CORNELIO NEPOTE Dal "De viris illustribus" Versione 523, p. 416, “Cotidie legere”. Gli Ateniesi si dedicano all’arte marinara. [Temistocle, 2] Infatti, poiché il denaro pubblico, che proveniva dalle miniere, andava perduto ogni anno a causa delle elargizioni/donazioni dei magistrati, egli convinse il popolo (a far sì) che con quel denaro fosse allestita una flotta di cento navi. E, realizzatala velocemente (abl. assol.; lett: passivo), per prima cosa sconfisse gli abitanti di Corcira, poi, dando (lett. col dare) la caccia ai pirati (lett. predoni marittimi), rese il mare sicuro. E in durante questa attività non solo arricchì (lett. adornò con ricchezze) gli Ateniesi, ma li rese anche espertissimi nella (lett. della) guerra navale. Di quanto ciò sia stato ciò per l’intera Grecia si seppe/si vide durante la guerra persiana. Infatti, quando Serse portava la guerra a tutta l’Europa con tante truppe quante nessuno ne ebbe né prima né in seguito, ed essendo stata annunciata in Grecia la notizia dell’arrivo di costui, e si diceva che soprattutto gli Ateniesi erano attaccati a causa della battaglia di Maratona, [gli Ateniesi] mandarono [ambasciatori] a Delfi a chiedere cosa fare delle loro cose. A coloro che consultavano l’oracolo la Pizia rispose che si difendessero con mura di legno. Mentre nessuno capiva cosa significasse questo responso, Temistocle dimostrò che il consiglio di Apollo era che portassero se stessi e le loro cose sulle navi: [disse] infatti che quello era indicato dal dio (come) muro di legno. Versione 526, p. 417, “Cotidie legere”. L’ostracismo di Aristide. [Aristide, 1] Aristide, figlio di Lisimaco, ateniese, fu quasi coetaneo di Temistocle, perciò gareggiò con lui per il primato (nella città): infatti si avversarono a vicenda. In queste vicende si capì/si vide quanto il saper parlar bene superasse l’onestà. Infatti, anche se Aristide eccelleva per il disinteresse tanto che, unico a memoria d’uomo, per quanto io ne sappia (lett. unico dopo la memoria degli uomini, che noi abbiamo udito), fu soprannominato “il Giusto”, tuttavia, messo in difficoltà da Temistocle, per mezzo del famoso ostracismo (lett. quel famoso coccio) fu punito con un esilio di dieci anni (libera: fu condannato a dieci anni di esilio). Ed egli, poiché capì che la folla sobillato non poteva essere calmata, e poiché allontanandosi vide uno che stava scrivendo [sul coccio] che [Aristide] fosse esiliato dalla patria, si dice che avesse chiesto a quello perché facesse ciò o che cosa avesse commesso Aristide perché fosse ritenuto degno di una pena tanto grande. Ed egli gli rispose che non conosceva Aristide, ma che a lui non piaceva perché si era dato da fare con tanta passione per essere chiamato “il Giusto” al di sopra di tutti. Costui (Aristide) non scontò la pena di dieci anni stabilita dalla legge. Infatti dopo che Serse discese in Grecia, circa nel sesto anno da quando era stato cacciato, fu richiamato in patria per decisione del popolo.