C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
Capitolo 2. Gli strumenti deduttivi.
2.1. Il lascito greco.
Si è visto, nel capitolo precedente, che dobbiamo all’elaborazione greca una prima presentazione di
cosa si debba intendere per scienza, come determinazione del contenuto. Ma alla stessa antica cultura dobbiamo anche la scelta della modalità di presentazione dei risultati in modo ‘convincente’. Da
Aristotele e da Euclide abbiamo desunto che, una volta scelti i punti di partenza per una teoria, grazie al buon senso ed all’evidenza, essa si sviluppa poi senza fare riferimento a queste prerogative
‘concrete’ per fare uso di strumenti razionali.
I greci trovavano nella loro competenza linguistica le forme del ragionamento che si ritenevano corrette, poi queste forme sono state assunte, per lungo tempo, come la sintesi della razionalità stessa,
accompagnando la storia dell’evoluzione culturale umana per un paio di millenni.
È importante notare che nel periodo storico in cui si sviluppava la Logica in Grecia, per altre vie e
con altri obiettivi, si sviluppava in India il Nyanya che elaborava sotto forme diverse una teoria
comparabile a quella dei sillogismi aristotelici.
2.1.1. Sinossi storica della Logica greca. Abbiamo notizia di vari procedimenti argomentativi applicati nella Grecia antica tramite citazioni e testi. Di altri ne abbiamo notizia indiretta. C’è poi il
problema del passaggio dall’uso implicito all’esplicitazione. Ne risulta, così, difficile garantire della
paternità di una regola logica o di una specifica argomentazione.
Possiamo vedere la presenza dei metodi dimostrativi nell’elaborazione dei teoremi. Sulla scorta di
Proclo (cfr. 1.4.1.), ciò avverrebbe già con Talete:
«Talete, per primo, essendo andato in Egitto, portò in Grecia questa scienza (la Geometria), ed egli stesso trovò
molte cose, e di molte indicò i princìpi a coloro che vennero dopo di lui, di alcune cose trattando in modo più
generale, di altre in modo più sensibile »
e si può interpretare il sorgere del procedimento deduttivo nell’accenno che Talete avrebbe trattato
alcune cose in modo più generale. Di qui si desumerebbe che il teorema e il suo procedimento, avrebbero come ruolo quello di offrire un procedimento generale, che astrae dal caso particolare.
Poiché Talete si colloca a cavallo tra il VII e i VI secolo a.C., si può datare da tale periodo storico la
nascita della Logica come strumento di gestione della conoscenza. Il lungo periodo dal VII al IV
secolo a.C. sarebbe stato la ‘incubatrice’ in cui è avvenuta l’elaborazione degli strumenti deduttivi.
Tra i nomi di spicco di questo lungo periodo possiamo citare Pitagora per la sua enfasi sui teoremi
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Capitolo 2
Gli strumenti deduttivi
(cfr. 1.4.1.) e Parmenide di Elea, fondatore della scuola di Elea e assertore della necessità di un approccio razionale, rigoroso, in grado di presentare la conoscenza secondo la verità e non secondo
l’opinione, frutto di un approccio sensibile ed empirico e, pertanto, imperfetto. Ed è uno scolaro di
Parmenide, Zenone di Elea che viene indicato da Aristotele come il fondatore della dialettica, anche
se Bochenski 1 ritiene che Zenone usasse procedimenti logici, senza essere conscio delle regole che
stava applicando. Dallo stesso testo traggo uno schema cronologico che illustra la
scansione temporale e le ‘filiazioni’ delle linee di pensiero.
Zenone di Elea
(515 – 440 a.C.)
Parmenide
(515 – 440 a.C.)
Socrate
(470 – 399 a.C.)
Platone
(427 – 347 a.C.)
Antichi sofisti
Euclide di Megara
(400 a.C.)
Aristotele
(384 – 322 a.C.)
Diodoro Crono
(m. 307 a.C.)
Teofrasto
(m. 287 a.C.)
Filone di Megara
Zenone di Cizio
(335 – 243 a.C.)
Crisippo di Soli
(281 – 205 a.C.)
1 Bochenski, J.M. (1972). La logica formale. I. Dai Presocratici a Leibniz. II. Torino: Einaudi.
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C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
La crisi degli incommensurabili, attribuita da Proclo a Pitagora: «egli scoprì il fatto degli irrazionali»,
mostra la presenza di una contrapposizione tra ‘intuizione’ e ‘ragione’. Infatti la non commensurabilità del lato e della diagonale del quadrato si contrappone all’intuizione che un segmento sia una
‘collana’ di punti e che l’armonia dei rapporti razionali debba generare e gestire il mondo. Ma tale
non commensurabilità non può essere scartata perché risultato di un procedimento razionale. Così si
ha il primo caso in cui la ragione si contrappone all’intuizione e come conseguenza si ha
l’abbandono dell’intuizione. La stessa situazione si ha con Parmenide che razionalmente nega il
vuoto, visto come ‘non essere’, e con esso la possibilità del movimento.
Zenone di Elea raccoglie le istanze di Parmenide e presenta una serie di paradossi coi quali vuole
convincere della bontà delle idee del suo maestro. Questi paradossi sono argomentazioni verbali con
le quali si nega l’evidenza in modo drastico. La forma logica è quella delle dimostrazioni per assurdo. Un’argomentazione per assurdo la ritroviamo anche nel Carmide di Platone (cfr. 1.6.3.5.). Anche in altri dialoghi platonici vengono affrontati e discussi argomenti di carattere logico, ma con lo
stile di contrapposizione che è tipico di tali dialoghi.
Alla base della dimostrazione per assurdo, in questa fase non formale, non è esplicitato il ruolo del
Principio del terzo escluso, che sarà precisato da Aristotele.
Non è possibile escludere che autori precedenti o contemporanei al filosofo dell’Accademia abbiano
riflettuto sulla natura della dimostrazione, sul come siano connesse premesse e conclusioni per determinare la correttezza (e la validità) di una argomentazione.
2.1.2. Strumenti logici euclidei. Euclide usa procedimenti deduttivi, e talora anche raffinati, come
una sorta di quadrilatero delle proposizioni, in almeno tre casi: uno è costituito dal Post. 5, dalla
Prop. I.17, dal complesso delle Propp. I.27 e I.28 e dalla Prop. I.29. Un secondo si ha col complesso
delle Propp. V.7 – V.10 ed un terzo è sintetizzato nella sola
«Proposizione X.9. Quadrati di rette commensurabili in lunghezza hanno fra loro il rapporto che un numero
quadrato ha con un numero quadrato; ed i quadrati che abbiano fra loro il rapporto che un numero quadrato ha
con un numero quadrato, avranno anche i lati commensurabili in lunghezza. Invece, i quadrati di rette incommensurabili in lunghezza non hanno fra loro il rapporto che un numero quadrato ha con un numero quadrato; ed i
quadrati che non abbiano fra loro il rapporto che un numero quadrato ha con un numero quadrato, non avranno
neppure i lati commensurabili in lunghezza »
Per meglio mettere in evidenza la struttura logica di questo enunciato, siano r e s rette (segmenti),
q(r) e q(s) i quadrati costruiti su tali segmenti; si esprima (male) la loro commensurabilità dicendo
che (r/s) = (m/n) e la loro incommensurabilità con (r/s) ≠ (m/n) Si ha così che la Proposizione X.9,
nelle quattro parti distinte che la compongono, afferma che per ogni r,s rette, m,n numeri naturali:
- (r/s) = (m/n) → (q(r)/q(s)) = (m2/n2);
- (q(r)/q(s)) = (m2/n2) → (r/s) = (m/n);
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Capitolo 2
Gli strumenti deduttivi
- (r/s) ≠ (m/n) → (q(r)/q(s)) ≠ (m2/n2);
- (q(r)/q(s)) ≠ (m2/n2) → (r/s) ≠ (m/n);
ed in forma ancora più astratta
- ∀r,s,m,n(A → B)
- ∀r,s,m,n(B → A)
- ∀r,s,m,n(¬A → ¬B)
- ∀r,s,m,n(¬B → ¬A)
Oggi possiamo dire che questa proposizione è uno spreco di energia, se si adotta la cosiddetta logica
classica, in quanto la prima affermazione e la quarta sono logicamente equivalenti, così come la seconda e la terza. Ma la ‘certezza’ che la logica usata da Euclide sia classica è stata messa in dubbio
da tempo (soprattutto relativamente all’uso della quantificazione esistenziale) e per le riserve mostrate nell’uso delle dimostrazioni per assurdo.
Il quadrilatero delle proposizioni è di matrice aristotelica e lo si ritrova nel contesto dei sillogismi,
ma anche, in altra forma, in Dell’Espressione (cap. 10).
In Euclide si trovano, però, specifiche indicazioni sugli strumenti argomentativi utilizzati, tranne gli
elenchi dei postulati e delle nozioni comuni. Sempre il Nostro si attiene, all’interno di una dimostrazione, al principio di utilizzare esclusivamente proposizioni precedenti. Qualche volta lo schema
‘salta’ per l’incompletezza della postulazione. Non viene mai violato il principio di non contraddizione: anche se tale principio non viene mai citato espressamente.
2.2. Il contributo di Aristotele.
Dobbiamo ad Aristotele molte cose che hanno influito sulla nostra cultura, ed in taluni casi, l’hanno
diretta in modo molto stringente. In particolare, in ambito proposizionale, il Nostro introduce due
principi fondamentali:
- il Principio di non contraddizione (inserito in una specie di quadrato delle proposizioni):
«Ecco come tali espressioni vanno ordinate tra loro. Poniamo che A indichi «essere bene»; e che B indichi «non
essere bene»; che C – collocato sotto B – indichi «essere non bene»; D collocato sotto A – indichi «non essere
non bene». Senza dubbio, a qualsivoglia oggetto apparterrà A, oppure B, e d’altra parte in nessun caso A e B apparterranno ad un medesimo oggetto» (Analitici primi, I A , 51b, 36 – 40 2)
«è impossibile che [enunciati] contraddittori siano contemporaneamente veri» (Aristotele, Metafisica
1011b 16 3)
- il Principio del terzo escluso:
2 Traduzione di Gigante, M. & Colli, G. (1991) Bari: Laterza.
3 Traduzione di Bochenski. J.
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C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
«Rispetto agli oggetti che sono e a quelli che sono stati, è dunque necessario che tra l’affermazione e la negazione una risulti vera e l’altra invece falsa: si avrà sempre un giudizio vero contrapposto ad un giudizio falso, sia riguardo agli oggetti universali, presentati in forma universale, sia riguardo agli oggetti singolari, come già detto. »
(Dell’espressione, 18a, 28 – 33 4 ).
In questo brano è interessante il fatto che parli del presente e del passato, perché pone dubbi sulla
applicabilità del principio quando si tratta del futuro. Dice infatti:
«D’altro canto rispetto agli oggetti singolari che saranno, le cose si presentano diversamente. In effetti, se tra affermazione e negazione, in ogni caso, una dev’essere vera e l’altra invece falsa, risulta altresì necessario che ogni
determinazione appartenga oppure non appartenga ad un oggetto; di conseguenza, quando una persona affermi
che un oggetto sarà qualcosa ed un’altra neghi questa stessa attribuzione, è chiaro che una delle due persone deve
necessariamente dire la verità, se si ammette che ogni affermazione sia vera oppure falsa. Entrambe le determinazioni non potranno infatti appartenere simultaneamente a tali oggetti. In realtà, se è vero dire che un oggetto è
bianco, oppure che non è bianco, esso sarà necessariamente bianco oppure non sarà bianco, e d’altra parte, se un
oggetto è bianco, oppure non è bianco, era vero affermare oppure negare la cosa. Del pari, se la determinazione
non appartiene all’oggetto, chi l’attribuisce a questo dice il falso, e d’altro canto, se chi attribuisce la determinazione all’oggetto dice il falso, la determinazione non appartiene all’oggetto. In tal caso è dunque necessario che
tra l’affermazione e la negazione una risulti vera e l’altra falsa. Ed allora, nulla è né diviene per caso, o secondo
due possibilità indifferenti, e nulla potrà essere o non essere; tutte le cose risultano piuttosto determinate per necessità, e non sussiste alcuna indifferenza tra due possibilità (in effetti la verità è detta da chi afferma o da chi
nega), poiché altrimenti qualcosa potrebbe indifferentemente prodursi oppure non prodursi: ciò che può accadere
in due modi indifferenti non è infatti, né sarà, in una certa situazione piuttosto che nella situazione contrapposta.
Oltre a ciò, se qualcosa è adesso bianco, era vero dire in precedenza che sarebbe poi stato bianco; di conseguenza, è sempre stato vero dire rispetto a qualsivoglia oggetto prodottosi che sarebbe poi stato. E così, se è sempre
vero dire che un oggetto era o sarebbe poi stato, non è possibile che questo non fosse o che non fosse poi stato.
Ciò che non è possibile, d’altro canto, che non si sia prodotto, è impossibile che non si sia prodotto; inoltre, ciò
che è impossibile, che non si sia prodotto, è necessario che si sia prodotto. […]
Ciò che intendo dire, ad esempio, che necessariamente domani vi sarà una battaglia navale, oppure non vi sarà,
ma che non è tuttavia necessario che domani vi sia una battaglia navale, né d’altra parte è necessario che domani
non vi sia una battaglia navale. Ciò che invece risulta necessario, è che domani avvenga o non avvenga una battaglia navale. Di conseguenza, dal momento che i discorsi sono veri analogamente a come lo sono gli oggetti, è
chiaro che a proposito di tutti gli oggetti, costituiti così da accadere indifferentemente in due modi, secondo delle
possibilità contrarie, anche la contraddizione si comporterà necessariamente in maniera simile. È appunto ciò che
avviene riguardo agli oggetti che non sono sempre, oppure a quelli che non sempre non sono. In tali casi è infatti
necessario che una delle due parti della contraddizione sia vera e l’altra sia falsa, ma non è tuttavia necessario
che una determinata parte sia vera oppure falsa; sussiste piuttosto un’indifferenza tra due possibilità, e
quand’anche uno dei due casi risulti più vero, la verità e la falsità non saranno già decise sin da principio. Risulta
chiaro, di conseguenza, che non sempre, riguardo ad un’affermazione e ad una negazione contrapposte, sarà necessario che una di esse sia vera e l’altra invece falsa: in effetti, ciò che vale per gli oggetti che sono non vale allo stesso modo per quelli che non sono, ed hanno la possibilità di essere o non essere. Le cose stanno piuttosto
come si è detto.» (Dell’espressione, 18a, 34 – 18b, 16 e 19a, 29 – 19b, 4).
In questo lungo passo, accanto ad una riaffermazione del Principio di terzo escluso, è logicamente
importante l’equivalenza tra ‘non possibile non’ con ‘necessario’, uno dei fondamenti della logica
modale; poi il fatto che le affermazioni che riguardano il futuro, come per l’evento della battaglia
navale, la verità non è già decisa in anticipo. Aristotele quindi non si vincola ad una sola scelta
‘classica’. In ambito predicativo, la ‘invenzione’ maggiore di Aristotele è data dalla teoria del sillogismo.
2.2.1. Brani dagli Analitici primi. Il testo in cui, principalmente, si occupa del sillogismo è gli Analitici primi. Il testo si apre con una sorta di dichiarazione:
4 Traduzione di Gigante, M. & Colli, G. (1991) Bari: Laterza.
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Capitolo 2
Gli strumenti deduttivi
«Occorre dire, anzitutto, quale oggetto riguardi ed a quale disciplina spetti la presente indagine, che essa cioè riguarda la dimostrazione e spetta alla scienza dimostrativa; in seguito, bisogna precisare che cosa sia la premessa,
cosa sia il termine (ορος), cosa sia il sillogismo, quale sillogismo sia perfetto e quale imperfetto; dopo di ciò, si
deve definire che cosa sia, per un qualcosa, l’essere contenuto o il non essere contenuto nella totalità di un qualcos’altro, e che cosa intendiamo per venire predicato di ogni oggetto, oppure di nessun oggetto.
La premessa, ordunque, è un discorso che afferma o che nega qualcosa rispetto a qualcosa. Tale discorso, poi, è
universale, o particolare, o indefinito. Con discorso universale, intendo quello che esprime l’appartenenza ad ogni oggetto o a nessun oggetto; con discorso particolare, intendo quello che esprime l’appartenenza a qualche
oggetto, o la non appartenenza a qualche oggetto, o la non appartenenza ad ogni oggetto; con discorso indefinito,
intendo quello che esprime l’appartenenza o la non appartenenza, a prescindere dalla forma universale o dalla
forma particolare, per esempio il discorso, secondo cui i contrari sono oggetto della medesima scienza, oppure il
discorso secondo cui il piacere non è bene. D’altro canto la premessa dimostrativa differisce da quella dialettica,
in quanto la premessa dimostrativa è l’assunzione di una delle due parti della contraddizione (chi dimostra infatti
non interroga, bensì assume), mentre quella dialettica è la domanda che presenta la contraddizione come
un’alternativa » (An. pr., I A 24a, 9 – 27)
Questo brano è ricco di numerose informazioni e chiarisce subito la distanza tra il modo di proporre
la scienza di Aristotele (mediante premesse dimostrative) dalla esposizione platonica dei Dialoghi,
in cui si preferisce puntare sulle premesse dialettiche.
I fautori della interpretazione insiemistica, trovano qui spunto per indicare nell’appartenenza la relazione fondamentale. Compare l’idea di inclusione (che poi porterà all’implicazione); Aristotele
annuncia, inoltre, che il suo obiettivo è la scienza dimostrativa, che costituirà il soggetto degli Analitici secondi. C’è poi la distinzione tra premesse universali e singolari, ben messa in evidenza, anche in connessione con la negazione. Il ruolo del linguaggio è importante e presuppone un consenso
su ‘ogni’, ‘nessuno’, ‘qualche’, aggettivi che anche oggi pongono problemi interpretativi.
«Chiamo termine, d’altro canto, l’elemento cui si riduce la premessa, ossia tanto il predicato quanto ciò di cui si
predica il predicato; è indifferente poi che questi due elementi siano congiunti o disgiunti, per opera dell’essere e
non essere.» (An. pr. I A 24b, 17 – 19)
Compare qui la specificazione di cosa sia un termine e questa nomenclatura passerà invariata sia
nella lingua che nella scienza, per indicare un oggetto su cui si opera o uno stato.
«Il sillogismo, inoltre, è un discorso in cui, posti taluni oggetti, alcunché di diverso dagli oggetti stabiliti risulta
necessariamente, per il fatto che questi oggetti sussistono. Con l’espressione “per il fatto che questi oggetti sussistono” intendo dire che per mezzo di questi oggetti discende qualcosa, e d’altra parte, con l’espressione “per
mezzo di questi oggetti discende qualcosa” intendo dire che non occorre nessun termine esterno per sviluppare la
deduzione necessaria» (An. pr. A 24b, 19 -22).
Qui l’autore sembra chiarire che si tratti di un processo di produzione che trasforma i dati in qualche cosa d’altro, senza bisogno di agenti esterni, una sorta di ‘macchinetta’ e sarà questa
l’impressione che si svilupperà nei secoli. Finora però non è chiaro di cosa si tratti, a parte di una
oggetto o strumento linguistico, dato che il sillogismo è un discorso. La novità è che mentre prima
si parlava di premessa, al singolare, qui compaiono più oggetti “stabiliti”, con l’uso del plurale.
«La premessa A B sia dunque anzitutto negativa universale. In tal caso, se A non appartiene a nessun B, neppure
B apparterrà a nessun A. In effetti se B appartenesse a qualche A, per esempio a C, non sarebbe vero che A non
appartiene a nessun B: C infatti fa parte di B. » (An. pr. A 25a, 14 – 17).
Indipendentemente da quello che qui Aristotele vuole dire, è fondamentale osservare che il filosofo
usa, e con una certa disinvoltura, lettere per denotare ‘variabili’, non numeriche, ma linguistiche. Si
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C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
tratta di un’innovazione che precede di molti secoli l’algebra simbolica, in cui le variabili vengono
(dapprima) usate per denotare numeri e poi estese ad altri enti.
Per chiarire il passo aristotelico, bisogna rendersi conto che qui ‘appartiene’ è una relazione simmetrica, quindi ben lontana dalla appartenenza insiemistica. In realtà la differenza è più sottile. Il sillogismo che Aristotele usa viene applicato come deduzione trascendentale sulle categorie, intese anche in senso intensionale. Per chiarire. Oggi se dico che gli uomini sono mortali, si può pensare in
termini estensionali come al fatto che la collezione degli uomini è inclusa nella collezione degli esseri mortali. Ma Aristotele riconosce in re gli universali e le categorie, per cui è ‘uomo’ che appartiene all’individuo oltre che l’individuo appartiene all’uomo come universale, in quanto uomo è
termine e quindi è «tanto il predicato quanto ciò di cui si predica il predicato». Più oltre, infatti, precisa:
«… se può avvenire che il bianco non appartenga a nessun vestito, può avvenire che anche il vestito non appartenga a nessun bianco» (An. pr. I A 25b, 12 – 14)
Ulteriore considerazione: non è che Aristotele parta dal caso più semplice, bensì da uno complesso,
e nel brano prova la conversione delle premesse negative, in termini oscuri anche per i commentatori moderni. La chiarificazione della struttura del sillogismo avviene nel brano seguente:
«Una volta stabilite queste precisazioni, possiamo dire ormai attraverso quali elementi, in quali occasioni ed in
qual modo si produca ogni sillogismo; in seguito si dovrà parlare della dimostrazione. Occorre invero trattare del
sillogismo prima che della dimostrazione, poiché il sillogismo ha un grado maggiore di universalità. La dimostrazione è infatti un particolare sillogismo, mentre non tutti i sillogismi sono dimostrazioni.
Orbene, quando tre termini stanno tra essi in rapporti tali che il minore sia contenuto nella totalità del medio, ed
il medio sia contenuto o non sia contenuto, nella totalità del primo, è necessario che tra gli estremi sussista un
sillogismo perfetto. Da un lato, chiamo ‘medio’ il termine che tanto è contenuto esso stesso in un altro termine,
quanto contiene in sé un altro termine, e che si presenta come medio anche per la posizione; d’altro lato, chiamo
‘estremi’ sia il termine che è contenuto esso stesso in un altro termine, sia il termine in cui un altro termine è
contenuto. In effetti, se A si predica di ogni B e se B si predica di ogni C, è necessario che A venga predicato di
ogni C.»
In questo brano si chiarisce che le premesse sono due e che la conclusione, ciò che “è necessario” è
un’affermazione dello stesso tipo delle premesse. L’esempio che qui viene proposto, sempre espresso mediante lettere per variabili, è quello di una forma e figura del sillogismo.
Il testo degli Analitici primi, tratta poi le varie figure di sillogismo, di quelli definiti imperfetti e
come fare per renderli perfetti, delle conversioni tra una figura e l’altra, eccetera. Si tratta di un testo
di logica assai raffinato, anche se non sempre chiaro.
2.2.2. Le analisi dei commentatori. Prima di affrontare la sostanza del sillogismo, vale la pena di
spendere qualche parola sulla ‘fortuna’ di questo strumento logico, nella letteratura scientifica. I
manuali che riassumevano/spiegavano la proposta aristotelica sono stati assai numerosi. Il primo
commentatore dell’opera di Aristotele è stato il suo successore Teofrasto (373 – 287), a lui si deve
l’estrapolazione dal testo aristotelico del cosiddetto quadrato modale che collega le nozioni di ‘necessario’ ‘possibile’, impossibile’ e ‘contingente’. Nei primi secoli dopo Cristo, si incontrano il medico Galeno (129 – 200) e soprattutto i commentari di Alessandro d’Afrodisia (III sec.) e di Porfirio
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Capitolo 2
Gli strumenti deduttivi
di Tiro, il cui testo, Isagoge ha avuto grande successo essendo stato replicato in
numerosi manoscritti, prima, e a stampa poi.
Fondamentale per molti sviluppi successivi è stata l’opera di Boezio, che ha inserito nella sua trattazione anche forme di ‘sillogismo’ (il sillogismo ipotetico) che
però escono dalla tradizione aristotelica. Successivamente, in
quella che è nota come l’età della Scolastica, l’attenzione ai pro-
Porfirio di Tiro
(233 - 305)
blemi della logica è stata assai grande e il testo di Aristotele è stato sempre presente, se non altro per negarlo.
La Scolastica, è stato un ampio e variegato movimento di pensiero che illuminò il
Severino Boezio
(480 - 524)
Medioevo partire dal XI secolo fino alla fine dell’epoca storica (XV secolo). È stato un periodo di fini analisi della logica ed anche di divulgazione del pensiero di
Aristotele all’interno delle nascenti università cosicché l’opera del Filosofo peripatetico è diventato
una sorta di linguaggio comune per gli uomini dotti. A riguardo del sillogismo, Michele Psello
(1018 – 1096) propone uno schema chiarificatore di quello che viene chiamato quadrato delle proposizioni. Altri importanti pensatori in questo campo sono Pietro Abelardo
(1079 – 1142), che fa rinascere in Occidente l’interesse per la Logica, Guglielmo di Sherwood (morto nel 1249), cui si attribuisce l’appellativo di
‘classica’ alla logica di origine aristotelica, Pietro Ispano (Papa Giovanni
XXI) (1215 – 1277) cui si devono i nomi ‘standard’ dei sillogismi, Raimondo
Lullo (1235 – 1315) che ha messo in luce gli aspetti combinatori del sillogismo, e Giovanni Duns Scoto (1270 – 1308) che svolse un’approfondita anali-
Guglielmo di Ockham
(1281 – 1349)
si critica dell’opera di Aristotele. Il sillogismo con termini singolari è opera di Ockham, anche se se
ne trovano esempi precedenti in Sesto Empirico (180 – 220). Contemporanei di Ockham e su posizioni filosofiche distinte (a riguardo del problema degli universali) sono Giovanni Buridano (1290 –
1358) e Walter Burleigh (1275 – 1345), ma sulla teoria del sillogismo le idee dei tre filosofi mostrano inaspettate convergenze. Paolo Veneto (1368 – 1429) raccoglie e sintetizza in un’ampia opera, Logica Magna, tutto il sapere elaborato dalla Scolastica.
L’analisi del sillogismo continua oltre il Medioevo, anche se perde di interesse agli occhi dei pensatori successivi. Si può dire che l’ultimo dei pensatori che affrontano il sillogismo dal punto di vista
intensionale è Gian Francesco Castillon (1708 – 1791). Dopo, ma anche prima di lui, gli aspetti estensionali del sillogismo divengono preminenti, e si giunge poi fino alla metà del XIX secolo, con
varie forme e strumenti. Si tratta quindi di una lunga vita, paragonabile a quella degli Elementi di
Euclide.
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C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
Un altro aspetto importante che si può sottolineare è il fatto che questa teoria è stata tramandata, fin
dall’inizio sotto forma di scritti con intenti didattici, con una notevole ‘costanza’ di analisi e con
ben poche aggiunte, seppure adattandosi allo esprit du temps. Questo aspetto permette di paragonare la logica, che nel sillogismo trovava la sua estrinsecazione, alla geometria.
La sostanziale costanza dei contenuti ha fatto sì che si sviluppasse quella che qualche autore 5 chiama la “concezione tradizionale del sillogismo” per mettere in evidenza che, anche se la gran parte
delle considerazioni si ritrova in Aristotele, l’esposizione succinta e sistematica del sillogismo non è
riscontrabile in questa forma e in tutti i dettagli nell’Organon.
Il caso del sillogismo è storicamente unico: questa teoria è stata sviluppata in Grecia ed anche in India e pare in modo indipendente. Non si sono trovate, infatti, dirette filiazioni tra quanto proposto
da Aristotele e dalla scuola Nyaya, anche perché gli scritti di questa elaborazione indiana sono successivi al periodo greco.
2.3. Il sillogismo e i suoi aspetti strutturali.
Le parole di Aristotele, quelle in cui fa un esempio esplicito di sillogismo, sono: «In effetti, se A si predica di ogni B e se B si predica di ogni C, è necessario che A venga predicato di ogni C. ».
2.3.1. I termini. Si può analizzare questo brano e trarne spunto per entrare nella struttura del sillogismo. Una volta di più si osserva la modernità del filosofo greco che usa lettere per indicare “termini”, anche questa un’invenzione di nomenclatura:
«Chiamo termine, d’altro canto, l’elemento cui si riduce la premessa, ossia tanto il predicato quanto ciò di cui si
predica il predicato».
Nell’esempio si mettono in mostra i ruoli differenti dei termini:
«quando tre termini stanno tra essi in rapporti tali che il minore sia contenuto nella totalità del medio, ed il medio sia contenuto o non sia contenuto, nella totalità del primo, è necessario che tra gli estremi sussista un sillogismo perfetto. Da un lato, chiamo ‘medio’ il termine che tanto è contenuto esso stesso in un altro termine, quanto
contiene in sé un altro termine, e che si presenta come medio anche per la posizione; d’altro lato, chiamo ‘estremi’ sia il termine che è contenuto esso stesso in un altro termine»
Riportandosi all’esempio, B è il termine medio, A e C sono i termini estremi, ma C è il minore, e di
conseguenza A è il maggiore. Infatti quando si dice che “B si predica di ogni C”, vuol dire, con altra locuzione, che ogni C gode o soddisfa la proprietà B, ovvero tutti i C sono B, quindi C è contenuto
nella totalità di B.
Lo schema che chiarisce meglio i vari aspetti è costruito utilizzando le lettere M, P e S. Con M si
indica il termine medio, quello che è utilizzato una volta come predicato ed una volta come sogget5 Ad esempio Mugnai, M. (1990). Per una storia della logica dall’antichità a Boole, in Ballo et al. 9 lezioni di logica, Padova: Franco
Muzzio & c. editore spa, 1 – 28. Dal testo di Mugnai si traggono numerosi spunti ed idee.
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Capitolo 2
Gli strumenti deduttivi
to; con P il termine che nella conclusione funge da predicato e con S quello che nella conclusione
funge da soggetto. Rifacendosi al testo aristotelico, M è B, S è C e P è A. Lo schema del sillogismo,
con questi simboli, è il seguente
M P
S M
S P
Un’esemplificazione discorsiva è data da:
Tutti gli Uomini sono Mortali
ATutti i Greci sono UominiB
Tutti i Greci sono Mortali
Usando la dizione aristotelica, le due frasi sopra la linea di frazione sono le premesse, quella sotto la
linea di frazione è la conclusione. Il termine medio, M, è l’universale ‘uomo’; il predicato, P, (termine maggiore) è la proprietà di ‘essere mortale’; il soggetto, S, (termine minore) è dato dai ‘Greci’. Tra le premesse, quella in cui compare il soggetto (termine minore) è la premessa minore; quella dove compare il predicato (termine maggiore) è la premessa maggiore.
2.3.2. Le figure. Quello rappresentato con lo schema precedente è un sillogismo della prima figura;
le figure, in totale sono 4, ottenute scambiando opportunamente la posizione dei termini. In ogni figura la conclusione è della forma S
P, le premesse possono presentare disposizioni diverse dei
termini. Un altro esempio
Ogni Juventino è Napoletano
Qualche Mandolinista non è Napoletano
Qualche Mandolinista non è Juventino
In termini schematici, l’argomentazione precedente è data da
P M
S M
S
P
Nello schema successivo si esibiscono le figure possibili del sillogismo:
Prima figura Seconda figura Terza figura Quarta figura
M P
P M
M P
P M
S M
S M
M S
M S
S P
S P
S P
S P
Si osservi che nelle premesse la scrittura A B, significa che A è il soggetto della proposizione e B è
il predicato. Quindi le quattro figure sono caratterizzate dalle ‘posizioni’, o meglio dai ruoli, del
termine medio nella premessa maggiore ed in quella minore.
Le prime tre figure si ritrovano in Aristotele. La quarta viene attribuita a Galeno ed è talora vista
come una trasformazione della prima figura in modo indiretto.
60
C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
L’analisi delle figure è molto generale, in quanto non fornisce informazioni di come siano costruite
le affermazioni che intervengono con il ruolo di premesse e conclusione. Nel primo esempio mostrato ci sono delle affermazioni che riguardano ‘tutti’ in modo affermativo, nel secondo esempio
c’è una affermazione positiva che riguarda ‘tutti’ anche se si è preferita la forma ‘ogni’, e due particolari in modo negativo.
2.3.3. Quantità e qualità. Un’ulteriore distinzione riguarda la quantità e la qualità. Le proposizioni
prese in considerazione dal sillogismo tradizionale sono schematizzate come segue:
Proposizioni
Forma delle proposizioni
Universali affermative
“Tutti gli A sono B”
Particolari affermative
“Qualche A è B”
Universali negative
“Nessun A è B”
Particolari negative
“Qualche A non è B”
Di fatto si può ri-organizzare la tabella precedente in base al binomio quantità – qualità, come segue
Qualità
Affermative
Negative
Tutti gli A sono B
Qualche A è B
Nessun A è B
Qualche A non è B
Quantità
Universali
Particolari
Le affermazioni che entrano nel sillogismo sono dette categoriche, perché esprimono il fatto che un
certo soggetto ha o non ha una certa proprietà.
Con queste precisazioni, di primo acchito, dato che le figure sono quattro e che le affermazioni che
entrano in gioco sono tre, ciascuna delle quali potrebbe essere di uno delle quattro modalità indicate
dalla tabella precedente, ci si aspetterebbero 64 possibilità per ogni figura, per un totale di 256 possibili sillogismi. Le cose non stanno così, perché per avere sillogismi ‘buoni’ si devono rispettare
alcune regole.
Osserviamo intanto che grazie a Pietro Ispano, abbiamo un modo rapido per indicare i tipi di proposizioni. Egli ha preso in considerazione le due parole latine ‘affirmo’ e ‘nego’ ed ha proposto un
trucco mnemonico per ricordarsi questi casi
Qualità
Quantità
Universali
Particolari
Affermative
Tutti gli A sono B
Qualche A è B
61
Negative
A
I
Nessun A è B
Qualche A non è B
E
O
Capitolo 2
Gli strumenti deduttivi
Accanto a questi tipi di proposizioni, Guglielmo di Ockham ha introdotto altri casi da tenere presenti, mediante i termini singolari. Così si è ampliata la ricchezza espressiva del sillogismo.
Un esempio per meglio comprendere.
Tutti gli Uomini sono Mortali
Tutti i Greci sono Uomini .
Tutti i Greci sono Mortali
Tutti gli Uomini sono Mortali
Socrate è un Uomo
.
Socrate è Mortale
La differenza tra le proposizioni particolari e quelle singolari è evidente: le ultime si applicano a
specifici individui. La forma è simile: nel sillogismo singolare il termine medio è presente nelle due
premesse, i ruoli di soggetto e predicato sono conservati, ma stavolta la conclusione non è particolare, bensì singolare. Di fatto si applica (non lo mette in evidenza Ockham) quella che in logica moderna si indica col nome di regola di particolarizzazione, una delle regole fondamentali del calcolo
predicativo; in questo senso si può ritenere Ockham un precursore del pensiero moderno.
2.3.4. Il quadrato delle proposizioni e la loro tavola di verità. Tra questi tipi di proposizioni intercorrono rapporti logici abbastanza precisi, il quadrato delle proposizioni di Michele Psello:
A
Contrarie
E
Subalterne
Subalterne
I
Subcontrarie
O
In esse A ed E, le due proposizioni universali, la prima positiva e
l’altra negativa, sono tra loro contrarie, il che significa che non possono essere entrambe vere, ma possono essere contemporaneamente false ‘Ogni Italiano è Napoletano’ e ‘Nessun Italiano è Napoletano’. Le proposizioni I e O sono subcontrarie, cioè possono essere
entrambe vere, ma non entrambe false: ‘Qualche Mandolinista è
Napoletano’ e ‘Qualche Mandolinista non è Napoletano’. D’altra
Il quadrato delle proposizioni
da Summulae Logicales di
Pietro Ispano
parte I è subalterna di A, cioè se l’universale è vera, lo è anche la
proposizione particolare: ‘Tutti gli Uomini sono Mortali’ e ‘Qual-
che Uomo è Mortale’, ma dalla verità della particolare non si può ottenere la verità della universale:
‘Qualche Numero naturale è Primo’ e ‘Ogni Numero naturale è Primo’. Il rapporto di subalternità
sussiste anche tra E e O: da ‘Nessun Gatto Abbaia’ si ha ‘Qualche Gatto non Abbaia’, ma da ‘Qualche Numero naturale non è Primo’ non si può concludere ‘Nessun Numero naturale è Primo’. Le
62
C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
diagonali del quadrato servono per indicare proposizioni contraddittorie, quindi non possono essere
contemporaneamente vere o contemporaneamente falsa. Ad esempio ‘Ogni Uomo è Mortale’ (A) e
‘Qualche Uomo non è Mortale’ (O); e ‘Nessun Cane Miagola’ (E) e ‘Qualche Cane Miagola’ (I).
La situazione si può riassumere con una tabella indicando con ‘V’ e ‘F’ vero e falso e con ‘?’ quando la verità della proposizione non dipende dalla struttura del sillogismo, ma dal contenuto della
proposizione.
A E I O
V F V F
F ? ? V
E A I O
V F F V
F ? V ?
I A E O
V ? F ?
F F V V
O A E I
V F ? ?
F V F V
2.4. Le regole per i sillogismi.
La struttura del sillogismo è complessa e richiede attenzione sia sui termini che sulle proposizioni.
2.4.1. Termini presi universalmente. Per comprendere le regole che sovrintendono la costruzione
dei sillogismi, bisogna prima comprendere cosa significhi che un termine sia preso universalmente
(p.u.) in una proposizione. I termini usati in una proposizione hanno una duplice funzione, sono
usati come soggetti oppure come predicati. In entrambi i casi possono essere assimilati a classi di
oggetti. Nella frase ‘Tutti gli Uomini sono Mortali’, uomini è il soggetto, mortali è il predicato e
quanto affermato può essere inteso come il fatto che ogni individuo riconosciuto come uomo partecipa alla collezione degli individui mortali. Quindi la proprietà di essere mortale è applicabile a tutti
gli individui uomo. In questo caso, una proposizione A, il soggetto della proposizione è preso universalmente. Ma il predicato ‘Mortale’ non è preso universalmente, perché ci possono essere degli
individui mortali che non sono uomini. Nella proposizione E ‘Nessun Cane è Bipede’ la proprietà di
‘non essere bipede’ si applica ad ogni individuo che sia un cane. Quindi in A e in E il soggetto viene preso universalmente. Ma nella frase ‘Nessun Cane è Bipede’ si esclude che un qualsiasi bipede
sia cane. Quindi nella proposizione E anche il predicato, oltre al soggetto, è un termine preso universalmente. Nella proposizione O ‘Qualche Napoletano non è Stonato’, il soggetto non è preso universalmente, visto che si stanno considerando solo alcuni Napoletani, mentre per il predicato ‘stonato’ è preso universalmente in quanto devo analizzare la carta di identità di tutti gli individui stonati per verificarlo. Nelle proposizioni I, né soggetto, né predicato è preso universalmente.
2.4.2. Le regole sui termini e le proposizioni. Per riconoscere i sillogismi, si adoperano regole sui
termini e regole sulle proposizioni.
63
Capitolo 2
Gli strumenti deduttivi
- Regole sui termini
o 1(t) il termine medio deve essere preso universalmente almeno in una premessa;
o 2(t) nessun termine può essere preso universalmente nella conclusione, senza che sia
stato preso universalmente in una delle premesse.
- Regole sulle proposizioni
o 1(p) da premesse entrambe negative non segue alcuna conclusione;
o 2(p) se una premessa è negativa, la conclusione deve essere negativa: se una premessa è
particolare, la conclusione deve essere particolare.
Dalla regola 1(t) si desume che non ci può essere un sillogismo con due premesse affermative particolari, dalla 1(p) non vi possono essere sillogismi con entrambe le premesse particolari negative. Si
possono anche escludere due premesse particolari; in questo caso, per la 2(p) la conclusione deve
essere O. Ad esempio se fosse I,O/O, ciò non è possibile in quanto anche se il termine medio fosse
p.u. nella premessa minore (sillogismo di prima o seconda figura), il predicato sarebbe p.u. nella
conclusione e non nella premessa maggiore. Se si considera O,I/O, allora per la 1(t) ciò sarebbe
possibile solo per sillogismi della seconda o della quarta figura. Ma nella conclusione il predicato è
p.u., quindi lo dovrebbe essere per 2(t) anche nella premessa maggiore e ciò non avviene nella seconda e quarta figura, essendo la premessa maggiore di tipo O.
2.4.3. I modi del sillogismo. Sotto queste condizioni ci sono solo 19 modi di sillogismo (invece dei
possibili 256). In realtà accanto ai 19 se ne considerano altri 5 ottenuti per indebolimento di una
conclusione universale con una particolare subalterna.
Queste regole sono relative alla correttezza del sillogismo, nel senso che il sillogismo corretto con
premesse vere conduce a conclusioni vere, ma questo aspetto è separato dal fatto che si possa avere
una conclusione vera o falsa sulla base delle affermazioni in base alle conoscenze esterne ed estranee alla struttura del sillogismo. Qualche esempio per chiarire meglio:
Tutti gli Ussari sono Mosche
Tutti i Gatti sono Ussari
Tutti i Gatti sono Mosche
Tutti gli Italiani amano la Pizza
Qualche Allergico al formaggio non è Italiano
Qualche Allergico al formaggio non ama la Pizza
La prima argomentazione, priva di senso e che porta ad una conclusione falsa, del tipo A,A/A, rispetta tutte le regole del sillogismo. Infatti è del tipo esemplificato da Aristotele. Il termine medio,
‘Ussari’ è preso universalmente nella premessa maggiore, in quanto è il soggetto in essa; il termine
minore, ‘Gatti’ è il soggetto di una affermazione universale A, quindi è preso universalmente nella
conclusione, ma lo stesso capita nella premessa minore. Le regole sulle proposizioni sono banalmente soddisfatte perché le affermazioni sono solo affermative.
64
C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
La seconda argomentazione è del tipo A,O/O. Dal punto del significato delle frasi e dalla conoscenza culinaria, l’argomentazione sembra sensata e corretta. Dal punto di vista della struttura si osserva
che il termine medio, ‘Italiano’ è preso universalmente nella premessa maggiore. Essendo, la conclusione una frase di tipo O, il termine preso universalmente in essa è il predicato, ‘ama la Pizza’ e
questo termine compare come predicato nella premessa maggiore, di tipo A, quindi non è preso universalmente in essa. Il fatto che si sia usato il verbo transitivo ‘amare’ non cambia la sostanza. Si
potrebbe infatti sostituire ‘ama la Pizza’ col neologismo ‘Pizzofilo’ per cui l’argomentazione diventerebbe ‘Gli Italiani sono Pizzofili, Qualche Allergico al formaggio non è Italiano/ Qualche Allergico al formaggio non è Pizzofilo’. Le regole sulle proposizioni sono rispettate dalla seconda argomentazione: vi una sola premessa negativa particolare e la conclusione è negativa particolare.
Questa distinzione, presente anche in Aristotele, fa presentire la differenza tra aspetti sintattici e
semantici. La scelta innovativa del filosofo greco di indicare i termini con lettere, infatti, è funzionale ad evidenziare la struttura del sillogismo piuttosto che a pensare alla semantica delle frasi usate
che risulta, di fatto, impossibile a livello simbolico.
2.4.4. I modi della prima figura. Sulla base regole di 2.4.2. si possono individuare i seguenti modi
del sillogismo:
Figura
Prima figura
Premessa maggiore
Premessa minore
Conclusione
Schema figura
Modi
M
S
S
A
A
A
P
M
P
A
I
I
E E
A I
E O
I modi del sillogismo indicati rispettano le condizioni. Nel primo modo A,A/A, il termine medio è
p.u. nella premessa maggiore e il soggetto, che è p.u. nella conclusione è p.u. nella premessa minore.
Nel secondo modo il termine medio è p.u. nella premessa maggiore, la premessa minore è particolare positiva, quindi la conclusione è particolare, ma non può essere negativa in quanto il predicato
sarebbe in esso p.u. e questo non avverrebbe in alcuna premessa. Se è particolare positiva nella conclusione non ci sono termini p.u. e questo non contrasta con le premesse.
Nel terzo modo e nel quarto modo il termine medio è ancora p.u. nella premessa maggiore. Siccome
per 1(p) la premessa minore non può essere negativa si devono considerare come premessa minore
A e I e comunque la conclusione è negativa. Nel terzo modo, soggetto e predicato sono p.u. nella
conclusione e ciò è ottenibile in quanto nella premessa maggiore il predicato è p.u, mentre in quella
minore il soggetto è p.u. Nel quarto modo, avendo considerato una premessa minore particolare,
l’unica soluzione possibile è una particolare negativa e per esso si osserva che il predicato è p.u.
nella conclusione e nella premessa maggiore.
65
Capitolo 2
Gli strumenti deduttivi
Non sono possibili altri modi di sillogismo nella prima figura. Se la premessa minore fosse E oppure O, la premessa maggiore dovrebbe essere positiva e la conclusione negativa, perché da due premesse negative non segue conclusione. Ma se il modo fosse A,E/E oppure A,E/O, nel primo caso il
termine medio sarebbe p.u. in E, però nella conclusione, ancora E, sia il soggetto che il predicato
sarebbero p.u., ma il predicato compare solo nella premessa maggiore e colà non è p.u. Nel secondo
caso A,E/O succede lo stesso in quanto nella conclusione il predicato è p.u., ma non lo è nella premessa maggiore.
Nel caso che la premessa minore sia O, allora il termine medio sarebbe p.u. in entrambe le premesse
e sarebbe possibile solo il modo del sillogismo A,O/O, in quanto una premessa è particolare negativa, quindi anche la conclusione deve essere particolare negativa, ma si ripete così il caso precedente, in quanto nella conclusione, proposizione di tipo O, il predicato è p.u. e lo dovrebbe essere anche
nella premessa maggiore.
Se la premessa maggiore fosse O, allora la premessa minore non può essere né I (in quanto il termine medio non sarebbe p.u., qualunque sia la conclusione), e per lo stesso motivo non può essere A.
Non può essere neppure E o O, per 1(p); quindi non esistono modi di sillogismo della prima figura
con premessa maggiore O.
Se la premessa maggiore fosse I, allora per fare sì che in essa il termine medio sia p.u., la premessa
minore può essere solo E oppure O, ma in tal caso per 2(p) la conclusione deve essere negativa e
particolare, quindi, scartato I,O/O, il modo di sillogismo dovrebbe essere I,E/O. Ma nella conclusione il predicato sarebbe p.u., mentre non lo è nella premessa maggiore.
Resta da discutere il modo A,A/I. Il sillogismo tradizionale non lo considera tra quelli della prima
figura in quanto si tratta di un indebolimento della corrispondente forma con conclusione universale. La verità della conclusione è frutto del fatto che le proposizioni di tipo I sono subalterne a quelle
di tipo A. Un altro modo possibile è la forma E,A/O, ottenuta anche in questo caso come subalterna
della conclusione indicata nel modo E,A/E.
2.4.5. I modi della seconda figura. Passiamo alla considerazione della seconda figura:
Figura
Seconda figura
Premessa maggiore
Premessa minore
Conclusione
Schema figura
Modi
P
S
S
A
E
E
M
M
P
A E E
O A I
O E O
I quattro modi indicati rispettano le regole assegnate. In tutti e quattro la premessa maggiore garantisce che il predicato è p.u. Nel primo modo e nel secondo, nelle premesse minori il termine medio è
p.u. e nelle conclusioni dei due primi modi si richiede che il predicato sia p.u., ma nel primo anche
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C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
il soggetto deve essere p.u, ed a questo provvede la premessa minore E. Essendo presenti premesse
negative, la conclusione deve essere negativa. Nel secondo caso la conclusione è obbligata dato che
una premessa è particolare. Nel terzo modo il termine medio è p.u nella premessa maggiore che è
negativa ed in essa anche i predicato è p.u. Il soggetto è p.u. nella premessa minore. Infine nel quarto modo, dato che la conclusione richiede che solo il predicato sia p.u., la premessa maggiore soddisfa entrambe le condizioni sul termine medio e sul predicato.
Non possono esserci altri modi di sillogismo della seconda figura. Può stupire che non ci siano modi di sillogismo con conclusione affermativa, ma per fare ciò entrambe le premesse dovrebbero essere affermative, ma una premessa maggiore affermativa non garantisce che il termine medio sia
p.u. in quanto ha il ruolo di predicato e ciò non può avvenire neppure nella premessa minore, né se
essa è A e neppure se essa è I. Quindi nella seconda figura non ci sono sillogismi con conclusione
affermativa. Così restano i casi i primi due casi con premessa maggiore affermativa e la minore negativa.
Se la premessa maggiore fosse I allora, per garantire che il termine medio sia p.u., la premessa minore può essere solo E oppure O. L’unica conclusione possibile però è O e in esso il predicato è p.u.
e tale condizione non si verifica in una premessa maggiore I, l’unica in cui è presente il predicato.
Se la premessa maggiore fosse O, allora il termine medio sarebbe p.u., e la premessa minore dovrebbe essere positiva con conclusione necessariamente O, ma il predicato, che nella conclusione è
p.u. non lo è nella premessa maggiore. Non ci sono pertanto altri modi di sillogismo della seconda
figura.
I sillogismi della forma A,E/O e E,A/O sono indebolimenti, per subalterne, della forma con le stesse
premesse e conclusione universale negativa.
2.4.6. I modi della terza figura. La terza figura è quella con più modi possibili di sillogismo.
Figura
Terza figura
Premessa maggiore
Premessa minore
Conclusione
Schema figura
Modi
M
M
S
A A E E I O
A I A I A A
I I O O I O
P
S
P
Data la posizione del termine medio, almeno una delle premesse deve essere A oppure E, perché il
termine medio sia p.u. La condizione sui termini della conclusione, quando questa è I non si applica
perché in I i termini non sono p.u.
Più interessante chiedersi perché in questa figura si ottengano comunque conclusioni particolari. Si
supponga che ci sia un sillogismo di questa figura la cui conclusione sia A. Questo comporterebbe
che il soggetto deve essere p.u., quindi nella premessa minore il predicato deve essere p.u., ma ciò
67
Capitolo 2
Gli strumenti deduttivi
avviene solo con proposizioni negative e la conclusione non può essere affermativa. La stessa cosa
avviene se la conclusione fosse E, perché in tal caso sia il soggetto che il predicato dovrebbero essere p.u., quindi la premessa maggiore ed anche la premessa minore devono essere negative, il che è
impedito dalla regola 1(p).
Quindi i modi di sillogismo della terza figura con premesse positive sono A,A/I, A,I/I, I,A/I, tenendo inoltre presente che I,I/I è escluso. Non ci può essere un sillogismo in cui la premessa maggiore
sia positiva e la minore negativa, in quanto la conclusione, negativa, richiederebbe che il predicato
sia p.u. e questo non è assicurato dalla premessa maggiore positiva. Quindi i sillogismi con proposizioni negative, devono avere la premessa maggiore (e la conclusione) negativa. Inoltre la conclusione può essere solo particolare. Quindi E,A/O oppure E,I/O o anche O,A/O. Queste sono forme
corrette, invece O,I/O non è accettabile.
2.5.7. I modi della quarta figura. Considerazioni analoghe si svolgono ora per la quarta figura:
Figura
Quarta figura
Premessa maggiore
Premessa minore
Conclusione
Schema figura
Modi
P
M
S
A A I E E
A E A A I
I E I O O
M
S
P
Data la struttura della quarta figura, perché il termine medio sia p.u., ci vuole che la premessa maggiore sia di tipo E oppure O, oppure la premessa minore sia di tipo A oppure di tipo E. Con la premessa maggiore di tipo A, e la premessa minore dello stesso tipo, è possibile solo la conclusione I,
in quanto in tale tipo di proposizione non sono p.u. né il soggetto né il predicato. La stessa conclusione si ottiene in I,A/I, in quanto la premessa minore garantisce che il termine medio è p.u.
Nel caso che la premessa maggiore sia A e la minore E, la condizione sul termine medio è soddisfatta e la conclusione è negativa; se essa è universale negativa, allora il soggetto ed il predicato sono p.u., ma il predicato è p.u. nella premessa maggiore A ed il soggetto è p.u nella premessa minore.
Per indebolimento si ottiene anche A,E/O. Nella quarta figura è presente anche un modo, di sillogismo, il quarto, che scambia il tipo delle due premesse, A e E. La condizione sul termine medio è
soddisfatta in entrambe le premesse. La conclusione deve essere negativa. Se però fosse di tipo E,
allora sia il soggetto che il predicato dovrebbero essere p.u., ma ciò non è possibile in quanto nella
premessa minore il soggetto non è p.u., quindi è possibile solo il sillogismo della forma E,A/O. Il
quinto modo di sillogismo è obbligato dalla presenza di una premessa particolare.
Non sono possibili modi di sillogismo con premessa maggiore A e minore I, perché non sarebbe
soddisfatta la condizione sul termine medio. Se la premessa maggiore fosse di tipo O, la condizione
sul termine medio è garantita. Allora si potrebbe assumere la premessa minore di tipo A, mentre è
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C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
esclusa quella di tipo di tipo I, e la conclusione sarebbe ancora O. Ma in nessuno di questi casi il sillogismo sarebbe corretto in quanto il predicato sarebbe p.u. nella conclusione e in nessun caso nella
premessa maggiore.
2.4.8. Le trasformazioni dei sillogismi. Accanto a queste forme di sillogismo delle varie figure, sulla
base di un’affermazione di Aristotele che solo i sillogismi della prima figura sono ‘perfetti’, forse
perché i sillogismi della prima figura sono più ‘evidenti’ degli altri, si è posto il problema di ricondurre un sillogismo di altra figura ad uno della prima. Ciò avviene mediante la conversione. Le due
forme di conversione sono la conversione semplice (conversio simplex) e la conversione per limitazione (conversio per accidens).
Nella conversione semplice si scambiano il soggetto ed il predicato. Questo tipo di trasformazione,
però, è accettabile solo per le proposizioni di tipo E: da ‘Nessun A è B’, si conclude che ‘Nessun B è
A’, e per quelle di tipo I: ‘Qualche A è B’ ottiene ‘Qualche B è A’.
Per gli altri tipi di proposizione la trasformazione per conversione semplice non è possibile: da
‘Qualche A non è B’ non si può concludere che ‘Qualche B non è A’; da ‘Ogni A è B’ non si può
concludere che ‘Ogni B è A’, bensì ‘Qualche B è A’ e questa è la conversione per limitazione.
Sicché si può affermare che E e I ammettono conversione semplice, mentre A ammette la conversione per limitazione.
Accanto alle regole di trasformazione della singola proposizione, ve ne sono altre che riguardano
l’intero sillogismo, ad esempio lo scambio della premessa maggiore con la minore, che però ha
l’effetto di scambiare nella conclusione il soggetto con il predicato.
Queste regole, da sole non bastano: infatti per i modi A,O/O della seconda figura e O,A/O della terza, si ottiene una trasformazione ‘indiretta’ a modi della prima figura perché effettuata mediante
una dimostrazione per assurdo.
Come si vede la teoria del sillogismo è abbastanza complessa e richiede una sorta di manualetto per
poter applicare correttamente le varie trasformazioni. Nel Medioevo si faceva ricorso a tecniche
mnemoniche, la più fortunata e utilizzata è dovuta a Pietro Ispano nel XIII secolo. Il suo trattato
Summula logicales ebbe numerose edizioni anche a stampa. Il contributo di Pietro Ispano è abbastanza vasto, ma a lui si attribuisce una complessa tecnica mnemonica esposta in ‘rima’, in cui si
sintetizzava, grazie ad una poesia assai poco poetica, la teoria. In una versione più moderna si ha:
Barbara, Celarent primae, Darii Ferioque
Cesare, Camestres, Festino, Baroco secundae
Tertia grande sonans recitat Darapti, Felapton,
Disamis, Datisi, Bocardo, Ferison. Quartae
sunt Bamalip, Cameles, Dimatis, Fesapo, Fresison.
Le parole in corsivo, indicano modi di sillogismo delle varie figure.
69
Capitolo 2
Gli strumenti deduttivi
Il testo originale delle Summule logicales presenta altre forme di sillogismo (ed anche una diversa
divisione delle figure. Seguendo il testo originale di Pietro Ispano si hanno i seguenti esempi
Prima figura: Barbara (Ogni animale è una sostanza, Ogni uomo è un animale/Ogni uomo è una
sostanza); Celarent (Nessun animale è una pietra, Ogni uomo è un animale/Nessun uomo è una pietra); Darii (Ogni animale è una sostanza, Qualche uomo è un animale/Qualche uomo è una sostanza); Ferio (Nessun animale è una pietra, Qualche uomo è un animale/Qualche uomo non è una pietra). A questi modi, se ne aggiungono altri: Baralipton (Ogni animale è una sostanza, Ogni uomo è
un animale/Qualche sostanza è un uomo); Celantes (Nessun animale è una pietra, Ogni uomo è un
animale/Nessuna pietra è un uomo); Dabitis (Ogni animale è una sostanza, Qualche uomo è un animale/Qualche sostanza è un uomo); Fapesmo (Ogni animale è una sostanza, Nessuna pietra è un
animale/Qualche sostanza non è una pietra), Frisesmo (Qualche animale è una sostanza, Nessuna
pietra è un animale/Qualche sostanza non è una pietra).
Seconda figura: Cesare (Nessuna pietra è un animale, Ogni uomo è un animale/Nessun uomo è
una pietra); Camestres (Ogni uomo è un animale, Nessuna pietra è un animale/Nessuna pietra è un
uomo); Festino (Nessuna pietra è un animale, Qualche uomo è un animale/Nessuna pietra è un uomo); Baroco (Ogni uomo è un animale, Qualche pietra non è un animale/Qualche pietra non è un
uomo).
Terza figura: Darapti (Ogni uomo è una sostanza, Ogni uomo è un animale/Qualche animale è una
sostanza); Felapton (Nessun uomo è una pietra, Ogni uomo è un animale/qualche animale non è una
pietra); Disamis (Qualche uomo è una sostanza, Ogni uomo è un animale/qualche animale è una sostanza); Datisi (Ogni uomo è una sostanza, Qualche uomo è un animale/Qualche uomo è una sustanza); Bocardo (Qualche uomo non è una pietra, Ogni uomo è un animale/Qualche animale non è
70
C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
una pietra); Ferison (Nessun uomo è una pietra, Qualche uomo è un animale/Qualche animale non è
una pietra).
L’indicazione di Pietro Ispano è, comunque, che i modi del sillogismo sono 19, anche se non viene
indicata la quarta figura. Ci sono delle differenze che poi si commentano.
Riprendendo la ‘poesia’ precedente, in essa le (tre) vocali sono le indicazione del modo di
sillogismo che si ritrova nelle quattro tabelle precedenti. La prima lettera delle parole corsive indica
le ‘filiazioni’ tra i modi, cioè a quale modo della prima figura è possibile ricondursi con una
adeguata trasformazione. Le consonanti s, p e m, forniscono l’indicazione che la trasformazione da
applicare al modo è semplice, ‘s’ o per limitazione ‘p’ o ancora ‘m’ per scambio di premesse. Le
altre consonanti non hanno valore logico, ma sono di ausilio mnemonico.
Si noti che nella poesia i modi di sillogismo non sono presentati nello stesso ordine in cui sono stati
presentati nelle tabelle.
Osserviamo subito che nella seconda figura nessun modo è riconducibile a Darii, nella terza nessun
modo è riconducibile a Celarent.
Ad esempio, da Camestres si passa a Celarent mediante scambio delle premesse, scambio di
predicato e soggetto per conversione semplice. Camestres è il primo modo delle seconda figura
esemplificato da
Tutti gli A sono B
Nessun C è B
Nessun C è A
Lo scambio delle premesse fa passare a
Nessun C è B
Tutti gli A sono B
e in questo caso non cambia la figura. Ma si deve operare una conversione semplice su quella che
ora è diventata premessa maggiore,
Nessun B è C
Tutti gli A sono B
In questo modo si hanno le premesse della prima figura. Ed infine con una conversione semplice
sulla conclusione si ottiene
Nessun B è C
Tutti gli A sono B
Nessun A è C
che è un esempio di Celarent (il terzo modo della prima figura).
Baroco è un esempio della seconda figura (il secondo modo), esemplificato da
Tutti gli A sono B
Qualche C non è B
Qualche C non è A
71
Capitolo 2
Gli strumenti deduttivi
Ora si suppone la negazione di Qualche C non è A, il che, per il quadrato delle proposizioni,
equivale ad assumere che Tutti i C sono A, ma siccome Tutti gli A sono B di qui si ottiene che Tutti
i C sono B, quindi da
Tutti gli A sono B
Tutti i C sono A
Tutti i C sono B
fornendo così un esempio di Barbara. La stessa riduzione indiretta si ha con Bocardo, il sesto modo
della terza figura, esemplificato da
Qualche A non è B
Tutti gli A sono C
Qualche C non è B
Anche in questo caso si assume la negazione della conclusione ottenendo ‘Tutti i C sono B’, ma da
‘Tutti gli A sono C’ si ha che ‘Tutti gli A sono B’, quindi
Tutti i C sono B
Tutti gli A sono C
Tutti gli A sono B
ancora un esempio di Barbara.
Infine un esempio della quarta figura. Si consideri Dimatis, che è il terzo modo della quarta figura,
esemplificato da
Qualche A è B
Tutti i B sono C
Qualche C è A
Mediante scambio delle ipotesi si ottiene
Tutti i B sono C
Qualche A è B
ponendo così il termine medio come nella prima figura. Ma per concludere ci vuole una conversione semplice sulla conclusione, ‘Qualche B è C’ e così si ottiene:
Tutti i B sono C
Qualche A è B
Qualche A è C
e questo è un esempio di Darii (il secondo modo della prima figura).
La dizione Bamalip, il primo modo della quarta figura, fa pensare ad una conversione per limitazione sulla conclusione. Il modo si può esprimere come
Tutti gli A sono B
Tutti i B sono C
Qualche C è A
Dal nome del modo si deve applicare uno scambio di premesse (riconducendosi alla prima figura)
Tutti i B sono C
Tutti gli A sono B
72
C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
Si tratta delle premesse del modo Barbara, da cui segue la conclusione ‘Tutti gli A sono C’, ma la
conclusione di Bamalip è ottenuta da ‘Tutti gli A sono C’ mediante conversione per limitazione:
‘Qualche C è A’. Quindi la ‘p’ finale di Bamalip non indica di applicare la conversione per limitazione alla conclusione (affermativa particolare), bensì che tale conclusione è frutto di una conversione per limitazione a partire da una affermativa universale. Negli altri casi la lettera ‘p’ à presente
in Darapti, in Felapton e in Fesapo, e segue immediatamente una vocale a, quindi indica la conversione per limitazione sulla universale affermativa.
Nella teoria tradizionale del sillogismo si assumono due ipotesi (sottintese): la prima che non si
ammettono termini che si riferiscano a classi vuote e la seconda che non esista un sorta di universo,
cioè una classe somma, che sia predicabile di qualunque cosa.
2.4.9. Le differenti proposte delle Summulae logicales. Come si è visto nel testo di Pietro Ispano
non sono indicate le quattro figure, ma solo tre. In particolare i primi quattro modi della prima figura coincidono nelle due ‘poesie’, poi Papa Giovanni XXI indica altri cinque modi, sempre della
prima, che hanno ‘assonanze’ con i modi della quarta figura, e di cui dice che la conclusione è indiretta perché c’è uno scambio tra soggetto e predicato nella conclusione, per distinguerli dai primi
quattro modi che a suo parere hanno una conclusione diretta. Si è riportata la indicazione (tradotta
dal latino) di tali modi e si colgono bene le differenze con i modi della quarta figura, in quanto
l’autore medievale li presenta sempre come modi della prima figura:
Figura e schema
Prima
M P
S M
S P
Modo di Summ. Log.
Baralipton
Ogni animale è una sostanza
Ogni uomo è un animale
Qualche sostanza è un uomo
Celantes
Nessun animale è una pietra
Ogni uomo è un animale
Nessuna pietra è un uomo
Dabitis
Ogni animale è una sostanza
Qualche uomo è un animale
Qualche sostanza è un uomo
Fapesmo
Ogni animale è una sostanza
Nessuna pietra è un animale
Qualche sostanza non è una pietra
Frisesmo
Qualche animale è una sostanza
Nessuna pietra è un animale
Qualche sostanza non è una pietra
Figura e schema
Quarta
P M
M S
S P
Modo
Bamalip
Tutti gli A sono B
Tutti i B sono C
Qualche C è A
Cameles
Tutti gli A sono B
Nessun B è C
Nessun C è A
Dimatis
Qualche A è B
Tutti i B sono C
Qualche C è A
Fesapo
Nessun A è B
Tutti i B sono C
Qualche C non è A
Fresison
Nessun A è B
Qualche B è C
Qualche C non è A
Lo schema permette di cogliere le differenze. L’introduzione della quarta figura permette di ‘uniformare’ i modi del sillogismo con la conclusione del tipo ‘S
P’ conservando così il ruolo di pre-
messa maggiore e minore, che, di fatto viene negato nei cinque modi indiretti di Pietro Ispano. I
73
Capitolo 2
Gli strumenti deduttivi
modi presentati si differenziano per l’ordine delle premesse e questo ha conseguenza sulle vocali
considerate.
Baralipton, indicata esplicitamente con questo nome a pag. 127 della edizione del
1572, include una quarta vocale che confonde ed è (almeno graficamente) un nome
diverso da Baralipet, che compare nella ‘poesia’ che compare in quella edizione, a
pag. 136, anch’esso con una quarta vocale che aiuta la confusione.
Sulla quarta figura, non presente in Aristotele, nel tempo si è accesa una disputa. Pietro Ispano la
considera come una forma ‘imperfetta’ della prima figura.
Alberto di Sassonia (1316 – 1390) scriveva:
«[il sillogismo è costituito] in un quarto modo se il medio è predicato nella prima premessa, soggetto nella seconda.… Si deve però notare che la prima figura differisce dalla quarta soltanto per lo scambio delle premesse, il
che non ha importanza per la deducibilità o la non deducibilità della conclusione» (da Bochenski, 1972)
Ma erano presenti anche altre posizioni. Ad esempio in un testo del XIII secolo di Albalag si trova:
«A mio giudizio vi devono essere quattro figure. Il termine medio può infatti essere soggetto in una delle due
premesse e predicato nell’altra in due modi: il termine medio è soggetto nella minore, predicato nella maggiore;
è predicato nella minore, soggetto nella maggiore. Gli antichi considerarono soltanto il seconda schema e lo
chiamarono ‘prima figura’ » (da Bochenski, 1972)
Anche se si tratta di un pensatore di tanto tempo fa, nella sua opera (manoscritta) è presente una
sensibilità moderna basata sulla struttura del sillogismo, quindi sugli aspetti sintattici, piuttosto inconsueta per la sua epoca.
2.4.10. Il caso dei sillogismi con conclusione particolare. Si è osservato che oltre ai 19 modi di sillogismo, se ne possono considerare altri 5 che si ottengono dai modi con premesse universali e conclusione universale per indebolimento (due della prima figura da Barbara e Celarent, due della seconda da Cesare e Camestres, ed uno della quarta figura da Cameles). Tali modi non hanno un nome specifico. Oltre a questi vi sono i modi Darapti, Felapton, Bamalip, Fesapo, che hanno premesse universali e conclusioni particolari.
In realtà ci sono anche altri modi di sillogismo che hanno una conclusione particolare, ma non hanno entrambe le premesse universali, per cui non ricadono nelle considerazioni seguenti.
Consideriamo una proprietà che non è soddisfatta da alcun individuo (una classe vuota).
Un’affermazione universale sugli (inesistenti) individui è comunque vera. Ma una conclusione particolare è un’affermazione di esistenza e questa, nel caso della classe vuota, non è vera.
Un esempio è ricavato dall’indebolimento di Barbara (esempio adattato da uno di Bagni (1997)):
Tutti i Bipedi sono Viventi
Tutti i Dodo sono Bipedi
Tutti i Dodo sono Viventi
Tutti i Bipedi sono Viventi
Tutti Greci sono Bipedi
Tutti i Greci sono Viventi
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C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Tutti i Bipedi sono Viventi
Tutti i Dodo sono Bipedi
Qualche Dodo è Vivente
Anno Accademico 2009/2010
Tutti i Bipedi sono Viventi
Tutti Greci sono Bipedi
Qualche Greco è Vivente
Come si vede la struttura dei primi due sillogismi e quella dei secondi due è la stessa. Tralasciamo,
per il momento la ‘verità’ dell’affermazione che afferma ‘Tutti i Bipedi sono Viventi’, sulla quale ci
sarebbe da discutere. Il fatto che, in virtù del fatto che la specie ‘Dodo’ è estinta, l’affermazione
‘Tutti i Dodo sono Viventi’ è vera, in quanto non si riesce a trovare alcun Dodo che non sia vivente,
dato che non si ha nessun Dodo, e questo è il caso del dominio vuoto. L’argomentazione che riguarda i Greci non pone problemi. Ma quando si passa ad un indebolimento con una affermazione
universale particolare, quello che si potrebbe dire il modo Barbari, l’affermazione ‘Qualche Dodo è
Vivente’ richiede individui riconoscibili come Dodo che siano viventi, ed in un certo senso trasforma i Dodo da esseri potenzialmente esistenti in esseri esistenti in atto, ed è in ciò la problematicità
dell’argomentazione. Non pone problema l’analoga argomentazione relativa ai Greci, in quanto la
classe dei Greci non è vuota.
Inoltre la classe vuota avrebbe, tramite le proposizioni negative, una ‘controparte’ costituita da una
classe totale, caso anch’esso escluso dalla trattazione dei filosofi greci.
Il problema della classe vuota è stato trattato già in epoca medioevale, ma è stato esplicitamente
considerato solo nel XIX secolo, fornendo così un ampliamento significativo della teoria del sillogismo.
In quanto esposto fin qui sul sillogismo è chiaro che ci si è avvalsi dell’impostazione aristotelica,
ma poi l’argomento, a differenza di altri che hanno avuto ben poco sviluppo, ha trovato nell’epoca
medioevale (ed anche prima) un fertile terreno di ricerca e pertanto ha percorso sue vie, per cui è
bene riferirsi alla versione tradizionale del sillogismo, senza più attribuirlo interamente ad Aristotele.
A parziale differenza di quanto presentato dall’Organon, si è data maggiore importanza alla valenza
sintattica, riguardando il sillogismo come una specie di meccanismo per eseguire conclusioni a partire da premesse. Le varie frasi che si sono utilizzate sono state ‘spolpate’ della sostanza del significato per metterne a nudo la struttura. Così il sillogismo è diventato una sorta di insieme di regole. Il
passaggio dal Greco al Latino (e da questo all’Italiano o alle lingue moderne) ha poi cambiato la ‘risonanza’ semantica e semiotica delle frasi cosicché le sfumature espressive (che sono funzionali,
almeno al convincimento del lettore) proprie del Greco si sono mitigate o perse.
Inoltre la presenza dei sillogismi con termini singolari è assai lontana dal pensiero aristotelico.
La forza dimostrativa del sillogismo, seppure importante e interessante, non ha mai permeato effettivamente le scienze. Ciò è dovuto a numerosi fatti. Il principale è che le scienze, Geometria com-
75
Capitolo 2
Gli strumenti deduttivi
presa, trattano spesso di relazioni: uguaglianza, parallelismo, perpendicolarità, appartenenza, congruenza, ecc. e per fare ciò il sillogismo è completamente inadeguato.
Il fatto di non aver preso in considerazione in modo appropriato il caso del dominio vuoto non è una
‘dimenticanza’, ma si inserisce nel contesto filosofico dopo la ‘dimostrazione’ di Parmenide
dell’inesistenza del vuoto.
2.4.11. Castillon 6. L’elaborazione della teoria del sillogismo è durata, come si vede, assai a lungo
nel tempo e si può dire che all’inizio del 1800 si è giunti alla conclusione di questo lavorio con
l’opera, pubblicata postuma, di Gian Francesco Castillon (1708 – 1791). Ancora all’inizio del ‘900
la proposta del francese di origine italiana era ancora considerata come il miglior tentativo di sviluppare un calcolo logico restando in ambito intensionale. I due saggi Réflexions sur la Logique e
Mémoire sur un nouvel algorithme logique furono presentati alle Mémoires de l’Académie Royale
des Sciences e Belle-Lettres di Berlino.
Castillon tratta proposizioni categoriche ed i concetti ad esse correlati vengono da lui indicati con
lettere maiuscole. A questi aggiunge un simbolo, M, per una indeterminata (che indica anch’essa un
concetto pensato nella sua forma intensionale). Mediante questo nuovo concetto indeterminato riesce a migliorare le proposte di alcuni suoi predecessori. Usa poi i simboli di operazioni aritmetiche,
binarie, in particolare ‘+’, ‘-’ ed anche ‘m’. Il simbolo di addizione per Castillon individua la “sintesi” di due concetti, mentre con la differenza la “astrazione”, nel senso etimologico di ‘togliere da’.
Poiché lavora in ambito intensionale, con S + M indica una specie che contiene S in quanto presentare S con l’aggiunta di qualche ulteriore specificazione. Con la sottrazione S – M indica un genere
intensionalmente contenuto in S. Accanto alla differenza usa però anche il segno dell’opposto, indicato ancora con ‘-‘ ma stavolta unario, per indicare la negazione. Ne risulta così una riscrittura dei
quattro tipi di proposizioni categoriche secondo Aristotele.
Tutti gli S sono A
S=A+M
Nessun S è A
S=-A+M
Le proposizioni particolari si sdoppiano, secondo Castillon, in proposizioni “reali” ed “illusorie”.
Le particolari reali sono date da
Qualche S è A
A=S–M
Qualche S non è A A = - S + M
La particolari illusorie sono
Qualche S è A
S=AmM
6 Queste note sono elaborate traendo ampiamente spunto da Mangione C. & Bozzi S: (1993). Storia della Logica. Da Boole ai nostri
giorni. Milano: Garzanti.
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C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
Qualche S non è A S = - A m M.
Si possono interpretare i segni di operazione in questo modo: L’affermazione ‘Tutti gli S sono A’
viene descritta come il fatto che ogni S è un A, ma ha una ulteriore specificazione che lo distingue
dagli altri A. Può non essere nota questa specificazione ed essa è rappresentata dalla indeterminata
M. Il caso di ‘Nessun S è A’ si può interpretare come l’affermazione che al concetto –A, negazione
di A, per individuare S devo aggiungere una specificazione. La distinzione tra ‘reale’ ed ‘illusoria’
dipende dal fatto se la particolare è la conversione per limitazione di una universale, oppure se ha
per conversa ancora una particolare.
Con questo linguaggio i modi del sillogismo divengono calcoli algebrici.
Ogni Q è A
Ogni S è Q
Ogni S è A
Q = A + M’
S = Q + M”
S = A + (M’+M”)
Nessun Q è A
Ogni S è Q
Nessun S è A
Q = - A + M’
S = Q + M”
S = -A + (M’ + M”)
In questi due esempi (Barbara e Celarent) la somma di indeterminate è ancora un’indeterminata,
come se si trattassero di costanti di integrazione..
Vediamo gli altri modi della prima figura.
Ogni Q è A
Qualche S è Q
Qualche S è A
Q = A + M’
Nessun Q è A
Q = -A + M’
Q = S – M”
Qualche S è Q Q = S – M”
(A + M’ = S – M”) Qualche S non è A (-A + M’ = S – M”)
A = S – (M’+M”)
A = - S + (M’ + M”)
I modi Darii e Ferio richiedono qualche passaggio in più per ottenere il risultato voluto. Si noti che
nel caso di particolari illusorie il sillogismo continua a valere
Ogni Q è A
Qualche S è Q
Qualche S è A
Q = A + M’
S = Q m M”
S = A m M”+M’
Nessun Q è A
Qualche S è Q
Qualche S non è A
Q = -A + M’
S = Q m M”
S = - A m M” + M’
Per mantenere la correttezza del calcolo bisogna però aggiungere la condizione sul simbolo ‘m’ che
si ‘comporti’ bene con l’addizione.
Il linguaggio algebrico di Castillon permette facilmente le trasformazioni. Ad esempio, dall’algebrizzazione di Celarent si ottiene Q = - A + M’; S = Q + M” e sommando termine a termine si ha
S = - A + (M’ + M”), vale a dire l’algebrizzazione di ‘Nessun S è A”. La trasformazione tra i due
modi è pertanto evidente.
Non sono però mancate critiche all’opera di Castillon. Ad esempio Lewis (1883 – 1964) ritiene che
la proposta del franco-italiano sia dovuta più a fortuna che a comprensione profonda del problema
ed anzi che sia, in fondo, profondamente errata. La strada della gestione intensionale del sillogismo
sembra poi sbarrata dal un giudizio di Couturat (1868 – 1914) che ritiene impossibile percorrerla.
77
Capitolo 2
Gli strumenti deduttivi
2.5. Gli aspetti estensionali del sillogismo.
Nello sviluppo successivo dello studio della logica dopo la Scolastica, il sillogismo è una presenza
costante, ma, al contempo perde un poco il ruolo principale. In particolare acquista rilevanza il trattamento estensionale, adombrato (con poca convinzione) già in Aristotele.
Durante il periodo della cosiddetta rivoluzione scientifica, il ruolo della logica, come strumento dimostrativo, viene messo in discussione, per lo sviluppo tumultuoso delle scienze sperimentali. Le
figure di Francesco Bacone (1561 – 1626), Cartesio (1596 – 1650) e Pascal (1623 – 1662) pur svolgendo un ruolo importante nella costruzione del pensiero moderno, non hanno dato espliciti contributi alla Logica, in generale, ed al sillogismo, in particolare. Un testo che ebbe grande successo nel
XVII secolo è La logica o l’arte del pensiero, più nota come Logica di Port-Royal, un testo nato
con intenti didattici e decisamente con pochi contenuti logici, forse più rilevante dal punto di vista
dello studio di Analisi e Sintesi. Bochenski (1972) definisce il periodo da Paolo Veneto a Leibniz
come un periodo privo di una problematica profonda, con una commistione di idee di carattere filosofico o psicologico ben lontana dalla logica e soprattutto dal suo aspetto formale.
2.5.1. La matematizzazione di Leibniz – I diagrammi di Eulero. Qualche anticipazione degli aspetti
di logica formale si ha con Hobbes (1588 – 1679). Un netto cambio di indirizzo si ha con Leibniz
(1646 – 1716). Il suo contributo è fondamentale nella matematizzazione della logica, da lui chiamata con il nome di Logica matematica. Egli cerca di affrontare le questioni logiche con strumenti matematici; in questo precorre ampiamente Boole, ma le sua opera è rimasta parzialmente non pubblicata (e tuttora non è interamente nota). Così il sillogismo, in Leibniz, si riveste di aspetti combinatori. A ben vedere questo approccio era stato introdotto da Albalag e da S. Alberto Magno, per individuare quali tra i possibili 256 modi portassero a sillogismi corretti. Leibniz conserva le quattro figure e porta a 24 i diversi modi di sillogismo, 6 per ogni figura, con l’aggiunta degli indebolimenti
delle conclusioni universali.
Il progetto di Leibniz era quello di introdurre un linguaggio che gli permettesse di trattare, in termini matematici semplici, i ragionamenti complessi. In tale linguaggio rientrerebbe sia il sillogismo,
sia gli aspetti proposizionali (per i quali si rimanda al seguito):
«Quando sorgeranno delle controversie fra due filosofi, non sarà più necessaria una discussione, come [non lo è]
fra due calcolatori. Sarà sufficiente, infatti, che essi prendano in mano le penne, si siedano di fronte agli abachi e
(se così piace, su invito di un amico) si dicano l’un l’altro: Calculemus!» (Bochenski, 1972)
Propone inoltre una generalizzazione del sillogismo considerando proposizioni della forma ‘L’esser
B di A’ è ‘l’esser D di C’, in cui assume la frase ‘l’esser B di A’ come soggetto e la frase ‘l’esser D
di C’ come predicato. In altri termini si può esprimere più semplicemente la frase proposta da leibniz come ‘Se A è B, allora C è D’. Di fatto introduce una sorta di calcolo delle classi. Un esempio
78
C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
tratto da Leibniz. I rapporti tra ‘uomo’, ‘razionale’, e ‘animale’,vengono analizzati dal punto di vista
estensionale ed intensionale come segue (da Bagni, 1997):
animale
animale
razionale
razionale
Uomo
Uomo
Nel primo schema, Leibniz, usa i segmenti per indicare l’estensione del concetto. Così si esprime il
fatto che uomo e razionale hanno la stessa estensione (coincidono), mentre animale ha estensione
maggiore. Il tratteggio verticale garantisce che ogni uomo è razionale e che ogni (essere) razionale è
un animale, ma che vi sono animali che non sono (esseri) razionali. Il secondo schema mostra che
per individuare l’intensione ‘uomo’ si devono prendere in considerazione due caratteristiche:
l’‘animale’ e il ‘razionale’. Quindi l’intensione (la formula) è ‘più lunga’ perché composta di due
dati.
Una principessa tedesca, dama di corte di Federico II di Prussia, era allieva, per corrispondenza, di
Eulero (1707 – 1783) e per questo motivo lo scienziato, in grande anticipo sui tempi, svolgeva un
corso privato a distanza. Nel 1775 compare il testo delle lezioni, Lettere ad una Principessa tedesca, di circa 1000 pagine, in cui si trattano argomenti di Fisica (principalmente) e di Filosofia. Il testo testimonia il livello culturale della destinataria e presenta, in modo non equivoco, una presentazione estensionale del sillogismo fatta mediante ‘cerchi’ come anticipazione di una rappresentazione degli insiemi ancora oggi in uso. Poco più di 100 anni dopo, nel 1881, John Venn (1834 – 1923)
pubblica Symbolic logic, in cui utilizza una tecnica diagrammatica che ricorda quella di Eulero per
spiegare il sillogismo, sia del punto di vista della conduzione dell’inferenza che da quello della verifica.
2.5.2. Analisi estensionale di alcuni sillogismi. In questa parte si mostra, con alcuni esempi, come si
possa passare dal sillogismo espresso a parole ad una sua formulazione (intensionale) mediante
simboli e di qui al trattamento estensionale del sillogismo stesso.
2.5.2.1. Barbara, Barbari. Il primo modo della prima figura, Barbara, si può formulare come
Tutti gli Uomini sono Mortali
Tutti i Greci sono Uomini
Tutti i Greci sono Mortali
Mediante una semplice (e trasparente) simbolizzazione si riscrive la stessa argomentazione come
∀x(U(x) → M(x))
∀x(G(x) → U(x))
∀x(G(x) → M(x)).
79
Capitolo 2
Gli strumenti deduttivi
Per passare dall’intensione all’estensione, invece del predicato U(x) si considera la sua estensione,
cioè l'insieme U = {x | U(x)}, (l'insieme degli uomini), in luogo di U(x) si può scrivere x∈U. Applicando la traduzione anche agli altri predicati il sillogismo si traduce in
∀x(x∈U → x∈M)
∀x(x∈G → x∈U)
∀x(x∈G → x∈M).
Usando il simbolo dell’inclusione tra insiemi: A ⊆ B definita da ∀x(x∈A → x∈B), si ha
U⊆M
G⊆U
G⊆M
A questo punto è possibile rappresentare mediante quelli che oggi si chiamano diagrammi di Eulero-Venn, la situazione, come segue:
M
U
G
Il diagramma assolve alle due funzioni di conduzione dell’inferenza e di verifica dell’inferenza
stessa. Le premesse affermano, nell’ordine, che la parte viola è contenuta nella rossa e che la gialla
è contenuta nella viola. La conclusione, evidente graficamente, che la parte gialla è contenuta nella
rossa.
Su questo stesso esempio si consideri il modo, che abbiamo battezzato Barbari, ottenuto per indebolimento del modo Barbara.
Tutti gli Uomini sono Mortali
Tutti i Greci sono Uomini
Qualche Greco è Mortale
∀x(U(x) → M(x))
∀x(G(x) → U(x))
∃x(G(x) ∧ M(x))
∀x(x∈U → x∈M)
∀x(x∈G → x∈U)
∃x(x∈G ∧ x∈M)
U⊆M
G⊆U
(G ∩ M) ≠ ∅
La traduzione insiemistica della conclusione merita un poco di attenzione. La definizione di insieme
intersezione è la seguente: (A ∩ B) = {y | y∈A ∧ y∈B}. Pertanto x∈(A ∩ B) se e solo se (x∈A ∧
x∈B). Così l’affermazione ∃x(x∈A ∧ x∈B) si può riscrivere come ∃x(x∈(A ∩ B)) che si può ‘parafrasare come (A ∩ B) ≠ ∅.
Ora se l’insieme M fosse vuoto, ne conseguirebbe che anche gli insiemi U e G sarebbero vuoti, ma
ciò non inficerebbe la proprietà
U⊆M
G⊆U
G⊆M
80
C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
Mentre se M (e quindi anche U) oppure solo U fosse vuoto, allora non si riavrebbe (G ∩ M) ≠ ∅.
Questa spiegazione estensionale del perché Barbari possa non essere un modo corretto, può sembrare più convincente della trattazione a parole.
Inoltre l’aspetto che nel sillogismo tradizionale è indicato con la dizione ‘quantità’ e cioè il fatto che
una proposizione sia universale o esistenziale, è collegato alla presenza di un quantificatore universale oppure esistenziale.
Un altro aspetto che l’approccio estensionale permette di chiarire: il concetto di termine preso universalmente (p.u.). Si è detto che in una proposizione universale affermativa, ‘Tutti gli Uomini sono
Mortali’ il termine preso universalmente è il soggetto ‘Uomo’. Nell’espressione mediante formule
ed insiemi la quantificazione universale opera sugli elementi di U, cioè l’insieme più piccolo che
viene ‘controllato’ interamente. Questo avviene nella premessa maggiore per l’insieme U e in quella
minore per G. Nella conclusione si può affermare (correttamente) che G è più piccolo di M, proprio
in base alla transitività della relazione di inclusione che viene esplicitata verbalmente come il sillogismo di modo Barbara. In una proposizione particolare affermativa, che insiemisticamente si traduce nel fatto che un’intersezione non è vuota, non c’è questo rapporto di inclusione tra insiemi,
quindi non c’è termine p.u. Si osservi inoltre che mentre il ruolo di soggetto e predicato è chiaro
nella espressione verbale, ‘Qualche Greco è Mortale’, in quella espressa con soli simboli logici o
quelli insiemistici, questa distinzione scompare, in virtù di una (supposta) proprietà commutativa
della congiunzione e dell’intersezione. Ciò facilita la considerazione della conversione semplice
sulle formule affermative particolari.
2.5.2.2. Cesare, Cesaro. Con Cesare si indica il terzo modo della seconda figura. Lo si può esprimere a parole come
Nessuna Mucca è un Bipede
Tutti i Canarino sono Bipedi
Nessun Canarino è una Mucca
Mediante la simbolizzazione (trasparente) si ottiene
¬∃x(M(x) ∧ B(x))
∀x(C(x) → B(x))
¬∃x(C(x) ∧ M(x))
Passando, come nell’esempio precedente, dall’intensione all’estensione, si ottiene
¬∃x(x∈M ∧ x∈B)
∀x(x∈C → x∈B)
¬∃x(x∈C ∧ x∈M)
Il modo di tradurre insiemisticamente la premessa minore è quello visto in precedenza, mediante
l’inclusione insiemistica. Per tradurre la premessa maggiore (e la conclusione) si osserva come pri81
Capitolo 2
Gli strumenti deduttivi
ma che ciò che è contenuto nella parentesi che segue il quantificatore esistenziale si può leggere
come l’appartenenza di x all’intersezione di M e B (o di C e M). Quindi la premessa minore dice che
l’intersezione degli insiemi M e B è vuota. Si ha la ‘traduzione’ insiemistica
(M ∩ B) = ∅
C⊆B
(C ∩ M) = ∅
Mediante i diagrammi si rappresenta questa situazione come
B
C
M
Anche in questo caso la scrittura in termini formali o con gli insiemi mette in luce il fatto che ad una
proposizione universale negativa, è applicabile la conversione semplice. Pertanto se in questo tipo
di proposizione se uno dei due termini viene preso universalmente, allora, anche l’altro lo è.
Forse non appare chiaro il perché la scrittura ¬∃x(M(x) ∧ B(x)) si debba ritenere adeguata per una
proposizione universale, data la mancanza di un quantificatore universale. Ma nella Logica classica
la formula ¬∃x(M(x) ∧ B(x)) è logicamente equivalente a ∀x(M(x) → ¬B(x)) ed in questo modo appare meglio l’aspetto qualitativo della universalità, meno quello della possibilità di conversione
semplice ed il fatto che sia il soggetto che il predicato vengono p.u. Si è inoltre preferito utilizzare
la presentazione insiemistica mediante intersezione e insieme vuoto, piuttosto che introdurre la nozione (discutibile) di complementare rispetto ad un universo (altro concetto da prendere con cautela), che avrebbe reso possibile esprimere insiemisticamente ∀x(M(x) → ¬B(x)) come M ⊆ CB. Il
sillogismo di modo Celarent, di fatto, si può vedere estensionalmente anche come un’affermazione
sulle proprietà del complementare: M ⊆ CB, C ⊆ B / C ⊆ CM, giustificabile insiemisticamente in
base alla transitività della inclusione ed al fatto che da M ⊆ CB si ha B ⊆ CM (per conversione
semplice).
Consideriamo ora l’indebolimento di Cesare per subalterna, il modo Cesaro (dizione tradizionalmente non presente). La conclusione del sillogismo, con le stesse premesse universali è ‘Qualche
Canarino
non
è
una
Mucca’.
Si
può
esprimere
formalmente
l’affermazione
come
∃x(C(x) ∧ ¬M(x)) e con gli insiemi ∃x(x∈C ∧ ¬x∈M) e anche (C ∩ CM) ≠ ∅. Sulla base della conclusione di Cesare, C ⊆ CM, l’affermazione (C ∩ CM) ≠ ∅ pare ovvia, però si osservi che se fosse
CM = ∅, allora si dedurrebbe in Cesare, senza problemi, che C = ∅, ma non (C ∩ CM) ≠ ∅ e ciò
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C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
chiarisce meglio il problema di un sillogismo con premesse universali e conclusione particolare. Il
diagramma precedente può essere utilizzato per giustificare anche il modo Cesaro.
Nel caso della proposizione particolare negativa, si può scrivere ∃x(x∈S ∧ ¬x∈P), opportunamente
trasformata si ha la formula logicamente equivalente ¬∀x(x∈CP → x∈CS). Ora nella implicazione
il termine x∈CP è il soggetto che la quantificazione universale prende universalmente. Ma analizzare tutti gli elementi di CP equivale ad analizzare tutti gli elementi di P, per questo si può affermare che nella proposizione particolare negativa il predicato è p.u.
2.5.2.3. Bocardo. Si tratta del sesto modo della terza figura. A parole si può esprimere Bocardo con
l’esempio (di Pietro Ispano)
Qualche Uomo non è una Pietra
Tutti gli Uomini sono Animali
Qualche Animale non è una Pietra
Applicando le formulazioni precedenti si ottiene
∃x(U(x) ∧ ¬P(x))
∃x(x∈U ∧ ¬x∈P) (U ∩ CP) ≠ ∅
∀x(U(x) → A(x))
∀x(x∈U → x∈A) U ⊆ A
∃x(A(x) ∧ ¬P(x))
∃x(x∈A ∧ ¬x∈P) (A ∩ CP) ≠ ∅
Anche in questo caso il diagramma facilita la deduzione e fornisce una verifica della correttezza.
P
A
U
2.5.2.4. Fresison. Per finire queste esemplificazioni si considera un sillogismo della quarta figura,
del quinto modo. Un esempio di tale sillogismo è il seguente e lo indichiamo assieme alle sue formulazioni ed alla veste estensionale
Nessuna Pietra è un Animale
Qualche Animale è Bipede
Qualche Bipede non è una Pietra
¬∃x(P(x) ∧ A(x))
∃x(A(x) ∧ B(x))
∃x(B(x) ∧ ¬P(x))
¬∃x(x∈P ∧ x∈A)
∃x(x∈A ∧ x∈B)
∃x(x∈B ∧ ¬x∈P)
(P ∩ A) = ∅
(A ∩ B) ≠ ∅
(B ∩ CP) ≠ ∅
La rappresentazione come diagramma anche in questo caso chiarisce bene la complessa situazione.
P
A
B
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Capitolo 2
Gli strumenti deduttivi
In questo modo, la conclusione è particolare, ma la premessa minore è particolare. L’affermazione
∃x(x∈A ∧ x∈B) garantisce che si può trovare un elemento nell’intersezione di A e B, dunque A e B
non sono classi vuote. Quello stesso elemento garantisce dell’esistenza di un elemento di B che non
appartiene a P. Non si ha quindi il problema della classe vuota (né della classe totale). Se P fosse
vuota, ciò non sposta il problema, dato che la conclusione non richiede, né direttamente, né indirettamente, l’esistenza di un elemento di P.
2.6. Il calcolo delle proposizioni.
Nelle analisi del sillogismo si è utilizzato l’apparato predicativo. Ciò è corretto, ma si può collocare,
in termini attuali, il sillogismo a metà strada tra il calcolo delle proposizioni e quello dei predicati,
per la limitazione intrinseca data dall’uso esclusivo dei predicati monadici (o unari). Gli esempi di
interpretazione estensionale del sillogismo, di fatto, si riducono alla considerazione di insiemi ed al
cosiddetto calcolo della classi, che trova il suo riscontro nelle algebre di Boole e quindi negli aspetti
proposizionali.
D’altra parte su tutta la teoria del sillogismo grava un apprezzamento di Russell che affermava che
chi vuole diventare (essere) un logico non deve studiare la Logica, intendendo con essa la complessa rete di proprietà che si estrinsecano nelle teoria vista in precedenza.
2.6.1. Il calcolo delle proposizioni nell’antichità greca. Nel quadro sinottico sulla storia della Logica in Grecia, dopo Zenone (di Elea) si presenta un ramo che porta alla cosiddetta Scuola di Megara
e poi allo Stoicismo. A questi studiosi si devono i risultati più importanti (dell’antichità) nell’ambito
del calcolo delle proposizioni, risultati che spesso conosciamo grazie alle citazioni di Sesto Empirico. Con questo non si vuole affermare che Aristotele e Platone utilizzino in modo contraddittorio il
linguaggio quando fanno uso di connettivi, ma, al solito, c’è differenza tra usare ed enucleare le regole del calcolo delle proposizioni.
Lo schema è abbastanza impreciso: ai principali personaggi indicati in esso ci sarebbero da aggiungere anche Eubulide di Mileto e Stilpone; inoltre Euclide di Megara era stato scolaro di Socrate. Di
lui e della scuola che da lui prende spunto, Diogene Laerzio afferma:
«Euclide era originario di Megara, sull’Istmo…Egli si occupò a fondo degli scritti di Parmenide; i sui allievi e
successori furono chiamati “Megarici” o anche “Eristici” e in seguito “Dialettici”. Ai successori di Euclide appartiene anche il milesio Eubulide che… fu anche ostile ad Aristotele e gli fece molte obiezioni»
L’attenzione principale di questi studiosi non è stata sul sillogismo, ma, in un certo senso, nella direzione di un ampliamento della logica aristotelica. Anzi, secondo Enriques, il vanto di questa scuo-
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la è stato di abbandonare e superare il realismo logico di Aristotele per portare il pensiero greco antico in posizioni assai prossime all’impostazione logica di oggi.
Nella logica medioevale le dizioni ‘calcolo dei predicati’ e ‘calcolo delle proposizioni’ non sono
presenti. Si preferisce parlare di proposizioni categoriche (quelle usate nel sillogismo) e proposizioni ipotetiche. Le ipotetiche si ottenevano unendo due o più proposizioni categoriche mediante
l’uso dei connettivi. Si hanno così, seguendo la dizione medievale, la proposizione ipotetica congiuntiva (p ∧ q), la ipotetica disgiuntiva (p ∨ q) e la ipotetica condizionale (p → q). Nel Medioevo
accanto a queste si usava anche la ipotetica causale (q, poiché p).
I primi tre tipi di ipotetiche hanno un aspetto importante che manca al quarto tipo e ad altri esempi
di proposizioni ipotetiche diverse, quello che oggi si riassume con le tavole di verità. Ciò significa
che la verità della ipotetica è conseguenza determinata dalla verità (o falsità) delle proposizioni che
la compongono, indipendentemente dal significato delle proposizioni stesse o dal contesto in cui si
utilizzano le proposizioni.
Le tavole di verità si attribuiscono, anche se non nella forma che oggi conosciamo, agli studiosi della Scuola megarica che determinarono le condizioni di verità (falsità) delle proposizioni ipotetiche.
Nel caso delle proposizioni ipotetiche disgiuntive l’uso proposto del connettivo ‘o’ è quello moderno, inclusivo, ‘vel’. Era però noto anche l’uso esclusivo della disgiunzione ‘aut’, in base al quale la
proposizione risultante è vera se e solo se le due proposizioni hanno diverso valore di verità.
Il contributo maggiore della antica scuola di pensatori si è avuto con la proposta di Filone sulla proposizione ipotetica condizionale (p → q). Per Filone di Megara questo tipo di proposizione risulta
falsa solo nel caso che l’antecedente (p) sia vero ed il conseguente (q) sia falso. Questo approccio
che porta alla cosiddetta implicazione materiale di oggi, è stato dibattuto vivacemente sin dai tempi
più antichi. Afferma Callimaco, bibliotecario di Alessandria nel II sec a.C.:
«Tutti i dialettici dicono che una [proposizione] connessa è corretta quando il suo conseguente segue dal suo antecedente, ma disputano sul come e quando esso segua, e propongono criteri rivali…. Filone diceva che la [proposizione] connessa non è vera quando accade che essa cominci con il vero e finisca con il falso. Secondo lui vi
sono tre modi per ottenere una [proposizione] connessa vera e uno solo per ottenerne una falsa. Infatti (1) se comincia con il vero e finisce con il vero, essa è vera come ad esempio ‘se è giorno, c’è luce’; (2) quando comincia
con il falso e finisce con il falso, essa è vera, come ad esempio ‘se la terra vola, la terra ha le ali’; analogamente
per quella che comincia con il falso e finisce con il vero, come ad esempio ‘se la terra vola, la terra esiste’. È falsa soltanto quando, cominciando con il vero, finisce con il falso, come ad esempio, ‘se è giorno, è notte’; infatti
quando è giorno la [proposizione] ‘è giorno’ è vera, e questa era l’antecedente, e la [proposizione] ‘è notte’ è falsa, e questa era il conseguente» (Bochenski, 1972)
Il maestro di Filone, Diodoro Crono dava un’interpretazione ben più complessa in base alla quale la
verità o falsità dell’interpretazione dipendeva dal tempo: “se p, allora q” è falsa se nel tempo durante il quale p rimane vera, q è falsa. Ma l’introduzione del tempo rende impossibile una analisi della
verità della proposizione solo sulla base della verità – falsità delle proposizioni componenti.
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Capitolo 2
Gli strumenti deduttivi
La scuola stoica, principalmente con Crisippo, è intervenuta nella disputa. Per Crisippo “se p, allora
q” è falsa se p è compatibile con la negazione di q, e quindi se non c’era la possibilità che p fosse
vera e pure ‘non q’, da questo deduceva la verità della proposizione condizionale. Anche in questo
caso l’uso della tavola di verità risulta, per lo meno, difficile. Ma gli studiosi hanno visto nella proposta di Crisippo un primo barlume dell’interpretazione che in ambito modale prenderà il nome di
implicazione stretta.
Sempre riguardo al calcolo proposizionale, dobbiamo ai discepoli di Euclide di Megara l’analisi
della negazione dal punto di vista logico. Essi individuarono due modi diversi di utilizzo del connettivo: la sua applicazione ai termini oppure la sua applicazione all’intera proposizione. Solo nel secondo caso affermavano che la proposizione risultante era vera se quella di partenza era falsa, e viceversa. Hanno anche utilizzato la legge di doppia negazione (due negazioni affermano).
Un ulteriore progresso nella Logica della Scuola di Megara è stata la distinzione tra argomento e
proposizione. L’argomento, forse sarebbe meglio dire ‘argomentazione’, è costituita da un sistema
di proposizioni e da una conclusione. Inoltre distinguono tra validità e verità (sarebbe meglio dire,
correttezza, in luogo di validità, per la rilevanza semantica che si attribuisce oggi alla parola validità). Ritenevano corretto (usando il termine valido) un argomento nel quale la negazione della conclusione è incompatibile con la congiunzione delle premesse. Distinguevano però tra ragionamento
corretto vero e corretto falso dove l’aggettivo semantico si riferisce alla verità complessiva delle
premesse o alla falsità di una o più premesse. Usavano però anche il termine argomento falso per
indicare che ha una premessa falsa oppure non è corretto.
Un esempio di argomento corretto falso è il seguente riportato da Sesto Empirico. Nell’istante in
cui viene formulato è giorno e si afferma
“Se è notte, allora è buio; è notte; dunque è buio”.
Da quanto si può appurare, in base ai frammenti rimasti, sembra che i filosofi della scuola megarica
e stoica abbiano più chiaro il fatto di stare costruendo un sistema assiomatico per l’attenzione che
pongono a quelli che chiamano proposizioni indimostrabili alle quali cercano di ricondurre (dimostrare) altre proposizioni.
Questi indimostrabili sono stati individuati in cinque tipi di proposizioni:
«
1. Se il primo il secondo, ma il primo, dunque il secondo.
2. Se il primo il secondo, ma non il secondo, dunque non il primo.
3. Non contemporaneamente il primo e il secondo, ma il primo, dunque il secondo
4. O il primo o il secondo, ma il primo, dunque non il secondo
5. Il primo o il secondo, ma non il secondo, dunque il primo.» (Blanché, 1973) 7
7 Blanché, R. (1973). La logica e la sua storia. Roma: Ubaldini.
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Anno Accademico 2009/2010
Si noti che vengono presentate sotto forma di formule (assiomi) possibili regole di inferenza, alcune
di uso anche odierno. È da osservare che il connettivo di disgiunzione, per rendere corretto
l’argomento, deve intendersi in senso disgiuntivo, ‘aut’, e qui sotto viene indicato con ‘⊕’.
1. p → q
p
q
2. p → q
¬q
¬p
3. ¬(p ∧ q)
p
¬q
4. p ⊕ q
p
¬q
5. p ⊕ q
¬q
p
Accanto a questo tipo di ‘indimostrabili’ bisogna citare anche il contributo della scuola dialettica
nella puntualizzazione dei paradossi.
Uno dei più famosi ed antichi paradossi è quella nota come Paradosso di Epimenide, dal nome di
uno degli antichi saggi greci del VI sec. a.C. Tale paradosso è citato anche nella Lettera a Tito di
San Paolo e questo ha dato all’argomento un ruolo importante anche nella speculazione medievale.
La forma antica del paradosso è
“Tutti i Cretesi sono bugiardi”
È questa la forma usata da San Paolo, che sottintende il fatto che Epimenide fosse un Cretese. Tuttavia così formulato non è un paradosso, in quanto l’affermazione del saggio non può essere vera,
perché in tal caso anche lui sarebbe bugiardo, ma può essere falsa per il fatto che possono esistere
dei Cretesi, diversi da Epimenide, non bugiardi.
In altra forma, davvero paradossale, si può presentare come l’affermazione fatta da un parlante:
“Io sto mentendo”
In questa forma la frase è stata presentata da Russell (1903) 8.
Crisippo ne fornisce una ‘soluzione’
«La [fallacia] di colui che dice la verità e le analoghe devono essere …[risolte analogamente]. Non si deve dire
che esse dicono il vero e il falso, né si deve congetturare in un altro modo, cioè che lo stesso [enunciato] esprima
simultaneamente il vero e il falso, bensì che esse sono completamente prive di significato. » (Bochenski,
1972)
L’interpretazione di questo frammento è discussa. Se effettivamente la posizione di Crisippo fosse
che di fatto l’antinomia del mentitore non può essere analizzata dal punto di vista della verità e della
falsità, perché priva di significato, Crisippo avrebbe anticipato grandemente i tempi, allontanandosi
dalla comune idea (del suo tempo) che la verità fosse un attributo assoluto, ponendo così un dubbio
sulla impostazione semantica.
Come si vede il lascito scientifico di questa corrente di pensiero è rilevante, per la storia della Logica.
8 Russell, B. (1903). The principles of Mathematics. Cambridge: Cambridge University Press Trad. Italiana (1946) I principi della
Matematica. Milano: Longanesi
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Capitolo 2
Gli strumenti deduttivi
2.6.2. Dal Medioevo in poi. La Scolastica, oltre ad un’attenta analisi del sillogismo, ha anche dato
contributi allo sviluppo del calcolo delle proposizioni. Ad esempio Severino Boezio pubblicò un
apprezzato commento all’Organon, in cui, oltre all’analisi del testo di Aristotele, fa anche sue proposte sui cosiddetti sillogismi ipotetici, avvalendosi, di fatto, dei cinque indimostrabili degli studiosi
megarico – stoici.
Dell’elaborazione raffinata in ambito bizantino è testimonianza l’opera di Psello (che non si limita
la quadrato delle proposizioni).
Uno dei risultati della logica medievale è l’analisi dei termini: due tipi di termini, quelli che hanno
un significato e termini che acquisiscono significato solo quando vengono applicati a qualcosa
d’altro.
Sono un esempio del primo tipo i nomi di oggetti, di sentimenti, di pensieri. Un esempio di termini
del secondo tipo sono dati da quelli che oggi si chiamano costanti logiche: i connettivi e i quantificatori. La nomenclatura medievale distingueva tra i termini categorematici, quelli del primo tipo, e
quelli del secondo tipo, sincategorematici. Questa scelta, che riprende analisi dei dialettici greci,
serve per distinguere in una proposizione (del linguaggio comune) la parte materiale da quella formale. Così la forma logica di una proposizione era conseguenza della sua struttura sincategorematica, indipendentemente da quella categorematica. Dunque si potevano distinguere la verità per materia dalla verità per forma. Grazie a queste distinzioni, nella scolastica si è giunti ad individuare la
teoria della suppositio, cui diede contributi Pietro Ispano, cioè lo studio della verità delle formule
atomiche o dei giudizi categorici, dalla teoria delle consequentiae, elaborando una lista di enunciati
logicamente validi.
Si deve ad Abelardo uno studio (o la ripresa) delle proposizioni ipotetiche condizionali dal punto di
vista della modalità (possibilità). Egli infatti enunciò le seguenti regole
1. Se l’antecedente è vero, è vero anche il conseguente
2. Se l’antecedente è possibile, è possibile anche il conseguente
3. Se il conseguente è falso, è falso anche l’antecedente
4. Se il conseguente è impossibile, è impossibile anche l’antecedente
La prima regola veniva considerata da Abelardo come un principio fondamentale per la costruzione
di ragionamenti corretti. A ben guardare la prima e la terza esprimono il rapporto tra una proposizione ipotetica condizionale e la sua contronominale. Lo stesso rapporto di contronominale sussiste
tra la seconda e la terza regola, nelle quali è presente la modalità.
Con Guglielmo di Sherwood si riprende lo studio delle antinomie, denominate proposizioni insolubili. Con questo nuovo sviluppo, nella Scolastica compaiono trattati assai estesi sulle antinomie semantiche. Ad esempio San Alberto Magno presenta così il paradosso del mentitore:
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«Chiamo “insolubile” quelle [proposizioni] che sono formate in modo tale che qualunque parte della disgiunzione [contraddittoria] sia data, ne segue l’opposto… ad esempio, qualcuno giura che giura il falso; o egli giura il
vero, oppure no. Se egli giura che giura il falso, nessuno giura il falso giurando il vero: quindi egli non giura il
falso, ma era stato detto che giurasse il falso. Se invece egli non giura il falso, e giura che giura il falso, egli non
giura il vero quando giura che giura il falso. » (Bochenski, 1972)
Si noti che in questo brano è chiaramente presente la legge del terzo escluso, che S. Alberto chiama
la «disgiunzione contraddittoria». La presenza dell’antinomia del mentitore inficia la posizione, per altro
molto accettata, espressa da Lullo con la frase
«Logica est ars et scientia, qua verum et falsum raziocinando cognoscuntur, et unum ab altero discernitur, verum
eligendo et falsum dimittendo»
Lo studio della suppositio attrasse grandemente l’interesse e numerose furono le analisi che vennero
proposte e i tipi di essa che vennero studiati.
Una menzione particolare merita Guglielmo di Ockham che scrisse una Summa Logicae, in cui raccoglieva l’elaborazione di quanti l’avevano preceduto, ma mostrava già aperture che porteranno al
pensiero moderno. A lui si attribuisce un’interpretazione (tavola di verità) della proposizione ipotetica condizionale in cui compaiono tre valori di verità V, F e N (neutro). La tavola di verità ha così 9
casi. La falsità si ottiene solo con antecedente vero e conseguente falso (adottando l’interpretazione
filoniana sui casi ‘classici’). L’implicazione risulta neutra nel caso che l’antecedente sia neutro e il
conseguente falso, oppure che l’antecedente sia vero e il conseguente neutro; vera in tutti gli altri
casi. Questa scelta potrebbe essere frutto di ‘interpolazioni’ dei traduttori/commentatori del testo di
Ockham, perché non ci sono poi espliciti esempi di proposizioni che possano essere neutre. Però
Ockham ritiene indeterminate alcune proposizioni. Ad esempio se si assume vera una proposizione
particolare affermativa, della corrispondente universale affermativa non si è in grado di affermare se
sia vera o falsa, dipendendo dalla suppositio materiale, cioè dal significato dei predicati coinvolti.
Si deve poi a Buridano la possibilità di ‘distribuire’ la negazione sulla congiunzione trasformandola
in disgiunzione, asserendo l’equivalenza logica di
“non ( p e q) , non p vel non q”
affermazione che si può ritenere un caso delle cosiddette Leggi di De Morgan.
Riassumiamo il contributo medievale alla logica con un pensiero di Enriques (1922) 9
«Nella logica scolastica due aspetti sono degni di nota: la progressiva elaborazione della tecnica formale, acuitasi mercé le sottili distinzioni di origine arabo-bizantina, e la grande questione della realtà degli universali, di cui
a stento riusciamo a comprendere il carattere drammatico, traverso la forma aridamente schematica della discussione. »
Di fatto, quanto avviene dopo il periodo medievale nell’ambito logico in generale. E per il calcolo
delle proposizioni in particolare è abbastanza poco. I contributi di Leibniz sono quasi un’eccezione,
in quanto lo sviluppo nuovo e profondo della logica si avrà a partire dalla metà del XIX secolo me-
9 Enriques, F. (1922). Per la storia della logica. Bologna: Zanichelli – ristampa anastatica del 1987.
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diante un approccio innovativo che connette strettamente la logica con la matematica, approccio iniziato da George Boole.
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