ADHD: il disturbo da Deficit di Attenzione e

ADHD: il disturbo da Deficit di Attenzione
e Iperattività
COME AGIRE A SCUOLA E A CASA
Prima Lezione
Ma mio figlio è iperattivo?
Quel confine sottile fra “anomalia” e “vivacità”…
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mente-attiva.blogspot.com
Dott. Laura Barbirato
Psicologa dell’apprendimento
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ECCESSIVA VIVACITA’… O DISTURBO?
Esiste il disturbo da deficit di attenzione e iperattività?
I bambini e ragazzi con difficoltà di autocontrollo del comportamento, eccesso di
movimento, scarsa capacità di attenzione e concentrazione, sono sempre stati presenti
nelle aule scolastiche. Solo recentemente però il Ministero è giunto ad emanare una
serrata serie di note e circolari per sollecitare la scuola ad affrontare il problema, a fronte
di un’impennata dei casi registrati negli ultimi dieci anni.
Negli Stati Uniti, le cifre del problema “iperattività infantile” sono quasi raddoppiate dal
2001, sfiorando il 5% della popolazione scolastica. Anche in Italia il fenomeno è cresciuto,
anche se le cifre sono lontane da queste, pur superando quell’1% che viene stimato
dall’Istituto Superiore di Sanità. Sono più numerosi i maschi rispetto alle femmine (il
rapporto è di 3:1, ma alcune stime arrivano a 8:1); il fenomeno interessa maggiormente le
famiglie con redditi elevati.
Molti bambini possono manifestare comportamenti iperattivi in diverse occasioni, essere
impulsivi o distratti, commettere errori durante attività lunghe e monotone.
Lasciati liberi, magari all’aperto, i bambini di 6/7 anni si dimostrano instancabili, corrono,
passano da un’attività all’altra, si inseriscono anche bruscamente nei giochi degli altri
bambini. Si tratta di una condizione naturale: il bisogno di conoscere tante cose nuove e
la capacità di essere veloci non sono da considerarsi elementi necessariamente negativi!
Per alcuni bambini però, tali modalità di comportamento sono fortemente persistenti in
tutti i contesti (casa, scuola, ambienti di gioco) e nella gran parte delle situazioni, tanto
da interferire in modo rilevante con il loro “buon funzionamento” complessivo e da mettere
in discussione il successo scolastico e il buon adattamento futuro.
La differenza tra un bambino iperattivo ed un bambino semplicemente molto vivace si può
osservare nella condizione rivelatrice del gioco. I bambini vivaci sanno fermarsi a giocare,
magari per un tempo limitato; gli iperattivi non riescono a gestire con padronanza il
movimento del corpo e soprattutto faticano a stabilire un rapporto creativo con gli oggetti,
non ne ricavano piacere o non abbastanza da rimanerne coinvolti.
Secondo Zuccardi Merli (“Non riesco a fermarmi”, Mondadori, 2013) il piccolo iperattivo è
schiavo dell’eccesso, non conosce limiti, fino ad arrivare ad “aggredire” i compagni, a
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scontrarsi con genitori ed insegnanti. Il bambino vivace, per quanto scatenato, reagisce di
fronte ad un “no!” deciso degli adulti.
“Il bambino iperattivo è come un motore che
funziona sempre a pieno regime, senza pause”, mostra un’insoddisfazione ingestibile,
ignora la parola d’ordine dell’educazione e i principi che regolano la convivenza sociale.
Esistono bambini che presentano un disturbo specifico, che va sotto il nome di Disturbo
da Deficit di Attenzione e Iperattività (DDAI) o, secondo l’acronimo inglese ADHD
(Attention Deficit Hiperactive Disorder) le cui caratteristiche di iperattività e difficoltà
attentiva vanno ben oltre quelle dei un bambino genericamente “vivace”.
Questi bambini hanno difficoltà a controllare i propri impulsi e a posticipare le gratificazioni,
non riescono a riflettere prima di agire, non sanno aspettare il proprio turno, non riescono
a svolgere in modo organizzato e ordinatamente un gioco, non sanno mettere in
successione una sequenza di azioni per raggiungere uno scopo. L’attività motoria è
eccessiva: muovono continuamente le gambe anche da seduti, giocherellano, lanciano
oggetti, si spostano continuamente da una posizione all’altra. Appaiono irrequieti, agitati,
incapaci di stare fermi.
L’attenzione non viene mantenuta e gli impulsi non sono controllati, la pianificazione non è
adeguata, di conseguenza il rendimento scolastico di questi bambini ne risente molto,
anche se l’ intelligenza è normale. L’impulsività e l’incapacità a porre attenzione ai segnali
non verbali (che modulano le relazioni) fa sì che anche i rapporti sociali risultino difficili e
conflittuali.
I rimproveri ripetuti e le frustrazioni quotidiane generano presto un senso di inadeguatezza
che contribuisce ad alimentare scarsa autostima e demotivazione, aggravando i problemi
del bambino.
La certificazione del disturbo e i rischi della medicalizzazione
L’esistenza dell’ ADHD è stata scientificamente dimostrata in tempi relativamente recenti,
di pari passo con i progressi delle neuroscienze. Oscilliamo tutt’ora però tra il rischio di
medicalizzare questo tema oltre misura (si vedano le polemiche relative al presunto
abuso di psicofarmaci negli Stati Uniti) e il rischio di negare l’esistenza del disturbo
attribuendolo unicamente ad errori educativi familiari o al “temperamento vivace” del
bambino.
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Il fatto che i bambini di oggi siano un po’ tutti genericamente “iperattivati” e poco capaci di
autocontrollo, non aiuta a stabilire il confine tra normalità e patologia. Per questa ragione
è opportuno focalizzare l’attenzione su questo tipo di disturbo, che se non adeguatamente
riconosciuto ed affrontato può portare a gravi conseguenze nel presente e nel futuro del
bambino.
La prima apparizione sulla Gazzetta Ufficiale del termine “ADHD” risale al 2007, quando
l’Agenzia Italiana del Farmaco assume due importanti determinazioni sul tema (n. 437 e
876): viene autorizzata la commercializzazione di due farmaci specifici e viene allegato il
“Protocollo diagnostico e terapeutico della sindrome da iperattività e del deficit di
attenzione per il Registro Nazionale ADHD”.
Il Protocollo, assunto dall’Istituto Superiore di Sanità, impone l’adozione di una rigida
procedura diagnostica ed individua specifici Centri Regionali di riferimento, responsabili
della sua applicazione, per tutto il territorio nazionale.
Seguono due Note Ministeriali (la n. 4226P4/2008 e la n. 1968/2009) che forniscono le
prime disposizioni in ambito scolastico, sottolineando le criticità diagnostiche. Nella prima
nota si afferma che “l’iperattività e la disattenzione non sono necessariamente sintomi di
ADHD, ma possono essere spiegate con cause di natura ambientale o psicopatologica”;
nella seconda si chiarisce che “eventuali diagnosi di ADHD dovranno avvenire secondo il
protocollo diagnostico e terapeutico pubblicato sulla G.U. del 24.04.2007”. Quindi solo i
Centri Regionali riconosciuti hanno titolo ad effettuare la diagnosi di ADHD e solo i test
o questionari previsti dal protocollo possono coinvolgere la scuola.
E’ evidente l’estrema cautela che interessa la determinazione di somministrare farmaci,
molto più rigorosa in Italia rispetto ad altri Paesi.
La Nota Ministeriale n. 6013 del 4 dicembre 2009 è ancora più approfondita e determinata
nell’indicare una necessaria sinergia tra famiglia, operatori scolastici e sanitari. Anche in
fase diagnostica gli strumenti d’indagine che coinvolgono la scuola (questionari) devono
essere accompagnati da colloqui e confronti approfonditi; i neuropsichiatri devono
informare gli insegnanti sulle caratteristiche dell’ADHD e sulle procedure di modificazione
del comportamento, strutturazione dell’ambiente e strategie didattiche efficaci. E’
sottointeso che le uniche certificazioni valide sono quelle rilasciate dai Centri Regionali
autorizzati (Pubblicati sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità).
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CONOSCENZE E PREGIUDIZI SULL’A.D.H.D.
Le opinioni degli insegnanti sull’A.D.H.D.
Un primo dato da acquisire è relativo a quanto già sappiamo su questo fenomeno. Tutti noi
abbiamo un’idea, un pregiudizio di partenza, su cosa siano e come si manifestino
l’iperattività e il deficit attentivo. Occorre conoscere queste convinzioni implicite per poi
confrontare con gli esiti della ricerca scientifica e pedagogica sull’argomento.
Proviamo allora a compilare un breve questionario (parte di un ben più corposo strumento
di ricerca già utilizzato dall’Università Statale “Milano Bicocca” qualche anno fa) e
attraverso le riflessioni che suscita identifichiamo le idee preconcette che condizionano il
nostro atteggiamento nei confronti dei bambini o ragazzi con ADHD .
Il questionario si compone di una serie di 19 domande alle quali si richiede una risposta in
termini di “VERO o FALSO”: rispondete come vi sembra sia giusto, le risposte corrette le
troverete nella prossima lezione, insieme alle argomentazioni che le spiegano. Scoprirete
che, accanto ad intuizioni corrette, esistono anche in ciascuno di noi pregiudizi privi di
fondamento scientifico e addirittura fuorvianti.
L’autoanalisi dell’insegnante è quanto mai importante di fronte ad un disturbo come
l’ADHD, la cui gestione è condizionata in modo determinante dagli aspetti relazionali.
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LE OPINIONI DEGLI INSEGNANTI
SULLA SINDROME DA DEFICIT DI ATTENZIONE E IPERATTIVITA’ (ADHD)
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L’INSEGNANTE DI FRONTE ALL’ALUNNO CON ADHD
I vissuti dell’insegnante di fronte ad un alunno con ADHD
Vi sono anche altri risvolti importanti nel vissuto dell’insegnante che ha a che fare con un
alunno ADHD. Questo tipo di disturbo mette fortemente in crisi la qualità dell’interazione
tra alunno e insegnanti, non solo, determina criticità tra l’ insegnante e gli alunni della
classe..
La condizione dell’alunno instabile, a volte oppositivo e provocatorio, ha impatto sul clima
generale della classe, può generare problemi emotivi e provocare pensieri di insicurezza
professionale nell’insegnante (“non riesco a tenere sotto controllo la situazione” , “questo
alunno non mi rispetta e perdo credibilità agli occhi della classe”, “non riesco a farmi
ascoltare”, “ci vorrebbe un intervento d’autorità, invece mi sento da solo/a ad affrontare
questo problema”, “perdo tutto il tempo a mantenere l’ordine e non riesco a far lezione”,
“non lo sopporto più”…).
Altra componente su cui intervenire quindi è la capacità di gestire questi pensieri senza
farsene sopraffare. La condizione di sofferenza emotiva dell’insegnante è un problema nel
problema, che può aggravare la situazione e dar luogo a spiacevoli involuzioni negative.
Si propone quindi anche in questo caso un breve questionario di “autoanalisi”, che
costituirà una traccia per elaborare il percorso sul tema della gestione degli alunni con
ADHD:
“INSEGNANTI E STUDENTI - un questionario per insegnanti sugli studenti
con
problemi comportamentali o emotivi”
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Prima parte:
Pensa al tuo alunno “problematico” e valuta,
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Abbiamo quindi delineato le due dimensioni di analisi del problema e quindi i due fronti sui
quali va affrontato:
1. Prima di tutto occorre conoscere le caratteristiche e la natura dell’ADHD,
sfrondando il campo da malintesi, pregiudizi ed opinioni parziali o scorrette;
2. Occorre anche conoscere le risonanze emotive che questo disturbo provoca
nell’insegnante, per riconoscere il ruolo dei pensieri dannosi e quello invece delle
corrette strategie per affrontarlo.
Questo percorso consentirà di individuare più facilmente e fare proprie le migliori modalità
per affrontare la gestione dell’alunno con ADHD.
Accrescere le proprie conoscenze
sull’argomento e sentirsi più competenti ad affrontarlo permette di alimentare il senso di
autoefficacia dell’insegnante, con positive ricadute sull’intero contesto educativo.
Vale anche per i genitori, spesso prigionieri di dinamiche complesse e colpevolizzanti che
possono condurre alla negazione del problema o ad una sorta di rassegnazione
impotente.
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LE NORME A TUTELA DELLA CONDIZIONE DI A.D.H.D.
Gli alunni con disturbo da deficit di attenzione, cui spesso si accompagna l’iperattività
(definiti anche ADHD, “Attention Deficit Hyperactive Disorder”) sono tutelati da norme
specifiche.
Come già in parte detto, sull’argomento di sono succedute numerose note ministeriali
(n.4226P4/2008, n.1968/2009, n.6013/2009, n.4089/2010, n.7373/2010, n.1395/2012) che
definiscono i requisiti per individuare la condizione - che viene certificata da Centri
specializzati –
e richiedono la formalizzazione di un percorso individualizzato/
personalizzato e l’integrazione degli interventi con la famiglia e i servizi sanitari.
La Nota n. 4089/2010
La Nota n. 4089, emanata il 15 giugno 2010 dal Ministero, offre una descrizione analitica
degli alunni con ADHD, indicando come manifestazioni ricorrenti specifiche difficoltà
inerenti:
 la selezione delle informazioni per eseguire un compito;
 il mantenere l’attenzione per eseguire un compito;
 resistere ad elementi distraesti;
 seguire le istruzioni e rispettare le regole;
 regolare il proprio comportamento;
 aspettare il proprio turno;
 applicare in modo efficiente le strategie di studio;
 costruire e mantenere relazioni positive;
 autoregolare le emozioni;
 affrontare situazioni di frustrazione;
 gestire la propria motivazione;
 controllare l’aggressività,
 seguire i ritmi di apprendimento della classe.
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La Nota riunisce tutte le indicazioni relative al disturbo, incentrando l’interesse sugli aspetti
metodologico-didattici ed evidenzia con forza il ruolo degli insegnanti nell’individuazione
precoce della condizione di ADHD. Segnala una crescente presenza nelle scuole italiane
di questa condizione (che nel complesso tuttavia viene stimata nell’1% della popolazione
scolastica) e raccomanda la stretta collaborazione tra scuola, famiglia e specialisti per una
definizione concordata delle strategie metodologiche utili allo sviluppo emotivo e
comportamentale dell’alunno.
Si passa poi a definire il protocollo operativo utile ad affrontare a scuola la presenza
degli alunni ADHD e si forniscono “opportuni suggerimenti”, quali , ad es.:
 predisporre adeguatamente l’ambiente per limitare le fonti di distrazione;
 utilizzare tecniche educative di provata efficacia (aiuti visivi, introduzione di routine,
tempi di lavoro brevi con piccole pause frequenti, gratificazioni immediate…);
 definizione di poche e chiare regole di comportamento;
 patteggiamento di piccoli e realistici obiettivi per l’alunno;
 controllo quotidiano della trascrizione dei compiti sul diario;
 utilizzo di teconologie digitali, diagrammi, tabelle e organizzatori visivi, parole chiave
per favorire l’apprendimento e la memoria;
 prove scritte più brevi e prove orali con tempi più lunghi…
Nel Protocollo vengono determinati gli spazi d’azione di ciascuna componente (famiglia,
scuola, specialisti), in modo da realizzare una strategia efficace e condivisa.
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Come si articola il PROTOCOLLO OPERATIVO (Nota 4809/10)
Famiglia
Scuola
Contatta e informa
Specialisti
Dirigente Scolastico
Inserisce la
Documentazione
nel Protocollo
Riservato
Mantengono i
contatti con la
famiglia
Allerta docenti
prevalenti o
coordinatori di
classe
Definiscono di
concerto le strategie
metodologicodidattiche
prendono visione
della
Documentazione
I docenti di classe
La Nota n. 7373/2010
La Nota n. 7373 del 17 novembre 2010 interviene a sollecitare il riconoscimento dei
segnali di rischio fin dalla scuola dell’infanzia “attraverso un’attenta analisi del parziale o
mancato raggiungimento degli obiettivi trasversali da parte del bambino, in particolare
nell’ambito comportamentale”.
Gli insegnanti vengono invitati ad adottare percorsi personalizzati per promuovere il
benessere del bambino e a fornire alla scuola primaria ogni utile elemento di informazione
perché possano attivare al più presto le opportune sinergie.
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La Nota n.1395/2012
Rispetto ai precedenti suggerimenti ministeriali, la nota n.1395/2012 azzarda un passo in
avanti e indica che, anche per gli alunni con ADHD, venga stesa una Programmazione
Educativa Personalizzata, atta a perseguire l’obiettivo del raggiungimento del successo
formativo per questi alunni, alla luce delle conoscenze scientifiche, psicologiche e
metodologiche, attualmente disponibili.
Dal punto di vista educativo sono necessari una serie di precisi accorgimenti, mentre dal
punto di vista didattico si dà indicazione di seguire percorsi analoghi a quelli previsti
per gli alunni con DSA (Disturbo Specifico di Apprendimento: dislessia, disortografia,
discalculia…), compresa l’elaborazione di un Piano Didattico Personalizzato per alunni
con ADHD.
Da un lato appaiono sensate le citazioni ministeriali riferite all’obbligo per la scuola di
curare la programmazione personalizzata, come deve avvenire in tutte le situazioni di
difficoltà, in applicazione dei doveri di individualizzazione, prescritti dal Regolamento
dell’Autonomia (DPR 275/99), e di personalizzazione, previsti dal D.Lgsl. n. 59/2004 per il
primo ciclo di Istruzione.
Dal’altro lato, tuttavia, il ricorso ad una terminologia riferita ad uno specifico documento
introdotto dalla normativa per i casi specifici di Disturbo Specifico di Apprendimento
(Legge n. 170/2010, DM applicativo n. 5669/2011) espone tale scelta a facili critiche di in
appropriatezza.
L’importante affermazione della necessità di procedere ad una pianificazione didatticopedagogica, individualizzata e concordata con la famiglia e gli specialisti, viene attenuata
dalla forzatura rappresentata dall’impropria estensione della normativa sui DSA.
Le norme più recenti
A questo riguardo intervengono successivamente le note n. 2213/2012 e n. 7796/2012 a
chiarire che il Piano Didattico Personalizzato “è esclusivamente destinato agli alunni e agli
studenti con DSA”. La questione sembrerebbe chiarita, se non fosse che il 27 dicembre
2012 la Direttiva “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e
organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica” estende ad una più vasta
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categoria di alunni - tutti coloro che presentano particolari bisogni educativi - dalla
disabilità alle deprivazioni socio-culturali e linguistiche, certificati o no che siano, le
garanzie previste dalla legge 170/2010 sui DSA.
Nella Direttiva i disturbi da deficit di attenzione e iperattività sono oggetto di specifica
attenzione: si sottolinea come tale condizione sia spesso associata ai DSA, a disturbi
emotivi e oppositivi della condotta (comorbilità), e generi difficoltà nella pianificazione e
nell’autocontrollo, nella socializzazione e nell’apprendimento. Soltanto quando il quadro si
presenta particolarmente complesso l’ADHD dà diritto alla certificazione ai sensi della L.
104 e quindi all’attribuzione dell’insegnante di sostegno, ma nella maggior parte dei casi
ciò non accade.
L’intervento va quindi attuato a cura dei soli docenti curricolari, ed è tanto più efficace
quanto più vede la sinergia tra scuola e famiglia, in quanto il disturbo si manifesta in tutti i
contesti di socializzazione e solo nei medesimi contesti e attraverso coerenti interventi
educativi e didattici può trovare risposta.
Ad ogni Istituto compete quindi regolamentare l’individuazione degli alunni e studenti con
ADHD, mobilitare le proprie risorse umane e finanziarie per organizzare gli interventi,
pianificando e realizzando un percorso, relazionale e didattico individualizzato e
personalizzato e criteri di valutazione specifici. Vanno attivate le necessarie sinergie con
famiglie e servizi per dare piena attuazione a quanto previsto dalle Indicazioni Nazionali
per i curricoli della scuola di base (2012) che chiedono di evitare con tutti i mezzi il
“fallimento formativo precoce”.
Le Indicazioni 2012 realizzano il riconoscimento normativo del concetto di “Bisogni
Educativi Speciali”, che include l’ADHD, dedicandovi largo spazio nella Premessa (cfr.
“Una scuola di tutti e di ciascuno”), e responsabilizzano pienamente le scuole rispondere
alle esigenze di questi alunni all’interno di una “normale progettazione dell’Offerta
Formativa”.
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BIBLIOGRAFIA
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Erickson, Trento, 2001.
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