Timeoutintensiva.it, 8, Cover, Dic 2008 Editoriale: ERRORE CLINICO: Parlare tutti lo stesso linguaggio Dr.ssa Salvina Matranga, Associazione non profit I.Change, Palermo. Scarica il testo intero in .PDF Non c’è congresso dove non ci sia un corso dedicato al rischio clinico in cui vengano presentati strumenti e metodologie per cambiare il nostro atteggiamento nei confronti degli errori. Tutti i medici partecipanti annuiscono, commentano, polemizzano, la maggior parte però dichiara, che non sarebbe disposta ad “autoaccusarsi” “visto come vanno le cose in Italia per i medici”. Ognuno di noi ben presto ha imparato dalla vita che gli errori sono insiti nella natura umana, “errare è umano” ed ha imparato anche che l’errore può avere una valenza positiva, “sbagliando si impara”. Ben presto si apprende che all’errore corrisponde una colpa ed una eventuale punizione, “chi sbaglia paga”, “espiare le proprie colpe”. Inoltre spesso al concetto di errore è associato quello di “peccato”, con un incremento valoriale negativo tanto che l’errore è stato sempre più considerato qualcosa di cui vergognarsi, da“confessare”. Questi pochi luoghi comuni riflettono il pensiero collettivo. Per l’errore medico bisogna ricordare che la Medicina fino a pochi secoli fa era pressoché inviolabile, e con essa i suoi operatori; e l’attività medica veniva considerata un’ emanazione sotto tutela divina. Poi la Medicina ha iniziato a configurarsi come Scienza, ma fatta solo di osservazioni; così, difficilmente si poteva mettere in discussione l’operato del Medico, e l’osservazione diventava per necessità anche se soggettiva “di per sé oggettiva e vera”. Né si metteva in dubbio il fatto che il Medico agisse sempre, per suo mandato, nell’interesse del malato. Quindi era già difficile evidenziare gli errori medici, e l’omertà corporativa prevaleva. Nella nostra era, la tecnologia ha oramai preso il sopravvento, l’ informazione è diventata “sovra-informazione eccedente” alla portata di addetti e non addetti, l’EBM appare come un miraggio per far diventare la Medicina una scienza esatta, scevra da errori umani attraverso l’uso di linee-guida, protocolli spesso messi appunto su malati ideali per pazienti reali. La conoscenza medica è diffusa attraverso tutti i canali mediatici e questa eccessiva informazione divulgativa ha portato spesso con sè, per necessità, la semplificazione (se non la banalizzazione) della complessità, per cui tutto appare semplice e possibile senza complicanze ed effetti collaterali. Basti pensare allo svilimento della diagnosi, nella accezione comune popolare (passata attraverso trasmissioni televisive): a dei sintomi deve corrispondere una sola diagnosi, non più diagnosi differenziali (“quel medico non ha capito niente, io avevo i sintomi che avete detto”); Non si accetta che il proprio organismo abbia una reazione avversa contemplata (quel medico mi ha dato la medicina sbagliata, c’è anche scritto nella cartina che può dare questi sintomi); e meno che mai si pensa che si possa morire di malattia in età non anziana, a meno di non essere affetti da tumore, per il quale si può pure morire anche da giovani. Spesso poi si pensa che sistemi altamente complessi come quelli sanitari siano riconducibili a sistemi semplici attraverso la metodologia, ma chiunque viva ad esempio in un Pronto Soccorso o una Terapia Intensiva deve fare i conti non solo con un sistema complesso ma anche caotico, imprevedibile, a tempistica decisionale estremamente contratta, dove la metodologia di sistema aiuta a ridurre ma non elimina gli errori. Qui non si intende negare il malaffare sanitario, vergogna che ha squalificato sempre di più la nostra professione, non si intende negare l’errore medico perché è una realtà fin troppo evidente, non si intende difendere l’arroccamento su una cultura dell’errore che deve poter cambiare per poterli ridurre; qui si è tenta di capire il perché non si possano cambiare queste condizioni sfavorevoli intorno a noi e dentro di noi. L’errore medico è una realtà, dunque e nonostante tutto noi pensiamo che è importante parlarne, perchè cambiare un comportamento significa già iniziare a cambiare il sistema. Uno dei motivi che tra l’altro mi ha spinto a parlare di errore medico è che leggendo diversi casi clinici, quello che sottolineavano maggiormente i pazienti, che avevano subito un incidente clinico, era la mancata informazione insieme all’indifferenza emotiva degli operatori che l’avevano causato. Un altro motivo è stato osservare i miei colleghi quando commentano il lavoro “sbagliato “ degli altri ( ben inteso è un comportamento diffuso, generalizzato, che riguarda chiunque di noi.) Per chi, come me, poi ha vissuto un’esperienza di gruppo di lavoro, (ho lavorato per un paio di decenni in rianimazione ed, anche per la partecipazione degli operatori ad un gruppo psicologico esperienziale nel ’97-99, eravamo riusciti a trovare una buona coesione e affiatamento), ho notato che la comunicazione dell’errore clinico, del dubbio terapeutico o diagnostico e dell’impatto emotivo veniva condiviso e non colpevolizzato, a differenza di quando il gruppo di lavoro non c’è. Adesso nella mia attuale esperienza di lavoro nelle sale operatorie, coi colleghi anestesisti, che per definizione e storicamente sono degli individualisti, il gruppo non si è mai formato e sono ben consolidati comportamenti indipendenti; in questa realtà (comune a molte altre) mettere sul tavolo con chiarezza i problemi riguardanti l’errore, è praticamente impossibile. Quindi la comunicazione è fondamentale. E’ fondamentale tra colleghi, e con la leadership, è fondamentale coi pazienti ed i parenti. Ma quanto siamo preparati a farlo ? Di quali strumenti di linguaggio verbale e non solo disponiamo ? Abbiamo ancora grandi difficoltà quando si tratta di comunicare il quadro clinico dei nostri pazienti critici, se poi si tratta di sentirci responsabili, il compito diventa impossibile ! E quel che peggio siamo soli, anche perché nell’organizzazione aziendale spesso non sono state attuate tutte quelle barriere protettive e preventive che dovrebbero limitare il rischio clinico L’errore medico. Si definisce “errore medico” un’omissione di intervento o un intervento inappropriato che ha determinato un evento avverso clinicamente significativo. In altri sistemi complessi quali l’aviazione, per esempio, l’errore è contemplato come evento possibile e pertanto i processi che portano all’errore sono oggetto di analisi e verifica. In ambito sanitario ciò non è avvenuto e ha prevalso e prevale la cultura del biasimo e della colpevolizzazione, a cui la stampa e la tv hanno contribuito pesantemente. Al di là di come stanno le cose in Italia ( le statistiche non aiutano visto le mancate rilevazioni) gli errori possono essere causa di danno più o meno temporaneo se non di morte. Nel1999 negli USA fu stimato che gli errori medici erano responsabili di una quota di decessi tra i 44.000 ed i 98.000, per cui l’amministrazione Clinton decise un programma di investimento per la sicurezza del paziente; l’OMS nel programma 2006-2007 si richiama a questo tema, con delle aree prioritarie di intervento. Secondo l’immaginario collettivo esiste l’infallibilità del medico e dell’infermiere a cui appunto non è consentito fare errori. Però bisogna anche puntualizzare che una complicanza in medicina non sempre sottende un errore del medico o del nurse e che, nei nostri sistemi, l’errore non è quasi mai individuale ma il più delle volte è collettivo. Infatti la maggior parte degli incidenti è generato dall’interazione fra le diverse componenti del sistema : tecnologica, umana e organizzativa. -L’introduzione di nuove apparecchiature e tecnologie presuppone personale specificatamente addestrato -Il fattore umano (individuale e/o collettivo) riguarda sia le caratteristiche individuali ( attenzione, memoria ,capacità di prendere decisioni) sia la competenza professionale. -Ma è il Sistema organizzativo, il nucleo centrale vero e proprio del problema e dovrebbe avere come obiettivo quello di produrre senso di appartenenza ed una cultura orientata al miglioramento continuo In questo sistema intervengono diversi fattori con un elenco articolato che riguarda diversi ambiti, basti ricordare: i ruoli, le distribuzioni del lavoro, i turni , la gestione delle risorse umane, l’eventuale sistema premiante, la formazione e aggiornamento, i percorsi diagnostici-terapeutici con le linee guida, sistemi di segnalazioni di errori e la comunicazione Parlare tutti uno stesso linguaggio. E ancora le dinamiche interpersonali e di gruppo con conseguente livello di cooperazione. Attenzionare quest’ultimo fattore è fondamentale soprattutto per quelle categorie come gli anestesisti,gli intensivisti , i medici del Pronto Soccorso che lavorano in situazione di alta criticità, in cui la cooperazione e la condivisione deve essere totale per far funzionare bene il sistema. Bisogna parlare tutti uno stesso linguaggio. Strumenti esistenti. Il primo passo è l’identificazione dell’errore, per poi arrivare all’analisi e la gestione dello stesso. -L’identificazione dell’errore Esistono diversi sistemi di segnalazione : I Reporting (che sono una raccolta di informazioni relativi agli eventi e alle relative cause.) Il Briefing di sicurezza che è uno strumento che permette di creare un ambiente in cui la sicurezza è vista come priorità. Non deve essere punitiva, richiede la scelta di un moderatore capace di spiegare le motivazioni e gli obiettivi. La SWR ( Safety walkaround ) è uno strumento che individua attraverso colloqui con gli operatori le aree maggiormente a rischio, e le insufficienze del sistema, concedendo agli operatori la possibilità di suggerire correttivi creando un clima utile per parlare degli errori con minor paura. Ognuno di questi strumenti , se ben condotto e collaborato, certamente migliorerà la consapevolezza del problema sicurezza. Diventa preminente identificare le lacune culturali ed i fabbisogni formativi. Bisogna ASSICURARE LA RISERVATEZZA delle fonti delle informazioni, perchè è importante che ciascuno si senta libero di segnalare qualunque aspetto che possa comportare rischi di errore. -Analisi dell’ Errore L’analisi è attuata spesso con L’AUDIT CLINICO, metodologia che attraverso il confronto sistematico dell’assistenza prestata, identifica scostamenti rispetto a standard conosciuti o di best practice . Sono una serie di incontri interdisciplinari, in cui si analizza un caso clinico o un percorso assistenziale, e si valutano appunto gli scostamenti dagli standard prefissati, avvalendosi anche della documentazione clinica e amministrativa e di eventuali testimonianze. -Gestione del Rischio Clinico Una volta analizzate le cause, interviene la gestione del rischio, attraverso un sistema di monitoraggio per la valutazione dell’efficacia degli interventi. Alcuni principi a cui fare riferimento mi sembra importante riportarli: 1. Rendere i compiti sempre meno dipendenti dalle capacità di attenzione, di memoria, e concentrazione dell’operatore 2. Ridurre lo stress lavorativo, rivedendo orari e carico di lavoro 3. Utilizzare strumentazione con la necessaria competenza e porre attenzione alla manutenzione 4. Promuovere l’utilizzo dei protocolli e check-list 5. Definire le modalità di comunicazione a tutti i livelli dell’organizzazione 6. Definire le modalità di coinvolgimento del paziente e degli altri stakeholders 7. Prevedere modalità di aggiornamento di nuove conoscenze scientifiche. Ricapitolando il primo passo è, al di là del clima in cui lavoriamo, la consapevolezza di un problema e la conoscenza degli strumenti che esistono e che non sono in molte realtà implementati. La Comunicazione L’altra lacuna che mi sembra invece molto sottovalutata e ritengo fondamentale è la Comunicazione. Premessa: La maggior parte di noi medici, è mia convinzione, è stata responsabile di errori clinici o di near miss. Bisogna tenere presente anche l’ influenza che tali eventi possono avere sulla nostra vita emotiva, problema da non sottovalutare. La comunicazione va promossa e resa strumento professionale di ciascun operatore anche con l’aiuto di esperti della comunicazione, in quanto questa presuppone una formazione a cui non preparano né gli studi universitari, né il mondo sanitario lavorativo . L’altro aspetto fondamentale riguarda la comunicazione coi pazienti e/o parenti , il più delle volte inesistente, e che è in gran parte responsabile dell’insicurezza e della diffidenza di questi verso il sistema sanitario, infatti se c’è, sin dall’inizio, una corretta informazione, si evita la non corrispondenza tra le aspettative e il risultato ottenuto e il paziente viene coinvolto in modo consapevole sul piano assistenziale. E’ determinante la correlazione tra errore e gravità del danno, chiaramente più il danno scaturito è grave, più difficilmente risulta comunicarlo. Le raccomandazioni esistenti per comunicare l’incidente suggeriscono di procedere in maniera chiara alla descrizione dell’evento e al probabile esito. E soprattutto che ci sia un’esplicita e sincera dichiarazione di rincrescimento, l’assicurazione di intervento terapeutico o riabilitativo, e la disponibilità ad ogni ulteriore chiarimento per eventuali risarcimenti; inoltre che gli operatori assumano un comportamento omogeneo. Il colloquio deve essere gestito con molta attenzione con un rapporto empatico con il paziente e i familiari; anche perché spesso lo stato emotivo può essere particolarmente reattivo, per cui gli operatori devono essere preparati a gestire tutta una gamma di reazioni emotive. Attenzionare il luogo, il momento e il modo della comunicazione e rispettare le condizioni di riservatezza. A volte potrebbe essere fondamentale il supporto psicologico al paziente e/o ai familiari per consentire l’elaborazione dell’accaduto e prevenire ulteriori disagi. Queste le raccomandazioni date per fronteggiare gli eventi, ma quante volte sono state realizzate? A tutto ciò, naturalmente e legittimamente, si contrappongono quelle barriere difensive che ne impediscono l’attuazione come: il timore di azioni disciplinari, l’autoreferenzialità, la competizione tra clinici, la perdita di fiducia nelle capacità del medico, l’ incremento dei premi assicurativi, la perdita della stima dei colleghi, e anche conoscenza delle tecniche di comunicazione. una scarsa Detto questo secondo la mia opinione, il punto centrale è che la cultura del rischio clinico, non entrata ancora “ a pieno regime” nella coscienza sanitaria. E’ mio convincimento profondo che bisogna rivedere i nostri comportamenti con il supporto preminente delle figure apicali dirigenziali, sicuramente con l’aiuto di linee guida e check list ma soprattutto umanizzando sempre di più il nostro lavoro e il rapporto con i colleghi e gli operatori con cui collaboriamo. Concludendo, nonostante le condizioni sfavorevoli attorno a noi e dentro di noi, come dicevamo nella premessa, non è più tempo di arrocarsi nella cultura dell’errore, ma tentare nuovi comportamenti per poterli ridurre. Bibliografia: Pintor P., Colangelo S., Bobbio M: "Evolution of case-mix in heart surgery: from mortality risk to complication risk;Eur J Cardiothorac Surg 2002;22:927-933 Cohen,M.R. Medication errors ( AphA publications, Washington DC) Reason ,J L’errore umano; il Mulino; Bologna Vincent,C 2001, Clinical risck management, (BMJ press, London) Petrini Flavia ( Esperienza di Utilizzo della SWR in camera operatoria - 62° congresso SIAARTI 2008 )