Il criticismo come filosofia del limite

Kant 1724-1804
Opere principali:
Critica della ragion pura 1781 (I ed.), 1787 (II ed.)
Prolegomeni ad ogni futura metafisica che si presenterà come scienza 1783
Risposta alla domanda: che cos'è l'Illuminismo? 1784
Critica della ragion pratica 1788
Critica del giudizio 1790
Per la pace perpetua 1795
Il criticismo come filosofia del limite
Coordinate culturali: rivoluzione scientifica, crisi della metafisica
Il criticismo è in rapporto con:
-l'empirismo, del quale rifiuta però lo scetticismo, intendendo non soltanto descrivere i meccanismi
della conoscenza ma rifondare la validità di un sapere universale e necessario;
- l'Illuminismo, rispetto al quale esso presenta tuttavia un maggiore radicalismo: il tribunale della
ragione giudica la stessa ragione.
Il criticismo si pone in aperto contrasto con il cosiddetto «dogmatismo» (accettare dottrine senza
valutazione loro consistenza)
La riflessione kantiana si svolge innanzitutto intorno alla possibilità, alla validità, ai limiti della
conoscenza umana.
Essa si configura come una «filosofia del limite», una «ermeneutica del finito» (carattere
condizionato dell'esistenza umana)
Contrasta lo scetticismo = il limite legittima e garantisce la validità (cfr. Hume)
Il problema della Critica della ragion pura
Critica della Ragion pura = analisi critica dei fondamenti del sapere (scienza e metafisica)
Ragione = facoltà di conoscere
Pura = in relazione alle sue strutture formali, indipendenti dall'esperienza
La ragione è posta di fronte al tribunale della stessa ragione
Rifiuto dello scetticismo scientifico, accettazione dello scetticismo metafisico
Possibilità e scientificità della matematica e della fisica
Rifiuto della scientificità della metafisica, pur riconosciuta come disposizione naturale dell'animo
umano
1. Dottrina degli elementi
La struttura dell'opera
1.1 Estetica
1.2 Logica
1.2.1 Analitica
1.2.2 Dialettica
2. Dottrina del metodo
I giudizi sintetici a priori
Pur derivando dall'esperienza, la scienza si basa su principi fondamentali immutabili, su quadri
concettuali di fondo: i giudizi sintetici a priori (predicato + soggetto; non derivanti da esperienza =
universali e necessari), per cui scienza = esperienza (contenuto) + principi a priori (forma)
NB: non tutti i giudizi della scienza sono sintetici a priori, ma solo quelli basilari, che danno al
processo conoscitivo stabilità e certezza, oltre lo scetticismo
(ad es., il concetto della dilatazione dei metalli in funzione del calore è bensì ricavato
dall'esperienza, ma a sua volta poggia sul giudizio sintetico a priori della causalità), NB:
l'esperienza racconta il passato, non la necessità futura (cfr. Hume)
Viene respinta l'idea che alla base della scienza possano essere i giudizi:
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- Analitici a priori: certi ma infecondi (es. i corpi sono estesi), propri del razionalismo
- Sintetici a posteriori: capaci di arricchire la conoscenza ma privi di universalità e necessità (es. i
corpi sono pesanti), propri dell'empirismo
Estetica trascendentale
Spazio e tempo
L'estetica trascendentale sviluppa la dottrina della sensibilità e delle sue forma pure, cioè dei suoi
modi strutturali di funzionare e conoscere, di dare ordine all'intuizione; su tale attività si fonda la
matematica)
Lo spazio è la forma del senso esterno, che dispone le cose in modo contiguo.
Il tempo è la forma del senso interno, che dispone le cose in successione; costituisce altresì la forma
universale dell'esperienza (non tutto è nello spazio, come i sentimenti, ma tutto è nel tempo).
Il criticismo rifiuta la concezione empiristica (= lo spazio e il tempo derivano dall'esperienza) e allo
stesso tempo la concezione oggettivistica (= lo spazio e il tempo sono realtà assolute di per sé
sussistenti, quasi fossero contenitori indipendenti dell'esperienza).
La fondazione scientifica della matematica
La matematica (aritmetica, geometria) è scienza in quanto attività sintetica (7+5=12) a priori
fondata sulle forme pure della sensibilità, quelle del tempo (successione) e dello spazio (estensione
geometrica), e riveste dunque carattere di necessità.
NB: perché la matematica si applica alla fisica? Per Galilei, realista, la matematica è un prodotto
della mente ma si applica alla natura in quanto la struttura ontologica del mondo è di tipo
matematico-geometrico; Kant, pur dichiarando inconoscibile la cosa in sé, sostiene che anche la
nostra esperienza del mondo fisico è calata nello spazio e nel tempo come la matematica: non c'è
corrispondenza oggettiva, siamo noi a ordinare nello stesso modo gli enti della matematica e le cose
del mondo fisico
Analitica trascendentale
Le categorie
L'intelletto svolge la sua attività unificatrice e ordinatrice tramite 12 concetti puri fondamentali: le
categorie
Ricorda: l'attività della sensibilità consiste di intuizioni, quella dell'intelletto nei concetti.
La sensibilità e l'intelletto sono complementari: il pensiero senza contenuto è vuoto, le intuizioni
senza concetti sono cieche.
N.B. In Kant, le categorie sono modi di funzionamento dell'intelletto validi solo in relazione alla
realtà fenomenica, dotati di un valore solo gnoseologico, non ontologico (cfr. Aristotele)
Le categorie sono classificate in quattro gruppi: quantità, qualità, relazione, modalità.
La categoria della quantità (a sua volta suddivisa in unità, pluralità, totalità) sta ad indicare che, propriamente, pensiamo
sempre in termini quantitativi, proiettando sulle intuizioni empiriche che unifichiamo o la categoria dell’unità (la penna
come una), o della molteplicità (le penne sono parecchie), o della totalità (tutte le penne dell’ufficio). La categoria della
qualità (suddivisa in realtà, negazione e limitazione) sta a significare che percepiamo necessariamente le cose secondo
una qualità: così diciamo che la penna c’è (realtà), che non c’è (negazione), e che c’è in parte (limitazione). La categoria
della relazione, poi, (suddivisa in sostanzialità, causalità e reciprocità) indica che percepiamo le cose in relazioni
reciproche: la sostanzialità indica un rapporto fra inerenza e sussistenza, configurandosi in tal modo similmente alla
sostanza aristotelicamente intesa; anche la causalità viene da Kant riabilitata, insieme alla sostanza, superando così le
critiche ad esse mosse da Locke (che si era schierato contro la sostanza) e a Hume (che le aveva attaccate entrambe). La
sostanzialità risulta infatti indispensabile per costruire una fisica e, per far ciò, Kant riconduce l’idea di sostanza
rifondata su di una nuova oggettività al nostro modo di pensare e non alla reale struttura della cosa. Infine, la categoria
della modalità (suddividentesi in possibilità, esistenza e necessità) mi indica i modi in cui penso sempre e comunque le
cose: infatti, mi trovo sempre necessariamente a pensarle o come possibili, o come esistenti, o come necessarie, senza
poter agire diversamente; così dirò che il futuro è possibile, il tavolo è esistente, la morte è necessaria.
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Quantità
Unità = uno
Qualità
Realtà = Esistenza
Pluralità = molti
Negazione
esistenza
Totalità = tutti
Limitazione = esistenza Reciprocità = A e B si Necessità/contingenza
parziale
influenzano
reciprocamente
=
Relazione
Sostanzialità
=
A
sussiste
indipendentemente da
B
non Causalità = A è causa
di B
Modalità
Possibilità/impossibilit
à
Esistenza/inesistenza
La deduzione trascendentale delle categorie
Il concetto di deduzione trascendentale (da intendere nell'accezione giuridica di dimostrazione della
legittimità di un diritto) muove da questo problema: se le categorie sono forme soggettive della
mente, come possono valere per la realtà esterna?
I pensieri presuppongono l'Io penso (la coscienza) come centro unificatore delle categorie, ma che
tuttavia pensa tramite le categorie; dunque gli oggetti pensati, contenuto di quel pensiero,
presuppongono le categorie, in quanto non possono venir pensati senza essere per ciò categorizzati,
il mondo fenomenico non può essere-per-noi se non tramite le categorie, o si dà tramite le categorie
o non si dà (è il soggetto che fonda la loro legittimità; analizza il paragone kantiano degli occhiali
con lenti azzurre).
Un oggetto infatti è tale solo in rapporto a un soggetto, cioè solo se esso viene pensato da me. È la
coscienza che io ho di me come soggetto pensante che mi consente di avere delle rappresentazioni
del mondo. Se non ci fosse questa appercezione di me, cioè che io resto sempre identico a me stesso
nel rappresentarmi la mutevolezza e la molteplicità dei fenomeni, dentro di me non ci sarebbe
pensiero di nulla, perché non sarebbero una "mia" rappresentazione, e quindi non potrei averne
coscienza. Prendere consapevolezza che un dato oggetto è un prodotto del mio pensiero significa
collocarlo entro il quadro unitario di tutte le mie rappresentazioni: conoscere vuol dire collegare,
unificare, fare una sintesi.
Attenzione: non confondere Kant con l'idealismo: l'Io penso non è creatore, ma si limita a ordinare
una realtà preesistente, anche se non indipendente.
Lo schematismo trascendentale
Lo schematismo trascendentale è la dottrina che spiega in che modo la sensibilità e l'intelletto, fra
loro eterogenei, possano comunicare; in altre parole, spiega come le categorie si possano
concretamente applicare ai fenomeni, condizionando le intuizioni e quindi gli oggetti sensibili,
calandosi nel tempo.
Lo "schema", la struttura di ogni categoria è infatti il tempo:
Quantità*
Unità = numero =
successione nel tempo
Pluralità = numero =
successione nel tempo
Totalità = numero =
successione nel tempo
Qualità**
Relazione
Realtà = Esistenza in Inerenza/sussistenza**
un
*
tempo determinato
(permanenza
nel
tempo)
Negazione = esistenza Causalità
in un tempo inesistente (successione
nel
tempo)
Limitazione = esistenza Comunanza****
(simultaneità di tempo)
Modalità
Possibilità/impossibilit
à
(esistenza in tempo
qualsiasi
Esistenza/inesistenza
esistenza in tempo
attuale
Necessità/contingenza
(esistenza
in
ogni
tempo)
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*schema complessivo = numero = successione nel tempo
** schema complessivo = cosalità = presenza/assenza/intensità del fenomeno nel tempo
***sostanza/accidente
****azione reciproca
Insomma: il tempo è il cardine fra sensibilità e intelletto, perché ad esso possono essere ricondotti
sia lo spazio (l'attività della sensibilità) sia le categorie (l'attività dell'intelletto); il tempo è il
medium universale attraverso cui gli oggetti sono percepiti, nel senso che attraverso il tempo il
soggetto condiziona gli oggetti fenomenici secondo i propri concetti a priori (Kant chiama questa
attività "immaginazione produttiva").
La rivoluzione copernicana
Se dunque l'esperienza non può essere la fonte di una conoscenza universalmente valida, scientifica,
da dove provengono i giudizi sintetici a priori?
La sensibilità e l'intelletto calano i caotici dati empirici entro forme innate comuni a tutti gli uomini,
indipendenti dall'esperienza e dunque fornite di validità universale.
Ecco delinearsi il concetto di «rivoluzione copernicana» esplicitamente teorizzato da Kant: nel
processo conoscitivo non è il soggetto che si modella passivamente sulla realtà - altrimenti la
conoscenza risultante non avrebbe alcuna necessità o universalità - bensì la realtà si modella
secondo le forme a priori proprie del soggetto;
la realtà così modellata non è la realtà in sé (che resta una x sconosciuta), assoluta, ma una realtà
fenomenica, la realtà come appare in seguito all'interazione con i meccanismi conoscitivi dell'uomo
(non è un'illusione, ma nemmeno è qualcosa di assoluto, in quanto si definisce solo in rapporto con
il soggetto)
l'Io legislatore della natura
Con la dottrina dell'Io legislatore della natura, che gli consente di superare definitivamente lo
scetticismo scientifico, Kant afferma che l'ordine e la regolarità della natura non derivano dai
fenomeni né possono essere percepiti, bensì vengono sovraimpressi dal soggetto ai fenomeni stessi,
secondo le leggi proprie del soggetto
NB: natura = ordine necessario e universale (natura formale) dell'insieme dei fenomeni (natura
materiale)
Se l'io è il fondamento dell'ordine naturale, esso è anche il fondamento della scienza che la studia: i
princìpi della fisica si identificano con i princìpi dell'intelletto puro —cioè le regole di fondo tramite
cui le categorie si applicano agli oggetti (assiomi dell'intuizione, anticipazioni della percezione,
analogie dell'esperienza, postulati del pensiero empirico in generale) —, che a loro volta si
identificano con le leggi supreme dell'esperienza e le regole della ragione teoretica, dell'io
conoscente.
La gnoseologia kantiana costituisce il tentativo di giustificare filosoficamente i princìpi della
scienza galileiano-newtoniana contro lo scetticismo di Hume.
Secondo Hume, la scienza è un sapere probabile, che l'esperienza può sempre in via teorica
smentire
Secondo Kant, l'esperienza non può smentire la scienza, in quanto è essa stessa condizionata dai
principi dell'io, non può smentire i principi che ne derivano (non è l'esperienza a fondare la
regolarità dei fenomeni, bensì l'io a fondare tale regolarità e a rendere possibile ogni esperienza
Le leggi della natura, essendo fondate non sull'esperienza — sempre confutabile — ma sui principi
a priori dell'io, sono dunque universalmente valide, in quanto universali sono i principi dell'io e
della ragione umana.
Sul concetto di noumeno
Il copernicanesimo gnoseologico di Kant, anziché fondare la conoscenza negli oggetti o nella
garanzia divina, la fonda sulla mente umana, ritrovando l'oggettività nel cuore della soggettività.
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Le categorie sono valide ovviamente solo in relazione alla sfera fenomenica, in connessione con le
intuizioni empiriche e con i dati della realtà esterna, senza i quali sarebbero "vuote" (fenomeno =
sintesi materia empirica + struttura formale a priori)
La conoscenza è quindi sempre fenomenica, non può estendersi oltre l'esperienza, ogni conoscenza
indipendente dall'esperienza è pensiero vano e fantastico (il semplice pensare non equivale a
conoscere scientificamente, dal momento che si può pensare l'inconoscibile).
Ciò postula la cosa in sé: il fatto che l'essere si dia a noi come fenomeno, come una realtà-per-noi
frutto necessario di una costruzione del soggetto non toglie, anzi comporta, l'esistenza di una realtàin-sé causa del fenomeno e dei dati empirici, un noumeno limite estremo esterno delle nostre
possibilità conoscitive: la nostra conoscenza non è assoluta, il noumeno ne circoscrive la possibile
pretesa arrogante di conoscere tutto, mentre essa non può conoscere la cosa in sé ma solo pensarla
nella sua possibilità come inconoscibile.
Ecco la presunzione della metafisica, conoscere in modo assoluto oltre l'esperienza, e dunque oltre
ogni posibilità umana, oltre ogni garanzia di validità. Per questo Kant la paragona a un oceano
tenebroso senza sponde in cui i marinai si perdono illusi da banchi di nebbia e ghiacci, mentre la
scienza appare piuttosto come un'isola, circoscritta e limitata quanto si vuole ma capace di offrire
un rifugio solido e sicuro nel mare delle onde senza fine.
Dialettica trascendentale
La metafisica e le sue idee
La metafisica è una scienza? No, perché essa intende attingere la realtà profonda (noumenica) delle
cose oltre l'esperienza fenomenica che costituisce il limite imprescindibile della conoscenza umana.
La tendenza alla metafisica — intesa come naturale inclinazione dell'uomo all'incondizionato e alla
totalità — è paragonata da Kant a una colomba che, volando e avvertendo la resistenza dell'aria,
immagini di poter volare meglio e più veloce senza quest'ultima, non rendendosi conto che proprio
il limite opposto dall'aria al suo volo ne è la condizione indispensabile, senza la quale essa
precipiterebbe: Questa tendenza costituisce l'attività della ragione dialettica dell'uomo, che presume
di poter svolgere la propria funzione conoscitiva senza i dati dell'esperienza e oltre di essi,
cogliendo la totalità assoluta dei fenomeni interni (con l'idea di anima), la totalità assoluta dei
fenomeni esterni (con l'idea di mondo), e infine la totalità assoluta dei fenomeni interni ed esterni
(con l'idea di Dio).
Le idee di anima, di mondo e di Dio sono appunto le idee trascendentali (cioè costitutive) della
ragione dialettica (cioè sofistica, tesa a dare parvenza di verità all'illusorio e all'apparente; Kant usa
il termine dialettica in senso negativo, come arte della contraffazione).
La dialettica trascendentale costituisce allora lo smascheramento dei ragionamenti fallaci della
metafisica, e più in particolare delle sue articolazioni fondamentali, corrispondenti alle idee
trascendentali della ragione:
 la psicologia razionale, che studia l'anima;
 la cosmologia razionale, che studia il mondo come la totalità dell'esperienza;
 la teologia razionale, che studia Dio.
N.B. Pur negando valore alla metafisica in quanto scienza, in quanto sapere valido, Kant riconosce
che essa è tuttavia profondamente radicata nell'uomo, in quanto costituisce un'inclinazione
inestirpabile della ragione e della natura umana; è un'illusione strutturale, tanto connaturata
all'uomo al punto che non cessa nemmeno quando si dimostra la sua fallacia — come l'astronomo
non può impedire che la luna, sorgendo, gli appaia più grande, pur sapendo che ciò non è vero.
La critica della psicologia razionale e della cosmologia razionale.
L'errore della psicologia razionale consiste nel voler applicare la categoria di sostanza all'io,
trasformandolo in una realtà permanente, sussistente di per sé. Ora, attraverso le categorie
l'intelletto unifica a priori i dati sensibili, ma l'Io (l'Io penso) non è un oggetto empirico, è solo
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l'unità formale delle categorie; non è oggetto di esperienza, è la condizione del formarsi
dell'esperienza. È assurdo tentare di conoscere l'io noumenico, dal momento che tutta la nostra
conoscenza si realizza proprio attraverso l'insieme delle forme a priori, cioè attraverso l'io
fenomenico (in altre parole: l'io non è oggetto di conoscenza, è la condizione di ogni conoscenza
possibile).
L'errore della cosmologia razionale consiste nel pretendere di cogliere empiricamente la totalità
assoluta dei fenomeni dell'universo come il Mondo, il Tutto, il Reale; ma la totalità dell'esperienza
non è un'esperienza: noi possiamo sperimentare questo o quel fenomeno, ma sperimentare la serie
completa dei fenomeni è per definizione impossibile.
È tanto impossibile che quando i metafisici tentano di definire il mondo nella sua totalità si
avviluppano in affermazioni contraddittorie tra le quali non è possibile scegliere quali siano quelle
giuste, in assenza del criterio verificatore dell'esperienza: le cosiddette antinomie:
Il mondo è limitato nel tempo e nello spazio
Il mondo è infinito nel tempo e nello spazio
Il mondo è composto di parti semplici
Nel mondo nulla è composto di parti semplici
Nel mondo, oltre alla causalità necessaria, esiste Nel mondo non esiste libertà, tutto è necessità di
la libertà
natura
Nella serie di cause che costituiscono l'ordine del Nella serie di cause che costituiscono l'ordine del
mondo esiste una causa necessaria
mondo non esiste nulla di necessario, tutto à
contingente
N.B. Le tesi si richiamano alla metafisica e al razionalismo, le antitesi all'empirismo e alla scienza.
La critica della teologia razionale
L'errore della teologia razionale consiste nel voler cogliere la totalità delle totalità, la Realtà
assoluta, in Dio, presumendo addirittura di dimostrarne incontrovertibilmente l'esistenza attraverso
"classiche" prove sviluppate dalla filosofia. Kant si accinge dunque a confutare tali prove.
La prova ontologica (Sant'Anselmo, Cartesio) pretende di ricavare l'esistenza di Dio dal suo
concetto. Ma l'esistenza è un fatto reale verificabile solo attraverso l'esperienza, e non una semplice
proprietà logica; per cui definire un concetto sul piano logico è una cosa, ma derivarne poi
l'esistenza sul piano ontologico a partire dalle sue proprietà concettuali costituisce un salto
insostenibile (la differenza fra 100 talleri pensati e 100 talleri reali non sta nelle loro proprietà
concettuali, che sono identiche, ma nel fatto che l'esistenza degli uni esistono può essere constatata
empiricamente, degli altri no). Senza esperienza non c'è conoscenza, un puro concetto non può dirci
nulla attorno alla sua realtà.
Quindi la prova ontologica è
- impossibile, in quanto vuole derivare una realtà ontologica da un concetto logico;
- contraddittoria, in quanto presuppone già l'accettazione di ciò che intende dimostrare
(l'argomento di Sant'Anselmo presuppone l'esistenza della perfezione, almeno come idea, nella
mente dell'ateo; ma il problema è proprio vedere se tale perfezione esista).
La prova cosmologica o a posteriori (San Tommaso), a partire dall'esperienza del mondo ma
elevandosi oltre l'esperienza, pretende di dimostrare l'esistenza di Dio come causa necessaria
dell'esistenza del mondo contingente. Ma
- il principio di causalità è una regola (una categoria) con cui l'intelletto connette i fenomeni tra
loro, e non può dunque servire a connettere i fenomeni con qualcosa di trans-fenomenico;
- l'argomento ricade nel meccanismo della prova ontologica, già confutata. Infatti, si fonda sul
concetto di Necessità assoluta — che non si sa bene cosa sia, dal momento che ogni assolutezza
è sottratta all'esperienza; posto il concetto di Necessità, con il solito salto logico dal piano del
pensiero a quello della realtà si afferma che tale necessità non può fare a meno di esistere,
prescindendo anche qui dalla verifica dell'esperienza.
La prova fisico-teleologica pretende di dimostrare l'esistenza di Dio a partire dall'impossibilità che
il cosmo naturale, così armonico, ordinato, regolare, sia frutto del caso, e che sia dunque necessario
ipotizzare un divino architetto, un supremo orologiaio artefice di tale ordine. Ma tale prova
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si basa interamente su concetti di ordine e di misura del tutto relativi all'uomo e ai suoi
parametri mentali, in sé non certo privi di imperfezioni e comunque arbitrariamente applicati
saltando dal piano del finito a quello dell'infinito: anche se dall'esperienza ricaviamo l'esistenza
di una certa gradazione nell'ordine delle cose, come è possibile trascendere l'orizzonte limitato
dei nostri sensi affermando l'esistenza dell'infinita perfezione dell'ordine dell'universo, e dunque
della sua causa?
- inoltre, anche questa prova riproduce il meccanismo della prova ontologica in quanto pretende
di derivare dalle idee la realtà dell'essere.
N.B. Kant non è ateo, quanto piuttosto agnostico; egli non intende negare l'esistenza di Dio (ché ciò
sarebbe in sé un discorso metafisico) ma semplicemente negare che la ragione umana possa
dimostrare razionalmente sia la sua esistenza sia la sua non-esistenza.
Ma allora la metafisica non ha alcun valore? In sede conoscitiva, no. Le idee della ragion pura non
possono avere un valore costitutivo (cioè accrescitivo, fondativo) per la conoscenza perché non
servono a conoscere alcuna realtà fenomenica, l'unica realtà conoscibile dall'uomo. Tuttavia esse
possono avere un valore regolativo (cioè di guida), poiché indirizzano la ricerca conoscitiva
dell'uomo verso un ideale di unità e totalità che, pur impossibile da raggiungere, costituisce uno
sforzo connaturato alla ragione e alla natura umana.
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