Nuove politiche per garantire il diritto alla casa e alla mobilità Quello della casa è sicuramente un problema che da anni è presente in tutte le città italiane non solo per gli studenti universitari. Alcune città, piccole e medie, basano buona parte della loro economia sull’università e sugli studenti universitari fuori sede. Per molti piccoli e grandi proprietari affittare case agli studenti è un affare, in tutto il paese il business diventa di milioni e milioni di euro. Gli studenti fuori sede in Italia sono circa 700 mila, oggi più di ieri alle prese con gli affitti delle stanze o di semplici posti letto ormai alle stelle, con proprietari delle abitazioni che nella maggior parte dei casi lucrano ed evadono il fisco. Esempio emblematico delle speculazioni sulla pelle degli studenti è la situazione che si è verificata a L’Aquila dopo il terremoto. I prezzi di una stanza prima del sisma si aggiravano sui 200 euro, dopo il terremoto a causa della carenza di abitazioni i proprietari hanno fatto levitare i prezzi dando vita anche a vere e proprie aste per contendersi una stanza in affitto. Da una recente indagine di fonte sindacale risulta che molte città metropolitane ed anche in centri minori sedi di università un contratto di locazione su due non è registrato, si stima che il gettito sottratto all’erario sia di circa 5 miliardi di euro all’anno. Nelle grandi città se non si vuole spendere una fortuna, spesso bisogna accontentarsi di case prive di riscaldamento, senza impianti a norma, situate lontano dalle sedi universitarie. Inoltre la tutela dello studente-inquilino è spesso inesistente dato che la maggior parte dei contratti risulta essere in nero. Quello della casa in Italia è un problema davvero grave non solo per gli studenti ma per i giovani in generale. Ancora oggi i giovani italiani restano a casa dei genitori fino ai trent’anni, un’età media tra le più alte d’Europa e tra i paesi industrializzati. Sul totale delle abitazioni occupate in Italia lo stock di case in affitto rappresenta solo il 20,3% una percentuale molto lontana dalla media europea. Il canale a canone concordato previsto dalla L.431/98 ad oggi rappresenta solo il 20% circa del totale dell’offerta in locazione. La L.431/98 pur prevedendo un contratto riservato agli studenti universitari non ha avuto lo sperato effetto di calmierare il mercato ma anzi ha portato il mercato su valori medi inaccessibili alla domanda sempre crescente degli studenti universitari. A pagare le storture del sistema immobiliare italiano e l’inefficienza della legge sugli affitti sono soprattutto gli studenti universitari. Se si guarda allo stato delle residenze universitarie la situazione è ancora più sconfortante, i posti a disposizione in tutto il paese sono circa 35.000 a fronte di una domanda di centinaia di migliaia di persone. Anche sull’edilizia residenziale pubblica per gli studenti l’Italia è tra i paesi UE che hanno il rapporto studenti fuorisede/posti letto più basso. Le strutture dunque sono poche e spesso costruite in maniera non funzionale alla vita dello studente fuorisede o distanti chilometri dalle sedi universitarie. La L. 338/2000 seguita dai decreti attuativi successivi, è sicuramente un provvedimento che ha portato in pochi anni alla crescita del numero dei posti letto e migliorato la qualità degli alloggi fissando gli standard minimi qualitativi. I finanziamenti però non sono ancora sufficienti per superare l’arretratezza e l’insufficienza del sistema residenziale universitario. Il sistema attuale di residenze pubbliche, i prezzi degli affitti, gli scarsi aiuti dello stato e l’assenza di politiche abitative per i giovani, oggi non consentono alla maggior parte degli studenti di poter avere a disposizione un alloggio indipendente. L’Unione degli universitari ritiene che l’avere a disposizione un alloggio indipendente sia elemento centrale per l’autonomia dello studente. Per migliorare la situazione abitativa degli studenti universitari sono tanti gli interventi che potrebbero essere messi in campo. Innanzitutto bisognerebbe rendere davvero conveniente l’affittare case agli studenti a prezzi moderati con maggiori sgravi fiscali. Sgravi fiscali di una certa entità spingerebbero i proprietari di casa a stipulare contratti di affitto regolare facendo emergere una fetta grossa del mercato in nero con vantaggi economici anche per lo stato. Dall’altro lato renderebbero conveniente anche allo studente un contratto regolare, non solo dal punto di vista delle tutele, ma anche dal punto di vista economico. Le agevolazioni fiscali dovrebbero riguardare solo i proprietari che applicano il canale concordato e comprenderebbero la riduzione automatica, fino all’azzeramento delle aliquote ICI, una riduzione della TARSU, una detrazione significativa dell’IRPEF dell’affitto annuo pagato al fine di determinare quella contrapposizione di interessi fra proprietari e conduttori in grado di far emergere la piaga del nero. Con le risorse recuperate attraverso l’emersione del mercato in nero sarebbe possibile la creazione di un fondo ad hoc per il rimborso parziale delle spese di affitto. Ma per regolare e abbassare i prezzi degli affitti non sono sufficienti solo misure di tipo fiscale. Uno strumento importante potrebbe essere l’avvio di politiche di housing sociale rivolte agli studenti universitari . L’affitto sociale si collocherebbe come offerta intermedia tra quella del libero mercato e quella dell’edilizia sociale. Questo tipo di offerta oltre a rispondere a quella fascia di domanda composta da soggetti dotati di redditi troppo alti per accedere ad un posto in una residenza universitaria ma troppo bassi per accedere al mercato privato determinerebbe effetti di calmieramento sul complesso dell’offerta locativa. Una proposta potrebbe essere quella dell’istituzione di un fondo immobiliare statale destinato all’acquisto di appartamenti da assegnare agli studenti fuorisede. Questo fondo sarebbe impiegato per acquistare o ristrutturare immobili con il vincolo di destinazione ad appartamenti per studenti, ed oltre ad un finanziamento statale, sarebbe finanziato dagli studenti stessi che potrebbero accedervi pagando un canone calmierato da reinvestire nel fondo.