Magistrale Crisi ariana - lettere.uniroma1.it

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Parte Seconda
LA CRISI ARIANA
DALL'INIZIO
AL CONCILIO DI NICEA (325)
In data non precisabile intorno al 320 il prete Ario, membro
influente del clero di Alessandria, cominciò a diffondere delle
idee su Cristo che provocarono subito forti reazioni. Accusato
presso il vescovo Alessandro, Ario non modificò le sue posizioni
e fu perciò condannato e deposto dal suo ufficio insieme con
alcuni seguaci. Tuttavia trovò larghi appoggi in membri anche
influenti dell'episcopato orientale, così che la controversia, lungi
dallo spegnersi, si diffuse ben presto in gran parte dell'oriente.
Ebbe inizio la crisi ariana, che si protrasse per buona parte del
IV secolo, coinvolse tutto l'oriente e poi anche l'occidente, polarizzò attorno a sé gl'ingegni più validi della cristianità del tempo e contribuì in modo decisivo alla definitiva formulazione del
dogma trinitario.
Per ambientare la controversia, si ricordi che da circa un secolo e mezzo si discuteva, soprattutto in oriente, sulla natura di
Cristo e sul suo rapporto con Dio Padre. I cosiddetti teologi del
Logos, dei quali abbiamo già conosciuto Eusebio, consideravano
il Padre e il Figlio come due entità divine sussistenti (ipostasi,
bypostaseisi, la seconda originata dalla prima e a lui subordinata,
e assicuravano l'unione dei due sul piano dinamico dell'unità di
volere e agire. Questa concezione appariva «diteista» a tanti
preoccupati di salvaguardare più adeguatamente l'unità di Dio.
Alcuni di costoro, i monarchiani, tendevano a considerare il Logos divino come non sussistente, ma come una dynamis, una facoltà operativa del Padre, che solo prendendo corpo nell'uomo
Gesù aveva acquistato sussistenza individuale. Contro costoro
polemizzava Ario e contro chi gli sembrava profilare il rapporto
di generazione fra il Padre e il Figlio in modo eccessivamente
materialista. Egli veniva a rappresentare, nell'ambito della tradi-
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PARTE SECONDA
zione di Origene, l'ala più radicale: per affermare decisamente
l'individualità sussistente del Figlio, ne faceva una creatura del
Padre, anche se di condizione unica e privilegiata, e lo considerava in definitiva come un dio minore, non partecipe né dell'onore né della natura del Padre, unico vero Dio. Alessandro rappresentava un origenismo moderato che, pur subordinando il Figlio al Padre, non lo staccava da lui in modo così reciso: pur
essendo lontano dalle dottrine monarchiane, dopo lunga meditazione, fu costretto a prendere posizione contro Ario e lo fece
condannare da un concilio di vescovi d'Egitto e di Libia, insieme
con alcuni seguaci.
Ma la sua dottrina radicale Ario, almeno in parte, l'aveva
assimilata alla scuola del prete antiocheno Luciano, presso il quale avevano studiato vari esponenti qualificati dell'episcopato
orientale di quegli anni. Presso costoro, tra i quali il più influente era Eusebio di Nicornedia, il prete alessandrino trovò rifugio
e sostegno: anche presso Eusebio di Cesarea, il cui subordinazionismo però non raggiungeva le punte radicali di Ario e che perciò, pur cooperando politicamente con i suoi sostenitori, non
volle mai confondere con loro la sua posizione ideologica. Una
missione in oriente di Ossio di Cordova, voluta da Costantino,
non sortì alcun effetto, così che si giunse, per ordine dell'imperatore, alla convocazione, a Nicea in Asia Minore, del primo
concilio ecumenico della Chiesa, che si svolse fra maggio e giugno del 325. Un concentramento di origeniani moderati e di monarchiani isolò i partigiani di Ario; ma la stesura di una formula
di fede, tale da significare il ripudio senza ombra di dubbio della
dottrina di Ario, fu molto laboriosa perché gli antiariani erano
profondamente divisi fra loro su punti qualificanti di dottrina.
Perciò l'adozione del termine bomoousios, imposto alla fine dallo
stesso Costantino come radicalmente opposto alle tesi di Ario,
non fu gradita da molti che lo sottoscrissero soltanto dietro pressione dell'imperatore. Fra questi ci fu pure Eusebio di Cesarea e
perfino Eusebio di Nicomedia, il leader dello schieramento ariano. Ario e pochi dei suoi non vollero sottoscrivere e furono esiliati. Successivamente fu esiliato, per causa non ben precisata,
anche Eusebio di Nicomedia.
La sorte dell'arianesimo sembrava così segnata; ma nel giro di
qualche anno la situazione si rovesciò. il malumore che la formula nicena aveva provocato in molti esponenti dell'episcopato
orientale, non ariani ma neppure fautori dell'impostazione dot-
LA CRISI ARIANA
trinale del simbolo niceno, costituì la piattaforma che permise
prima ad Eusebio di Cesarea e poi, tornato dall' esilio, ad
Eusebio di Nicornedia, di organizzare un'accorta reazione
antinicena. Essi non agirono sul piano ideologico, perché
Costantino non avrebbe permesso che si mettesse pubblicamente
in discussione il credo di Nicea, ma solo sul piano personale; vari
capiparte antiariani con pretesti vari, ora dottrinali ora
disciplinari, furono posti sotto accusa, condannati e deposti.
Basti ricordare Eustazio di Antiochia, Asclepio di Gaza,
Marcello di Ancira e Atanasio di Alessandria, il successore di
Alessandro (concilio di Tiro del 335). Lo stesso Ario, a seguito
di una anodina professione di fede presentata a Costantino, fu
riabilitato da un concilio tenuto a Gerusalemme nel 335, ma
morì quasi subito, senza essere potuto rientrare ad Alessandria.
Di lì a poco moriva anche Costantino, e la sua morte impresse
un nuovo aspetto alla controversia, a riprova dell'incidenza
ormai decisiva che il potere politico esercitava nelle questioni
anche più specificamente religiose della chiesa.
I testi che presentiamo per illustrare la prima fase della controversia ariana sono sufficienti a dare un quadro abbastanza
completo delle diverse impostazioni dottrinali che si scontrarono
a Nicea, e propongono l'essenziale della documentazione superstite relativa al concilio.
LETTERA A EUSEBIO DI 1'.'ICOMEDIA
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Presentiamo il testo della lettera di Ario a Eusebio di Nicomedia
secondo l'edizione di H.G. Opitz, Urkunden zur Geschichte des arianischen Streites, Berlin - Leipzig 1934, pp. 1-3.
Ario era prete ad Alessandria quando, già in tarda età, intorno al 320 provocò con la diffusione delle sue idee su Cristo l'inizio della grande controversia
che da lui ebbe nome, e per le cui vicende si rimanda alle notizie contenute
nelle introduzioni ai singoli testi. Di lui ci sono rimaste tre lettere e alcuni
frammenti della Tbalia (Banchetto), un'opera scritta in poesia per propagandare più efficacemente la sua dottrina. Condannato al concilio di Nicea del
325 ed esiliato, fu richiamato dall'esilio e successivamente riabilitato, per
volere di Costantino, nel concilio di Gerusalemme del 335, ma morì poco
dopo, prima di essere potuto rientrare ad Alessandria.
1. Aria, Letteraa Eusebio di Nicomedia
È il documento più antico della controversia ariana. Ario lo indirizzò a
Eusebio di Nicomedia, che era stato con lui alla scuola di Luciano e
sarebbe diventato il più valido dei suoi sostenitori, quando, condannato da Alessandro, si trovava ancora ad Alessandria o se ne era allontanato da poco. In esso egli espone la sua dottrina nella forma più
radicale. Rimprovera ad Alessandro di ritenere il Figlio esistente ab
aeterno e perciò coeterno col Padre, e derivato dalla sua sostanza. Di
contro afferma che, prima di essere stato generato e creato, il Figlio
non esisteva e che è stato tratto all' essere dal nulla. Sono queste le due
proposizioni più radicali della dottrina di Ario. In lui è soprattutto
evidente la preoccupazione di escludere una concezione materialista
della generazione divina, che importerebbe la divisione in due parti del
comune sostrato divino, preoccupazione che Ario condivide con Origene e che forse non era infondata, data la prevalente impostazione
materialista della riflessione teologica d'ambiente asiatico.
Se in questa preoccupazione Ario continua l'impostazione trinitaria di Origene, se ne distacca nel rifiutare 12. coeternità del Figlio
col Padre, perché, profilando la generazione divina secondo i parametri di quella animale, non riesce a comprendere l'assoluta atemporalità di questo processo, che Origene aveva invece ben rilevato (de
principiis IV 4, 1). Anche la conclusione che egli trae dall'escludere
la generazione del Figlio dalla sostanza del Padre, cioè che questi era
stato tratto all' essere dal nulla, lo isola rispetto alla tradizione precedente la quale, pur ritenendo il Figlio in varia misura inferiore al
Padre, lo aveva però sempre ritenuto Figlio vero, nel senso proprio
del termine, e non soltanto metaforicamente, per adozione. Quando
perciò Ario afferma che i vescovi d'oriente, nella quasi totalità, la
pensano come lui, esagera largamente. Quanto ai tre vescovi che
dichiara a lui ostili, troppo poco ne sappiamo per poter definire la
loro posizione dottrinale.
Bibliografia: E. Boularand, L 'héresie d'Arius et la fai de Nicée, I-II, Paris
1972-3; M. Simonetti, La crisi ariana nel N secolo, Roma 1975; R. Lorenz,
Arius iudaizans>, Gottingen 1980.
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1. Al signore Eusebio, arnatrssimo uomo fedele a Dio e di
retta fede, da parte di Ario, perseguitato da papa 1 Alessandro
ingiustamente a causa della verità che vince su tutto e che anche
tu difendi, salute nel Signore.
2. Poiché il padre" Ammonio veniva a Nicomedia, mi è
sembrato opportuno e doveroso salutarti per suo tramite e insieme rammentarti 1'affetto in te innato e la buona disposizione che
hai verso i fratelli in grazia di Dio e del suo Cristo, dato che il
vescovo aspramente ci tormenta, ci perseguita e usa contro di
noi ogni mezzo, sì che ci ha scacciato dalla città quali uomini
senza Dio. il motivo è che non siamo d'accordo con lui che afferma pubblicamente: «Sempre Dio sempre il Figlio, insieme il
Padre insieme il Figlio, il Figlio coesiste con Dio senza essere
stato generato, generato da sempre, ingenerato-generato '. Né
nel pensiero né di un solo istante Dio precede il Figlio. Sempre
Dio sempre il Figlio. il Figlio deriva proprio da Di0 4 »,
3. E poiché Eusebio, il tuo collega di Cesarea, Teodoto, Paolina, Atanasio", Gregorio, Aezio e tutti gli orientali affermano
che Dio, senza avere inizio, preesiste al Figlio, tutti sono stati
condannati, eccetto Filogonio, Ellanico e Macario, eretici ignoranti i quali sostengono, uno che il Figlio è eruttazione, un altro
emissione, un altro ingenerato insieme col Padre".
4. Tali empietà non possiamo neppure stare a sentire, anche
se gli eretici ci minacciano mille morti. Ma noi che cosa affer-
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U7tOXI;Lfli\lOU 't'L\lOç, OL,x 't'OU't'o OLWXOflI;9cx, ÀOL1tÒ\l crù oTOcxç.
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LETTERA A EUSEBIO DI NICOMEDIA
73
miamo, pensiamo, abbiamo insegnato e insegnamo? Il Figlio non
è ingenerato né in alcun modo è parte dell'ingenerato 7 né deriva
da un sostrato; ma per volere" e decisione del Padre è venuto
all'esistenza prima dei tempi? e dei secoli, pienamente Dio 10 ,
unigenito, inalterabile Il.
5. E prima di essere stato sia generato sia creato 12 sia definito sia fondato (Prov. 8,22-5), non esisteva 13. Infatti non era ingenerato 14. Veniamo perseguitati perché
abbiamo detto: «Il Figlio ha principio, mentre Dio è senza
principio ». Per questo siamo perseguitati, e perché abbiamo
detto: «Deriva dal nulla». Così abbiamo detto, in quanto non è
né parte di Dio né deriva da un sostrato. Per questo siamo
perseguitati. Il resto tu lo sai.
Ti auguro di star bene nel Signore, memore delle nostre afflizioni, Eusebio veramente collucianista 15.
LETTERA AD ALESSANDRO DI ALESSANDRIA
75
testo era destinato a grande fortuna nelle file degli ariani e dei loro
simpatizzanti. Nel 358 circa Dario sentirà infatti l'esigenza di riprenderlo, per confutarlo ampiamente, nei ll. IV-VI del de trinitate, e
ancora nel 381, nel concilio di Aquileia, sarà tirato in questione
durante il dibattimento.
Per il testo della lettera seguiamo l'edizione di H.G. Opitz, Urkunden zur Geschichte des arianiscben Streites... , pp. 12-3.
2. Aria, Lettera ad Alessandro di Alessandria
È una professione di fede che Ario e i suoi compagni indirizzarono
ad Alessandro, quando erano fuori d'Egitto, forse per consiglio di
Eusebio di Nicomedia. Rispetto al testo precedente, qui Ario precisa
meglio qualche dettaglio e soprattutto ne attenua qualche punta radicale. Soprattutto tace della creazione dal nulla del Figlio per parte
del Padre, ma senza precisarne meglio l'origine, in quanto tace ancora che il Figlio possa aver tratto l'essere dalla sostanza divina. In tal
senso però egli precisa di esser disposto ad accettare la derivazione
(generica) del Figlio dal (lx) Padre, ma con la precisazione che essa
non debba essere intesa come divisione della sostanza divina. Per
questo motivo condanna alcune dottrine eretiche che, a suo parere,
profilavano in tal modo l'origine del Figlio (Valentino, Mani), insieme con la dottrina monarchiana di Sabellio.
D testo, meglio elaborato del precedente, tende a presentare da
una parte l'assoluta preminenza del Padre, ma dall'altra anche il carattere d'eccellenza del Figlio, che viene collocato, per così dire, a
mezzo, fra Dio e il mondo della creazione, nella sua qualità di essere
unico creato direttamente dal Padre per provvedere poi, per volere
del Padre, alla creazione di tutti gli altri esseri. In tal senso egli è
l'Unigenito, perché Ario, sulla base dell'equivalenza creare = generare, fondata - come ha fatto nella lettera ad Eusebio e come fa
ancora qui - su Provo 8,22-5, continua a parlare del Figlio «anche»
come generato dal Padre, uniformandosi così ad un dato altamente
tradizionale. Ario resta fermo, invece, nell'affermazione che il Padre
precede il Figlio il quale perciò, prima di essere stato generato, non
esisteva.
Questa formulazione della dottrina, rispetto alla precedente, fa
concessioni più di forma che di sostanza e rileva bene la capacità di
Ario di riprendere proposizioni tradizionali ad litteram ma piegandole ad una nuova significazione, molto più subordinante che prima. D
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1. Al beato papa e vescovo nostro Alessandro, da parte dei
preti e dei diaconi, salute nel Signore.
2. La nostra fede, che ci viene dai padri 1 e che anche da te,
beato papa, abbiamo appreso, è la seguente. Sappiamo che esiste
un unico Dio, solo" ingenerato, solo eterno, solo senza principio, solo vero, solo che possiede l'immortalità, solo sapiente, solo
buono, solo potente, che giudica regge e governa ogni cosa, immutabile e inalterabile, giusto e buono", Dio della Legge, dei
profeti e del Nuovo Testamento. Egli ha generato" il Figlio unigenito prima dei tempi eterni, e per mezzo di lui ha creato i
tempi e tutte le cose: lo ha generato non in apparenza ma in
realtà, per propria volontà lo ha fatto sussistere, immutabile e
inalterabile, creatura perfetta di Dio, ma non come una delle
3. Non
creature, genitura, ma non come una delle geniture.
come Valentino 5 ha sostenuto che la genitura del Padre è emanazione; né come Mani ha insegnato che la genitura è parte consustanziale " del Padre; né come Sabellio, dividendo la monade,
l'ha definita figlio-padre 7; né come Ieraca ha affermato lucerna
da lucerna o quasi un lume che si divide in due, né nel senso che,
esistendo dapprima 8, dopo è stato generato o creato in luogo di
Figlio, come tu stesso, beato papa, hai più volte condannato, in
mezzo alla chiesa e in assemblea, coloro che facevano tali affermazioni. Affermiamo invece 9 che il Figlio è stato creato per
volere di Dio prima dei tempi e dei secoli, ed ha ricevuto dal
LETTERA AD ALESSANDRO DI ALESSANDRIA
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U1tÒ 'toi) 1tCX'tpÒç xcxl 1tpÒ cx1w\lw\I x'tl0"9dç xcx1 gefleÀlW9dç (Prov.
8, 22-5) OÙX Tj\l 1tPÒ 'toi) iew7]9fj\lCXl, eX),,),,' eXXPO\lWç 1tPÒ 1t<X\I'tW\I iew7]9eCç, flO\loç U1tÒ 'toi) 1tcx'tpòç u1téO"'t7j. oùoè i<XP iO"'tL\l
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I
79
Padre la vita, l'essere e la gloria, mentre il Padre sussiste insieme
con lui.
4. Infatti il Padre, nel dare a lui l'eredità di tutto,
non ha privato se stesso di ciò che possiede in sé stesso senza
essere stato generato, in quanto è fonte di tutte le cose. Sicché
esistono tre ipostasi 10; e Dio che è causa di tutte le cose è senza
principio assolutamente solo; invece il Figlio, generato dal Padre
fuori dal tempoll e creato e fondato (Prov. 8, 22-5) prima dei
tempi, non esisteva prima di essere stato generato, ma generato
fuori dal tempo prima di tutte le cose, egli solo ha derivato l'essere sussistente dal Padre. Infatti non è eterno né coeterno né
ingenerato insieme col Padre, né ha l'essere insieme col Padre,
come dicono alcuni sulla base del principio di relazione 12,
introducendo così due princìpi ingenerati. Ma in quanto monade
e principio di tutto, Dio esiste prima di tutto; perciò esiste
anche prima del Figlio, come abbiamo appreso anche da te che
insegnavi in mezzo alla chiesa.
5. In quanto il Figlio ha da Dio l'essere, la gloria, la vita, e
tutto gli è stato affidato, in questo senso Dio è suo principio.
Infatti comanda su di lui, in quanto è il suo Dio ed esiste prima
di lui. Quanto poi a espressioni come «da lui» e «dal ventre»
(Ps. 109, 3) e «sono uscito dal Padre e sono venuto» (Ev. lo. 8,
42) 13, se alcuni le intendono nel senso che il Figlio è parte del
Padre consustanziale ed emanazione, il Padre risulterà, secondo
loro, composto, divisibile, mutevole e corpo; e Dio incorporeo
sarà soggetto a tutto ciò che, secondo loro, succede naturalmente
ad un corpo.
Ti auguro di star bene nel Signore, beato papa. Ario, Aitale,
Achille, Carpone, Sarmata, Ario, preti. Euzoio, Lucio, Giulio,
Mena, Elladio, Gaio, diaconi. Secondo della Pentapoli, Teona
della Libia, [Pisto], vescovi.
LETTERA A TUTTI I VESCOVI
8I
ti Alessandro può essere definito un origeniano moderato, senza
dubbio più fedele allo spirito e alla lettera della formulazione trinitaria di Origene, che invece Ario, pur riaffermando la dottrina delle
tre ipostasi, alterava profondamente.
Per il testo di questa lettera abbiamo seguito l'edizione di H.G.
Opitz, Urkunden zur Geschichte des arianischen Streites... , pp. 6-10.
Alessandro fu vescovo di Alessandria dal 312 al 328. Prima fu coinvolto
nello scisma meliziano, di natura disciplinare, e poi nella controversia ariana
per la sua opposizione alla dottrina di Aria. Ottenne a Nicea (325) la condanna del suo avversario e morì prima che la reazione a favore di questi si
fosse pienamente sviluppata. Ci sono rimaste due tra le varie lettere scritte
nel contesto della controversia.
3. Alessandro, Lettera a tutti i vescovi
Questa lettera enciclica di Alessandro di Alessandria si colloca cronologicamente fra la prima e la seconda lettera di Ario. Egli la scrisse dopo che il clero di Alessandria aveva condannato Ario e un concilio di circa cento vescovi di Egitto e di Libia aveva ratificato la
condanna, perché la propaganda che Eusebio di Nicomedia faceva in
favore di Ario gli fece ritenere opportuno scrivere ai vescovi della
cristianità per informarli su come si fossero svolte le cose e sul tenore della dottrina di Ario. Perciò insieme con un breve ragguaglio dei
fatti, che insiste soprattutto sulla responsabilità di Eusebio, egli dà
un sommario della dottrina di Ario e lo fa seguire da una confutazione breve ma dettagliata.
La presentazione della dottrina di Ario è fatta insistendo sui suoi
aspetti più radicali e forse con una certa tendenziosità in merito alla
mutabilità del Figlio. La confutazione è fondata essenzialmente sull'argomento scritturistico, cioè riportando passi vetero e neotestamentari che contrastavano in modo diretto le proposizioni ariane.
Indirettamente si ricava la posizione dottrinale di Alessandro, che è
in perfetta antitesi con quella di Ario sulle due proposizioni fondamentali: il Figlio è coeterno col Padre ed è stato da lui generato con
generazione reale. Per reazione al radicale subordinazionismo di
Ario, anche il moderato subordinazionismo ereditato dalla tradizione origeniana viene da Alessandro ulteriormente ridotto.
In questo testo, forse volutamente, Alessandro non fa ricorso a
terminologia tecnica. In un'altra lettera, ad Alessandro di Tessalonica (Opitz, Urkunden zur Geschichte des arianischen Streites... , p. 19
sgg.), Alessandro precisa meglio il suo pensiero anche su questo punto: evita di parlare di ousia del Padre e del Figlio, perché questo
termine si prestava ad equivoci e poteva provocare l'accusa di concepire Dio in modo corporeo e materiale. Si serve invece delle ormai
tradizionali definizioni del Padre e del Figlio come ipostasi. In effet-
Bibliografia: M. Simonetti, Studi sull'arianesimo, Roma 1965, pp. 110-34.
1. Tote; &iiX1tTj'tOte; XiXL 'tLfLLW't(X'tme; auÀÀeL'tOUPiOte; 'tOte;
!X1tiXV'tiXXOG rije; xiX6oÀLXije; h"'ÀTjcrLiXe; ,AÀÉçiXvopoe; ~v XUpL~
XiXLpeLV.
2. 'Evòe; crwfLiX'tOe; oV'toe; rije; xiX6oÀLXije; ~xxÀTjcrLiXe; ~V'toÀiie;
5
'te OUa1ìe; ~V 'tiXte; 6eLiXLe; iPiXl:fliXte; 'tTjpetv 'tÒV crUVOecrfLOV rije; OfLOVOLiXe; XiXL elpTjVTje; (Ep. Eph. 4, 3 sg.) &xoÀou6ov ~cr'tL ipcXl:fleLV
TjfLlie; XiXL a1ìfLiXLVeLV &ÀÀTjÀme; 't<X 1tiXP' ixcXcr'tou iLVOfLeViX, LViX
eL'te 1tcXcr):eL eL'te XiXLpeL ev fLiÀoe; Tj aufL1tcXcr):WfLeV Tj auIXiXLpwfLeV &ÀÀTjÀme;.
3. ~v 't'ij TjfLe'tip~ 'tOLVUV 1tiXpmx[~ ~çijÀ6ov
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vGv àtVopee; 1tiXPcXVOfLOL XiXL XPLcr'tOfLcXxm OLOcXcrxOV'tee; &1tOcr'tiXcrLiXV, Tjv e1xO'twe; àtv 'tLe; 1tPOOPOfLOV 'toG &V'tLxpLcr'tOU ll1tOVOTjcreLe XiXL xiXÀicreLeV.
4. XiXL ~~ouÀofLTjV fLèv crLW1tf!1tiXPiXOOGviXL
'tò 'tmoG'tov, 01tWe; ~v 'tOte; 1tpOcr'tcX'tiXLe; fLovme; &viXÀw6f! 'tò XiXxòv XiXL fL1) de; hipoue; 't01tOUe; OLiX~<XV 'tò 'tmoG'tov pU1t(~cr-a
'tLVWV &XepiXLWV 't<xe; &XocXe;. ~1teL01) oè Eùcri~Loe;
vGv ~V 't'ij
o
N LXOfLTjOcLqt vOfLLcriXe; ~1t' iXÙ'tii> xdcr6cxL 't<X rije; ~XXÀTjcrLiXe;, O'tL
XiX'tiXÀeL~iXe; "t'Ìjv BTjpu'tòv xiXl. ~1tOI:fl6iXÀfLLcriXe; 't'ij ~XXÀTjcrL~ N LXOfLTjOiwv XiXl. oùx ~XOeOLXTj'tiXL XiX't' iXÙ'tOG, 1tpOLcr'tiX'tiXL XCXL
20
't01J'tWV 'tWV &1tOcr'tiX'tWV XiXl. ipcXl:fleLV ~1teXeLpTjcre 1tiXV'tiXXOG euVLcr'tWV cxlhoue;, 01tWe; U1tocrUPTI 'tLV<xe; &YVOoGV'tiXe; de; "t'Ìjv iXLcr):L(j'tTjV 'tiXU'tTjV XiXL XPLcr'tOfLcXXOV iXLpecrLV, &vcXYXTjV e.cr):ov dowe; 'tò ~v 'téi> VOfL~ iCYPiXfLfLivov fLTjXi'tL fLèv crLW1tijcriXL, &viXiieLÀiXL oÈ 1tCXcrLV ufLtV, LViX iLVWcrxTj'te 'toue; 'te &1tOcr't(X'tiXe; ieVOfLivoue; XiXl. 't<X rije; iX1picrewe; iXÙ'tWV OU(j'tTjViX pTjfLiX'tCX XCXL, ~àv
1. Alessandro saluta nel Signore gli amati e stimatissimi colleghi di tutta la chiesa cattolica.
2. Poiché uno solo è il corpo della chiesa cattolica e le Sacre
Scritture ci impongono di custodire il vincolo della concordia e
della pace (Ep. Eph. 4, 3 sg.), è opportuno che noi ci scriviamo e
ci comunichiamo reciprocamente ciò che accade presso ciascuno,
perché, sia che soffra sia che si rallegri un membro, noi tutti
insieme soffriamo o ci rallegriamo reciprocamente.
3. Orbene
nella nostra diocesi uomini empi e nemici di Cristo son venuti
fuori ad insegnare un' apostasia che a ragione si può considerare e
definire precorritrice dell'Anticristo.
4. lo avrei voluto passare
sotto silenzio tale fatto, perché il male si esaurisse nell' ambito dei
suoi soli principali assertori e non si diffondesse in altri luoghi
contaminando le orecchie di persone pure. Ma Eusebio, che ora è
a Nicomedia, ritenendo che su di sé riposino le sorti della chiesa,
perché pur avendo abbandonato Berito ' e gettato l'occhio sulla
chiesa di Nicomedia, non è stato sottoposto a giudizio, si è messo
a capo anche di questi apostati e ha intrapreso a scrivere dovunque raccomandandoli, al fine di trarre qualche ignaro a questa
eresia pessima e nemica di Cristo. Perciò io, sapendo ciò ch'è
scritto nella Legge, ho ritenuto necessario non conservare più il
silenzio e dar notizia a voi tutti, perché impariate a conoscere sia
questi che son diventati apostati sia le sciagurate espressioni della
loro eresia, così che, se vi scrive Eusebio, non gli prestiate atten-
ALESSANDRO
LETTERA A TUTTI I VESCOVI
ip<xcpn Ellcri~LOç, fL~ 1tpocriX7j't~.
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20
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zione.
5. Infatti, volendo ora rinnovare, approfittando di costoro, la sua vecchia malizia per lungo tempo taciuta, egli fa finta
di scrivere per loro ma in realtà dimostra di agire così per provvedere al suo interesse 2.
6. Ecco quelli che hanno apostatato: Aria, Achille, Aitale,
Carpone, un altro Aria, Sarmata, che allora erano preti; Euzoio,
Lucio, Giulio, Mena, Elladio, Gaio, che allora erano diaconi; e
con loro Secondo e Teona ', che allora erano detti vescovi.
7.
Ecco quindi le loro affermazioni, che hanno escogitato contro la
Scrittura:
«Non sempre Dio fu padre, ma ci fu un tempo in cui Dio non
era padre. Non sempre è esistito il Logos di Dio, ma è stato
creato dal nulla. Infatti colui che era Dio ha creato dal nulla
quello che non esisteva: perciò c'è stato un tempo in cui quello
non esisteva. Infatti il Figlio è creatura e fattura. Né è simile al
Padre per sostanza 4; né è il vero e naturale Logos del Padre né è
la sua vera Sapienza, ma è soltanto una delle cose fatte e create, e
impropriamente è definito Logos e Sapienza, mentre anch'egli è
stato creato dal vero e proprio logos di Dio e dalla sapienza che è
in Dio, nella quale Dio ha fatto tutte le cose e anche quello.
8.
Perciò egli è mutevole e alterabile per natura, alla pari di tutte le
creature razionali. Il Logos è estraneo, altro e separato rispetto
alla sostanza di Dio, e il Padre è invisibile al Figlio. Infatti il
Logos non conosce il Padre esattamente e perfettamente, né lo
può vedere perfettamente. Infatti il Figlio non conosce neppure
la sua stessa sostanza, com' essa è.
9. Infatti è stato creato per
noi, perché servendosi di lui come di uno strumento Dio ci creasse; né sarebbe esistito se Dio non ci avesse voluto creare».
10.
Uno li interrogò' se il Logos di Dio può cambiare come il diavolo
è cambiato; e non ebbero ritegno ad affermare che lo può. Infatti
in quanto creato e fatto, è di natura mutevole.
11. Aria e quelli con lui che facevano tali affermazioni e per
esse tenevano un contegno spudorato, e i loro seguaci, noi riuniti-
86
LE'ITERA A TUTTI I VESCOVI
ALESSANDRO
7}fLt;tç fL~v fLt;'tcX 'twv XiX't' ALjU1t'tOV XiXL 'tcXç AL~UiXç i1tLcrxo1twV
i"(jÙç ~XiX'tÒV OV'tWV O1Jvt;À90V'tt;ç à:Vt;9t;fLiX'tLO"iXfLt;V. 01 o~ 1tt;pL
EÙo"i~LOV 1tpoo"t;oiçiXV'to O"1touM:~oV'tt;ç ijXiX'tiXfLLçiXL 'tò cjIt;UOOç
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O"OUO"L' VLX~ icXP 7} ciÀ1j9t;LiX XiXL OÙOt;fLLiX iO"'tL XOLVWVLiX CPW'tL
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12.
'tLç icXP 7jxouo"t; 1tW1to'tt; 'tOLiXU'tiX; 7j 'tLç vuv à:xouwv OÙ çt;VL~t;'tiXL
XiXL 'tcXç à:xocXç ~Ut;L Ù1t~p 'tou fLi} 'tòv PU1tOV 'tou'twv 'twv p'T}o
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IO
à:PX'U 7jv ò MiOP (Ev. lo. 1, 1), où XiX'tiXiLVWcrxt;L 'tou'twv
ÀqoV'twv «7jv 1t0'tt; o'tt; OÙX 7jv», 7j 'tLç à:xouwv iv 'te'i,) t;ÙiXiit;ÀLep «fLOVOit;v7jç u10ç», XiXL «OL' iXÙ'tOU iiivt;'to 1t!XV'tiX»
15
(Ev. lo. 1, 18.3), OÙ fLLcr7}O"t;L 'tou'touç CP9t;TIOfLivouç O'tL dç iO"'tLV 'tWV 1tOL'T}fL!X'twv; 1tWç icXP OUViX'tiXL dç dViXL 'tWV OL' iXÙ'tOU
it;VOfLivwv, 7j 1tWç fLOVOit;v7jç ò 'totç 1tao"L XiX't' ixdvouç O1JViXpL9fLOUfLt;VOç; 1tWç O~ iç oùx OV'tWV &V t;L'T} 'tOU TIiX'tpÒç ÀiiOV'tOç
«i~pt;UçiX'tO 7} XiXpOLiX fLOU MiOV à:iiX9òv» XiXL «ix iiXO"'tPÒç
1tPÒ ~wo"cpopou iiivV'TjO"!X es » (Ps. 44, 2; 109, 3);
13. 7j 1tWç
à:vOfLOLOç -qj OÙo"L~ 'tou 1tiX'tpÒç ò wv dxwv 'tt;ÀdiX XiXL ci1tiXU20
iiXO"fLiX 'tOU 1tiX'tpÒç XiXL ÀiiWV «ò ~WpiXXWç ifL~ ~WpiXXt; 'tÒV
1tiX'tipiX» (Ev. lo. 14, 9); 1tWç
oi,
d MiOç XiXL O"OcpLiX iO"'tL 'tOU
9wu Ò u10ç, 7jv 1t0'tt; o'tt; OÙX 7jv; LO"OV i!XP iO"'tL iXÙ'tOÙç Àiit;LV
IXÀOiOV XiXL IXO"0CPOV 1t0'tt; 'tÒV 9t;ov.
14. IIwç o~ 'tpt;1t'tÒç XiXL à:ÀÀOLW'tÒç ò ÀiiWV OL' ~iXU'tOU fL~V
25
«iiW iv 'te'i,) 1tiX'tPL XiXL ò 1tiXÙjp iv ifLoL» XiXL «iiW XiXL Ò
1tiXÙjp ~v iO"fLt;v» (Ev. lo. 14, lO; lO, 30), OLcX o~ 'tOU 1tpocp1j'tou
«LOt;'ti fLt; O'tL iiW dfLL XiXL OÙX ilÀÀOLWfLiXL» (Mal. 3, 6); d
icXP XiXL i1t' iXÙ'tOV 'tLç 'tòv 1tiX'tipiX OUViX'tiXL 'tò P'T}'tòv à:viXcpipt;LV, à:ÀÀcX &:PfLOOLW'tt;pOV &v t;L'T} 1tt;pL 'tOU MioU vuv Àt;iOfLt;o
30
VOV, O'tL XiXL it;VOfLt;VOç IXv9pW1toç OÙX ilÀÀOLW'tiXL, à:ÀÀ'
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d1tt;V ò à:1tOO"'toÀoç <<'l'T}O"ouç XPLO"'tÒç x9~ç XiXL cr7}fLt;POV ò iXÙ'tòç XiXL dç 'toùç iXlwviXp (Ep. Hebr. 13, 8). 'tLç o~ IXPiX d1tdv
ci con i vescovi d'Egitto e di Libia in numero di circa cento li
abbiamo condannati. Ma i partigiani di Eusebio li hanno accolti e
si danno da fare per mescolare la menzogna con la verità e l'empietà con la retta fede. Ma non prevarranno. Infatti la verità
vince e non ci può essere comunione fra la luce e le tenebre né
accordo fra Cristo e Beliar.
12. Chi mai infatti ha udito tali
affermazioni? E chi ad udirle non se ne tiene lontano e tura le
orecchie per tenerle immuni dalla sozzura di tali parole? Chi, ad
udire Giovanni che dice: «In principio era il Logos» (Ev. lo. 1,
1)6, non biasima costoro che affermano: «C'è stato un tempo in
cui non esisteva?» 7. Chi, ad udire nel V angelo «Figlio unigenito »
e «per mezzo di lui tutto è stato fatto» (Ev. lo. 1, 18.3), non
odierà costoro che affermano che egli è una delle cose create?
Come infatti egli può essere una delle cose che sono state fatte
per suo mezzo>" o come è Unigenito colui che, secondo loro, è
connumerato insieme con tutti? Come può derivare dal nulla, dal
momento che il Padre dice: «li mio cuore ha emesso una buona
parola» (Ps. 44,2) e «Dal ventre prima della stella del mattino ti
ho generato» (Ps. 109, 3)?
13. Come può essere dissimile dal
Padre per sostanza colui che è l'immagine perfetta 9 e il riflesso
del Padre e che dice: «Chi ha visto me ha visto il Padre» (Ev. lo.
14, 9)? Come infine, se il Figlio è logos e sapienza di Dio, c'è
stato un tempo in cui non esisteva? Infatti sarebbe lo stesso che
essi dicessero che un tempo il Padre è stato privo di logos e
sapienza.
14. Come è mutabile e alterabile colui che dice da sé: «lo sono
nel Padre e il Padre è in me» (Ev. lo. 14, l O), e «lo e il Padre
siamo una cosa sola» (Ev. lo. lO, 30), e dice per mezzo del profeta: «Guardatemi, perché io sono e non mi sono mutato» (Mal. 3,
6)? Se infatti questo passo può essere riferito anche proprio al
Padre l0, sembra però più conveniente dirlo ora del Logos, perché anche diventato uomo non si è mutato, ma - secondo quanto
ha detto l'apostolo - «Gesù Cristo è lo stesso ieri oggi e nei
secoli» (Ep. Hebr. 13, 8). E chi mai li ha convinti ad affermare
88
ALESSANDRO
CXÙ'toùc; e1mcrl;\I <ht Ot' ~flCiC; réro\ll;, XCXL'tOt 'tOU IIcxuÀou rp&CPO\l'tOC; «Ot' 0\1 't,x 1t&\I'tcx, XCXL Ot' oi) 't,x 1t&\I'tCX» (Ep. Hebr. 2,
10);
15. 1tl;pL r,xp 'tou ~Àcxcrcp7]fld\l cxù'toùc; <ht OÙX 0101;\1
'tI;ÀI;(WC; ulòc; ròv 1tcx'tépcx, où OI;L eCXUfl&'m. &1tCX~ r,xp 1tpoeéfll;\lOt x,ptcr't0flCXXI;L\I 1tCXPCXXPOUO\l'tCXt XCXL 't,xc; CPW\I,xc; CXÙ'tOU ÀérO\l'tOc; «Xcxewc; rwwcrxl;t fll; O 1tCX't1)p x&rw rt\lwcrxw ròv 1tcx'téPCX» (Ev. lo. lO, 15). d fl~\I OU\I èx flépouc; O 1tcx't1)p rt\lwcrxl;t
ròv ulo\l, oijÀO\l <ht XCXL O ulòc; fl1) 'tI;Àdwc; rt\lwcrxé'tw ròv 1tcx'tépcx. d o~ 'tou'to Àérm où eéfltC;, 0101;\1 ò~ 'tI;Àdwc; O 1tcx'tTjp ròv
ulév, oijÀO\l éhl xcxewc; rwwcrxl;t O 1tcx'tTjp 'tÒ\I écxu'tou Mro\l,
O\I'tWC; XCXL O Àoroc; rwwcrxl;t ròv écxu'tou 1tcx'tépcx, ou XCXL ecm
Mroc;.
16. Tcxu'tcx Àéro\l'tl;c; XCXL &\lCX1t-rucrcrO\l'tI;C; 't,xc; edcxc; rpcxcp,xc;
1toÀÀ&XtC; è\ll;'tpé~CXfll;\I cxù'touc;, XCXL 1t&Àw WC; XCXflCXtÀéO\l'tI;c;
fll;'tI;~&Ào\l'tO cptÀO\ll;tXOU\I'tI;C; dc; écxu'toùc; ècpl;ÀxucrCXt 'tÒ rl;ypcxflflé\lo\l «<hcx\l o.ell &crl;~1)C; dc; ~&eoc; XCXXW\I xcx'tcxcppo\ld»
(Prov. 18, 3). 1tOÀÀCXL rou\l cxlpécrl;tc; 1tPÒ cxù'tW\I rqo\lcxcrl\l, CXt'tt\l1;C; 1tÀéo\l 'tOU oéo\l'toc; 'toÀfli)crCXcriXt 1t1;1t'tWXCXcrt\l dc; &cppocr'~­
\17]\1. OU'tOt o~ Ot,x 1t&\I'tW\l éiXU'tW\I 'tW\I P7]flCX'tLW\I èmXl;tpi)criX\I'tI;C;
't,x dc; &\lCXLpl;crW 'tijc; 'tou Mrou eI;O't7]'toc; èOtXCXLWcriX\I è~
éiXU'tW\I èXI;L\lCXC; wc; è"'(jU'tl;pot 'tou &V'ttx'pLcr'tOU rl;\lOfll;\lOL Otò
XCXL &1tI;X7]pUXe7]criX\I XiXL &\ll;el;flcx'tLcre7]criX\I &1tÒ 'tijc; èxxÀ7]crLiXC;.
17. ÀU1tOUfll;eiX fl~\I OU\I è1tL 'tti &1twÀd~ 'tou'tW\I XiXL
fl&Àtcr'tCX <ht fliXeO\l'tI;c; 1t0't~ XiXL CXÙ'tOL 't,x 'tijc; èxxÀ7]crLCXC; \lU\I
&1tI;1ti)07]crCX\l, où ~1;\lt'Ofll;eiX oé' 'tOU'tO r,xp XiXL '1"flé\liXWC; XiXL
<l>LÀ7]'tOC; 1t1;1tO\lecxcrt (2 Ep. Tim. 2, 17) XCXL 1tpÒ iXÙ'tW\I 'IouoiXc;,
OC; &xoÀOuei)criXc; 't0 crw'tijpt Ucr'tl;pO\l 1tpo06't7]C; XCXL &1tocr't&'t7]C;
IO
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20
25
30
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VESCOVI
réro\ll;.
che egli è stato fatto per noi 11, dal momento che Paolo scrive:
«Tutto per lui e tutto per mezzo di lui» (Ep. Hebr. 2, la)?
15.
Quanto poi alla loro bestemmia che il Figlio non conosce perfettamente il Padre, non dobbiamo meravigliarci. Infatti una volta
che si son dati a combattere Cristo, essi respingono anche le
parole con le quali egli dice: «Come il Padre conosce me anche io
conosco il Padre» (Ev. lo. lO, 15). Se perciò il Padre conoscesse il
Figlio parzialmente, sarebbe chiaro che anche il Figlio conosce il
Padre non perfettamente. Ma se non è lecito affermar ciò e il
Padre conosce il Figlio perfettamente, allora è chiaro che, come il
Padre conosce il suo Logos, così anche il Logos conosce suo Padre, di cui è anche Logos.
16. Con tali affermazioni e con l'interpretazione delle Sacre
Scritture più volte li confutammo, ma quelli di volta in volta si
trasformavano come camaleonti 12, adoperandosi di applicare a
sé il detto: «Quando l'empio giunge al fondo del male, arriva al
disprezzo» (Prov. 18,3). Infatti prima di loro ci sono state molte
eresie, che per aver osato più del dovuto sono precipitate nella
stoltezza, ma costoro che con tutte le loro chiacchiere hanno
cercato di distruggere la divinità del Logos, hanno reso giustizia a
tutte quelle, in quanto si sono avvicinati di più all' Anticristo. Per
questo sono stati condannati ed espulsi dalla chiesa.
17. Noi
siamo addolorati per la loro rovina e soprattutto perché avendo
prima anch'essi appreso la dottrina della chiesa poi sono venuti
meno; però non ci stupiamo. Infatti è successo lo stesso anche a
Imeneo e Fileto (2 Ep. Tim. 2, 17), e prima di loro, a Giuda, che
aveva seguito il Salvatore e in un secondo momento lo tradì e
abbandonò.
18. KiXL 1tl;pL 't01J'tW\I o~ cxU'tW\I OÙX &OLOiXX'tOt fll;fll;\li)xiXfll;\I, &ÀÀ' 6 fl~\I xupwc; 1tpodp7]xl; «~Àé1tI;'t1; fli) 'ttC; UflCic; 1tÀiX\li)cr1J. 1tOÀÀOL r,xp èÀI;UcrO\l'tiXt è1tL 't0 Ò\IofliX't L flOU Àéro\l'tl;c;
<ht èrw dflt XiXL O XCXtpòC; 7JntXI; XCXL 1toÀÀoùc; 1tÀiX\li)crOUcrt. fl1)
1tOpweij":l; Ò1tLcrW CXù'tW\I» (Ev. Luc. 21, 8). O o~ IIiXuÀoc;
fliXeW\l 'tiXU'tiX 1tiXp,x 'tou crw'tijpoc; erpiX~l;\I «o'n è\l ucr'tépOtC; xoa-
18. E neppure riguardo a costoro ci siamo trovati privi d'insegnamento, ma il Signore ha detto in anticipo: «State attenti che
nessuno vi inganni. Molti infatti verranno in mio nome e diranno: "Sono io", e: "Il tempo si è avvicinato", e inganneranno
molti. Non seguiteli» (Ev. Luc. 21, 8). E Paolo, avendo appreso
questo dal Salvatore, ha scritto: «Negli ultimi tempi alcuni si
o
5
LETTERA A TUTTI
ALESSANDRO
LETTERA A TUTTI I VESCOVI
pOLe; &1tO<ITfjO"OvtIXL 'tLV(;e; tije; lI'YLIXLVOU07je; 1tLO"'t(;We; 1tpoO"lxovne;
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XIXL O"wtijpoe; ~(lWV 'I7]O"ou XPLO"'tOU OL& n ÉIXU'tOU 1tlXplXndÀlXv5
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IXÙ'tOÙe; &ÀÀO'tpLOUe; tije; XIX90ÀLX7je; iXXÀ7]O"LIXe; 't(; XIXL 1tLO"'t(;We;.
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Ò (l1XX&pLOe; 'lwcivV1je; (2 Ep. lo. lO). 1tP0O"(;L1tIX't(; 'toùe; 1tIXP' U(lLv
&O(;Àepoue;. U(lae; oL O"ÙV È(lOL 1tp0O"lXjOP(;UOUO"LV.
allontaneranno dall'integrità della fede, prestando ascolto a spiriti ingannatori e ad insegnamenti di demoni che stravolgono la
verità» (l Ep. Tim. 4, 1).
19. Dato che il signore e salvatore
nostro Gesù Cristo ci ha informato personalmente e ci ha ragguagliato per mezzo dell'apostolo su tali persone, noi conseguentemente, dopo aver ascoltato di persona la loro empietà, li abbiamo
condannati, come abbiamo già detto, avendo dimostrato che costoro sono estranei alla chiesa cattolica e alla fede.
20. Abbiamo fatto conoscere tutto ciò anche alla vostra pietà,
amati e stimatissimi colleghi, perché non accogliate alcuno di costoro, se avranno la temerarietà di venire da voi, né prestiate
ascolto ad Eusebio o ad altri che vi scriva di loro. È doveroso
infatti che voi, che siete tutti cristiani, respingiate quelli che
parlano e pensano contro Cristo in quanto nemici di Dio e corruttori delle anime, e non rivolgiate loro neppure il saluto, perché
non abbiamo a diventare partecipi dei loro errori, secondo quanto
ha detto il beato Giovanni (2 Ep. lo. lO). Avvisate i fratelli che
stanno presso di voi. Quelli che stanno insieme con me 13 vi salutano.
il. SIMBOLO NICENO
5. Il simbolo niceno
Forse sotto l'influsso di Ossio di Cordova, suo consigliere in questa
fase della controversia, Costantino decise di demandare la risoluzione della controversia ariana ad un concilio ecumenico, cioè di vescovi di tutta la cristianità, il primo che sia stato mai riunito e che fu
convocato a Nicea, in Asia Minore, per il maggio 325. li 20 maggio,
presente lo stesso imperatore, cominciarono i lavori circa 250 vescovi, nella quasi totalità orientali. Su questi lavori siamo mal ragguagliati per la perdita degli atti ufficiali. Possiamo comunque ricostruire lo svolgimento del concilio in due momenti fondamentali. Nel
primo si mise in chiaro 1'eterodossia della dottrina divulgata da Ario
e i suoi sostenitori, tutti presenti ai lavori; nel secondo si giunse ad
una positiva affermazione della dottrina ortodossa. Questo secondo
momento fu molto laborioso, perché Ario e i suoi si rivelarono in
grado di accettare e interpretare in modo compatibile con la loro
dottrina varie formulazioni di fede che furono proposte: il Figlio
deriva da Dio; è potenza reale, immagine perfetta del Padre, ecc. A
questo punto, per sbloccare la situazione, nella coalizione antiariana,
formata da origeniani moderati e monarchiani, forse per iniziativa di
questi ultimi fu proposta l'adozione della proposizione secondo cui il
Figlio è homoousios col Padre, cioè della stessa sostanza. Abbiamo
già visto come Ario fosse contrario a questo concetto (cfr. testo n.
2); ma anche molti esponenti di tradizione origeniana lo avversavano
per la sua equivocità. Fu però approvato da Costantino che, col peso
della sua autorità, lo impose al concilio. Si giunse così, forse sulla
traccia di una più generica formula di fede presentata da Eusebio di
Cesarea (cfr. testo n. 6), alla stesura del simbolo niceno, redatto in
modo tale da escludere i punti centrali della predicazione di Ario.
Tutti, anche se più d'uno di mala voglia, sottoscrissero, ad eccezione
di Ario e dei suoi fedeli seguaci Secondo e Teona, che furono perciò
condannati ed esiliati.
99
li simbolo niceno si articola in due parti. La prima è una formula
di fede di tipo battesimale, debitamente adattata con l'inserzione di
alcune espressioni decisamente antiariane. La seconda parte è un
anatematismo (= formula di condanna) che condanna le proposizioni più qualificanti della dottrina ariana. Nella prima parte il Figlio è
detto della stessa ousia del Padre; nella seconda si condanna colui il
quale non affermi che il Figlio deriva dalla stessa ipostasi e ousia del
Padre. In tal modo, pur con formulazione ambigua, il concilio afferma l'identità di ousia e ipostasi, il che permetteva di interpretare
homoousios non solo nel senso che il Padre e il Figlio partecipano
della stessa ousia, un termine che sappiamo passibile di varia interpretazione (cfr. testo n. 2 nota 6), ma anche che essi sono di una
stessa ipostasi, affermazione che escludeva la dottrina delle tre ipostasi, largamente diffusa in oriente, e dava al simbolo significazione
decisamente monarchiana. Ciò spiega la riluttanza di molti ad accettare questo termine, al quale veniva anche obiettato di non essere di
origine scritturistica. Si ponevano così le premesse per la reazione
antinicena.
Per il testo del simbolo seguiamo l'edizione di H.G. Opitz, Urkunden zur Geschichte des arianischen Streites... , pp. 51-2.
IILcrt&UOfl&\I &Lç &\lCX e&0\1 , 1tCX't&PCX, 1to(\I'toxpo:'tOPCX, 1tO:\I'tW\I
OpCX'tW\I 't& XCXt &OpO:'tW\I 1tOLTj't'f]\I' XCXt dç ~\lCX XUPW\I 'ITjcrou\I
XPLcrtÒ\l 'tÒ\l ULÒ\l 'toG ewG, j&\I\ITje&\l'tCX &X 'toG 1tcx'tpòç flo\loj&vTj, 'tou't&crtw &X 'tijç 013crLCXç 'toG 1tCX'tpoç, e&Ò\l &X ewG, <pwç
5 &X <pW'toç, e&Ò\l &ÀTjeWÒ\l &X ewG &ÀTjewoG, j&\I\ITje&\l'tCX 013
1tOLTje&\l'tCX, OflooucrW\I 'tci> 1tCX'tpL, OL' oi) 'tiX 1t0:\l't0( &j&\I&'to 't0: 't&
&\1 013PCX\lci> XCXt 'tiX &\1 't1j
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ròv OL' ~flaç 'toùç &\lepW1tOUç XO(t
oLiX 't'Ì]\I ~fl&'t&PCX\l crW't7]pLCX\l xcx't&Àeo\l'tO( xcxi crcxpXWe&\l'tCX, &\lCX\lepw7t1jcrCX\l'tCX, 1tCXeO\l'tCX xO(i &\lcxcrtO:\l'tCX 't1j 'tPL't'lJ ~fl&P<1', &\I&ÀIO
eo\l'tCX dç 013PCX\lOUç, &PXOfl&\lO\l XpL\lCXL ~W\l'tcxç xcxi \I&XPOUç
XCXt dç 'tò &jW\I 1t\I&GflCX.
Toùç O~ À&jO\l'tCXç «Ti\l 1to't& o't& 013X Ti\l» Tj « 013x Ti\l 1tpt\l
j&\I\ITje1j» Tj « &ç 013X O\l'tW\I &j&\I&'tO» Tj &ç h&pcxç U1tocr'tO:cr&Wç Tj 013crLCXç <po:crxO\l'tCXç d\lO(L Tj xncrtò\l Tj 'tP&1t'tÒ\l Tj &À15
ÀOLW'tò\l 'tÒ\l ULÒ\l 'toG e&oG, 'toùç 'tOLOU'tOUç &vCXe&flO('tL~&L
XCXeOÀLxTj XCXt !X1tOcr'tOÀLXTj &XXÀTjcrLO(.
~
Crediamo in un solo Dio Padre onnipotente, creatore di tutte
le cose visibili e invisibili. E in un solo signore Gesù Cristo, il
Figlio di Dio, generato unigenito dal Padre, cioè dalla sostanza
del Padre!, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero",
generato, non creato, consustanziale al Padre, per mezzo del
quale sono state create tutte le cose in cielo e in terra. Egli per
noi uomini e per la nostra salvezza è disceso e si è incarnato, si è
fatto uomo, ha patito ed è risorto il terzo giorno, è risalito al
cielo e verrà a giudicare i vivi e i morti. Crediamo nello Spirito
santo.'.
Quelli che dicono": «C'è stato un tempo in cui non esisteva»
o «Non esisteva prima di essere stato generato» o «È stato creato dal nulla», o affermano che egli deriva da altra ipostasi o
sostanza o che il Figlio di Dio è o creato o mutevole o alterabile,
tutti costoro condanna la chiesa cattolica e apostolica.
SIGLE E ABBREVIAZIONI
AW
R. Casey, H. Lietzmann e M. li
(edd.).
Collana di Testi Patristici, Città Nuova, Roma 1976s
Dizionario Patristico e di Antichità Cristiane, Angelo
Berardino (ed.), 3 voll., Marietti, Genova 1983 - 19
[ournal of Theological Studies, Oxford.
Patrologiae Grecae cursus completus, accurante J.P.
gne, Paris 1857-1866.
Patrologiae Latinae cursus completus, accurante J.P.
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Rivista di Storia e Letteratura Religiosa, Firenze.
Sources Chrétiennes, Paris.
Vigzùae Christianae, Amsterdam.
Zeitscbrift [ùr Kirchengeschichte, Stuttgart.
= Athanasius Werke,
CTP =
DPAC =
JTS
=
PG
=
PL
=
RSLR =
SC
=
VC
=
ZKG
=
Atanasio
TRATTATI CONTRO GLI ARIANI
TRATTATO PRlMO
[ Ll.] È chiaro che tutte le eresie, che si sono allontanate dalI" \ "I ità, si sono escogitate una folle dottrina, e la loro empietà è già
.1.1 u-mpo nota a tutti. TI fatto che coloro che inventano tali dottriallontanino da noi mostra chiaramente, come già scrisse il beaI .. ( .iovanni a, che il pensiero di costoro non era e non è in accorolI' c on noi. [2.] Perciò, come disse il Salvatore, non raccogliendo
1I1',Il'me a noi disperdono insieme al diavolo b, osservando e atten,klldo coloro che dormono per spargere il loro mortale veleno ed
,1\ l'Il' dei compagni nella morte. [3.] L'unica ed ultima delle eresie,
""l'lla detta ariana, che è sorta adesso come precorritrice dell'AnIl' I isto, ingannevole e malvagia, vedendo che le sorelle maggiori, le
•• 11 Il' eresie, sono state apertamente macchiate d'infamia, come suo
1'.1.ile, il diavolo, ricorre alla simulazione citando le espressioni dell,' "initture c e si sforza di entrare nel giardino della Chiesa al fine
,II i ngannare, fingendosi cristiana, alcuni, inducendoli a nutrire
I Il -nsieri nemici di Cristo grazie alla forza persuasiva dei propri
1·.'lalogismi (non c'è infatti nulla di veramente razionale in essa).
(;ià ha ingannato alcuni fra i più semplici, in modo che questi non
." .lo sono stati corrotti da ciò che hanno udito, ma anche, come
I .va, hanno preso il frutto e lo hanno gustato, e da allora, nella proI .ria ignoranza, confondono l'amaro col dolce cl e definiscono buoIl;1 la ributtante eresia. [4.] Per questa ragione, esortato da voi 1, ho
!II '.I
I
I
a Cf. 1 Gv 2,20.
Cf, 1s5, 20.
b Cf. Le 11,2>; Mt 12, 30,
c Cf. Mt 4, Iss,
1 Per l'identità dei destinatari ai quali è indirizzato lo scritto si veda l'Inroduzione.
38
Trattato primo, 1-3
Trattati contro gli Ariani
ritenuto necessario squarciare le piastre dell' annatura e di quest
turpe eresia e far conoscere il fetore della sua stoltezza, perché c
loro che ne sono lontani la evitino ancora di più e coloro che n
sono stati ingannati si ricredano e, aperti gli occhi del cuore f,
rendano conto che, come la tenebra non è la luce né la menzogn
è la verità, così neppure è buona l'eresia ariana, [5.J e che anzi c
loro che chiamano cristiani gli ariani si sbagliano enormement
poiché non hanno letto le Scritture e non conoscono né la religio
ne cristiana né la sua fede.
[2.1.] Quale somiglianza hanno scorto fra l'eresia e la retta fe
de per asserire scioccamente che gli ariani non dicono nulla di ma
le? Con questo, è come se definissero cristiano Caifa, annoveras
sero fra gli apostoli Giuda il traditore, sostenessero che non han
no commesso nulla di male coloro che hanno chiesto Barabba g
posto del Salvatore e collocassero Imeneo e Alessandro fra color
che pensano rettamente e credessero che 1'Apostolo menta contr
di loro h. Ma un cristiano non potrebbe sopportare tali afferma
zioni né crederebbe sano di mente chi osa pronunziarle. [2.] C
me Mani presso i manichei 2, presso di loro c'è Aria al posto
Cristo, ed al posto di Mosè e degli altri santi si trovano presso
loro un certo Sotade (quello che è deriso anche dai pagani) 3 e
figlia di Erodiade i. [3.J Aria stesso, nello scrivere la sua Thali
39
,1.11 '11110 ha imitato il costume languido ed effeminato, dell'altra ha
il passo di danza mentre balla e scherza nelle bestemmie
""110 il Salvatore, sì che coloro che sono caduti nell'eresia ne
1'ltllIlO avuta la mente stravolta e pensano in modo contrario a ciò
, Ili" ~i deve pensare, mutano il nome del Signore della gloria ren,1.11,1010 uguale ad un'immagine di uomo corruttibile i, da allora in
l" Il ~i chiamano ariani anziché cristiani, ed hanno questo come se1!"11 distintivo della loro empietà. Non cerchino pretesti in loro di1",,1 né, una volta che sono accusati, inventino delle menzogne
l "III ro quelli che non sono come loro, chiamando i cristiani col
III une dei loro maestri perché sembri che in questo modo li si pos'.1 chiamare ariani, né scherzino, se si vergognano del loro turpe
uotne; se si vergognano, allora si nascondano o si allontanino dalL, loro empietà. [4.J Mai, infatti, un popolo è stato chiamato col
""Ille dei suoi vescovi, ma con quello del Signore in cui abbiamo
"', le: nonostante che i beati apostoli siano stati nostri maestri e ci
.d -hiano amministrato il Vangelo del Salvatore, non siamo stati
l luamati col loro nome, ma da Cristo siamo e siamo chiamati cri<11;lIli. Quelli che derivano da altri 1'origine della loro presunta fe,I,', giustamente derivano da quelli anche il loro nome, poiché soIlO cosa loro.
IlIlId;lto
I
[3.1.] Perciò, mentre tutti noi cristiani siamo e siamo chiamada Cristo, Marcione, che aveva inventato un'eresia fu un
nmpo espulso dalla comunità 4: coloro che restarono con colui
ile lo aveva espulso rimasero cristiani, mentre coloro che seguili I ali
h
e Cf. Gb 41, 5.
Cf. 1 Tm 1,20.
i
f Cf. Mt 6,22-23; Ef 1, 18.
Cf. Mc 6, 22; Mt 14, 6.
2 Mani (216-277ca) elaborò una dottrina di tipo sincretico fra concezi
ni giudeocristiane e indoiraniche. Stabilì una netta frattura fra AT e NT •
conducendo le due rivelazioni a due differenti principi ontologici, uno neg
tivo ed uno positivo (cf. DPAC s.v.).
3 Sotade di Maronea «celebrò» con una invettiva feroce e sarcastica l
nozze incestuose fra Tolomeo II Filadelfo e la sorella Arsinoe II; fu per qu
sto messo a morte dal sovrano. Non è sicura l'ipotesi di Kannengiesser (Ath
nase, CiL, 116) secondo la quale Sotade e i sostenitori di Ario sarebbero a
costati da Atanasio per la loro comune origine orientale. Per la Thalia cita
poco sotto si vedano le informazioni che sono fomite alla nota 14.
I
j
Rm 1.25.
4 Marcione (85ca-?), originario di Sinope nel Ponto, elaborò una dottribasata su una rigida frattura fra AT e NT, riconducendo l'uno ad una di.mità malvagia, l'altro ad una mite e buona alla quale sarebbe appartenuto
vnsto. Fu espulso dalla comunità mentre, a Roma, propagandava le proprie
.lottrine. Ancora fondamentale, al riguardo, A. Harnack, Marcion. das Evan,:,/ium vom fremden Gott, Leipzig 1924.
11.1
40
rana Mareione furono da allora chiamati non più cristiani ma mar
cioniti. [2.) Allo stesso modo anche Valentino 5, Basilide 6 Mani
Simon Mago I hanno trasmesso il proprio nome a coloro che .
hanno seguiti, tanto che questi ultimi vengono chiamati gli uni valentiniani, gli altri basilidiani, gli altri manichei ed infine simonia
ni; altri ancora, i catafrigi 8, sono così chiamati dalla Frigia, ed i no
vaziani da Navata 9. Così anche Melizio lO, espulso dalla comuni ~
da Pietro 11, vescovo e martire, ha fatto sì che i propri seguaci fos.,
5 Valenrino, di origine alessandrina, fu a Roma nel 140; di qui passò'
Oriente per poi farvi ritorno intorno al 160. Nella sua dottrina sincretica dJ;.
marca platonica postulò l'esistenza dì trenta eoni abbinati in coppie (pleroma .
che avrebbero poi dato origine al resto del mondo (cf. DPAC s.v.),
6 Basilide fu attivo al tempo di Adriano e Antonino Pio (117-161). Se.
condo la sua dottrina Dio, assolutamente trascendente e del quale nulla •
può affermare (neppure l'essere) avrebbe da~o origine al se~e. del mondo
contenente in sé tutte le cose. Sostennela teona delle emanazlomed una cn
stologia di tipo docetista (cf. DPAC s.v.).
I Simon Mago, originario di Gitton in Samaria e vissuto nel I secol
d.C; dette vita alla setta dei simoniani, secondo la cui dottrina Simone stess
sarebbe stato il sommo Dio, mentre Elena, la prostituta che lo accompagna
va, ne sarebbe stato il pensiero, creatore degli enti intermedi (cf. DPAC s.v.)
81 catafrigi o montanisti ebbero originein Frigia fra 155 e 160 ad ape
ra di Montano che sosteneva ili essere lo Spirito Santo. La setta vantava
possedere il dono della profezia e predicava come prossima la fine del mondo (cf. DPAC s.v.).
9 Mi pare che Atanasio voglia in questo caso alludere al prete roman
Novaziano che, subito dopo la persecuzionedi Decio (251) si oppose al n~
letto papa Cornelio assumendo una posizione rigorista circa la riammission
nella Chiesa dei lapsi. La confusione fra Novato e Novaziano è del resto fre'
quentissima negli autori cristiani antichi.
.
io Melizio fu vescovo di Licopoli nell'alto Egitto. Durante l'ultima per
secuzioneanticristiana 003-312), mentre Pietro d'Alessandria era ancora im:
prigionato, Melizio si fece interprete dì posizioni rigoriste nei confronti d
lapsi opponendosi alla condotta più tollerante dì Pietro e giungendo acrea
un vero scisma che si diffuse in modo piuttosto virulento in tutto l'Egitto.
11 Pietro d'Alessandria fu vescovo della città egiziana dal 300 al 311;
perseguitato, liberato nel 306 ed infine ucciso nel 311. Partecipò alla scuo
catechetica, e dì lui ci restano alcune opere, non tutte autentiche (cf. DPA .
s.v.).
Trattatoprimo, 3-4
Trattaticontro gli Ariani
41
.'1'1 .Iuarnati non pru cristiani ma meliziani; allo stesso modo
'tI!.lIl. I" Alessandro 12, uomo di buona memoria, espulse Aria dalL, . «numità, coloro che rimasero insieme ad Alessandro restarono
t ".I 1.111i, mentre coloro che insieme ad Aria uscirono dalla comu!1I1" h.inno lasciato a noi, che siamo in comunione con Alessandro,
1111"'Il~' del Salvatore, e da allora sono stati chiamati ariani. [3.]
l'il 'i"L'sto, anche dopo la morte di Alessandro, coloro che sono
iII ' «ruunione con Atanasio che gli è succeduto e coloro coi quali
\ r,1I1.ISio è in comunione hanno le stesse caratteristiche, né alcuni
,II "'si portano il nome di Atanasio né egli è chiamato col loro noItl' . 111;[ tutti insieme sono chiamati cristiani. Anche se abbiamo dei
"Il' • «ssori dei nostri maestri e diveniamo loro discepoli, avendo
''l'l'' vxo da essi l'insegnamento di Cristo, cionondimeno siamo e
01.11111) chiamati cristiani. [4.J Al contrario i seguaci degli eretici,
dlllill' se hanno diecimila successori, portano ugualmente il nome
.11, "lui che ha inventato l'eresia. Morto Ario, essendogli succeduIl 1I1lliri dei suoi, ugualmente, coloro che ne condividono le dottril'"~ Identificati a partire da Aria, sono chiamati ariani. [5.J Prova
'd ''l'l·facente di tutto ciò è il fatto che, mentre i pagani attuali, enIl.un lo in seno alla Chiesa ed abbandonando il culto superstizioso
'''I ,-onfronti degli idoli non assumono il nome di coloro che li cati' Ilizzano ma quello del Salvatore e, da pagani che erano, inizia1111 .Id essere chiamati cristiani, quelli che si accostano a costoro o
'ill.lIlti dalla Chiesa passano all'eresia, abbandonano il nome di
• r ISto e vengono da allora chiamati ariani, poiché non hanno più
I., kde in Cristo ma sono divenuti eredi della follia di Aria.
l
14.1.] Come potrebbero dunque essere cristiani coloro che
sono cristiani ma folli seguaci di Aria? 13. O come fanno par.Iclla Chiesa cattolica coloro che hanno scosso la fede apostoli-
111111
I,·
12 Per
Alessandrosi veda l'Introduzione.
!raduco a questo modo il gr. Areiomanùai, ma risulta impossibile la
" ',' italiana del gioco di parole fra i termini greci Areìos (Ariel e AreI, dio
.1.1 LI guerra e della discordia.
. I)
42
Trattati contro gli Ariani
Trattato primo, 4-5
ca e, divenuti inventori di nuovi mali k, hanno abbandonato le rivelazioni delle Sacre Scritture ed hanno chiamato «nuova sapienza» la Thalia di Ario? Fanno bene, d'altro canto, a chiamarla cosi:
annunciano infatti una nuova eresia. [2.] C'è da meravigliarsi:
mentre molti hanno scritto molti trattati e moltissime omelie sull'Antico e sul Nuovo Testamento, non si è trovata nessuna Tbalia]
presso alcuno, neppure fra i più seri dei pagani, ma solo presso'
quelli che cantano tali melodie nei conviti fra gli applausi e i lazzi
scherzosi, per essere derisi dagli altri; Aria, quell'uomo incredibile, non ha imitato da loro nulla di serio, ma, ignorando ciò che è
proprio di un uomo onesto, rubacchiando qua e là dalle altre eresie, ha emulato soltanto le espressioni ridicole di Sotade. [3.] Se
voleva danzare contro il Salvatore, del resto, cosa doveva fare, se]
non disporre le proprie infelici empie parole in melodie dissolute
e languide? Questo perché, come dice la Sapienza: Dalle sue parole si riconoscerà l'uomo I, così, da questo, si riconosca il carattere
non virile dell' anima dell' autore e la corruzione della sua mente.
[4.] Infatti quest'uomo ingannatore non è rimasto nascosto, ma
come il serpente, pur volgendosi spesso qua e là, è caduto nell'errore dei Farisei. [5.] Come quelli, infatti, volendo violare la Legge,
fingevano di meditame le parole e, volendo negare il Signore, at-i
teso e presente, fingevano di chiamarlo Dio ma venivano srna-ì
scherati quando bestemmiavano contro di lui dicendo: Perché tu'
che sei un uomo ti fai Dio e dici io ed il Padre siamo una cosa sola? m, così Ario, mascherato e sotadeo, finge, sì, di parlare di Cri:
sto come di Dio, citando le parole delle Scritture, ma è da og .
parte confutato come ateo poiché nega il Figlio n e lo annovera fra
le cose create.
'" I )jo,. d~i figli san!i, ortodossi, che hanno ricevuto lo Spirito
',/1110 cII DlO; questo ro ho appreso da coloro che partecipano del1.1\'IJ HCnza, persone raff~ate, istruite circa le cose di Dio e sagge
Il, (l1~1l1 cosa. lo ho camminato sulle loro orme, conformemente alI. I. '1'0 ?p~io~i, io, il famoso, colui che molto ha sofferto per la
.d,>/u di DIO, 10 che possiedo la sapienza e la conoscenza per aver/. .ipprese da Dio» 14. [2.] Tali sono le sciocchezze che egli fa riili<J1I<l.re nella sua o~era, sciocchezze da fuggire e piene di empieI., ., Non sempre DlO fu Padre, ma ci fu un tempo in cui Dio era
".I, " c non era ancora Padre, mentre solo in seguito divenne Pa-
[5.1.] Questo è l'inizio della Thalia e delle chiacchiere vuote]
di Ario, inizio caratterizzato da un andamento e da una melodia'
effeminata: «Secondo la fede degli eletti da Dio, che comprendok Cf. Rm 1,30.
n Cf. 1 Gv 2,23.
I Cf. Sir 4, 24; 11,28; 19,29.
43
14 Thatia (=o ~l B.-anchetto) , fr. 1 Bardy (cf. G. Bardy, La Thalie d'Arius, in
H, \ 11l' de ~hilologle ) 3 [.1927]). A giudicare dal tono magniloquente delle di.
, II 1.1 r.iziom programmatlche e autobiografiche dell'autore si può facilmente
Il, I "Iosc;re - co~e ~ effettl fanno tutti gli esegeti - nel frammento il proe""" l'elI oper~ di Ano. La tes~imonianza è riconducibile ad un tipo di arte
'''' /Iosa e raffrnat.a: nel proemio, ad esempio, si leggono in acrostico le paro/. "!l'Che KCX,CX ,OD (cf. W Weyh, in Byz. Zeit. 20 [1911], 139ss.). Difficile ri.IIIL.' la comprensione della struttura metrica che sorregge la versificazione
,l,II opera: secondo Ma~s e Bardy (cf. La Thalie, cit., 214 n. 1) il presente
',.lIllmento sarebbe da ricondursj allo schema esarnetrico (in questo caso il
, ,II ,H tere «sotadeo» dell'opera disprezzato da Atanasio sarebbe da identifi
, ·'''1 non nel metro ma nello stile e nell'ispirazione del testo)' al contrario se, ," "lo autorevoli studiosi come Loofs, Wilamowitz (cf. Bard~ La Thalie ~it
'l' n. 1) e M. West (The metre of Arius' Thalia, JTS 33 [1"9821, 98-l()5) ~i
1\ «bbero del tetrametri ioni ci (il sotadeo, appunto). Dato lo stato di conser\ "/Ione del testo ed il carattere assai libero delle citazioni fattene da Atanasio
1,lIl1rnesso che quest'ultimo leggesse l'opera nella sua interezza e non soltanl' ~ "l'gli estratti) risulta ardua una presa di posizione sicura: non si esclude
,I .iltro canto, neppure l'ipotesi che si tratti di un'opera di carattere misto o
"" prosimetro. Parimenti nell'incertezza restano il momento ed il luogo in cui
I "l'era fu composta: poco cogente pare l'osservazione di Kannengiesser (Où
, ! .iuand A:lUs c~mposa-t-fl la Thalie?, in Kyriakon Festschrzft f. Quasten,
vlunster 19/0: 34/ss.) per il quale l'opera, in tutto e per tutto frutto della cullilla alessandrina, ~on p~ò che essere stata composta ad Alessandria e per un
I ,,,bbhco alessandrino, d altro canto l'accenno fatto da Ario alle proprie sofl'll'nze s~mbrerebbe presupporre (ma anche questo non è del tutto certo: cf.
I, Bellin~, Alessandro e Arzo. U~ esempio di conflitto fra fede e ideologia, Jaca
I '\lok, Milano 1974,37) la cacciata da Alessandria e l'esilio a Nicomedia.
eli
44
45
Trattati contro gli Ariani
Trattato primo, 5-6
dre 15. [3.] il Figlio non esistette sempre, ma, poiché tutto ha avuto origine dal nulla e tutte le cose nate sono creature ed opere, anche il Logos stesso di Dio ha avuto origine dal nulla e c'era un tempo in cui non esisteva, e non esisteva prima di essere fatto, ma anch'egli ha avuto un inizio un principio del suo essere creato 16. [4.] .
Dio infatti - così dice - era solo e non c'era il Logos o la Sapienza. Poi, volendo crearci, dette vita ad un' entità, e la chiamò Logos,
Figlio e Sapienza per poterei creare tramite lui» 17. [5.] Aria sostiene inoltre che due sono le Sapienze: una è quella propria e coesistente con Dio, mentre il Figlio è nato in questa Sapienza e, poiché partecipa di essa, è stato soltanto chiamato Sapienza e Logas 18. «La Sapienza infatti - dice - ebbe sussistenza grazie alla sapienza per volere di Dio, che è sapiente» 19. [6.] Così egli sostiene
che c'è in Dio un altro Logos oltre il Figlio talché, partecipando di
questo, il Figlio è stato anch'egli chiamato, ma per grazia, Logos e
Figlio 20. [7.J Questa è la concezione propria della loro eresia, dichiarata anche in altri loro trattati, secondo i quali «molte sono le
potenze: fra di esse una sola è per natura propria di Dio ed eterna, mentre Cristo non è una vera potenza di Dio, ma è anch'egli
1111,1, lclle cosiddette potenze, fra le quali figurano anche la locusta
lil il bruco 0; fra queste Cristo non è chiamato solo "potenza" ma
.111. II(' "grande potenza"; le altre sono molte e simili al Figlio, e riflll.II.iO ad esse David canta P: Signore delle potenze 21. [8.] Per naIII r.r. come tutti, del resto, il Logos è mutevole e a causa del suo liI" III arbitrio resta buono finché vuole; quando vuole, però, an11l')~li, come noi, può mutare, essendo di natura mutevole. Per
'1"('sro - dice - Dio, sapendo già in precedenza che sarebbe stato
t,", ino, prevenendolo, gli ha dato questa gloria che in seguito eb\.;- l~rJzie alla propria virtù: perciò in base alle sue opere, che Dio
«uosceva in anticipo, lo fece nascere tale» 22.
15 Molte delleinformazioni relativead Ariononché alcune immagini (cf.
1,7,2) contenute nel trattato atanasiano trovano precisi corrispondenti nella
lettera enciclica Henòs sòmatos di Alessandro d'Alessandria (in particolare
parr. 7-12, trad. Simonetti, Il Cristo, voI. TI, Fondazione Lorenzo VaIla, Milano 1986, 85). Si può pensare ad un debito di Atanasionei confronti del pre-
decessore, oppure che Atanasio stesso abbia contribuito alla stesura dell'enciclica(per cui cf. AW 1, 2, 102).
16 Tbalia, fr. 3 Bardy.
17 lbid., fr. 4 Bardy. Vinzentha ricondotto la porzione di testo al Syntagmation di Asrerio (fr, 73).
18 Ibld., fr. 5 Bardy, Ma la distinzione fra la «vera potenza» di Dio e
quella rappresentata da Cristo, secondario rispetto a quella, richiamal'argomentare di Asterio (cf. CA 2, 371, per cui Vinzent ha supposto con un buon
margine di probabilità che la porzione di testo qui citata facesse parte del
Syntagmatton di Asteria (fr. 65).
19 Ibid., fr. 6 Bard)'.
20 Ibid., fr. 7 Bardy
I
I
[6.1.] Egli osò anche affermare che il Logos non è vero Dio.
'''' anche è definito Dio, non lo è veramente, ma lo è solo per parInipazione di grazia, e come tutti gli altri così anch'egli è detto,
111;1 solo nominalmente, Dio. [2.J Come tutte le cose sono estranee
l' ,Iitferenti da Dio nella sostanza, cosi anche il Logos è estraneo e
•Idferente in tutto dalla sostanza e dalla proprietà del Padre: egli
II.I le caratteristiche delle cose fatte e delle creature, ed è una di es',l' .' i. [3.] Oltre a ciò, divenuto, per così dire, erede dell' ardire del
.liavolo, ha scritto nella Thalia che il Padre risulta ineffabile al Fil'lio e che il Logos non può neppure conoscere perfettamente e
precisamente il proprio Padre, e che anche ciò che conosce e che
vede lo sa e lo vede in maniera proporzionata alle proprie forze,
(ome noi conosciamo secondo la nostra natura 24. «E infatti il Fil',lio - dice - non solo non conosce esattamente il Padre (gli man-
° Cf. GI 2, 25.
21
22
P
Sal 24, IO.
Ibid., fr. 8 Bardy.
Ibid., fr, 9 Bardy. Vinzent suppone che anche questa porzione di te-
-to derivi dal Syntagmation di Asteria (fr. 43).
23 Ibid., fr. lO Bardy. Anche in questo casola porzione di testo è stata
condona all'opera di Asterie (fr, 63 Vinzent).
2--1 Ibid., fr. Il Bardy.
n-
46
47
Trattati contro gli Ariani
Trattato primo, 6-7
ca infatti la facoltà di comprenderlo) ma anche ignora egli stess
la propria sostanza» 25; [4.] sostiene inoltre che «le sostanze d
Padre del Figlio e dello Spirito Santo, per natura, sono fra loro dio.
vise, estranee, disgiunte, differenti e incapaci di partecipare fra loro» 26 e, come Ario stesso ha detto, «sono fra loro del tutto e infi-l
nitamente diversi per sostanza e per gloria». [5.] «TI Logos - coss
egli dice - per quanto concerne la somiglianza nella gloria e nell F
sostanza è in ogni modo estraneo ad entrambi», cioè al Padre ed
allo Spirito Santo 27 (con queste stesse parole lo ha sostenuto l'ern-]
pio) ed il Figlio - dice ancora - è «di per sé diviso ed incapace in
ogni cosa di partecipare del Padre». Queste sono solo parti delle
favolette contenute nel ridicolo trattato di Ario.
lontro il nostro comune Signore, e che egli sopportò volontaper noi, si volse altrove e, ritraendo i suoi raggi, rese quel
iii, 'III.) privo di sole s. Di fronte alle bestemmie di Ario come potrà
11111.' il genere umano non essere colpito da afasia e non chiudere
" "I «cclue e gli occhi t per non ascoltare tali empietà e non vedere
il 1,,10 autore? [3.] TI Signore stesso non potrebbe ancor più giuoUllwnte gridare contro costoro, empi e ingrati, ciò che predisse
l'II l.occa del profeta Osea: Guai a loro, poiché si sono allontanati
.l. 11fr" In/elio; poiché hanno commesso empietà contro di me.' lo li
f,,, l'lm/icati ed essi hanno pronunciato delle menzogne contro di
"ti' ". e poco dopo: Hanno macchinato cose malvagie contro di me,
"f,1 li sono volti verso il nulla v, Essi infatti, allontanandosi dal vero
I •,gos di Dio e plasmandosene uno che in realtà non esiste, sono
.r.luti nel nulla. [4.] Per questo, infatti, il concilio ecumenico
"!,'llse Ario dalla Chiesa a causa di queste proposizioni e lo anateui.uizzò, non tollerandone l'empietà. Da allora l'errore di Ario fu
I • msiderato eresia, ancora più grave delle altre, poiché fu chiamato
-ucrnico di Cristo» e fu definito «precursore dell'Anticristo» 29.
I ').1 Anche se, come ho detto, un tale giudizio contro l'empia ere'LI è sufficiente a convincere tutti a fuggirla, ciononostante, poiché
.ilcuni dei cosiddetti cristiani, o per ignoranza o per ipocrisia, come
" è detto prima, ritengono che l'eresia non sia differente dalla verità e chiamano cristiani coloro che nutrono tali opinioni, interrol'andoli, secondo le nostre possibilità, vogliamo mostrare la malva!,.ità dell'eresia. Forse così, impossibilitati, taceranno e fuggiranno
(Ii fronte all'eresia come si fugge davanti al serpente w.
[7.1.] Chi, dunque, udendo tali affermazioni ed il canto della
Thalia non avrebbe ragione ad odiare Ario che, come se fosse sulla scena, scherza su tali argomenti? 28. Chi non vede che costui,
mentre sembra che pronunci il nome di Dio e parli di lui, è in realtà uguale al serpente che consigliò la donna q? Chi, leggendo il seguito, non vede che l'empietà di Ario è come la frode nella quale il
serpente coi suoi sofismi attirò la donna? Chi non si stupisce di
fronte a queste bestemmie? [2.] TI cielo, come dice il profeta r, si
stupì e la terra tremò per la violazione della Legge; il sole, ancora
più indignato, e non sopportando la violenza fisica che fu perpe-
q
Cf. Gn 3, 4.
r
Cf. Ger 2, 12.
Ibid, fr. 12 Bardy.
Ibid., fr. 13 Bardy.
27 Ibid., frr. 14-15 Bardy.
28 È sulla base di asserzioni come questa che alcuni studiosi moderni (le
cui opinioni sono riportate e discusse da Wyss, cit., 243-244) hanno pensato
che la Thalia fosse un dramma liturgico o un'opera teatrale. D'altra parte,
poiché la stessa espressione è utilizzata nella Vita di Antonio (28, 9) in riferimento alle apparizioni dei demoni, si dovrà concludere che essa non sta ad
indicare il carattere recitativo dell'opera di Aria, ma l'ispirazione "diabolica"
dell' eresiarca e di coloro che ne sono al seguito.
25
26
Il.11 d
110111 «nt c
I
sCf.Lc23,45;Mc13,24.
" Cf. Sir 21, 2; Tt 3, 10.
tls29,1O.
uOs7,13.
"Cf.Os7,15.
29 È prassi diffusa presso gli eresiologi antichi quella di definire come la
più grave l'eresia che è in discussione. Lo stesso dicasi di titoli come "precursore dell' Anticristo" e della constatazione della recenziorità dell' eresia rispetto alla sana dottrina. Il concilio ecumenico cui Atanasio allude nel passo
presente è ovviamente quello di Nicea del 325.
48
Trattati contro gli Ariani
Trattato primo, 8-9
i
[8.l.] Se dunque, poiché Ario ha riportato nella sua Thalia
cune espressioni tratte dalla Sacra Scrittura, per questo credono ch
quelle parole blasfeme siano pie, allora, vedendo che i giudei di og
gi leggono la Legge e i profeti, negheranno insieme ad essi il Cristo
e, udendo i rnanichei che leggono solo alcune parti dei Vangeli, ne
gheranno insieme a loro la Legge ed i profeti. [2.] Se per ignoranz
sono così preda della tempesta dell' errore e asseriscono scioccamente tali cose, apprendano dalle Scritture che anche il diavolo che
ha esc~gitato le eresie, a causa deI fetore della sua malvagità prende
a prestito le parole delle Scritture per disseminare il proprio veleno
usandole come copertura e ingannare in tal modo gli inesperti.
Così ingannò Eva, così dette vita 30 alle altre eresie, così spinse Aria
a parlare e simulare opposizione ad esse per disseminare la propria
eresia senza dare nell' occhio. [4.] Tuttavia l'empio neppure in ques~o modo poté restare nascosto ma, commessa empietà nei confronti deI Logos, rimase subito privo di tutto, apparve chiaro a chiunque
che ignorava tutte le altre cose e che, non nutrendo alcuna opinione verace, ricorreva alla finzione. [5.] Come potrebbe infatti avere
opinioni vere circa il Padre colui che nega il Figlio, che è proprio colui che rivela il Padre? E come potrebbe avere rette opinioni circa
lo Spirito Santo colui che bestemmia contro il Logos, che è colui che
concede lo Spirito Santo? Chi potrebbe credere ad Ario quando
pa:-Ia dell~ resu~rezione, se nega il Signore, che è divenuto per noi il
pnm~gellito d~ ~orti x? Come, ignorando la genuina e verace generazìone deI FIglio dal Padre, non errerà anche a proposito della
sua presenza nella carne? [6.] Allo stesso modo anche i giudei di un
tempo, negando il Logos e dicendo: Non abbiamoaltro rese non CesareY, furono subito privati di tutto Z e restarono senza la luce della
lucerna, senza il profumo dell'unguento, senza la conoscenza della
profezia e senza la verità stessa, in modo che adesso, non compren-
[3.r
x
Cf. Coll, 18.
Y Gv
19, 15.
z
Cf. Ger 25,9-10.
30 Leggo «dette vita» in luogo di «ingannò» accolto dagli editori Metzler e Tetz: cf. CA 1,22,4.
.ltll.1
49
nulla, sono come coloro che camminano nelle tenebre. [7.]
da dove e da chi gli adulatori e corudito tali idee? Chi insegnò loro tali
tll'l' 1111~" quando venivano catechizzati? Chi mai disse loro: «Cessa" ,II .r.lorare la creazione ed accostatevi di nuovo al culto di una
t" iii Il ra e di una cosa fatta?». [8.] Se essi riconoscono di aver udi.11) adesso tali dottrine, allora non neghino che questa eresia è
f "II .uica e che non è derivata dai padri: ciò che non deriva dai paolll, Illa è stato inventato solo adesso, cos' altro sarà se non ciò che
l'I<' Iissc il beato Paolo dicendo: Negli ultimi tempi alcuni si allonta1I
III
ni.ri ha udito tali cose? O
HII/I "q~lJaci dell' eresia hanno
I
'II
" •
'i. '.111110 dalla fede sana, prestando orecchio aglispiriti dell'errore e al-
I /1/ \r·.~llamento dei demoni>', [nell'ipocrisia di coloro che dicono cose
1,,/,,. che hanno la coscienza marchiata a fuoco] aa e che si allontanano
./,,//,1 rerità ab,
19.1.] Noi invece parliamo liberamente sulla base delle Sacre
circa la fede pia e poniamo, per così dire, la lucerna sul
i'l' crniere v dicendo: il Figlio è vero per natura e autentico deI Pa•Il c, appartenente alla sua sostanza, Sapienza unigenita, Logos veIl' nl unico di Dio 32; [2.] non è una creatura né ur~a cosa fatta, ma
, ,'.l'nerato e appartenente alla sostanza del Padre. E vero Dio, per\, I III ure
ua
l Tm 4, 1.
ab Tt l, 14.
ac
Cf. Mt 5,15.
31 Le parole seguenti sono espunte nell' edizione che ho tenuto come ri"Ilmento; potrebbero costituire un'interpolazione operata ili base ~ c~n­
I" 1IHO col testo paolino così come potrebbero essere state realmente ~sente:
,I., Atanasio nel proprio dettato, Come già si è osservato la constatazione ~
«ccnziorità dell' eresia rispetto alla sana dottrina è topica nella letteratura cn.u.ma, Per lo stesso concetto suffragato dalla stessa citazione si veda Alessan,IlO d'Alessandria, Henòs sàmatos 18 (trad, Sirnonetti, Il Cristo, cit., 89-90),
32 Nell'argomentazione del presente paragrafo Atanasio contraPI?one al
, omportamento ambiguo e sfuggente degli ariani la schiettezza e ,la chIar~zza
.iclle proprie asserzioni (nel testo greco parresiazometba). La dichiarazione
l' rogrammarica richiama il cap. 2 dell'opera Contro i pagani ove ~econdo Ata11ClSio, l'uomo, prima del peccato originale, si sarebbe trovato, ns!?~tto a DIO
1\1 un rapporto di sincerità iparresiai, innocenza e audace familiarità.
50
Trattati contro gli Ariani
ché è consustanziale del vero Padre 33. Quanto alle altre sostanz
alle qu~ ha detto; lo ve l'ho detto: siete dei ad, esse ottengono que
sta. ~razla dal Padre solo per partecipazione al Logos tramite I
Spirito Santo. Egli infatti è impronta della sostanza del Padre ae
luc~ da luce, potenza ed immagine vera della sostanza del Padrd
li SIgnore afferma anche altrove lo stesso concetto: Chi ha visto m .
?a VI~to il Pa.dre af [3.J .Sem~r~ era ed ~ e non ci fu mai un tempo
m C~I non esisteva. Se, infarti, il Padre e eterno, saranno eterni anche il suo Logos e la sua Sapienza. [4.J Cosa citano essi della odiosa Thal:Cz? Per prima cosa la leggano, imitando il carattere dell'autore affmché, anche se derisi dagli altri, comprendano in che errore ~ono caduti e poi parlino. Cosa potranno citare di essa se non:
«I?1O non fu sempre Padre ma solo dopo lo divenne; il Figlio non
eSlstet,te semp.re, dato che non esisteva prima di essere generato 34.
[~.J ~on denva dal Padre ma anch'egli ebbe origine dal nulla.
Non e appartenente alla sostanza dei Padre: è infatti una creatura
e ~ma cosa cre~ta. ~ Cristo non è vero Dio, ma anch'egli divenne
DIO per parteClpazIOne. [6.J Il Figlio non conosce esattamente il
Padre, né il Logo s ~ede esattamente il Padre né comprende o conosce esat~amente il Padre; n~n è infatti il vero e solo Logos del
Padre ~a.e detto Logos e Sapienza solo nominalmente, mentre è
detto FiglIo e potenza per grazia. [7.J Non è immutabile come il
Padr~ ~à ~ mutevole per natura, come le cose create, e non ha la
capacita di conoscere perfettamente il Padre». [8.J Quest'eresia
ad
Sal 82, 6.
ae
Cf. Eb L 3.
ai Cv 14, 9.
.33 Si ha in questo punto l'unica occorrenza, in tutti e tre i trattati del
terrmne bomoousios. In effetti, come osserva Sirnonerrì (Ancora su hom~ou­
s:os a proposito di due recenti studi. in Veto Chr. lì [1980], 88-89) «hornouSIOS, COSI poco attest~to prima. ~i Nic.ea, lo fu ancora meno, o meglio per nulI~ affatto, nel decenni successivi, sia in Occidente sia in Oriente». Sarà infatti soIo,d.opo ~ lungo ~ilenzio che Atanasio, al tempo de Il credo di Nicea, riIancera il termine san ma dai padri di Nicea.
34 Cf. Thalia, fr. 3 Bardy.
Trattato primo, 9-10
51
""II .. \ rcdibile e non ha nulla di convincente, ma, contro ciò che è,
.i
ìlll('lltJ ciò che non esiste e diffonde ovunque bestemmie anziché
"" I t , rrole. [9.] Se, dunque, a qualcuno che avesse esaminate en-
IloIlllk le posizioni venisse chiesto quale fede sceglierebbe o quali
gli adulatoIl. kll'cmpietà, che cosa dovrebbe rispondere uno che venga inter.",'..llll a proposito Dio (e li Logos, infatti, era Dio ag)? Lo si com1'/f'llderà da questo e da entrambe le soluzioni proposte. [lO.J Che
I "".1 conviene dire: «era» o «non era»? «Era sempre» o «prima di
n'.nl' fatto»? «Eterno» o «dal momento in cui» e «da quando»?
., \,(' ro» o «per adozione» e «per partecipazione» e «secondo il pen<I. '111») Definirlo una delle cose fatte o annoverarlo insieme al Pa," C" Conviene pensare che sia differente dal Padre secondo la so''',lilla o che sia uguale e Logos proprio del Padre? Che sia una
, Il·,ttura o che tramite lui abbiano avuto origine le creature? Che
"1.1 il Logos del Padre o che ce ne sia un altro oltre a lui, e che que',Ii> abbia avuto origine tramite quello e tramite un'altra Sapienza?
I I w sia stato soltanto chiamato Sapienza e Logos e che fu fatto par1('(lpe di quella sapienza e secondo dopo di essa?
"I !l' I Illazioni crederebbe convenienti a Dio, mi dicano
[lO.1.J Le parole di chi dunque spiegano Dio e mostrano che il
.stro Signore Gesù Cristo è Dio e Figlio del Padre? Quelle che voi
.ivcte vomitato o quelle che noi abbiamo detto e diciamo sulla base
klle Scritture? [2.J Se dunque il Salvatore non è Dio né Logos né
liglio, vi sia concesso, come ai pagani e ai giudei di oggi, di dire ciò
, ile volete; ma se è Logos del Padre e Figlio vero ed è Dio da Dio e
i.cnederto sopra tutte le cose nei secoli ah, come non è giusto allora
Li r sparire e cancellare tutte le altre parole e la Tbalia di Aria, in
quanto immagine di mali e piena di ogni empietà? Colui che si imI latte in essa non sa che vi periscono i giganti nati dalla terra e che
la incontro alle profondità dell'inferno ai. [3.J Lo sanno anch'essi,
ma nella loro malvagità lo nascondono, e, non avendo il coraggio di
pronunciare queste parole, ne profferiscono altre al loro posto. Se
Il'
I
ag Cv l, l.
ah Cf.
Rm 9,5.
ai
Cf. Prv 9, 18.
52
Trattati contro gli Ariani
solo le pronunciassero sarebbero subito condannati e se anche fos
sero sospetti di credere ciò sarebbero subito respinti da tutti con l .
confutazioni desumibili dalle Scritture. [4.] Per questo, essendo fi •
di questo mondo aj ed alimentando, nella loro malvagità, quella eh
credono la loro lucerna con olio di oleastro, temendo che si speng
presto (La lucedegliempi - dice la Scrittura - si spegne ak) la nascondono sotto il maggio dell'ipocrisia al e dicono altre parole; alludon
alla protezione garantita dai loro amici ed agitano lo spauracchio di
Costanzo 35 perché coloro che si avvicinano ad essi, per effetto di
questa finzione e di questa ostentazione, non vedano la lordura dell'eresia. [5.] In che modo quest'ultima non potrebbe essere degna di
odio, dato che è celata anche dai suoi adepti, poiché non ha libertà
di parola, e si riscalda come un serpente? Da dove hanno tratto queste loro parole? Dopo averle prese da chi hanno il coraggio di pronunciarle? Sicuramente, non potranno identificare nessuno degli uomini con colui che ha suggerito loro tali dottrine. [6.] Chi c'è infatti,
greco o barbaro, che osi annoverare fra le creature quello che ricon?sce come Dio e che affermi a suo riguardo: «Non esisteva prima
di essere fatto»? Chi c'è mai che, a quello che crede Dio, non crede
più quando lo sente dire: Questo è il Figlio mio prediletto aro, ma afferma che non è figlio ma creatura? 36. Tutti si sdegneranno contro
coloro che delirano tali cose, dato che, peraltro, non hanno alcuna
aj Cf. Lc 16.8.
aro Mt 17,5.
ak Gb 18,5.
al Cf. Lc 11,33; Mt 5, 15; Mc 4, 21.
Trattato primo, 10-11
53
,htoì il" .r/roue nelle Scritture. Già più volte si è mostrato, e si moIhf" ,I ,II Il he adesso, che tali asserzioni sono estranee alle Sacre ScrittUh l i I Poiché non resta loro altro che ammettere che hanno trattu ,1,.1 ,".Ivolo le loro follie (solo il diavolo potrebbe disseminare tali
fL., 11111" ), orsù, opponiamoci a questo (la nostra lotta infatti, pur neIId l" l'" III;! di costoro, è rivolta contro il diavolo an), perché, con l'aiuh' .1,1 Signore, quando il diavolo, come è solito, cadrà sotto i colpi
.\.11, " .nlurazioni, gli ariani si vergognino vedendo in difficoltà colui
II" Il,1, lisseminato la loro eresia, e comprendano, anche se tardi, che
.,••, 1111" ariani non sono cristiani 37.
111. I.] Avete detto e pensate, su suggerimento del diavolo, che
III} tempo in cui il Figlio non esisteva 38: questo è il primo velo
,I, I \"~l ro pensiero che bisogna far cadere. [2.] Ditemi, o empi e
1,1,.·.i.-IIlÌ, cosa esisteva allora, quando il Figlio non esisteva? Se dite:
-Il l '.«!«,», la vostra bestemmia è ancora più grande, poiché non si
I ''l' l, lire: «Allora c'era» o indicarlo con l'espressione «allora»39; egli
1101,1111 l' sempre, ed è anche adesso, ed è insieme al Figlio, ed egli è
,
l
l,I
'" Cf. Ef 6, 12.
\, Termina a questo punto la sezione introduttiva al trattato, contenen" l'II .stratti della Tbalia e gli slogan ariani. Questa sezione, stando all'anali" ,II Kannengiesser, sarebbe stata inserita da Atanasio nel corso della secon.L, l.r-,c di elaborazione del trattato.
;,~
La formula è già comparsa in CA 1,5,3. Essa, perlomeno nella forma
.,," »iica in cui si diffuse in seguito, non compare negli scritti superstiti sicura-
35 Flavio Giulio Costanzo 017-360, secondo figlio di Costantino, ottenne alla morte del padre (22 maggio 337) la patte orientale dell'impero e rimase
a pattIT~ dal 351 unico imperatore. Ereditando dal padre l'uso di ingerire, in
quanto ~'llperato~e, anche nelle questioni più specificamente ecclesiastiche, prese posizione ora !Il modo apettamente favorevole agli eusebiani, ora in modo
più ambiguo e neutrale. Quello del presente passo è uno dei pochi riferimenti
presenti nel trattato alla realtà contemporanea che ne permetta la datazione.
36 Co~e suggerisce Meijering (Die dritte Rede II, cit., 282) la presente
argomentazione trova una perfetta corrispondenza con quella sviluppata da
Atanasio ne Il pensiero di Dionigi 2 (AW 2, 1,47).
u u-nt c attribuiti ad Ario. Già in uso nella filosofia neoplatonica nelle discussio'" ,<'Iative all'eternità del mondo (Alcinoo, Didaskalikòs 14,3) essa era stata utih. -.rta da Origene (I Principi 4,4, 1) ma in senso contrario a quello di Ario, ov" '" per affermare l'eternità del Figlio (M. Simonetti, Il Cristo, cit., 551-552;
I l' Meijering, "Hv note D'tE OÙK ~v 6 ulòç, VC 28 [1974], 161-168).
39 In base al confronto con Platone, Parm. 140e; Tim. 37e, Meijering
'I trtbodoxy and Platonism, cir., 58ss.J suppone che l'argomentazione atanar.uia per cui la divinità non partecipa del tempo sia di ispirazione platonica.
:'; l "l bisogna però dimenticare che il concetto era largamente diffuso nel penwro cristiano fin dalle origini: cf. Origene, I Principi 4,4, 1; 2, 2, 1; Ireneo di
I ione, Contro le eresie 2, 16,4; Atanasio, CA 2,33.
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