MODA SOSTENIBILE ➲ di Aurora Magni, www.sustainability-lab.net Scarpe da (non) buttare FAR DURARE DI PIÙ CIÒ CHE COMPRIAMO FA BENE ALL’AMBIENTE. È L’ABC DELL’ECODESIGN CHE BASA LE SUE CONSIDERAZIONI SU UN CONCETTO BASE: CONSUMARE DI PIÙ VUOL DIRE GENERARE QUANTITATIVI INGENTI DI RIFIUTI SPESSO NON BIODEGRADABILI E DI DIFFICILE GESTIONE E, INEVITABILMENTE, INCREMENTARE I CONSUMI DI ENERGIA E MATERIE PRIME, OLTRE A PRODURRE LE EMISSIONI INQUINANTI CHE I PROCESSI PRODUTTIVI COMPORTANO. PROBLEMI CERTAMENTE NON SOTTOVALUTABILI L’ L’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, nel Rapporto rifiuti-urbani edizione 2012 ricorda che nel 2010 la produzione di rifiuti in Italia ha raggiunto i 32,5 milioni di tonnellate, con un incremento costante sugli anni precedenti e in controtendenza rispetto all’andamento dell’Europa. Dati preoccupanti, in parte tamponati dalla rivalorizzazione dei materiali riciclabili mediante le raccolte differenziate, ma che confermano quanto il rischio di collasso del sistema sia reale. Ad alleggerire il problema rifiuti arriva un alleato che non vorremmo avere: la crisi economica e il conseguente calo dei consumi. Un fenomeno che tutte le famiglie italiane stanno sperimentando e che trova conferma nei dati Istat: la caduta degli acquisti del reparto abbigliamento e pellicceria ha sfiorato nei primi mesi del 2012 il -9% e, nello specifico, il calo degli acquisti di calzature, articoli in cuoio e da viaggio è stato calcolato pari a -8,6% sull’aprile 2011. Ad accentuare la negatività ecco il Barometro Cashless di Cartasi, che misura le spese degli italiani con carta di credito, e che anticipa un’ulteriore flessione dell’1,7% su base annua. Inoltre segnala un dato su cui riflettere: crescono gli acquisti solo per gli over 45 mentre i giovani spendono meno. Insomma: per far star meglio l’ambiente dobbiamo affidarci alla crisi e ai risparmi forzati? Davvero una pessima prospettiva. Come riciclare le calzature? Partiamo dalle discariche. Nel nostro Paese non è ancora a regime il recupero dei materiali tessili e tanto meno quello delle calzature. A parte qualche esperienza isolata e il sistema pratese famoso per 22 Tecnica Calzaturiera ottobre 2012 Nel 2010 la produzione di rifiuti in Italia ha raggiunto i 32,5 milioni di tonnellate, con un incremento costante sugli anni precedenti e in controtendenza rispetto all’andamento dell’Europa Esosport ha lanciato una campagna (conclusasi ad agosto) finalizzata alla trasformazione di sneakers in pavimentazione per un parco giochi a Opera (Milano) la valorizzazione dei tessuti, proprio non ci siamo: abiti e accessori a fine ciclo di vita finiscono nell’indifferenziato. Solitamente tutti i beni di consumo scartati si presentano come un mix di materiali diversi (pensiamo alle etichette di carta su bottiglie, latte e vasetti e alla colla che le fissa) e una calzatura è certamente un prodotto complesso e difficilmente smembrabile nei suoi componenti (pellame, cuoio, polimeri, tessuti…), a cui si sommano le sostanze chimiche utilizzate nei processi: coloranti, colle, film protettivi ecc. Una condizione oggettiva che certo non facilita l’inserimento della calzatura in processi di riciclaggio “standard”. Per essere gestito adeguatamente il riciclo di scarpe prevede non solo un’attenta azione di studio sulla destinazione d’uso dei materiali ottenuti e sul processo che ne consente la messa a punto (comprensivo dell’impatto ambientale di quest’ultimo naturalmente) ma anche la costruzione di una filiera in grado di gestire le fasi di sensibilizzazione/informazione, recupero, logistica, selezione, preparazione e trasformazione dei materiali destinati al riciclo. Un processo complesso ma che – assicurano gli esperti della green economy – realizzerà business e posti di lavoro, una volta applicato. La buona notizia è che comunque sia non si sta partendo proprio da zero. Non solo non mancano esempi di aziende che hanno inserito nella loro progettazione materiali ottenuti da riciclo (Timberland, per esempio) ma anche aziende che hanno avviato concrete esperienze di recupero delle scarpe usate, come hanno fatto Nike con il progetto Reuse a Shoe e Adidas con Reground (scarpe biodegradabili). Certo siamo ancora lontani dall’aver ridimensionato il problema ma è sempre utile condividere esperienze e risultati. Comunque sia, orientare i progetti di ricerca, non solo dei calzaturifici ma anche dei produttori di pellame, gomma, polimeri vari e sostanze chimiche di processo al tema del riciclo è la nuova frontiera della calzatura green. Nel frattempo... riusiamo La destinazione più tradizionale di capi e calzature in buono stato è da sempre quella della donazione, gesto che un tempo sottolineava le dinamiche relazionali nella gerarchia sociale, ma che oggi ha assunto, complici la moda vintage e la sensibilità sociale ed ecologica, un nuovo e più interessante significato. Il vintage basa la sua fortuna sulla capacità di consumatori evoluti di “leggere” il significato culturale ed estetico di oggetti altrimenti considerati fuori moda. Mercatini e negozi specializzati sono i luoghi eletti di questa tendenza che abbina il senso del gioco alla definizione di un look che non segue i dettami delle ultime sfilate, ma ricerca uno stile personale e inevitabilmente originale. L’altro comportamento (la donazione e l’accettazione di cose usate) fa parte di una più recente conquista culturale dei consumatori italiani che riscoprono anche attraverso il passaggio di oggetti all’interno della famiglia o della cerchia di amici, un modo meno consumistico di essere comunità. Questa tendenza è riscontrabile nel caso dell’abbigliamento e delle attrezzature per la prima infanzia ma sta ormai conquistando anche il mondo degli adulti come testimonia il flusso commerciale di capi di seconda mano in internet. Certo la crisi ha dato una spintarella in questa direzione perché capita talvolta di dover fare di necessità virtù. Infine, ultimo ma primo per volumi, vi è la raccolta di abiti e calzature usate da parte di enti benefici e della solidarietà internazionale (Humana, Caritas, Croce Rossa…) che dopo aver selezionato e ricomposto l’usato recuperato dai cassonetti, lo destinano alle missioni dei Paesi poveri. Ben vengano tutte le iniziative di impegno sociale (un anno fa furono la Provincia di Torino e Compagnia San Paolo a coinvolgere circa 200 scuole nel progetto Riscarpa, iniziativa di recupero di scarpe usate attraverso una cooperativa sociale) e le aziende che decidono che coinvolgere i propri clienti in questa nuova logica, recuperando, nel contempo, materia prima. Ma al di là del valore etico di queste iniziative, in che modo il riciclo può diventare un vantaggio economico per le imprese che sposano questa filosofia? Certo, i grandi marchi adottano queste strategie soprattutto per darsi una reputazione green e per fidelizzare il cliente, come nel caso di un brand internazionale come Footlocker, alla seconda edizione di Shoe Swap o di Esosport che ha lanciato una campagna (conclusasi ad agosto) finalizzata alla trasformazione di sneakers in pavimentazione per un parco giochi a Opera (Milano). Ma la scommessa vera è fare di questo trend un nuovo modello di business basato sull’effettiva rivalorizzazione dei materiali altrimenti destinati alle discariche. Una rivalorizzazione che può essere finalizzata a componenti per nuove calzature o a contesti applicativi del tutto diversi come la bio edilizia o l’arredo urbano. La vera sfida è questa. © RIPRODUZIONE RISERVATA Tecnica Calzaturiera ottobre 2012 23