Trasformazioni ed elementi di chimica della troposfera

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2 – Misura degli ossidi di azoto e chemiluminescenza
Cenni sulla misura degli ossidi di azoto
Il biossido di azoto viene determinato previa trasformazione in monossido di azoto, basandosi sulla
misura della radiazione caratteristica emessa per chemiluminescenza dalla reazione in fase gassosa tra
monossido di azoto e ozono:
L'emissione di luce avviene quando le molecole di NO2 eccitate elettronicamente decadono a stati
energetici inferiori.
Il biossido di azoto deve essere trasformato in monossido in quanto la reazione precedente implica solo
quest'ultimo, attraverso un convertitore al molibdeno a 375 °C:
3 NO2 + Mo = 3 NO + MoO3
Aspetti generali della chemiluminescenza
La luminescenza consiste fondamentalmente nell’emissione di radiazioni luminose nel visibile o nel
vicino visibile (lunghezza d’onda compresa nell’intervallo 300-800 nm) dopo che elettroni eccitati
mediante una qualche fonte di energia, ritornano dallo stato eccitato a quello fondamentale. L’energia
potenziale delle transizioni elettroniche all’interno degli atomi o delle molecole viene così liberata sotto
forma di luce. Sono stati identificati molti tipi di luminescenza che differiscono tra loro per la fonte
energetica responsabile della produzione o dell’immissione luminosa.
Tra queste, per affinità di applicazione in campo scientifico, si trovano:
-la chemiluminescenza, nella quale lo stato elettronicamente eccitato è generato da una reazione
chimica esoergonica;
-la bioluminescenza, nella quale la reazione chemiluminescente che ha luogo in sistemi biologici,
coinvolge un componente proteico, in generale un enzima o una fotoproteina;
-l’elettrochemiluminescenza in cui la reazione chemiluminescente avviene in soluzione come risultante
di reazioni di trasferimento di elettroni ad alta energia da una molecola ad alta energia;
-la chemiluminescenza ultra debole, in cui l’emissione spontanea ed estremamente debole di fotoni
origina dal rilassamento di stati eccitati che derivano da numerosi processi cellulari.
Si conoscono due tipi fondamentali di reazioni chemiluminescenti, diretta ed indiretta, definite anche
di tipo I e tipo II. Nelle reazioni di tipo I la reazione genera la molecola primaria eccitata che è poi la
responsabile della reazione luminosa. Nelle reazioni chemiluminescenti indirette il prodotto di reazione
eccitato non è il reale emettitore di luce, ma trasferisce l’energia di attivazione ad un accettore che
successivamente emette luce.
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Entrambi i tipi di reazioni chemiluminescenti sono caratterizzati da intensità, colore, velocità di inizio e
di decadimento dell’emissione luminosa ed infine dalla polarizzazione, se presente.
In generale, il segnale analitico prodotto dalle reazioni luminescenti ha un andamento che è funzione
del tempo come riportato nella figura sottostante, dove è rappresentato l’andamento dell’emissione
luminosa in funzione del tempo per una reazione con emissione costante (Raz. A) e per una reazione
con rapido decadimento del segnale (Reaz. B). (mV= millivolts; RLU= unità di luce relative):
L’efficienza quantica di una reazione chemiluminescente (F CL), ossia il rapporto fra il numero di
fotoni prodotti e le molecole che hanno reagito, è determinato dal rapporto di vari fattori:
Efficienza quantica = F CL = F Ch F SE F Em
dove:
F Ch = frazione di molecole che seguono la corretta via chimica.
F SE = frazione di molecole che dopo aver percorso la corretta via chimica passano allo stato eccitato.
F Em = frazione di molecole che, tornando allo stato fondamentale, trasforma fotoni l’energia chimica
assorbita.
Da un punto di vista teorico una molecola di reagente può formare una molecola allo stato eccitato in
grado di emettere un fotone, ma in realtà l’efficienza di emissione F CL varia da 0.1 a 0.9 nel caso di
reazioni bioluminesenti e normalmente F CL non supera 0.1 nel caso della chemiluminescenza.
Una caratteristica importante della chemiluminescenza è costituita dal tipo di segnale prodotto. Di
norma, sia nel caso della fluorescenza che in radioluminescenza, il segnale da misurare si mantiene
relativamente costante nel tempo. L’intensità di emissione luminosa è invece, nel caso della
chemiluminescenza, una funzione della cinetica di reazione; di conseguenza una emissione fotonica
costante può aver luogo solo in caso di cinetica di ordine zero cioè nel caso di una reazione a velocità
costante. Questo si verifica solo in particolari condizioni [ad esempio nel sistema 1,2-diossetanifosfatasi alcalina), e quando si verifica, la misura del segnale analitico risulta notevolmente
semplificata, essendo direttamente correlata all’ampiezza del segnale. In altre casi la cinetica delle
reazioni chemiluminescenti è temporalmente variabile nel senso che il segnale analogico è correlato in
ogni istante al numero di fotoni prodotti in quell’istante; di conseguenza la curva di emissione è
un’immagine dell’andamento della velocità di reazione in funzione del tempo. Il massimo di emissione
luminosa è raggiunto al tempo tMAX , valore estremamente variabile, dipendentemente dal tipo di
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reazione e/o dai parametri analitici prescelti dalla reazione (pH, temperatura). L’emissione luminosa,
una volta raggiunto il massimo, decade generalmente secondo una funzione di tipo esponenziale.
La relativa semplicità strumentale ma soprattutto l’elevata sensibilità analitica e l’ampia disponibilità di
reazioni chemiluminescenti dotate di elevata specificità, ha portato ad un notevole aumento delle
applicazioni di questa tecnologia in numerosi campi, tra i quali il campo biomedico, alimentare,
ambientale, etc.
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