Emanuele Bartolozzi Stress da ferie: ansia, panico e depressione

Emanuele Bartolozzi
Stress da ferie: ansia, panico e depressione
Tutti gli anni ci sentiamo ripetere che al rientro delle ferie è possibile andare incontro alla sindrome
da stress, una sorta di brusca virata delle abitudini e dei modi di vita strutturati durante le vacanze.
In realtà ogni cambiamento delle abitudini produce una perturbazione nell’equilibrio del nostro
organismo, la sfera psichica ne risente in modo particolare.
Per questo motivo il problema dell’adattamento a nuove condizioni non si pone solo al rientro dalle
ferie ma si è già posto durante il periodo delle ferie e si ripropone al rientro al lavoro.
Ciò che però spesso viene sottaciuto è che molti disturbi da attacco di panico esordiscono in
concomitanza del periodo estivo, durante cioè il tempo delle vacanze.
Il disturbo da attacco di panico si manifesta con un’improvvisa sensazione di morte imminente,
accompagnata da tachicardia, disturbi della visione e dell’equilibrio, mancanza d’aria, disturbi
gastro-intestinali, parestesie ed altri sintomi minori: il disturbo in genere passa in poco tempo ma
è la sensazione di imprevedibilità, l’idea di non poterlo padroneggiare che permette l’instaurarsi di
una sorta di circolo vizioso in cui chi ne soffre viene a trovarsi.
La vacanza, con il suo allontanarsi da casa, dai propri ambienti abituali, con l’idea che deve a
tutti i costi essere la fonte di svago e divertimento, una sorta di “mordi e fuggi” del piacere spesso
amplifica l’idea di “non avere le forze per”, oppure “il senso di solitudine”, o ancora “la tendenza
al rimuginio” di alcuni che focalizzano l’attenzione sul proprio corpo nel senso di coglierne
soprattutto i segnali negativi.
E’ anche il caso di chi si è sottoposto a superlavoro o ha subito lutti, cambiamenti e separazioni
troppo importanti nell’ultimo anno: infatti chi ha un alto punteggio nei fattori di stress risulta più
predisposto ad andare incontro al disturbo da attacco di panico. Così come ne è più predisposto
chi, da piccolo, ha sofferto di ansia da separazione, un disturbo che si presenta in età evolutiva e
che è caratterizzato dal timore di lasciare le figure di riferimento (in genere padre e madre) e che
si connota per la durata e per l’intensità delle manifestazioni angosciose, ben diverse dal semplice
pianto che dura pochi attimi al momento di separarsi dalla madre all’ingresso a scuola.
Ancora, altro fattore predisponente risulta essere la familiarità: soggetti che hanno avuto in famiglia
un congiunto depresso o che ha sofferto di analogo disturbo sono più a rischio. Infine, Last but not
least , risultano più predisposti i soggetti entro i 30 anni: difficilmente si osserva l’insorgenza del
disturbo in soggetti più avanti negli anni.
E allora cosa fare?
In termini preventivi ci sono consigli di igiene generale che riguardano il non accumulare troppi
fattori di stress contemporaneamente e questo naturalmente implica la capacità di riconoscere i
segnali d’allarme che sempre il nostro corpo e la nostra mente ci invia per farci capire che la nostra
resistenza si sta esaurendo. Bene anche tutto ciò che ha a che fare con il rilassamento (dallo yoga,
ai massaggi, al training autogeno). Ancora, utile uno stile di vita che consente pause frequenti, tali
per cui si riesca a spezzare i ritmi in modo da non creare accumuli di tensione poi ingestibili.
In termini terapeutici tutto passa da una primaria valutazione del singolo caso, in particolare dal
tempo trascorso dal momento in cui si è verificato al momento in cui si attua una terapia.
E’infatti proprio con la rapidità di cura che si hanno i migliori risultati: infatti i sintomi del
panico, che tendono a ripresentarsi attivati dai pensieri ricorrenti dell’individuo colpito portano
frequentemente allo strutturarsi di forme fobiche, particolarmente agorafobiche, e disturbi
ipocondriaci e depressivi. Più presto si interviene con un intervento psicoterapico, in particolare
quello ad orientamento cognitivo-comportamentale, associato a terapie di rilassamento, più
facile è che si possa evitare il ricorso alla terapia farmacologica, la quale, pur avvalendosi
nell’immediatezza dell’attacco di farmaci ansiolitici, deve essere condotta con antidepressivi che
non devono essere più oggi temuti per i problemi di dipendenza o di effetti collaterali: quelli più
recenti, gli SSRI, garantiscono rapidità di azione, maneggevolezza e risultati.
La cura per chi è stato colpito da attacco di panico è imprescindibile: non vale a niente ripetersi,
ce la devo fare da solo, l’attacco è partito nonostante non lo si volesse certo far partire…la
nostra volontà nello star bene non serve praticamente a niente. Il disturbo, che presenta basi
anche biologiche, può essere affrontato solo con l’aiuto dello specialista, pena andare incontro
a peggioramento dei sintomi e soprattutto al senso di sconforto per non essere riusciti da soli a
contenerlo.
Il peggiormento è spesso rappresentato dai sintomi depressivi: la mattina ci si alza già terrorizzati
e non si sa come arrivare alla sera, le cose che prima interessavano oggi perdono di valore, la
realtà non appare più come prima, sembra lontana e irraggiungibile, la testa viene chiusa in una
morsa “ad elmo”: in genere la sera si sta meglio della mattina. Sono effetti dovuti a problemi con
le serotonina durante il sonno ed è per questo che alla sera, cambiando il metabolismo di questo
neurotrasmettitore, le cose vanno meglio.
Un messaggio di rassicurazione per chi ne è stato colpito durante le ferie: una terapia affrontata
rapidamente dà ottime garanzie di risultati e nello spazio di poco più di un mese il miglioramento è
assicurato nella quasi totalità dei casi. Del resto il DAP fa parte delle forme psichiatriche “minori”,
alle quali va incontro un numero ragguardevole di persone, a seconda delle statistiche si oscilla
tra il 4 e il 10 per cento della popolazione occidentale, che tradotto in cifre significa che su 10.000
persone tra 400 e 1000 hanno o hanno avuto sintomi di questo tipo.