Leonhard Euler (Eulero) nato a Basilea, Svizzera, il 15 aprile 1707 morto a San Pietroburgo, Russia, il 18 settembre 1783 Fu uno scienziato incredibilmente prolifico ed eclettico. Vantava una straordinaria capacità di elaborazione mentale ed una prodigiosa memoria, grazie alle quali riuscì a mantenere per tutta la vita un ritmo produttivo elevatissimo, nonostante le movimentate vicende familiari – si sposò due volte ed ebbe tredici figli – e malgrado la cecità, che lo accompagnò negli ultimi diciassette anni della sua esistenza. Il suo primo insegnante di matematica fu il padre Paolo, pastore calvinista e parroco di Riechen, un paesino svizzero situato alle porte di Basilea. Il suo secondo insegnante fu Johann Bernoulli, che gli diede, per un certo periodo di tempo, lezioni private. Leonhard prese un tale gusto alla materia che vano fu il tentativo del padre di farne un religioso: il giovane si iscrisse all’Università per studiare ebraico e teologia, ma, sotto l’influenza dei Bernoulli, finì per scegliere definitivamente la strada della matematica. Non v’è campo della matematica settecentesca in cui Eulero non abbia dato il suo contributo: il suo nome è legato alla teoria dei numeri, all’algebra, alla geometria, alla fisica, al calcolo infinitesimale. Ma seppe crearsi una fama soprattutto con la sua abilità nel risolvere problemi di ordine pratico; molti dei suoi risultati trovarono utile applicazione, ad esempio, nei trasporti marittimi. Egli si occupò infatti di cartografia, studiò il flusso delle maree, scrisse trattati sulla tecnica di costruzione delle imbarcazioni. Durante la sua permanenza a San Pietroburgo svolse funzioni di consigliere per il Governo russo; altri incarichi gli furono affidati da Federico il Grande, che lo chiamò a corte nel 1741. Rimase a Berlino per 25 anni. Il re lo nominò direttore dell’Accademia Prussiana e lo volle come precettore di sua nipote, la principessa di Anhalt-Dessau. Le lezioni, redatte sotto forma di lettere, furono in seguito raccolte e pubblicate con il titolo di Lettere ad una principessa tedesca. Eulero scrisse anche trattati di meccanica, astronomia e ottica. I risultati da lui ottenuti sul moto della luna permisero all’inglese G.T. Mayer di realizzare le prime tavole lunari, utili per la determinazione della longitudine in mare. È quasi superfluo aggiungere che l’opera matematica di Eulero è di una tale vastità da non poter essere riassunta: non a caso è stato soprannominato “dai cento occhi”. Inoltre, molti degli argomenti affrontati sono troppo specialistici per poter essere qui esposti. Possiamo però cogliere, nell’universo enciclopedico della sua produzione scientifica, alcune piccole perle. In teoria dei numeri Eulero risolse molti dei problemi lasciati da Fermat, tra cui alcuni casi particolari dell’Ultimo Teorema. Generalizzò, inoltre, il Piccolo Teorema, mentre confutò la congettura sui primi di Fermat. Egli dimostrò, inoltre, che i numeri perfetti sono tutti e soli quelli dati dalla formula trovata da Euclide. Generalizzando un risultato del matematico persiano Tâbit ibn Qorra, formulò un criterio per individuare coppie di numeri amicabili. Fu il primo ad enunciare la legge di reciprocità dei residui quadratici, che sarebbe stata dimostrata da Legendre e Gauss. Ad Eulero si deve anche una congettura, recentemente risultata falsa: secondo il matematico svizzero, l'equazione x4 + y4 + z4 = w4 non avrebbe avuto soluzioni intere non banali. Ma nel 1988 Noam Elkies lo ha smentito, trovando la soluzione x=2682440, y=15365639, z=18796760, w=20615673. Nel frattempo è stato trovato un controesempio con numeri più piccoli: x=95800, y=217519, z=414560, w=422481. Più in generale, Eulero credeva che la potenza n-esima di un numero intero maggiore di 1 non potesse mai essere rappresentata come somma di meno di n potenze n-esime di interi positivi. Questa sua convinzione è risultata falsa anche per n=5, ed anche in questo caso, il primo controesempio è stato trovato in tempi recenti. Esso risale al 1967, ed è dovuto a Lander e Parkin: 275 + 845 + 1105 + 1335 = 1445. In algebra Eulero scoprì la possibilità di rappresentare il complesso z = (cos + i sen ) numero nella forma z = e i . Ne ricavò la sorprendente formula: eiπ = -1. Eulero fu il primo ad indicare con la lettera e il numero irrazionale, pari a circa 2,71828, introdotto da Napier come base del suo logaritmo naturale. E fu sempre Eulero a consolidare l’uso del simbolo per denotare il rapporto tra il perimetro ed il diametro della circonferenza: prima del Settecento, erano state impiegate lettere diverse. È inoltre dovuta ad Eulero la prima definizione rigorosa di frazione continua. In geometria diede il nome alla formula, già nota a Descartes, che lega il numero v di vertici, il numero s di spigoli ed il numero f di facce di un qualunque poliedro: v – s + f = 2. Il matematico francese Cauchy, un secolo dopo, diede interessanti generalizzazioni di questa formula. Il teorema del cerchio di Eulero afferma che, se un cerchio passa per i piedi delle tre altezze di un triangolo, allora passa anche per i punti medi dei lati. In analisi, Eulero contribuì alla definizione del concetto di funzione, alla risoluzione di equazioni differenziali legate alla meccanica (come ricorda, tra l’altro, il Riccati) ma i suoi principali meriti riguardano forse lo studio delle serie, cui egli si dedicò su ispirazione dei lavori di Taylor e Maclaurin. Egli determinò la somma della serie dei reciproci dei quadrati perfetti, con cui già Jakob Bernoulli e Leibniz si erano cimentati invano. Utilizzando audaci passaggi algebrici Eulero dedusse che: 2/6 = 1/1 + 1/4 + 1/9 + 1/25 +… Egli ottenne anche gli sviluppi in serie di alcune funzioni elementari, tra cui la funzione esponenziale ex. I suoi metodi, basati sul formalismo algebrico, mancano, però, di dimostrazione: essi nascono in gran parte dall’intuizione, secondo la quale le proprietà aritmetiche valide per le somme finite si estenderebbero, in modo naturale, alle serie. Eulero si muoveva con grande disinvoltura tra infiniti e limiti, senza preoccuparsi di inquadrare i suoi calcoli all’interno di una teoria rigorosa. Aveva una fiducia cieca nella bontà delle sue tecniche, così audacemente trasferite dal finito all’infinito. A proposito della sua “ingenuità” metodologica, E.T. Bell scrive: “La quasi totale capitolazione di Eulero nei confronti delle seduzioni del formalismo è uno degli inspiegabili misteri della matematica. Al pari di Newton, Eulero era conscio che le serie devono convergere “in generale” se possono essere applicate praticamente, come in astronomia; ma diversamente da Newton, era incapace di moderare questa sua visione assurda. Pare che Eulero credesse che le formule non potessero fare alcun male; e fintantoché esse continuavano a fornire al loro genitore sempre nuove e prolifiche variazioni di se stesse, egli le incoraggiava a crescere e moltiplicarsi, confidando pienamente nel fatto che prima o poi tutti i loro frutti sarebbero stati legittimati. Per molti di essi ciò si è avverato, ed oggi prosperano come solide teorie che mossero i loro primi audaci passi in varie edizioni di tre capolavori di questo matematico, il più prolifico della storia: Introductio in Analysis Infinitorum (1748), Institutiones Calculi Differentialis (1755), Institutiones Calculi Integralis (1768-94).” A dire il vero, non tutti i risultati di Eulero si sono rivelati corretti. Ad esempio, secondo lui la serie 1 – 1 + 1 – 1 + 1 -…. la cui somma sappiamo essere indeterminata, doveva avere come somma ½. Di ciò era convinto anche Jakob Bernoulli, che ne trovò una dimostrazione davvero curiosa. Per citare una sua conclusione ancora più paradossale: -1 = 1 + 2 + 4 + 8 + … Ovviamente, questa serie, in realtà, è divergente, la sua somma è infinita (+). Eulero non aveva problemi ad accettare risultati contraddittori come questo, che appare assolutamente inconciliabile con il fatto, già noto all’epoca, che + = 1 + 1 + 1 + 1 +… A rigor di logica, poiché i termini di quest’ultima serie sono più piccoli dei corrispondenti termini della serie precedente, la somma dovrebbe essere minore di –1. Eulero, pur di giustificare questo paradosso, arriva a dare una nuova interpretazione dell’infinito, a stravolgerne completamente il significato intuitivo, definendolo come una sorta di confine tra i numeri negativi ed i numeri positivi, ovvero assimilandolo, in definitiva, allo zero. Occorre tenere presente che ciò che ai nostri occhi appare ridicolo ed inammissibile, non aveva lo stesso effetto in un momento in cui il concetto di infinito era ancora indistinto e controverso tra i matematici. A proposito del concetto di limite di una funzione, che proprio nel Settecento andava prendendo forma, il Bell così commenta l’atteggiamento di Eulero: “Per Eulero una funzione divenne una congerie di rappresentazioni formali, che potevano essere trasformate l’una nell’altra tramite ingegnosi strumenti che spaziavano dall’algebra elementare al calcolo infinitesimale. Pascendosi della potenza pragmatica dei suoi metodi, Eulero non aveva bisogno di vedere alcunché di contraddittorio nella sua concezione del calcolo differenziale come un procedimento per determinare il rapporto di incrementi evanescenti. I suoi differenziali sono primi ed ultimi zeri assoluti i cui rapporti, in virtù di qualche incomprensibile spiritualismo, si materializzano in numeri finiti e determinati. Come Lagrange, solitamente cortese, osserva, l’analisi di Eulero è priva di senso.” Eulero condivideva con Newton la fiducia nel metodo delle prime ed ultime ragioni, che, però, appariva destituito di fondamento matematico. Sarà proprio Lagrange a provvedere ad una risistemazione rigorosa del calcolo differenziale e della teoria delle serie. I ponti di Königsberg Eulero non è ricordato come un grande innovatore della matematica, né come un grande teorico. Egli fu, in realtà, essenzialmente un geniale risolutore di problemi, un abile manipolatore di formule, una mente vivace ed attenta che, sfruttando al meglio gli strumenti sviluppati dai suoi predecessori, seppe tirare le somme della matematica settecentesca, gettando, al contempo, le basi di nuovi sviluppi. Nei suoi studi sulle linee di curvatura, ad esempio, si può vedere il primo germe della moderna geometria differenziale. E così la sua soluzione del problema dei ponti di Königsberg contiene già alcune idee fondamentali di quella che sarebbe diventata la teoria dei grafi: Eulero dimostrò che non è possibile trovare un percorso continuo che attraversi ognuno dei ponti della figura una ed una sola volta: si tratta dei ponti sul fiume Pregel, nel quale si trova l’isola di Kneiphof. La pianta dei ponti di Königsberg può essere schematizzata mediante un grafo: ogni punto (vertice) simboleggia una delle zone di terra delimitate dal fiume, due punti sono collegati da un arco (spigolo) se e solo se esiste un ponte tra le zone corrispondenti. Il problema studiato da Eulero appartiene ad un teorema più generale di teoria dei grafi. Ne diamo la formulazione moderna: Un grafo ammette una catena euleriana se e soltanto se è connesso e se il numero dei vertici di grado dispari è 0 o 2. Spieghiamo la terminologia: una catena euleriana è un percorso che permette di tracciare l’intero grafo senza staccare la matita dal foglio, e senza passare per più di una volta sullo stesso punto; un grafo si dice connesso se, comunque presi due vertici, esiste un percorso che conduce da uno all’altro; il grado di un vertice è il numero di spigoli che da esso si dipartono. Nel nostro caso il grafo è connesso, ma tutti e cinque i suoi vertici sono di grado dispari. Quindi non è verificata la condizione necessaria e sufficiente del teorema, e il percorso cercato da Eulero non esiste. Curiosità In una lettera datata 7 giugno 1742, ed indirizzata ad Eulero, il suo amico Goldbach formulò una congettura che è tuttora ben lungi dall’essere dimostrata: ogni numero intero maggiore di 5 è somma di tre numeri primi. Eulero dimostrò che questo enunciato è equivalente ad un altro, che forse è ancora più notevole: ogni numero pari maggiore di 2 è somma di due numeri primi.