Contenuti
Passione senza pensiero, o il Docetismo in salus-salute-salvezza.
Freud, Lacan, Foucault, Spinoza, Cristo.
Pensiero, sovranità, norma, desiderio, comando, donna, Madonna, perfidia, città,
universo…:
questo lemmario può continuare senza limiti già noti.
Spunto: “La passione di Cristo” secondo Mel Gibson.
Salus
Il film di Gibson è solo uno spunto per il concetto di salus-salute.
Non possiamo né vogliamo fare alcuna concessione alla scissione tra
salvezza e salute psichica come conti separati. Di schizofrenici ne abbiamo già
tanti. Un Dio schizofrenico - oppure paranoico, isterico, ossessivo, ossia puro
comando, e dunque senza soluzione per la psicopatologia - non potrebbe
interessarci. E in fondo i secoli non gli hanno reso un grande servizio, parlandoci
dell’angoscia eterna di un Dio oscillante nella noia di un monotono “mar
dell’essere” (per primo il filosofico mare Egeo ossia greco).
Le nostre considerazioni sono logiche, non teo-logiche.
Quanto alla distinzione tra logico e psico-logico, abbiamo motivo per
considerare tale partizione sistematica come uno dei danni prodotti nella
modernità otto-novecentesca sulla scorta di un errore più antico. Per questo
abbiamo introdotto il concetto di un “sillogismo freudiano” in amichevole
composizione - non identità - con il sillogismo aristotelico. La coppia
psicologia/logica, nonché un errore, è perfino una malvagità.
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L' idea di giornalismo freudiano è della prima ora: si tratta sempre e comunque di vita giornaliera.
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L’uomo-cyborg: il docetismo moderno
Homo sive natura
É sul concetto di salute la guerra dei secoli, anche filosofica. Esso ricopre
inconfessatamente l’intera storia del pensiero. Lo comprendeva Freud con il
sottrarre la salus agli specialisti di ogni specie, promuovendo la competenza
individuale in essa: tutti genericisti – non specialisti – della salute. Nella salute si
tratta di genus, non di species. Si è finito per abolire sia gender che sex. Abolizionismo
assoluto: sempre l’“assoluto” benché sull’altra sponda (è la psicosi pura, come
insegniamo nel Corso di quest’anno, con speaker perverso).
L’attacco è al genere Umano; il sesso è il punto di applicazione della leva
della catapulta.
Non per questo Freud rifiutava la medicina, né attaccava i preti e le
religioni: ma rifiutava quella storica e moderna divisione del lavoro che divide il
concetto unitario e univoco di salus, assegnando quella del corpo ai medici e
quella dello spirito ai preti.
Credenti o non credenti, comunque dobbiamo rifarci le idee su “Dio”,
perché riguardano noi (Feuerbach). Se Dio badasse anzitutto a se stesso, anche
per una salus che poi riguarderebbe anche noi, avremmo l’unica ragione che
potrebbe rendercelo sin-patico, con-veniente, ossia affidabile. Vedremo se lo è.
Imputiamolo, come insegna la Bibbia: infatti se siamo grati a Dio è per averci
liberati dalla schiavitù dell’Egitto, ossia perché lo imputiamo.
Cyborg
Il film di Gibson è il più avanzato nel suo genere.
Intendo quel genere anni ’50 con cui il cinema hollywoodiano ha assunto
l’appalto mondiale del catechismo cristiano (Ben Hur, La tunica, Quo vadis
eccetera). L’esempio dell’appalto è stato poi seguito da altri (in Italia Pasolini per
primo). Ora abbiamo Gibson.
Le dispute suscitate dalle peculiari scelte del regista qui non interessano:
che se ne chiacchieri al Maurizio Costanzo Show.
Oggi Cristo non lo crocifiggerebbero più, lo porterebbero al suddetto
Show: dalla morte in croce forse poteva ancora risorgere, da questo no.
Interessa invece la questione generale, di interesse per tutti, credenti e non
credenti, quella della salute: che tratto come coincidente, nell’opposizione, con
quella protocristiana dell’eresia detta “docetismo”, la prima e principale se non,
logicamente, l’unica.
Grazie a un certo sottoprodotto del film di Gibson, oggi tutti sanno che
cosa è il docetismo: questo film lo ha insegnato al mondo più di un Corso
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universitario con i migliori teologi. Mi riferisco alla fotografia sconcia e
sghignazzante del busto di Cristo-cyborg riprodotta qui in figura 1.
Cristo, dicevano i docetisti, è benissimo rappresentato da questa
immagine: ossia a Dio non è mai venuta in mente un’idea tanto bizzarra come
quella di incarnarsi, e meno che mai di risorgere come uomo. Cristo era solo una
sembianza d’uomo, in francese un semblant, un’illusione ottica, un ologramma, un
artefatto visionario alla Mandrake, uno stuntman più stunt che man, o appunto un
cyborg.
E perché? Per un’operazione squisitamente pedagogica dall’“alto”: il
programma di mettere qualcosa del “divino” – ma che cos’è? –, o
junghianamente del “numinoso” – ma che cos’è? –, in testa a questi
inconsapevoli già cyborg che sono gli uomini. Uomini-macchine-animali-minerali,
tutt’uno. Anzi Uno, l’Uno neoplatonico.
Che cosa è un cyborg? É un dispositivo materiale disposto in modo da
ricevere dei comandi da un dispositivo logico, un programma senza pensiero. Un
organismo innervato da un programma che fa da causa del suo moto, del suo
desiderio, del suo pensiero. Corrisponde al detto: “Non è vero niente”.
Sembianza, finta, in francese semblant (faire semblant significa fare finta). Ontologia
comandante pedagogia (poi Kant: etica comandante pedagogia), l’oscenità
clericale dell’Utopia platonica.
Di fronte a questa eresia i cristiani di allora (1° e 2° secolo) non si sono
resi bene conto di che cosa avevano per le mani, e hanno creduto che si trattasse
solo di religione e di eresia teologica. Ma no!, il docetismo è cultura dominante
soprattutto oggi, a prescindere da Cristo (ma già allora). Il docetismo riguarda e
riguardava non Dio ma l’uomo.
Foucault, Haraway, Spinoza, Lacan. E Freud
L’antropo-docetista più noto oggi è Michel Foucault, con la sua negazione
non di Dio ma dell’uomo (già Jacques Lacan lo osservava).
Alcune citazioni. Una prima di Foucault, che lì per lì non sembra molto
aggressiva, affilata:
“A mio parere, dobbiamo considerare la battaglia per i diritti di gay e
lesbiche come una tappa, che non può rappresentare il momento finale. Questo
per due motivi: perché un diritto, nella realtà dei fatti, è molto più legato agli
atteggiamenti, agli schemi di comportamento, che a formule legali. Ci può essere
discriminazione verso gli omosessuali, anche se la legge vietasse tali
discriminazioni. É dunque necessario battersi per dare spazio a stili di vita
omosessuali, a scelte di esistenza nelle quali le relazioni sessuali tra persone dello
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stesso sesso siano importanti. Non è sufficiente tollerare, all’interno di uno stile
di vita più generale, la possibilità di fare l’amore con qualcuno dello stesso sesso,
come componente in più o supplemento. Il fatto di fare l’amore con una persona
dello stesso sesso può implicare, in modo del tutto naturale, una serie di scelte,
una serie di altri valori e scelte, per le quali ancora non esistono possibilità
concrete di realizzazione. Non si tratta solamente di integrare questa piccola
pratica bizzarra del fare l’amore con qualcuno del proprio sesso, in contesti
culturali preesistenti; bisogna creare forme culturali”.
Un’altra citazione, di Antonio Negri, Impero, 2003:
“L’antiumanesimo, che rappresenta una progetto così decisivo per
Foucault e Althusser negli anni ’60, può essere ricollegato alla battaglia
combattuta da Spinoza trecento anni prima. Spinoza denunciava qualsiasi
concezione dell’umanità come imperium in imperio. In altri termini egli rifiutava di
attribuire alla natura umana una legge diversa dalle leggi che riguardano la totalità
della natura. Ai giorni nostri Donna Haraway porta avanti il progetto di Spinoza,
nel momento in cui insiste sulla necessità di abbattere le barriere che abbiamo
eretto tra l’umano, l’animale e la macchina.”
Un’altra citazione, di Donna J. Haraway, Docente di Storia della coscienza
all’Università della California:
Vi si dice che le donne devono elaborare un “sé-cyborg: esso non
proviene da un’unità originaria, è una figura che sta ai confini tra la macchina,
l’uomo, l’animale, il minerale, quindi tra l’organico e l’inorganico; esso, ibrido
organico e tecnologico, supera ogni definizione di univocità, compresa la
determinazione di genere, si pone aldilà della bisessualità; il suo è un mondo postgenere.”
Ma la formula migliore del docetismo è stata data da J. Lacan nel titolo del
suo Seminario del 1971: “D’un discours qui ne serait pas du semblant” ossia: esiste un
discorso che non dipende da un comando? (un cyborg va a comandi, e se sembra
un uomo è una finta d’uomo – semblant – comandata). Cyborg significa un puro
pre-testo per il comando. Ancora, Lacan caratterizza il docetismo quando scrive
che “il n’ y a que du fonctionnement, c’è solo funzionamento” cioè comando o
imperativo (algoritmi, programmi). Si ricorderà che Lacan è stato l’esploratore del
“Discours du Maître, Padrone”, e come esplorazione aggiornata dal Padrone antico
al Padrone moderno, ossia funzionamento, non sovranità, homo sive natura.
Informo che questa espressione è stata coniata da Maria Delia Contri, secondo
l’idea che lo spinoziano “Deus sive natura”, ma in fondo già suareziano, era solo un
ponteggio filosofico per arrivare a quello.
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Bisogna distinguere Lacan da Foucault: il secondo è stato maestro,
militante e stratega di docetismo (in simbiosi con Spinoza), mentre il primo è
stato maestro in docetismo. Il merito di Lacan con quel titolo è di avere asserito
che non c’è altra questione, e vera questione, che questa, ossia se esista solo
comando, finta, semblant, causa. Ossia se esista non desiderio ma solo causa del
desiderio; se esista non pensiero ma solo causa del pensiero, ossia appunto
comando. Valeva dunque la spesa di averlo come maestro (e analista). Ossia –
con parola freudiana – se c’è o non c’è salvezza dal superio “osceno e feroce”
(ancora J. Lacan), che quest’anno chiamiamo “teoria presupposta”.
Freud non è stato maestro né di né in docetismo, anzi ha interrotto la
crescente deriva docetista della modernità, anche dei cristiani, a partire dal ‘500.
Contrariamente al “non è vero niente” della sembianza, ha esteso la questione
della verità a campi da cui era esiliata. É stato l’unico pensatore della modernità
che abbia asserito che l’uomo è quel corpo della natura la cui legge di moto non è
comando o imperativo (animale, macchina), bensì è autonoma e positiva, umana
e solo umana: pensiero e legge di moto sono il medesimo concetto. Lui l’ha
chiamata “pulsione”, noi la chiamiamo pensiero di natura, pensiero individuale e
autonomo de natura. Bisogna riconoscere che Freud è stato l’unico pensatore che
abbia definito l’uomo come uomo. Il confuso concetto di “anima” invece è
sempre stato disponibile a tutti i partiti, anzitutto a quello docetista. Freud ha
anche scoperto che all’autonomo pensiero-legge di moto può opporsi una
causalità sovra-posta, imperativa, da lui denominata “superio”.
La questione del docetismo posta al pensiero di Cristo
Poniamo al pensiero di Cristo stesso la questione se sia docetista, finzione
d’uomo, du semblant. Ossia se siamo di fronte a due millenni di un’operazione
pedagogico-religiosa che ha preso le mosse da un’ontologia o un’etica. La
questione è logica, non teo-logica. Procedo come segue.
I cristiani si sono persi nella deduzione di attributi anziché privilegiare
l’osservazione di connotati suscettibili di individuare un singolo. Intendo quelli
attestati in quei quattro famosi libretti.
Il passaggio dagli attributi ai connotati, invece dell’inverso, decide la
questione. Infatti dopo l’asserita “resurrezione”, questa è stata sostenuta come un
articolo di fede la cui unica parvenza di razionalità risultava per deduzione
dall’attributo “onnipotenza”. In generale è andata crescendo la tendenza a
risolvere i connotati nella loro deduzione dagli attributi.
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L’operazione attribuzionista più estrema è stata quella, all’inizio del
secondo millennio, di Anselmo d’Aosta che ha tutto fondato sulla teoria della
“grandezza” (“Dio è ciò di cui non si può pensare nulla di più grande”: una
Teoria la resa alla quale non esito a qualificare psicotica).
Tra l’altro non era un’idea originale: la “grandezza” era già stato il colpo di
genio di Maometto circa quattro secoli prima. Iniziava con Anselmo l’era
dell’islamismo in partibus christianorum, indipendentemente dal valore logico – vedi
le obiezioni di Tommaso e Kant – della suddetta prova detta “ontologica” (a
Maometto non interessava alcuna “prova”).
Sappiamo che gli attributi – onnipotenza, onniscienza – sarebbero
comunque impotenti nei riguardi della psicopatologia con la sua indistruttibilità,
più ancora dell’anello del Signore degli anelli, alla cui (dis)soluzione è bastato un
banale vulcano nella sua “grandezza”, potenza di fuoco. La psicopatologia è il
regno anzi l’imperium del semblant. Non c’è guarigione comandata, neppure per
miracolo. Proprio la credenza cattolica più ortodossa non sosterrebbe che a
Lourdes Dio miracola l’isteria (ricordo la pertinente battuta di Woody Allen).
Senza pensabilità della salute e della guarigione dalla patologia – ossia uomo non
cyborg –, un Dio sia pure esistente, onnipotente, onnisciente eccetera, sarebbe
impotente e ignorante. Che resterebbe della sua esistenza? E che cosa sarebbe il
suo “Paradiso”?: un manicomio generalizzato ossia l’Inferno. Un “Regno”
governabile solo a condizione di drogare tutti in una visio stuporosa.
Oltretutto, a esaminarlo bene l’uomo cyborg non è l’uomo-natura: è
l’uomo patologico, comandato (“superio”). Il cyborg, o l’homo sive natura, è non
una definizione né una scoperta bensì un’operazione: una terapia conservativa
dello status quo ante. Più che conservativa, reazionaria: il rilancio in forme “nuove”
(è la variabilità, molto limitata, della perversione) della patologia anteriore.
La risposta di Cristo riguarda sia gender (1) che sex (2):
(1) nel mio lavoro sul pensiero di Cristo, di cui sono cultore come lo sono
di quello di Freud, ho ritenuto di poterne isolare i seguenti connotati positivi (che
significa: posti). Essi sono (ho sviluppato questo punto in altra sede):
salute psichica, innocenza, non ingenuità, non contraddizione, autonomia
di pensiero-desiderio (del corpo), partnership, modernità, univocità, universalità.
Un pensiero per cui c’è soluzione, cioè conclusione logica e conclusione
reale o soddisfazione
Tali connotati costituiscono affidabilità, che è esclusa nel cyborg, nel
semblant, nel “non è vero niente” come unica “verità”. Nel pensiero di Cristo, e
nel pensiero di natura, la verità è imputativa.
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(2) quanto ai sessi, tale pensiero riasserisce senza esitare la civiltà del
rapporto uomo e donna, e rifiuta quella dell’“eunuco” ossia ancora il cyborg. Che,
se ha sesso, lo ha solo come lo hanno le bambole “sessuate”: nelle quali non c’è
sesso bensì sessuazione (quest’ultima parola è di J. Lacan: sexuation). Ho perso il
conto del numero di sessi inventati negli ultimi tempi.
Questo pensiero non manca neppure di menzionare per primo quella
“castrazione” che molti secoli dopo Freud proporrà non come minaccia o perdita
bensi come soluzione. Ciò in Analisi terminabile e interminabile, cap. 8, in cui Freud
addita la cosiddetta “impostazione passiva” o “femminile” come soluzione principio di non obiezione di principio all’altro - anche per l’uomo. Mi riferisco al
passaggio evangelico in cui, dopo avere sostenuto uomo e donna e condannato la
produzione delle prime due specie di eunuchi, ne configura una terza specie come
condizione di successo o soddisfazione (biblicamente chiamata “regno”), con la
clausola “Chi ha orecchi per intendere…”
Naturalmente tutto ciò è discutibile ma alla lettera – Cristo discute sempre
–, ossia considerato degno e logicamente suscettibile di discussione. Solo i pazzi e
gli inaffidabili non discutono e non si rendono discutibili.
Così posta la costituzione di almeno un uomo (nel caso, Cristo: come si
vede non mi occupo di fede, teologia, e neppure delle sottigliezze sulla storicità
dei Vangeli), quei quattro libretti rincarano l’atto del porla, per mezzo
dell’asserzione (intelligibile per credente e non credente) di quella sua
desiderabilità interminabile che al credente è proposta nella resurrezione. Questa
afferma infatti tale desiderabilità – “Dio” si tiene come uomo perché sta bene da
uomo, ne assume in proprio il principio di piacere, la legge di moto del corpo per
la soddisfazione nell’universo dei corpi –, perfino unita all’asserzione certa che
non ricomincerà tutto da capo (quella vecchia storia di peccato originale, o forse
meglio ereditario come si dice in tedesco, Erbsünde).
In questa prospettiva la narrazione della morte di Cristo funge da mezzo
di contrasto per il sorgere – nel ri-sorgere – dell’asserzione. E la passione non
risulta più, come nell’usuale ermeneutica penalistica, come pena commisurata al
peccato (sia pure altrui), ma come segno di una lotta in corso (“la spada non la
pace”). Il senso dell’insieme non sarebbe alterato – salvo il rispetto delle Scritture
– se fosse stato giustiziato con una rapida “pulita” decapitazione.
L’affermazione principale è dunque che Cristo ha sì lavorato anche per gli
altri, ma per il fatto di avere lavorato per se stesso, per il proprio profitto o la
propria salus: in quanto non c’è salute-soddisfazione di uno senza la salutesoddisfazione di tutti (Lacan: “Non potrebbe esserci soddisfazione di uno senza
la soddisfazione di tutti”). Ha riscattato-guadagnato gli uomini perché si è
guadagnato come uomo.
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Nessun “amore” astratto per l’umanità, nessun donativo assoluto – absolutus –, senza proprio vantaggio. É Cristo stesso a giocare d’anticipo
nell’insegnare a diffidare di chi porta doni senza suo profitto, spassionatamente,
disinteressatamente: in fondo “Timeo Danaos et dona ferentes” è anche un suo
pensiero (i “Danai” sono i Greci, e il pensiero di Cristo non è grecizzante o
ellenizzante). Lo dice in modo patente la parabola dei talenti, o il giudizio che
“l’albero si giudica dai frutti”.
Cristo significa dunque una presa di posizione, un intervento colto nel
dibattito sul singolo e sulla Civiltà. Un intervento subito disseminato – per
scegliere una parola dal suo stesso contesto – di “zizzania” importata da contesti
filosofici e religiosi: la storia del cristianesimo è anche la storia della resistenza a
pensare il pensiero di Cristo come pensiero, alla stregua di altri e dunque
paragonabile.
Il suo pensiero è quello di un discours qui n’est pas du semblant.
Dovevano passare molti secoli perché nel dibattito su singolo e civiltà un
altro pensatore, Freud, reintroducesse in termini inediti la pensabilità dell’homo
come homo, per avere introdotto il concetto di una legge di moto di certi e non
altri corpi della natura, una legge identica al pensiero non causato, autonomo, di
tali corpi (lui la chiamava “pulsione”, noi l’abbiamo ricapitolata nel concetto di
“pensiero di natura”, un pensiero che fa da legge non naturale nella natura).
Possiamo parlare dell’ecce homo di Freud non credente. É il pensiero legislativo
individuale la “trascendenza”, posto che questa parola ci conquisti ancora.
Si constata però che è arduo per gli psicoanalisti cogliere il loro profitto, i
frutti, aldilà dell’onorario.
Anche il discorso di Freud è un discours qui n’est pas du semblant.
Poscritto: donne e Madonna
Fin qui il film di Gibson ci è servito come semplice spunto. Non mi
trattengo però da un’obiezione a tre scene riguardanti la donna-madre:
1° la prima è quella di Gesù falegname come giuggiolone giulivo che
scherza sul bravo tavolinetto che ha fabbricato. La scena è già ingiuriosa, per ora
solo verso lui. Ma poi l’ingiuria si aggrava come misoginia, ossia verso la donna:
le getta un bicchiere d’acqua in faccia. Uno scherzo? Ma nemmeno nella mia
adolescenza contraddittoria avrei concepito di fare un simile “scherzo” a una
donna. Ho ricordato subito “Portiere di notte” nella relazione tra uomo e donna
che mette in scena (specialmente una: lo “scherzo” del dono della testa tagliata).
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2° la seconda è nella via crucis: la Madonna si avvicina al figlio massacrato, e
analoga – nel ricordo attribuitole – il massacro del figlio alla banale caduta a terra
del bambino piccolo senza danni. Nei due casi lei sarebbe apportatrice di una
medesima consolazione (stessa idea in Braveheart).
3° Gravis in fundo.
La Chiesa non è sempre così stupida come sembra.
Lo psicoanalista che sono apprezza la testardaggine della mariologia
tradizionale che, a costo di forzare la grammatica, traduceva Genesi 3, 15 con “ipsa
conterit”, ossia “è lei a schiacciare” (la testa del serpente). Pur sempre, questa
tradizione voleva un ruolo attivo della donna nella salus, non solo il ruolo della
“pia donna” (così esclusivo in questo film).
L’acume o almeno furbizia di Caravaggio gli ha fatto decidere il
compromesso della Madonna dei palafrenieri (riprodotta in figura 2): il tallone che
schiaccia la testa del serpente è della Madonna, che però fa che il figlio partecipi
all’atto (mi ricorda la Madonna del libro di Botticelli, in cui la Madonna istruisce il
figlio nella lettura del Libro, rabbina del futuro rabbino).
Precettata all’archetipo della “santa donna” - da utero in affitto a pia
donna dal muto dolore per la passione del figlio -, che altro le resta se non
passare, attraverso un gradiente di variazioni, alla formazione reattiva? E, per dirla
tutta, passare dalla parte del Nemico?
Vi allude Gibson – non so se per intenzione o lapsus - in quella scena
della via crucis in cui due donne – una interprete del Diavolo, l’altra interprete della
Madonna - percorrono la via in parallelo sui marciapiedi speculari fissandosi in
volto ossia specchiandosi l’una nell’altra.
Osservava correttamente Lacan: “A’ sainte femme, fils pervers”.
Diavoli e Madonne a parte, è la madre patogena: intelligibile solo nella
ragione del suo torto. Che è il torto del farsi finta origine di una perfidia
irresistibile: finta origine di una domanda d’amore senza condizioni, “l’inconditionné
de la demande d’amour” descritto da J. Lacan. Il ricatto dei ricatti, o l’angoscia.
La donna non è perfida in partenza (tutte lo sanno), come non lo è stata
Eva nel peccato originale. La responsabilità maggiore in questo è dell’uomoAdamo (sono dispiaciuto di dare torto in ciò ai miei venerati Padri della Chiesa)
allorché, imputato da Dio, si difende accusando la donna (“è stata lei!”), ossia
divorziando. É questo divorzio, non meno vile che maligno, il vero contenuto del
peccato originale, perché abolendo il rapporto abolisce la sovranità, anzitutto
legislativa, in quanto sovranità a due ossia condivisa (“dare i nomi alle cose”). Il
Cristo di Gibson “frega” la donna sua madre come Adamo aveva “fregato” Eva.
E allora la donna, Eva o Madonna, privata della sovranità, diventa “pia” nel
dantesco significato riduttivo di “femminetta”. La sua formazione reattiva ha
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delle attenuanti, pur nell’avocare malignamente a sé un potere sostitutivo di quel
potere legittimo che le è stato tolto. Nel “mito” della Madonna - lo sottolineo da
tempo - questa donna è sovrana prima che madre, per via del coniugio con il
sovrano. Lo Sposalizio di Raffaello dovrebbe venire riferito a tale coniugio, non a
quello con Giuseppe.
Non a caso Donna Haraway vuole una (Ma)donna-cyborg: perché il
cyborg è una formazione reattiva, tutte le possibili variazioni sul tema.
Giacomo B. Contri, Aprile 2004
Note illustrative:
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Figura 2
30 aprile 2004
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