CONVEGNO PDTA – 26 settembre 2013 Evento congiunto Accademia di Qualitologia e WeCare Forum Report a cura di Maurizio Capelli Il convegno di Milano del 26 settembre scorso, sull'importanza della visione delle organizzazioni sanitarie per percorsi diagnostico terapeutici assistenziali, ha dato riscontri molto positivi sia sul piano della partecipazione (oltre 130 colleghi provenienti da tutta Italia) sia su quello dell'interesse espresso dalla numerosità e vivacità degli interventi da parte dei partecipanti, dopo ogni presentazione dei relatori. La puntualità, la chiarezza e la sinteticità dei moderatori e dei relatori, oltre ovviamente ai contenuti delle varie presentazioni, hanno consentito di dare alla manifestazione il ritmo giusto per tenere alta l'attenzione e gli stimoli alla discussione. L'evento di Milano ha visto la partecipazione "attiva" e "puntuale" in termini di contributi da parte dei due moderatori Antonio Bonaldi (Direttore Sanitario dell'Azienda Ospedaliera S. Gerardo di Monza) e Augusto Cavina (Direttore Generale del Montecatone Rehabilitation Hospital di Imola) che hanno introdotto i primi due interventi con interessanti precisazioni riguardanti l'importanza e la elevata criticità della gestione del rischio, da un lato, e la necessità di esplicitare i requisiti clinico-organizzativi nei confronti dei nostri utenti da mettere in relazione alla limitatezza delle risorse per realizzarli. La rendicontazione puntuale dei comportamenti e dei risultati ottenuti diventa un elemento sostanziale, da parte di chi amministra le varie organizzazioni sanitarie, di tipo etico e sociale. Riccardo Tartaglia (Direttore del Centro Gestione del Rischio Clinico e Sicurezza delle Cure della Regione Toscana) ha immediatamente "rotto il ghiaccio" con un contributo asciutto e diretto sulle organizzazioni ad alta affidabilità che hanno come caratteristica quella di avere sviluppato un'elevatissima sensibilità alla sicurezza da parte di tutti gli operatori che fa sì che possano affrontare tutte le minacce e gli incidenti con i più alti livelli di performance, sono organizzazioni che hanno in comune la complessità, quindi sono difficili da gestire, ma anche "l'imperdonabilità dell'errore" (industria aeronautica, centrali nucleari, piattaforme petrolifere). L'Agency of American Health Researching Quality ha definito 5 requisiti principali per caratterizzare un'organizzazione sanitaria ad alta affidabilità e più precisamente: Un'elevata sensibilità e attenzione alle attività svolte con particolare riguardo alle procedure Una costante attenzione alle conseguenze del "fallimento" in quanto i danni possono essere di elevata gravità Una deferenza a "chi sa fare le cose" e non alla gerarchie Una capacità di reagire rapidamente agli incidenti (resilienza) Andare oltre alla "colpa" di chi ha commesso l'errore analizzando le cause che l'hanno determinato e andando a verificare l'analisi dell'incidenza e la riluttanza conseguente a modificare i comportamenti. Ha rappresentato con dati inequivocabili della letteratura internazionale come esistano ampi margini di miglioramento nella prevedibilità degli incidenti che oscillano dal 40 al 50% classificando mediamente le organizzazioni sanitarie attuali come organizzazioni ad "alta vulnerabilità". Ha portato all'attenzione dei partecipanti vari elementi di confronto tra organizzazioni sanitarie e organizzazioni complesse ad alta affidabilità non sanitarie segnalandone le differenze principali ed eventuali azioni da intraprendere per migliorare i livelli di affidabilità. Manuela Aporti: (Direzione Sanitaria Azienda USL di Bologna) che ha sostituito il Dott. Annichiarico Direttore Sanitario dell'Azienda USL di Bologna, ha affrontato in modo diretto e preciso cosa è e cosa non è un PDTA; la chiarezza e la sinteticità della presentazione sono frutto di una interessante esperienza pluriennale condotta dall'Azienda USL di Bologna che ha identificato nell'approccio per PDTA una scelta strategica della Direzione aziendale e come tale sta permeando tutta l'organizzazione. Sono state presentate numerose definizioni da cui si possono ricavare differenti parole chiave che costituiscono i pilastri dei PDTA quali: multiprofessionalità, interdisciplinarità, processi, evidenze scientifiche,condivisione, raccomandazioni cliniche, responsabilità, presa in carico,continuità assistenziale, verifiche periodiche, monitoraggio degli indicatori, dichiarazione di standard, adattamento alla realtà e miglioramento continuo. Più che un modello è stata definita una filosofia di cura ed assistenza, fondata sui principi: della centralità della persona rispetto all'organizzazione del bisogno misurato su base epidemiologica dell'equità verticale ("trattamento diverso per bisogni diversi") dell'accessibilità alle cure della presa in carico e della continuità del processo diagnostico, di cura, assistenza e riabilitazione della medicina basata sulle prove di efficacia della soddisfazione del paziente Molto apprezzato e misurato è stato il contributo in termini di esperienze di "cosa non è il PDTA": Non è un oggetto che si "vede" Non è un oggetto che si "vende" Non è una somma di prestazioni Non è un servizio Non è un prodotto Non è un "vincolo" per i clinici Non è il "magic bullet" per ogni patologia Non è un modo per "meccanicizzare" i rapporti fra professionisti Non è una nuova salvifica tecnologia Anna Cremaschi (Direttore Qualità, Accreditamento, Gestione del Rischio Azienda Ospedaliera di Treviglio) ha presentato l'esperienza pluriennale dell'Azienda Ospedaliera di Treviglio sullo sviluppo e la realizzazione di un Sistema di Gestione per la Qualità e relativa certificazione ISO 9001:2008 che ha trovato nella Direzione strategica il "motore" indispensabile per il cambiamento e che ha visto l'organizzazione passare da una visione "parcellizzata" sulle singole Unità Operative a quella dipartimentale, interdipartimentale ed interaziendale. La base del cambiamento è stata la "gestione per processi" che ha trovato ed individuato la sua naturale connotazione nello progettazione e sviluppo dei "Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali" attraverso l'integrazione di più equipe mediche ed infermieristiche, ospedaliere e territoriali. Gli obiettivi sono stati quelli di: Produrre valore per il paziente/utente/cliente Produrre miglioramenti tangibili Fare beneficiare del miglioramento la più grande parte degli utilizzatori, o coloro che sono in condizioni critiche Tra i percorsi attuati la Dott.ssa Cremaschi ha presentato quello relativo allo "stroke" con i risultati ottenuti a partire dal 2009 in termini di appropriatezza, sicurezza, accettabilità, efficienza ed efficacia delle cure. Paola Giuliani (Direttore Struttura Complessa Qualità - ASL di Milano e Dirigente Medico Direzione Generale Salute-Regione Lombardia) ha creato l'attenzione dei partecipanti sull'importanza della documentazione sanitaria "per rendere conto" stimolando la platea con una domanda: "la documentazione sanitaria è vista come strumento burocratico o come strumento di garanzia?" e successivamente ha articolato l'intervento sulla importanza della documentazione "smart" in particolare nei PDTA perché ad esempio: Rappresenta l'organizzazione definita Funziona da collante tra attori diversi che operano in sede diverse "Blinda" le interfacce organizzative Registra le informazioni definite E' attiva quando necessario E' conservata secondo classificazione e i relativi tempi di scarto Stefano Alessandro Inglese (Responsabile Comunicazione e Relazioni con il Cittadino Azienda USL - Bologna) ha incentrato il proprio intervento sul ruolo dei percorsi diagnostico/terapeutici come strumento di responsabilità sociale, intesa come esigenza di rendicontare, ai cittadini ed alle organizzazioni interessate, da parte di chi riveste ruoli di responsabilità. Nello spiegare che accountability e trasparenza non sono la stessa cosa, ha sottolineato il valore della rendicontazione sull'uso delle risorse e l'attenzione ai risultati ed alla loro valutazione con particolare riferimento alla soddisfazione dei cittadini ed al benessere sociale. In questa logica l'accountability ha la responsabilità di comunicare il valore di ciò che l'Azienda produce in termini di benefici per la collettività e per i singoli rendendo evidente la forte attenzione al sociale da parte dell'organizzazione e favorendo la fiducia sulle decisioni e sulle scelte così come la promozione di valori condivisi e pratiche riconosciute e riconoscibili. Ma quali possono essere strumenti di rendicontazione così efficaci da mettere in evidenza in maniera chiara e leggibile ai cittadini ed alle parti interessate questi risultati? Il suggerimento del relatore è di usare il percorso diagnostico terapeutico come sperimentato dall'ASL di Bologna con il progetto VAPEC. Per essere efficace anche in questo senso, il PDTA, strumento di grande cambiamento all'interno dell'organizzazione sanitaria, deve essere costruito utilizzando anche il punto di vista dei cittadini e delle organizzazioni che li rappresentano, arricchendolo quindi anche dell'esperienza di chi ne è utilizzatore. Il progetto VAPEC ha consentito di rivedere e riprogettare il PDTA del carcinoma del colon retto utilizzando i cittadini che lo hanno sperimentato e le organizzazioni di volontariato che hanno potuto discutere della progettazione del percorso con i professionisti sanitari. Il progetto ha consentito di individuare azioni di miglioramento del percorso che mirano a migliorare la presa in carico e la continuità di cura (intesa anche come passaggio di informazioni tra professionisti non solo sullo stato di salute ma anche sulle preferenze di cura), la personalizzazione dei trattamenti (pur all'interno di protocolli conosciuti e standardizzati) e l'informazione sulle fasi del percorso. Questo presuppone la volontà delle organizzazioni di aprirsi veramente all'esterno, di essere realmente trasparenti rendicontando i risultati e accettando di essere misurabili e misurati rispetto ai PDTA individuati. Chiara Sarlo (Policlinico Tor Vergata di Milano) ha relazionato sull'esperienza dell'U.O. di Ematologia nell'implementazione e certificazione del percorso diagnostico terapeutico della leucemia mieloide acuta. La certificazione del PDTA consente di tenere sotto controllo il percorso attraverso un approccio per processi e permette di valutare la congruità delle attività svolte rispetto ad obiettivi di diagnosi e cura declinati in accordo con linee guida, EBM e riferimenti scientifici. Presso l'UO di Ematologia è stato scelto questo percorso perchè si tratta di un processo complesso che prevede diversi interventi sanitari ed assistenziali che coinvolgono professionalità differenti (alcune territoriali, altre ospedaliere), e richiede, proprio per questa complessità, continuità assistenziale tra le diverse strutture coinvolte nelle varie fasi del processo. Lo sviluppo del PDTA è avvenuto attraverso la declinazione di un progetto che prevedeva, tra l'altro, la condivisione con tutti gli attori coinvolti. Dopo una fase di pianificazione del percorso, si è proceduto alla preparazione della documentazione ed all'implementazione. Il progetto si è concluso con il ciclo degli audit interni e dell'audit di certificazione eseguito da CERMET; audit che ha consentito la verifica da parte di un ente terzo della conformità del sistema ad un documento tecnico e/o allo standard dei servizi emesso dalla comunità scientifica nazionale e/o internazionale di riferimento ed il rilascio del certificato di conformità al servizio sanitario. La certificazione del percorso diagnostico terapeutico prevede, tra l'altro l'individuazione di specifici indicatori di processo, per ognuno dei quali vengono definiti gli obiettivi, gli standard e si dichiarano i risultati raggiunti. Tra gli indicatori rivestono particolare interesse quelli relativi ai risultati clinici (ad es. incidenza di recidiva nei pazienti affetti da LAM, % di sopravvivenza dei pazienti sottoposti a chemioterapia intensiva). Questa esperienza testimonia come percorsi di questo tipo possano aiutare nel controllo dei parametri di spesa e di farmaco economia, consentendo il confronto e la misura delle attività e degli outcome verso il miglioramento continuo dell'efficienza, dell'efficacia e dell'appropriatezza. Il dottor Bonavita appartenente all'unità spinale dell'Istituto di Riabilitazione di Montecatone, ha relazionato sul PDTA-R interaziendale per persone con mielolesione traumatica, un percorso diagnostico terapeutico che questo istituto ha progettato e realizzato nell'ambito della collaborazione con diverse unità operative dell'AUSL di Bologna (centrale operativa 118, pronto soccorso, rianimazione, chirurgia vertebrale e d'urgenza ed altre). Anche in questo caso, come accaduto per altri relatori, la specificazione delle modalità impiegate per l'implementazione del PDTA-R (particolarmente importanti visto l'elevato numero di strutture coinvolte con sedi multiple, alcune ospedaliere ed altre territoriali), è stata accompagnata dall'illustrazione degli indicatori utilizzati per la misurazione del percorso stesso, tra i quali spiccano come particolarmente interessanti quelli relativi alla gestione organizzativa del processo (ad esempio la durata della degenza presso il centro di riabilitazione, nonché il numero dei pazienti in carico trasferibili o non trasferibili presso il centro stesso). Parte integrante del percorso sia l'elaborazione di specifici opuscoli informativi da consegnare al paziente ed ai suoi familiari sia una chiara definizione degli impegni delle aziende coinvolte nei confronti del paziente (tra questi citiamo la forte interconnessione tra gli operatori sanitari in tutte le fasi del percorso, l'impegno all'attivazione delle risorse necessarie per il reinserimento del paziente nel proprio ambiente di vita). Gli strumenti di monitoraggio utilizzati vanno dall'istituzione di gruppi di monitoraggio interaziendali, all'effettuazione di audit annuali sul percorso, all'analisi di qualità percepita con cadenza annuale, alla valutazione trimestrale degli indicatori del processo, secondo una visione veramente a 360 gradi ed integrata dell'uso del monitoraggio ai fini del miglioramento continuo utilizzando il punto di vista di tutte le parti interessate. Il percorso è stato certificato da CERMET. La dott.ssa Radice della Direzione Sanitaria dell'Ospedale S. Gerardo di Monza, ha illustrato i risultati del PDTA del paziente oncologico con sintomo dolore che utilizza la rete della terapia del dolore di cui fanno parte professionisti sanitari ospedalieri e territoriali affiancati dai care giver appartenenti alle associazioni di volontariato. Il percorso descritto si basa su di un gruppo di lavoro stabile che ha avuto ed avrà il compito di definire indicatori utili a valutare l'applicazione del PDTA, monitorare e valutare il livello di adesione ed i risultati ottenuti, definire e promuovere iniziative di informazione/formazione per l'implementazione del PDTA. All'interno del gruppo è considerata particolarmente innovativa la figura del care giver appartenente alle associazioni di volontariato. Tra gli indicatori di processo utili alla gestione del percorso ed alla valutazione dei punti critici su cui attivare azioni di miglioramento, sono state individuati: la presenza della valutazione del dolore all'interno della cartella clinica, l'impatto del percorso sulle variabili a breve e medio periodo (ad esempio efficienza, tempi di attesa e costi), così come su quelle a lungo periodo (efficacia terapeutica, riduzione della sintomatologia), il tutto con l'obiettivo di potere anche misurare i risultati di miglioramento del dolore del paziente e quindi in ultima analisi i risultati effettivi del percorso stesso.