Attività ottica delle molecole chirali. Il termine stereoisomeria per chiralità è oggi generalmente preferito a quello di stereoisomeria ottica, pure giustificato da alcune proprietà fisiche delle molecole chirali. Il termine chiralità, deriva dal greco “χειρ” mano, definisce tutte quelle molecole che non sono identiche (sono “non sovrapponibili”) , ma specularmente simmetriche: proprio come, in prima approssimazione, la mano destra e quella sinistra della stessa persona. Molecole speculari che non si sovrappongono sono dette chirali e i componenti di una coppia di tali molecole sono detti enantiomeri. È implicito che queste molecole differiscono solo per la disposizione sterica dei nuclei atomici, mentre hanno identica costituzione ( o formula di struttura): sono cioè stereoisomeri configurazionali. Le considerazioni delle molecole chirali sono evidentemente le stesse che si possono fare su qualunque coppia di oggetti che siano l’uno immagine speculare dell’altro, senza tuttavia essere identici: oggetti che spesso si suole chiamare “dissimetrici”. Tutte le molecole che presentano un carbonio chirale sono enantiomeri; il cui caso più comune è quello del centro chirale tetracoordinato del carbonio tetraedrico (sp3) legato a quattro gruppi diversi. Un atomo di carbonio che si trovi in questa situazione è detto asimmetrico come si nota nella figura 1. figura 1- Enantiomeri Una proprietà delle molecole chirali è che i due enantiomeri ruotano il piano della luce polarizzata in direzioni opposte; ovvero sono otticamente attivi. Diversamente dalla luce comune che oscilla in tutte le direzioni, la luce polarizzata oscilla solamente in un piano. È noto infatti, fin dal 1821 che, se un raggio di luce polarizzata linearmente attraversa un cristallo dissimetrico, il piano di polarizzazione della luce subisce una rotazione intorno alla retta lungo la quale il raggio si propaga. Si verificò facilmente la dipendenza del fenomeno dalle proprietà del cristallo e non delle molecole che lo costituiscono, perché se il cristallo viene solubilizzato, perde la sua proprietà di deviare il piano della luce polarizzata, o attività ottica. La proprietà di alcune sostanze, di ruotare il piano della luce polarizzata sia in soluzione sia allo stato cristallino, dipende invece da caratteristiche molecolari anziché cristalline. L’angolo di cui ruota il piano di polarizzazione della luce incidente è chiamato rotazione ottica ed è definito dalla legge di Biot: 𝜶 = 𝜶 tλ ∙ 𝒍 ∙ 𝒅 dove 𝜶 è la rotazione ottica, 𝜶 è la rotazione specifica ( funzione della temperatura e della lunghezza d’onda della luce incidente), l la lunghezza della traiettoria percorsa dal raggio nella sostanza o nella soluzione della sostanza, d la densità della sostanza o la concentrazione della soluzione. La rotazione ottica è l’unica proprietà fisica che differenzia il comportamento di due enantiomeri; infatti la loro rotazione specifica è uguale in valore assoluto, ma di segno opposto. Così, in una miscela equimolare chiamata racemica ( miscela in parti uguali di due enantiomeri) risulterà otticamente inattiva perché le molecole destrogire compensano statisticamente quelle levogire. In generale i valori della rotazione specifica possono variare di molto da sostanza a sostanza. .Per poter comprendere meglio il fenomeno ottico è necessaria lo studio della polarimetria. Polarimetria. 1.La determinazione della rotazione specifica è fatta mediante il polarimetro (figura 2). Esso risulta formato da una fonte luminosa, da due lenti polarizzatrici e da un tubo interposto tra le lenti e contenente la sostanza in esame. figura 2-Rappresentazione schematica di un polarimetro. Linee unite: piano di vibrazione prima della rotazione, α è la rotazione ottica. Inizialmente, in assenza della sostanza, si ruota l’analizzatore in modo da avere il campo oscuro (estinzione) : ciò equivale ad avere i due piani di polarizzazione delle lenti perpendicolari tra loro. Quando s’inserisce il tubo con la sostanza, il campo non sarà più oscuro e si dovrà ruotare l’analizzatore per avere di nuovo estinzione. L’angolo di rotazione dell’analizzatore coincide con la rotazione ottica, a cui convenzionalmente di assegna un valore positivo se la rotazione è avvenuta in senso orario e negativo se in senso antiorario. La sostanza sarà definita rispettivamente destrogira e levogira. Tuttavia bisognerà compiere più di una misurazione, variando la concentrazione o la lunghezza del tubo. Infatti con una sola misurazione non è possibile distinguere se la rotazione ottica è +α o ˗ (360- α). Con una sola misurazione, se il valore che si legge è α si può solo dire che la rotazione specifica è α ± n 360 ( con n intero o nullo).