Giovani a rischio: assistenza e prevenzione UNIVERSITÀ DEL SALENTO FACOLTÀ DI SCIENZE SOCIALI,POLITICHE E DEL TERRITORIO Corso di Laurea in Sociologia (curriculum professionale) TESI DI LAUREA IN SOCIOLOGIA DEL MUTAMENTO Giovani a rischio: assistenza e prevenzione. La socializzazione dei giovani come foindamento della società. Jóvenes en riesgo: asistencia y prevención. La socialización de los jóvenes como fundamentas de la sociedad RELATORI CANDIDATA Prof. Fabio De Nardis Prof. Gennaro Loiotine AngelaDicarlo Matr. 10036612 Anno Accademico 2008/2009 1 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione INDICE Introducciòn (E); 2 / Introduzione (I); 5 Capitolo 1 I giovani e l’integrazione sociale 1.1 La formazione dell’identità; 7 1.2 Il processo di integrazione dei giovani; 10 1.3 La formazione flessibile; 13 Capitolo 2 La tutela dei giovani. Assistenza o Prevenzione? 2.1 Dal “giovane oggetto di tutela” ai “giovani soggetti del diritto”; 16 2.2 Il piano della prevenzione: l’esempio del “Centro Allegra Compagnia di Mesagne”; 19 2.3 El plan de la asistencia: el ejemplo de la “Asociaciòn Mensajeros de la Paz de Madrid”; 45 2.4 Analogías y diferencias entre España e Italia (E); 54 2.4 Analogie e differenze tra Spagna e Italia (I); 59 Conclusiones (E); 64 / Conclusioni (I); 66 Bibliografia; 68 Appendice (Apèndiz); 69 2 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione Introducción (E) Cuando cierto discurso empeza con “Los jovenes de hoy...”, la mayoria de las veces no augura nada bueno. Cuando un joven viene envuelto en un echo que no se refleja en la normalidad se tiende a culparlo sin preguntarse sobre el porquè este habria tomado aquel comportamiento. No es mi intención defender estos actos ilícitos pero querría sólo fijar la atención sobre el echo que detrás de cada acción, lícita o no, hay siempre una marea de situaciones que han llevado el joven a asumir aquel comportamiento, situaciones que caracterizan el ambiente en el que él ha crecido. Entonces si quisiéramos verdaderamente solucionar el problema, antes de pensar en las distintas maneras de punir al joven que ha cometido aquel echo no lícito, tendriamos que preocuparnos de reparar el ambiente en el que ha vivido, estudiar su historia e intentar contestar a sus particulares necesidades de manera que pueda ser reinsertado en la sociedad y no resulte estigmatizado o marginado; esto comportaría problemas aún más complicados, por ejemplo: si ya un joven no es capaz de socializar con sus compañeros de clase ¿cómo podemos pensar que este mismo joven pueda en el futuro relacionarse con otros chicos que provienen de otros paises, con culturas distintas,etc?; además si este fenómeno lo mutlplicamos por un millón podrían surgir problemas serios como la intolerancia a otras religiones, el razismo, la xenofobia,... Es importante intentar solucionar los que hoy resultan ser pequeños problemas pues si se descuidan podrían prejudicar la marcha y la organización da la sociedad entera. Entonces para que los individuos puedan integrarse de manera mejor a la sociedad no sólo es necesario imponerles unas reglas, sino también es importante obrar de modo que se adapten espontáneamente a la sociedad ya desde jovenes; y todo esto es posible sólo si se piensa en los jóvenes en su concreteza y si se ofrece asistencia relacionada con sus particulares exigencias particulares. 3 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione Además de todo esto si quisiéramos tutelar los jóvenes de manera más completa tendríamos que desarrollar el plan de asistencia sin olvidar aquel de la prevención que prevé la reparación del ambiente en el que estos viven. Propio para esto introduciré mi experiencia en el “Centro Allegra Compagnia di Mesagne” que se sitúa en el plano de la prevención y en la “Asociación Mensajeros de la Paz” de Madrid que principalmente actúa en el plano de la asistencia, introduciéndose también poco a poco en el de la prevención, ambos con el objetivo de permitir una sana formación y educación de los chicos, para que los jovenes puedan hacer frente a los obstáculos de la vida y construir el fundamento de la sociedad. 4 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione Introduzione (I) Quando un certo discorso ha inizio con “I giovani d’oggi…”,la maggior parte delle volte non preannuncia niente di buono. Quando un giovane viene coinvolto in un fatto che non rispecchia la normalità si tende a dargli la colpa senza interrogarci sul perché questo abbia assunto quel comportamento. Non è mia intenzione difendere questi atti illeciti ma vorrei solo porre l’attenzione sul fatto che dietro ad ogni singola azione che sia lecita o no c’è sempre una marea di situazioni che hanno indotto il giovane ad assumere quel comportamento, situazioni che caratterizzano l’ambiente in cui questo è cresciuto. Quindi se volessimo realmente risolvere il problema, prima di pensare ai mille modi per punire quel giovane che ha commesso quel fatto illecito, dovremmo preoccuparci di risanare l’ ambiente in cui ha vissuto, studiare la sua storia e cercare di rispondere ai suoi particolari bisogni in modo che possa essere reinserito nella società e non stigmatizzato e in seguito emarginato; questo comporterebbe problemi sempre più complessi, per esempio: se già un giovane non è in grado di socializzare coi suoi compagni di classe come possiamo pensare che questo stesso giovane possa in futuro relazionarsi con altri ragazzi provenienti da altri paesi, con culture differenti,…; se poi questo fenomeno lo moltiplichiamo per un milione potrebbero iniziare problemi seri come l’intolleranza verso le altre religioni, il razzismo, la xenofobia. È importante cercare di risolvere quelli che oggi risultano essere piccoli problemi perchè se trascurati potrebbero pregiudicare l’andamento e l’organizzazione dell’intera società. Quindi affinché gli individui possano integrarsi al meglio nella sociètà non è solo necessario imporre loro delle regole ma è importante fare in modo che si adattino spontaneamente alla società fin da giovani; e ciò è possibile solo se si pensa ai giovani nella loro concretezza e si offre assistenza in base alle loro particolari esigenze. 5 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione E inoltre se volessimo tutelare i giovani in maniera più completa dovremmo sviluppare si il piano dell’assistenza ma senza dimenticare quello della prevenzione che prevede il risanamento dell’ambiente in cui questi vivono. A questo proposito introdurrò la mia esperienza presso il “Centro Allegra Compagnia” di Mesagne che si colloca sul piano della prevenzione e la “Asociaciòn Mensajeros de la Paz” di Madrid che si colloca principalmente sul piano dell’assistenza ma che poco a poco sfocia in quello della prev, entrambi con l’ obiettivo di permettere una sana formazione ed educazione dei ragazzi, per far si che i giovani possano superare gli ostacoli della vita e costituire il pilastro della società. 6 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione Capitolo 1 I giovani e l’integrazione sociale 1.1 La formazione dell’identità Tutta la storia del pensiero sociologico si è aggirata attorno alla relazione che lega l’individuo alla società cercando di trovare un nesso capace di spiegare i vari fenomeni che hanno avviato il mutamento continuo della società e cercando di stabilire quanto la società sia in grado di influenzare la formazione dell’individuo. Esistono varie teorie circa la formazione dell’identità dell’individuo e ognuna di queste si distingue dall’altra a seconda di quale fattore sociale influenzi l’individuo, ossia a seconda di quanto la società orienti l’agire individuale. Tra le tante teorie rientra quella di Parsons1 che distingue tra “la struttura dei codici”(ossia i valori della società) e “la personalità individuale”; l’identità non agisce, ma controlla il processo d’azione, mettendo in relazione quelli che sono i valori della società e quelli dell’individuo creando un sistema unitario e condiviso di valori. Poi quella di Turner2 che distingue tra “l’immagine di sé”(ossia come la società ci definisce in ogni situazione che ci coinvolge) e la “concezione di sé”(ossia la percezione che l’individuo ha della sua continuità nel tempo); l’identità viene organizzata e integrata da quelli che sono i valori della società a seconda della situazione in cui ci troviamo. Successivamente compare Goffman3 dicendo che l’identità non è unica ma molteplice; secondo questo autore l’individuo ha tante identità tante quante sono le maschere che 1 Talcott Parsons (1902-1979) è stato uno dei padri degli studi sociologici americani. Introdusse nella sociologia statunitense l’elaborazione di concetti e teorie sistemiche. Il funzionalismo di Parsons si rifà agli influssi di alcuni dei principali sociologi europei come Max Weber, Emile Durkheim e Bronislaw Malinowski. 2 Ralph H.Turner ( 1919- )Rientra tra gli studiosi appartenenti alla scuola dell’interazionismo simbolico formatosi, così come Goffman, nella Università di Chicago. 3 Erving Goffman (Canada, 11 giugno 1922 - Filadelfia, USA, 19 novembre 1982) fu un sociologo canadese. Il principale contributo di Goffman alla teoria sociale è la sua formulazione dell’interazione simbolica nel suo La vita quotidiana come rappresentazione del 1959. 7 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione pone per ogni scena di cui l’individuo si fa protagonista (ossia a seconda di quale atteggiamento o comportamento assume in ogni interazione con gli altri assumendo solo quella che secondo lui sarà condiviso dall’altro, conservando però una propria autonomia). E ancora Berger4 col concetto di “mondo base” che si rifà a sua volta del concetto di “mondo della vita quotidiana”di Shutz, ossia un mondo intersoggettivo che precede l’individuo costituito da una serie di significati, conoscenze e valori ; l’individuo, attraverso il processo di socializzazione primaria, interiorizza questo mondo nel quale orienta la propria azione tra le varie alternative, salvaguardando però le vecchie conoscenze apprese precedentemente. Ulteriori contributi alla conoscenza della costruzione sociale della realtà sono stati forniti da Mead e Cooley 5 che hanno insieme idealizzato una sorte di premessa alle diverse teorie di tipo fenomenologico ed etnometodologico: Cooley sviluppa il concetto del “Sé specchio”(Noi siamo ciò che gli altri vedono di noi); ogni individuo costruisce la propria identità tenendo conto degli altri. Mead invece distingue “l’organismo fisico dal Sé” (l’altro generalizzato,il senso oggettivato); il Sé diventa oggetto di se stesso ed emerge nel momento in cui l’individuo, interagendo con altri, è in grado di distaccarsi dalla situazione in quello stesso momento assumendo solo quel comportamento, tra le varie alternative, che l’altro secondo lui condividerà. Distingue poi il Sé tra Io e Me: il Me è l’aspetto socializzato del Sé, un particolare ruolo che l’individuo copre, ossia l’insieme di atteggiamenti che l’individuo apprende dagli altri. Dato che nella società l’individuo è chiamato a coprire più ruoli si parla di tanti Me; di conseguenza il compito dell’Io diventa quello di 4 Peter L.Berger (17 marzo-1919) ,seguendo le indicazioni di Shutz ,insieme a Thomas Luckmann hanno voluto sintetizzare in un solo punto la concezione della realtà sociale come fatto esterno di Durkheim e la concezione della società come prodotto dell’interazione dotata di senso degli attori sociali di Weber. 5 Gorge Herbert Mead(1863-1931),Charles Horton Cooley(1864-1829); il Sè è per Mead il risultato dell’ oggettivazione che l’ individuo opera di se stesso nel momento in cui considera se stesso nel medesimo modo in cui lo considerano gli altri. Questo stesso aspetto viene elaborato anche da Cooley che sottolinea l’importanza delle immagini che gli individui hanno di sé e degli altri, in quanto elementi costitutivi della realtà sociale. 8 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione coordinare i Me: è la parte attiva del Sé, ossia la risposta agli atteggiamenti degli altri. L’insegnamento teorico di Mead si sviluppò nell’ Università di Chicago in cui a partire dal 1892 fu reso attivo il dipartimento di sociologia in cui lavorava uno tra i sociologi più rappresentativi di questa corrente di pensiero, ossia Thomas6 che aveva impostato la ricerca sociale come analisi degli atteggiamenti e dei valori che influenzano il comportamento sociale; distingueva tra “Attenzione”(ossia l’atteggiamento mentale che prende nota del mondo esterno e lo manipola) e “Definizione della situazione”(ossia le rappresentazioni per mezzo delle quali gli individui valutano determinate situazioni e si predispongono ad agire). Per comprendere l’azione sociale non è tanto importante considerare i dati oggetti della situazione in cui l’azione sociale ha luogo ma è utile individuare le percezioni soggettive che comunque riconducono alla situazione specifica. Infine abbiamo Giddens7 che sviluppa il concetto del “progetto riflessivo del sé” ricollegandosi al concetto di strutturazione. La teoria sociologica in un modo o nell’altro cerca di mettere in luce il fatto che la società orienti l’azione dell’individuo facendo notare quindi l’importanza che questa debba cambiare man mano che gli individui che la 6 William T.Thomas(1863-1947) è stato un sociologo statunitense. È stato a capo della scuola di Chicago fino al 1918, anno in cui è stato arrestato e costretto a dimettersi per lasciare il posto a Robert Park. Si occupò molto della condizione degli immigrati in America. Scrisse gli immigrati e l'America, ma la sua opera più importante rimane Il contadino polacco in Europa e in America scritta con Florian Znaniecki ed edito nel 1920, da cui è tratta la "definizione della situazione". La definizione della situazione, chiamata anche Teorema di Thomas, è il suo enunciato, coniato nel 1928: “Se gli uomini definiscono reali le situazioni esse saranno reali nelle loro conseguenze”[Thomas 1909,17; cfr. anche Thomas e Znaniecki 1920] Questa affermazione di Thomas è stata considerata una delle "leggi" più importanti delle scienze sociali, e il suo successo è dato anche dalla sua longevità. Sembra infatti che questa regola sia così generale ed astratta da poter essere applicata a diversi contesti sociali e in diversi periodi. Molti contributi importanti alla socilogia della conoscenza sono inseriti in linea con William Thomas, come ad esempio il fondamentale testo” La realtà come costruzione sociale” pubblicata nel 1966 ad opera di Peter L. Berger e Thomas Luckmann. 7 Anthony Giddens((Londra, 18 gennaio 1938) è un sociologo e politologo britannico. A partire dal presupposto del carattere duale della struttura , in quanto dimensione che determina l’azione e ne è a sua volta determinata, articola la sua teoria dell’azione sociale , considerando quest’ultima come un elemento di trasformazione e utilizzando principalmente tre concetti: la struttura, che rappresenta l’insieme delle regole imposte dal sistema sociale; il sistema, come insieme delle relazioni riprodotte tra attori e collettività , organizzate come pratiche sociali normali; la strutturazione, ossia l’insieme delle condizioni che governano la continuità o la trasformazione delle strutture e quindi la riproduzione dei sistemi sociali.[Giddens 1984,25]. 9 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione compongono cambiano, affinché non siano gli stessi individui a rispondere ai bisogni che l’organizzazione sociale necessita per sopravvivere. 1.2 Il processo di integrazione dei giovani Partendo dal presupposto che sia la società a determinare la formazione dell’identità dell’individuo nel momento in cui ci si riferisce al giovane e al suo processo di integrazione nella società quest’ ultimo si riduce alla sola ruolizzazione nella società, ossia al suo adattamento passivo che pregiudica lo sviluppo dell’identità del giovane e quindi l’organizzazione dell’intera società in quanto i suoi bisogni saranno stati trascurati creando cosi squilibri nelle sue relazioni sociali. Affinché la socializzazione del giovane costituisca una base solida della società è necessario superare questa falsa contrapposizione tra individuo e società e parlare invece di rapporto dialettico tra individuo e società; affinché la società possa rispondere alle esigenze tanto dei giovani quanto degli individui in generale è necessario che ci sia uno scambio reciproco tra questi. Il giovane inizia il suo processo di integrazione nella società fin dai suoi primi mesi di vita, difatti la prima agenzia di socializzazione risulta essere la famiglia. I genitori trasmettono ai loro figli tutti i valori, le norme, il modello sociale a cui appartengono. In un primo momento sembra che questo processo avvenga esclusivamente in un ambito privato indipendentemente dalla società, ma in realtà è giusto il contrario: i genitori trasmettono tutto ciò che la società ha imposto loro, il giovane rivive lo stesso condizionamento che hanno subito i genitori nel loro processo di socializzazione. La famiglia è in realtà uno strumento che la società utilizza per far si che i giovani condividano spontaneamente quei valori, quelle norme che permettono a quella società di continuare a sopravvivere. Il giovane in questo caso diventa oggetto della società, e tutte le sue esigenze vengono dimenticate per far si che prevalgano quelle della organizzazione sociale. 10 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione Se l’integrazione del giovane alla società si limita a questo non si può parlare di socializzazione ma solo di ruolizzazione che permette al giovane di entrare a far parte di quella forma sociale senza però che la forma sociale si adatti a questo. Nel momento in cui si supera invece la concezione che sia il giovane a doversi adattare alla società si può parlare di socializzazione del giovane come fondamento della società: sé vi è uno scambio reciproco tra famiglia, società e giovane vuol dire che si sta dando una maggiore attenzione a quest’ultimo e questo permette di considerare e di rispondere ai suoi bisogni specifici. Vari studi hanno dimostrato che è importante considerare il giovane nella sua concretezza poiché trascurare la storia specifica del giovane condannerebbe questo a problemi fisici, psicologici e emotivi. Uno dei bisogni più importanti risulta essere il legame costante con la madre nei primi anni di vita e i giovani che sono soggetti alla carenza di questo legame sono di solito quelli istituzionalizzati o in affidamento. Tra i vari studi rientrano quelli di Spitz , Bowlby e la Bender 8 che dimostrano le conseguenze negative della mancanza di un legame affettivo tra madre e figlio e quanto sia importante la prevenzione. A questi studi si aggiungono poi le ricerche di D’Armento e Soldi9 che hanno dimostrato la connessione tra la delinquenza minorile e la carenza delle cure materne. Il tutto si ricollega alla teoria di Piaget 10 circa lo sviluppo del bambino: la madre è per il bambino una sorte di ponte con il mondo esterno, e se questa 8 Spitz, Bowlby e la Bender hanno studiato approfonditamente molti casi clinici di bambini cresciuti in condizioni affettivamente deprivanti, hanno conseguentemente evidenziato come questo stato carenzialei produca effetti diversi, sempre negativi, a seconda del tipo di separazione, dell'età del bambino, della presenza o assenza di un precedente rapporto con la madre. Fra questi effetti si trova: un progressivo rallentamento delle funzioni psicofisiche, difficoltà o impossibilità di stabilire adeguate relazioni interpersonali fino ai casi più gravi di deterioramento irreversibile delle funzioni cognitive, gravi alterazioni della sfera affettiva. 9 Indagine effettuata nel territorio salentino, in paricolare nel distretto di Lecce. 10 Jean Piaget(1896-1980).Fonda le basi per un nuovo metodo di ricerca sui processi di apprendimento e sullo sviluppo cognitivo nell’infanzia ; sviluppa la teoria psicogenetica dello sviluppo cognitivo. 11 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione manca il bambino non sa come orientarsi e tende ad assumere comportamenti sbagliati. 1.3 La formazione flessibile Affinché i giovani siano in grado di integrarsi nella società e rispettare le norme e i valori che questa impone è necessario prima di tutto che la società dimostri tolleranza verso le diversità e solidarietà verso coloro che non sono in grado di adempiere alle loro necessità. Affinché il giovane possa sentirsi accettato nonostante le diversità non è sufficiente agire a livello micro ma anche a livello macro cercando di creare un ambiente sano dove solidarietà e tolleranza siano i presupposti della società che permettono al giovane “a rischio”di superare i suoi ostacoli. Uno dei fenomeni che oggi caratterizza la nostra società risulta essere l’ immigrazione e molte volte i giovani a rischio sono proprio i giovani provenienti da altri paesi o i “nostri”giovani che non sono abituati all’idea di condividere il loro mondo con chi non la pensa come loro o con chi proviene da culture differenti. È importante superare l’idea che l’integrazione corrisponda all’adeguamento o soffocamento delle diverse culture alla nostra e cercare invece di assimilarla senza condannarla, specie oggi con la globalizzazione che tende ad eliminare i confini spazio-tempo e permettere alle minoranze di procedere con la propria cultura nel nostro paese. La società non deve essere stabile, ma deve cambiare cosi come cambiano gli individui che la compongono. È necessario che i giovani sviluppino la capacità di adattarsi e di convivere con culture differenti, cambiando cosi come cambia la società. La scuola oltre alla famiglia o alle altre organizzazioni che si occupano dei giovani hanno questo compito: la formazione del giovane non può limitarsi all’insegnamento di determinate discipline o alle buone maniere, ma deve 12 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione essere una formazione mirata innanzitutto alla interculturalità; la formazione flessibile si fonda sull’idea che la formazione del soggetto non deve essere stabile o precedentemente impostata, ma deve predisporre il soggetto ai cambiamenti e alle influenze straniere. Ciò che permette questo tipo di formazione è la dialettica tra unità e mantenimento delle diversità, ossia un’educazione interculturale che a sua volta si basa sulla educazione alla comunicazione. Il nesso tra educazione e comunicazione è la volontà all’ascolto. La comunicazione è il mezzo necessario per giungere all’interculturalità. È il mezzo necessario per mettere ordine nella società. Bisogna educare alla comunicazione in modo tale che la comunicazione sia dialogo, scambio, confronto e non l’imposizione della maggioranza sulla minoranza evitando cosi spiacevoli situazioni per i giovani a rischio. Purtroppo ancora oggi assistiamo ad una vera e propria crisi dell’integrazione: nella maggior parte dei paesi, cosi come in Italia, la sequenza immigrazioneintegrazione quasi non esiste, in quanto molte volte la figura del criminale viene associata all’immigrato, specie a causa dei media che tendono a dar maggior rilievo a fatti che coinvolgono quest’ultimi. Per favorire una maggiore integrazione è necessario prima di tutto eliminare i pregiudizi, migliorare le politiche sociali per immigrati, sensibilizzare i cittadini al fenomeno affinché questi non vengano emarginati e proteggere le famiglie di immigrati: la protezione della famiglia immigrata non si riferisce solo al sostegno economico o materiale di queste, ma anche al fatto di creare delle famiglie aperte verso l’esterno e autonome all’interno. Il giovane proveniente da queste famiglie per una buona integrazione e per evitare di assumere comportamenti devianti deve avere la possibilità di scegliere su quali valori fare riferimento senza subire il totale condizionamento da parte dei genitori o la totale influenza esterna; la diversità religiosa ad esempio deve costituire un luogo di dialogo e non un motivo di scontro. (Art.22 “L’Unione rispetta la diversità culturale, linguistica e religiosa”). 13 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione La formazione flessibile mira a una identità dialogale che permette al “giovane a rischio” di integrarsi nella società grazie alla tolleranza e alla solidarietà degli altri e alla sua voglia di relazionarsi. 14 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione Capitolo 2 La tutela dei giovani. Assistenza o Prevenzione? 2.1 Dal “Giovane oggetto di tutela” ai “Giovani soggetti del diritto” Cosi come dal punto di vista sociologico ci si è resi conto che la socializzazione dei giovani è importante per l’intera società e il suo funzionamento, anche dal punto di vista giuridico si è pensato di tutelarli maggiormente proprio perché sono la base della società. Questa considerazione ha fatto si che sin da bambino il giovane dal punto di vista giuridico non venisse più considerato oggetto da tutelare, ma il soggetto portatore di diritti, diritti che in qualche modo non solo devono essere riconosciuti, ma anche tutelati implicando in questa tutela l’intervento pratico dello stato.11 11 Oggi si parla in modo particolare di Stato sociale, “il WELFARE STATE”,lo stato che tutela i diritti e interviene praticamente affinchè i soggetti possano rivendicare i propri diritti nel momento in cui questi vengano violati, compresi i minori che a partire dalla “Convenzione di Strasburgo del 1996” hanno la possibilità di partecipare attivamente a tutte le procedure che li riguardano davanti all’autorità giudiziaria, direttamente o indirettamente attraverso persone o organismi competenti che li rappresentino. Il minore diventa a pieno titolo soggetto processuale: può stare in giudizio, agire, essere presente ed ascoltato. Questo tipo di stato viene appunto definito “Stato interventista” che si contrappone allo Stato di diritto, una forma di stato che si limita a riconoscere i diritti dei cittadini, affermatosi per la prima volta con la Rivoluzione francese. Il passaggio dallo stato di diritto allo stato sociale si è avuto soprattutto perché la produzione è passata in secondo piano, l’attività di produzione diventò subordinata alla tutela della persona: all’avere, che era l’oggetto di tutela privilegiato dal codice, si sostituisce l’essere: l’uomo viene tutelato per ciò che è e non per quello che possiede; cambia la gerarchia dei valori: la proprietà non costituisce un attributo della persona ma solo uno strumento per affermare la propria personalità. Comunque sia oggi sarebbe erroneo parlare di Welfare State in quanto lo stato ha perso in un certo senso il suo ruolo da protagonista nelle politiche sociali. Il Welfare State è l’insieme delle condizioni che creano benessere e tutela sociale, condizioni create esclusivamente dallo stato. A partire dagli anni settanta, anni in cui si susseguivano numerosi fenomeni sociali come lo sviluppo industriale, la femminilizzazione del mercato del lavoro, ecc., inizia la crisi del Welfare State: lo stato riduce la spesa pubblica, in particolare la spesa sociale, perde il ruolo da protagonista e riemergono gli altri attori sociali passando ad un Welfare misto che è quello che caratterizza la nostra società. Con lo shock petrolifero del 1973 ci fù un’immediata inflazione a livello internazionale e ripetute svalutazioni delle monete nazionali che provocarono un’immediato rallentamento della crescita economica, l’aumento della spesa pubblica e quindi la deciione di un taglio netto alla spesa sociale. Oggi gli attori sociali rilevanti per le politiche sociali risultano essere principalmente quattro: lo stato, il mercato, la famiglia, ma soprattutto il settore non profit che occupa maggior rilievo soprattutto sul piano dell’assistenza sociale,(proprio come l Asociaciòn Mensajeros de la Paz di Madrid). 15 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione Cosi facendo lo stato ha la possibilità di subentrare nel privato e regolarizzare i comportamenti devianti rendendo concreta la tutela dei giovani12. Ciò permette non solo di curare il danno, ma anche di prevenirlo. Questa idea di considerare i giovani come soggetti del diritto deriva dal contributo fornito dalle scienze dell’ infanzia, che a partire dagli anni Sessanta cambia appunto la visione dell’ infanzia permettendo di analizzare il bambino da un altro punto di vista: difatti, se ad esempio consideriamo il caso dell’ adozione, l’obiettivo dell’ istituto dell’adozione non è più quello di inserire il bambino in una famiglia che gli assicuri un’esistenza materiale adeguata, ma in una famiglia che sappia rispondere ai suoi specifici bisogni. È con la Convenzione ONU13 degli anni Sessanta che i diritti dei bambini entrano per la prima volta nel mondo giuridico internazionale: la tutela del bambino non è più una promessa o un atto di benevolenza da parte degli adulti ma un vero e proprio diritto alla protezione. Gli articoli della Convenzione idealizzano un mondo a misura del bambino che presuppone non solo il miglioramento del piano di assistenza, ma anche la formazione di un piano di prevenzione: la tutela a partire da quel momento non avviene più solo a posteriori ma si parla invece di “prevenzione di danni al minore”, che rientra nelle quattro sfere d’azioni rese possibili proprio dalla Convenzione ONU degli anni Sessanta; oltre a questa difatti abbiamo anche “la partecipazione del 12 Legge 151/75: con questa legge in Italia venne introdotto il Nuovo diritto di famiglia che dà la possibilità all’ordinamento giuridico di subentrare in uno spazio privato e regolare tre tipi di relazioni familiari: le relazioni di coppia (il matrimonio,il divorzio), le relazioni genitori-figli ossia i diritti dei figli e le responsabilità dei genitori (la filiazione, l’adozione e l’affidamento e infine le relazioni parentali al di fuori del nucleo per regolare le situazioni patrimoniali. Questa regolamentazione da parte dello Stato può essere intesa sia come un contributo alla formazione della famiglia moderna come spazio del privato e degli affetti (dato che ha reso fine alle strategie familiari) sia come una fonte di controllo della famiglia se viene intesa come un’istituzione, un discorso che a sua volta riconduce al considerare la famiglia lo strumento della società come mezzo per imporre ai giovani le sue regole e i suoi valori. 13 Prima della Convenzione ONU tanti altri documenti internazionali erano stati già promossi a tutela del bambino, tra i quali: La “Dichiarazione sui Diritti del Fanciullo del 1924” che per la prima volta riconosce effettivamente alcuni diritti del bambino (il diritto ad ottenere sostegni adeguati in caso di disadattamento;il diritto ad una normale crescita psicofisica). La “Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo del 1959”(il diritto a crescere sano;il diritto ad un nome e ad una nazionalità; il diritto per bambini minorati a ricevere assistenza; il diritto ad essere amato, compreso nell’ambito della sua famiglia; il diritto ad un’educazione adeguata; il diritto ad essere tutelato da ogni forma di crudeltà o sfruttamento). 16 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione minore nelle decisioni che lo riguardano”, “la protezione del minore da ogni forma di discriminazione, sfruttamento o abbandono” e infine “la disponibilità di risorse per garantire al minore a rischio tutte le cure necessarie”. La Convenzione ONU si basa principalmente su quattro principi: la “non discriminazione” (indipendentemente da razza, sesso o religione gli stati firmatari si impegnano nell’ offrire assistenza e prevenzione); “la priorità del minore”;il “diritto alla vita”; e infine una maggiore considerazione verso le opinioni dello stesso bambino. Un ulteriore progresso viene poi promosso successivamente dalla “Convenzione Europea di Strasburgo del 1996”. Per tutelare i giovani è comunque insufficiente introdurre delle leggi: la legge costituisce solo il primo passo; nonostante oggi esistano numerose leggi che tutelano i giovani e che soprattutto puniscono la violenza sui minori o le devianze avviate da questi stessi, la legge costituisce soltanto uno dei punti di partenza. Importante è l’impegno della collettività nel rispetto dei giovani per poter poi procedere con assistenza e prevenzione insieme. 2.2 Il piano della prevenzione: l’esempio del Centro Allegra Compagnia di Mesagne Come operare sul piano della prevenzione Il fenomeno della devianza giovanile deve essere risolto innanzitutto con la prevenzione che implica un programma rivolto al miglioramento delle varie realtà sociali che circondano i giovani e ad una maggiore qualificazione di quest’ultimi. La delinquenza minorile è una realtà polimorfa difatti molteplici sono le cause che inducono i giovani ad assumere comportamenti devianti: le difficoltà nell’inserimento del mondo del lavoro, situazioni scomode all’interno della famiglia (create da genitori iperprotettivi o totalmente disinteressati), la scarsa 17 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione integrazione degli immigrati, l’abbandono dell’istruzione o anche i fenomeni devianti (come la mafia) presenti nella realtà sociale in cui giovani vivono. Come vediamo è conseguenza di numerose problematiche tanto che gli interventi devono essere attuati contemporaneamente in vari ambiti,( tra cui la lotta alla povertà, la riduzione della disoccupazione, lo sviluppo della cultura e dell’istruzione, la promozione di politiche sociali a sostegno della famiglia e della genitorialità), e tanto da rendere inefficiente l’assistenza come strumento per risolvere effettivamente il problema della devianza giovanile. L’inserimento sociale dei giovani deve avvenire prima che questi vengano esclusi attraverso la formazione professionale, la sensibilizzazione ai fenomeni devianti che interessano il territorio particolare in cui i giovani crescono e infine spingendo i giovani a crearsi degli interessi attivi per passare il tempo libero. Il modo migliore per aiutare i ragazzi non è solo quello di aiutarli nel momento di bisogno, ma prepararli ad eventuali rischi che potrebbero danneggiarli insegnando loro a riconoscerli ed evitarli in modo che possano allontanarsi spontaneamente da situazioni poco raccomandabili. È importante che i giovani siano in grado di riconoscere eventuali rischi prima che lo faccia l’adulto che subentra in un’eventuale situazione solo per proibire al giovane un’ ipotetico comportamento deviante. Prevenire il disagio giovanile 14 vuol dire anche aver rispetto per i giovani: il rispetto verso i giovani implica innanzitutto l’impostazione della mentalità 14 “ Il disagio giovanile non è, e non va confuso, con il naturale ed evolutivo disagio adolescenziale. Il primo che frequentemente si innesca e si rafforza nel secondo, esprime la condizione difficile e problematica di alcuni giovani. Il secondo è riferito ad alcuni aspetti di un processo psicodinamico di un’età di per sé difficile. Gli adolescenti a volte sono in crisi perché quello che a loro capita è iscritto in questo percorso di transizione psicologica , emotiva e sociale che li può fare soffrire ma che comunque li condurrà verso una dimensione di adultità. Uscire da questo percorso costruito dalla natura per imboccare, anche inconsapevolmente, strade più rischiose è un’eventualità non una probabilità, condizionata comunque da numerose variabili”.(pag.149 di “Tra regole e carezze” di Alessandro Costantini) È bene quindi delle volte non allarmarsi e non esagerare su quelli che sono i tipici atteggiamenti tipici degli adolescenti: l’essere iperprotettivi potrebbe poi innescare altre modalità di comportamento giungendo poi alla vera e propria devianza. 18 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione dell’adulto-educatore su due principali principi che contribuiranno alla costruzione di una relazione reciproca tra giovani e società agevolando e facilitando quindi la loro tutela sul piano della prevenzione: da una parte l’indipendenza del giovane e dall’altra il risanamento ambientale. È bene che i giovani si sentano liberi di fare esperienze senza che sia l’adulto a dover decidere per lui, anche se delle volte è necessario che gli adulti intervengano per far si che l’ambiente in cui i giovani vivono sia adatto a loro e privo di fenomeni che potrebbero pregiudicare la sua formazione. La risoluzione del disagio giovanile si colloca principalmente sul piano della prevenzione in quanto scaturisce da come i giovani vivono la loro quotidianità o da quante e quali regole gli adulti impongono loro: nella nostra società i giovani hanno tante opportunità di svago,(sale giochi, palestre, navigazione in internet,…) e proprio l’opportunità di scegliere liberamente tra le tante crea una certa confusione facendo perdere di vista i valori che dovrebbero invece garantire al giovane una buona condotta; il disagio giovanile non caratterizza solo una fascia di giovani, non si riferisce solo ai soggetti provenienti da famiglie problematiche; oggi il problema tocca un po’ tutti, tant’è vero che spesso chi fa uso di cocaina,extasy e di sostanze stupefacenti forti in generale sono proprio quei giovani che provengono da famiglie agiate. Prevenire vuol dire anche abbandonare i pregiudizi e accettare il problema del disagio giovanile come quel fenomeno che riguarda l’intera società, naturalmente senza che si arrivi all’esasperazione, dato che spesso vi è la tendenza a ingigantire il problema dove non c’è; solo se si ha una buona conoscenza del fenomeno sarà possibile individuare la causa e individuare gli strumenti per soluzionarlo. Dare priorità al piano della prevenzione come strumento per soffocare la devianza giovanile presuppone una chiara definizione del problema; se si continua a generalizzare sul problema non si sarà mai in grado di intervenire nei tempi giusti: il disagio giovanile è spesso causa del cattivo 19 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione ruolo educativo della società, della famiglia e della scuola e se non si apprende a dare più spazio ai giovani piuttosto che dargli contro, i comportamenti di aggressività e trasgressività tenderanno a crescere fino a divenire fonte di intolleranza e razzismo. Oggi, come non mai, i media non fanno altro che focalizzare l’ attenzione su episodi di bullismo nelle scuole, l’intolleranza verso chi è diverso, la poca disciplina ,il vandalismo, gli scippi, ecc. e questo è conseguenza della mancanza di comunicazione tra adulti e giovani e la poca disponibilità da parte della società delle volte a creare degli spazi destinati ai giovani affinchè questi possano aprirsi alla socializzazione, formarsi in modo sano ed evitare quindi questi comportamenti. Il bullismo nelle scuole è una delle forme di aggressività che pian piano si sta evolvendo in un vero e proprio fenomeno deviante caratterizzante l’intera società e non solo quartieri poco raccomandabili come avveniva in passato; riguarda soprattutto quelle fasce di età che rientrano nelle scuole elementari e medie inferiori. Si tratta di un comportamento legato all’aggressività fisica, verbale e psicologica; non si tratta di normali litigi che avvengono tra studenti, ma di veri e propri soprusi che costantemente, con violenza fisica o psicologica, vengono imposti su soggetti particolarmente deboli e indifesi, suscitando in loro poca autostima, il senso di isolamento e di emarginazione. Occuparsi del bullismo non significa contrastare questo fenomeno nelle scuole, ma creare una vera e propria strategia preventiva contro l’aggressività che potrebbe poi sfociare nei vari ambiti della società nelle relazioni tra studenti, genitori, insegnanti e nelle relazioni da adulti. Il professor Smith, uno degli studiosi più accreditati sull’argomento in un convegno15 sul bullismo, ha affermato che questa strategia deve divenire una vera e propria politica governativa scolastica, proprio come è accaduto in Gran Bretagna, che riconoscendo l’importanza sociale del fenomeno e della sua incidenza sulle forma di aggressività violenta dei giovani, ha finanziato piani di intervento e prevenzione del bullismo in tutte le scuole del territorio 15 Bologna 2001 20 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione nazionale, giungendo a sanzionare economicamente perfino le scuole inadempienti. Questa strategia si propone principalmente tre obiettivi: -prevenire l’aggressività; -promuovere il dialogo per evitare l’aggressività; -contenere l’aggressività. Il primo obiettivo sarà possibile solo se gli adulti saranno consapevoli del proprio ruolo e capaci di creare per gli studenti contesti relazionali ed educativi significativi. Gli adulti, tanto i genitori, insegnanti che altre persone, devono cercare di essere più vicino possibile alla crescita dei giovani; questo non vuol dire limitarsi a imporre loro una disciplina rigida per evitare una cattiva condotta ma cercare di creare una relazione che si basi principalmente sul rispetto reciproco. È importante sviluppare con gli studenti una vera e propria cultura del “fare insieme” e dello “stare insieme” in modo che possano avere dei punti di riferimento nella loro crescita. Esistono varie metodologie di prevenzione e tra queste il “Circle Time”: è uno strumento tecnico che viene utilizzato per attivare la partecipazione dei ragazzi e per condurre un gruppo dal punto di vista socio-affettivo, ossia delle relazioni che si instaurano tra i vari componenti; è un metodo di lavoro che viene proposto per affrontare, contrastare o prevenire il bullismo come fenomeno presente in un gruppo di classe, ma può essere usato anche per un qualsiasi altro argomento in quanto favorisce la partecipazione emotiva di tutti i partecipanti e permette un confronto equilibrato e maturo tra le persone. Se questo metodo viene utilizzato in maniera costante potrebbe prevenire il disagio giovanile (difficoltà relazionali, abbandono scolastico, comportamenti sociali a rischio) e potrebbe contribuire a far si che i giovani siano più propensi all’educazione all’autonomia, alla responsabilizzazione, all’aumento dell’autostima, alla fiducia negli altri. Il percorso del metodo può essere sintetizzato in 10 punti: -gli alunni si siedono in cerchio nell’aula; 21 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione -è preferibile che il numero dei partecipanti non superi i 20 in quanto tutti devono avere la possibilità di intervenire e interagire; -dura per l’intero anno scolastico per un’ora e mezza alla settimana; -i tempi e le modalità per organizzare il cerchio vengono decise insieme per far partecipare tutti sin dal principio in maniera attiva; -i componenti del cerchio devono essere distribuiti in maniera uniforme, in modo che nessuno sia preminente all’altro favorendo cosi la comunicazione che in questa maniera diventa circolare ed efficace: “tutti ascoltano tutti”; -democraticamente vengono stabilite le regole(intervenire uno per volta, ascoltare in silenzio chi parla,…); -ognuno è libero di esprimere le proprie opinioni; -si passa alla tecnica del “brainstorming”16: liberamente sono gli stessi partecipanti che propongono gli argomenti per la discussione; -può essere proposto un tema qualsiasi: sesso, amore, droga, rapporti coi genitori,…; -il conduttore dovrà cercare di coinvolgere tutti senza tirar fuori le proprie opinioni in modo da non influenzare i partecipanti. L’ obiettivo è quello di far vivere ai giovani l’esperienza del “fare insieme” e dello “stare insieme”in modo che possano sviluppare il senso di socialità e promuovere il rispetto tra loro stessi. Questo modello è utile per prevenire un qualsiasi fenomeno deviante difatti viene spesso utilizzato nei centri educativi, proprio come il “Centro Allegra Compagnia di Mesagne”. Il secondo obiettivo accenna al dialogo, che in particolar modo deve interessare la famiglia, dato che rimane questa la prima vera e propria agenzia di socializzazione; comunicare correttamente nella relazione genitori-figli aiuta senza dubbio a migliorare le relazioni personali, il modo di vedersi e di comprendersi. L’adulto deve impostare la relazione sulla comunicazione in quanto ci deve essere un continuo scambio tra figlio e genitore; si possono 16 “tempesta di cervelli, di idee.” 22 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione riassumere tre importanti tecniche di comunicazione che rendono ancor più efficace il dialogo: 1. MESSAGGIO IO: è importante che l’educatore-genitore metta a confronto i propri sentimenti col proprio figlio. Mi riferisco al fatto di evitare di utilizzare messaggi in seconda persona, ossia: “ Non ti permettere mai più…, Ti comporti come un bambino…”;in questo caso i sentimenti dell’adulto non vengono comunicati e il giovane potrebbe interpretare questi messaggi come un volerli incolpare senza però capire il perché realmente quel comportamento da lui assunto sia ritenuto inaccettabile. È importante far capire quali sono le conseguenze delle sue azioni senza dare giudizi e riferirsi al comportamento specifico senza generalizzare con frasi del tipo: “ è sempre la stessa storia…, sei sempre cosi…”. È bene fornire ulteriori esempi: se un genitore è in ritardo e il figlio ancora non è pronto è bene che la madre non inizi a generalizzare su quel comportamento ma che spieghi come si sente nel caso in cui tardassero nuovamente all’appuntamento; i messaggi in prima persona devono essere sinceri e devono incoraggiare i ragazzi a fare altrettanto. Quindi se ritorniamo all’esempio della madre in ritardo alla frase “ogni volta è la stessa storia” si sostituisce “siamo in ritardo e io sono agitata e se non saremo puntuali farò una brutta figura”; in questo modo la madre fa capire al figlio le conseguenze pratiche delle sue azioni e li responsabilizza rispetto al comportamento da tenere. 2. L’ASCOLTO ATTIVO: è una tecnica che richiede l’attenzione verso l’altro, la concentrazione sui sentimenti che esso esprime e sui problemi emotivi che stanno dietro le sue parole. È bene evitare di esprimere liberamente le nostre opinioni e di voler imporre il proprio punto di vista, l’obiettivo deve essere quello di entrare in contatto con i sentimenti dell’altro. Questa tecnica si divide in quattro momenti fondamentali: 23 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione - il silenzio: la rinuncia a intervenire, a dire le proprie opinioni per concentrarsi su ciò che l’altra persona cerca di esprimere faticosamente; - i messaggi di accoglimento: messaggi che rafforzano l’ascolto silente(“ti sono vicino, ti capisco”); - l’incoraggiamento a parlare; - la riflessione sul pensiero dell’altro; dare l’appoggio senza mai esprimere il proprio giudizio. 3. LA NEGOZIAZIONE: il cosiddetto metodo senza perdenti, il creare punti d’incontro tra le esigenze del figlio e del genitore. Queste tecniche nel loro insieme rafforzano il rapporto tra genitori e figli dando la possibilità ai giovani di esprimere le proprie preoccupazioni e avere dei punti di riferimento in modo che possano rendersi conto di eventuali rischi. Il terzo obiettivo si riferisce al fatto di “dover dire no”: l’educatore deve comunque porre dei limiti per far si che i giovani sappiano quando fermarsi. È necessario quindi, tanto per il bullismo che per tutti gli altri comportamenti devianti, che avvenga un cambiamento educativo basato sullo scambio relazionale tra giovani e società in modo da organizzare un piano di prevenzione che possa mirare a rispondere ad ogni particolare esigenza, (dalla costruzione di piccoli spazi fisici per i ragazzi ad un vero e proprio risanamento ambientale che implica il soffocamento di tutti i fenomeni devianti del territorio Storia del centro di aggregazione giovanile “Allegra Compagnia” di Mesagne (Brindisi)17 “EDUCARE ALLA RELAZIONE COME ALTERNATIVA ALLA MAFIA”: quando su un territorio i ragazzi hanno maggiore dimestichezza con vicende malavitose e con dinamiche di microcriminalità che con il libero dipanarsi della propria adolescenza, ci si deve chiedere se i loro comportamenti devianti 17 Da “Animazione Sociale –novembre 2008 ”,Il mensile degli operatori sociali. 24 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione costituiscano un trend generazionale o se siano alimentati da una cultura locale accondiscendente a una mentalità di tipo mafioso. Solamente se si offrono modelli di vita alternativi in spazi di libera espressione aggregazione e socialità, i ragazzi possono cambiare i propri modi di pensare e agire nella realtà sociale in cui vivono”. <Mesagne è una piccola città della provincia di Brindisi, a vocazione prevalentemente agricola. Durante gli anni Ottanta, il suo territorio è stato fortemente interessato dal coinvolgimento di un gran numero di cittadini in attività criminose, tanto da trovarsi al centro di quel grave fenomeno mafioso tristemente noto come “Sacra corona unita”. La situazione sociale che si è venuta a determinare ha avuto inevitabilmente pesanti ricadute negative sulla popolazione minorile e giovanile. Bambini e ragazzi hanno subito i contraccolpi di questa evoluzione o perché membri di famiglie impegnate nelle vicende della Sacra corona unita(orfani di morti ammazzati, figli di detenuti) o perché dediti alla microcriminalità. Malgrado questa città non avesse una tradizione mafiosa, negli anni successivi molti giovani furono protagonisti di fatti di cronaca delinquenziale. Le strade e le piazze, un tempo luoghi di aggregazione libera e informale in cui ragazzi e bambini potevano giocare e trascorrere il tempo libero, da un certo momento in poi si trasformarono in veri e propri luoghi di paura. A questo clima di intimidazione la città ha cercato di reagire ed una della iniziative proposte fu il centro aggregativo “Allegra Compagnia” dal quale è poi nata una vera e propria rete di servizi per l’infanzia e l’adolescenza unica nel territorio pugliese. Nel 1997 l’amministrazione comunale, dando seguito a iniziative forti di lotta alla mafia, nate sulla scia dei mutamenti politici e culturali verificatisi agli inizi degli anni Novanta, attivò il progetto di “Mesagne città sicura”, con l’intento di estendere la lotta alla mafia a iniziative preventive e protettive nei confronti della popolazione minorile. Il progetto “Mesagne città sicura” trova cosi proseguimento nel progetto “Adolescenze in campo”, che si traduce nella 25 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione creazione di uno “sportello si solidarietà giovanile”, una struttura costruita attorno ad un nucleo di dodici educatori, formati attraverso un corso di aggiornamento pensato su misura per questo progetto, affiancati da un equipe di consulenti scientifici esterni. L’obiettivo principale era quello di proporsi come strumento e occasione di comunicazione per i giovani del territorio, offrire opportunità per stare insieme, promuovere una socializzazione positiva e attivare interventi a carattere preventivo, dove la prevenzione è intesa soprattutto come promozione di opportunità e risorse. Il primo intervento dello sportello sul territorio è rappresentato da una serie di attività decentrate (animazione territoriale), funzionale ad avviare un aggancio dei ragazzi e delle ragazze. Nasce cosi “Quartieri animati”, un contenitore di diverse attività rivolte ai giovani dai dodici ai diciotto anni. Nell’ambito di questa iniziativa vengono realizzate attività sportive, giochi di quartiere ed escursioni guidate. La scelta di effettuare le diverse attività nei diversi quartieri della città era data dalla volontà di essere presenti li dove prende forma la quotidianità degli adolescenti e di trasformare i loro spazi abituali in luoghi che tornino a vederli protagonisti. Successivamente dagli stessi ragazzi che aderirono al progetto arrivò la richiesta di avere uno spazio tutto per loro, un luogo fisico dove potersi incontrare ed esprimere liberamente. Il Comune di Mesagne decise quindi di intervenire e mettere a disposizione una casa. Lo sportello a questo punto si trasforma cosi in un intervento complesso articolato in tre servizi: uno sportello informativo rivolto a giovani e adolescenti, un centro di aggregazione giovanile e il servizio di educativa domiciliare. Dopo numerosi incontri furono gli stessi ragazzi a chiamare quel luogo che per loro rappresentava una seconda casa “Allegra Compagnia”, un nome che richiama appunto il carattere accogliente, allegro e familiare che lo rappresenta. Allegra compagnia ha da quel momento l’ obiettivo di promuovere opportunità di incontro e socialità, attraverso esperienze educative, espressive e di aiuto e 26 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione supporto alla crescita, svolgendo una funzione di raccordo tra enti locali e la realtà degli adolescenti del territorio. Le attività del centro si configurano come proposte educative e d’incontro attraverso itinerari di esperienza extrascolastica di tipo aggregativo e socializzante. Esse diventano dei pretesti per promuovere la costruzione di una conoscenza di sé e solo dopo di acquisire determinate conoscenze, abilità o competenze. Nella ricerca “Libera” 18sulla criminalità mesagnese, tali iniziative erano finalizzate a qualificare il tempo libero dei ragazzi connotandolo di valenza formativa ed educativa: era necessario sviluppare gli interessi dei ragazzi, sostenendoli nel difficile processo di crescita, utilizzando il gruppo come luogo privilegiato di confronto. Nell’ottobre del 2004 un importante avvenimento coinvolge Allegra Compagnia: l’assegnazione di un’abitazione confiscata e la visita di don Ciotti, presidente nazionale di Libera che inaugurò la nuova sede. L’incontro con Libera prosegui e si ampliò nell’estate di quell’anno attraverso il rapporto con l’associazione Acmos che opera a Torino. Il centro Allegra Compagnia è un servizio nuovo, unico nella provincia organizzatosi in un territorio privo di una cultura laica dell’educazione, dove gran parte dei luoghi di aggregazione apparteneva alle associazioni parrocchiali e sportive. A Mesagne , realtà prevalentemente rurale, cosi come in tutta la Puglia, l’attenzione laica ai problemi socioeducativi ha un passato recente, ed è figlia della necessità di contenere e prevenire un crescente disagio giovanile. Disagio che, se per alcuni versi non è diverso dalle altre zone dell’ Italia, legato alle trasformazioni in senso consumistico della società in cui viviamo, nella nostra città è frutto anche di una crescente crisi occupazionale e dell’incontro con una cultura di tipo mafioso che lentamente si andava insinuando nel tessuto sociale: la mancanza di lavoro, infatti, ha visto molti 18 Associazione Libera, “La criminalità organizzata nel territorio mesagnese, Mesagne 2006,p.167. 27 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione giovani transitare verso la nascente organizzazione mafiosa, che prometteva guadagni facili e prestigio criminale. “Allegra Compagnia”: perchè strumento di prevenzione? Il Centro di aggregazione giovanile “Allegra Compagnia” è nato come risposta ai bisogni sociali che sorgevano negli anni novanta; in particolare è stato ideato per far si che i ragazzi provenienti da famiglie problematiche, specie quelle legate alla mafia, avessero un punto di riferimento per evitare che anch’essi voltassero per quella strada. Un punto di riferimento che non può limitarsi allo spazio fisico, ma che deve essere inteso soprattutto come spazio mentale, ossia come un ambito relazionale in cui i giovani abbiano la possibilità di esprimere la loro personalità senza subire il condizionamento dei loro genitori, che delle volte tendono a trasmettere in maniera passiva ciò che la società ha imposto, loro facendo ricadere i ragazzi nei loro stessi errori. Uno dei problemi della società contemporanea è che oggi i nostri ruoli sociali coincidano con la nostra identità facendoci dimenticare che siamo noi a dover scegliere in ciò che vogliamo credere e su quali valori far riferimento. Ed è proprio per questo che dobbiamo creare questi spazi: spazi in cui il ragazzo abbia la possibilità di relazionarsi coi suoi coetanei, col contesto in cui vive al di là della famiglia, con le differenze culturali che caratterizzano ormai il nostro territorio; spazi in cui sia il ragazzo stesso a decidere della sua personalità. Se non ci dovessimo dirigere su questa traiettoria, il giovane tenderebbe ad una mentalità chiusa portandolo a non relazionarsi con tutto ciò che è differente dalla sua quotidianità e a assumere comportamenti delle volte devianti a causa della scarsa disponibilità all’ascolto dimostrata nei loro confronti e a causa dei fenomeni devianti già presenti nel territorio. Dobbiamo fare in modo ,invece, che la quotidianità del ragazzo venga caratterizzata da questi continui rapporti con l’esterno, in modo che da adulto possa avviare dei 28 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione rapporti sani. Inoltre non dovremmo preoccuparci solo di risanare l’ambiente in cui il ragazzo vive, ma preparare il giovane a sfruttare le proprie capacità in maniera che ognuno di loro possa trovare la sua strada e riemergere da questo ambiente. A questo proposito dobbiamo la persistenza del Centro Allegra Compagnia che,in un certo senso,sembra essersi evoluto: non si limita solo a creare uno spazio come alternativa alla strada, ma cerca soprattutto di insegnare ai ragazzi a saper sfruttare tutte le loro capacità in modo tale che in futuro siano capaci di incrementare le loro competenze e crearsi un avvenire migliore. Il centro offre una serie di attività che coinvolgono varie tipologie di ragazzi provenienti da ambienti familiari differenti, ma nonostante questo riescono a formare un unico gruppo dimostrando, quindi ,che creando degli spazi di ascolto il giovane sia più propenso alla socializzazione con gli altri piuttosto che alla mentalità chiusa imposta dall’ambiente da cui proviene Tra le attività proposte dal centro: 29 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione “Break-dance” 30 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione “Spray-art” - 31 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione “Escursioni” 32 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione Oltre a queste vengono preparati degli spettacoli che cercano di coinvolgere e avvicinare in maniera più uniforme tutti i ragazzi indipendentemente dalla loro attività preferita ,come accade per la preparazione del dramma “Romeo e Giulietta”che comporta la collaborazione di tutti i ragazzi: gli appassionati di canto,ballo,recitazione,musica e cosi via. Il Centro Allegra Compagnia è comunque un contesto che, nonostante le varie attività, si apre anche a ragazzi che non hanno nessuna abilità particolare, se non quella di voler finalmente trovare figure su cui finalmente poter contare. Le educatrici svolgono un ruolo chiave che si basa specialmente sulla volontà di ascoltare i loro problemi, le loro opinioni, le loro idee volta per volta. Il centro rappresenta uno degli strumenti che si collocano sul piano della prevenzione in quanto parte dal presupposto che i giovani debbano essere considerati dalla loro concretezza. “Allegra compagnia” a confronto con la realtà scolastica del territorio mesagnese: intervista all’educatrice del centro allegra compagnia 1) Allegra Compagnia nasce nel 1999 su una progettazione che l’amministrazione comunale da tempo cercava di mandare avanti a causa degli episodi di delinquenza che si erano susseguiti nel territorio mesagnese, in particolare l’insorgere della “Sacra Corona Unita”: sappiamo infatti che parecchi giovani vennero e ancora oggi sono coinvolti in questo fenomeno. Perché si pensò che un centro di aggregazione giovanile potesse contribuire più delle altre associazioni giovanili al soffocamento del disagio sorto in quegli anni? <Il centro nasce e continua ad essere strumento di prevenzione, anche se in un primo momento nell’anno 1999 si era proposto di creare anche un servizio di recupero; inizialmente era presente un equipe ben organizzata con otto educatori, tra cui uno psicologo, un’assistente sociale e un pedagogista e di conseguenza furono organizzati due tipi di servizi: da una parte lo “Sportello 33 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione di solidarietà giovanile”(quattro educatori andavano presso le case dei ragazzi segnalati dai servizi sociali e con il pretesto del sostegno scolastico si cercava di dare un maggiore supporto educativo), dall’altra il servizio offerto all’interno dello stesso centro che comprendeva una serie di attività ricreative. Dopo l’estate del 1999, a seguito del progetto “Quartieri Animati” gli stessi ragazzi che avevano partecipato a questo progetto ci chiesero di creare un piccolo spazio dove potessero continuare a stare insieme dando vita cosi ad Allegra Compagnia, che in quegli anni era collocato in uno stabile diverso da quello attuale: era uno stabile grande, la parte superiore era destinata al sostegno scolastico per quei ragazzi che in casa avevano situazioni difficili dando loro la possibilità per almeno qualche ora di allontanarsi da quell’ ambiente inadatto alle loro esigenze; le altre aree delle stabile costituivano l’area ricreativa. Inizialmente il centro era frequentato solo da quel gruppo segnalato dai servizi sociali, man mano, invece, si aggregarono altre tipologie di giovani in quanto all’epoca le alternative erano offerte solo dalle parrocchie o dalle associazioni sportive che a loro volta non erano predisposti e adatti alle esigenze dei giovani in quanto veniva a mancare la continuità che invece offre il nostro centro(il nostro centro rimane aperto anche la sera , mentre le altre associazioni tendono ad offrire determinati servizi solo in maniera saltuaria). Il fatto che pian piano il centro diveniva “il centro di tutti” poco a poco Allegra Compagnia si andava a distinguere dalle altre associazioni offrendo più delle altre, dato che dava la possibilità ai giovani di socializzare nonostante le diversità garantendo al territorio un servizio in più, (l’integrazione tra i giovani del territorio avveniva in maniera spontanea senza il bisogno che questi avessero alcuna abilità particolare, cosa che accade invece nelle associazioni parrocchiali o sportive).> 2) Oggi Allegra compagnia è collocato in un altro stabile che in qualche modo lo ha contraddistinto dalle altre associazioni, un luogo pieno di significato: il centro ha sede difatti in uno stabile confiscato alla mafia rendendo ancor più visibile l’obiettivo dello stesso centro, il risanamento 34 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione ambientale. È senza dubbio un buon dettaglio, ma non ho fatto a meno di notare le carenze e la mancanza di strumenti di questa struttura. Non crede che con gli anni sia stato enfatizzato troppo questo particolare per nascondere la promessa non mantenuta di ristrutturare lo stabile? < In verità l’unica cosa che ci mantiene in vita è il fatto di trovarci in un bene confiscato alla mafia che ci è stato assegnato da Don Ciotti, il prete che a livello nazionale si occupa della lotta contro la mafia iniziata in maniera più intensiva a seguito delle stragi di Falcone e Borsellino. Se non avessimo questo particolare il centro oggi non esisterebbe più. L’amministrazione comunale vuole chiudere,il progetto è in esaurimento,i laboratori con gli esperti svaniranno, non ci sarà più il sostegno scolastico: tutto si sfuma. C’è un problema di fondo, per gli altri non siamo importanti, è questo il problema. Con la nuova amministrazione siamo stati snobbati.> 3) L’attenzione per il sociale tende quindi a diminuire, come se lo spiega? Questa è stata sempre una prerogativa della sinistra, e dato che siamo ormai capitanati da un’amministrazione di destra il tutto prende significato. Non rientra proprio nella cultura della destra questo tipo di attenzione , ma anche a livello nazionale. Questi servizi sono considerati superficiali; non hanno nemmeno valutato la situazione. C’è ignoranza politica. Questo riassume in un certo senso la storia della politica italiana: politicamente questo centro è nato in un momento comodo, comodo per la pubblicità solo di quel momento, dopo di che è stato abbandonato a se stesso: gli educatori rimangono due, non si prevede nessuna sostituzione. Il comune non ha abbastanza soldi o forse è solo perché per alcuni non è un bene essenziale. Nessuna priorità, nessuno strumento, nessuna ristrutturazione: l’ edifico non è a norma, sono 8 anni che aspettiamo gli inizi dei lavori. Adesso si parla di un nuovo progetto, pero tutto rimane un forse. Forse ci sarà una rinascita, o una nuova attenzione verso questi servizi, ma fino ad adesso tutto tace. Purtroppo offriamo poco perché l’ equipe non è al completo, ci sono lacune, mancano le figure professionali e noi purtroppo dobbiamo improvvisare il tutto. 4) 35 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione Il centro si proponeva quindi di costituire uno strumento di prevenzione del territorio, quindi cosa può essere migliore della stretta collaborazione con le scuole che conoscono e formano questi stessi giovani. Sono a conoscenza del fatto che comunque sono state poche le attività create in comune con le scuole; pensa che la causa sia stata la mancanza di professionalità del centro dovuta alla scarsa organizzazione dell’equipe a pregiudicare i rapporti con le scuole? O crede che ci sia una sorte di pregiudizio generale nei confronti dei centri socio-educativi da parte delle scuole o delle famiglie, nel senso che si creda che siano rivolti solo ai cosiddetti giovani a rischio? <No, non credo. La scuola tende ad essere un contesto a sé! Nel senso che la scuola si dimostra aperta per attività di ritorno; si continua a vivere in un ottica da solisti: si apre solo nel momento in cui ci sarà qualcosa di ritorno alla stessa scuola: tutto si muove per garantire alla scuola autonomia: si parla di una scuola competitiva ; è una scuola che si propone, che vende, che si fa dei clienti: i ragazzi. Negli anni ci siamo offerti di creare delle attività in comune che coinvolgessero tutte le tipologie dei ragazzi presenti nelle scuole, ma la scuola tende a riconoscere questo centro come uno spazio destinato solo a “giovani a rischio”, ragazzi con problemi: è una scuola che ancora non si apre a un discorso di rete, al lavoro col territorio, ad un’ educativa comune. Le stesse professoresse si sono rivolte solo nei casi di alcuni ragazzi difficili nonostante sia stato sollecitato il fatto di coinvolgere tutti senza distinzioni. Lo ribadisco: il centro è per tutti. Abbiamo anche proposto degli incontri in mattinata, delle attività ricreative nel pomeriggio, ma alcune volte non ci è stato possibile nemmeno entrare nelle classi per fare la promozione. Ad un certo punto ci è stato detto che avrebbero mandato loro i ragazzi se ne avessero avuto bisogno. La scuola si rapporta solo nel momento in cui ha delle situazioni che non sa gestire ,rivolgendosi poi alle strutture comunali dato che la maggior parte delle volte i percorsi individualizzati mancano. Fino al 2004 il nostro centro, oltre alla prevenzione, si proponeva anche l’ obiettivo di contenere il disagio tanto che la scuola tendeva a mandarci solo i ragazzi difficili creando cosi un vero e proprio “luogo ghetto.”Qui arrivavano i ragazzi segnalati, si era venuto a creare un ghetto che oramai non poteva più 36 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione aiutarli; il centro risultava inutile, si era trasformato in un luogo che in qualche modo li giudicava, li stigmatizzava; il centro era solo per giovani a rischio. Dopo di ciò il pregiudizio è continuato a crescere nel paese. Dal 2004 c’è stato un cambiamento e si è cercato di farlo diventare il centro di tutti: la struttura sin dall’inizio non offriva molto, mancavano gli strumenti, era carente, ma per lo meno cominciava ad assumere un significato diverso. Il centro segna la voglia di risanare il territorio, di combattere i fenomeni devianti, si propone come strumento di prevenzione rivolto a tutti i giovani del territorio mettendo in evidenza il fatto che la devianza giovanile non è caratteristica esclusivamente dei giovani a rischio ma di tutti. Condivido il fatto che la scuola cerchi maggiore professionalità per collaborare nelle attività,come psicologi, pedagogisti e forse è proprio per questo che non mostra disponibilità nella collaborazione, ma penso anche che spesso decida di agire in questi termini non per i ragazzi stessi, ma per il prestigio della scuola. La scuola cerca progetti che coinvolgano personaggi noti e si rifiuta di collaborare con noi per non passare in secondo piano. La scuola deve e vuole vendere. Ti faccio un esempio: “Parlarne per crescere” è un laboratorio di discussione ideato da noi collaboratrici con il supporto di psicologi, pedagogisti; questo è l’unico progetto a cui la scuola si è dimostrata interessata solo perché faceva comodo utilizzare la nostra professionalità gratuitamente. Noi non vogliamo sostituirci ai progetti educativi della scuola; noi subentriamo nel tempo libero dei giovani: solo chi sta nel tempo libero si può accorgere di cose che nella scuola non puo notare; qui i ragazzi esprimono la libertà, nella scuola c’è costrizione, ed è nella libertà che il disagio nel gruppo può venir fuori per soluzionarlo. “Parlarne per crescere” è nato spontaneamente nella vecchia struttura in cui i ragazzi spontaneamente decidevano di affrontare temi che spesso li vedevano protagonisti (sesso,droga,…) con le educatrici tanto che decidemmo di far ricorso a figure professionali. 37 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione Le attività nelle scuole vengono fatte per vendere,la scuola si sponsorizza , lo fa per fama :poco centra il futuro dei giovani. Fino a quando si sono voluti avvalere delle nostre competenze ci hanno appoggiato,dopo di che ci hanno scartato. Non si tratta di pregiudizi ma di mancanza di rispetto, di poca correttezza nei nostri confronti. La scuola deve vendere e preferisce collaborare con personaggi illustri piuttosto che con delle piccole realtà come la nostra. L’ autonomia della scuola prevale sulle vere esigenze dei giovani e nonostante i vari progetti non è ancora uscita fuori dai vecchi modelli di insegnamento che non preparano i giovani al mondo esterno e a quella che sarà poi la loro quotidianità. Considerazioni conclusive A mio avviso credo che tutte queste difficoltà abbiano in comune un problema di fondo: Mesagne è un contesto che vive in una mentalità chiusa , imprigionata nelle tradizioni , nei pregiudizi, tendente al patriarcato, dove i giovani non hanno la possibilità di esprimersi come vogliono, non perchè non possano farlo ma in quanto non sono nemmeno consapevoli di doverlo e poterlo fare. Il territorio deve essere risanato dalla delinquenza, senza dimenticare il peso dell’ignoranza. Si deve crescere in ogni direzione: la cultura diventa uno strumento indispensabile affinché i giovani possano perseguire liberamente il proprio diritto all’autodeterminazione. Però cultura che non si esaurisce alla sola istruzione. È importante che il territorio non rimanga vuoto, che ci siano più spazi in cui i giovani apprendano a rispettarsi, ad essere più tolleranti, verso chi ha il colore della pelle diverso, verso chi ha delle preferenze sessuali differenti , verso le donne,…. Il fatto di essere cresciuta in un piccolo paese e di vedere cose che in altre realtà nemmeno esistono mi lascia sperare che un giorno anche Mesagne, 38 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione cosi come altre piccole realtà vicino alla nostra, possa crescere; si tratta solo di questo, aiutare i giovani a crescere. Solo cosi sarà possibile lo stare e il fare insieme e il miglioramento dell’ intero territorio. - Parità, comprensione, solidarietà, apertura - è questo ciò che dovremmo trasmettere ai giovani nell’era globale per una società ordinata ma in continuo mutamento. 2.3 El plan de la asistencia: el ejemplo de la Asociaciòn Mensajeros de la Paz de Madrid Como orientarse en materia de asistencia Por lo general la asistencia social tiene como objetivo ayuadar a los individuos para que estos tengan todo lo que hace falta para vivir, cosas que no son solo cosas materiales sino tambien afecto, proteccion, ecetera. La manera mejor para garantizar esto es ententar cambiar la vieja concepcion de asistencia a los menores: es decir que es importante aclarar que la familia es el medio mas apto para la formacion y el desarrollo del niño y del joven y de consecuencia es importante que la asistencia asegure la permanencia de estos en aquella y que opere para perfeccionarla, fortificarla y consolidarla, cosa que por lo contario no pasaba en el pasado pues el niño vivia en el istituto. Podriamos definir asistencia como la proteccion, la orientacion y la promocion de la familia; la asistencia tiene que crear unos sistemas alternativos a la familia de origen del joven cuando esta misma presenta desventajas que pueden molestar la formacion de la identidad del joven. Hace falta entonces: - Ententar solucionar todos los problemas economicos y educativos de la familia de origen para que el menor pueda volver a vivir en ella; 39 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione - Cuando resulta imposible que el menor vuelva a vivir con su familia hay que crear otro medio familiar que pueda sostituir la familia original: adopcion, familia sustituta, etc. - Cuando uno de los medios familiares precedentes son incapazes de brindar al menor hay que crear otros sistemas: las casas hogares o pequeños hogares; - Seria mejor elegir los institutos que alojan un gran numero de menores solo como ultima alternativa o como sistema transitorio pues reproducen muy poco la vida familiar. En los ultimos quince años el sistema de pequeños hogares o casas hogares se ha considerado como algo nuevo y revolucionario sino esto constituye por lo contrario un regreso a las fuentes. Tenemos que tener en cuenta que, desde siempre, la forma mas generalizada de asistencia al niño abandonado fue la que naturalmente se ofrecia en otras familias, parientes o no. Esta forma era la mas espontanea para atender la necesidad, poniendo en practica la solidaridad humana; en el pasado era posible entregar los niños sin familia a los vecinos para que atendieran a su ciudado y educacion19. Historicamente esto resulta ser la primera aplicacion de esta filosofia asistencial, aunque es de presumir que la accion no estaba fundada en los mismos principios psicologicos y pedagogicos que hoy rigen: es decir dotar al niño de una madre o de una familia que para su mejor crianza y educacion reemplace a la natural, partiendo simplemente del principio de respeto a los derechos del niño de recibir atencion y formación personalizada en el seno de una familia. En el sistema de pequeños hogares o casas hogares estaran dos grupos diferentes de menores: aquellos cuya evolucion familiar esta operando y puede ser que sean reintegrados en un tiempo prudencial, por lo general no muy corto, y aquellos otros para los cuales esa posibilidad surge como remota. 19 Así resulta en las actas de la Casa de Expositos creada en 1779 durante el Virreynato. 40 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione Hay que tener claro que el nuevo hogar no reemplazara ni competira con el de origen; sera su sustituto hasta tanto aquel pueda retomar su rol fundamental. El sistema de casas hogares para formar un conjunto que pueda asistir verdaderamente al niño tiene que respetar unos puntos fundamentales: - favorecer el desarrollo de la personalizacion, socializacion y transmision de valores de los mayores a los menores; - la individualizacion como presupuesto basico de todas las acciones; - el desarrollo de relaciones e interacciones entre todos los miembros; - la generacion de relaciones afectivas, de la autoestima, del respeto, de la conducta solidaria, de los ideales del bien comun, de la generosidad, del ejercicio de la voluntad, de la responsabilidad personal y social, ect; - la integracion en la comunidad; - la desestigmacion del menor por su integracion familiar y social y por su formacion espiritual y educativa. Presentacion Asosiacion Mensajeros de la Paz de Madrid “CARTA DE UNA ADOLESCENTE20 21 de Marzo de 1997 <...Gracias a Mensajeros de la Paz, yo he podido seguir luchando para forjar un mañana para mi hija. Mientras he estado en Mensajeros me he dado cuenta que ahí no he sido un número, un historial o un informe, como lo he sido en el hogar provincial y en Amaltea, sino que me han tratado como a una persona. He conocido lo importante que son algunas cosas como por ejemplo, sentir que esa es tu casa, que ahí estas segura y no te van a echar a la calle cuando cumplas la mayoría de edad; que puedes seguir luchando, haciéndote más persona día a día, y muchas cosas más; aprender el valor que tiene una cosa tan común como sentarte a la mesa a comer con las personas que convives, que son totalmente diferentes a tí, pero que sin embargo están en la misma situación o parecida y necesitan el mismo amor que tu puedas necesitar....r> 20 Desde sito web de la Asociacion 41 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione Pili” Muchos niños y jóvenes siguen necesitando apoyo social para salir de la marginación. Son niños y jóvenes maltratados por la vida, cuya mayor carencia es la de un Hogar y una familia que les cuide y les quiera. La actividad principal de "Mensajeros de la Paz" consiste en acoger en los distintos "Hogares Funcionales" con que cuenta la Asociación a niñas, niños y jóvenes, que por problemas graves, viven fuera de un hogar familiar propio, estable y organizado. La “Asociacion Mensajeros de la Paz” es una Obra Social Declarada de Utilidad Publica, cuyos fines son acoger en “Hogares Funcionales” a menores privados de ambiente familiar o abandonados y a jovenes en dificultad social. La Asociacion Mensajeros de la paz de Madrid surge en 1996, pero el primer Hogar Funcional fue puesto en marcha en Oviedo el año 1967. Desde el 1997 el presidente de la Asociacion Mensajeros de la Paz de Madrid es Rodrigo Perez Perela. La Asociacion Mensajeros de la Paz –Madrid forma parte del conjunto de Mensajeros de la Paz: esta tiene su origen en el Proyecto de Regionalizacion iniciado en el 1996; a `partir de esa fecha se ha constituido como una entidad con personalidad juridica propia. Su historia se puede reasumir en unas fases: -1962: surge en Oviedo - 1968: Casas de familias, hoy Hogares Funcionales -1971: Proyeccion Nacional: Mensajeros de la Paz -1980: Nueva Expansion: Colaboracion con las Comunidades Autonomas -1991: Primer Hogar para niños con patologias especiales -1992: Medalla de Oro de la Solidaridad -1994: Premio Principe de Asturias de la Concordia -1995: Expansion en America Latina: Peru, Ecuador, Mexico, Estados Unidos y Bolivia. 42 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione -1995: Constitucion de la Asociacion “Edad Dorada” para ancianos -1995: Constitucion de la Fundacion Telefono Dorado -1996: Constitucion de Mensajeros de la Paz- Madrid -1997: Creacion de Centros de Dia -1998: Informatizacion del programa educativo de la Asociacion -2000: Instalacion de Internet en los Hogares y Centros de Dia de Madrid -2002: Formacion ocupacional. Por lo que concierne sus proyectos se pueden distinguir siete tipos: CASAS: son pisos o casas normales con dos educadores que atienden a grupos de hermanos en numeros de 4 a 6.Hacen la vida de qualquier niño de su edad. Este programa atiende a 130 menores.Dentro de este programa se integran otros dos: “el programa Teseo21”y “el programa Camina22”. PISOS: este programa atiende a 30 jovenes de uno y otro sexo que llegan a la Asociacion con 16 años de edad y con una fuerte institucionalizacion. Dentro de este programa se integran, a su vez, los programas “Convinvencia 23 y “Columbia24”. CENTROS DE DIA: estos recursos atienden a una poblacion de 125 menores en horario extraescolar con la finalidad de evitar los problemas que una desestructuracion familiar pudiera ocacionar. TRABAJO DIRECTO CON FAMILIAS: asistencia a domicilio PROGRAMA DE “REFUERZO EDUCATIVO” INDIVIDUALIZADO PARA ESCOLARES. PROGRAMA MI PRIMER EMPLEO FORMACION OCUPACIONAL: para jovenes entre los 16 y 25 años de edad. 21 Este programa esta constituido por un grupo de niños con VHI, síndrome de Dwn y paralisis celebral y que, a pesar de los esfuerzos de la Asociación, no han podido ser adoptados todavía. 22 Ete atiende a un grupo reducidos de niños que han ingresado con graves e importantes pertubaciones. 23 Se trata de favorecer la integración desde el respecto y la tolerancia de aquellos menores no acompañados que proceden de otros paises, principalmente del Zagreb, encorporandolos en pisos con nuestros jóvenes. 24 Este programa se realiza en un piso que, a modo de lanzadera, ayuda a jovenes que habiendo cumplido ya los 18 años, necesitan cierto tiempo para desarrollar las aptitudes necesarias para asumir determinadas obligaciones corespondientes a la mayoria de edad. 43 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione Encuentro con el presidente de la Asociacion Mensajeros de la Paz de Madrid -Rodrigo Pérez Perela25, roza ya los sesenta años, lleva desde los comienzos en Mensajeros de la Paz. Tuvo la suerte de nacer en Ribadesella ( Asturias ) y está casado. Estudió teología, magisterio, pedagogía y derecho. Es abogado y funcionario en excedencia. Es el responsable general de MpazM donde lleva ya 11 años. Considera Madrid como una plaza difícil y complicada, pero no menos apasionante. Ha trabajado en muchas CCAA y guarda un recuerdo especial de su paso por América Latina. Cree en la necesidad de la investigación social y espera mucho de las Nuevas Tecnologías.- Durante el encuentro estuvo comentandome toda la historia de la asociación y como en los años se ha ido desarrollando, hablandome de la importancia del plan de prevención y de asistencia a los menores, de las dificultades economicas y cuanto hay que hacer todavia en el campo social. Entre todo, hablando de cuanto fuera importante asistir tanto los menores de España cuanto los de los Paises del Tercer Mundo, una frase en particular me llamó la atención: “...tenemos que preocuparnos de los jovenes que viven aqui; eso no quiere decir que hay que elegir, hay que hacer las dos cosas; hay que preocuparse de los que viven en paises no desarrollados y también de los que estan aqui...”; después siguiò disiendome: “ ¿A ti que te gusta, la playa o 25 Fuente www.elmenordigital.net 44 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione la montaña?..la ciudad o el campo? La <o> no tiene que existir sino hay que hablar con la <y>”. Creo que lo que estuvo entendando explicarme es que tenemos que abrirnos, ententar obrar por una comunidad que no se acaba a los limites del territorio en el que vivimos; hay que obrar tanto en el plan de la prevención como en el de asistencia para que esta utopía de comunidad global pueda volverse realidad. Después pasó a la presentación del proyecto de “El menor digital” y me contò de la importancia de internet como medio de colaboración, participación, integración, prevenciòn, asistencia, información y comunicación. Se trata de un periodico virtual en el que colabora gente que apartenece a distintos paises, gente común o con competencia; esta dividido en varios sectores y cada sector contiene noticias de distintas regiones: España, Europa, Norteamérica, Latinoamérica, Paises Árabes y Resto del Mundo. El echo de que pueda colaborar cualquiera, demuestra cuanto se pretende usarlo como herramienta que facilite la colaboración entre todos; esta claro sin embargo que cada uno colabore siempre en relación a sus competencias: por ejemplo, en mi caso el señor Pérez me ofreció colaborar poniendo una o dos veces a la semana unas noticias de Italia que se refieran a los menores traduciendo el titulo en español pero poniendo la noticia en italiano, o de escribir un artculo sobre los centros de día de Italia pues mi tesis habla tambièn de esto; pero también hay gente que tiene mas competencia y que intenta crear una verdadera red social que pueda ayudar a crear un trabajo común. El echo que las noticias salen en idioma original o que mandan a la fuente original ya es un signo de querer la participación de cualquiera permitiendo también a los que non conozcan el idioma de ponerse en contacto o coger informaciones de otros paises. Después me habló de otro proyecto que ententa ocuparse de jovenes que tienen ya la mayor edad y que después de esta el ayuntamiento pretiende que se vayan de los hogares contribuyendo de esta manera a que estos se encuentran en situación de riesgo social. Finalmente otra cosa que dijo el señor Perez me llamó la atención: “...la cosa mas importante son los chicos; yo siempre he trabajado para que mis chicos 45 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione tengan una vida normal; lo importante es defender los derechos de estos chabales, ¡porque se lo merecen!...”. Para esta asociación es importante ofrecer a estos chicos asistencia, lugares donde vivir, jugar, aprender sin que estos pero pierdan la posibilidad de hacer una vida “normal”, como los demás digo. Es importante que estos jovenes siempre tengan la sensación que sean como los demás para que puedan tener buenas relaciones y para que se redusca el riesgo que estos se vuelvan los rechazados de la sociedad. 46 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione 2.4 Analogías y diferencias entre España e Italia (E) En este contesto creo que hacer una comparación entre España e Italia, ( y por tanto una comparación entre el plan de asistencia y aquello de la prevención), sea en algun sentido la contradición de todo lo que habría querido trasmitir verdaderamente. Desde el pricipio he querido poner en evidencia la importancia de obrar en las dos direcciónes, pues creo que están estrictamente conectadas la una a la otra: no se puede pensar en solucionar el fenómeno de la desviación juvenil ofreciendo ayuda sólo a aquellos que ya forman parte de esta, ni abandonarlos e intentar salvar aquellos que aún resultan estraños al problema; como podemos ver todo debe concretarse en un único plan de protección. La confirmación de lo que he dicho la he tenido a través de mi breve esperencia en el “Centro Allegra Compagnia di Mesagne” y aquella en la “Asociación Mensajeros de la Paz de Madrid”: no obstante estos centros han sido creados para obrar en dos direcciones distintas, poco a poco ha resultado dificil delimitar las dos tipologías de intervención; idear y construir un plan de prevención y un plan de asistencia separadamente serìa util sólo para la organización de los recursos, el espacio de intervención, para el investigador, pero concretamente resultaría ineficaz e inútil: en esto caso si contribuiría a la sola construcción de modelos abstractos que en teoría podrían funcionar pero en la realidad no, pues no tendrían en cuenta posibles variables. Variables que de ninguna manera deben descuidarse, pues no se trata de números o de casos, sino de personas y de las condiciones ambientales en las que estas viven; entonces aún hipotéticamente por ejemplo “Allegra Compagnia” ha sido ideado como instrumento para garantizar la cura del territorio, personalmente me ha sido posible constatar que también los pequeños problemas de cada sujeto no vengan descuidados. La idea que une las dos tipologías es el echo de considerar el joven en su concreteza para un mutamiento común; esto es uno de los puntos fundamentales que asegura la mutación de la sociedad y que se puede constatar retratando la teoría 47 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione sociológica26, entendiendo por mutamiento el cambio de la organización social para que pueda satisfacer aún más las necesidades de los individuos que cambian con el paso del tiempo. Para una comparación de igual medida entre España e Italia preferíría comparar sólo el plan de la prevención, de echo en Madrid he decidido ir a un centro socio-educativo parecido a “Allegra Compagnia”: la “Asociación Mensajeros de la Paz” de Madrid además de ofrecer asistencia disponendo para los jovenes de unos hogares en los se puedan vivir, ha creado también los centros de día para que los jovenes que tengan problemas en us casas tengan la posibilidad de salir de esta y evitar que también estos chicos entren en la segunda tipología de intervención, osea que vengan enviados a los hogares creados por la asociación. Dadas las enormes dimensiónes de Madrid, la ciudad está dividida por barrios, así que en cada barrio “la Asociación MpazM” ha decidido crear un centro de día en relacción a las problematicas de cada barrio. Yo personalmente he estado en el centro que se encuentra en el barrio de “Hortaleza”, exactamente en la zona de “San Lorenzo” que está en la zona norte de Madrid capital. De el encuentro con la coordinadora, Alicia Calvo Rojo, me ha sido posible encontar las problematicas que estos centros, no obstante se encuentran en distintos paises, encuentran en su destino: así como “Allegra Compagnia”, también este centro de día de Hortaleza tuvo que sufrir una disminución del equipo, de echo también en el caso de Madrd los educadores han disminuido, así que la coordinadora obra en primera persona, como educadora, descuidando obligatoriamente la organización, obrando además de manera superficial, pués la falta de recursos economicos: hay que señalar que por lo general la “Asociación MpazM” tuvo un recorte de casi el 50% en los recursos económicos, tanto que a comparación con los varios proyectos resutan totalmente insuficientes. 26 Sobre el individualismo metodologico. 48 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione El problema resulta ser siempre el mismo: si las instituciones tienen que recortar los gastos, empiezan desde el campo social; lamentablemente esta manera de pensar de que estos proyectos son como algo más en el campo de la prevención y de la asistencia hace que la posibilidad de un mutamiento global sea menos concreta, un cambio general de la sociedad que ponga en primer plan el individuo y no las necesidades de la organización social. Procedendo con el analisis de los servicios ofrecidos por el centro de Hortaleza, también aqui, así como en “Allegra Compagnia”, me ha sido posible evidenciar algunas carencias: por ejemplo la falta de internet; internet es lo que hoy une a las nuevas generaciones, es su medio de comunicación, es lo los ayuda a crear relaciones, sobretodo para los jovenes con problemas que con este medio tienen, en vez, menores dificultades. Internet podria llegar a ser definido como un espacio social en el que los jovenes tengan la posibilidad de socializar, de integrarse, de aprender y entonces ¿cómo es posible que todavía hoy los ayuntamientos no lo dispongan de manera imediata? Debemos considerar como un verdadero fallo según mi punto de vista el echo que no se utilizan estas herramientas, sobretodo en un ámbito como el centro de día en el que el joven podría tener la posibilidad de utilizar libremente este espacio teniendo también la posibilidad de que lo orienten, pues no tenemos que olvidar sin embargo que internet es un lugar no protegido que podría orientar de manera equivocada al joven aún mas si este no tiene puntos de referencia o alguien que pueda ayudarlo a orientarse. Otro aspecto común a los dos centros es la escasa colaboración con la escuela: a través de la entrevista con la educadora de “Allegra Compagnia” ha resultado que la escuela tiende a definir estos centros como lugares para jovenes en riesgo rechazando la idea de que sean centros para todo el mundo, así que la colaboración con la escuela se limita a la señalación por esta misma de unos estudiantes que tienen dificultades en el aprendizaje causado en primer lugar por problemas familiares; la misma cosa ocurre en el centro de Hortaleza: la escuela señala a los jovenes que presentan problemas a los servicios sociales y después estos se asignan a los centros de día. Una de las 49 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione diferencias pricipales entre los dos tipos de centro está en el echo de que en el centro de Hortaleza puedan aceder sólo los que resultan en los registros de los servicios sociales, cosa que , a contrario de “Allegra Compagnia” estigamtiza aún más a los jovenes que forman parte de estos, creando en ellos una sensación de diversidad que pueda prejudicar negativamente las relaciónes con otros que viven, por lo contrario, en una situación de “normalidad”. Desgraciadamente el problema otra vez es un problema que está en la base de la sociedad: todavía no es comprendida la importancia de crear espacios comunes, es decir espacios en los que al mismo tiempo acogen jovenes en riesgo y no, para una socializació común, para que además puedan evitar crear grupos no compatibles. Sin embargo “la Asociación MpazM” de Madrid ha demostrdo que este es uno de sus objetivos, de echo los jovenes que viven en los hogares creados por la asociación hacen una vida normal: la asociación non los “encierra”, sino intenta facilitar sus integraciones en la sociedad, ayudándolos a entrar en la cotidianidad de sus coetaneos que viven una vida “normal”(común). Sin obiar las problematicas análogas a los dos centros socio-educativos, hay que decir que en el centro de Hortaleza hay una colaboración mayor con las institucones independientes a la asociación; de echo cada vez que uno de los jovenes presenta unos problemas (poca higiene, poca participación en lo deberes,...) rápidamente las educadoras señalan el problema a los servicios sociales: como podemos ver el margen entre el plan de asistencia y prevención es minimo: de la asistencia a la prevención, de la prevención a la asistencia, de los jovenes al joven o al contario; todo es un circulo vizioso y debe ser tal si se quiere realmente solucionar el problema y no sólo dejarlo en una esquina. 50 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione 2.4 Analogie e differenze tra Spagna e Italia (I) In questo contesto credo che fare un confronto tra Spagna e Italia, (e quindi un confronto tra il piano dell’assistenza e quello della prevenzione), sia in un certo senso la contraddizione di tutto quello che avrei voluto in realtá trasmettere. Fin dall’inizio ho voluto mettere in evidenza l’importanza di operare in entrambe le direzioni, in quanto credo siano strettamente connesse l’una all’altra: non si puo’ pensare di risolvere la devianza giovanile offrendo solo aiuto a coloro che ne fanno gia’ parte ne abbandonare questi ultimi e cercare di salvare coloro che ancora risultano essere estranei al problema; come vediamo il tutto si deve esaurire in unico piano di protezione. La conferma di quanto detto l’ho avuta grazie alla mia breve esperienza verso il “Centro Allegra compagnia di Mesagne” e quella della “Asociación mensajeros de la paz di Madrid”: nonostante questi siano stati ideati per operare in due direzioni distinte, pian piano in realtá é risultato difficile delimitare le due tipologie d’intervento; ideare e costruire un piano della prevenzione e un piano dell’assistenza separatamente sarebbe utile solo per poter organizzare le risorse, lo spazio d’intervento, per il ricercatore, ma concretamente risulterebbe inefficiente e inutile: si contribuirebbe in questo caso alla sola costruzione di modelli astratti che in teoria potrebbero funzionare ma in realtá no, in quanto non terrebbero conto di eventuali variabili. Variabili che in nessun caso devono essere trascurate, perche’ non si parla di numeri, di casi, ma di persone e delle condizioni ambientali in cui queste vivono; quindi anche se ipoteticamente per esempio “Allegra Compagnia” é stato ideato come strumento per garantire il risanamento del territorio, personalmente mi é stato possibile constatare che anche i piccoli problemi di ogni singolo soggetto non vengono trascurati. L’idea che accomuna entrambe le tipologie é il fatto di considerare il giovane nella sua concretezza per un mutamento comune; questo é uno dei punti fodamentali che assicura il mutamento della societá e che si puo constatare ripercorrendo 51 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione la storia del pensiero sociologico27, intendendo comunque sia per mutamento il cambiamento dell’organizzazione sociale affinché possa soddisfare maggiormente i bisogni degli individui che col tempo si susseguono e cambiano. Per un confronto alla pari tra Spagna e Italia preferirei mettere a confronto, invece, solo il piano della prevenzione, tanto che a Madrid ho deciso per ovvie ragioni di recarmi in un centro socio-educativo simile ad Allegra Compagnia: la “Asociaciòn Mensajeros de la paz de Madrid” oltre ad offrire assistenza mettendo a disposizione dei giovani gli “hogares” (le case famiglia) in cui poter vivere, ha creato anche “los centros de día”, che sarebbero dei centri socio-educativi in cui giovani che hanno problemi in casa hanno la possibilità di starne fuori per evitare che anche questi passino alla seconda tipologia d’intervento, ossia che vengano trasferiti alle case famiglie create appunto dall’associazione. Data la grandezza della capitale spagnola, Madrid è divisa nei cosiddetti “barrios”: ognuno di questi rappresenta un gruppo di quartieri e ogni gruppo ha un proprio comune; proprio per questo motivo, la “asociacion MpazM” ha deciso di creare in ogni “barrio” un centro socio-educativo relativamente alle problematiche che caratterizzano i vari quartieri. Io personalmente mi sono recata al centro che si trova nel “barrio Hortaleza”, precisamente nella zona di “San Lorenzo” che la ritroviamo nella zona nord di Madrid capitale. Dall’incontro con la coordinatrice del centro, (Alicia Calvo Rojo), mi è stato possibile individuare le problematiche che questi centri, nonostante la collocazione in diversi paesi, sono destinati ad incontrare: così come “Allegra Compagnia” anche “El Centro de día de Hortaleza” ha subito una graduale diminuzione dell’equipe, difatti anche in questo caso gli educatori sono diminuiti, tanto che la coordinatrice opera in prima persona, come educatrice, lasciando poco spazio, per forza di cose, all’area organizzativa, operando per di più in maniera più frivola data la mancanza di risorse economiche: c`é da 27 Mi riferisco alla parte relativa all’individualismo metodologico.. 52 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione segnalare che in generale la “Asociaciòn MpazM” ha subito un taglio netto delle risorse economiche a sua disposizione, quasi di un 50%, che a confronto con i vari progetti messi a punto dall’associazione risultano essere nettamente insufficienti. Il problema risulta essere sempre lo stesso: se il governo ha dei tagli da fare, il primo sarà sempre nel campo sociale; purtroppo questa tendenza a ritenere questo tipo di iniziative come un qualcosa aggiuntivo nell’area della prevenzione e dell’assistenza rende sempre meno concreta la possibilità di un mutamento sociale globale, un netto cambiamento della societá in generale che metta finalmente in primo piano l’individuo e non più i bisogni dell’organizzazione sociale. Procedendo con l’analisi dei servizi offerti dal centro di Hortaleza, anche qui, così come in Allegra Compagnia, mi è stato possibile sottolineare una certa carenza: per esempio la mancanza di internet; internet è ciò che unisce le nuove generazioni, è il loro mezzo di comunicazione, è ciò che li stimola a creare delle relazioni, specie per i giovani con problemi che con questo mezzo hanno invece minori difficoltà. Internet potrebbe essere definito come uno spazio sociale in cui giovani hanno la possibilità di socializzare, d’integrarsi, di apprendere, quindi com’è possibile che ancora oggi le amministrazioni stentino ad usufruirne? Dobbiamo considerare come un vero e proprio errore, dal mio punto di vista, il fatto di non sfruttare questi strumenti, specie in un ambito, come “el centro de día”, in cui il giovane potrebbe avere non solo la possibilità di usare liberamente questo spazio ma anche di essere guidato, perchè comunque non dobbiamo dimenticare che intenet è un “luogo” di socializzazione non protetto che potrebbe ulteriormente disorientare il giovane se questo non ha dei punti di riferimento o qualcuno che lo guidi. Altra cosa che accomuna i due centri è la scarsa collaborazione con la scuola: dall’intervista con l’educatrice di Allegra Compagnia è risutato che la scuola tende a definire questi centri come luoghi per i giovani a rischio, rifiutando l’idea che questi siano dei centri destinati a tutti, tant’è vero che la collaborazione della scuola si limita alla segnalazione degli studenti che hanno difficoltà nell’apprendimento causato principalmente dai problemi familiari; 53 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione la stessa cosa avviene per il centro di Hortaleza: la scuola segnala i giovani che presentano dei problemi ai servizi sociali e dopo di che questi vengono assegnati al centro. Una delle differenze principali tra i due tipi di centri è il fatto che nel centro di Hortaleza possano accedere solo coloro che risultano nel registro dei servizi sociali, cosa che, a differenza di “Allegra Compagnia”, stigmatizza maggiormente i giovani che ne fanno parte suscitando in loro una sensazione di diversità che potrebbe ricadere negativamente nei rapporti con altri che vivono invece in una situazione di “normalità”. Purtroppo il problema ancora una volta é un problema di fondo: ancora incopresa è l’importanza di creare spazi comuni, ossia spazi che allo stesso tempo accolgano giovani a rischio e non, per una socializzazione comune, affinchè si possa evitare di creare dei gruppi incompatibili. La Asociacòn Mensajeros de la Paz ha comunque dimostrato che quanto detto rientra nei loro obiettivi, difatti i giovani che vivono negli “hogares” creati dall’associazione fanno una vita normale: l’associazione non li “chiude”, ma cerca di facilitare la loro integrazione nella società, aiutandoli ad entrare nella quotidianità dei loro coetanei che vivono una vita “normale”. Nonostante le problematiche che accomunano i due centri socio-educativi, c’é da dire che nel centro di Hortaleza c’è una maggiore collaborazione con le istituzioni indipendenti all’associazione; difatti ogni qualvolta uno dei giovani presenta dei problemi particolari immediatamente le educatrici segnalano il problema ai serviza sociali: come vediamo la soglia tra il piano della prevenzione e dell’assistenza è minima; dall’assistenza alla prevenzione, dalla prevenzione all’assistenza, dai giovani al giovane o viceversa: il tutto è un circolo vizioso, e deve essere tale se si vuole realmente risolvere il problema della devianza giovanile e non solo accantonarlo. 54 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione Conclusiones (E) ¿Si los jovenes son la base de la sociedad, los jovenes hacen de esta una “sociedad del riesgo”? Los riesgos siempre han existido: “no son una invención de la modernidad” (Beck: 1992°,21); lo que ha sido producto de la modernoidad son los aspectos que definen los riesgos que contribuyen de esta forma a la configuración de la sociedad postmoderna como una “sociedad del riesgo 28”. Pa dar una contestación a esta pregunta tendría que existir, antes de nada, una exsacta definición del riesgo: “el riesgo representa la probabilidad que una persona o una cosa sufran un daño, por efecto de una determinada fuente, osea el peligro”; esto nos deja entender que en realidadel riesgo no es algo real , de cocreto sino la suposición de “alguien”que en relación a su propio mundo percibe un determinado factor como algo que pueda provocar lo que según el es un daño; esto no quiere decir que efectivamente el riesgo es tal como es, pero el peligro si que lo es. Todo esto reconducido a los jovenes en riesgo nos dejha entender que en realidad para evitar aqul posible riesgo no deberiamos concentarnos en esto que es abstarcto, sino en al fuente que es real: como consecuencia para solucionar la devianza jeuvenil no se debería obrar en el jovenes en riegso, sino en la fuente que podría generar aquel riesgo. Todo es relativo, subjetivo, pero el objetivo, en qualcuier proyecto de solucionar un fenomeno social, tendría que ser lo de individuar la objetividad en lo subjetivo, osea actuar en relación al echo concreto sin perder de vista la fuente que representa lo que es la parte general: se debería pensar siempre en que “la objetividad no es una mito.” Los jovenes en riesgo son una construcción de la sociedad, no son la menaza sino la consecuencia de unas distintas situaciones que inducen los individuo a adoptar unas actitudews y otros a percebir estas como peligrosas. 28 Urlich Beck creió el termino “risk society” en el 1984. 55 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione Por todo lo que he dicho creo que sea mas adeguado en materia de devianza juvenil orientarse en principio en el plan de la preveción iendo poco a poco en el nivelk micro en el momento que se presentan unas situacione particulares. Seguramente el querer ententar la objetividad en los planes de la prevención muchaz veces hace que la asistencia sea menor por cada persona, pero para evitar esto sería coreto ponerse como finalidad “ayudar el individuo”, tenendo como punto de referencia el echo que para solucionar estos tipos de fenomenos no será nunca posible desarrollar una verdadera estrategia escntifica, pués el objeto de esta estrategia no es un objeto costante, sino un subjeto que cambia de manera continua fortemente influido por el ambiente a su alrededor. 56 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione Conclusioni (I) Se i giovani sono la base della societá, i giovani a rischio fanno di questa una “societá del rischio”? I rischi sono sempre esistiti: “non sono un´invenzione della modernitá”(Beck: 1992a,21); ció che é stato prodotto dalla modernitá sono gli aspetti che definiscono i rischi che contribuiscono cosí alla configurazione della societá postmoderna come una “societá del rischio 29”. Il giovane a rischio é prodotto della stessa società: è la società che lo definisce tale e di conseguenza è la società che nel suo insieme deve collaborare affinchè questi stereotipi cessino di esistere attraverso lo scambio reciproco tra individuo, istituzioni e società in generale. Per dare una risposta a questa domanda dovrebbe esistere, innanzitutto, una precisa definizione del rischio: “il rischio rappresenta la probabilitá che una persona o una cosa subiscano un danno, per effetto di una determinata fonte, ossia il pericolo”; ció ci lascia intedere che in realtá il rischio non é un qualcosa di reale, di concreto ma la supposizione di “qualcuno”, che in relazione al proprio mondo, percepisce un determinato fattore come un qualcosa che possa provocare ció che secondo lui é un danno; ció non vuol dire che effettivamente il rischio sia tale, contrariarmente il pericolo peró lo é. Tutto ció ricondotto ai cosidetti giovani a rischio ci fa intendere che in realtá per evitare quel eventuale rischio non dovremmo concentrarci su quest’ultimo, che é astratto, ma sulla fonte che é reale: di conseguenza per soluzionare la devianza giovanile non si dovrebbe operare sul giovane a rischio, ma sulla fonte che potrebbe generare quel rischio. Il tutto é relativo, soggettivo, ma l’obiettivo, in un qualsiasi progetto di risoluzione ad un fenomeno sociale, dovrebbe essere quello di individuare l’obiettivitá nella soggettivitá, ossia agire in relazione al fatto concreto senza perdere di vista, peró, la fonte che 29 Urlich Beck creó il termine “risk society” nel 1984. 57 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione rappresenta ciò che é la parte generale: si dovrebbe tenere a mente che “l’oggettivitá non é un mito” 30 . I giovani a rischio sono una costruzione della società, non sono la minaccia ma la coseguenza di una serie di situazioni che inducono gli individui ad adottare determinati comportamenti e altri a percepire questi come pericolosi. Premesso tutto questo, credo che sia adeguato, in tema di devianza giovanile, orientarsi inizialmente sul piano della prevenzione, indirizzandoci pian piano anche livello micro man mano che si presentano determinate situazioni specifiche. Sicuramente il voler ricercare l’oggettività nei piani della prevenzione spesso implica una minore assistenza a livello individuale, ma per evitare ció sarebbe corretto porsi come finalitá “aiutare l’individuo”, avendo come punto fermo il fatto che per soluzionare questo tipo di fenomeni non sarà mai possibile elaborare una vera e propria strategia preventiva e assistenziale scientifica, in quanto l’oggetto di tale strategia non é un oggetto costante, ma un soggetto in continuo mutamento fortemente condizionato dall’ambiente che lo circonda. 58 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione Bibliografia Andreoli Vittorino, “Giovani”. Milano: Rizzoli 1995 Antonimi Walter, “Condotta deviante e servizi di assistenza nella legislazione minorile”. Napoli: Novene, c1982 Juli E. Aparicio [et al.] “Pequeños hogares : una alternativa válida de asistencia para menores.” Buenos Aires : Hvmanitas: Asosiación Argentina para Unicef, 1986 Claudio Baraldi, Elisa Rossi (a cura di) “La prevenzione delle azioni giovanili a rischio”. Milano: Angeli 2002 Beck, Ulrich, “La sociedad del riesgo global”Madrid : Siglo Veintiuno, D.L.2002 Bernuz Beneitez, María José (a cura di) “De la protección de la infancia a la prevención de la delincuencia”Zaragoza: El justicia de Aragòn,1999 Borzaga Carlo, “Manuale di politica sociale”. Milano, Angel 2005 Buccoliero Elena, “Bullismo, bullismi: le prepotenze in adolescenza dall’analisi dei casi agli strumenti d’intervento”. Milano: F.Angeli 2005 Franco Cambi, Grazia Dell'Orfanello, Sandra Landi ( a cura di) “Il disagio giovanile nella scuola del terzo millennio : proposte di studio e intervento”. Roma : Armando, 2008 Carlo Buzzi, Alessandro Cavalli, Antonio De Lillo (a cura di), “Giovani del nuovo secolo: quinto rapporto IARD sulla condizione giovanile in Italia. Bologna: Il mulino, 2002 Castro Enrique de, ” ¿Hay que colgarlos? : una experiencia sobre marginación y poder”. Madrid: Editorial Popular, D.L. 2008 59 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione G. Cattanei ... [et al.]”Socializzazione del bambino, processo educativo e scelte didattiche”. Brescia : La scuola, c1990 Cicognani, Elvira.”Genitori e adolescenti”. Roma : Carocci, 2003 Costantini,Alessandro“Tra regole e carezze : comunicare con gli adolescenti di oggi”. Roma:Carocci, 2002 Crespi, Franco,” Il pensiero sociologico”. Bologna : Il mulino, c2002 Vito A. D’armento, “Atti del Convegno I diritti dell'infanzia : Lecce,15-16 dicembre 1979”. Lecce : Adriatica editrice salentina, [1985?] De Leo, Gaetano, ”L'adolescenza lunga : problemi psicosociali e criminologici dei giovani adulti”. Milano : UNICOPLI, 1992 (stampa 1995) Octavio García Pérez (director), José Luis Díez Ripollés, Fátima Pérez Jiménez, Susana García Ruiz (a cura di),” La delincuencia juvenil ante los juzgados de menores”. Valencia : Tirant lo Blanch, 2008 Kazdin, Alan E.,”Conducta antisocial : evaluación, tratamiento y prevención en la infancia y adolescencia” Madrid : Pirámide, 2001 Matza, David,”Come si diventa devianti”. Bologna : Il mulino, 1976 Miguel Melendro Estefanía, “Estrategias educativas con adolescentes y jóvenes en dificultad social: el tránsito a la vida adulta en una sociedad sostenibile”. Madrid : UNED, 2007 Merico Maurizio, “Giovani e società”.Roma : Carocci, 2004 José Carlos Mingote, Miguel Requena ( a cura di),” El malestar de los jóvenes : contextos, raíces y experiencias”. Madrid : Díaz de Santos, 2008 60 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione Montero Hernánz, Tomás, “Los debates abiertos sobre la delincuencia juvenil en España”. Madrid: La Ley-Actualidad, 2009 Felipe Morente Mejías (dir.) ; Inmaculada Barroso Benítez, Mario Domínguez Sánchez (coor.), Gillian Green, “El laberinto social de la delincuencia : jóvenes adolescentes en la encrucijada”. Madrid : Dykinson, 2008 Franca Pinto Minerva,” Mediterraneo : mare di incontri interculturali”.Bari:Progedit, 2004 Rizzo, Ritalma,” Socializzazione e adozione fra integrazione e critica”. Lecce : Adriatica, c1992 San Juan Otermin, Juan, “Los jóvenes ante el problema de la delincuencia”.Pamplona : Emilio García Enciso, 1910 Santo, Annamaria ”Socializzazione e comunicazione”. (1978) Semeraro, Angelo “Pedagogia e comunicazione : paradigmi e intersezioni”.Roma : Carocci, 2007 Segre, Sandro “La devianza giovanile : cause sociali e politiche di prevenzione”.Milano : F. Angeli, 1996 61 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione Appendice (Apéndice) Articolo pubblicato su www.elmenordigital.net il 4 Giugno 2009. (Articulo publicado en www.elmenor.digital.net el 4 Junio de 2009) Figura 1-2: presentazione dell'articolo nel quotidiano virtuale "El menor digital" dell' associazione MpazM . ( Presentaciòon dell articulo en el periodico virtual “El menor diital” de la asociaciòon MpazM. 62 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione Martes, 04 de Junio de 2009 “Diez abrazos en una sola tarde”. Un día en el centro de Hortaleza. -Madrid, Centro de día “Celia Viñas”- He pasado unas pocas horas con diez niños del centro de día de Hortaleza; el más pequeño tenía cinco años, el mayor diez. Es el grupo más pequeño que frecuenta el centro. Soy una estudiante italiana de sociología y mi tesis me ha llevado hasta Madrid para hacer una pequeña investigación sobre los jóvenes que se encuentran en una situación de riesgo. He tratado este problema desde varios puntos de vista, haciendo referencia a las teorías sociológicas, he tratado de informarme sobre la metodología que se utiliza en estos centros, no obstante algo empezaba a faltar. Estos son problemas reales, y tal como son, si verdaderamente se quieren analizar hay que verlos de cerca. Hasta que llegaron los niños estuve con la coordinadora y la educadora, las dos me enseñaron el centro y me presentaron las distintas actividades que ahí se realizan; estuve pensando todo el tiempo en como organizarme el trabajo o de que hablar y seguí así hasta que llegó la primera niña, en aquel momento me olvidé de todo esto. Ni siquiera pasaron cinco minutos, y ya esta pequeña me estuvo hablando como si me conociera desde siempre; poco a poco empezaron a llegar los demás. Intenté acercarme a ellos mientras estaban de recreo antes de empezar los deberes, “¡qué fácil fue relacionarme con ellos!”. Seguramente alguien pensará que no hay nada de raro en que sea muy fácil relacionarse con los niños, pues por su naturaleza son mas sociables que los adultos, pero tengo que ser sincera y admitir que casi tenía prejuicios en las actitudes que pudieran tomar estos niños: no creía que pudieran tener toda esta gana de jugar, aprender, relacionarse con gente extraña como yo después de venir de lugares como sus casas en los que tienen mil problemas, porque hay que tener claro que son niños señalados por los servicios sociales y asignados a estos centros; esto me sorprendió bastante. Los niños tienen una fuerza que los adultos poco a poco se dejan atrás; tienen mucha curiosidad por conocer un mundo lejano y de enfrentarse con esto, de echo no dejaban de 63 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione hacerme preguntas sobre Italia, por ejemplo querían que les hablara un poco en italiano. La idea de estos centros no sólo es crear un lugar donde estos niños puedan relacionarse con aquellos que tengan sus mismos problemas, sino que descubran que fuera de su realidad existe también otro mundo en el que pueden tener mas oportunidades de vivir una vida distinta de la que hacen. Cada niño tiene su historia y es muy importante que estas historias se compartan para que así puedan darse cuenta de que lo que les sucede no depende de ellos, sino de las dificultades que pueden encontrar sus familias, y para que entiendan que no son los únicos en vivir situaciones particulares. De este modo podrían encontrar alternativas a lo que suelen hacer, como por ejemplo la delincuencia en la calle o la dependencia a las drogas. Modificar estas conductas no quiere decir que haya que dejar atrás las particularidades que caracterizan a cada niño y su origen, como las distintas tradiciones que heredan de sus padres, sino justo lo contrario, debemos intentar crear una sociedad donde las distintas culturas puedan convivir, una sociedad donde una cultura no se imponga a la otra, y para hacer esto hay que empezar de lo particular de la sociedad (como las historias individuales) para extender en seguida esta mentalidad a la sociedad entera en la que el niño o el joven pueda expresar libremente sus opiniones, sus problemas, profesar su religión, etc. Los niños son los fundamentos de la sociedad, hay que protegerlos antes de que entren en situación de riesgo y no sólo cuando el riesgo ya se ha hecho realidad. Los niños no tienen culpa, no son ellos que eligen donde nacer, donde vivir y con quién vivir y en aquellos casos desfavorables donde no están asistidos como merecen debe actuar la sociedad, una sociedad que no solo se refiere a las instituciones sino también al compromiso que cada individuo debe tomar para ayudar a los niños a que cambien una realidad que todavía se muestra cerrada a la interculturalidad. Entonces ¿que mejor manera de enseñar a estos niños a tener una mentalidad más abierta que permitiéndoles frecuentar un lugar donde puedan relacionarse con culturas diferentes? El problema es que las instituciones validan estos centros sólo como lugares alternativos a la calle: no es así, es mucho más; es el principio de un mundo intercultural. 64 Giovani a rischio: assistenza e prevenzione Como ya he dicho, si quisiéramos analizar y también solucionar los problemas de los jóvenes en riesgo, hay que verlos de cerca; yo no he tenido la oportunidad de pasar tanto tiempo con ellos ni ver como son los hogares creados por la asociación donde viven otro jóvenes, tan solo he tenido la posibilidad de conocer estos diez niños que en una sola tarde me han dado afecto sin que yo le pudiera ofrecer nada; por tanto pido a cualquiera de intentar corresponder a lo que los niños nos dan, mucho más que “un abrazo o una sonrisa”, ofreciéndoles una sociedad no a dimensión de adultos, sino un mundo que sea también de y para ellos. Los niños tienen un peso en la sociedad todavía superior de lo que se piensa y es por esto que hay que defender y hacer realidad sus derechos. Los niños no son objeto de tutela, sino ésta es un derecho esencial de los niños. Angela Dicarlo 65