IVG-ITG: l’accertamento di pericolo per la salute psichica della donna Prof. Emilia Costa, Dr. Francesca Nazzaro e-mail: [email protected] RIASSUNTO La legge 194/78 "Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza" prevede due tipi differenti d'atteggiamento del medico nei confronti delle interruzioni di gravidanza in base all'epoca della stessa, ponendo come spartiacque il 90° giorno di gestazione. Entro i primi 90 giorni le motivazioni che possono indurre la gestante ad interrompere la gravidanza non sono solo di natura medica, ma prendono in considerazione anche le condizioni economiche, sociali, familiari, o la circostanza in cui è avvenuta il concepimento o "previsioni" di malformazioni del concepito che potrebbero comportare un pericolo per la salute (psichica o fisica) della donna, garantendo così alla donna la libertà di scegliere se proseguire la gravidanza o interromperla. In questi casi la gestante, rivolgendosi ad un consultorio o ad un medico di fiducia, per interrompere la gravidanza può ottenere il certificato che attesti l'epoca della gestazione, la richiesta di interruzione volontaria di gravidanza (IVG) e le motivazioni; tale certificato dovrà essere presentato al reparto ospedaliero dove le sarà praticata la IVG. Motivazioni che sono lecite solo nei casi in cui dall'intervento ne può beneficiare la salute psico-fisica della donna e pertanto vengono definite interruzioni terapeutiche di gravidanza (ITG). Dopo il primo trimestre le motivazioni per interrompere la gravidanza sono esclusivamente due: a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna; quindi motivazioni che comportino un grave pericolo per la salute della donna, intesa nella sua accezione più ampia, in accordo alla definizione dell'OMS "stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non soltanto assenza di malattia". b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna. Mentre per le IVG il medico (del consultorio, di fiducia, lo specialista), di fronte alla richiesta della donna, le rilascia un certificato che attesta lo stato di gravidanza e la richiesta di interromperla, nelle ITG il medico deve accertare e fornire le necessarie documentazioni che provino le patologie che stanno alla base della richiesta della gestante. E’ quindi chiaro ed inconfutabile che se trattasi di patologie psichiche e comportamentali è solo lo specialista in Psichiatria che può fare Diagnosi e fornire il necessario supporto in documentazione e sostegno per l’ITG. Appare necessario fare alcune distinzioni chiare. Il pericolo per la salute psichica non deve essere secondario a malattie genetiche o malformazioni del feto o malattie neurologiche accertabili attraverso esami strumentali. Deve consistere in un serio rischio/pericolo di malattia psichica legato ad una patologia pregressa o in atto; e non solo relativo al manifestarsi di una sintomatologia soggettiva, ma anche di sintomi e comportamenti rilevabili con parametri clinici, biologici e psicologici. Il danno psichico si accerta con l'esame obiettivo psichico, mercé l'osservazione e il colloquio, che valutano i cinque parametri fondamentali che definiscono i quadri psichici: vigilanza-coscienza, percezione, ideazione, affettività, comportamento. Inoltre con test psicodiagnostici che completano ed integrano l'esame psichico. L’esame psichiatrico prevede un esame delle condizioni mentali e comportamentali eseguito su parametri internazionali con i manuali diagnostici e statistici per i disturbi mentali e del comportamento (DSM – ICD) con valutazione multiassiale: I Disturbi Clinici, II Disturbi di personalità, Ritardo Mentale, III Condizioni Mediche Generali, IV Problemi Psicosociali ed Ambientali, V Valutazione Globale del Funzionamento relazionale e sociale, VI Scala del Funzionamento Difensivo; più gli esami biologici e strumentali relativi alle indagini cliniche. IVG-ITG: l’accertamento di pericolo per la salute psichica della donna Prof. Emilia Costa, Dr. Francesca Nazzaro e-mail: [email protected] INTRODUZIONE La legge 194/78 "Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza" prevede due tipi differenti d'atteggiamento del medico nei confronti delle interruzioni di gravidanza in base all'epoca della stessa, ponendo come spartiacque il 90° giorno di gestazione. Entro i primi 90 giorni le motivazioni che possono indurre la gestante ad interrompere la gravidanza sono svariate, e non solo di natura medica, garantendo così alla donna la libertà di scegliere se proseguire la gravidanza o interromperla. La legge, infatti, prende in considerazione le condizioni economiche, sociali, familiari, o la circostanza in cui è avvenuta il concepimento o "previsioni" di malformazioni del concepito che potrebbero comportare un pericolo per la salute (psichica o fisica) della donna. In questi casi la gestante, rivolgendosi ad un consultorio o ad un medico di fiducia, per interrompere la gravidanza può ottenere il certificato che attesti la sua inidoneità, l'epoca della gestazione, la richiesta di interruzione volontaria di gravidanza (IVG) e le motivazioni, tale certificato dovrà essere presentato al reparto ospedaliero dove le sarà praticata la IVG. Proprio per la libertà della gestante di decidere del destino del nascituro, le interruzioni di gravidanza svolte entro il primo trimestre vengono definite dai ginecologi interruzioni volontarie, a differenza delle interruzioni di gravidanza dopo il 90° giorno che sono lecite solo nei casi in cui dall'intervento ne può beneficiare la salute psico-fisica della donna, pertanto vengono definite interruzioni terapeutiche di gravidanza (ITG). Dopo il primo trimestre le motivazioni per interrompere la gravidanza sono esclusivamente due: a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna; b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna. Motivazioni che comportano un pericolo per la salute della donna, intesa nella sua accezione più ampia, in accordo alla definizione dell'OMS "stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non soltanto assenza di malattia". Mentre per le IVG il medico (del consultorio, di fiducia, lo specialista), di fronte alla richiesta della donna, le rilascia un certificato che attesta lo stato di gravidanza e la richiesta di interromperla, nelle ITG il medico deve accertare e fornire le necessarie documentazioni che provino le patologie che stanno alla base della richiesta della gestante. E’ quindi evidente ed inconfutabile che se trattasi di patologie psichiche e comportamentali è solo lo specialista in Psichiatria che può fare Diagnosi e fornire il necessario supporto in documentazione clinica e sostegno psicologico per l’ITG. Appare necessario in premessa fare alcune distinzioni. Il pericolo per la salute psichica non è in genere un pericolo di natura prettamente medica e/o neurologica, accertabile tout court attraverso esami strumentali. Il pericolo psichico innanzi tutto presuppone un’indagine sia su fattori di rischio, sia su una sintomatologia oggettiva rilevabile con parametri comuni. Inoltre è oggi noto che l’attività psichica non è relativa solo al cervello, ma è collegata in una rete strutturata ed interconnessa, relativa ai vari apparati e sistemi, soprattutto a quello psiconeuroendocrinoimmunologico in reciproca relazione tra di loro e con l’ambiente esterno fisico e sociale. Quindi l’azione dello psichico sul biologico e viceversa costituisce oggi un modello scientifico, da cui non si può più prescindere per orientarsi sui fattori di rischio, di prevenzione e di terapia. In pratica il modello medico teorico dominante deve ristrutturarsi su quello della integrazione, non solo sulla terapia integrata, di cui già esistono buone esperienza, ma su quello della medicina integrata secondo il modello sistemico, postulato già negli anni ’50 da Von Bertalanffy. E sostenuto e promulgato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità negli anni ‘80/90 con la seguente tabella indicativa delle aree della salute e della malattia da esplorare. Tabella 1: World Health Organization Quality Of Life (WHOQOL) AREA SEZIONI INCORPORATE NELLE VARIE AREE Qualità della vita complessiva e salute in generale 1. Area Fisica Energia e stanchezza Dolore e disagio Sonno e riposo 2. Area psicologica Immagine corporea e aspetto esteriore Emozioni negative Emozioni positive Autostima Capacità di ragionamento, apprendimento, memoria e concentrazione 3. Livello di indipendenza Abilità di spostarsi Attività della vita quotidiana Dipendenza da farmaci e da altri trattamenti medici Capacità lavorativa 4. Relazioni sociali Relazioni interpersonali Supporto sociale Attività sessuale 5. Ambiente Risorse finanziarie Libertà, sicurezza e incolumità fisica Assistenza sanitaria e sociale: accessibilità e qualità Ambiente domestico Opportunità di acquisire nuove conoscenze e abilità Partecipazione e opportunità ricreative di svago Ambiente fisico (inquinamento, rumore, traffico, clima) Trasporti 6. Spiritualità/Religione/Convinzioni personali Spiritualità/Religione/Convinzioni personali Il rischio di danno per la salute psichica si accerta con l'esame obiettivo psichico, attraverso l'osservazione e il colloquio clinico, che saggiano i sette parametri fondamentali che definiscono i quadri psichici: vigilanza-coscienza, percezione-memoria, affettività, ideazione, comportamento. I test psicodiagnostici che vengono scelti integrano l'esame clinico, ma non lo sostituiscono. Possono essere fatti anche test di personalità o di intelligenza specifici secondo problemi particolari. Negli anni ‘80/90 è stato varato per la donna un modello di raccolta anamnestica che rileva non solo i comuni parametri biopsicosociali, ma sottende una serie di condizioni psicosociali che possono arrecare disagio e nocumento alla donna; che di seguito riportiamo (Costa E. et al. La Salute psicofisica della Donna. Il ventaglio Roma 1990). Tabella 2 Caratteristiche socio-demografiche e antropometriche Residenza Abitazione Eventuali trasferimenti Stato civile Figli Titolo di studio Occupazione - piccolo agglomerato urbano medio agglomerato urbano grande agglomerato urbano piccola (2 vani) media (da 2 a 4 vani) grande (da 4 a 6 vani) molto grande (> 6 vani) di proprietà in affitto si dove no nubile coniugata separata divorziata convivente vedova nessuno aborto spontaneo aborto volontario aborto volontario terapeutico n. maschi n. femmine elementari media inferiore media superiore corsi parauniversitari iscrizione universitaria laurea disoccupata casalinga operaia impiegata libera professionista studentessa insegnante Reddito (personale-familiare) - professore dirigente altro basso medio alto molto alto Peso Altezza Pressione Gruppo sanguigno Tabella 3 Caratteristiche psicosociali a) Profilo di Personalità (colloquio e test M.M.P.I.) b) Relazioni psicosociali: - Rapporto con la famiglia di origine - Rapporto con il partner - Rapporto con la famiglia d’origine del partner - Rapporto con i figli - Rapporto con le attività casalinghe - Rapporto con il lavoro - Rapporto con il mondo esterno (amici, conoscenti, altri) - Rapporto con hobby e vacanze - Altro c) Erotismo e sessualità - Grado di informazione - Atteggiamento nei confronti della sessualità - Storia sessuale - Erotismo - Attività sessuale - Frequenza di rapporti di penetrazione - Frequenza rapporti sostitutivi - Frequenza attività masturbatoria - Eccitabilità - Desiderio - Grado di soddisfazione - Luogo di soddisfazione - Ansia associata all’attività sessuale - Pensieri associati all’attività sessuale - Oggetti associati all’attività sessuale - Disfunzioni sessuali - Disturbi dell’identità sessuale d) Psicosessualità attuale - Attività onirica - Attività fantastica - Attività da stimolo figurato - Attività da stimolo pensato - Attività sessuale abituale con penetrazione - Attività sessuale senza penetrazione ………..Kg .………..Cm ………..Mm/Hg - Attività masturbatoria - Desiderio attuale - Soddisfazione attuale - Preoccupazioni di insufficienza o inadeguatezza - Ricordi e valutazione dell’esperienza - Aspettative nei confronti del partner E) Depressione: scala Hamilton - H.A.R.D. Tabella 4 Caratteristiche dello stato di salute ANAMNESI - Familiare - Fisiologica - Patologica remota - Patologica prossima - Psicopatologia - Altre notizie Tabella 5 Caratteristiche dello stile di vita Abitudini di vita Alimentazione Alcool-fumo Sonno Attività fisica Sport Arte Letteratura Religione Altro Lavoro - Ben retribuito Scarsamente retribuito Non retribuito Soddisfacente Non soddisfacente Ore dedicate al lavoro domestico Ore dedicata al lavoro extradomestico Ore dedicate alla famiglia Ore dedicate a sé stessa L’esame psichiatrico completo comprende un esame delle condizioni fisiche, neurologiche, mentali e comportamentali (ECM), analogo dell’esame obiettivo. È una modalità formale, sistemica, di registrazione degli aspetti delle funzioni mentali e del comportamento che si attua con i Manuali Internazionali DSM o ICD che registrano attraverso 5 Assi fondamentali ed altri assi complementari sintomi e comportamenti costruendo una Diagnosi e fornendo indicazioni terapeutiche e prognosi. L’esame psichiatrico così eseguito prevede una valutazione multiassiale: Asse I Disturbi Clinici, Asse II Disturbi di personalità, Ritardo Mentale, Asse III Condizioni Mediche Generali, Asse IV Problemi Psicosociali ed Ambientali, Asse V Valutazione Globale del Funzionamento relazionale e sociale, Asse VI Scala del Funzionamento Difensivo che mette in evidenza gli assetti psicodinamici intrapsichici e le modalità di interazione con gli altri; più gli esami biologici e strumentali relativi alle indagini cliniche. Tabella 6 Esame psichiatrico Asse I: Disturbi Clinici Asse II: Disturbi di Personalità, Ritardo Mentale Asse III: Condizioni Mediche Generali Asse IV: Problemi Psicosociali e Ambientali Asse V: Valutazione Globale del Funzionamento relazionale e sociale Asse VI: Scala del Funzionamento Difensivo Esami biologici e strumentali relativi alle indagini cliniche La legge 194/78 ha quindi introdotto nel nostro ordinamento il diritto all’aborto volontario. Questa legge modifica la preesistente Legge del 1930, art. 546, relativo all’aborto su donna consenziente e sulla quale la Corte Costituzionale, fin dal 18 Febbraio 1975, aveva introdotto la possibilità di interruzione della gravidanza, quando l’ulteriore gestazione implicasse danno o pericolo grave, medicalmente accertato e non altrimenti evitabile, per la salute della madre. La legge 194/78 per l’interruzione di gravidanza ha messo in luce le caratteristiche di un fenomeno esistente da sempre e da sempre occultato, che comporta vaste implicazioni intrapsichiche e relazionali nel vissuto femminile, oltre alle problematiche etico-sociali. L’attuale legislazione rende visibile e amministrabile una realtà che, per generazioni di donne, è stata una “vergogna” da nascondere, imponendo una violazione dell’intimo in cambio di una sorta di permesso di trasgressione. Fare dell’I.T.G. un’esperienza visibile e condivisibile comporta un ripensamento di tutta la maternità “da obbligo biologico a scelta possibile”, in un’ottica di autodeterminazione. Da sempre l’aborto praticato in forma più o meno clandestina fa parte delle metodiche con cui l’uomo cerca di controllare la riproduzione della propria specie. Sebbene il numero di interruzioni di gravidanza volontarie o terapeutiche sia progressivamente diminuito dal 1978 ad oggi, c’è da tener presente che esiste tuttora un ampio ricorso all’aborto clandestino. La stima, per il 2005, è di 15.000 aborti clandestini. Tale dato riguarda solo le donne italiane, in quanto non si dispone di stime affidabili degli indici riproduttivi per le donne straniere. Relativamente all’art. 6 della legge, per l’interruzione di gravidanza oltre il 90° giorno si fa riferimento più frequentemente al comma b) ed in particolar modo al turbamento della salute psichica della donna (intesa come senso di completo benessere e non nel senso di malattia mentale vera e propria), nella prospettiva di non far nascere un bambino con patologie quali ad esempio anomalie o malformazioni. Nella formulazione della Legge 194, nei casi contemplati nell’art.6, a) e b), non si include, a differenza di quanto affermato dall’articolo 54 del codice penale1, il fatto che il pericolo per la vita 1 Art. 54 c.p.: Non e' punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, ne' altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo. La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessità è determinato dall'altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l'ha costretta a commetterlo. o la salute della donna non “sia altrimenti evitabile”. Di conseguenza, anche di fronte a possibili terapie che permettano alla donna di superare il pericolo previsto, la donna stessa rimane sempre libera di curarsi o di procedere all’ITG. L’accertamento medico dei casi a) e b) viene effettuato dal medico del servizio ostetrico e ginecologico dell’ospedale in cui si pratica l’intervento, il quale può avvalersi della collaborazione di specialisti (cardiologi, genetisti, nefrologi, ecc.) e nel caso b) dello psichiatra che deve verificare l’impatto del proseguimento della gravidanza sulla salute psichica della donna. Quindi non ci troviamo di fronte ad un aborto eugenetico in senso stretto, ma solo legato al rischio per la salute psichica della madre. Rischi per la salute della madre: L’interruzione terapeutica di gravidanza (ITG) presenta indubbiamente alcuni aspetti controversi più o meno noti, sui quali vale la pena di soffermarsi. Le difficoltà di intervento psicologico inerenti, tra l’altro, alle resistenze della donna nell’affrontare le implicazioni emotive di un problema che ha scelto di risolvere con l’intervento, rendono difficile riconoscere la presenza di una domanda di aiuto psicologico sottostante la richiesta di I.T.G. e l’eventuale emergenza di nuclei psicopatologici. Inoltre la richiesta di urgenza dell’intervento, la decisione già più o meno rapidamente presa, l’ignoranza sulle dinamiche intrapsichiche e relazionali, e sulla interdipendenza psicofisica, l’inappropriata ed inadeguata informazione sul colloquio psicologico pre-intervento, spesso rendono la donna diffidente, o propensa a ritenere il colloquio una perdita di tempo, o un intervento di tipo morale, per dissuaderla dall’interruzione. In ambito giurisprudenziale viene sancito che «...l’integrità della persona ed il bene primario della salute... non può essere valutata in termini esclusivamente fisici, materialmente constatabili, ma comprende anche la sfera emotiva e psichica, le cui sofferenze sono meno obiettivamente misurabili, ma non per questo meno reali» (Corte d’Appello di Milano, 1992). Tuttavia la malattia psichiatrica manifesta la sua sintomatologia attraverso una moltitudine di elementi soggettivi, riferiti al vissuto ed al percepito del paziente, che in certi casi possono essere difficilmente obiettivabili. Per quanto concerne la diagnosi di pericolo per la salute psichica è opportuno procedere all’esame obiettivo fisico e neurologico, ad una raccolta anamnestica, un esame psichiatrico, un esame neuropsicologico e psicodiagnostico e solo successivamente formulare una diagnosi psichiatrica secondo i criteri diagnostico-statistici internazionali. L’esame obiettivo psichiatrico si basa su uno schema standard, del tipo: a) studio dell’esteriorità, dell’abbigliamento, dell’aspetto somatico; b) studio della mimica; c) studio dell’attività motoria; d) studio del linguaggio; e) studio del comportamento. Tabella 7 Schema di valutazione dei parametri da prendere in considerazione durante l’esame obiettivo in psichiatria Aspetto Pulizia personale Abbigliamento Attività motoria Mimica Linguaggio Atteggiamento Età Altezza Peso Età apparente Pelle Capelli Unghie Denti Barba Trascuratezze specifiche Tipo di vestiario Pulizia ed ordine del vestiario Ricercatezze eccessive Trascuratezze specifiche Livello dell’attività generale Iperattività Ipoattività Posture ed andature abnormi Movimenti involontari Espressione del volto Direzione dello sguardo Singole regioni della faccia Movimenti abnormi Orale Verbale Grafico Gestuale Generale Nei confronti del medico Nei confronti dei familiari La raccolta anamnestica fornisce informazioni non soltanto per quanto concerne la psicopatologia (familiarità per patologie psichiatriche, personalità premorbosa, precedenti psicopatologici, ecc.), ma fornisce anche utili notizie sullo stile di vita del soggetto e sul livello di funzionamento precedente alla gravidanza. L’esame psichiatrico comprende una valutazione degli aspetti concernenti l’integrazione sensoriale, l’umore e l’affettività, il contenuto e la forma del pensiero e del discorso, la percezione, le funzioni cognitive, il comportamento, la psicomotricità, il livello di funzionamento globale dell’individuo, il livello di funzionamento sociale e relazionale, il funzionamento dei meccanismi di difesa. Inoltre è importante esaminare quella che è la realtà soggettiva del paziente in relazione agli elementi psicopatologici rilevati. Tale elemento è di fondamentale importanza in ambito clinico e terapeutico in quanto permette di conoscere il vissuto del paziente nei confronti della gravidanza e del suo decorso ed i meccanismi di difesa utilizzati. Infatti sebbene la malattia mentale venga riconosciuta come una «lesione psichica... un fenomeno intangibile... con sintomatologia soggettiva» (Giannini, Pogliani, 1997), rimane difficoltoso, per colui che si appresta a valutare il quadro psichico, differenziare la realtà soggettiva di una menomazione da una amplificazione e/o simulazione sintomatologica. L’esame psichiatrico dovrebbe essere sempre accompagnato da un esame neuropsicologico e psicodiagnostico. L’esame neuropsicologico permette di rilevare deficit neuropsicologici che condizionano la vita del paziente anche in assenza di una organicità neurologica. L’esame psicodiagnostico permette di confermare ipotesi diagnostiche ed eventualmente di arricchire le informazioni cliniche sulla personalità del soggetto. Per quanto concerne la diagnosi è opportuno sia sempre chiaramente ed obiettivamente documentata in senso clinico. Può essere utile, ai fini comparativi, utilizzare, come prima su esposto manuali diagnosticostatistici internazionali che si avvalgono di sistemi di valutazione multiassiali che consentono numerose informazioni, utili sul piano diagnostico, terapeutico e prognostico. L’esame psichiatrico comporta l’integrazione di aspetti oggettivi e soggettivi, e l’incontro tra paziente e psichiatra deve avvalersi, in modo sistemico ed interattivo, dei moderni criteri di gestione del rapporto medico-paziente. Per giudicare l’effetto sostanziale di un dato evento non basta “pesarlo” di per sé, bensì bisogna definire il contesto complessivo che precede il disturbo mentale, dato dalla sommatoria di avvenimenti diversificati. Gli effetti emotivi di un evento, infatti, variano enormemente a seconda del contesto. La maggiore difficoltà sta nell’ottenere quel genere di informazioni dettagliate che occorrono per ricostruire il contesto in cui ciascun evento si è sperimentato, tenendo conto della peculiare storia in cui si colloca, oltre che dello stato attuale del paziente. Ne consegue che i life events non possono essere considerati semplicemente fattori stressogeni aspecifici, bensì assumono un significato proprio in rapporto alla peculiare costellazione personologica dell’individuo, cosicché il tipo di effetto psicopatologico che ne può derivare è intimamente correlato al grado di vulnerabilità presentata dal singolo individuo ed al suo modo peculiare di risposta agli eventi. I dati statistici a disposizione rilevano infatti come in presenza dei medesimi eventi stressanti solo alcuni individui sviluppano clinicamente un certo tipo di patologia. Esistono variabili che rendono ragione di questa differente responsività. In termini generali, ciò dipende dall’interazione che si verifica tra almeno tre ordini di fattori: 1. le caratteristiche psicologiche, fra cui la flessibilità cognitiva, la capacità di risolvere efficacemente i problemi, la socialità; 2. il supporto sociale [Zlotnick et al., 1996], dato dalla presenza di un lavoro stabile, dai rapporti di fiducia con il coniuge, dall’assetto sociale, ecc.; 3. i life event e gli stressor. Tra i fattori più propriamente psicologici vanno in primo luogo rammentati l’autostima e il senso di competenza. La loro carenza è stata da alcuni considerata un fattore di vulnerabilità e un catalizzatore dello sviluppo di un disturbo depressivo in misura molto più significativa di quanto non lo siano i fattori psicosociali. Occorre inoltre tener conto del ruolo svolto dai fattori protettivi, quale ad es. la presenza di una relazione coniugale basata sulla reciproca fiducia nel periodo antecedente la manifestazione dei sintomi. È infatti appurato come la presenza di una relazione intima e un buon livello di fiducia all’interno di un rapporto, influenzino mediamente in modo positivo l’esito di un disturbo [Zlotnick et al. 1996]. Uno studio di Kitamura et al. (1996), ha individuato l’esistenza di correlazioni tra particolari condizioni psicosociali e lo sviluppo di una depressione in gravidanza. L’incidenza è alta (circa il 60%) nei primi tre mesi di gravidanza. I fattori considerati possono compendiarsi in: primo parto, perdita recente di un genitore, cambiamenti di casa, risposta psicologica negativa allo stato gravidico da parte del marito, basso grado di intimità con il coniuge, aspettative negative circa il futuro, alto tasso di nevroticismo. Da un riesame complessivo di quanto sopra emerge come il significato di un dato evento di vita non sia mai assoluto, bensì relativo: all’individuo, al suo gruppo sociale, alla cultura di appartenenza. I test psicologici possono recare un importante contributo alla comprensione approfondita di un paziente con un disturbo mentale o di personalità, specialmente nei casi più dubbi. Le scale di valutazione o Rating Scales (RS) sono strumenti usati in psichiatria nel tentativo di fornire una rappresentazione dei disturbi mentali in termini quantitativi. L’utilizzazione di questi strumenti consente, attraverso la standardizzazione dei parametri e dei criteri di misurazione, di rilevare dati confrontabili e riproducibili, limitando in qualche modo la soggettività dell’osservazione. Quanti e quali test usare è una scelta che deve tenere conto di due criteri generali: da un lato, rendere massima la validità e l’attendibilità della valutazione e, dall’altro, evitare che la prova diventi troppo dispendiosa in termini di tempo e di impegno richiesti al paziente. In generale, ogni variabile considerata andrebbe studiata con almeno due metodi differenti. Infatti, il vantaggio di una batteria di più test risiede nella possibilità di confrontare tra di loro le osservazioni condotte tramite ogni singolo reattivo, aumentando così il livello di probabilità delle inferenze diagnostiche effettuate. Sia la diagnosi di un disturbo di personalità che di uno specifico disturbo mentale si basano sulla valutazione complessiva delle molteplici informazioni raccolte tramite i diversi reattivi somministrati. In questi casi, infatti, i vari indici convergono a formare un quadro coerente ed unitario, che – nella maggior parte dei casi – è facile inquadrare in una delle categorie nosografiche note. In cui i sintomi di base quali ansia, depressione, agitazione, dissociazione devono prospettare il rischio di patologie emergenti in gravidanza. Tuttavia non va disatteso il fatto che tali patologie possono riguardare non solo la salute della gestante, ma anche quella del bambino. Per fare solo qualche esempio va ricordato che l’Ansia in gravidanza soprattutto nella fase più avanzata aumenta la probabilità di avere un figlio asmatico, così come l’eccesso di stress in gravidanza aumenta il rischio di avere un bambino con deficit immunitari. La gravidanza, è noto, si rappresenta per la donna pregna di significati (sicurezza, identità, pienezza, approvazione sociale), che riconducono da un lato al ruolo socialmente attribuito alla maternità e dall’altro alle immagini e rappresentazioni interiorizzate anche attraverso il processo di identificazione con la figura materna. All’interno del processo di identificazione femminile, la gravidanza può avere una funzione difensiva, nel senso di permettere gratificazione e compensazione rispetto a una fragile immagine di sé. In questi casi, essere incinta può rispondere al bisogno di conferma delle propria identità femminile e di persona. L’aborto, quindi, risulta un atto distruttivo contro una parte di sé, alfine di garantire la vita del resto di sé. In questo senso, l’aborto è scelta dolorosa di vita. L’aborto procurato rappresenta lo scacco rispetto all’attualizzazione del desiderio di maternità. Quando la gravidanza è l’attualizzazione di un forte inconscio desiderio di fertilità e femminilità, l’esperienza poi interrotta può essere vissuta come un’esperienza di arricchimento, vi è qualcosa in più, che è stato sperimentato o nuovamente vissuto. Vi è la consapevolezza di potere, e di un consapevole rinvio ad altro momento dell’avere un bambino reale. Quando invece è presente il desiderio del figlio, il non poter realizzare il desiderio è vissuta come perdita, come vuoto e scoraggiamento. In tutti i casi l’osservazione diretta di ciascuna paziente è l’unico modo per arrivare ad una comprensione adeguata del suo psichismo. Occorre iniziare dal desiderio di avere un bambino, dal pensiero di concepirlo e dall’attuazione del concepimento. Valutare l’assetto psicologico all’inizio del concepimento, ed in seguito eventualmente se ha già avuto un figlio, le angosce del 2 e 3 mese, la prima percezione dei movimenti fetali e le relative ansie, le angosce connesse al rivolgimento interno del feto, quelle dell’inizio del nono mese, la percezione e/o conoscenza del sesso del bambino, le ansie dei giorni precedenti il parto o quelle della gravidanza patologica. Oppure le angosce di castrazione al pensiero dell’aborto o quelle di morte e di distruzione, anche alle volte attraverso sogni o incubi, valutare anche le paure del bambino nato morto, delle malformazioni congenite o altre malattie genetiche, nonché la paura di tornare a casa, la ripresa dei rapporti sessuali, ecc. Tuttavia, se oggi ricorrere all’interruzione di gravidanza è un diritto socialmente acquisito, non è, invece, riconosciuto il diritto a esprimere liberamente le proprie ambivalenze o sofferenze. Spesso gli psichiatri, per obsolescenti pregiudizi e fondamentalismi di alcuni ginecologi, non vengono chiamati in causa. Permettendo così ancora oggi, atteggiamenti pietistici che si sovrappongano a istanze persecutorie, rendendo l’aborto procurato un evento della storia personale sempre da rimuovere, anziché da elaborare per trasformare l’esperienza in nuove possibilità creative. BIBLIOGRAFIA Costa E., Lena G., Sulla Psicodinamica e Farmacoterapia della Gravidanza. Relazione presentata al III Simposio della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia, Atti del Congresso, Anacapri 1-2 Giugno 1976. Costa E., Lena G., Atteggiamenti della donna nei confronti del lavoro durante la Gravidanza. Relazione presentata al Congresso di Medicina del Lavoro, Fiuggi, Ottobre 1976. 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