Preparazione alla catastrofe
Giovedì 02 Ottobre 2014 00:00
di ROSSELLA PERA
La crisi attuale non è un incubo che si avvera sotto i nostri occhi come nei film catastrofici che
tanto vanno di moda.
Non è un'anomalia o un incidente che può essere superato con l'intervento delle organizzazioni
sanitarie; non è, per utilizzare il gelido linguaggio diplomatico una “sfida” organizzativa,
finanziaria e politica lanciata alla comunità internazionale.
La crisi Ebola è il prodotto di due decenni di scelte ed azioni politiche. Si tratta di un disastro
ben preparato, volto non solo a minare i sistemi sanitari africani con misure neoliberiste, ma
anche mobilitando validi attori pubblici e privati nel settore della sanità pubblica per giungere ad
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una “nuova era di salute globale”.
Questa mobilitazione, dal 2005, ha segnato un aumento senza precedenti di finanziamenti per
la salute nel sud del mondo, facendo del continente africano una priorità assoluta, nel nome
della sicurezza sanitaria mondiale.
La storia la conosciamo: campagne di eradicazione delle malattie, opuscoli patinati con volti di
bambini sorridenti; Big Pharma e Bill Gates condividono il podio.
Siamo entrati in una nuova era in cui le applicazioni per smartphone, i “Paternariati
pubblico-privati” e l'”innovazione responsabile” avrebbe risolto ad uno ad uno i problemi di
salute dell'Africa. Il mondo della salute globale ha finito per assumere le sembianze di una
pubblicità per prodotti lattiero-caseari.
Il disastro si dispiega così davanti ai nostri occhi. E' il prodotto di questo orientamento della
“sicurezza spettacolare”, sceneggiato e politica sanitaria. Tutto ovviamente a scapito dei sistemi
e dei professionisti sanitari africani.
La “preparazione alla pandemia” è stato uno dei software leader per la salute globale, al Nord e
al sud: ricordiamo la crisi della SARS e l'influenza aviaria tra il 2003 e il 2005.
Sulla scia della mobilitazione americana post 11 settembre , si è registrata un'impennata di
finanziamenti per la ricerca focalizzata al “bioterrorismo” e alle “malattie emergenti”, soprattutto
sotto l'egida de presidente Bush.
Contrariamente a quanto di recente è stato scritto, il rischio Ebola non è mai stato trascurato:
dal primo focolaio individuato nel 1976, il virus ha rappresentato un ottimo movente per
finanziare la ricerca in virologia (compresa la costruzione di laboratori ad alta sicurezza nei
primi anni 80) e in sistemi di ringardiser a supporto della medicina preventiva e del lavoro
sociale “vecchia scuola”.
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Giovedì 02 Ottobre 2014 00:00
Per vent'anni l'Ebola è stata la logica (con SARS, vaiolo e influenza aviaria) di programmi
governativi dedicati alla preparazione della pandemia.
Con i suoi esercizi di simulazione in scala, all'interno di magazzini sicuri pieni di guanti di
plastica e mascherine chirurgiche, la preparazione al disastro è stata la razionalità politica del
nuovo millennio, ereditata in parte dai programmi militari della Guerra Fredda.
Va da sé che l'Africa non rimane ai margini di questi sforzi. Sotto gli auspici dell'OMS, Centers
for Disease Control (CDC) o istituti di ricerca europei, gli stati africani inconsapevolmente si
sono aggiunti al suddetto processo preparatorio. Il continente non è infatti stato privato di
esperti per la supervisione: la “caccia ai virus emergenti” occupa in diversi paesi africani decine
di ricercatori internazionali e i loro partners locali.
Tutto ciò ha ha permesso negli ultimi anni notevoli progressi nella comprensione di agenti
patogeni provenienti da animali come pipistrelli e scimmie, tra cui Ebola e HIV.
Come in Europa, la minaccia di nuove pandemie, l'influenza in particolare, ha motivato i piani di
sviluppo di preparati, a partire dai rituali "esercizi", come il ruolo degli script playing finalizzati
alla sperimentazione, alla presenza delle autorità e al loro ruolo.
Il grosso problema risiede nel fatto che, nel contesto degli stati africani, la simulazione era
piuttosto letterale: riuniti in una sala conferenze, ministri ed esperti hanno giocato alla
simulazione di operazioni militari, di polizia e di salute. Simulazioni che, agli occhi dei più
apparivano assurde, irreali. Non è accettata, nella mente dei più, l'ipotesi che esercito, polizia e
sistemi sanitari seguano una “cattiva condotta”.
L'idea stessa della “preparazione alla catastrofe” era una specie di realizzazione per assurdo: la
sanità pubblica è stata limitata alla lotta simulata contro una minaccia immaginaria.
Potremmo considerare positive queste “simulazioni” se non avessero occupato una porzione
più che significativa delle energie delle autorità sanitarie in Africa, a dispetto di emergenze ben
più urgenti.
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WikiLeaks ci dice che l'ambasciata degli USA in Sierra Leone era alquanto preoccupata nel
2007, quando la vera e propria azione sulle malattie reali divenne secondaria a vantaggio dei
grandi programmi di “sorveglianza virale”, come l'iniziativa del “cacciatore di virus” Nathan
Wolfe per il trattamento preventivo dell'HIV o il progetto “salute mobile” che nello smartphone
ha trovato un ponte per colmare la distanza fisica, la mancanza di personale e l'inadeguatezza
delle istituzione africane.
L'economia reale, per usare un'analogia finanziaria, ha avuto un rapporto distante con i profitti
coinvolti negli interventi di salute globale, ancora in gran parte virtuali.
L'Ebola sembra il salvagente in una crisi, lo scoppio di una bolla speculativa.
Come in un film catastrofico realtà e finzione compartecipano all'interno di un loop di effetti.
La tecnica politica ha deciso di giocare la sua partita per organizzare il sociale, relegando gli
approcci preventivi della “vecchia” salute pubblica e preparando al tempo stesso il terreno alle
vecchie epidemie di colera.
L'avvento del concetto di “salute globale” è semplicemente l'ultima fase di una distruttiva
sequenza storica, avviata dall'adeguamento strutturale dei progetti che hanno realmente
trasformato gli ospedali africani in gruppi di rovina, alla Mad Max.
La narrazione è divenuta competenza fondamentale. Solo una cosa conta nel mondo della
salute globale: le superstar della lotta contro le pandemie del futuro, come il biologo
statunitense Wolfe e molti altri che riescono a sfocare in continuazione i confini tra finzione e
realtà.
L'unico prodotto tangibile che abbiamo oggi delle ricerche sui virus di Wolfe (Ebola compresa) è
il suo libro “La tempesta Virale”, che gli è valso un sei cifre di anticipo da parte del suo editore.
Tre le altre qualità di Wolfe ritroviamo anche quella di essere stato il consulente scientifico del
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film Zombie Apocalypse e Io sono leggenda con Will Smith.
Anche la sua azienda Metabiotica Inc. è riuscita ad aumentare a dismisura le sue dimensioni
dopo le voci sull'epidemia di Ebola.
Questo è solo un esempio tra i mille che potremmo fare. Registi e attori possono cambiare.
L'epilogo ci è tristemente noto.
5/5