La luce del sole

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La luce del sole
(Incipit del romanzo incompiuto "L'energia verde")
La luce del sole, riversandosi incessantemente sulla superficie
terrestre, sia pure con intensità ed inclinazione variabile, a seconda
della latitudine, della stagione, e dell'ora del giorno; e pur tenendo
conto della necessaria alternanza fra quest'ultimo e la notte; tutti
fattori riconducibili ai complicati moti di rotazione, rivoluzione e
traslazione, per non parlare dei minori ondeggiamenti, coi quali il
nostro pianeta si affanna a tener dietro alla sua stella, nell'ostinato e
temerario cammino di quella, attraverso le solitarie profondità
dell'Universo; la luce del sole, si diceva, avvolge la terra, da tempo
immemorabile, in un caldo ed affettuoso abbraccio, lasciando per
ogni dove di sé una traccia, ed ovunque suscitando aneliti e fermenti
di vita; come alla superficie delle sterminate distese oceaniche, dove
i cianobatteri e le altre alghe unicellulari ogni mattina attendono che
si rinnovi il periodico, dolce formicolìo, prodotto nei loro organuli
dalla delicata pioggia di fotoni, e che ogni volta si fa più intenso
verso il mezzogiorno; sì che, per l'eccitazione, i minuscoli elettroni
prendono a sfrecciare qua e là, in una danza turbolenta e festosa; e
spostandosi di livello in livello nella misteriosa struttura atomica
della materia, producono effetti straordinari ed imprevedibili
trasformazioni; ancora poco evidenti, per la verità, a causa delle
microscopiche dimensioni di cui stiamo parlando; ma che sulle terre
emerse, regno delle piante superiori, esplodono in mirabili
conflagrazioni di rami e foglie, tronchi possenti, frutti e fiori
sgargianti; per quanto, a dispetto di tutta la loro perizia
architettonica, e delle innumerevoli stagioni evolutive necessarie a
produrla, perfino le maestose magnolie e le altezzose sequoie non
sappiano far di meglio, per catturare la luce del sole, che rinnovare
l'antica danza degli elettroni, ingegnosamente inventata, miliardi di
anni fa, proprio dai cianobatteri; così come, nei campi coltivati, le
disciplinate schiere di vegetali atleti geneticamente programmati,
ordinati a battaglia con fredda e geometrica precisione, e tirati a
lustro nelle loro verdi uniformi, attendono ogni giorno il sorgere del
sole, per iniziare a svolgere, con la consueta diligenza ed
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abnegazione, il loro dovere di produttori d'utile biomassa.
Tutta questa frenetica attività genera per ogni dove una fame
continua, e una ricerca spasmodica si potrebbe dire, delle impalpabili
particelle di carbonio, liberamente fluttuanti nell'aria, e necessarie
alla costruzione della materia organica; ed in cambio, produce un
flusso costante di ossigeno; che inteso dapprima come un semplice
prodotto di scarto della vita vegetale, è poi diventato via via
presupposto essenziale per quella animale, e in particolare la nostra,
di esseri umani; con tutto quel che ne è poi seguito.
Della luce che accarezza le piante, gran parte se ne dissolve
all'intorno, disperdendosi in invisibili rivoli di energia; ma una
piccola frazione ne rimane, racchiusa nelle complesse architetture dei
tessuti vegetali; i quali poi, a causa della naturale caducità della
materia, oltre che per il pressante incalzare delle generazioni,
morendo si accumulano sotto il continuo apporto delle spoglie dei
loro discendenti, sprofondando sempre più verso il cuore della terra;
dove, al riparo dall'irruente e corrosivo ossigeno, si raffinano
progressivamente in ordinate geometrie di nero carbonio e bianco
idrogeno, tanto più pure ed essenziali quanto più s'inoltrano, nel
corso delle ere geologiche, negli stadi successivi di trasformazione in
torba, lignite, litantrace, antracite; e in certi casi favorevoli perfino
petrolio e gas naturale; dove la memoria dell'energia luminosa,
piovuta sulla terra chissà quanti milioni di anni fa, si conserverebbe
indefinitamente, se non fosse per l'avida e petulante invadenza con la
quale l'uomo sempre più spesso ve la estrae, costringendola poi a
fronteggiare improvvisamente proprio il suo nemico, il bellicoso
ossigeno; e a dissolversi nell'aria, in una impetuosa ed evanescente
fiamma; liberando il calore, che l'uomo poi ingegnosamente converte
in opere di civile utilità, come il riscaldamento delle abitazioni,
l'alimentazione dei sempre più famelici veicoli a motore, la
produzione di nobile energia elettrica; e in questa forzata
dissolvenza, al fine di placare il turbolento e azzurro ossigeno, il
sottile e bianco idrogeno vi si congiunge, con esso generando prima
vapore d'acqua, poi benefica acqua senz'altro, che raffreddandosi
tornerà a scorrere dai monti fino a tornare agli oceani; e alla stessa
dura legge si deve piegare il nero carbonio, generando con l'ossigeno
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l'anidride carbonica dalla natura bifronte e infida; ché da essa
discende il ben noto effetto serra; il quale fino ad un certo punto è
utile alla Terra, consentendole di mantenere una temperatura adatta
alla sopravvivenza degli organismi; ma oltre quel punto, provoca un
riscaldamento eccessivo, il mutamento del clima, insomma un
generale innalzamento delle temperature, particolarmente avvertibile
negli afosi pomeriggi d'estate.
In uno dei quali, il 26 di giugno del 2003, Ercole Carrara,
professore associato di Tecnologia Agraria, assisteva, accaldato e
sudato, al meeting internazionale organizzato all'Università di
Poyrômes sul tema "Green energy and agriculture". Per via di un
improvviso blackout, era venuta a mancare la corrente...
(segue)
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