COME UNA PREMESSA di Rosa Morelli Con profonda commozione scrivo queste pagine di presentazione al testo di Natale Musella. La commozione nasce dalla consapevolezza del cammino fatto in questi anni da chi, come lui, già adulto, non ha esitato a mettersi nuovamente in gioco, fornendo a quanti, come me, insegnano da tanti anni, una grande lezione di umiltà: non possiamo sentirci mai arrivati, mai sazi; al contrario dobbiamo continuare nella ricerca con il coraggio di ricominciare. Il testo che viene presentato pone un problema che, forse oggi più che in altri periodi storici, è avvertito con maggiore inquietudine: l’angoscia, così prossima all’uomo, così difficile da gestire. L’uomo contemporaneo, come fa presente l’autore, complice anche la fine delle ideologie, è più che mai come gettato in un mondo che non riconosce come suo. Se il pensiero greco, nell’opera dei grandi tragici e nella filosofia, avanzava l’idea di una catarsi che riportava il molteplice, caotico e fonte di smarrimento e di paura, nell’alveo calmo dell’Uno, la modernità occidentale ha visto crollare ogni possibile catarsi, ogni riconciliazione. L’Illuminismo ancora si muoveva nell’orizzonte della grecità. Se la Rivoluzione Scientifica e le scoperte geografiche avevano allargato questo originario orizzonte, il primato del soggetto manteneva il cosmo appunto come cosmos, ben ordinata gerarchia in cui l’individuo, con i suoi drammi e problemi, gioie e dolori, finiva con l’esser risucchiato da un Io trascendentale astratto. Il rapporto tra l’Uno e il molteplice restava identico nella sostanza pur se modificato nella forma. La riconciliazione si compiva e consumava nella storia, una storia ideale e non reale, guidata dall’astuzia della Ragione. La crisi di questo pensiero solare se è soglia al Mistero è anche smarrimento. Ogni giustificazione, spiegazione, razionalizzazione è ormai impossibile e non c’è ragione al mondo in grado di giustificare Auschwitz. L’autore, seguendo la lezione di Kierkegaard - con grande senso critico - e di Hans Urs von Balthasar, si impegna in una ricerca in cui tutti gli aspetti che cooperano alla formazione umana sono tenuti saldamente tra le mani, come briglie di più cavalli (diversamente dalla biga di platonica memoria). L’influenza dell’ambiente, il rapporto con la famiglia, il ruolo dell’educazione, il passaggio dall’adolescenza all’età adulta - con le infinite possibilità che oggi si aprono dinanzi, ventaglio tanto ampio da generare confusione e render ancor più problematica la scelta - fino alla religiosità. L’analisi tra l’angoscia nel Vecchio Testamento e nel Nuovo Testamento; il tema del peccato; la distinzione necessaria tra angoscia dei malvagi e angoscia dei buoni; l’angoscia dei discepoli - ancora vicini al vecchio Adamo -, quella del Figlio nell’Orto degli Ulivi e di coloro che per pura Grazia vivono l’angoscia insieme con Lui, impegna l’autore in pagine dense. Ma il cristiano non può provare angoscia, poiché essa è non-senso, concezione dell’esistenza come prodotto del caso e non progetto amorevole di un Dio che è Amore. L’angoscia del Figlio, come esperienza dello stridente silenzio del Padre, è angoscia che libera da ogni angoscia poiché la parola finale è: Resurrezione, futuro assoluto, morte della morte, vita eterna. Ogni teologia dovrà perciò confrontarsi con questa angoscia se vorrà essere credibile e incisiva. Non si tratta di un’apologetica dell’angoscia ma di una rilettura, simile all’immagine della Partoriente nell’Apocalisse che geme e soffre l’angoscia per le doglie del parto ma che è poi felice e dimentica per la gioia dell’uomo nuovo. Il nostro autore, volendo saldare l’esistenza a qualcosa di stabile, formula il desiderio di un ritorno all’essere. Opinione da rispettare perché portatrice di un dialogo che pone radicalmente in questione ogni categoria preconcetta. Ma la teologia se tale, dovrà sempre confrontarsi con quel grido da cui la nuova vita nasce, per un futuro che non ha termine, per una speranza che non delude. Con stima e simpatia, invito perciò Natale Musella ad un dibattito ideale per pensare i nuovi percorsi della scienza teologica sempre più alimentata dal dato biblico, sempre più capace di aprirsi all’abisso di Dio e dell’uomo.