La teoria dello Stato in Spinoza delle sue funzioni principali è di tenere a freno la natura passionale dell'uomo. Questo si potrà realizzare nel modo migliore approfittando del primato della paura e della speranza. Il principio dello stato è il desiderio di auto-conservazione, ed è da questo desiderio che gli uomini devono essere portati all'obbedienza. Ma l'insistenza sulla passione, sia nel caso dell'individuo che dello stato, è pur sempre compatibile con l'appello di Spinoza a legiferare secondo ragione e con la convinzione che gli uomini sono liberi solo quando obbediscono spinti dalla ragione piuttosto che dalla paura. Il diritto dell'uomo è identico al suo potere, e il suo potere è limitato dalla passione. Poiché la passione può essere dominata solo da altre passioni, costruire lo stato su questa base è sia razionale che nell'interesse della libertà. La società deve correggere la condizione dello stato di natura prepolitico, in cui gli uomini sono così divisi dalla passione da non avere quasi nessun diritto. La libertà è la vita in armonia con la ragione. In accordo con l'eredità classica presente nel suo pensiero, Spinoza immagina lo stato di natura come l'espressione diretta dell'ordine razionale dell'universo. Così, almeno entro certi limiti, è ragionevole obbedire alla legge nella vita sociale. La società stessa esiste in quanto costituisce il risultato di un comune accordo degli individui che pattuiscono di cedere il loro potere ad una autorità sovrana per accrescere il potere di auto-conservazione di ciascuno. All'interno della società, il volere dell'autorità sovrana è in realtà il volere dell'individuo razionale. Nella migliore società, il volere dell'individuo trova espressione concreta nelle leggi migliori, ossia nelle più razionali. Disobbedire all'autorità sovrana è contraddirsi, essere irrazionali, andare contro ai propri migliori interessi. Se ciascun cittadino ha il diritto di interpretare le leggi, lo stato viene distrutto dall'interesse personale a causa dell'egoismo umano e della sua natura passionale. Così ciascuno di noi è del tutto assoggettato alla sola "mente" della nazione, persino quando considera ingiuste le sue decisioni. La ragione ci insegna ad acquisire indipendenza individuale cedendola al volere dello stato. Di conseguenza, si può veramente dire che lo stato più potente e indipendente è fondato secondo i principi della ragione giusta, la quale rende manifesto il fine che è nell'interesse di ogni uomo perseguire. La necessità di unità, tuttavia, non rende gli uomini schiavi di una tirannide monolitica. (Fonte: Leo Strauss, Joseph Cropsey, Storia della filosofia politica) Ma volgiamoci adesso ad un esame più dettagliato dei … trattati politici. […] L'esatta natura delle idee religiose di Spinoza non può essere esposta in questa sede; ma è piuttosto chiaro che egli non mette mai in discussione il bisogno umano della religione. Si può essere d'accordo con l'affermazione secondo cui l'Ethica nella sua totalità costituisce l'esposizione spinoziana di un libero culto dell'uomo. Nei suoi scritti politici, lascia chiaramente intendere che sussiste una distinzione tra la religione dei filosofi e la religione pubblica. Nel Tractatus politicus, afferma che, sebbene la libertà di professare religioni diverse debba essere consentita alla gente, questa libertà deve limitarsi alla credenza e al culto privati. Ma mentre discute dei diritti delle autorità supreme in generale, ed in particolare della forma dell'aristocrazia, Spinoza sostiene una religione nazionale, stabilita dallo stato, che preveda pertanto riti pubblici uguali per tutti. Dal principio alla fine del trattato, pone l'accento sul pericolo mosso alla stabilità pubblica da una molteplicità di sette religiose e di tipi di culto. Questa insistenza è caratteristica del suo modo di affrontare ciascun aspetto della legislazione politica, ed è una conseguenza diretta della sua concezione della natura umana. Dal momento che gli uomini sono spinti ad agire dalla passione piuttosto che dalla ragione, sarebbe un'assurdità costruire uno stato in cui la libertà si fondi soltanto su una presunzione di ragione o buona fede. Le passioni primarie sono la paura della sofferenza e la speranza di ottenere piacere. Poiché ciascun uomo non desidera nulla con maggiore intensità della sua autoconservazione, la lotta per accrescere il piacere e diminuire la sofferenza rende gli uomini naturalmente nemici; alla paura e alla speranza si può aggiungere la passione fondamentale dell'odio. Quando gli uomini arrivano a costituire insieme delle società nel tentativo di salvaguardare l'esistenza individuale attraverso il potere collettivo, non per questo mutano le loro nature, ma continuano ad essere schiavi della passione. Continuano ad essere stimolati da paura e speranza, e in tal modo il pericolo dell'odio perdura all'interno della società. Per questo motivo, Spinoza fa continuamente appello alla necessità di conservare l'unità all'interno dello stato. L'associazione politica è naturale, ma una 1 Poiché l'obbedienza si fonda sull'interesse personale, è nel migliore interesse dell'autorità sovrana essere ragionevole: lo stato dovrebbe perciò evitare di suscitare risentimento tra la popolazione. Non ha diritto di farlo, perché non ha il potere di farlo, dal momento che una plebe indignata rappresenta una minaccia per il potere dell'autorità sovrana. Proprio come un cittadino ragionevole capirà che la sua libertà dipende da una nazione forte e unita, e che questa forza ed unità non costituiscono di per sé un ostacolo alla sua privata libertà di pensiero e di fede, allo stesso modo, anche l'autorità sovrana in uno stato razionale capirà di sbagliare andando contro le prescrizioni della ragione. Spinoza non contraddice qui le sue consuete asserzioni secondo cui la passione è governata dalla passione piuttosto che dalla ragione. È razionale fare appello all'interesse personale piuttosto che ad una argomentazione religiosa o filosofica. L'azione sbagliata del sovrano è quella che provoca la sua personale rovina. Pertanto, l'autorità sovrana è costretta ad agire in modo tale da mantenere vivi paura e rispetto tra il popolo. Sebbene il contratto sociale non sia più vincolante quando viola l'interesse comune, Spinoza dice espressamente che il diritto di decidere quando tale circostanza si verifica spetta esclusivamente all'autorità sovrana. Solo l'autorità sovrana ha la facoltà di capire che cosa è necessario per l'interesse generale. Tuttavia, questo potere è a sua volta soggetto alle limitazioni della passione pubblica. L'autorità sovrana agisce nell'interesse generale trasformando per mezzo delle buone leggi la passione pubblica in virtù ed obbedienza. Le buone leggi tutelano nel migliore dei modi l'interesse di ogni cittadino; pertanto, sono razionali, e, in quanto razionali, non devono essere temute. Così la nazione migliore ottiene obbedienza, non per mezzo della paura, ma per mezzo della ragione. "È migliore quello stato in cui gli uomini conducono le loro esistenze in armonia, e le leggi sono conservate inviolate".9 Si dovrebbe sottintendere che con ragione, Spinoza ha sinora inteso calcolo nell'interesse dell'individuo. Lo stato spinoziano, allora, pone la passione al servizio della ragione mediante la comprensione razionale della natura passionale dell'uomo. La filosofia è il potere più elevato per tutti gli uomini, anche se il suo insegnamento deve essere presentato in una forma adeguata all'opi-nione pubblica. La filosofia rappresenta l'interesse generale: non è una esagerazione dire che il fine ultimo dello stato è la filosofia. Il frontespizio del Tractatus theologico politicus dice che la "libertà di filosofare" è necessaria per conservare la devozione e la pace pubblica. La libertà del cittadino nello stato migliore è la manifestazione politica della libertà filosofica. All'interno dello stato, esiste un'unità ili cittadino e sovrano. Questa unità si fonda su istituzioni razionali, che fanno dei magistrati i rappresentanti politici dei filosofi, proprio come le istituzioni rappresentano l'aspetto pubblico della filosofia. Come afferma Spinoza, "gli uomini devono essere comandati in modo tale che non pensino di essere guidati ma di vivere secondo la loro propria mente e secondo la loro libera opinione". Su questa base, Spinoza rifiuta la monarchia in favore della democrazia. La democrazia imita lo stato di natura limitando la tendenza dei più importanti magistrati ad accrescere il loro potere. Nello stato di natura, esiste una naturale eterogeneità dei tipi umani che sta a fondamento dell'eterogeneità presente nei diversi livelli del potere, ed è a sua volta l'espressione visibile delle articolazioni presenti nella struttura della Sostanza. Un uomo solo non dispone di un potere sufficiente per governare lo stato: le monarchie sono aristocrazie dissimulate. L'eterogeneità dello stato di natura in termini politici è la condizione della naturale ineguaglianza degli uomini. Ma questo non significa che un solo uomo (o alcuni uomini) abbiano il diritto di governare i loro simili. Dal momento che "diritto" equivale a "potere", e il potere di ogni singolo individuo è insufficiente a governare (a preservarsi in accordo con i suoi migliori interessi), la caratteristica politicamente rilevante dello stato di natura non è la superiorità di un individuo su un altro, quanto piuttosto la molteplicità dei tipi. Questa molteplice varietà dei tipi umani non può essere eliminata più di quanto lo possa il carattere della Sostanza stessa. Il desiderio dell'individuo deve rispecchiarsi nella struttura legale e istituzionale del regime stesso; altrimenti gli individui non ammetteranno l'identità del loro volere con quello dello stato. Il regime democratico, ossia la sintesi dei tipi umani che si mantiene fedele nella sua struttura alla diversità di quei tipi, imita lo stato di natura. Ma imitazione non significa identità. Possiamo dire che il regime democratico rende razionale lo stato di natura, ossia porta a compimento ciò che è implicito nello stato di natura. La molteplicità dei tipi nello stato di natura include un'implicita disuguaglianza 2 razionale che è altra cosa da una disuguaglianza irrazionale o fisica. Per portare un semplice esempio: l'uomo che nello stato di natura è in grado di dominare i suoi vicini per mezzo della forza fisica può essere incapace di fronteggiare quelle minacce al suo potere che trascendono la sfera della forza bruta. L'uomo che possiede una forza fisica superiore è in realtà meno potente dell'uomo dotato di maggiore intelligenza. Ciò nonostante, è potente abbastanza da distruggere, in certe circostanze, le condizioni, non proprio per la sua personale sopravvivenza, ma per quella di coloro che gli sono superiori sotto altri punti di vista. Il regime democratico razionale deve equilibrare i poteri della forza e dell'intelligenza allo scopo di preservarli entrambi. Il modo in cui Spinoza concepisce questo equilibrio rende la sua versione della democrazia notevolmente differente da quella della maggior parte degli scrittori a lui contemporanei. Come mostra la sua trattazione dell'estensione del potere sovrano, Spinoza tende a porre l'accento sulla libertà delle istituzioni piuttosto che su quella degli individui. È incline a concepire le istituzioni come l'incarnazione razionale dei principi al di sopra dell'irrazionale potere della moltitudine. Di conseguenza, tende a confinare la libertà degli individui alla sfera privata del regime, piuttosto che a quella pubblica. Quando Spinoza esprime una valutazione sull'intelligenza politica della moltitudine, mette in evidenza che, se fosse in grado di moderarsi, e di sospendere il giudizio quando è incompetente, sarebbe più adatta a governare che ad essere governata. Nella sua discussione sulla democrazia nel Tractatus politicus, Spinoza afferma che il termine "democrazia" non indica il numero dei votanti, da cui sono scelti i funzionari statali, ma indica piuttosto il fatto che ci sono leggi che determinano specificamente chi avrà i requisiti idonei per votare. Nella vera concezione della democrazia, l'accento è posto sulle istituzioni piuttosto che sugli individui. Secondo Spinoza, la differenza principale tra una aristocrazia ed una democrazia è questa: in una aristocrazia, il gruppo nobile che governa perpetua se stesso eleggendo nuovi membri. In una democrazia, tutti i cittadini possiedono i requisiti adatti a votare e a ricoprire una carica. Ma limitazioni di età e proprietà possono ridurre il numero di cittadini che fanno parte del consiglio supremo della democrazia a un numero inferiore di quello contemplato per il consiglio di un'aristocrazia. Questa limitazione, di per se stessa espressione della concezione conservatrice che Spinoza ha della democrazia, è l'unica differenza sostanziale tra i due consigli. Quando Spinoza attribuisce l'incompetenza politica della massa all'inesperienza, non sostiene la causa del liberalismo individualistico, ma piuttosto la funzione educativa delle libere istituzioni a cui gli individui sono subordinati (e che li rendono veramente tali). La distanza che separa Spinoza da Hobbes si può riassumere osservando che egli si allontana dalla definizione di auto-conservazione comunemente intesa per arrivare ad una definizione più sofisticata. Nella nostra analisi abbiamo messo in luce come un sottile mutamento implicito nella comprensione dello stato di natura sostituisce le formulazioni generalmente accettate di tale concetto. Il mutamento si rende evidente dal punto di vista politico nel rifiuto spinoziano della monarchia assoluta in favore di una democrazia conservatrice (potenzialmente aristocratica). Il principio della democrazia conservatrice che incarna il valore filosofico di questo mutamente è la libertà della filosofia: la filosofia è il potere di auto-conservazione inteso nella sua forma più sofisticata. Allo scopo di mantenere libera la filosofia, cioè, potente, dobbiamo rispecchiare correttamente nel nostro regime politico i diversi generi dei tipi umani. Poiché la filosofia è la comprensione della struttura della Sostanza, non può prosperare se non ha accesso a questa struttura. Questo accesso si ottiene mediante l'osservazione dei diversi generi delle istituzioni e delle attività umane: di conseguenza, il regime politico deve tener conto di una molteplicità di opinioni, come già si è mostrato. È importante ricordare che il regime politico ha come suo sommo bene la difesa della filosofia. Questo non equivale assolutamente ad affermare che il sommo bene è la "libertà" dell'individuo. L'ultima affermazione implica l'assenza di un ordine naturale sulla base del quale gli individui possono essere classificati. Spinoza non è né un cristiano, né un liberale moderno, né un esistenzialista: per lui la libertà è possibile soltanto per il filosofo; così, in senso stretto, soltanto il filosofo è libero. La società libera si fonda in assoluto, non sulla libertà di parola nel senso della parola di chiunque, bensì sulla libertà della parola filosofica. Questo è il cuore del "conservatorismo" di Spinoza, ed è chiaramente evidente nel Tractatus theologico politicus. A causa dei vari obiettivi secondari di questo trattato (il più importante dei quali 3 consiste nell'affrancare la filosofia dal controllo religioso o popolare), tuttavia, la chiara evidenza di cui si è poc'anzi parlato, è spesso messa in ombra ed ha bisogno di essere mostrata in modo più esplicito. Il Tractatus theologico politicus è un'opera rivoluzionaria. D'altro canto, Spinoza desidera dare il via a cambiamenti pratici senza scardinare l'ordine della società. La sua rivoluzione va intesa come un sostituto incruento delle sanguinarie bizzarrie che sono state provocate dal trionfo della superstizione sulla religione. Al fine di indurre una nazione a cambiare le sue opinioni, bisogna offrirle delle norme intelleggibili. Spinoza accetta la distinzione classica tra la minoranza dei filosofi e la schiacciante maggioranza della massa. Il problema di parlare in presenza della gente comune, per non parlare dei filosofi potenziali che sono tuttavia ancora sotto le influenze del volgo, induce Spinoza a procedere in modo molto cauto pur mantenendosi fedele al suo coraggioso radicalismo. Nel breve periodo, la sua cautela si è rivelata in larga misura inefficace, ma, alla lunga, sembra essere stata sorprendentemente fruttuosa, come si può valutare considerando il cambiamento delle interpretazioni di Spinoza nel corso degli ultimi centocinquant'anni. Spinoza nel Tractatus de intellectus emendatione insegna ai suoi lettori a parlare in una maniera comprensibile alla massa e ad adattarsi per quanto possibile alla capacità di apprendimento della maggioranza. Nel Tractatus theologico politicus indica che il volgo include tutti coloro che non sono almeno filosofi potenziali; al volgo sono accomunati tutti coloro che soffrono le sue stesse passioni." Spinoza chiede agli uomini di questo genere di non leggere il suo libro, ma è ovvio che non è possibile far rispettare la sua richiesta. Il libro è sicuramente destinato ai leader del popolo, giacché solo grazie al loro intervento il popolo può essere modificato. Spinoza, commentando la forma letteraria della Scrittura, afferma a sua volta che, per istruire una nazione (o il genere umano), si devono "conformare il più possibile le ragioni e le definizioni della propria dottrina alla capacità plebea, che rappresenta la maggior parte del genere umano". Ma questo è precisamente l'obiettivo del Tractatus theologico politicus: modificare le opinioni del genere umano sulla religione e insegnare una nuova dottrina politica. In senso più generale, il trattato nel suo insieme è un compromesso con l'interpretazione consueta, certamente in relazione a quegli eventi che destano maggiore interesse nei più. Naturalmente, i filosofi sono liberi, secondo la loro personale capacità, di apportare le correzioni necessarie al fine di rendere più accessibile l'insegnamento teoretico; ma proprio in questo caso devono piegare il loro discorso pubblico e le loro azioni alle leggi della repubblica che sostiene quell'insegnamento teoretico. Dobbiamo quindi distinguere tra quegli aspetti del Tractatus theologico politicus destinati a persuadere il volgo, quelli che espongono i principi della repubblica migliore, e quelli che descrivono la repubblica stessa. Nel terzo caso, non dovremmo mai dimenticare le parole di Spinoza nel passo decisivo relativo alla libertà di parola e di pensiero: "Nessuno può agire contro i decreti del potere sovrano; ma in ogni cosa ha del tutto diritto di pensare e giudicare, e di conseguenza anche di parlare, a condizione che parli e pensi solo ed esclusivamente con la sua ragione, non per astuzia, collera o odio, e che egli non cerchi di introdurre niente nello stato soltanto in forza del suo volere." Per ottenere la repubblica migliore, si deve per prima cosa emendare la religione, per ragioni che sono già state dibattute. Quindici dei venti capitoli del Tractatus theologico politicus sono dedicati a questo compito. Il tema di questi capitoli è troppo complesso per dedicargli in questa sede qualcosa di più di un semplice riassunto. Purché risultino evidenti i motivi che rendono l'argomento tanto complesso, si giustifica, in un'introduzione al pensiero politico di Spinoza, il nostro limitarci alla sua concezione della religione, semplice ma determinante, e alla sua esposizione per esaminare i principi politici. Con l'intento di persuadere, Spinoza inizialmente accetta l'origine divina della Scrittura. Si muove, tuttavia, su di un percorso che da un esordio tradizionale procede verso una conclusione anticonformista. Lo studio della Scrittura deve essere analogo a quello della natura. In contrasto con la posizione di Maimonide, i principi per l'interpretazione della Scrittura devono essere desunti dalla Scrittura stessa, e non da una posizione filosofica precedente. Quando ci accostiamo alla Bibbia senza pregiudizio, scopriamo che le idee speculative espresse dai profeti sono come le opinioni contraddittorie e inadeguate degli altri non filosofi. Un'analisi scientifica della Scrittura, fondata su dati storici, linguistici e biografici e su di un esame dettagliato delle contraddizioni interne e degli errori nelle stesse compilazioni scritturali, ci libera dall'idea che il libro abbia autorità in ambito speculativo. Ma l'insegnamento morale della Scrittura è 4 dovunque lo stesso e facilmente compreso. I profeti sono in disaccordo sulle questioni speculative, ma sono in totale armonia riguardo alla Legge Divina della moralità. Sotto questo aspetto prefigurano i cittadini della migliore repubblica. La Legge Divina, manifesto insegnamento universale della Scrittura, dev'essere il fondamento della nostra interpretazione della Sacra Scrittura. La vera religione ha autorità esclusivamente sull'azione; qualsiasi religione che rivendichi il diritto di esercitare un'autorità teoretica è superstizione: "Il fine della filosofia non è niente altro che la verità; il fine della fede, tuttavia, come abbiamo ampiamente dimostrato, non è nient'altro che obbedienza e devozione". Poiché "obbedienza" significa obbedienza alla legge di Dio, il suo contenuto è determinato dalla definizione di devozione. Che cos'è la devozione? La risposta, tratta dalla Scrittura, è chiara, netta e semplice. Innanzitutto, la devozione richiede l'assenso ad un ristrettissimo numero di proposizioni teoretiche, come per esempio che esiste un Dio onnipotente, da cui dipende la nostra salvezza. In secondo luogo, la vera virtù consiste interamente nell'amore verso Dio e verso il prossimo. L'amore verso Dio è espresso attraverso l'amore per il prossimo (e adattandosi ai costumi pubblici della devozione). Amare il prossimo significa rispettare i suoi diritti. Poiché i suoi diritti sono stabiliti dalla legge positiva, la devozione non soltanto richiede che obbediamo alle leggi dello stato, ma consiste in tale obbedienza. Secondo Spinoza il vero insegnamento della Scrittura rende la devozione potenzialmente identica all'osservanza della legge e al patriottismo. Limitando l'autorità della religione alla moralità (le cui regole precise sono definite dall'ordine politico), Spinoza ha liberato la ragione dai pericoli della superstizione senza annullare i risultati positivi della fede. Dimostra che ragione e rivelazione concordano, sia riguardo al contenuto della moralità o religione, che riguardo al modo in cui sono indipendenti l'una dall'altra e al modo in cui sono in relazione. Il patto universale, che ha sostituito il patto particolare tra Dio e gli Ebrei (e per mezzo del quale abbiamo innata conoscenza di Dio come sorgente della moralità), è la manifestazione religiosa di quelle idee innate da cui la ragione deduce i principi della moralità. Infine, la sola rivelazione fornisce all'uomo la prova che la salvezza si fonda sulla sua obbedienza a quei principi. Poiché i principi della moralità sono espressi assai adeguatamente, secondo l'argomentazione politica di Spinoza, nelle leggi del miglior regime, la religione in effetti fornisce una prova del fatto che la devozione consiste in modo assoluto nell'obbedienza al giusto ordine politico, e più in generale al proprio governo legalmente costituito. Nei capitoli conclusivi del Tractatus theologico politicus Spinoza dimostra che la dottrina politica della ragione naturale è in armonia con la moralità rivelata, proprio come è stato notato. La ragione naturale ci insegna lo jus naturale, che è proprio di ogni essere finito. L'attività ha origine nella lotta per l'auto-conservazione. Per esempio, i pesci godono dell'acqua e mangiano pesci più piccoli per un diritto naturale che è semplicemente un'espressione della loro natura. Come dice Spinoza, "la natura, presa in modo assoluto, ha diritto assoluto a tutte le cose che può procurarsi o fare. In altre parole, il diritto naturale è uguale per estensione al potere". Perciò, nello stato di natura, la trasgressione è impossibile: niente che si possa fare è proibito, perché tutti gli avvenimenti sono naturali. La trasgressione diventa possibile soltanto all'interno di una società, come violazione della legge. La trasgressione è una violazione del desiderio fondamentale di auto-conservazione. Quindi, l'uomo è per natura un animale politico, perché la società politica è necessaria alla sopravvivenza dell'uomo e al suo perfezionamento. La società è creata dalla ragione ed è lo strumento con cui la ragione si autoperfeziona. Il perfezionamento della ragione e il perfezionamento dell'uomo in quanto tale: il perfezionamento del suo potere. Allo scopo di perfezionare il suo potere, l'uomo ,è orientato, non solamente verso la società, ma verso uno sforzo per comprendere, e per realizzare, la società migliore. È razionale moderare il proprio comportamento in relazione alle circostanze. Gli uomini hanno una molteplicità di nature, e questo, unitamente al fatto che così pochi sono filosofi, rende necessario che la società migliore sia conforme alla natura della maggioranza. Un fondamentale compromesso di questo tipo è il riconoscimento del fatto che tutti gli uomini sono spinti dal loro calcolo dei beni (piaceri) e mali (sofferenze); ma che pochi sono capaci di fare simili calcoli con precisione. Il contratto sociale su cui si fonda il miglior regime, può essere salvaguardato solo attraverso un richiamo all'interesse personale: "ciascuno ha per natura il diritto di agire con astuzia, e non richiesto di osservare i suoi patti, tranne che nella speranza di un bene maggiore o nella paura di un male 5 maggiore". Spinoza deve dimostrare, tanto ai pochi quanto (in un certo senso) ai molti, che il suo miglior regime garantisce una quantità tale di beni che disobbedirgli equivale ad andare contro il proprio interesse personale. In conformità al primato dell'interesse personale, Spinoza esprime la sua preferenza per una democrazia. Lo stato esiste nell'interesse dell'individuo, ma è nell'interesse dell'individuo che quest'ultimo subordina l'individualità al potere comune. Nel suo capitolo sull'aristocrazia, nel Tractatus politicus, Spinoza dice che è giusto trattare tutti i cittadini come uguali, perché il potere di ciascuno, rispetto allo stato nel suo complesso, è irrilevante. La stessa concezione di uguaglianza si può applicare alla democrazia. Ciascun individuo cede per intero il proprio potere allo stato, così che la democrazia è "un raduno collettivo di uomini che hanno collettivamente il più alto diritto ad ogni cosa in loro potere". O "per libera scelta o sotto la minaccia della più grave punizione", ciascun cittadino sarà di conseguenza costretto ad obbedire all'autorità sovrana. Se tutta la popolazione concorda nel trasferire tutto il suo potere ad un solo governo che esprime il volere di tutti, allora tutti parteciperanno all'auto-governo. Questo non significa altro che badare alla propria auto-conservazione. La democrazia appaga questo desiderio naturale perché è compatibile con la molteplicità delle nature che hanno un fine comune generale, la democrazia è quindi da preferirsi agli altri regimi. Una caratteristica evidente della democrazia di Spinoza consiste nell'attribuire al potere sovrano il diritto di "fare riguardo alla religione qualunque legge che decida". Spinoza, naturalmente, non intende abolire la religione. Desidera, piuttosto, evitare di sottomettere lo stato "ai giudizi diversi e alle passioni di chiunque. Inoltre, quando i sacerdoti possono esercitare il potere politico, quest'ultimo tende a corromperli, a discapito sia della Chiesa che dello Stato. La forma della democrazia dev'essere tale da equilibrare il bisogno di concordia pubblica e di stabilità con il massimo della privata libertà di parola, di pensiero e di fede. Il diritto dell'autorità sovrana di legiferare in materia religiosa si fonda sul diritto naturale dello stato di sovrintendere a tutte le materie che hanno a che fare con l'autoconservazione dei suoi cittadini. Questo diritto è espresso nella forma di un contratto secondo il quale il potere sovrano è il solo responsabile dell'articolazione dei codici legali; ma le sue azioni devono ovviamente essere temperate dal pericolo di perdere il potere. Spinoza discute questo problema, insieme alla relazione tra uomini di stato e uomini di chiesa, nel contesto di un'analisi della prima nazione ebraica istituita da Mosè. Spinoza deduce da questa analisi alcune dottrine politiche specifiche. La prima nazione ebraica non deve in alcun modo essere imitata in toto, poiché il patto esclusivo con Dio su cui fu fondata, non è più valido. Le nuove esigenze che derivano dal patto universale sono simboleggiate dall'osservazione di Spinoza secondo cui la costituzione ebraica è inefficace per quegli stati che desiderino avere relazioni esterne. Le dottrine che si devono apprendere dallo studio della nazione ebraica possono essere sintetizzate come segue: 1) deve esistere una separazione tra funzioni religiose e politiche; 2) le questioni speculative non devono essere rimesse alla Legge Divina, perché la religione deve consistere unicamente in azioni; 3) il potere sovrano deve avere pieno diritto di decidere che cosa è legittimo e che cosa non lo è; 4) da un cambiamento nella forma del governo risulta più male che bene. La terza conclusione è abbastanza importante da meritarsi un intero capitolo. "La religione acquisisce la sua forza di legge unicamente dai decreti del sovrano. Dio non ha uno speciale regno tra gli uomini se non nella misura in cui Egli regna attraverso governanti temporali".19 La devozione interiore non può essere imposta per legge; la devozione esteriore si manifesta nella giustizia e nella carità. Dio non può essere concepito come legislatore; i Suoi precetti diventano legge solo con la mediazione dell'autorità debitamente costituita. Malgrado il potere del sovrano di legiferare come desidera in materia di religione, Spinoza pone l'accento sul fatto che la libertà di fede religiosa è necessaria per il benessere dello stesso potere sovrano. Identico slancio si riscontra nella sua difesa della libertà di parola. La repressione del pensiero è impossibile; è di gran lunga meglio permettere agli uomini la libertà di discutere sulla maggior parte delle questioni piuttosto che costringerli a dar vita a fazioni segrete. Poiché il vero fine del governo è la libertà, gli uomini dovrebbero essere liberi persino di discutere le leggi, fuorché di esortare alla rivolta. La libertà di discutere le leggi è inseparabile dalla libertà della discussione religiosa, e la libertà di discussione in generale è necessaria per il progresso delle arti e delle scienze. La prosperità della filosofia si fonda su tale libertà. La libertà di parola presenta degli svantaggi, ma i vantaggi sono di gran lunga più 6 rilevanti. Non si dovrebbe trascurare, comunque, il fatto che tale libertà non è illimitata. Quei cittadini che sono maggiormente capaci di pensiero speculativo e di parola si guarderanno, per salvaguardare il bene pubblico e privato, dal propugnare dottrine che contraddicono le leggi pubbliche e i pubblici costumi. Interesse e ragione si uniscono così per realizzare un equilibrio tra libertà e costrizione. La legge è pertanto il criterio della libertà di parola. Poiché la legge deve essere protetta, l'azione deve piegarsi alla censura della legge. La censura è sia diretta che indiretta, poiché dipende dal livello di comprensione del singolo cittadino, cioè, dalla sua facoltà di parlare e pensare. Poiché il potere equivale al diritto, libertà e discrezione sono compatibili. La virtù politica ebraica costituisce un elemento costitutivo del miglior regime di Spinoza, ma non è sufficiente. Il suo difetto può essere riassunto nell'osservazione di Spinoza secondo cui gli Ebrei disprezzavano la filosofia, e che per loro la vita era una lunga scuola di obbedienza a quella legge così dettagliata che li differenziava da tutti gli altri uomini. La religione cristiana, d'altro canto, può essere impiegata per dimostrare che la natura apolitica della religione lascia spazio alla speculazione filosofica. I filosofi e gli apostoli hanno lo stesso modo di discutere razionalmente; il logos della religione cristiana può essere paragonato al logos della filosofia; ma la legge o nomos dell'ebraismo non lo può essere. La virtù dell'obbedienza soffre quindi di un difetto intrinseco che dev'essere sanato dalla possibilità della filosofia. Nonostante la sua sintesi di elementi dell'ebraismo e della religione cristiana, Spinoza è in grado di dimostrare che ciascuna religione separatamente, quando interpretata in modo corretto, corrisponde alla sua definizione della vera religione universale. Inizialmente abbiamo notato che la differenza tra il Tractatus politicus e il Tractatus theologico politicus consiste nel relativo silenzio del primo riguardo alla religione. A questo punto dovrebbe esser chiaro che esiste una seconda differenza fondamentale tra i due trattati. Il Tractatus theologico politicus si occupa della posizione politica del filosofo, mentre il Tractatus politicus no. Per Spinoza questo interesse è inseparabile da un interesse per la religione e in ultima analisi per la susperstizione. La trattazione pienamente adeguata della scienza politica è allora la sola ad occuparsi di come la filosofia deve essere protetta dagli sviamenti superstiziosi della religione. La difesa della democrazia è essenzialmente una difesa di quelle condizioni che rendono possibile il progresso della filosofia. I particolari della concezione spinoziana della democrazia, che è forse caratterizzata in modo assai sostanziale da quell'equilibrio di libertà e restrizione di cui abbiamo parlato più sopra, evidenziano fino a che punto egli abbia compreso l'impossibilità di separare la libertà dai pericoli in cui può incorrere. Ai giorni nostri la filosofia politica di Spinoza è di particolare interesse perché unisce l'accettazione della scienza moderna alla concezione tradizionale della funzione normativa della filosofia. Come Machiavelli ed Hobbes, Spinoza crede di aver compreso correttamente la natura dell'uomo, e quindi che la sua analisi della situazione politica sia la sola vera dottrina politica. Come Cartesio e Hobbes, Spinoza non ha individuato alcuna contraddizione tra la matematica e il modo matematico di ragionare da un lato, e la possibilità di costruire una dettagliata filosofia dall'altro, una filosofia capace d'esprimere la verità sui principi di ogni aspetto dell'esperienza umana. In un senso più immediatamente politico, la versione spinoziana della democrazia, a prescindere dalla sua importanza storica, ci ricorda in modo circostanziato e chiaro le difficoltà che devono essere affrontate da tutti coloro che amano la libertà, ed in modo particolare ci ricorda l'impossibilità di difendere la libertà quando venga meno l'amore per la speculazione. 7