Sociologia della comunicazione e della moda Modulo di Sociologia dei processi culturali Presentazione del corso Prof. Romana Andò 2 marzo 2016 Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 1 Di cosa parleremo? PAROLE CHIAVE DI UN PERCORSO Parole chiave 11/04/2016 Pagina 2 1. COMUNICAZIONE • «la comunicazione ha […] a che fare, almeno in partenza, con la messa in comune di qualche aspetto personale da parte di individui che sanno di essere diversi ma che sanno anche di dover lavorare insieme […] • La peculiarità della comunicazione è quella di riassumere il desiderio di relazione che è centrale nell’istinto di sopravvivenza umano» (Bovone, 2014 pp.8-9) Parole chiave 11/04/2016 Pagina 3 2. RAPPRESENTAZIONE • «Quando un individuo viene a trovarsi alla presenza di altre persone, queste, in genere, cercano di avere informazioni sul suo conto o di servirsi di quanto già sanno di lui» […] • «Una ‘rappresentazione’ può essere definita come tutta quella attività svolta da un partecipante in una determinata occasione e volta in qualche modo ad influenzare uno qualsiasi degli altri partecipanti» (Goffman 1959) Parole chiave 11/04/2016 Pagina 4 3. IDENTITA’ • “il sé è […] un progetto simbolico che l’individuo costruisce attivamente sulla base dei materiali simbolici a sua disposizione, materiali che l’individuo ordina in un racconto coerente a proposito di chi egli sia – un racconto della sua identità” (Thompson, 1995, p.293) Parole chiave 11/04/2016 Pagina 5 4. PERFORMATIVITA’ • La performatività è «una serie di pratiche che segnano i corpi, in accordo ad una griglia di intelligibilità, in modo tale che il corpo stesso diventi una fiction familiare» (Mc Robbie 2005). Parole chiave 11/04/2016 Pagina 6 5. CULTURA • La cultura si riferisce a un “particolare stile di vita che esprime certi significati e valori non solo nell’arte e nell’alta cultura, ma anche nelle istituzioni e nel comportamento quotidiano. L’analisi della cultura, in base a questa definizione, consiste nella chiarificazione dei significati e dei valori impliciti ed espliciti di uno stile di vita particolare, di una cultura particolare”. (Williams 1979) • "Yet a culture is not only a body of intellectual and imaginative work, it is also and essentially a whole way of life" (Williams 1958). Parole chiave 11/04/2016 Pagina 7 6. MEDIA • “è mia intenzione sostenere che i media vanno studiati perché sono centrali per la nostra vita quotidiana, in quanto dimensioni sociali, culturali, politiche ed economiche del mondo contemporaneo e in quanto elementi che contribuiscono alla nostra capacità variabile di dar senso al mondo, di costruire e condividere i suoi significati” (R. Silverstone 2002, pag.19) Parole chiave 11/04/2016 Pagina 8 7. AUDIENCE - FAN • «I fan sono lettori che si appropriano di testi popolari e che li rileggono in un modo che asseconda altri interessi, da spettatori che trasformano l’esperienza di guardare la televisione in una ricca e complessa cultura partecipativa. • I fan sono la parte più attiva e innovativa dell’audience diffusa dei testi popolari, come partecipanti attivi nella costruzione e nella circolazione di significati testuali» (Jenkins 1992). Parole chiave 11/04/2016 Pagina 9 8. CONSUMO • «un’attività astuta, dispersa, che però si insinua ovunque, silenziosa e quasi invisibile, poiché non si segnala con prodotti propri, ma attraverso i modi di usare quelli imposti da un ordine economico dominante» (de Certeau 2001, p. 7) Parole chiave 11/04/2016 Pagina 10 9. MODA • La moda è «un sistema di istituzioni e cioè un insieme di pratiche sociali che sono ripetute con regolarità e continuità, sono sanzionate e mantenute da norme sociali e rivestono un’importanza fondamentale nella struttura sociale» • «la moda come insieme di credenze, orientamenti, atteggiamenti si manifesta attraverso gli abiti». • «La moda non è l’abbigliamento visibile ma è l’insieme degli elementi invisibili in esso incorporati» (Kawamura, 2005) Parole chiave 11/04/2016 Pagina 11 Approfondiamo DEFINIRE LA COMUNICAZIONE 11/04/2016 Pagina 12 1° definizione • Comportamento di un essere vivente che ne influenza un altro oppure qualunque emissione di un segnale da parte di un organismo che influenza un altro organismo. • Contatto significativo che si accompagna ad una modificazione osservabile del comportamento Comunicazione come influenza Comunicazione come influenza • Tra i due comunicanti si stabilisce una relazione articolata per cui l’uno può modificare l’altro senza modificare se stesso. • Nel “trasferimento”, invece, il comunicatore si assimila all’altro, oppure si priva di qualcosa. • È una definizione applicabile indistintamente alle società umane e a quelle animali. 2° definizione • Scambio di valori sociali, condotto secondo determinate regole Comunicazione come scambio di valori Comunicazione come scambio di valori • Definizione derivante dall’antropologia strutturalista, secondo cui la società funziona secondo criteri generali di funzionamento che regolano gli scambi tra le persone • Le società non sono altro che insiemi di individui messi in comunicazione attraverso vari aspetti della cultura, che diventano operazioni volte ad attivare una comunicazione strutturalmente analoga al linguaggio. • L’individuo è il casuale punto di incrocio fra strutture sociali: non comunica, bensì viene comunicato. 3° definizione • Trasferimento di informazioni da un soggetto a un altro per mezzo di veicoli di varia natura Comunicazione come trasmissione Comunicazione come trasmissione • Riprende l’essenzialità e la neutralità del trasferimento di risorse. • Tuttavia, a seconda del significato attribuito alla parola “informazione” varia l’estensione del modello verso interpretazioni meno imparziali. • Per quanto “informazione” sia un termine neutro, in esso è inscritta la superiorità della fonte, di chi informa su chi viene informato. Modello comunicativo della teoria matematica dell’informazione (Shannon-Weaver 1949) Fonte di informazione destinatario messaggio messaggio segnale segnale ricevuto trasmittente ricevente Fonte di rumore Dalla trasmissione alla relazione 4° definizione • Condivisione, fra due o più soggetti, di un medesimo significato Comunicazione come Attraverso un condivisione processo comunicativo è possibile giungere ad una condivisione di significato, e dunque ad una comprensione reciproca Comunicazione come condivisione • Si passa dalla comunicazione come procedimento, dove l’agire comunicativo è motivato dalle strutture e dalle circostanze, alla tensione verso il risultato, cioè all’agire comunicativo dotato di senso. • Nell’interazione sociale i soggetti si scambiano grandi quantità di messaggi: meno frequente è la condivisione di un significato nella stessa misura e con connotazioni uguali. 5° definizione • Formazione di un’unità sociale a partire da individui singoli, mediante l’uso di un linguaggio o di segni (Collins Cherry, On Human Communications, 1957) Comunicazione come relazione sociale Il processo comunicativo permette di creare legami sociali tra persone attraverso la condivisione di valori ed il coinvolgimento Comunicazione come relazione • Questa definizione aggiunge alla condivisione di significati, la comunione di regole e modelli comportamentali. • Annulla l’isolamento presupposto dai concetti di fonte e ricevente e li inserisce in gruppi, rapporti sociali. • Il soggetto naturale di un sistema comunicativo è l’uomo nel suo comportamento volontario e nell’attività sociale esercitata nei rapporti in comunità. 6° definizione • Il lavoro comunicativo consiste nell’inferenza a partire da indizi e nella correlativa costruzione di indizi a partire dai quali far indurre inferenze. • Comunicare significa offrire all’altro degli indizi e trarre inferenze dagli indizi offerti dagli altri. Comunicazione come inferenza Comunicazione come inferenza • Il messaggio non viene interpretato per il suo senso letterale, per l’informazione linguistica pura che esso porta con sé, ma per quel che permette di capire sulla base delle conoscenze possedute rispetto a sé e all’altro. • Comunicare significa contribuire a mutare lo spazio cognitivo dell’altro, il mondo percepito di un destinatario, inducendolo a cambiare le sue ipotesi sulla realtà (comunicazione ostensivo-inferenziale). Lo schema di Lasswell e quello di McQuail Domande • Chi ? • Dice che cosa ? • Attraverso quale canale ? • A chi ? • Con quale effetto ? Domande • Chi comunica con chi? • Perché si comunica? • Come avviene la comunicazione? • Su quali temi? • Quali sono le conseguenze? LA COMUNICAZIONE NELLA VITA QUOTIDIANA Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 28 La svolta comunicativa • È rilevante non solo perché ha incrementato gli studi sulla comunicazione (e sui media), • ma perché «ha inserito la comunicazione tra i temi fondamentali da indagare per comprendere le dinamiche complesse della convivenza sociale» (Bovone, 2014, 14). • La realtà, infatti, viene interpretata e definita nello scambio interattivo: è una costruzione sociale su cui mettersi d’accordo nelle microinterazioni della comune vita quotidiana. 11/04/2016 Pagina 29 Il soggetto nelle micro-teorie della comunicazione • «l’individuo di cui parla questa nuova sociologia non è più il soggetto che trasforma il mondo, capace di padroneggiarlo razionalmente portandolo al progresso economico e sociale e cioè alla modernità. • Sembra, invece, un individuo che rinuncia a definire il mondo in cui si trova, a codificare dei fini sociali condivisi, a dire dove debba andare il progresso; • si sente peraltro perennemente circondato dai suoi simili, cosciente che non può fare nulla solo perché lo vuole, cosciente che tutto si determina nell’interazione, anche il senso da attribuire ad ogni suo intervento e a se stesso» (Bovone, p.15-16). 11/04/2016 Pagina 30 Dalla teoria dell’azione alle micro-teorie della comunicazione 11/04/2016 Pagina 31 Alfred Schutz • Filosofo e sociologo (Vienna 1899 - New York 1959). • Focus: applicare il metodo fenomenologico alle scienze sociali, intese sempre come studio della realtà quotidiana dell'individuo, delle sue assunzioni di senso comune, del suo mondo di rapporti. Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 32 L’esperienza e la conoscenza nella vita quotidiana • «Questo settore del mondo fatto di oggetti percepiti e percepibili di cui io sono al centro sarà chiamato il mondo a mia portata attuale, il quale dunque, comprende gli oggetti entro il raggio della mia vista e la sfera del mio udito» (Schutz 1971, trad. it. 279) • «Tutta la conoscenza del mondo […] comporta costrutti, cioè un insieme di astrazioni, di generalizzazioni, di formalizzazioni, di idealizzazioni». (Schutz, 1971, trad. it. 5) Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 33 Mondo sociale, predecessori e contemporanei • Le tipizzazioni derivano da un mondo sociale che preesiste al soggetto che osserva – «i predecessori» - e che il soggetto condivide con i suoi «contemporanei», più o meno vicini a lui. • Tutto ciò che il soggetto incontra nella sua vita quotidiana, quindi, può essere interpretato in funzione delle esperienze del passato, del mondo sociale, noto, dato per scontato, • del senso comune. Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 34 Il senso comune • Il senso comune è “quell’insieme di conoscenze che la vita quotidiana mette a disposizione di ognuno: tipizzazioni preinterpretate intersoggettivamente nelle quali si riproduce la costruzione sociale della realtà” (Schutz). • Il senso comune emerge da “tutte quelle pratiche, rappresentazioni, simbolizzazioni per mezzo delle quali il soggetto si organizza e contratta incessantemente il suo rapporto con la società, con la cultura, con gli eventi”(Jedlowski) Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 35 Il senso comune • La fitta e complessa trama delle conoscenze condivise e largamente interiorizzate a livello sociale costituisce il senso comune. • Il senso comune può essere considerato come l’insieme delle certezze tacite e indubitabili che ciascun componente di un gruppo condivide con i suoi simili. • I contenuti e le assunzioni sulle quali si basa sono ritenute auto-evidenti; le domande che lo mettono in discussione sono “prive di senso”; le persone che se ne discostano sono “dissennate”. Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 36 Senso oggettivo e soggettivo • Se nella sociologia classica l’attribuzione di senso è sempre soggettiva «perché è il soggetto agente che attribuisce senso e perciò intenzionalità alla sua azione, ed è l’osservatore, un altro soggetto, che penetra questa intenzionalità» (Bovone, p.20) • per Schutz abbiamo da una parte il senso soggettivo del vissuto – spesso impenetrabile anche per il soggetto stesso – e il senso oggettivo «ricostruibile a posteriori in modo riflessivo, ma soprattutto incasellato in altre azioni simili tramite le categorie idealtipiche intersoggettive» (Bovone, p.21) • Quest’ultimo è il senso comune che noi ereditiamo dai nostri predecessori già organizzato e che è «fin dall’inizio un mondo intersoggettivo di cultura» (Schutz 1971, trad.it. 10) Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 37 Che cosa è la realtà? • Quella che noi chiamiamo realtà è quindi una realtà interpretata, incasellata e riprodotta entro i significati che siamo in grado di attribuirle per leggerla e per renderla accessibile, cioè le «province finite di significato». • «il veicolo più importante della preservazione della realtà è la conversazione» (Berger e Luckmann 1966, p.9) Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 38 Azione e riflessività • Nella visione di Schutz le azioni dei soggetti non sono «razionali rispetto allo scopo», cioè il soggetto decide i mezzi funzionali per un fine. • Al contrario, secondo Schutz il soggetto utilizza le tipizzazioni per razionalizzare la propria azione. • «è pensando al passato che possiamo renderci conto se i mezzi sono stati appropriati per il fine» (Bovone p. 22). • È la riflessività, cioè, che consente di dare un senso razionale alle azioni del soggetto. Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 39 L’interazione con l’altro • Solo a partire da «eventi […] che si verificano nel corpo dell’altro o sono da esso provocati e soprattutto attraverso espressioni linguistiche […] posso comprendere l’Altro» (Schutz, 1971, trad. it. 287). • È solo attraverso la materialità dell’altro (i suoi gesti, le sue parole) che è possibile accedere alla sua individualità. • La sua individualità, la sua mente viene «appresentata», cioè richiamata da quello che di lui si vede. Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 40 Senso comune e media • I media mettono in scena il senso comune, lo costruiscono e lo riproducono, in quanto “potenti costruttori di rappresentazioni socio-narrative convenzionalizzate e stereotipiche”. • “Nel diventare parte del senso comune, le storie, i personaggi e le rappresentazioni socio-narrative mediali si offrono come risorse interpretative e riferimenti simbolici con i quali non si può evitare di confrontarsi, anche solo per rifiutarli. (Di Fraia, 2004) Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 41 I luoghi comuni • “I luoghi comuni sono i simboli condivisi di una comunità: condivisi ma non necessariamente indiscussi, e d’altro canto discussi, ma certamente riconoscibili” 11/04/2016 Pagina 42 I luoghi comuni • Al centro della persuasione ci sono i luoghi comuni, i topoi: “essi sono idee e valori, strutture di significato, condivise e condivisibili da parte di chi ascolta e chi parla. • I luoghi comuni sono il punto in cui la retorica si incontra con il senso comune e lo sfrutta […] costruendo un quadro di conoscenza e di riconoscimento senza il quale i tentativi di persuadere risultano vani” (Silverstone, 2002:66) 11/04/2016 Pagina 43 La retorica e i media • La retorica è una dimensione dei media: tutto quello che arriva ai nostri occhi, alle nostre orecchie, alla nostra immaginazione è costruito retoricamente. • Proprio perché la comunicazione mediale è retorica, la retorica può essere utilizzata come metodo di analisi dei media stessi. 11/04/2016 Pagina 44 Una mano aperta • La retorica è una mano aperta, non un pugno chiuso come la logica. • La retorica è una mano aperta perché prevede e richiede uno spazio di dibattito, una forma argomentativa. • Tra gli esseri umani ci saranno sempre divergenze di opinioni: la retorica, da sola, non basta ad assicurare il successo. • “La mano aperta non determina, invita” (Silverstone, 2002: 63) 11/04/2016 Pagina 45 La retorica come metodo • I media offrono continuamente una mano aperta, vanno costantemente alla ricerca di pubblici e di attenzione, ci coinvolgono, ci interpellano. • “Dobbiamo occuparci dei modi in cui questo avviene […]. Dobbiamo occuparci della relazione fra strategie testuali e risposte del pubblico, della retoricizzazione della cultura pubblica”. (Silverstone 2002:63) 11/04/2016 Pagina 46 La fiducia • Di fronte ad una rappresentazione dei media come facciamo a sapere che ciò che osserviamo sta accadendo o è accaduto veramente? • In cosa differiscono le rappresentazioni dell’uomo sulla luna, della guerra del Golfo,dell’invasione dei marziani di Orson Welles? • “La risposta si trova nella fiducia che riponiamo nelle istituzioni responsabili di riportarci la storia, una fiducia nei sistemi tecnici e astratti che è una componente importantissima della modernità” (Silverstone,2002: 65) 11/04/2016 Pagina 47 La fiducia • “La risposta si trova nelle convenzioni della rappresentazione, nelle forme di espressione, nel fragile ma efficace equilibrio fra il familiare e il nuovo, nella sicurezza e nella rassicurazione della narrazione e della voce; si trova nel linguaggio, nella retorica del testo e nel supporto di altri testi che lo precedono e lo seguono, quelli che rienfatizzano e riasseriscono continuamente la realtà affermata. • […] e l’immagine che non è degna di fiducia è ridotta al silenzio dalla retorica di una voce insistente” (Silverstone,2002: 65-66) 11/04/2016 Pagina 48 Vivere o conoscere attraverso il senso comune? • «Solo un gruppo molto ristretto di persone è impegnato a teorizzare nel campo delle ‘idee’ e della costruzione delle Weltanschauungen [visione del mondo] in qualunque società, ma tutti partecipano della sua ‘conoscenza’ in un modo o in un altro. • In altri termini solo pochi sono interessati all’interpretazione teoretica del mondo, ma tutti vivono in un certo tipo di mondo […]. • È proprio questa ‘conoscenza’ del senso comune che costituisce il tessuto dei significati senza il quale nessuna società potrebbe esistere» (Berger e Luckmann 1966, it. 32) 11/04/2016 Pagina 49 Harold Garfinkel • Sociologo (Newark 1917 – Los Angeles 2011) • Focus: l’etnometodologia cioè l'insieme dei ''metodi'' impiegati dagli uomini (etno) per creare e sostenere, nei confronti del mondo sociale, la quotidianità e la naturalità del vissuto sociale; per ragionare praticamente sulla vita quotidiana. 11/04/2016 Pagina 50 L’etnometodologia 11/04/2016 Pagina 51 Realtà, costruzione e spiegazione • Garfinkel va oltre l’idea di Schutz e di Berger e Luckmann di «costruzione sociale della realtà» perché essa separa «il processo di costruzione dal suo risultato, cioè indagare come la società riesca a trovarsi d’accordo nel definire realtà un certo tipo di oggetti» (Bovone, p.23) • Secondo Garfinkel è impossibile separare la realtà dai metodi (etno-metodi) usati dagli stessi soggetti che la costruiscono per spiegarla. • "ogni situazione sociale deve essere studiata come autoorganizzantesi rispetto al carattere intellegibile delle sue proprie manifestazioni considerate sia come rappresentazioni che come prove-di-un-ordine-sociale" (Garfinkel 1967: 86). 11/04/2016 Pagina 52 La riflessività • Garfinkel intende per riflessività un processo discorsivo, «una attività di produzione di senso, per lo più implicita e data per scontata, attraverso la quale i membri dell’interazione reciprocamente si accordano e si confermano che quello che hanno fatto o stanno facendo o stanno per fare è sensato» (Bovone, p. 24). • La riflessività è quindi una competenza, una caratteristica dell’interazione umana. • È il modo che automaticamente impieghiamo per farci comprendere dagli altri, costruendo con gli altri un discorso dotato di senso per tutti (anche se non tutti sono d’accordo su esso). La Fiducia. Una risorsa per coordinare l’interazione Di Harold Garfinkel 11/04/2016 Pagina 53 Accountability La Fiducia. Una risorsa per coordinare l’interazione Di Harold Garfinkel 11/04/2016 Pagina 54 Account • «Ogni discorso è un «account», un racconto o una spiegazione che razionalizza ciò che è successo in passato e nello stesso tempo si presenta come attualmente ragionevole, diventando «accountable», cioè spiegabile in un altro futuro account» (Bovone, 24) 11/04/2016 Pagina 55 La morale e il senso comune • «i membri di una data società incontrano e conoscono l’ordine morale come un normale corso dell’azione» scene familiari non solo date per scontate, ma che «sono così perché è moralmente giusto o sbagliato che siano così» (Garfinkel 1967:35) La Fiducia. Una risorsa per coordinare l’interazione Di Harold Garfinkel 11/04/2016 Pagina 56 La fiducia nell’interazione con l’altro La Fiducia. Una risorsa per coordinare l’interazione Di Harold Garfinkel 11/04/2016 Pagina 57 Far saltare le regole … • «Harold Garfinkel [1967] per far capire in che cosa consiste il senso comune e come funziona la fiducia, invitava i suoi studenti a «far saltare le regole» date per scontate, mostrandone così, empiricamente, la rilevanza e nello stesso tempo la fragilità» (Sciolla, 2002, 177). Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 58 Agnese, fiducia e rappresentazione • Perchè studiare i media? Agnes’ appearance was convincingly female. She was tall, slim, with a very female shape. Her measurements were 38-25-38. She had long, fine dark-blonde hair, a young face with pretty features, a peaches-and-cream complexion, no facial hair, subtly plucked eyebrows, and no makeup except for lipstick. At the time of her first appearance she was dressed in a tight sweater which marked off her thin shoulders, ample breasts, and narrow waist. Her feet and hands, though somewhat larger than usual for a woman, were in no way remarkable in this respect. Her usual manner of dress did not distinguish her from a typical girl of her age and class. There was nothing garish or exhibitionistic in her attire, nor was there any hint of poor taste or that she was ill at ease in her clothing, as is seen so frequently in transvestites and in women with disturbances in sexual identification. Her voice, pitched at an alto level, was soft, and her delivery had the occasional lisp similar to that affected by feminine appearing male homosexuals. her manner was appropriately feminine with a slight awkwardness that is typical of middle adolescence. 11/04/2016 Pagina 59 La promessa e la fiducia • «quando l’individuo si trova alla presenza diretta di altri, la sua attività ha il carattere di una promessa. • Gli osservatori si accorgeranno di dover accettare l’individuo sulla fiducia, facendogli credito, mentre è in loro presenza, per qualcosa il cui vero valore sarà accertabile soltanto dopo che egli se ne sarà andato». (Goffman, 1959 : tr. it. 1969 p. 13) Goffman, La vita quotidiana come rappresentazione 11/04/2016 Pagina 60 Erving Goffman • Sociologo canadese (1922 1982). • Il suo modello di sociologia si basa sull’idea di ''interazione rituale'‘: avvalendosi della metafora teatrale individua e analizza i processi di costruzione del mondo e del ruolo in esso svolto dall'individuo. 11/04/2016 Pagina 61 La rappresentazione • «sto adoperando la parola ‘rappresentazione’ per indicare tutta quella attività di un individuo che si svolge durante un periodo caratterizzato dalla sua continua presenza dinanzi a un particolare gruppo di osservatori e tale da avere una certa influenza su di essi»(Goffman, 1959 : tr. it. 1969 p.33) Goffman, La vita quotidiana come rappresentazione 11/04/2016 Pagina 62 La vita quotidiana come rappresentazione • «la prospettiva che viene usata in questo lavoro è quella della rappresentazione teatrale: i principi che ne derivano sono di tipo drammaturgico. • Prenderò in esame il modo in cui un individuo, in normali situazioni di lavoro, presenta se stesso e le sue azioni agli altri, il modo in cui guida e controlla le impressioni che costoro si fanno di lui, e il genere di cose che può o non può fare mentre svolge la sua rappresentazione in loro presenza» (Goffman 1959 : tr. it. 1969 p. 9) Goffman, La vita quotidiana come rappresentazione 11/04/2016 Pagina 63 Scena e retroscena • Erving Goffman “descrive la vita sociale come una sorta di recita teatrale su molti palcoscenici, in cui ognuno di noi interpreta ruoli diversi in differenti arene sociali a seconda del tipo di situazione, del nostro ruolo particolare in essa e della composizione del pubblico” (J. Meyrowitz, Oltre il senso del luogo). 11/04/2016 Pagina 64 Persona e ruoli Park, 1950, p. 250 11/04/2016 Pagina 65 Scena e retroscena • Goffman distingue tra comportamenti comunicativi di scena e di retroscena. • In una situazione comunicativa esplicita, cioè, il soggetto tende a presentare agli interlocutori una specifica immagine di sé e del suo ruolo. • Questo comportamento comunicativo viene abbandonato quando “il pubblico” non vede ciò che avviene sulla scena: quando cioè il soggetto si trova in una posizione di retroscena. • “La rappresentazione individuale sulla scena dipende dall’esistenza di un retroscena isolato dal pubblico”. 11/04/2016 Pagina 66 La vita sociale come gestione delle impressioni • Durante l’interazione «l’individuo dovrà agire in modo da esprimersi più o meno intenzionalmente, e i presenti, a loro volta, dovranno riportare un’impressione sul suo conto» (Goffman, 1959 : tr. it. 1969 p. 12) • “il nostro è un mondo di apparenza visibile: viviamo in una cultura della presentazione, in cui l’apparenza è realtà. • Gli individui e i gruppi presentano al mondo i loro volti in ambienti in cui gestiscono le proprie rappresentazioni con più o meno sicurezza” (Silverstone 2002: 115) Goffman, La vita quotidiana come rappresentazione 11/04/2016 Pagina 67 Rappresentazione e moralità • «la società è organizzata sul principio che qualsiasi individuo che possieda certe caratteristiche sociali ha il diritto morale di pretendere che gli altri lo valutino e lo trattino in modo appropriato». (Goffman 1959 : tr. it. 1969, p.23) Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 68 L’asimmetria del processo di comunicazione • «Gli osservatori, sapendo che l’individuo tende a presentarsi sotto una luce favorevole, possono dividere la scena a cui assistono in due parti: l’una, che l’individuo può facilmente controllare a piacere e che riguarda in massima parte le sue affermazioni verbali; • l’altra che sembra sfuggire al controllo o non rivestire alcun interesse per l’individuo e che consiste in massima parte nelle espressioni che «lascia trasparire». • Gli altri possono allora servirsi di quelli che vengono considerati gli aspetti non controllabili del suo comportamento espressivo come mezzo per verificare la verità di quanto è trasmesso dagli aspetti controllabili. • Con ciò viene dimostrata la fondamentale asimmetria del processo di comunicazione, poiché, presumibilmente, l’individuo è consapevole di un solo livello della sua comunicazione, mentre gli osservatori sono consapevoli di questo livello e di un altro» (Goffman, 1959 : tr. it. 1969 p. 17) 11/04/2016 Pagina 69 Approfondiamo LA COMUNICAZIONE NEL CONTESTO: LA PRAGMATICA Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 70 La pragmatica • La PRAGMATICA: si occupa del rapporto tra comunicazione, interlocutori e ambiente in cui avviene. Il suo oggetto sono le azioni che si svolgono per mezzo del linguaggio e della comunicazione. • Oggetto della pragmatica sono cioè “ non soltanto le parole, le loro configurazioni e i loro significati (che sono i dati della sintassi e della semantica), ma anche i fatti non verbali concomitanti come pure il linguaggio del corpo” (P. Watzlawick, J.H. Beavin, D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana). ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE (WATZLAWICK) • Si tratta di alcune proprietà semplici della comunicazione che hanno fondamentali implicazioni interpersonali • 1. “Non si può non comunicare” – Chiunque si trovi in una situazione sociale è comunque la sorgente di un flusso informativo, indipendentemente dalla propria intenzionalità, dall’efficacia dell’atto comunicativo o dalla comprensione reciproca. Non si può non comunicare • Il comportamento non ha un suo opposto. Non esiste qualcosa che sia un non comportamento o, per dirla anche più semplicemente, non è possibile non avere un comportamento. Ora se si accetta che l’intero comportamento in una situazione di interazione ha valore di messaggio, vale a dire è comunicazione, ne consegue che comunque ci si sforzi non si può non comunicare. (Watzlawick 1967) Non si può non comunicare "L’uomo che guarda fisso davanti a sé mentre fa colazione in una tavola calda affollata , o il passeggero d’aereo che siede con gli occhi chiusi, stanno entrambi comunicando che non vogliono parlare con nessuno né vogliono si rivolga loro la parola, e i vicini di solito afferrano il messaggio e rispondono lasciandoli in pace” E. Degas, L’absinthe, 1876 P. Watzlawick, J.H. Beavin, D.D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana, Studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi, Roma, Astrolabio, 1971 Contenuto e relazione • 2. “Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione, di modo che il secondo classifica il primo ed è quindi metacomunicazione”. (Watzlawick 1967) – L’aspetto di “notizia” di un messaggio trasmette informazione (contenuto). – L’aspetto di “comando” si riferisce al tipo di messaggio che deve essere assunto e quindi alla relazione tra i partecipanti. Contenuto e relazione In sostanza ogni tipo di comunicazione fra due o più individui può avere livelli diversi di: a. notizia b. comando Il primo aspetto(a) trasmette i dati , il secondo(b) il modo in cui si deve assumere tale comunicazione Un cartello in un ristorante … “se non siete contenti dei camerieri dovreste vedere il direttore.” Il modulo numerico e il modulo analogico • 3. “Gli esseri umani comunicano sia col modulo numerico che con quello analogico” (Watzlawick 1967) – Il linguaggio pone una connessione “numerica” nel riferimento agli oggetti e attiene normalmente all’aspetto di contenuto della comunicazione. – Tutte le modalità non verbali attengono alla dimensione “analogica” e riguardano normalmente l’aspetto di relazione della comunicazione. La comunicazione analogica • La comunicazione analogica non ha nulla di confrontabile alla sintassi logica del linguaggio numerico. • Nel linguaggio analogico non c’è nulla che equivalga agli elementi del discorso come “seallora” “o-o”; è difficile esprimere concetti astratti, e manca una espressione che sostituisca il “non”. La comunicazione simmetrica e complementare 4. “Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza” Nella relazione simmetrica i soggetti tendono a rispecchiare il comportamento dell’altro (uguaglianza o minimizzazione delle differenze); Nella relazione complementare il comportamento dell’uno completa quello dell’altro (ad una posizione one-up corrisponde una posizione one-down) Scambi simmetrici e complementari Uno scambio simmetrico avviene fra interlocutori che si considerano sullo stesso piano, svolgendo funzioni comunicative e ruoli sociali analoghi Uno scambio complementare fa incontrare persone che hanno una relazione ma non sono sullo stesso piano per potere, ruolo comunicativo, autorità sociale, interessi (per es. il rapporto madre-figlio, medico-paziente, insegnante-allievo). La punteggiatura della comunicazione 5.“La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione fra i partecipanti” La comunicazione è sempre bidirezionale, caratterizzata da numerosi scambi che a turno avvengono in un senso o nell’altro. Ogni elemento della sequenza è simultaneamente stimolo, risposta e rinforzo La punteggiatura della comunicazione • • • • Un osservatore esterno può ritenere che una serie di comunicazioni rappresenti una serie ininterrotta di scambi. Le sequenze d’azione non sono mai isolate, ma vanno considerate in serie. La punteggiatura della relazione consente di individuare il rapporto di causa ed effetto di uno scambio comunicativo: in altre parole la responsabilità del rapporto La comunicazione non verbale • Del registro non verbale fanno parte tutti quegli elementi comunicativi diversi dal linguaggio articolato, che usiamo per chiarire rapporti reciproci, per sottolineare discorsi, per creare intimità, per raggiungere l’interlocutore sul piano emotivo: • I gesti, le espressioni, le posture, i movimenti e le azioni, gli atteggiamenti,le distanze, l’intonazione della voce, gli odori, l’abbigliamento, etc. I media e lo spazio intermedio • La fusione degli spazi di scena e di retroscena, prodotta dai nuovi ambienti sociali costruiti dai media elettronici, porta alla definizione di un nuovo “spazio intermedio” o “da palcoscenico laterale”. • I pubblici, cioè, vedono parti sia della scena che del retroscena e gli attori devono riadattare i propri ruoli, rendendoli coerenti con le nuove informazioni a disposizione del pubblico. 11/04/2016 Pagina 85 Oltre il senso del luogo • “l’evoluzione dei media secondo me ha cambiato la logica dell’ordine sociale, ristrutturando il rapporto tra luogo fisico e luogo sociale e modificando i modi in cui trasmettiamo e riceviamo le informazioni sociali” • Questo mutamento va messo in correlazione con “il potere unico della televisione di abbattere le distinzioni tra qui è là, diretto e mediato, personale e pubblico. Più di ogni altro medium elettronico, essa ci coinvolge in temi che una volta non credevamo fossero “affari nostri”, ci lancia a pochi centimetri dai volti di assassini e presidenti, rende barriere e passaggi fisici relativamente privi di significato in qualità di modelli di accesso all’informazione sociale”. (Meyrowitz 1985) Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 86 Attraversare i confini • “Anche se conosciamo i confini tra spazi pubblici e privati, e quelli fra realtà mediate e realtà esperite, sappiamo che i confini separano e allo stesso tempo connettono: • Sono barriere, ma anche ponti” • “il mondo viene quotidianamente rappresentato dai media e noi spettatori recitiamo al loro fianco come attori e partecipanti, imitando, appropriandoci e riflettendo sulle sue verità e falsità”. (Silverstone 2002:118) • Il confine tra attore e spettatore viene attraversato continuamente con sempre maggiore facilità. Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 87 Il successo della rappresentazione • Il successo di una rappresentazione, nella vita quotidiana, o sul palcoscenico, o sullo schermo, dipende dai giudizi del pubblico e dalla sua accettazione di quella rappresentazione. • La modernità ha portato con sé “il nascere di una vita privata resa maggiormente pubblica”; i comportamenti di rappresentazione “consentono all’attore non solo di presentarsi all’altro, ma di presentarsi a se stesso, con un atto essenzialmente riflessivo” (Silverstone 2002:116) Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 88 Rappresentazione e identità • «L’individuo ritiene, di solito, di esercitare un controllo sul modo in cui appare agli occhi degli altri. Per questo ha bisogno di cosmetici, vestiti, e di strumenti per adattarli, aggiustarli e renderli più belli; di un luogo accessibile, sicuro, dove poter conservare queste scorte e gli strumenti di lavoro – in breve, l’uomo ha bisogno di un corredo per la propria identità per mezzo del quale poter manipolare la propria facciata personale». (Goffman, 1961, tr.it. 49-50) Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 89 Attore, personaggio, apparenza (e moda) • L’attore è «un affaticato fabbricante di impressioni, immerso nel fin troppo umano compito di mettere in scena una rappresentazione» • il personaggio è «una figura per definizione dotata di carattere positivo, il cui spirito, forza e altre qualità eccezionali debbono essere evocati dalla rappresentazione» (Goffman, 1959, tr. it. p. 288). • Per Goffman, la scelta di moda è collegata all’identità multipla, cioè al modo in cui un attore gestisce i molteplici personaggi e fa emergere i differenti ruoli. • È il modo per negoziare con gli stereotipi sociali. 11/04/2016 Pagina 90 Accedere all’identità • All’identità dell’altro (e anche alla propria) è possibile accedere solo attraverso l’apparenza, la rappresentazione. • La corporeità, quindi, è - per chi osserva l’unica finestra che si apre sulla immaterialità dell’identità. • Il sé che osserviamo «non ha origine nella persona del soggetto, bensì nel complesso della scena della sua azione […] ciò che viene attribuito – il sé – è il prodotto di una scena che viene rappresentata e non una sua causa […] è piuttosto un effetto drammaturgico» (Goffman, 1959, tr. it. p. 289) Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 91 Identità personale e identità sociale • L’identità personale diventa sociale quando si comunica, attraverso l’esteriorità e l’apparenza. • L’identità narrata del soggetto è continuamente costruita attraverso discorsi e comportamenti, corpo, pratiche e parole, • ed è ricostruita da chi osserva le pratiche corporee situate e ascolta le narrazioni in un contesto di interazione. • L’identità sociale è costruita e interpretata sulla base di regole morali e rituali di interazione (eseguiti in conformità con le regole dell’etichetta sociale che stabiliscono le coordinate per un corretto comportamento cerimoniale - gesti, espressioni, abbigliamento etc.) Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 92 L’identità nelle rappresentazioni • «le identità hanno a che fare con il problema di usare le risorse della storia, del linguaggio e della cultura in un processo che è in divenire, e non in essere: il problema è non tanto ‘chi siamo’ o ‘da dove veniamo’, quanto che cosa potremmo diventare, come siamo stati rappresentati e come tutto ciò riguardi il modo in cui potremmo rappresentarci. • Perciò le identità si strutturano all’interno, e non all’esterno, della rappresentazione. […] • Esse scaturiscono dalla narrativizzazione del Sé» (Hall,2006 p. 316) Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 93 Rappresentazione sociale • “Una rappresentazione sociale è “una forma di conoscenza, socialmente elaborata e condivisa, avente un fine pratico e concorrente alla costruzione di una realtà comune a un insieme sociale” (Jodelet 1992) • Le rappresentazioni sociali sono costrutti “con i quali la realtà sociale è non solamente riprodotta, ma anche costruita”.(ibidem) • Le rappresentazioni sociali sono strutture socio-cognitive che consentono agli individui e ai gruppi da cui sono state elaborate di far corrispondere un concetto a un’immagine e viceversa. Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 94 I ruoli delle rappresentazioni • Le rappresentazioni “convenzionalizzano gli oggetti, le persone, gli eventi che incontriamo nel nostro percorso, fornendo loro una forma precisa, assegnandoli ad una data categoria e definendoli in maniera graduale quale modello di certo tipo, distinto e condiviso da un gruppo di persone. Tutti i nuovi elementi aderiscono a questo modello e si integrano con esso”. • “le rappresentazioni sono prescrittive, cioè si impongono a noi con forza irresistibile, forza che è la combinazione di una struttura che è presente addirittura prima che noi cominciamo a pensare e di una tradizione che stabilisce cosa dobbiamo pensare” (Moscovici, 2005, pp.12-15). Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 95 Le rappresentazioni • “Mentre queste rappresentazioni, condivise da molti, entrano nella mente di ciascuno di noi e la influenzano, non sono pensate da noi ma piuttosto, per essere più precisi, sono ri-pensate, ri-citate e ripresentate” (Moscovici, 2005, pp.12-15). Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 96 Le identità • «Mi avvalgo del termine ‘identità’ per fare riferimento al punto d’incontro, al punto di sutura, tra – da una parte – i discorsi e le pratiche che cercano di ‘interpellarci’, di parlarci o di sistemarci come soggetti sociali di determinati discorsi, e – dall’altra – i processi che producono soggettività, che ci costituiscono come soggetti che possono essere ‘parlati’. • Le identità sono perciò punti di temporaneo attaccamento alle posizioni soggettive che le pratiche discorsive costruiscono per noi (Hall p. 318) Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 97 Identificazione (o non identificazione) • Per comprendere come l’identità viene costruita è necessario capire «quali siano i meccanismi mediante i quali gli individui in quanto soggetti s’identificano (o non s’identificano) con le ‘posizioni’ a cui vengono chiamati, in che modo essi modellino, stilizzino, producano e ‘realizzino performativamente’ queste posizioni e perché non lo facciano mai completamente, una volta per tutte, anzi alcuni non lo facciano affatto o siano perennemente in conflitto, lotta, resistenza, negoziazione e aggiustamento con le regole normative o regolative con le quali affrontano e regolamentano se stessi (Hall, p.328) Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 98 La performatività • Per performatività si intendono, nelle parole di Judith Butler, quegli atti e gesti, generalmente costruiti, che regolano i principi di organizzazione dell’identità, • nel senso che “l’essenza o identità che essi dichiarano di esprimere sono fabbricazioni prodotte e mantenute attraverso segni corporei e altri mezzi discorsivi” • “la performatività non è un atto singolare, bensì una ripetizione e un rituale che sortisce i suoi effetti mediante la naturalizzazione nel contesto di un corpo” (Butler, 2004) Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 99 La performatività • La performatività è «una serie di pratiche che segnano i corpi, in accordo ad una griglia di intelligibilità, in modo tale che il corpo stesso diventi una fiction familiare» (McRobbie 2005) • sono quindi le pratiche che segnano il sé in accordo ad una griglia di intelligibilità sociale, in modo tale che il sé diventi una fiction (rappresentazione) familiare (cioè condivisa e condivisibile all’interno dei legami sociali). Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 100 Identità e carriere biografiche tipiche • «il problema dell’identità è un problema di indeterminatezza, nasce quando l’identità è vista come qualcosa da raggiungere, non un dato ma un compito» (Bovone, p. 43) • Questo significa da una parte «possibilità» dall’altra «indeterminatezza». • Nel secondo Novecento, l’identità nonostante la «pluralizzazione dei mondi di vita» possiede ancora un «repertorio di carriere biografiche tipiche» cui l’individuo può differire la propria gratificazione. Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 101 Identità, stabilità, abito Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 102 Il lavoro e l’identità, tra eteroriconoscimento a autoriconoscimento • Nella società industriale il lavoro conferisce al soggetto un posto nella stratificazione sociale e ne determina lo status. • «ogni individuo diventa socialmente riconoscibile solo se inserito nel sistema economico, in quanto lavoratore, con un conseguente elevato grado di identificazione con il proprio ruolo professionale». • «nella società attuale l’individuo sembra assegnare al lavoro o un ruolo puramente strumentale al procacciamento di un reddito o una valenza di autorealizzazione, che esprime appunto la prevalenza di un’esigenza di autoriconoscimento su quella del riconoscimento sociale» (pp. 75-76). P. Parmiggiani1997, Consumo e identità nella società contemporanea 11/04/2016 Pagina 103 La crisi dell’identità • Dalla cosiddetta «homeless mind» (Berger e Keller 1973) si passa ad una identità instabile per cui l’individuo sperimenta quella perenne ricerca di sé – tipica del periodo adolescenziale – fino a tutta l’età adulta. • «Nelle società complesse […] le identità sociali di una persona sono non solo numerose, ma spesso contraddittorie, e non c’è una chiara gerarchia di appartenenze che renda un’identità dominante sulle altre. Qui il problema delle biografie personali diventa sempre più quello delle identità, dell’assenza di segni da parte della cultura della società nel suo complesso che aiutino nella scelta» (Kopytoff. 1986 tr. it. 109) Bovone, 2014, Rappresentarsi nel mondo 11/04/2016 Pagina 104 L’individuo tra moderno e postmoderno P. Parmiggiani1997, Consumo e identità nella società contemporanea 11/04/2016 Pagina 105 Definire l’identità attraverso il consumo • Immaginare l’individuo postmoderno come un turista senza pace o a un giocatore d’azzardo significa sottolineare la provvisorietà delle scelte del soggetto tra crisi delle istituzioni e opportunità crescenti di consumo. • «l’uomo contemporaneo mantiene la propria identità, sintonizzandosi con la gamma delle mutevoli differenze che lo avvolgono da ogni parte, è questa capacità di ‘sintonizzazione’ che manifesta la forza del nucleo centrale dell’identità» • Tra le aree del vivere possiamo identificare «nel consumo, non la misura dell’identità come in qualche modo accadeva per il lavoro, ma uno dei linguaggi più adatti ad esprimere l’identità dell’individuo postmoderno» (p. 13. prefazione Di Nallo) P. Parmiggiani1997, Consumo e identità nella società contemporanea 11/04/2016 Pagina 106 PERCHÉ STUDIARE I MEDIA Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 107 Perché studiare i media? • “ è mia intenzione sostenere che i media vanno studiati perché sono centrali per la nostra vita quotidiana, in quanto dimensioni sociali, culturali, politiche ed economiche del mondo contemporaneo e in quanto elementi che contribuiscono alla nostra capacità variabile di dar senso al mondo, di costruire e condividere i suoi significati” (R. Silverstone 2002, pag.19) Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 108 I media: parte del tessuto generale dell’esperienza • “i nostri media sono ubiqui, costituiscono la quotidianità, […] sono una dimensione essenziale dell’esperienza contemporanea. • […] siamo diventati dipendenti dai mezzi di comunicazione, sia quelli a stampa sia quelli elettronici, per svago e per informazione, per conforto e per sicurezza, per un certo senso della continuità dell’esperienza e di quando in quando anche per i momenti più intensi dell’esperienza” (Silverstone, 2002, pag. 18) Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 109 I media partecipano alla vita sociale e culturale • “Si tratta dunque di esaminare i media come processo, come agenti e come oggetti dati, a tutti i livelli, ovunque gli esseri umani si aggreghino in uno spazio reale o virtuale, comunichino, tentino di persuadere, informare, divertire, educare; ovunque tentino, in una molteplicità di modi e con diversi gradi di successo, di connettersi l’uno all’altro” (Silverstone 2002, pag. 21) Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 110 Lo studio dei media: partire dall’esperienza e dalla sua normalità • Il punto di partenza per uno studio sui media è l’esperienza e la sua normalità. • “i media sono in primo luogo normali, sono una presenza costante nella nostra vita quotidiana” • L’azione dei media si svolge nel mondo ordinario: essi sono “parte di una realtà alla quale partecipiamo, che condividiamo e che manteniamo, giorno per giorno, attraverso i nostri discorsi e le nostre interazioni quotidiane” (Silverstone 2002, pag. 24-25) Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 111 Noi e i media • Possiamo “pensare a noi stessi nella nostra quotidianità e nella nostra vita con i media, come a nomadi, girovaghi che si muovono da luogo a luogo, da un ambiente mediale a un altro” • “Ci muoviamo fra spazi privati e pubblici, fra spazi locali e globali, da spazi sacri a spazi profani e da spazi reali a spazi di finzione e virtuali e viceversa” • “I media costituiscono il quotidiano e allo stesso tempo forniscono alternative ad esso” (Silverstone 2002, pag. 27) Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 112 I nostri media, le nostre storie, le nostre relazioni • “le nostre storie, le nostre conversazioni sono presenti sia nelle narrazioni formalizzate dei media, nei resoconti fattuali e nelle rappresentazioni di finzione sia nelle storie quotidiane: pettegolezzi, dicerie e interazioni causali in cui troviamo dei modi per fissarci nello spazio e nel tempo, e soprattutto per fissarci nelle nostre relazioni reciproche, connettendoci e separandoci, condividendo e rifiutando, individualmente e collettivamente, in amicizia e in ostilità, in pace e in guerra” (Silverstone 2002, pag. 32) Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 113 Media e senso comune • Il senso comune va inteso come “espressione e allo stesso tempo precondizione dell’esperienza, come condiviso o per lo meno condivisibile, come misura delle cose spesso invisibile. • I media dipendono dal senso comune, lo riproducono, vi fanno riferimento così come lo sfruttano e lo fraintendono” (Silverstone 2002, pag. 25) Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 114 Media come filatoi del mondo moderno • Se “l’uomo è sospeso su una rete di significati che lui stesso ha tessuto” (Geertz) • allora i media sono i i filatoi del mondo moderno, e utilizzandoli, gli esseri umani tessono reti di significato per loro stessi (Thompson1998, 22). Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 115 Media, risorse simboliche e vita sociale • Lo sviluppo dei media va letto come una rielaborazione del carattere simbolico della vita sociale, una riorganizzazione dei modi in cui le informazioni e i contenuti simbolici sono prodotti e scambiati nel mondo sociale, e una ristrutturazione dei modi in cui gli individui si rapportano l’uno all’altro e a se stessi (Thompson 1998, 22). Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 116 Media e contesti sociali • Quando studiamo i media non dobbiamo correre il rischio di concentrarci solo su • i testi, analizzandoli in sé e per sé, senza relazioni né con gli obiettivi e le risorse di chi li ha prodotti, né con i modi in cui chi li riceve li utilizza e comprende; • i pubblici, analizzandone la composizione e la quantità, gli effetti subiti, i bisogni alla base del consumo etc. Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 117 Media e contesti sociali • Quando studiamo i media dobbiamo partire dal carattere terreno dell’attività di ricezione. • La ricezione dei prodotti dei media è un’attività pratica e di routine che gli individui intraprendono in quanto rappresenta un aspetto costitutivo della loro vita quotidiana. Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 118 Identità e media • Se nelle società tradizionali l’identità del soggetto corrispondeva a quella della comunità di appartenenza e in quelle industriali derivava dal ruolo professionale • nella società contemporanea la produzione di significati - anche relativi all’identità – appare sempre meno ancorata agli ambiti dell’esperienza e sempre più connessa con l’elaborazione identitaria e sociale proposta dai media. Leonini 11/04/2016 Pagina 119 Il sé riflessivo e i media • Nelle società moderne il processo di autoformazione è sempre più riflessivo e aperto: per costruirsi un’identità coerente, gli individui imparano a ricorrere in misura sempre maggiore alle loro stesse risorse. • Ma anche alle risorse simboliche mediate, la cui abbondanza estende le opportunità dell’individuo, ma allenta il legame tra autoformazione e ambiente condiviso: gli individui accedono infatti a informazioni provenienti da fonti lontane e attraverso reti di comunicazione mediate… • ma l’appropriazione di questa conoscenza non locale avviene sempre in contesti locali. Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 120 Il sé come progetto simbolico • “il sé è […] un progetto simbolico che l’individuo costruisce attivamente sulla base dei materiali simbolici a sua disposizione, materiali che l’individuo ordina in un racconto coerente a proposito di chi egli sia – un racconto della sua identità” (Thompson, 293) Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 121 L’appropriazione • Thompson utilizza il termine di appropriazione per riferirsi all’estensione del processo di ricezione oltre il momento della fruizione. • Appropriarsi significa “far proprio” qualcosa di estraneo e sconosciuto e trovare un modo per rapportarsi ad esso e incorporarlo nella propria vita, attraverso il proprio bagaglio di competenze, conoscenze, inclinazioni. • “Perciò l’appropriazione dei messaggi deve essere intesa come un processo continuo e socialmente diseguale che dipende dai contenuti dei messaggi ricevuti, dall’elaborazione discorsiva, e dagli attributi sociali dei destinatari sia diretti sia indiretti” (Thompson, 159). Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 122 Un progetto simbolico diseguale • Il carattere attivo e creativo del sé non implica che esso non subisca condizionamenti sociali. Questi possono essere letti nel: • modo diseguale in cui sono distribuiti i materiali simbolici sulla base dei quali costruiamo la nostra identità; • modo/i diseguali con cui gli individui utilizzano queste risorse per costruire il proprio sé. Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 123 Da dove vengono i materiali simbolici • Prima dell’avvento dei media, i materiali simbolici utilizzati dai soggetti per la costruzione della propria identità (autoformazione) provenivano principalmente dalle interazioni faccia a faccia (conoscenza locale). • Oggi gli orizzonti di comprensione degli individui si allargano: sono legati alla espansione delle reti mediate che rendono i mezzi di comunicazione “moltiplicatori di mobilità” (Lerner): “viaggi dell’immaginazione che aiutano gli individui a prendere le distanze dagli ambienti più immediati del loro vivere quotidiano” (Thompson, 295) Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 124 Il sé come progetto riflessivo • Materiali simbolici locali e mediati vengono incorporati dal soggetto nel processo di autoformazione. • “il sé si trasforma dunque in un progetto riflessivo nel corso del quale l’individuo incorpora materiali mediati (tra le altre cose) e li inserisce in un racconto autobiografico coerente e continuamente rivisto” (Thompson, 295) • Non solo: i media, e la conseguente abbondanza di materiale simbolico, potenziano la stessa forma riflessiva del sé. • i materiali simbolici mediati offrono possibilità nuove al processo di autoformazione e sottopongono il sé a richieste senza precedenti. Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 125 Media come provider e certificatori • I mezzi di comunicazione forniscono continuamente e in grande quantità materiali simbolici con cui confrontarsi e cui riferirsi a livello di lettura e pratiche della e nella realtà che ci circonda, • interpretando il doppio ruolo di provider di modelli e di certificatori di qualità degli stessi e intervenendo con decisione, dunque, nel processo riflessivo di costruzione dell’identità. Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 126 La dimensione relazionale del progetto riflessivo del sé • L’esercizio identitario si concretizza e si esplicita a livello relazionale, non solo nel rapporto con i media, ma in quello che si costruisce con altri soggetti con i quali si condivide o si condividerà il consumo mediale. Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 127 Approfondiamo LA CULTURA E I MEDIA Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 128 Cultura come vita • La cultura è indissolubilmente intrecciata con i vissuti e le pratiche degli attori sociali. • La cultura non esiste se non come una "forma di vita" (secondo la celebre espressione di Wiliams, è “a whole way of life”): • studiarla significa studiare come le persone danno senso alla realtà e alle cose che fanno, • studiare gli oggetti che li circondano e i modi in cui vivono quotidianamente. • La cultura si riproduce nella vita dei soggetti concreti e da questi viene costantemente riformulata e innovata. Il ruolo politico della cultura • Negli anni ’70 la cultura comincia, dunque, ad essere indagata dal punto di vista della sua funzione politica. • La cultura viene letta come “ideologia” e come “egemonia”, intendendo con questo concetto una relazione di dominio che non viene vista (e vissuta) come tale da chi la subisce. • Gli individui accolgono l’ideologia così facilmente perché essa li aiuta a “dare senso” al mondo. L’ideologia • Gli individui sono costrutti dell’ideologia. • L’ideologia è l’insieme dei discorsi e delle immagini che costituiscono la conoscenza diffusa degli uomini: il senso comune. • L’ideologia serve allo stato (e al capitalismo) a riprodurre se stesso, senza la minaccia di una rivoluzione. • L’ideologia “cambia ciò che era politico, parziale e aperto al cambiamento in qualcosa che sembri “naturale”, universale ed eterno” (S. During 2004) Il senso comune • “sono proprio la sua qualità “spontanea”, la sua trasparenza, la sua “naturalità”, il rifiuto che oppone a far esaminare i principi su cui è fondato, la sua resistenza ai cambiamenti o alle correzioni, il suo effetto di riconoscimento immediato, e il circolo chiuso in cui si muove, che rendono il senso comune simultaneamente “spontaneo” ideologico e inconscio. • tramite il senso comune non si può apprendere come stanno le cose: si può solo scoprire qual è il loro posto nello schema esistente delle cose” (Hall in Hebdige p. 14) L’atmosfera della vita umana Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 133 L’ideologia in Althusser • “l’ideologia ha ben poco a che vedere con la “coscienza” […]. Essa è profondamente inconscia […]. • Per lo più sono immagini, a volte anche concetti, ma soprattutto sono strutture e come tali si impongono alla stragrande maggioranza degli uomini senza passare attraverso la loro “coscienza”. • Sono oggetti culturali percepiti-accettati-subiti che agiscono sugli uomini attraverso un processo che sfugge loro” (Althusser in Hebdige, p. 14) La consapevolezza dell’ideologia • Non si può scegliere di uscire dall’ideologia, ma si può scegliere di • “conoscerla il più approfonditamente possibile, riconoscerla il più in fretta possibile e, attraverso il proprio lavoro interpretativo, sempre e necessariamente incompleto, lavorare per trasformarla” (Spivak 1988, tr. it. p.38) Dall’ideologia all’egemonia • Il concetto di egemonia, nell’accezione di ideologia dominante (Gramsci 1977), appare in grado di spiegare come la cultura (anche mediale) concorra a perpetuare la società classista dominata da una classe. • Per egemonia si intende un insieme di idee dominanti che permeano una società,ma in modo tale da far sembrare sensato, pacifico e naturale l’assetto vigente di potere. (McQuail 1983) • L’egemonia tende a liquidare l’opposizione allo status quo come dissidenza o devianza L’egemonia in Gramsci • Secondo Gramsci non è lo Stato a essere responsabile dell’egemonia, ma la società civile, con le sue istituzioni, i sistemi educativi, la famiglia, la chiesa, i mass media e la cultura popolare. • Il consenso è un processo in continuo divenire, frutto di un patteggiamento e non un indottrinamento guidato. Potere ed egemonia • “il potere, chiaramente, è qualcosa di infinitamente complesso e contraddittorio, non è mai condensato in un unico luogo, circola dappertutto, è diffuso lungo tutto il tessuto sociale. • Come ci ha insegnato Gramsci, un potere che sia capace di inquadrare la società all’interno di un nuovo progetto storico deve operare egemonicamente, deve necessariamente intrecciare i modi di pensare, i media, la cultura, la lingua, la filosofia, l’economia, la cultura popolare, la Chiesa ecc.” (Hall, Mellino, 2007, p.41) Il potere: Foucault • L’idea di egemonia non come data a priori dall’alto, ma come terreno di scontro • è vicina al concetto di “potere” di Michel Foucault. • Non esiste un potere unico, dall’alto, ma reti di rapporti di potere. • “come sarebbe indubbiamente facile smantellare il potere, se esso si limitasse a sorvegliare, spiare, sorprendere, proibire e punire. Ma esso incita, suscita, produce; non è semplicemente occhio e orecchio, ma fa agire e parlare” (La vita degli uomini infami, in Archivio Foucault pag. 259) Il potere: Foucault • Il dominio è stabile e violento. • Il potere è fluido e ribaltabile. • Le azioni degli uomini avvengono all’interno di una rete di poteri e sono esse stesse un modo per ribaltare i rapporti e crearne di nuovi. • Il discorso è il luogo dell’articolazione produttiva del potere e del sapere. Il discorso: Foucault • Per Foucault il discorso è un insieme di performance verbali, di sequenze di enunciati cui si possono attribuire delle particolari modalità di esistenza. • “così concepito il discorso non è la manifestazione, maestosamente sviluppata di un soggetto che pensa, conosce e dice: si tratta, invece, di un insieme in cui si possono determinare la dispersione del soggetto e la sua discontinuità con se stesso” (L’archeologia del sapere 1971). I discorsi del potere • “L’analisi del discorso […] può divenire il mezzo attraverso il quale le posizioni ideologiche dei singoli si mostrano e si inseriscono in un contesto sociale, favorendo l’analisi del modo in cui il multiforme uso del linguaggio si interseca con il potere”. • Seguendo Foucault le “relazioni di potere sono mantenute dall’infinita catena di espressioni che “mobilitano” significati nel mondo sociale; […] al modo in cui la storia è prodotta e la società si riproduce” (Bianchi, Demaria, Nergaard, 2002, 16) L’ideologia nei media e gli effetti di realtà • La presenza dell'ideologia nei mass media ha come effetto il suo eclissarsi all'interno di messaggi che appaiono come naturali descrizioni della realtà: • 'Vero' significa credibile, o almeno capace di conquistare credibilità in quanto affermazione basata su fatti • Hall parla, in questo caso, di "effetto di realtà“ da cui derivano alcune conseguenze: • la "naturalizzazione" delle rappresentazioni ideologiche del mondo, la polisemicità del linguaggio e il processo di significazione inteso come risultato di un conflitto non riducibile alla lotta di classe, in quanto le forme culturali sono considerate relativamente autonome dalle condizioni economiche. Gli effetti dell’ideologia • Secondo Hall, l’attività ideologica si presenta come la possibilità dei mass media di definire la linea di demarcazione • “tra spiegazioni preferite ed escluse, • tra comportamenti ammessi e devianti, • tra ‘ciò che è privo di senso’ e ‘ciò che è pieno di senso’ • tra pratiche, significati e valori integrati e di opposizione” (Hall 1979) L’egemonia e i media • I mass media non definiscono di per sé la realtà, ma danno spazio alle definizioni dei detentori del potere. • I media agiscono per il mantenimento del potere non attraverso “la trasmissione diretta di istruzioni[…] ma grazie alla messa in forma dell’intero ambiente ideologico, un modo di rappresentare l’ordine delle cose […]” (Hall 1982) L’egemonia e i media • Il ruolo “consensuale” dei media non è più individuato nel loro riflettere un consenso già presente a livello sociale, ma nel partecipare alla costruzione stessa di tale consenso che si articola “liberamente” attorno a definizioni della situazione interne alla “cornice di ciò su cui ciascuno concorda”.(Hall 1982) Il processo di comunicazione Programma come discorso “significato” Codifica Decodifica Strutture di significato 1 Strutture di significato 2 Quadri di conoscenza Quadri di conoscenza Relazioni di produzione Relazioni di produzione Infrastrutture tecniche Infrastrutture tecniche Il processo di comunicazione • Il processo comunicativo può essere, a grandi linee, spiegato in questo senso: • alle strutture istituzionali televisive “con le loro pratiche e network produttivi, relazioni organizzate e infrastrutture tecniche, è richiesto di produrre un programma”. • “La produzione, in questo contesto, costruisce il messaggio. Da un certo punto di vista, quindi, il circuito comincia qui” (Hall, Televisioni pag. 69) La forma discorsiva • Un evento grezzo “non può essere trasmesso nella sua forma originaria da un notiziario televisivo. Gli eventi possono essere comunicati solo dentro le forme audiovisive del discorso televisivo”. • Le strutture televisive devono produrre messaggi codificati, nella forma di un discorso dotato di senso” (Hall, Tele-visioni pag. 69-70) La forma discorsiva nel processo comunicativo • “Il processo produttivo ha un suo aspetto “discorsivo” in quanto è, a sua volta inserito in una struttura di significati e di idee” • “è nella forma discorsiva che avviene sia la circolazione del prodotto che la sua distribuzione a diversi tipi di pubblico” • “affinché il circuito sia completo ed efficace, il discorso una volta realizzato, deve essere tradotto – cioè nuovamente trasformato – in pratiche sociali” (Hall, Tele-visioni pag. 6870) La mancanza di equivalenza • “i codici di codifica e decodifica possono non essere perfettamente simmetrici. • Il grado di simmetria – cioè i gradi di “comprensione” e di “fraintendimento” nello scambio comunicativo – dipende dal livello di simmetria/asimmetria (relazioni di equivalenza) stabilitosi tra le posizioni delle “personificazioni”, codificatore-produttore e decodificatore-ricettore” • Lo squilibrio può dipendere da differenze strutturali (di relazione e posizione) o da differenze di codici. (Hall, Tele-visioni pag. 72) Denotazione e connotazione • Il termine “denotazione” indica il significato letterale del testo: “poiché questo significato letterale è riconosciuto in maniera quasi universale […] la “denotazione” è stata spesso confusa con una trascrizione letterale della “realtà” nel linguaggio, e quindi con un “segno naturale”, prodotto senza l’intervento di un codice” • “La “connotazione” è utilizzata per indicare significati associativi meno fissi e quindi più convenzionali e trasformabili” (Hall, Televisioni pag. 75) L’ideologia nel discorso • Nel discorso i segni mescolano sia gli aspetti denotativi che connotativi. • “I segni sembrano acquisire il loro pieno valore ideologico, ovvero sembrano aprirsi all’articolazione con discorsi e significati più ampi, • al livello dei significati “associativi” (cioè al livello connotativo), • perché qui i “significati” apparentemente non sono fissati dalla percezione naturale (cioè non sono completamente naturalizzati) e la fluidità di significati e di associazioni può essere sfruttata e trasformata più pienamente”. • “A questo livello, possiamo vedere più chiaramente l’intervento attivo delle ideologie nel discorso e su di esso” (Hall, Tele-visioni pag. 75-76) L’ideologia nei media • La polisemia del segno connotativo non deve essere scambiata per pluralismo. • I significati connotativi non sono tutti uguali tra loro. “qualunque società/cultura tende, con diversi livelli di chiusura, ad imporre le sue classificazioni del mondo sociale e culturale e politico. • Queste costituiscono un ordine culturale dominante, che tuttavia non è né univoco né incontrastato”. (Hall, Tele-visioni pag. 77) L’ideologia nei media • Qualunque società (struttura produttiva) tende ad imporre le proprie “mappe di significato” e a comporre la dimensione connotativa in un “ordine culturale dominante” • I significati dominanti/preferiti non sono né univoci, né incontrastati. Tuttavia, all’interno del processo comunicativo, sono perfettamente riconoscibili alcune “regole performative” che cercano attivamente di “imporre” o “promuovere” una mappa di significato, o di rendere compatibili elementi differenti all’interno della mappe dominanti. La comunicazione sistematicamente distorta • “Dal momento che non esiste alcuna corrispondenza necessaria fra la codifica e la decodifica, la prima può cercare di “indirizzare”, ma non può prescrivere o garantire la seconda, che ha le sue proprie condizioni di esistenza” • L’ipotesi Encoding/Decoding è formulata a partire dal fatto che non esistendo una “corrispondenza necessaria” occorre costruire una teoria della “comunicazione sistematicamente distorta” Stuart Hall: Encoding and decoding in television discourse (1980) • Se l’attività di codifica consiste dunque nel definire i limiti e i parametri che racchiudono la libertà del processo di decodifica • dalla relazione tra lettore e questi limiti discendono tre differenti modalità di decodifica : la posizione dominante egemonica (lettura preferita) • la posizione negoziata • la posizione “di opposizione” La lettura preferita • Si attua una lettura “preferita” quando il telespettatore “prende il significato connotato da, diciamo, un telegiornale o una rubrica di attualità direttamente e nella sua interezza e decodifica il messaggio nei termini del codice attraverso il quale è stato codificato” (Hall 1980) • Il telespettatore opera all’interno del codice dominante/egemonico mediato professionalmente. La lettura negoziata • L’uso del codice negoziato sottende un atteggiamento duplice: “accordare la posizione privilegiata alle definizioni dominanti degli eventi, pur riservando il diritto di attuarne un uso più negoziato legato a condizioni locali” (Hall 1980) La posizione di opposizione • Nella posizione di opposizione il telespettatore comprende la lettura preferita costruita e proposta, ma ridefinisce “il messaggio all’interno di una qualche cornice di riferimento alternativa” • Nel caso precedente avevamo fenomeni di distorsione della comunicazione, mentre qui non si crea distorsione, ma si attiva la volontà di porre in rilievo le contraddizioni che una lettura contro le regole del codice egemonico comporta. (Hall 1980) LE AUDIENCE DIFFUSE TRA PERFORMATIVITÀ, NARCISISMO E IMMAGINAZIONE Perchè studiare i media? 11/04/2016 Pagina 161 Lo spectacle/performance paradigm • Gli studi di Abercrombie e Longhurst prendono le mosse dal limite intrinseco al paradigma dell’incorporazione/resistenza nel considerare le audience come costrette tra una posizione di accettazione dell’ideologia o di resistenza. • L’attenzione si sposta dalla lettura delle audience in chiave oppositiva, a audience che definiscono la propria identità all’interno delle relazioni che stabiliscono con le forme mediali. L’identità delle audience • Il paradigma mira a studiare l’identità delle audience e il loro statuto all’interno della società, immaginando che l’identità si costruisca all’interno non tanto dei testi mediali ma del cosiddetto mediascape, il mondo globale dei media. Lo studio delle audience: dove siamo arrivati • Secondo Abercrombie e Longhurst (1998) esistono tre tipi di audience, che si sono sviluppate storicamente e che oggi tendono alla compresenza: • Simple audience • Mass audience • Diffused audience La simple audience • La simple audience, nata in età premoderna e tuttora presente, si basa sul rapporto diretto e immediato tra emittente e ricevente. • La comunicazione si svolge in uno spazio socialmente definito (spazio pubblico) • La figura dell’emittente-performer è distante da quella del ricevente (che assiste allo spettacolo). • Al ricevente è richiesto un elevato grado di attenzione. La mass audience • È tipica di forme di fruizione despazializzate. • La comunicazione è mediata dai mezzi di comunicazione. • Emittente-performer e ricevente sono molto distanti. • L’attenzione richiesta al ricevente può variare sulla base delle caratteristiche contestuali della fruizione. La diffused audience • Abercrombie e Longhurst intendono per audience diffusa la situazione in cui il soggetto è sempre parte di un pubblico a prescindere dal singolo atto di fruizione e da singoli eventi. • “The essential feature of this audienceexperience is that, in contemporary society, everyone becomes an audience all the time. Being a member of an audience is no longer an exceptional event, nor even an everyday event. Rather it is constitutive of everyday life” (Abercrombie e Longhurst) Le audience diffuse… • «il vedere la televisione [consumare media nda] non può essere confinato nei periodi in cui la televisione è accesa. La televisione […] è anche parte della nostra vita culturale, quando la sua presenza è meno diretta, meno ovvia» (Fiske, 1989) • «essere un membro di un’audience non è più tanto un evento eccezionale, e neanche un evento quotidiano. Piuttosto è parte della vita quotidiana» (Abercrombie, Longhurst, 1998) Le audience diffuse • L’esperienza di consumo non è più legata ad un particolare evento, spettacolo o canale mediale, ma è un’esperienza quotidiana. • L’audience diffusa nasce dall’intersezione di 4 fattori • • • • Quantità di tempo investito nel consumo mediale Pervasività dei media nella vita moderna Società performativa Spettacolarizazione della vita e del mondo + atteggiamento narcisista Performatività • Per performatività si intendono, nelle parole della Butler, quegli atti e gesti, generalmente costruiti, che regolano i principi di organizzazione dell’identità, • nel senso che “l’essenza o identità che essi dichiarano di esprimere sono fabbricazioni prodotte e mantenute attraverso segni corporei e altri mezzi discorsivi” (Butler 1990). Performatività • La performatività è «una serie di pratiche che segnano i corpi, in accordo ad una griglia di intelligibilità, in modo tale che il corpo stesso diventi una fiction familiare» (Mc Robbie 2005). • Allargando il ragionamento al soggetto nella sua interezza, per performatività intendiamo quindi le pratiche che segnano il sé in accordo ad una griglia di intelligibilità sociale, • in modo tale che il sé diventi una fiction (rappresentazione) familiare (cioè condivisa e condivisibile all’interno dei legami sociali). Il mondo come spettacolo • “Nel portare tesi a sostegno dell’importanza dello spettacolo, la nostra proposta è che il mondo, e tutto ciò che è al suo interno, viene trattato sempre più come qualcosa a cui si assiste (Chaney, 1993). • Nel mondo le persone, gli oggetti, gli eventi non possono essere dati per scontati, ma devono essere inseriti in cornici, guardati, osservati, registrati e controllati. Ciò, a sua volta, suggerisce che il mondo si costituisce come un evento, come una performance; gli oggetti: le persone e gli eventi che fanno parte del mondo sono fatti per mettere in scena performance per coloro che li guardano o osservano intensamente. (Abercrombie, Longhurst) Vedere ed essere visti • Più in generale, la vita contemporanea è una questione di spettacolo e lo scopo della vita moderna è quello di vedere e essere visti. Questo perché: • 1) il mondo come merce richiede attenzione; inscena performance; • 2) la pervasività dei mezzi di comunicazione di massa contribuisce alla presentazione del mondo come uno spettacolo, come una serie di performance. Il landscape diventa mediascape. Il narcisismo • La nozione di società narcisista include l’idea che le persone si comportino come se fossero guardate, come se fossero al centro dell’attenzione di un’audience reale o immaginata. • Il narcisista incontra difficoltà nel distinguere i confini del sé, nel separare se stesso dagli altri. Il sé narcisista è costruito e mantenuto solo nei riflessi ricevuti dagli altri. Società dello spettacolo, narcisismo e performance • Il narcisismo, dunque, fornisce il lato motivazionale e individuale dello spettacolo. • Per rendere il mondo sociale uno spettacolo, le persone devono essere viste come oggetti di spettacolo. Devono essere incitate, motivate, per mettere in atto performance. Lo spettacolo e il narcisismo sono realmente i due lati della stessa medaglia. • Entrambi sono effettivamente le conseguenze della diffusione della performance al di fuori dei suoi ambiti originariamente relativamente ristretti. • La maggior parte degli eventi che costituiscono la vita quotidiana sono performance per le quali esiste un’audience Audience diffusa e immaginazione • Un mondo di spettacolo, narcisismo e performance richiede il potere dell’immaginazione. • L’audience diffusa richiede che i propri membri mettano in campo una mole considerevole di risorse immaginative Sogno ad occhi aperti e performance • Chiaramente, le trasformazioni del sé che si sviluppano a partire dalla fantasia, stimoleranno maggiormente il giudizio degli altri - l’audience reale e immaginata che assiste alla performance. • L’attitudine moderna del sogno ad occhi aperti significa che le persone sono in grado di immaginarsi mentre mettono in scena performance di fronte ad altre persone e di immaginare, inoltre, le reazioni che gli altri avranno Media, immagini e immaginazione • Le performance quotidiane che costituiscono una società spettacolare e narcisistica sono organizzate frequentemente intorno alle immagini che provengono dai media sullo stile, la personalità, l’abbigliamento, la musica e così via. • Oltre ad essere regolatori o costitutivi della vita quotidiana, i media forniscono anche immagini, modelli di performance, o quadri di azione e di pensiero che diventano risorse di routine del quotidiano. Le persone, in altre parole, usano nella vita quotidiana quello che i media forniscono loro. Il circuito S-N-S (spectacle-narcisismspectacle) • I media forniscono una risorsa per vedere il mondo in modo spettacolare; • creano sistematicamente il mondo come spettacolo. • Simultaneamente, forniscono alcuni materiali grezzi per il narcisismo, • così che le persone replicano nelle loro vite la relazione performance-audience che ha luogo nei media. Come si forma un’audience diffusa • Accettando la proposta di Abercrombie e Longhurst le audience diffuse sono il punto di arrivo di un processo come il seguente: • media pervasivi → società dello spettacolo → narcisismo → performatività → audience diffuse. Merci, oggetti, valore IL CONSUMO COME UNICITÀ, STABILITÀ E COERENZA 11/04/2016 Pagina 181 Definire il consumo nella società industriale • Nella società industriale il consumo viene considerato una espressione delle logiche della produzione industriale e, quindi, delle dinamiche sociali ad esse sottese. • «se nell’interpretazione economica la subordinazione dell’agire di consumo alle esigenze, agli imperativi della sfera della produzione, viene descritta come condizione imprescindibile alla riproduzione del sistema economico, nell’interpretazione sociologica questa sudditanza assume esplicite valenze ideologiche di riproduzione sociale, riproduzione delle differenze insite nell’organizzazione sociale del capitale» (p. 88). P. Parmiggiani1997, Consumo e identità nella società contemporanea 11/04/2016 Pagina 182 Il consumo secondo Marx • Per Marx il consumo è uno dei modi in cui si manifesta la centralità della produzione: • «La produzione produce quindi il consumo a) creandogli il materiale; b) determinando il modo di consumo; c) producendo come bisogno del consumatore i prodotti che esso ha originariamente posto come oggetti. Essa produce cioè l’oggetto del consumo, il modo di consumo e l’impulso del consumo». K. Marx. Introduzione alla critica dell’economia politica 1954, pp179180 11/04/2016 Pagina 183 Valore d’uso e valore di scambio • Secondo Marx la merce possiede una duplice anima: • il valore d’uso, che rappresenta il contenuto materiale del bene e la sua effettiva funzione, utilità e capacità di soddisfare bisogni, • e il valore di scambio, che ne costituisce la forma sociale astratta, la sua sostituibilità e con tutti gli altri valori d’uso e la sua commerciabilità. • Il valore di scambio non si deduce dal valore d’uso, ma dalla quantità di tempo spesa dal lavoratore per produrre quella merce. In ogni merce, quindi, si materializza una frazione del lavoro umano astratto. • Uno scambio tra merci è quindi uno scambio tra quantità equivalenti di forza lavoro necessarie a realizzarle. Il valore di mercato è quindi una relazione tra persone, nascosta dietro le cose. L. Minestroni , Comprendere il consumo, 2006 11/04/2016 Pagina 184 Quale ruolo per il consumatore nella critica marxiana • Riferendosi ai concetti di alienazione e sfruttamento, Marx evidenzia come il lavoratore sia incapace di «bisogni indefinitamente sviluppantisi», e piuttosto caratterizzato da bisogni dati, a lui esterni e controllabili dallo sfruttatore. • Il momento del consumo, quindi, dipende dal sistema di produzione: perché il capitalismo funzioni i bisogni degli esseri umani devono conformarsi alle esigenze del sistema produttivo. • Il consumatore non ha una propria dignità, autonomia: non è un soggetto attivo. • L’enfasi posta sul valore di scambio delle merci non consente di ragionare sulle pratiche di consumo e sul consumo come linguaggio dotato di senso. L. Minestroni , Comprendere il consumo, 2006 11/04/2016 Pagina 185 La teoria critica dei consumi • Anche la Scuola di Francoforte si riferisce al consumo culturale come pura espressione delle logiche della sfera della produzione industriale. • Nella società industriale di massa il tempo libero e la cultura sono il prodotto di una industria culturale: la ricezione viene dettata dal valore di scambio e il soggetto partecipa ad un facsimile di cultura mercificata di massa. • Il consumatore è manipolato, eterodiretto e vittima di falsi bisogni: • «la maggior parte dei bisogni che oggi prevalgono, il bisogno di rilassarsi, di divertirsi, di comportarsi e di consumare in accordo con gli annunci pubblicitari, di amare e odiare ciò che altri amano e odiano, appartengono a questa categoria di falsi bisogni». (p.25) H. Marcuse, L’uomo ad una dimensione, 1964 11/04/2016 Pagina 186 Il consumo vistoso di Veblen • Con la sua teoria del consumo vistoso, Thorstein Veblen introduce la dimensione segnica del consumo. • Secondo Veblen i beni vanno considerati per la loro funzione di segni distintivi, più che per la loro capacità di soddisfare bisogni (valore d’uso). • «Ricchezza potere e virtù coincidono: non è l’astinenza dai consumi ma, all’antitesi, un loro perseguimento maniacale, l’ostentazione sfrontata della ricchezza, il consumo cospicuo a divenire meta socialmente riconosciuta» (p. 27) P. Fabris Sociologia dei consumi, 1971 11/04/2016 Pagina 187 Il consumo della leisure class • L’occupazione principale della classe agiata è quella di consumare per eccellere sulle altre classi, il cui comportamento di consumo, a sua volta, sarà quello di emulare lo stile di vita raggiunto e ostentato dal gruppo o strato più alto nella gerarchia sociale. P. Parmiggiani1997, Consumo e identità nella società contemporanea T. Veblen , La teoria della classe agiata, 1899 11/04/2016 Pagina 188 Trickle down effect • Nella società industriale lo stile di vita dispendioso e basato sul consumo del superfluo non è solo una caratteristica della classe agiata, ma riguarda l’intera struttura sociale, impegnata in processi di emulazione. • Dalla classe agiata i beni di consumo discendono (trickle) lungo la gerarchia sociale. • «si tratta di un flusso discendente di beni caratterizzati da un tasso di obsolescenza direttamente proporzionale alla velocità di diffusione/trasmissione verticale: non appena un certo bene diviene appannaggio delle classi inferiori muta infatti il suo valore simbolico […] e viene immediatamente abbandonato dalle classi dominanti» (p. 111) P. Parmiggiani1997, Consumo e identità nella società contemporanea 11/04/2016 Pagina 189 Agire di consumo come agire comunicativo • Veblen riconosce agli oggetti una funzione di differenziazione sociale e di comunicazione simbolica della distinzione. • L’agire di consumo, quindi, si presenta come agire comunicativo che si esplica attraverso la mediazione simbolica degli oggetti e dei beni di consumo. • Tuttavia il consumatore è ancora visto come non autonomo e il consumo non gli consente alcuna opportunità sociale eccetto che la differenziazione sociale. P. Parmiggiani1997, Consumo e identità nella società contemporanea 11/04/2016 Pagina 190 I beni come valori di scambio: Baudrillard • «ciascun gruppo sociale si caratterizza anche per gli oggetti che usa e per come li usa; in tal modo i sistemi di oggetti cui i gruppi sociali affidano la loro distinzione divengono parte del loro profilo culturale, indicatori del loro stile di vita, strumenti per creare e comunicare le differenze, per manifestare coesione, appartenenza o rifiuto ed esclusione. • Detto altrimenti, gli oggetti assumono un significato nei rapporti tra gli individui in virtù della loro capacità di comunicare le differenze tra gli individui e tra i gruppi della società» (p. 116) P. Parmiggiani1997, Consumo e identità nella società contemporanea J. Baudrillard 1970 La società dei consumi 11/04/2016 Pagina 191 Il valore di scambio e il valore-segno • Oltre al valore d’uso (la funzionalità/utilità del bene) e al valore di scambio (l’equivalenza nel mercato) entrambi frutto di un rapporto feticistico con gli oggetti, implicato da un mercato inteso in senso ideologico – secondo Baudrillard dovremmo considerare • il valore di scambio simbolico (del dono, in cui l’oggetto assume lo statuto di simbolo) e • il valore-segno (della differenza): i beni cioè vengono prodotti come segni, come valori culturali, come segni distintivi, come valore sociale. P. Parmiggiani1997, Consumo e identità nella società contemporanea J. Baudrillard, Per una critica dell’economia politica del segno, 1972 11/04/2016 Pagina 192 La differenziazione • L’oggetto di consumo non è quindi l’utensile (cioè un oggetto che soddisfa un bisogno materiale) ma l’oggetto caricato di connotazioni di status che rinvia differenzialmente agli altri oggetti. • Il significato delle cose è, dunque, fornito dalle relazioni differenziali tra gli oggetti, organizzati come sistema. • Il valore dell’oggetto di consumo consiste, quindi, «nella sua capacità di rendere evidenti e di mantenere le differenze o distanze sociali: esso viene desiderato, scambiato, ostentato in quanto segno, elemento della cultura» (p. 120) P. Parmiggiani1997, Consumo e identità nella società contemporanea 11/04/2016 Pagina 193 Il consumo come manipolazione sistematica di segni • Il consumo è una attività sociale che acquista il proprio senso in termini di rapporto tra individui. • Nel consumo i soggetti aderiscono inconsciamente alle regole strutturali del sistema, cioè operano all’interno del codice della differenza: • il rapporto tra i soggetti e gli oggetti cioè deriva da un rapporto sociale che riguarda la struttura di differenziazione della società del capitale, che viene replicata attraverso il consumo. • Il consumo, dunque, non è una possibilità generale per l’individuo di rappresentarsi, ma serve unicamente alla comunicazione della differenza tra sé, in quanto membro di un gruppo sociale, e gli altri. P. Parmiggiani1997, Consumo e identità nella società contemporanea 11/04/2016 Pagina 194 Stili di vita e distinzione nella teoria di Bourdieu • Ne «La distinzione. Critica sociale del gusto» Bourdieu da conto dei risultati di una importante ricerca empirica – condotta in Francia tra il 1963 e il 1968 – sui comportamenti di consumo dei soggetti, con l’obiettivo di spiegare le dinamiche e le logiche di una società stratificata, i rapporti tra classi sociali e i meccanismi di differenziazione connessi con gli stili di vita. • «le differenze sociali vengono riprodotte e non solo affermate tramite il consumo, e quindi anche i gusti che ci sembrano così intimi da essere solo nostri sono riportabili a mappe sociali» (p. 91) R. Sassatelli, Consumo, cultura e società, 2004 11/04/2016 Pagina 195 Il capitale • Il capitale è per Bourdieu l’insieme di mezzi e risorse che caratterizzano, definiscono e abilitano socialmente gli agenti sociali. • Bourdieu distingue tra capitale economico (che dipende dal reddito e dal tipo di professione dell’individuo), capitale culturale (l’insieme delle risorse culturali formate con gli studi o trasmesse dalla famiglia di appartenenza) e capitale sociale (cioè la quantità e la qualità delle relazioni sociali di un individuo) • «le diverse classi (e frazioni di classe) si distribuiscono in tal modo da quelle maggiormente fornite sia di capitale economico che di capitale culturale fino a quelle che sono maggiormente sprovviste di entrambi» (p. 119) 11/04/2016 P. Bourdieu La distinction 1979, ed it. 2001 Pagina 196 La società come spazio multidimensionale • Le differenti combinazioni dei tre tipi di capitale determinano l’identità sociale dell’individuo. I tre capitali possono essere convertiti tra loro. • Il soggetto può essere posizionato all’interno di una mappa – che rappresenta la struttura sociale – articolata su 2 assi: uno rappresenta il volume di capitale e l’altro la composizione del capitale (economico e culturale). Dimensioni del capitale + Capitale Economico – Capitale Culturale + Capitale Economico + Capitale Culturale - Dimensioni del capitale - P. Bourdieu La distinction 1979, ed it. 2001 11/04/2016 Pagina 197 L’habitus • «l’habitus è infatti contemporaneamente principio generatore di pratiche oggettivamente classificabili e sistema di classificazione (principium divisionis) di queste pratiche. • È proprio nel rapporto tra queste due capacità che definiscono l’habitus, capacità di produrre pratiche ed opere classificabili, e capacità di distinguere e di valutare queste pratiche e questi prodotti (il gusto), che si costituisce l’immagine del mondo sociale, cioè lo spazio degli stili di vita» (p. 174) 11/04/2016 P. Bourdieu La distinction 1979, ed it. 2001 Pagina 198 Il gusto • Il gusto è il fattore di conversione degli oggetti e delle pratiche in segni di distinzione, • è la formula generale all’origine dello stile di vita, ovvero delle interpretazioni del mondo, una sorta di senso dell’orientamento sociale in quanto • «orienta coloro che occupano un determinato posto nello spazio sociale verso le posizioni … adatte alle loro proprietà, verso le pratiche o verso i beni che si addicono a coloro che occupano quella posizione, che «vanno bene» per loro» P. Parmiggiani1997, Consumo e identità nella società contemporanea 11/04/2016 Pagina 199 Il consumo • «Basta tenere presente che i beni si convertono in segni distintivi – che possono essere segni di distinzione, ma anche di volgarità – a partire dal momento in cui vengono percepiti razionalmente, per capire che l’immagine che gli individui o i gruppi offrono inevitabilmente, attraverso le loro pratiche e le loro proprietà, fa parte integrante della loro realtà sociale. • Una determinata classe è definita dal modo in cui viene percepita, non meno che dal suo modo di essere, dai suoi consumi – che non è necessario che siano vistosi per essere simbolici -, non meno che dalla posizione che occupa nei rapporti di produzione (anche se è vero che quest’ultima presiede alla prima)» (pp. 489-490) 11/04/2016 P. Bourdieu La distinction 1979, ed it. 2001 Pagina 200 La società come campo di battaglia • Una società stratificata è leggibile «come un insieme di campi di battaglia in cui gruppi […] oggettivamente contrapposti per interessi legati alle rispettive posizioni nello spazio sociale (a loro volta definiti dalla disponibilità di una certa quantità e composizione di capitale – non solo economico ma anche culturale, sociale e, soprattutto, simbolico) lottano in un conflitto, insieme materiale e simbolico, per la conferma o la rivendicazione del riconoscimento sociale e, attraverso questo del dominio legittimo» (p. XVIII) M. Santoro, Presentazione, in P. Bourdieu La distinction 1979, ed it. 2001 11/04/2016 Pagina 201 Cultura e consumo nella riproduzione del sistema di classe • «Bourdieu supera l’idea diffusa nell’opera dei francofortesi, e fortemente valutativa, di una cospirazione culturale, offrendo un «modello disincantato di una struttura di rapporti tra classe e cultura la cui logica produce i suoi effetti alle spalle degli individui», sebbene questi ultimi, in quanto agenti sociali capaci di tradurre strategicamente le disposizioni dell’habitus in azione pratica, siano in ogni caso coinvolti nel gioco sociale e contribuiscano essi stessi alla produzione, riproduzione e, in certi casi, trasformazione delle strutture sociali «oggettive» che esistono in quanto rappresentate e messe in pratica dagli individui». (p. XIX) M. Santoro, Presentazione, in P. Bourdieu La distinction 1979, ed it. 2001 11/04/2016 Pagina 202 Oggetti come segni, consumo come tattica IL CONSUMO COME PLURALITÀ, MUTEVOLEZZA 11/04/2016 Pagina 203 Verso un policentrismo esistenziale • • «Sotto il profilo della collocazione strutturale degli individui è ipotizzabile un passaggio da una pluricollocazione rigida a una relativamente più flessibile. Infatti, mentre nel passato preindustriale i soggetti erano sostanzialmente monocollocati e nella società industriale tradizionale erano pluricollocati in modo rigido, c'è ragione di ritenere che uno stesso individuo occuperà nel prossimo futuro contemporaneamente posizioni sempre più numerose in differenti strutture sociali ma con sempre maggior possibilità di conciliarle tra loro e di cambiarle nel tempo. Il monocentrismo esistenziale si sta modificando quindi in policentrismo esistenziale, nel senso che gli individui sono sempre più in grado di privilegiare invece di un unico ambito esistenziale (monocentrismo), contemporaneamente più ambiti. Ciò implica che, alla logica dell'aut-aut, si sostituisce quella dell'et-et, la quale consente, per l'appunto, la compresenza di una molteplicità di dimensioni del vivere sociale le quali, inoltre, tendono a essere sempre più compatibili tra loro». V. Cesareo http://www.treccani.it/enciclopedia/sociologia-dellaeducazione_%28Enciclopedia_Italiana%29/ 11/04/2016 Pagina 204 Il consumo come attività culturale e sociale • « La produzione, lo scambio, l’utilizzo dei beni sono fatti sociali che definiscono, all’interno delle diverse società e delle diverse culture, i valori e i significati su cui esse si fondano». • «Non conoscere l’uso sociale dei beni significa non saper interagire all’interno del sistema sociale […] non conoscere le regole che governano gli scambi tra gli uomini […]». • «non è la quantità di beni scambiati e consumati ma le regole su cui si basano gli scambi, i significati che vengono confermati o messi in discussione in queste transazioni, che fanno del consumo un’attività culturalmente e socialmente rilevante» L. Leonini, 2003, Per un approccio culturale allo studio dei consumi 11/04/2016 Pagina 205 Consumo e stabilizzazione sociale • « ogni tipo di società è un mondo pensato, espresso in un proprio stile di pensiero che penetra le menti dei suoi membri, definisce le loro esperienze e stabilisce i poli della loro comprensione» (Douglas 1986). • Le decisioni che gli individui prendono autonomamente sono comunque parte di un sistema di classificazione e di ordinamento del mondo, di cui fanno parte anche gli oggetti e i beni che vengono consumati. • I consumi, rappresentando la parte visibile della cultura, vengono utilizzati come strumenti e materiale per definire la realtà ( o trovare una nuova definizione della stessa). L. Leonini, 2003, Per un approccio culturale allo studio dei consumi 11/04/2016 Pagina 206 I beni come espressione del sistema culturale • I beni rivestono un ruolo importante nella strutturazione dell’interazione. • In questo senso, il consumo diventa espressione dell’esigenza dell’individuo di entrare in relazione con gli altri, di disporre e gestire il materiale che rende possibile l’interazione, la comunicazione, il rapporto sociale. • «in questa prospettiva i beni sono accessori rituali; il consumo è un processo rituale la cui funzione primaria è di dare un senso al flusso indistinto degli eventi». M. Douglas, B Isherwood, Il mondo delle cose, 1978 11/04/2016 Pagina 207 Il consumo • «A una produzione razionalizzata, espansionista e al tempo stesso centralizzata, chiassosa e spettacolare, ne corrisponde un’altra, definita «consumo»: un’attività astuta, dispersa, che però si insinua ovunque, silenziosa e quasi invisibile, poiché non si segnala con prodotti propri, ma attraverso i modi di usare quelli imposti da un ordine economico dominante» (p. 7) M. De Certeau, 1990, L’invenzione del quotidiano 11/04/2016 Pagina 208 L’uso, ovvero il consumo • «alla luce dei risultati di ricerche, spesso ragionevoli, che hanno analizzato i «prodotti culturali», il loro sistema di fabbricazione, la mappa della loro distribuzione e la suddivisione dei consumatori in base a tale mappa, possiamo considerare questi prodotti […] come il repertorio in base al quale i fruitori li utilizzano secondo modalità proprie». • «si tratta di riconoscere in questi «modi d’uso» delle «azioni» (nel senso militare della parola) che hanno una forma e una creatività loro proprie e che sottendono tacitamente il brulichio delle forme di consumo» (tr.it. 2005, pp. 64-65) M. De Certeau, L’invenzione del quotidiano, 1990 11/04/2016 Pagina 209 Il consumo • «a una produzione razionalizzata, espansionistica, centralizzata, spettacolare e chiassosa, fa fronte una produzione di tipo completamente diverso, definita «consumo», contrassegnata dalle sue astuzie, dalla sua frammentazione legata alle occasioni, dai suoi bracconaggi, dalla sua clandestinità, dal suo instancabile mormorio, che la rende quasi invisibile poiché non si segnala in alcun modo attraverso creazioni proprie, bensì mediante un’arte di utilizzare ciò che le viene imposto» (p. 66) M. De Certeau, L’invenzione del quotidiano, 1990 11/04/2016 Pagina 210 Le traiettorie • I consumatori «rappresentano «traiettorie determinate», apparentemente insensate poiché non sono più coerenti con lo spazio costruito, scritto e prefabbricato entro il quale si dispiegano. • Sono fasi imprevedibili in un luogo ordinato dalle tecniche organizzatrici dei sistemi. • Benché abbiano come materiale i vocabolari delle lingue ricevute (quello della televisione, del giornale, del supermercato o degli assetti urbanistici), benché restino inquadrate entro sintassi prescritte (le modalità temporali degli orari, le organizzazioni paradigmatiche dei luoghi eccetera) queste «traverse» rimangono eterogenee rispetto ai sistemi che intersecano e dentro i quali insinuano astuzie di interessi e desideri differenti» (p. 70) M. De Certeau, L’invenzione del quotidiano, 1990 11/04/2016 Pagina 211 La strategia • «Chiamo strategia il calcolo (o la manipolazione) dei rapporti di forza che divengono possibili dal momento in cui un soggetto dotato di una propria volontà e di un proprio potere (un’impresa, un esercito, una città, un’istituzione scientifica) è isolabile. • Essa postula un luogo suscettibile d’essere circoscritto come spazio proprio e di essere la base da cui gestire i rapporti con obiettivi o minacce esteriori (i clienti, i concorrenti, i nemici, la campagna intorno alla città, gli obiettivi e gli oggetti della ricerca).» (p. 71-72) M. De Certeau, L’invenzione del quotidiano, 1990 11/04/2016 Pagina 212 La tattica: «astuzia, un’arte del più debole» • «definisco tattica l’azione calcolata che determina l’assenza di un luogo proprio. […] • La tattica ha come luogo solo quello dell’altro. Deve pertanto giocare sul terreno che le è imposto così come lo organizza la legge di una forza estranea. • Non ha modo di mantenersi autonoma, a distanza, in una posizione di ritirata, di previsione e di raccoglimento in sé […]. • Si sviluppa di mossa in mossa. Approfitta delle «occasioni» dalle quali dipende […] • Deve approfittare, grazie a una continua vigilanza, delle falle che le contingenze particolari aprono nel sistema di sorveglianza del potere sovrano, attraverso incursioni e azioni di sorpresa, che le consentono di agire là dove uno meno se lo aspetta». (p. 73) M. De Certeau, L’invenzione del quotidiano, 1990 11/04/2016 Pagina 213 I nomadi del presente • Alberto Melucci definisce gli uomini e le donne della nostra epoca come «nomadi del presente», rimandando all’idea di creature che sono sempre più determinate dal loro essere in movimento. • Essere nomadi suggerisce la libertà nello spazio; • essere nomadi del presente suggerisce la libertà del tempo. A. Melucci 1996, The playing self 11/04/2016 Pagina 214