavia di confini non molto netti, dipendenti sia dal soggetto che dall’intensità dell’OEM. La differente lunghezza d’onda ne caratterizza i colori: si ha, ad esempio, blu 0.45μ , giallo 0.56μ , rosso 0.65μ e così via. Per avere un’idea concreta dell’ordine di grandezza coinvolto, si consideri che lo spessore medio di un capello è di 20μ : potrebbero entrarci dentro una quarantina di lunghezze d’onda della luce gialla13. Esiste un legame fra le onde elettromagnetiche e la temperatura dei corpi? La temperatura produce un perenne stato di agitazione delle particelle cariche che costituiscono la materia, gli elettroni ed i nuclei atomici. Questo continuo movimento di carica ha caratteristiche tali da emettere OEM con lunghezze d’onda immediatamente più grandi di quelle ottiche: 0.80μ 1mm Si tratta di una sorta di “luce invisibile” a cui si dà il nome di radiazione infrarossa. I nostri occhi non sono sensibili alla radiazione infrarossa, ma la percepiamo ugualmente attraverso gli effetti di riscaldamento che essa produce, come quando siamo in prossimità di una stufa o di un’altra persona. Qualsiasi temperatura permette ai corpi di irraggiare infrarosso, ma quando si supera la soglia dei 600 °C viene prodotta anche luce visibile, prima nelle lunghezza d’onda maggiori, quelle rosse, alle quali si aggiungono le più corte, di colore giallo e poi blu, man mano che Viceversa un atomo ha un diametro dell’ordine di un decimillesimo di micron, quindi molto più piccolo della lunghezza d’onda della luce, e non può pertanto essere “visto” nel senso in cui intendiamo normalmente. Si noti anche che per arrivare al diametro di un capello occorre allineare duecentomila atomi. 13 33 cresta gola la temperatura cresce. Il plasma di paraffina della fiamma di una candela si trova ad una temperatura intorno ai 700 °C , come testimonia la sua luce blu vicino allo stoppino, dove è più calda, che si fa rossastra all’esterno, dove è più fredda. Un oggetto che si trova ad una temperatura di 3000 °C emette, oltre all’infrarosso, luce visibile di tutti i colori, la cui sovrapposizione produce bianco. Una normale lampadina ad incandescenza non raggiunge il calor bianco, la sua luce vagamente rossastra è emessa da un filamento di tungsteno riscaldato fino a circa 2500 °C . radianza spettrale [W/m μ] 2 Come è distribuita fra le lunghezze d’onda l’energia emessa? energia irraggiata fra 1 e 2 per m e per s 0.80μ max 1 2 2μ 2 L’energia viene distribuita in modo diseguale su tutte le lunghezza d’onda 0.80μ 1mm . Per la gran parte è emessa attorno ad un valore massimo che si sposta sempre più dall’infrarosso al visibile al crescere della temperatura, distribuita secondo un istogramma a campana come in figura. Il diagramma va letto intendendo che l’area racchiusa in una fetta verticale fra 1 e 2 corrisponde all’energia irraggiata (per ogni secondo e su ogni metro quadro) in quell’intervallo di lunghezze d’onda. Ne segue che l’intera area fra la curva e l’asse delle ascisse rappresenta il totale dell’irraggiamento. Ci sono altri fattori ad influenzare l’irraggiamento, oltre alla temperatura? L’opacità della superficie è un fattore determinante. A parità di temperatura, area e tempo, irraggia molto più una superficie scura ed opaca, come un mantello di asfalto, rispetto ad una chiara e lucida come quella di una rivestimento in alluminio. Si osserva inoltre che la capacità di assorbire calore irraggiato è uguale a quella di emetterlo. Così, a parità di fattori, un rivestimento nero si riscalda più di uno bianco vista la maggiore capacità di assorbire le OEM infrarosse e visibili che vi incidono. Quali caratteristiche ha un corpo con la massima capacità di irraggiamento? Si tratta di un corpo ideale capace di assorbire tutta l’energia che riceve in forma di irraggiamento, in quanto al massimo assorbimento corrisponde, come si è visto, anche massima emissività. Un tale corpo prende il nome di corpo nero (CN), ma è bene precisare che tale denominazione non ha a che fare con il suo colore. Esso apparirà nero a bassa temperatura, quando non emette, visto che tutta la radiazione che vi incide viene assorbita, e non riflette nulla. Ma non appena lo si riscalda diverrà molto brillante dato che emette la massima quantità di radiazione visibile (ed infrarossa) compatibile col suo stato. Il nostro Sole è un esempio di corpo nero. Per realizzare un CN nella pratica si può utilizzare la bocca di una cavità (una grotta, un forno ecc.). Un’apertura in un contenitore cavo infatti intrappola qualsiasi radiazione vi entri, facendola riflettere sulle pareti interne in modo che sia assai improbabile che essa ritrovi la via d’uscita. In base a quanto detto, se la cavità viene riscaldata, appare molto più luminosa di qualsiasi altro oggetto alla stessa temperatura. Quali leggi regolano la potenza emessa da un corpo nero? L’energia emessa per unità di tempo (potenza) è espressa dalla seguente legge di Stefan- Boltzman: Legge di Stefan – Boltzmann la potenza Pe emessa da un corpo nero è proporzionale alla sua superficie A ed alla qurata potenza della sua temperatura in Kelvin: 34 Pe Q AT 4 t La lettera greca sigma minuscolo rappresenta la cosiddetta costante di Stefan – Boltzmann: 5.67 108 W/m 2 K 4 . La quantità H T 4 è detta potere emissivo, e costituisce la potenza emessa per metro quadro dal CN. Graficamente H è espresso dall’area complessivamente sottesa dalla curva a campana della radianza spettrale. La presenza della temperatura alla quarta potenza fa si che il potere emissivo cresca moltissimo al crescere di T , come si vede dalle curve a campana in figura. radianza spettrale [W/m2µ] 107 5500 K 106 105 104 103 2 10 5000 K 4500 K 4000 K 3500 K 0.5μ (ottico) 0.9μ (infrarosso) Il valore della lunghezza d’onda alla quale si ha la massima emissione è regolato dalla legge dello spostamento di Wien: Legge dello spostamento di Wien maxT 2.90 103 m K la lunghezza d’onda di massima emissione per un corpo nero è inversamente proporzionale alla sua temperatura in Kelvin. A quale delle curve corrisponde la radianza spettrale del Sole? Il Sole ha una temperatura superficiale14 di 6000 K : per appoggiare le idee si può fare riferimento alla curva rossa nella figura. Tramite la legge di Wien si ricava la lunghezza d’onda del massimo: max 0.54μ , corrispondente ed un colore gialloverde. Si chiama invece costante solare l’energia irraggiata dal Sole su ogni metro quadro di superficie perpendicolare ai raggi. Si misura che sul bordo esterno dell’atmosfera giungano su ogni metro quadro 1353 J ogni secondo, in modo che la costante solare vale 1353 W/m 2 . Circa il 15% di questa energia viene assorbito Non ci si confonda con la temperatura del nucleo centrale del Sole, che invece supera i quindici milioni di gradi. 14 35 dall’atmosfera ed una maggiore frazione dalle eventuali nuvole. Utilizzeremo come valore indicativo della potenza che giunge al suolo 1000 W/m 2 . Le celle fotovoltaiche economiche convertono in energia utilizzabile solo il 15% di quella incidente, quelle costose il 30% . Nel peggiore dei casi possiamo quindi estrarre 150 W da ogni metro quadro di terreno colpito dai raggi solari. Il che significa che per ottenere lo stesso risultato di un grande impianto nucleare da un Gigawatt ( 1GW 109 W , un miliardo di Watt) occorrono: A 109 2 m 6.7 106 m2 6.7 km2 150 cioè un quadrato di lato 2.6 km , non molto differente, quindi, dall’ingombro di una centrale nucleare. Esercizi 17. Sapendo che la potenza mediamente dissipata dall’Italia è 41 GW si calcoli quanta superficie occorrerebbe per soddisfare il fabbisogno energetico del nostro paese con il fotovoltaico. [R: in fondo] 18. Sapendo che la temperatura della pelle del corpo umano è un poco più fredda di quella del corpo, circa 29 °C ,e che valgano le leggi del CN, si stimi la lunghezza d’onda del nostro massimo di emissione per irraggiamento. [R: 8.6 μ ] 19. Assumendo che l’asfalto dell’autostrada si possa approssimare come un corpo nero, si stimi quale temperatura di equilibrio raggiunge in una giornata di Sole. Trascurare ogni scambio di calore con il terreno per conduzione e con l’atmosfera per convezione . [R: 91 °C ] 20. Stimare la distanza del Sole dal valore della costante solare 1353 W/m2 , dalla sua temperatura superficiale T 6000 K e sapendo che il suo raggio è circa [R: in fondo] 700000 km . Cosa possiamo dire dell’energia che il CN assorbe sotto forma di radiazione? Immaginiamo un CN, racchiuso in una cavità, che sia alla stessa temperatura delle pareti. L’esperienza mostra che esso si trova in equilibrio termico, vale a dire che non si riscalda né si raffredda. Questo comporta che ogni secondo, per ogni intervallo di lunghezza d’onda, deve assorbire dalle pareti della cavità la stessa energia che esso stesso emette sotto forma di OEM. Sappiamo che la radiazione che la cavità emette al suo interno ha una distribuzione per lunghezza d’onda tipica del CN, caratterizzata dall’ andamento a campana già visto. Concludiamo che il anche potere il assorbente di un CN circondato da sorgenti di calore a temperatura Ts si può scrivere: potenza assorbita da un corpo nero Pa ATs4 In questo caso la temperatura che figura è quella delle pareti della cavità. L’esperimento del CN nella cavità mostra che un buon emettitore dev’essere anche un buon assorbitore, e viceversa. 36 Qual è la potenza emessa ed assorbita per irraggiamento da un corpo reale? Un corpo che non sia un CN ideale e che si trovi a temperatura T emette solo una frazione dell’energia che emetterebbe un CN nella medesime condizioni. Indicando con la lettera e tale frazione, a cui viene dato il nome di coefficiente di emissione, possiamo così esprimere la potenza emessa dal corpo reale: Pe eAT 4 Con ragionamenti analoghi a quelli del CN nella cavità si arriva concludere che la potenza assorbita dal corpo reale circondato da sorgenti di calore a temperatura Ts si scrive: Pa eATs4 in questo caso il coefficiente e viene detto coefficiente di assorbimento, ma il suo valore è identico a quello di emissione, come si evince da ragionamenti sull’equilibrio termico analoghi a quelli sopra sviluppati riguardo ad un CN in una cavità. Come si esprime la potenza totale scambiata irraggiando da un corpo reale? Un corpo che non sia un CN ideale e che si trovi a temperatura T , circondato da sorgenti di calore a temperatura Ts , scambia complessivamente con queste, per irraggiamento, una potenza espressa dalla differenza fra quella emessa quella ricevuta, espressa dalla15: Legge di Kirchhoff Ptot Pe Pa eA T 4 Ts4 Se esponiamo un oggetto alla radiazione di una sorgente che si trova a temperatura superiore (ad esempio lasciamo un termometro al sole), l’oggetto inizialmente assorbe più radiazione di quanta ne emette e così facendo sale la sua temperatura. Con il crescere della temperatura sale anche la radiazione da lui emessa, finché non raggiunge una temperatura alla quale emette tanto quano riceve, ponendosi in una situazione di equilibrio termico. 21. Sapendo che la temperatura della pelle del corpo umano è un poco più fredda di quella del corpo, circa 29 °C , che il coefficiente di emissione della pelle sia e 0.9 , stimare la potenza scambiate per irraggiamento dalla nostra testa quando fuori la temperatura è 20 °C , e calcolare il calore uscito in un’ora. Assumiamo che la testa abbia la forma di una semisfera il cui diametro sia 0.10 m . Trattandola come un corpo reale, con coefficiente di emissione e 0.9 , possiamo applicare legge di Kirchhoff. Dobbiamo prima trasformare le temperature in valori assoluti: 29 °C (273 29) K 302 K ; 20 °C (273 20) K 253 K Ptot eA T 4 Ts4 0.9 5.67 108 12 4 0.102 3024 2534 W 15 Anche le leggi della sola emissione o del solo assorbimento sono dette leggi di Kirchhoff. 37 (0.9 5.67 108 6.28 102 4.22 109 ) W (0.9 5.67 6.28 4.22 10829 ) W (135 101 ) W 13.5 W Per il calore uscito in un’ora cioè 3600 s abbiamo: Q P t (13.5 3600) J 4.86 10 4 J . 22. Una lampadina ad incandescenza da 60 W viene tipicamente realizzata con un filamento di tungsteno lungo L 0.533 m e diametro d 4.57 105 m . Sapendo che etungsteno 0.32 stimare la temperatura del filamento. [R: 2.6 103 K ] Perché i termosifoni vengono dipinti di bianco e le stufe di nero? Il termosifone riscalda l’ambiente attraverso un meccanismo detto convezione . L’aria circostante, si riscalda a contatto della grande superficie esposta grazie all’alettatura, e poi circola salendo per la spinta di Archimede. Alcuni sostengono che il bianco dei termosifoni serva a massimizzare il meccanismo di cessione di calore a contatto, perché al bianco corrisponde un piccolo coefficiente di emissione e quindi un minimo dello scambio di calore per irraggiamento16. Il contrario sarebbe per le stufe, che devono invece scaldare irraggiando e quindi sono nere. Tuttavia per osservare la variabilità del coefficiente di emissione con il colore bisogna andare a lunghezze d’onda maggiori di quelle dell’infrarosso: ad esempio nelle microonde ( 1mm 10 cm ) si ha ebianco 0.20 , enero 0.90 . Negli infrarossi invece la differenza è minima: materiali bianchi come lo smalto, il gesso, la carta, porcellana e marmo hanno tutti 0.87 e 0.91 , ed un simile intervallo di valori si misura per ferro ed acciaio. Quindi il colore bianco del termosifone ha solo un effetto decorativo, così come il nero delle stufe, degli interni dei camini e dei tubi ha lo scopo di nascondere la fuliggine. Perché i dispositivi sensibili agli infrarossi devono essere raffreddati? Se un binocolo od una telecamera che si propongono di rivelare le radiazioni infrarosse, hanno una temperatura confrontabile con quella dell’ambiente di cui vuole osservare l’emissioni infrarossa, le sue stesse emissioni infrarosse copriranno ogni altro segnale, impedendo così il suo funzionamento. Il miglior emettitore concepibile, il CN, è anche il miglior assorbitore, cioè ha il minimo potere riflettente. Basso potere riflettente significa che se illuminato, appare nero. Sono tanto più lontano da questa situazione quanto più è alto il potere di riflettere la luce, cioè quanto più l’oggetto è bianco. Ma si faccia attenzione perché se arroventassimo il termosifone oltre la soglia del calor bianco, (che come detto sono circa 3000 °C ), il colore nero garantirebbe una luminosità maggiore del colore bianco. 16 38 Soluzioni 2. Nella formula per la conversione, imponendo t tF tC si trova: t t 32 160 9t 5t 160 t °C 40 °C 40 °F 100 180 4 3. Trasformiamo dati in unità del sistema internazionale: TE (273 25) K 298 K ; Tt (273 200) K 473 K ; mA 0.450 kg Il calore acquistato dall’acqua è: QA m AcA (TE TA ) 2.00kg 4186 J kg K (298 291)K 5.86 104 J 14.0 kcal Per applicare la stessa formula nel caso della teglia dovremmo conoscere il calore specifico del metallo della teglia, che è invece una delle richieste del testo. Tuttavia in assenza di altre dissipazioni il calore che entra nell’acqua non può che essere quello che esce dalla teglia cambiato di segno, a significare che si tratta ora di calore uscente, e cioè: QA QT 0 QT QA 5.86 104 J Che si può scrivere in funzione del calore specifico c del metallo: QT cmT (TE TT ) 0.45 (298 473) c 78.75 c Confrontando col valore trovato in precedenza si ha : 5.86 104 J J c 7.44 102 78.75 kg K kg K 4. La temperatura di equilibrio è 100C , visto che una sorgente di calore esterna provvede a mantenere l’acqua in ebolliazione. Dalla tabella risulta calluminio 215 cal/kg°C , cottone 92 cal/kg°C quindi per innalzare di un grado la temperatura dell’alluminio occorre più energia che per l’ottone: è l’alluminio ad assorbire più calore per portarsi a 100C . Il rapporto fra le energie assorbite vale: m call (100C t ) 215 cal/kg°C Qall 2.3 Qott 92 cal/kg°C m cott (100C t ) Affinché assorbano lo stesso calore questo rapporto dev’essere 1 , quindi: mall call (100C t ) c 1 mott mall all 2.3mall 0.437 kg cott mottcott (100C t ) 5. Calcoliamo la temperatura di equilibrio a partire da quella iniziale dell’ottone. Dalla tabella risulta cottone 385 J/ kg K , ed imponendo che dall’ottone siano usciti 1200 J (cioè un valore negativo per il calore scambiato), si ha: 1200 J cott mA (TE TA ) (385 J/ kg K)(0.350 kg)(TE 50C) 1200 TE 50 C 41C 385 0.350 Imponendo che nel ferro siano entrati 1200 J possiamo ora calcolare la sua temperatura iniziale TB . Dalla tabella risulta c ferro 448 J/ kg K : 1200 J c ferromB (TE TB ) (448 J/ kg K)(0.560 kg)(41C TB ) 1200 TB 41 C 36C 448 0.560 7. Trasformiamo i dati in unità del Sistema Internazionale: Vlatte 10.0 cl 0.100 l 0.100 dm 3 1.00 104 m 3 Vcaffé 5.0 cl 0.050 l 0.050 dm 3 0.50 104 m 3 e quindi calcoliamo la massa del latte e quella del caffè: mlatte latteVlatte 1.00 103 1.00 104 kg 0.100 kg mcaffé cafféVcaffé 1.00 103 0.50 104 kg 0.050 kg L’equazione risolvente il problema è quella che ci dice che in assenza di dispersioni il calore non è scomparso, ma uscendo dal caffè è entrato nel latte e nella tazza: Qcaffè Qlatte Qtazza 0 Calcoliamo ricordando che un valore negativo indica calore uscente: Qca ccam ca (TE 90 C) [1.00 0.050 (40 90)] kcal 2.5 kcal Qla clam la (TE 4C) [1.00 0.100 (40 4)] kcal 0.36 kcal Le temperature sono rimaste in gradi centigradi e non sono state portate in Kelvin perché in tutti i problemi in cui si ha a che fare solo con differenze di temperatura, come in questo caso, la trasformazione in Kelvin è inutile in quanto le differenze non cambiano. Per il calore specifico dell’acqua si è usato il valore in chilocalorie ( 1.00 kcal/kg°C ) e quindi le energia trasferite sono in kilocalorie, ma si sarebbe potuto ugualmente usare il valore in chiloJoule ( 4.186 kJ/kgC ) ottenendo le energie trasferite in kJoule. Indicando con C tazza la capacità termica della tazza da calcolare, si ha: Qta C ta (TE 12C) C ta (40C 12C) 28 C ta Notare che per un oggetto generico conviene usare C anziché il calore specifico c , preferibile invece in quei casi in cui è noto il tipo di materiale. Eguagliando a zero la somma dei tre calori si ha: 2.5 kcal 0.36 kcal 28 C tazza 0 2.5 0.36 C ta kcal/°C 0.076 kcal/°C 76 cal/°C 76 cal/K 28 8. L’energia dissipata è la differenza fra quella assorbita e quella utile. In mezz’ora, cioè 1800 s il motore consuma un’energia pari a: P t 250 W 1800 s 4.50 105 J e la frazione di essa che si dissipa è 100% 60% 40% cioè: 35 1.35 105 4.50 105 J 1.35 105 J cal 32.3 kcal 100 4.186 9. L’equazione dell’equilibrio termico si scrive: Qcalda Qfredda Qcalorimetro 0 L’energia ceduta dall’acqua calda è: Qcalda mcca t 0.200 1000 (44.4 70.0) cal 5.12 kcal l’energia assorbita dall’acqua fredda è: Qfredda mcca t 0.200 1000 (44.4 20.0) cal 4.88 kcal La differenza fra questi due valori è stata assorbita dal calorimetro: Qcalorimetro Qcalda Qfredda (5.12 4.88) kcal 0.24 kcal 40 Una massa d’acqua m* capace di assorbire la stessa energia tramite calore è: m*ca (44.4C 20.0C) 0.24 kcal (44.4 20.0) 0.24 m* kg 5.86 103 kg 5.86 g 1000 12. I dati del problema non ci dicono se tutto il ghiaccio presente si sia sciolto: essendo la temperatura finale ancora zero gradi potrebbe esserne rimasto. In ogni caso il massimo valore della massa dell’ottone è quello per cui tutto il ghiaccio presente si scioglie. Calcoliamo dunque il calore che occorre per fondere 0.25 kg di ghiaccio: Qghi mghi Lf (0.25 334) k J 84 k J ed imponiamo che questo sia il calore ceduto dall’ottone per portarsi a 0C , cioè : Qott Qghi 84 k J 84 k J mottcott (te tin ) mott (380 k J/ C)(0C 190C) 84 103 kg 1.2 kg 190 380 pertanto la massa del blocco di ottone è senz’altro più piccola di 1.2 kg mott 13. Essendo considerevole la massa di ghiaccio la temperatura finale di equilibrio sarà ancora quella di una miscela acqua e ghiacco a 0C , mentre quella iniziale dei metalli è 100C . Dalla tabella si vede che il calore specifico dell’allumino ( calluminio 900 J/ kg K ) è maggiore di quello del bronzo ( cbronzo 364 J/ kg K ), e quindi all’alluminio dovrà essere sottratta molta più energia per portarlo a 0C , con la conseguente fusione di un maggior quantitativo di ghiaccio. Q1 mcalluminio (t fin tin ) [0.150 900 (0 100)] J 1.35 104 J a cui corrisponde la fusione di una massa di ghiaccio m1 tale che: 1.35 104 kg 0.0400 kg 334 103 per raffreddare il bronzo occorre sottrargli un’energia Q2 : Q1 1.35 104 J m1Lf m1 Q2 mcbronzo (t fin tin ) [0.150 364 (0 100)] J 0.546 104 J a cui corrisponde la fusione di una massa di ghiaccio m2 tale che: Q2 0.546 104 J m1Lf m2 0.546 104 kg 0.0163 kg 334 103 14. Per risolvere il problema dobbiamo capire se il ghiaccio fonde completamente oppure no. A questo scopo occorre calcolare quanta energia andrebbe fornita per la fusione totale del ghiaccio Per portare il ghiaccio a 0 C , leggendo in tabella cg 499 cal/(kg°C) , occorrono: Q1 mg cg [0C (5C)] (0.150 499 5) kcal 374 cal per fondere completamente il ghiaccio, essendo Lf 79.7 kcal/kg : Q2 mg Lf (0.150 797) kcal 12.0 kcal 1.20 104 cal e quindi in totale servono: Q1 Q2 (374 1.20 10 4 ) cal (0.0374 104 1.20 10 4 ) cal 1.24 104 cal 41 Si tratta di capire cosa accade all’acqua quando le vengono sottratta queste calorie, cioè se ce la fa a cedere 1.24 104 cal e rimanere sopra alla temperatura di congelamento. Qa 1.24 104 cal maca [t f 50C)] 0.500 kg 1000cal/kg°C (50C t f ) 1.24 104 C 25.2C 0.500 1000 Quindi il ghiaccio fonde completamente e da qual momento è come se avessimo due quantitativi di acqua, il primo di m1 150 g a t1 0 C ed il secondo di t f 50C m2 500 g a t2 25.2C . Scrivendo l’equazione dell’equilibrio termico abbiamo la temperatura di equilibrio finale: ca m1 (tE t1 ) ca m2 (tE t2 ) 0 (0.150kg)tE (0.500kg)(tE 25.2C) 0 25.2 0.500 tE C 19.4C 0.150 0.500 16. Durante la fusione la temperatura del ghiaccio rimane costantemente a 0 °C , quindi risulta: Q A 0.020 k T 0.01 (30 0) J /s 12 J /s t L 0.80 t Q 1.0 104 J 835 s 14 min 12J /s 12J /s 17. Se la potenza mediamente dissipata dall’Italia è 41 GW , calcolando di poter estrarre anche solo 150 W da ogni metro quadrato si ha: 41 109 m2 273 106 m2 273 km 2 150 cioè basterebbe un quadrato di lato 16.5 km . Chiaramente questo conto prescinde dal fatto che il solare fotovoltaico non è disponibile la notte. In ogni caso si capisce da questo semplice conto che non sono limitazioni di spazio a scoraggiare l’utilizzo dell’energia solare. 18. Una stima si ottiene assumendo che la pelle sia un corpo nero. Applicando la legge di Wien: 2.90 103 2.90 103 max μ μ 8.6 μ T 29 273 Si tratta quindi di radiazione infrarossa. Infatti il calore di una persona è ben percepibile quando siamo in sua prossimità. 19. Un corpo raggiunge l’equilibrio termico quando il calore che entra ogni secondo è uguale a quello che esce ogni secondo. Se l’unico scambio è l’irraggiamento, l’equilibrio si ha quando il tasso di radiazione uscente dall’asfalto per unità di P superficie e T 4 è uguale alla costante solare: A T 4 1000 W/m 2 T 4 103 W/m 2 5.67 108 W/m 2 364 K 91 °C 42 Questa stima può essere resa migliore includendo la radiazione per effetto serra e lo scambio calorico col terreno, per conduzione, e con l’aria per convezione. 20. Dalla legge di Stefan-Boltzmann si trova il potere emissivo, cioè: H T 4 (5.68 108 )(60004 ) W/m2 7.4 107 W/m2 emissione ogni s da ogni m 2 sulla superficie solare. Questa potenza è distribuita su di una sfera con raggio pari a quello solare R sulla sua superficie e con raggio pari alla distanza Terra Sole al bordo della nostra atmosfera. I due valori debbono essere uguali: 4 R 2H 4 d 2 (1353 W/m 2 ) d R2 H 1.6 1011 m 2 1353 W/m circa 160 milioni di chilometri (il valore vero è più vicino a 149 milioni di chilometri). 22. Calcoliamo l’area del filamento con la formula per la superficie laterale di un cilindro: 2 d (4.57 103 )2 A L 3.14 0.533 m 2 7.65 105 m2 2 4 La potenza irraggiata si può calcolare con la legge di Kirchhoff per l’emissione di un corpo reale ed uguagliare a 60 W in modo da ottenere la temperatura: Pe eAT 4 60 W T 4 e A Pe 4 0.32 5.67 108 7.65 105 K 2.6 103 K 60 Si tratta in realtà di una sottostima, perchè il filamento presenta avvolgimenti e quindi l’energia irraggiata da alcune sue parti del va a riscaldare altre parti di esso anziché l’esterno, con in risultato di innalzarne ulteriormente la temperatura. 43