CAPITOLO TERZO PRINCIPI FONDAMENTALI SULLA CONVERSIONE DEL CALORE Sistema termodinamico La termodinamica tratta delle trasformazioni energetiche interessanti il calore e dei problemi ad esse connesse. Si definisce sistema termodinamico un corpo od un insieme di corpi racchiusi da una definita superficie detta superficie di controllo. Il sistema deve essere definito, cioé racchiuso completamente entro una superficie di controllo, e limitato, cioé la superficie di controllo non deve andare ad infinito. Le pareti possono essere pervie (permeabili) o impervie (impermeabili), a seconda che permettano o non il passaggio di materia (massa); mobili o rigide, a seconda che consentano variazioni di volume e quindi scambi di lavoro di deformazione; diatermane o adiabatiche, a seconda che consentano o non il passaggio di calore. Il sistema è detto chiuso se il contorno che lo limita è impervio, aperto nel caso contrario. Si dice poi isolato se il contorno, oltre che impervio, è anche rigido ed adiabatico. Ad esempio, le pareti che limitano i locali sono al tempo stesso pervie (perché lasciano passare l’aria ed il vapor acqueo), rigide (non consentono variazioni di volume), diatermane (perché consentono il passaggio Cap. 3 Pagina 1 di 24 di calore). Un sistema si dice in equilibrio termodinamico quando al suo interno non si produce alcuna variazione al variare del tempo; tale situazione si chiama anche stato termodinamico. Lo stato termodinamico di un sistema è caratterizzato da un certo numero di grandezze fisiche, dette anche coordinate, alcune legate a ciascun punto del sistema (grandezze intensive) ed altre dipendenti dalla dimensione del sistema (grandezze estensive); a volte le grandezze estensive vengono riferite all’unità di massa o di volume del sistema e diventano grandezze specifiche. Ad esempio la temperatura e la pressione sono grandezze intensive, la massa ed il volume sono grandezze estensive e la densità (massa specifica) o il volume specifico sono grandezze specifiche. Lo stato di equilibrio termodinamico è caratterizzato dalla costanza delle grandezze intensive e specifiche; in tale condizione è sufficiente un numero delimitato di tali grandezze per caratterizzare inequivocabilmente lo stato del sistema. Ad esempio per un sistema costituito da una sola sostanza lo stato termodinamico è definito dal valore di due grandezze fra di loro indipendenti (es. pressione e temperatura ovvero temperatura e volume specifico). Le altre grandezze derivano da queste tramite relazioni (grafiche, numeriche o analitiche) chiamate equazioni di stato (ad es. per un gas ideale una delle possibili equazioni di stato è pv=RT che permette di ricavare ad esempio la pressione p dalla temperatura T e dal volume specifico v, essendo R una costante caratteristica del gas). Quando l’equilibrio viene a mancare, il sistema diviene sede di una trasformazione termodinamica ed in esso, se la trasformazione è sufficientemente lenta nel tempo, si verifica una successione di stati termodinamici differenti. Le trasformazioni dello stato fisico di un corpo, ad esempio del suo volume specifico v, della sua pressione p, della sua temperatura T , si rappresentano tramite relazioni, dette equazioni della trasformazione, che possono avere o la forma analitica ovvero grafica in un opportuno diagramma cartesiano (linea della trasformazione). Così ad esempio nel caso di un gas ideale, la trasformazione a temperatura costante presenta una relazione analitica T=cost= T o e la linea di trasformazione viene rappresentata, in un diagramma che riporti la temperatura T sulle ordinate ed il volume specifico v sulle ascisse, tramite una linea orizzontale. Cap. 3 Pagina 2 di 24 In effetti il sistema, se evolve, non potrebbe a rigore essere considerato come caratterizzato da stati termodinamici successivi; tuttavia, in prima approssimazione per fenomeni lenti, si può supporre che il sistema evolva secondo una successione continua di stati di quasi-equilibrio termodinamico, cioé di stati definibili con dei valori ben determinati delle variabili termodinamiche ed infinitamente vicini a quelli corrispondenti a stati di equilibrio termodinamico. Se inoltre tali stati sono percorribili in entrambi i sensi, si dice che il sistema è sede di una trasformazione termodinamica reversibile (per una definizione più precisa vedere oltre). Nella realtà le trasformazioni termodinamiche sono irreversibili, ma possono approssimarsi alle trasformazioni reversibili che più da vicino le ricopiano ed, introducendo i dovuti fattori correttivi empirici, si possono successivamente rendere i risultati aderenti alle situazioni pratiche. Conversione di energie fra loro e del calore in lavoro La conversione di energia da una forma ad un’altra (esempio da meccanica ad elettrica) ovvero sempre nella stessa forma ma con caratteristiche diverse (esempio da elettrica ad alta tensione ad elettrica a bassa tensione), avviene a mezzo di un apparecchio chiamato macchina. Nel campo termico una macchina può essere considerata come un esempio di sistema termodinamico. Le macchine reali purtroppo non sono in grado di convertire esattamente tutta l’energia in ingresso in altrettanta energia in uscita; ciò si constata in quanto se l’energia in uscita viene introdotta in un’altra macchina che opera inversamente alla prima, in uscita a quest’ultima non si ritrova tutta l’energia spesa in prima istanza. Questa incompl%etaconvertibilità è determinata dalle perdite. Le perdite sono causate dalla irreversibilità di alcuni fenomeni quali gli attriti, gli scambi di calore fra corpi a differente temperatura, le isteresi, ecc... Gli attriti sono caratterizzati dalla presenza di una forza finita che impedisce il distacco fra due superfici o che si oppone al moto relativo fra un fluido ed un solido; invertendo il moto anche la forza si inverte impedendo il ricupero Cap. 3 Pagina 3 di 24 dell’energia messa in gioco nel movimento diretto. Lo scambio di calore fra due corpi aventi temperature diverse costituisce anch’esso una perdita (vedi capitolo secondo) ed infatti il passaggio inverso non avviene più spontaneamente ma necessita di una spesa di energia. Unica possibilità di reversibilità consiste nell’immaginare lo scambio, sempre fra un corpo più caldo ed uno più freddo, ma con differenze di temperature infinitesime. L’isteresi corrisponde al fatto che mentre il processo diretto segue una certa legge, quello inverso segue un altro andamento; ciò porta, in una definita situazione, ad avere due valori diversi della stessa grandezza secondo se si proceda in una direzione del processo o in quella inversa. Ne consegue che nel processo inverso avviene una restituzione di energia inferiore a quella messa in gioco nel processo diretto. Tutti questi fenomeni sono caratterizzati dal fatto che le differenze fra alcuni parametri in gioco non sono infinitesime ma finite; solo con la prima condizione la variazione di una delle grandezze in gioco nel fenomeno della trasformazione, può far avvenire l’inversione del fenomeno della conversione energetica e, a meno di infinitesimi di ordine superiore, l’energia ricuperata nella trasformazione inversa eguaglia quella spesa nella trasformazione diretta. Lo studio delle macchine reali può essere svolto più proficuamente effettuandolo in due passi successivi: il primo passo considera la macchina ideale, cioé senza perdite, in modo da esaminare i fenomeni fisici su cui è imperniato il processo di conversione; il secondo sovrappone alla soluzione ideale l’effetto, sperabilmente piccolo, delle perdite. Mentre è intuitiva, in quanto verificabile continuamente nella realtà, la perdita energetica dovuta agli attriti, non altrettanto intuitiva è la perdita conseguente al degradamento termico del calore. Nel testo di Carnot questo è chiaramente spiegato. In particolare nella trasformazione del calore in lavoro con una macchina ideale che permetta il massimo di conversione energetica (e di conseguenza la reversibilità ) vanno rispettati i seguenti criteri: 1) nessun attrito o isteresi; 2) trasferimenti del calore con salti termici infinitesimi. La macchina termica ideale che realizza tali principi nella trasformazione del calore in lavoro, avendo a disposizione la quantità di calore Q 1 , fornita da Cap. 3 Pagina 4 di 24 una capacità termica tale da assicurare la costanza della temperatura T 1 ed avendo a disposizione una capacità termica a temperatura inferiore T 2 , è un sistema termodinamico che: a) scambia il calore Q 1 con la capacità termica a temperatura T 1 con un salto termico infinitesimo, b) idem per lo scambio con la capacità termica a temperatura T 2 ; c) cambia di temperatura da volume (senza scambi di calore). T1 a T2 Il ciclo di Carnot, costituito da due isoterme da adiabatiche realizza le condizioni sopra esposte. solo per variazione di T1 Definita l’efficienza della conversione come il rapporto ottenuto L ed il calore speso Q 1 , Carnot dimostra che: T2 a e da due fra il lavoro 1) l’efficienza è indipendente dalla sostanza che compie le trasformazioni del ciclo; 2) l’efficienza può essere calcolata quindi con una sostanza qualsiasi e pertanto ad esempio con un gas ideale, essendo il risultato ottenuto di validità generale; 3) qualsiasi altro ciclo che utilizzi Q 1 fornito da una capacità termica alla temperatura T 1 , avendo a disposizione una capacità alla temperatura T 2 , non può avere efficienza superiore (al massimo può essere uguale) a quella del ciclo di Carnot fra le stesse temperature estreme. Tutte queste dimostrazioni si effettuano per assurdo, considerando due cicli, uno percorso in senso diretto e l’altro in senso inverso, e mostrando che, la negazione di una delle tre proposizioni precedenti porta a negare la validità del principio di Carnot. Cap. 3 Pagina 5 di 24 Analogie fra macchine termiche e macchine idrauliche Lo stesso Carnot (vedi capitolo secondo) indica l’analogia fra una macchina termica ed una macchina idraulica (vedi figura 3.1). Considera quindi equivalenti: serbatoi di acqua, <----> serbatoi di calore livello di acqua, <----> temperatura lavoro, <----> lavoro Per questo il principio dell’idraulica per il quale: “Il massimo di lavoro prodotto da una certa massa di acqua in una macchina idraulica si ottiene quando tale massa è presa alla massima quota possibile (livello del serbatoio superiore), è scaricata alla minima quota possibile (serbatoio inferiore) ed è evitata qualsiasi perdita intermedia o bypass attraverso la macchina”. Si trasforma nel Principio di Carnot: “Il massimo di lavoro prodotto da una certa quantità di calore in una macchina termica si ottiene quando il calore è fornito alla massima temperatura possibile (capacità termica calda) e la quantità di calore residua è scaricata alla minima temperatura (capacità termica fredda); va evitato qualsiasi scambio intermedio fra corpi a temperatura sensibilmente differente”. Il ciclo che realizza tale principio risulta costituito da: isoterma T 1=T max (temperature assolute in K) isoterma T 2=T min (temperature assolute in K) altre trasformazioni reversibili senza scambio di calore. Si fa notare che mentre in idraulica tanta acqua esce dal serbatoio superiore tanta ne viene scaricata in quello inferiore, nelle macchine termiche alla capacità termica inferiore giunge una quantità di calore minore di quella prelevata alla capacità calda, la differenza essendo proprio il lavoro (energia meccanica) prodotto. Cap. 3 Pagina 6 di 24 Figura 3.1 – Equivalenza, secondo Carnot, fra impianti idraulici ed impianti termici per la produzione del lavoro meccanico. Questo Carnot non riusciva a verificarlo perché la macchine di quei tempi producevano talmente poco lavoro (meno dell’1%) che le due quantità di calore suddette erano quasi uguali fra loro. Tuttavia, nonostante ciò, Carnot intuì l’esistenza di una differenza ed indicò l’esigenza di un perfezionamento delle modalità delle misure. Altre formulazioni equivalenti al principio di Carnot Il principio di Carnot costituisce una constatazione della realtà . Il principio di Carnot è esprimibile, oltre che secondo la formulazione di Carnot, anche secondo quella di Clausius (vedi poco oltre) o infine secondo l’enunciato di Kelvin- Planck; cioé tutte queste espressioni indicano una stessa proprietà del mondo in cui viviamo (non sono mai state esaminate situazioni nelle quali questo principio fosse disatteso). Cap. 3 Pagina 7 di 24 Delle diverse formulazioni la seconda è verificabile dovunque esistano corpi a diversa temperatura. Si può dimostrare che le tre formulazioni sono equivalenti fra loro, cioé , negata una espressione, rimangono automaticamente negate anche le altre. La dimostrazione del Clausius, citata in tutti i libri di Fisica, mostra la discendenza della formulazione di Carnot da quella di Clausius; essendo la dimostrazione, del tipo per assurdo, piuttosto capziosa e di stretto interesse fisico, noi sceglieremo come principio fornito dalla realtà la formulazione di Carnot. Si ricorda che: secondo Kelvin-Planck: E’ impossibile realizzare una trasformazione in cui unico risultato sia quello di assorbire calore da una capacità calda e di convertirlo integralmente in lavoro. secondo Clausius: Il calore passa spontaneamente da un corpo caldo ad uno freddo; il passaggio inverso non avviene spontaneamente, senza cioé qualche concomitante risultato (spesa di lavoro). Mentre secondo Carnot (riportato con le sue stesse parole): “.. ogni metodo per sviluppare la potenza motrice raggiunge la perfezione di cui è capace .... se ... non si hanno variazioni di temperatura nel corpo ad eccezione di quelle dovute a cambiamenti di volume, oppure, ciò che è lo stesso ma detto in altre parole, se non c’è mai contatto fra corpi a temperature sensibilmente differenti.” Ciò porta alla seguente formulazione applicativa: Il massimo lavoro reso da una definita quantità di calore è quello che si ottiene fornendo il calore alla massima temperatura possibile (quella della capacità calda), sottraendo calore alla minima temperatura possibile (quella della capacità fredda); tutte le trasformazioni devono essere reversibili e, ad esclusione di quelle nelle quali si verifica lo scambio di calore, devono avvenire senza scambio di calore con l’esterno. Nelle precedenti formulazioni compaiono alcuni concetti di cui conviene riprendere la definizione: Cap. 3 Pagina 8 di 24 Capacità termica: essa rappresenta un serbatoio di calore in grado di fornire tutto il calore, richiesto dalla macchina, senza cambiare di temperatura; Trasformazione reversibile: essa indica una trasformazione che può essere percorsa in un verso o nell’altro (dallo stato iniziale 1 a quello finale 2 o viceversa) esclusivamente cambiando le differenze infinitesime delle grandezze in gioco; se percorsa in senso diretto e successivamente in senso inverso, il sistema raggiunge la condizione iniziale e non rimarrà traccia alcuna dell’avvenuto né nel sistema né all’esterno. Il concetto di reversibilità qui indicato è leggermente più esteso di quello precedentemente introdotto avendo qui compreso anche la reversibilità dello scambio di calore; tale concetto risulta più comprensibile se si fornisce anche la definizione di irreversibilità con qualche esempio. Si ha irreversibilità quando esiste una differenza finita e non infinitesima fra le grandezze fisiche (meccaniche o termiche) implicate nella trasformazione. L’attrito, classico esempio di causa di irreversibilità, si manifesta come una forza finita (e non infinitesima) al distacco fra due superfici, finita nello scorrimento fra una superficie ed un fluido, ecc..; invertendo il senso del moto, la forza non decresce con continuità, come avverrebbe per una forza elastica, ma si inverte completamente mantenendo la sua entità ed impedendo così il ricupero dell’energia messa in gioco nel movimento diretto. Anche lo scambio di calore fra un corpo caldo ed uno freddo costituisce un altro esempio di irreversibilità, perché il passaggio inverso può avvenire solo invertendo la differenza finita di temperatura e non spontaneamente e senza spesa di energia; solo nel caso di differenze infinitesime, l’energia da spendere per l’inversione delle differenze di temperature, sarebbe infinitesima. Infine le isteresi si manifestano quando le azioni, messe in gioco lungo un percorso, presentano differenze finite rispetto a quelle nel percorso inverso; non viene quindi ricuperata, al ritorno, tutta l’energia spesa all’andata. Cap. 3 Pagina 9 di 24 Principio di Carnot e sue conseguenze Il principio di Carnot ha una validità fino ad ora mai smentita. In un’era in cui sono stati riesaminati molti principi della Fisica classica e moderna (principi gravitazionali, teoria della relatività, costituzione della materia, la stessa conservazione della materia e dell’energia), il principio di Carnot ha retto di autorità in tutti quei processi di conversione che passano attraverso il calore. Dal principio di Carnot derivano le seguenti osservazioni: 1) solo una parte del calore viene trasformato in energia meccanica; 2) non si ha produzione di energia meccanica se non si scarica la quantità di calore residua (in un fiume, nel mare, nell’atmosfera) con conseguente inquinamento termico; 3) il massimo di conversione energetica si ottiene seguendo un ciclo termodinamico in cui tutta la quantità di calore di calore spesa Q 1 sia fornita alla massima temperatura T 1 possibile (es. compatibile con la resistenza dei materiali) e la quantità di calore residua Q 2 sia scaricata alla minima temperatura possibile T 2 . Questa minima temperatura rappresenta la temperatura ambiente, in quanto l’unico posto dove riversare Q 2 è l’ambiente e la temperatura T 2 non può essere inferiore a T a perchè il calore passa solo da un corpo più caldo ad uno più freddo. Si può definire come efficienza la grandezza: = lavoro ottenuto L = Q1 calore speso , (si fa notare che molti chiamano questo rapporto rendimento energetico; però, volendo qui distinguere fra calore e lavoro considerate come grandezze diverse, questo vocabolo preferiremmo evitarlo e riservarlo a rapporti fra grandezze omogenee). Cap. 3 Pagina 10 di 24 La massima produzione di lavoro coincide con il massimo di efficienza. Ciò si ottiene con un ciclo di Carnot fra le temperature T 1 e T 2 (temperature assolute), con T 2=T a . Si dimostra che: 1) l’efficienza del ciclo di Carnot è indipendente dal tipo di sostanza che lo compie; 2) per un ciclo compiuto da un gas ideale tale efficienza vale: Carnot = Q T L =1− 2 =1− 2 . Q 1 Carnot Q 1 Carnot T1 Come conseguenza dei due enunciati sopra indicati si deduce che l’efficienza del ciclo di Carnot vale in ogni caso: Carnot =1− T2 . T1 Si nota quindi che la quantità di calore Q 1 non è significativa a rappresentare il lavoro ottenibile, senza che sia contemporaneamente definita la temperatura T 1 a cui essa è disponibile e la temperatura T 2 (coincidente con la temperatura ambiente T a ). Nella tabella 3.1 sono riportate le corrispondenze fra il calore ed il lavoro massimo ottenibile secondo Carnot, in funzione della temperatura alla quale tale calore è disponibile; nella stessa tabella è anche riportata l’efficienza del ciclo di Carnot. Il confronto fra l’efficienza dei vari impianti, fatto sulla base dell’assunzione che il calore sia una forma di energia equivalente alle altre, cioè sulla base del principio di equivalenza, porta a risultati fuorvianti in quanto non vengono distinti fra loro l’inconvertibilità di una parte del calore speso e l’effettiva perdita per deficienze dovute al processo di conversione. Molto più significativa appare invece la grandezza rendimento valutata come rapporto fra l’energia ottenuta e quella parte del calore speso che si può convertire in energia cioè Cap. 3 Pagina 11 di 24 l’energia utilizzabile, sulla base del dettato del principio di Carnot. Per fare questo definiamo come energia utilizzabile o exergia B , in base al principio di Carnot, l’energia meccanica massima che possiamo produrre con una quantità di calore Q 1 , e precisamente: B=Lmax =⋅Q 1=1− T2 ⋅Q 1 T1 ; con T 2=T a = temperatura ambiente; ovviamente tale grandezza sarà espressa in J. Tabella 3.1 – Lavoro massimo ottenibile da 1 Jt di calore ed efficienza della conversione secondo Carnot. Q1 T1 Ta εc Lmax =B Q2 Jt K K ------ J Jt 1 1800 300 0,83 0,83 0,17 1 1200 300 0,75 0,75 0,25 1 600 300 0,5 0,5 0,5 1 300 300 0 0 1 In definitiva il valore “energetico” di Q 1 non è conseguente al suo numero di Joule termici , ma anche al corrispondente livello di temperatura T 1 (vedi Tabella 3.1) . La quantità di calore Q 1 non sempre può essere fornita ad una temperatura costante T 1 , ma può derivare da una sorgente che cambia di Q 1 può essere considerata come la temperatura. In tal caso la quantità somma di tanti dQ infinitesimi, ciascuno fornito ad una temperatura assoluta T non costante. Ad ognuna di queste quantità di calore infinitesime corrisponderà Cap. 3 Pagina 12 di 24 una exergia: d B=d Q⋅1−T a /T , cui corrisponderà come somma: b b b Ta dQ Bb−B a=∫ 1− d Q=∫ dQ−T a∫ = Q 1−T a S b – S a . T a a a T I limiti di integrazione a e b rappresentano due stati iniziale (ambiente) e finale della somministrazione di calore. Nel caso si abbia a che fare con una sostanza che, nell'intervallo considerato, abbia una capacità termica C = costante (la capacità termica è pari alla massa m per calore specifico c) : d Q=C dT e anche Q=C T b−T a da cui: b b Ta Bb−B a=∫ 1− d Q=∫ dQ−T a C T a a = Q1 [1− b ∫ dTT a = Q1 −T a C log Tb = Ta Ta T log b ] T b−T a Ta Nella tabella 3.2 è riportata una esemplificazione dell'exergia corrispondente ad una quantità di calore unitaria per temperature variabili fra T 1 e T a . Cap. 3 Pagina 13 di 24 Tabella 3.2 – Lavoro massimo ottenibile da 1 Jt di calore a temperatura variabile fra T 1 e T a ed efficienza della conversione secondo Carnot. Q1 T1 Ta εc Lmax =B Q2 Jt K K ------ J Jt 1 1800 300 0,64 0,64 0,36 1 1200 300 0,54 0,54 0,46 1 600 300 0,31 0,31 0,69 1 300 300 0 0 1 La grandezza S, che si dimostra essere una funzione di stato, prende il nome di entropia e rappresenta la grandezza termodinamica che, moltiplicata per la temperatura T a dell’ambiente in cui si lavora, costituisce la parte del calore che non si potrà in alcun modo convertire in lavoro (e che nel processo dovrà essere scaricato in ambiente). La grandezza B (una volta stabilito il valore di T a ) è una funzione di stato in quanto presenta un valore unico in relazione alle situazioni (gli stati) a e b (se così non fosse si potrebbero creare operazioni dirette ed inverse con produzione di energia). Allo stesso modo la funzione entropia è anch’essa una funzione di stato. Per l’entropia si può considerare uno stato di riferimento (per i gas 1 bar e 273,15 K) cui si attribuisce un valore di S o=0 ; in tal caso nella precedente espressione interverranno sempre le differenze di tali grandezze fra lo stato iniziale a e quello finale b . Per l'exergia B la condizione di riferimento è l'ambiente per cui B o=0 per T o=T a e p o= p a Si suole infine definire come fattore di Carnot, nel caso di sorgente a temperatura costante, il termine: Cap. 3 Pagina 14 di 24 N C =C =1− T2 , T1 mentre nel caso generale, fra la condizione di riferimento 0 e quella 1: T a 1 dQ S1 N C =C =1− ⋅∫ =1−T a Q1 0 T Q1 . Conviene sottolineare che N C appare, come espressione analitica, essere un numero puro (somma di uno e di un rapporto fra temperature); a noi conviene attribuire l'unità di misura J / Jt per far quadrare i controlli dimensionali e per chiaramente distinguere calore da energia utilizzabile (exergia) associato a quest'ultimo. Le conversioni energetiche e le perdite vengono chiaramente e proficuamente valutate sulla base della funzione exergia, che si sottolinea rappresenta l’energia utilizzabile; le equazioni di bilancio di primo principio (impropriamente chiamate di bilancio energetico) vanno considerate come mezzo per il controllo e la verifica di non aver dimenticato nulla nel bilancio exergetico. Le equazioni di bilancio exergetico possono essere applicate, oltre che ad un intero impianto, in cui la sostanza intermediaria realizza un ciclo, anche ad un qualsiasi suo componente, considerato come un sistema aperto, cioè caratterizzato da un condotto d’ingresso ed uno di uscita attraverso i quali la sostanza fluisce; in questo modo vengono quindi localizzati i componenti meno efficienti, identificandone le cause. Per far questo, in uniformità alle energie meccaniche, elettriche, ecc., misureremo in Joule anche le exergie per cui: 1 J di exergia = 1 Joule di energia meccanica, elettrica, magnetica, chimica, nucleare, ecc.; e pertanto per la relazione precedente: B 1 espresso in J = Q 1 espresso in Jt moltiplicato per Cap. 3 Pagina 15 di 24 Nc . Nella tabella 3.2 sono indicate alcune corrispondenze. Da questa tabella appare evidente che bruciando 1 kg di combustibile liquido, dal quale si sviluppano circa 40.000 kJ di energia chimica, pari ad altrettanti kJ ; se la stufa riuscisse a convertire tutti i 40.000 kJ in calore forniti ad acqua a 400 K (circa 130 °C), si otterrebbero 40.000 kJt, corrispondenti a solo 40.000 x 0,25 = 10.000 kJ con una perdita del 75%. Una corretta conversione avrebbe invece dovuto portare 40.000 kJ all’acqua , cioè a 160.000 kJt per il riscaldamento (4 volte tanto!!). Si ribadisce ancora che l’efficienza, definita in precedenza come rapporto fra lavoro ottenuto e calore speso, per un qualsiasi processo reale di conversione da calore a lavoro, non chiarisce se un basso valore di tale grandezza sia imputabile alla macchina mal progettata e con molte perdite ovvero se dipenda dal fatto che il calore fornito presenta una bassa energia utilizzabile. Per questo fatto si può introdurre la grandezza rendimento (che molti indicano come exergetico o di secondo principio, avendo già impegnato questo vocabolo al posto di efficienza): = Energia utilizzabile ottenuta Exergia ottenuta = Energia utilizzabile spesa Exergia spesa Si vede immediatamente che: = L L L max = ⋅ =⋅N C =⋅C . Q 1 L max Q 1 La tabella 3.3 esemplifica alcune situazioni. Cap. 3 Pagina 16 di 24 . Tabella 3.3 – Corrispondenze fra calore ed energie sotto altre forme. εc Corrispondenza ------ 1 1J = 1J ------ ------ 1 1J = 1J magnetica ------ ------ 1 1J = 1J chimica ------ ------ 1 1J = 1J nucleare ------ ------ 1 1J = 1J fra le temperature costanti 400 300 0,25 Jt = 0,25J fra le temperature costanti 500 300 0,4 Jt = 0,40J fra le temperature costanti 800 300 0,63 Jt = 0,63J T1 T2 K K elettrica ------ meccanica Tipo di grandezza ENERGIA CALORE Il ciclo di Carnot è difficilmente eseguibile con le macchine reali per cui il rendimento (exergetico) è inferiore all’unità: ne consegue che l’efficienza di un ciclo generico è inferiore a quello del ciclo di Carnot fra le stesse temperature estreme. Il ciclo di Carnot può anche essere percorso in senso inverso; in questo caso (vedi Figura 3.2) il lavoro è speso ed il calore passa dalla bassa all’alta temperatura (si spende lavoro per sollevare il calore da un livello di temperatura basso a uno più elevato). Cap. 3 Pagina 17 di 24 Figura 3.2 – Schema di ciclo inverso. Si possono allora presentare le seguenti situazioni ( T a corrisponde alla temperatura ambiente): T 1=T a , in tal caso T 2T a cioé la capacità a bassa 1) temperatura è più fredda dell’ambiente (macchina frigorifera); dalla capacità fredda si preleva calore. T 2=T a , in tal caso T 1T a , cioé la capacità ad alta 2) temperatura è più calda dell’ambiente (pompa di calore); alla capacità calda si fornisce calore. Anche in questi casi nella pratica si utilizza una grandezza che ha una certa somiglianza con l’efficienza in precedenza definita, essendo il rapporto fra la grandezza fisica utile e quella spesa, grandezze che, come si vede, non sono omogenee: Cap. 3 Pagina 18 di 24 1) per la macchina frigorifera: cf = = Calore sottratto a bassa temperatura = Lavoro speso Q 2 Q 2 L min 1 ⋅ −1⋅ ; = = L L min L NC 2) per la pompa di calore: pc = = Calore fornito ad alta temperatura = Lavoro speso Q 1 Q 1 L min 1 = = ⋅ . ⋅ L L min L NC Si fa notare che, trattandosi in questi casi di operazioni inverse, con il ciclo di Carnot si spende il minimo di lavoro rapportato alla quantità di calore somministrata alla capacità calda o sottratta alla capacità fredda ed al salto di temperatura fra le capacità calda e fredda. Nelle precedenti relazioni è sempre inferiore all’unità indicando tale grandezza la deviazione fra la macchina reale e quella di massima efficienza (ciclo di Carnot inverso) mentre il valore dell’efficienza può essere anche superiore all’unità . Nel linguaggio tecnico le citate efficienze prendono i nomi seguenti: 1) per la macchina frigorifera: ef effetto frigorifero specifico o anche, con un termine di derivazione americana coefficiente di prestazione (C.O.P.); 2) per la pompa di calore: pc coefficiente di moltiplicazione termica. E' infine possibile definire l'exergia di una quantità di calore che si trovi a temperatura T 2 inferiore a quella dell'ambiente; essa corrisponde al lavoro Cap. 3 Pagina 19 di 24 reso disponibile da una macchina ideale (Carnot) fra le temperature T a e T 2 ma riferito a Q2 . Lavoro identico è quello speso per estrarre Q2 dalla temperatura T 2 e scaricare Q1 nell'ambiente a T a : B=L max=1− T2 T ⋅Q 1=1− 2 ⋅Q 2Lmax Ta Ta da cui: Lmax=Q2⋅ T2 −1 Ta La tabella 3.4 mostra qualche esempio numerico di questa relazione. Tabella 3.4 – Lavoro massimo (exergia) ottenibile o speso per 1 Jt di calore Q2 ceduto o preso a temperatura T 2 costante ed inferiore all'ambiente ed efficienza della conversione secondo Carnot. Q1 Ta T2 ec Lmax =B Q2 Jt K K ------ J Jt 1,2 300 250 0,2 0,2 1 1,5 300 200 0,5 0,5 1 3 300 100 2 2 1 6 300 50 5 5 1 300 300 1 299 299 1 Anche per le temperature inferiori all'ambiente variabili bisogna fare le stesse considerazioni effettuate per le temperature superiori all'ambiente. Dalla tabella 3.4 si nota come all'approssimarsi dello zero assoluto l'exergia tende ad infinito mostrando la impossibilità di raggiungere tale traguardo. Cap. 3 Pagina 20 di 24 Funzioni di stato e funzioni della trasformazione Le varie grandezze termodinamiche esaminate si distinguono in funzioni di stato e funzioni della trasformazione. Le funzioni di stato sono quelle grandezze il cui valore è definito (cioé unico) noto lo stato termodinamico della sostanza in esame (ad esempio pressione, volume specifico, temperatura, exergia, entropia, ecc..); di queste alcune sono definite da un valore assoluto (es. pressione, volume specifico), altre a meno di una costante additiva (temperatura, entropia); la costante additiva può essere calcolata fissando una condizione di riferimento (ad esempio temperatura assoluta pari a 273,15 in corrispondenza del punto triplo dell’acqua; entropia nulla per una sostanza monocomponente in corrispondenza allo stato definito dalla temperatura assoluta di 273,15 K e dalla pressione di 1 bar). L’exergia ha come riferimento, per definizione, la temperatura della capacità fredda coincidente normalmente con la temperatura ambiente. Per tutte le grandezze anzidette è ovvio che la differenza fra due stati è indipendente dalle operazioni (trasformazioni) che sono state percorse per passare da uno stato all’altro. Per questa proprietà queste grandezze vengono anche chiamati potenziali ed i relativi differenziali vengono chiamati differenziali esatti. Altre grandezze invece dipendono dalla trasformazione effettuata (ad esempio la quantità di calore, messa in gioco nel passaggio da uno stato ad un altro, dipende dal percorso, cioé dalla linea di trasformazione; si potrà avere una quantità di calore scambiata a volume costante, un’altra a pressione costante ecc..); i relativi differenziali sono detti non esatti o funzioni della trasformazione. E’ evidente che le funzioni che ammettono potenziali, cioé quelle di stato, sono le più utili in quanto sono tabulabili. Purtroppo alcune delle grandezze interessanti per lo studio delle macchine non sono variabili di stato e pertanto un componente di una macchina, percorso da una sostanza, deve essere conosciuto nelle operazioni che in esso si realizzano al fine di stabilire la trasformazioni che in esso avvengono. A volte si può evitare di entrare nel dettaglio delle operazioni avvenute nel componente in esame, se si riesce a derivare la grandezza richiesta da relazioni che la legano a Cap. 3 Pagina 21 di 24 funzioni di stato valutate per la sostanza in ingresso ed in uscita. Si fa notare che le funzioni definite a meno di una costante additiva possono anche essere considerate come funzioni definite tramite il loro differenziale. Exergia come funzione di stato; diagrammi e formule L’exergia è una funzione di stato (se ne intuisce la dimostrazione pensando che essa rappresenta il lavoro massimo ottenibile) che ha purtroppo l’inconveniente di essere legata ad un prestabilito valore della temperatura ambiente T a . Per questo motivo molte persone mostrano perplessità ad un suo uso corrente. Comunque, stabilita una temperatura ambiente di riferimento, è possibile dotarsi di tabelle, diagrammi o formule sperimentali per le sostanze normalmente usate nelle macchine e negli impianti, ovvero considerare tale grandezza come differenza fra la quantità di calore ed il prodotto della temperatura ambiente per l’entropia. Il passaggio da un valore di temperatura ambiente ad un altro può essere effettuato utilizzando la relazione direttamente derivata dalla definizione di exergia: B 2=B 1−T a2T a1 S 1 , che richiede la conoscenza, sempre tramite tabelle diagrammi o formule, dell’entropia. Altre relazioni, che permettono di calcolare l’exergia in funzione di altre grandezze termodinamiche (es. dell’entalpia, del calore interno, ecc..), verranno viste più oltre. Cap. 3 Pagina 22 di 24 Capitoli della termodinamica Come già specificato, la trattazione viene successivamente suddivisa nei seguenti capitoli: Capitolo quarto e quinto – Termodinamica del calore Viene esaminata la fisica della conversione del calore in energia e viceversa considerando il sistema che opera come un sistema il cui contenuto non viene indagato; se il calore viene scambiato come tale il sistema viene chiamato sistema chiuso (Capitolo quarto), mentre se esso viene anche scambiato con l’intermediario di un fluido vettore, le cui trasformazioni entro la macchina non fanno oggetto di considerazioni, ma che fluisce in modo continuo senza accumuli, parleremo di sistema aperto (Capitolo quinto). Capitolo sesto – Analogie Quanto svolto è sufficiente per mostrare la perfetta analogia fra sistemi termodinamici e sistemi elettromeccanici, per quanto concerne la conversione dell’energia. Capitolo settimo – Proprietà delle sostanze Le proprietà termofisiche delle sostanze vengono trattate nel capitolo settimo; non ci si sofferma eccessivamente su questa parte in quanto le sostanze costituiscono un intermediario nel processo. Capitolo ottavo – Trasformazioni termodinamiche Con la stessa termodinamiche . impostazione vengono trattate le trasformazioni Capitolo nono – Componenti termodinamici aperti Si hanno a questo punto gli elementi per indagare sui componenti termodinamici aperti nei quali si produce lavoro tramite un fluido che attraversa in modo continuo tali apparecchi. Cap. 3 Pagina 23 di 24 Capitolo decimo – Cicli termodinamici Vengono esaminati i cicli termodinamici compiuti dalle macchine a gas ed a vapore con i calcoli delle efficienze e dei rendimenti; alcuni esempi numerici sottolineano le grandi differenze di valore fra le due grandezze. Capitolo undicesimo – Rigenerazione termica Viene esaminato il concetto di rigenerazione termica alla luce del principio di Carnot. Capitolo dodicesimo – Equazione generale del moto dei fluidi Si mostra come l’equazione di bilancio delle quantità di moto possa essere dedotta dall’equazione di bilancio delle energie utilizzabili (exergie) per i sistemi aperti con piccolo scambio di calore. Alcuni fogli lettronici di calcolo numerico apribili direttamente dal testo ed altri raggiungibili attraverso un percorso guidato, permettono seguire le modalità di calcolo, di verificare i propri calcoli e, cambiando i dati di ingresso, comprendere l'influenza di alcuni parametri sul risultato finale. Alcune appendici con tabelle di formule ricorrenti e diagrammi termodinamici completano l’opera. Cap. 3 Pagina 24 di 24