L’abc della ragioneria Istruzioni per l’uso: il contenuto delle parentesi va studiato come il resto; solo dopo averle comprese, potete saltarlo e rendere così più scorrevole il testo. Rassegnatevi: a non essere oggetto di domanda nelle verifiche saranno solo le eventuali (poche) parti scritte in carattere verde; tutto il resto, qualsiasi sia il colore e la dimensione del carattere, ai fini della valutazione va prima di tutto compreso e poi imparato. 1) Gestire l’azienda. 1.1) Premessa pag. 1 1.2) Nulla si può governare senza informazioni pag. 1 1.3) Dati di stock e dati di flusso pag. 2 2) Il Patrimonio lordo, i debiti e il patrimonio netto. 2.1) 2.2) 2.3) Il patrimonio lordo I debiti Il patrimonio (o capitale) netto 3) L’utile (o la perdita) e il capitale netto. pag. 3 pag. 5 pag. 5 pag. 6 4) Il reddito come confronto fra produzione e distruzione: il “conto economico” pag. 8 5) Approfondimenti su reddito e capitale netto. pag. 11 6) La funzione della contabilità. pag. 15 7) Le regole di registrazione in “partita doppia”. 7.1) 7.2) 7.3) Il conto 7.1.1) I conti patrimoniali 7.1.2) I conti di reddito Le tre regole I tre “trucchi” pag. pag. pag. pag. pag. 16 17 18 19 19 8) Il libro giornale, la chiusura e la riapertura dei conti (ovvero: l’inutile reso obbligatorio) 8.1) Il libro giornale pag. 23 8.2) La chiusura e la riapertura dei conti 8.2.1) La chiusura dei conti di reddito 8.2.2) La chiusura dei conti patrimoniali 8.2.3) La riapertura dei conti patrimoniali pag. pag. pag. pag. 24 24 26 27 0 1) Gestire l’azienda. 1.1) Premessa. Tutti gli esseri umani per vivere devono agire, e lo fanno indossando l’abito della azienda (parola che non a caso deriva dal latino “facenda”, cioè cosa da fare), di produzione o di erogazione che sia (e secondo me è il caso che tu ridia un occhio agli appunti “Attività umana, beni, aziende, produzione e consumo”…). Per agire occorre prendere decisioni, e ogni azienda, poiché opera continuamente, è quindi impegnata in una incessante attività decisionale. Questo vale sia per le aziende di erogazione (come la famiglia o lo stato italiano) sia per quelle di produzione (come il caldarrostaio ambulante o la Apple). Queste pagine le ho scritte riferendomi alle aziende di produzione, ma la gran parte dei concetti che vi appaiono sono applicabili anche a quelle di erogazione. Per chi non avesse ancora digerito gli appunti “Attività umana, beni, aziende, produzione e di due anni fa (e che ritrovi, un poco modificati, nella cartella I H 2016 – 2017 del sito) ricordo la definizione di azienda che là indicai come quella che massimizza il rapporto “efficacia / lunghezza” (anche se non sono sicuro sia la migliore in assoluto): consumo” organismo che utilizza beni e lavoro per produrre qualcosa che soddisfa esigenze umane 1.2) Nulla si può governare senza informazioni. Dovendo prendere tantissime decisioni, tutte le aziende [sia quelle di erogazione (a partecipazione volontaria) come la “Famiglia Rossi” e la “Casa di Carità S. Girolamo”, sia le aziende di erogazione (a partecipazione obbligatoria) come lo “stato italiano” e il “comune di Reggio Emilia”, sia le aziende di produzione (a partecipazione volontaria e di proprietà privata) come “Max Mara S.p.A.” e “Esselunga S.p.A.” sia, infine, le aziende di produzione (a partecipazione volontaria e di proprietà pubblica) come l’ “Enia-Iren S.p.A.” e le “Farmacie Comunali Riunite S.p.A.”] sono tutte accomunate, oltre che dal fatto che producono beni utilizzando lavoro e altri beni, da una stessa necessità: avere informazioni. Per prendere decisioni più corrette, infatti, occorre conoscere, avere informazioni, cioè dati. Questo vale per qualsiasi iniziativa si voglia realizzare: una vacanza in Grecia (quanto costa il volo e il noleggio auto? Quanto invece il traghetto? E il bed & breakfast o la mezza pensione? Quali sono i possibili orari di imbarco? Ci sono posti liberi in quel campeggio? ecc.), una focaccia cumulativa ai primi di giugno alla piscina di Baiso (prezzo di ingresso, eventuali sconti comitive, biglietto dell’autobus, coincidenze per rientrare a casa in orario normale ecc.) , la distribuzione di gnocco, pizze e panini a scuola (quali sono i costi di acquisto e i prezzi di vendita, quali le preferenze degli studenti, quante le tasse da pagare, quanto il consumo di benzina, quanto la paga dei dipendenti ecc.), o la conquista di una quota del 10% del mercato del cibo per gatti in Gran Bretagna (quante sono le vendite complessive attuali, quante di queste sono nei supermercati e quanti nel dettaglio specializzato, che quote di mercato hanno ora i vari marchi della distribuzione ecc.). Quando la realtà che si vuole conoscere è semplice, allora poche saranno le informazioni necessarie e semplice potrà essere anche il sistema di raccolta dei dati. Ad esempio: per decidere se studiare o no storia ti è sufficiente sapere quanti tuoi compagni non hanno ancora il voto e se l’insegnante ha fissato una verifica scritta, tutte informazioni che non hai difficoltà a trovare se solo scrivi puntualmente e in modo ordinato sul diario le principali vicende scolastiche. Oppure: se vuoi informazioni sul campionato di calcio per decidere come compilare la schedina, è sufficiente che ogni settimana annoti i risultati delle partite, l’elenco dei giocatori infortunati e squalificati e tenga conto dei punti accumulati dalle varie squadre. Tutto semplice, tanto che ci riescono perfino i giornalisti. Quando invece la realtà da conoscere è estesa, varia e complessa come lo è quella di un’azienda di produzione che non abbia dimensioni microscopiche (= piccolissime), più complesso e sofisticato dovrà essere il metodo di annotazione dei fatti che accadono se si vogliono avere dati sufficienti per decidere correttamente. 1 . La “ragioneria” è la disciplina che insegna a ricavare una parte rilevante delle informazioni necessarie per conoscere e quindi gestire (guidare, prendere decisioni informate e perciò migliori) una azienda, e il metodo di annotazione dei fatti che coinvolgono l’azienda utilizzato dalla ragioneria è chiamato “partita doppia” (il motivo di questo nome lo si intuirà solo in seguito). Seppure perfezionatosi nel tempo, il metodo della partita doppia che si utilizza per registrare i fatti aziendali è in uso ormai da alcuni secoli e non c’è nessuna speranza che da qui a qualche mese possa essere semplificato o reso più divertente, perciò rassegnatevi. 1.3) Dati di stock e dati di flusso. In economia (ma non solo) le grandezze che si possono misurare con riferimento a un istante (cioè sono dette “variabili (o dati) di stock” (esempi di dati di stock sono la quantità di denaro in cassa, il numero dei dipendenti, il valore delle scorte, i residenti in Italia ecc.). E’ la stessa cosa che si può dire per la quantità d’acqua presente in una vasca: per sapere quanta ce n’è in questo momento, la misuro e posso dire: adesso nella vasca ci sono 120 litri; se però un rubinetto è aperto o il tappo perde, la quantità d’acqua presente nella vasca varia in ogni istante. quelle che “si fotografano”) Sempre in economia (ma non solo) le grandezze che si riferiscono a un periodo (a un intervallo di tempo, cioè quelle che “si filmano”) sono definite “variabili (o dati) di flusso” (esempi di dati di flusso sono il valore dell’output (cioè il valore della produzione), degli input (il valore dei fattori produttivi), i ricavi di vendita, il P.I.L., il numero annuo di assunzioni, il consumo di benzina, gli arrivi di immigrati ecc.). E’ la stessa cosa che si può dire per un flusso d’acqua: dire che un rubinetto butta 10 litri significa nulla, in quanto occorre riferire la quantità a un periodo di tempo: con 10 litri al secondo allagate la casa, con 10 litri l’ora non vi lavate nemmeno i denti. Quando descriviamo un fenomeno per mezzo di un dato di stock è come se di quel fenomeno stessimo facendo vedere una fotografia, nel senso che quel dato rappresenta la quantità esistente in quel momento, quantità che si è accumulata nel passato a causa di tutte le vicende capitate dall’inizio fino a quell’istante, l’istante in cui la foto è stata scattata. Se dico che a Natale pesavo 76 chili, quel dato è il risultato finale di tutti i miei acquisti di peso e i miei dimagrimenti da quando sono nato fino al Natale del 2015. E’ la fotografia del mio peso scattata il 25.12.2015. Quando descriviamo un fenomeno per mezzo di un dato di flusso è come se di quel fenomeno stessimo facendo vedere un filmato, nel senso che quel dato evidenzia come quel fenomeno è variato in un certo periodo, il periodo in relazione al quale è espresso il dato. Se il 21 settembre dico che il mio cane negli ultimi tre mesi è dimagrito di 5 chili, sto rappresentando quello che è successo al peso del cane durante l’estate, come se facessi vedere in un film le vicende relative al peso di Frey (= nome del mio cane che, essendo un pastore tedesco, si pronuncia Frai). Chiarito questo, vi resta da interiorizzare che il patrimonio è un dato di stock, mentre il reddito è un dato di flusso. Il concetto è semplice e piuttosto intuitivo: - se venite a sapere che Pinco oggi ha 10 milioni di euro depositati in banca e nessun debito, siete sì certi che Pinco è ricco, ma non sapete quanto guadagna: potrebbe guadagnare molto come anche poco o nulla, e magari vive mangiandosi i suoi risparmi; - se scoprite che Pallino guadagna 20.000 € al mese, siete sì certi che ha un ottimo reddito, ma non sapete nulla sulla sua ricchezza: potrebbe possedere tre ville e 10 milioni in contanti come avere solo debiti perché vive in un albergo di lusso e spende più di quanto guadagna. 2 2) Patrimonio, debiti e capitale netto. Di erogazione o di produzione che sia (d’ora in avanti, comunque e come ho già detto, mi riferirò a quella di produzione, anche se quasi tutto ciò che scrivo va bene anche per le aziende di erogazione), l’azienda, per svolgere la sua attività, deve comunque utilizzare, oltre al lavoro di qualcuno, anche dei beni. 2.1) Il patrimonio lordo. Per patrimonio (o capitale o attivo) lordo aziendale si intende sia l’insieme dei beni di cui l’azienda ha la proprietà, sia il loro valore complessivo. Babbo Natale non esiste, e nemmeno la Befana. Ecco perché solitamente per avere un bene occorre comprarlo, e per comprarlo: 1. o si usa ricchezza propria – i ragionieri direbbero “mezzi propri” o “capitale proprio” – , 2. o si usa ricchezza altrui, ad esempio soldi avuti in prestito, cioè debiti – per i ragionieri “capitale di terzi” (i “terzi” essendo gli “altri” rispetto a noi) – . I mezzi propri e i debiti hanno una cosa in comune: la funzione (= lo scopo), cioè servono per la stessa cosa, acquisire ciò di cui necessita l’azienda. Il capitale proprio e il capitale di terzi (cioè i debiti) sono quindi entrambi “fonti di finanziamento”, le sorgenti da cui l’azienda attinge per entrare in possesso dei beni necessari per operare. Da quel che si è appena detto risulta allora che, inevitabilmente, vi è sempre coincidenza fra il patrimonio lordo (l’intero attivo aziendale) e le fonti di finanziamento (capitale proprio e capitale di terzi) che hanno reso possibile la sua acquisizione (cioè l’acquisizione dei beni che compongono il patrimonio lordo). Le fonti di finanziamento, repetita iuvant (= giova, è utile ripetere), si distinguono quindi fra debiti e capitale – o patrimonio – proprio o netto. (detti anche passività o capitale di terzi, cioè altrui) Così, se in un certo momento il patrimonio lordo di un’azienda è 1.000, allora necessariamente la somma dei suoi debiti e del capitale netto sarà 1.000. Qui sotto potete vedere uno schema frequentemente usato per descrivere la struttura del patrimonio di una azienda in un certo momento. Situazione patrimoniale dell’azienda Pinca Pallina alla mezzanotte del 15/9/2016 ATTIVO (o patrimonio lordo o impieghi) FONTI di FINANZIAMENTO Immobili x | Attrezzature y | Scorte w | Crediti z | Liquidità Totale impieghi (o attivo) (o patrimonio lordo o capitale investito) j Capitale proprio (o capitale netto) (o passivo o patrimonio netto) h Capitale di terzi (debiti) k ------- | | ------- 1.000 | 1.000 Totale fonti di finanziamento (o totale passivo e netto) Nella prossima pagina, invece, vi riporto la situazione patrimoniale al 31/12/2009 e quella più recente (al 30/6/2016) dichiarata da Telecom Italia S.p.A., azienda nota anche a voi e tra le più grosse d’Italia (anche come numero di dipendenti: ne ha circa 65.000, di cui oltre 20.000 all’estero). 3 I dati che leggete nei due prospetti sono espressi in milioni di euro, perciò il dato del totale attivo (leggibile, nell’ultima riga del primo prospetto in 67.924) e del capitale netto (21.327) e dei debiti (complessivamente di 47.597) ci dicono che il valore dei beni di proprietà della Telecom alle ore 24 del 30 giugno 2016 era pari a quasi 68 miliardi di euro e che la Telecom questi beni li aveva ottenuti facendo debiti per oltre 47,5 miliardi e utilizzando un patrimonio proprio di oltre 21 miliardi di euro. Situazione patrimoniale dell’azienda Telecom al 30/6/2016 (dati in milioni di euro) ATTIVO (o patrimonio lordo o impieghi) FONTI di FINANZIAMENTO -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Immobilizzazioni immateriali 36.343 | Immobilizzazioni materiali 15.509 | 21.327 Patrimonio netto (o capitale netto ecc.) (di cui 1.105 utile del 1° semestre 2016) Altre immobilizzazioni Scorte 5.989 | 294 | 34.817 Debiti a lunga scadenza Crediti a breve v/clienti 5.683 | 7.445 Debiti a breve v/fornitori Altro attivo a breve 1.399 | 4.209 Debiti finanziari a breve scad. Disponibilità liquide 2.707 | ------------------------------------------------------------ Totale attivo (o totale impieghi ecc.) | 67.924 | 126 Altri debiti a breve ---------------------------------------------------------------- 67.924 Totale passivo e netto (o totale fonti di finanziamento) Situazione patrimoniale dell’azienda Telecom al 30/6/2013 (dati in milioni di euro) ATTIVO (o patrimonio lordo o impieghi) FONTI di FINANZIAMENTO ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Immobilizzazioni immateriali 37.686 | Immobilizzazioni materiali 14.847 | 20.478 Patrimonio netto (o capitale netto ecc.) (al netto della perdita dell’ultimo anno) Altre immobilizzazioni Scorte Crediti a breve v/clienti Altro attivo a breve Disponibilità liquide 4.208 | 536 | 7.095 | 50 | 6.627 | ---------------------------------------------------------------- Totale attivo (o totale impieghi ecc.) | 71.049 | 34.785 Debiti a lunga scadenza 9.137 Debiti a breve v/fornitori 6.531 Debiti finanziari a breve scad. 118 Debiti per imposte sul reddito -------------------------------------------------------------------- 71.049 Totale passivo e netto (o totale fonti di finanziamento) Confrontando la situazione patrimoniale (la fotografia) della Telecom al 30 giugno 2016 con quella al 30/6/2013 si nota che in questi tre anni il patrimonio lordo è diminuito (di 3.125 milioni, cioè di 3,125 miliardi di euro) mentre il patrimonio netto è, seppure di poco, aumentato (di 849 milioni di euro); di conseguenza i debiti non possono che essere diminuiti (di 3.974 milioni, 3.125 + 849). Col tempo comprenderete il significato delle varie voci; già conoscete quello di “totale attivo”, ora chiariamo il significato di “debiti” e poi di “capitale netto”. Vi anticipo subito che, diversamente da quello di “debito”, il concetto di “capitale netto” è tutt’altro che semplice, tanto è vero che quasi nessun magistrato lo comprende, nemmeno quelli che indagano ed emettono sentenze sulla veridicità del capitale netto dichiarato in bilancio dall’imprenditore [e in questo modo non di rado condannano degli innocenti e assolvono dei colpevoli di reati finanziari; la giustizia, in Italia, funzionerebbe meglio se nei tribunali si adottasse il sistema dell’immortale giudice Brigliadoca (Francois Rabelais (1494 – 1553) “Gargantua e Pantagruele”, cap. XXXIX)]. 4 2.2) I debiti. Un debito è un impegno (quasi sempre ad effettuare il versamento di una certa somma di denaro) da assolvere (= da adempiere, da onorare, da svolgere) entro una certa scadenza. Un debito può derivare: 1) da una precedente entrata di denaro: una banca, uno strozzino o un qualche altro finanziatore ha prestato quella somma all’azienda. In questo caso il debito viene detto “di finanziamento”. I debiti di finanziamento, quindi, nascono e muoiono nello stesso modo, attraverso un movimento di denaro (salvo, ovviamente, il caso del debito che non viene rimborsato per insolvenza del debitore: in questo caso il debito muore lo stesso, ma di malattia). 2) da un precedente acquisto di fattori produttivi: il fornitore ha consegnato il bene o prestato il servizio e l’azienda acquirente (= che ha comprato) si è impegnata a pagare più avanti nel tempo, magari dopo tre mesi (magari non sarebbe male se tu dessi una riguardata agli appunti “Proprietà, compravendita e I.V.A.” sempre di due anni fa). In quest’altro caso il debito viene detto “di fornitura”, o “di regolamento” o, ma è sempre la stessa cosa, debito “di funzionamento”. 2.3) Il patrimonio netto (o anche “capitale netto”). Meno intuitivo del concetto di debito è quello di capitale proprio – o capitale netto – che, come ho già detto, è la sola altra possibile fonte di finanziamento di ogni azienda. Per comprendere cos’è il “capitale netto” è quindi necessario un impegno non superficiale, altrimenti nelle verifiche rischiate di fare come i magistrati nei processi e nelle sentenze che riguardano i bilanci aziendali: dire e scrivere cose senza senso. Il capitale netto – o, ripeto, capitale proprio o anche semplicemente il "netto" – può essere definito con due sistemi diversi: 1) attraverso una differenza; 2) con una somma. 1) Per quello che si è già detto è ovvio che il valore del capitale proprio di un'azienda in un certo istante è dato dalla differenza fra il suo patrimonio lordo (o totale attivo, cioè come già sappiamo - il valore dei beni di cui l’azienda è proprietaria) meno i suoi debiti (cioè il valore del capitale di terzi che stanno finanziando l'azienda). Questa definizione è certamente corretta, ma non contribuisce un gran che a far capire come il capitale netto si forma, né da dove deriva o da cosa è costituito. 2) Il capitale netto in un certo istante (= in un certo momento) della vita dell'azienda è determinabile anche come somma: è la sommatoria degli apporti e degli utili prodotti, al netto dei prelievi e delle perdite subite, dalla nascita dell’azienda fino a quell'istante. Non mi aspetto che tale definizione sia immediatamente comprensibile: è evidente infatti che, se si vuole afferrarne il senso, è necessario avere chiari i significati di apporto e di prelievo, di utile e di perdita, ma anche il collegamento fra l’utile (o la perdita) e lo stesso capitale netto. Cominciamo quindi col chiarire in poche righe i significati di “apporto” e di “prelievo”. 5 Per quanto riguarda gli apporti, possiamo cavarcela dicendo che sono trasferimenti a titolo gratuito (e quindi non in conseguenza di una compravendita) di beni (e in genere si tratta di denaro, ma possono essere anche beni "in natura", come un edificio o una gru) dal patrimonio personale dell’imprenditore o dei soci al patrimonio dell’azienda, trasferimenti che possono essere effettuati sia alla nascita dell’impresa che durante la sua vita. I prelievi, invece, sono esattamente il contrario, in quanto sono trasferimenti di beni (e anche in questo caso si tratterà più spesso di denaro, ma potrebbero essere anche beni “in natura” come ad esempio un vecchio computer dell’ufficio amministrativo che l’imprenditore si porta a casa per darlo alla figlia affinché si eserciti all’uso di excel) estratti dal patrimonio dell’impresa per finire nel patrimonio personale dell’imprenditore o dei soci ed essere da loro utilizzati per fini familiari; spesso i prelievi vengono definiti anche “spese extragestione”. Per cercare di chiarire i concetti di utile e di perdita e il loro collegamento con il capitale netto, occorrono invece maggiori sforzi: le prossime cinque pagine hanno tale scopo. 3) L’utile (o la perdita) e il capitale netto. Cominciamo da un esempio: un’azienda ceramica alle sette del mattino del 20 settembre ha questa situazione patrimoniale: Situazione patrimoniale “Ceramica Fantasiosa” alle ore 7 del mattino del 20/9/2016 valori attivi (impieghi) | fonti di finanziamento (passivo e netto) fabbricati 1.000.000 | 900.000 macchinari e attrezzature 3.000.000 | 3.020.000 100.000 | 80.000 - | scorte di caolino scorte di piastrelle crediti v/clienti cassa totale impieghi 1.400.000 - debiti v/fornitori debiti v/banche debiti v/dipendenti | | 1.500.000 __________ | __________ 5.500.000 5.500.000 | capitale netto totale fonti di finanziamento poi nelle successive cinque ore, dalle 7 alle 12, produce delle piastrelle utilizzando 20.000 € di caolino, 62.000 € di gas metano, il lavoro di 100 dipendenti a 20 € l’ora e macchinari e attrezzature il cui valore, per effetto dell’usura, diminuisce di 8.000 €; a mezzogiorno, infine, consegna a un cliente le piastrelle prodotte in mattinata per 250.000 € che dovranno essere pagati dopo 90 giorni. Vediamo ora, supponendo che questi siano gli unici fattori produttivi utilizzati e le uniche operazioni effettuate in quelle 5 ore, quale sarà 6 1) la situazione patrimoniale a mezzogiorno; (quello che va dalle 7 del mattino al mezzogiorno del 20 settembre). 2) l’utile (il reddito, il guadagno) ottenuto nel periodo Risposte: 1) Situazione patrimoniale alle ore 12.00 del 20 settembre valori attivi (impieghi) | fonti di finanziamento fabbricati 1.000.000 | 962.000 macchinari e attrezzature 2.992.000 | 3.020.000 80.000 | 90.000 - | scorte di caolino scorte di piastrelle crediti v/clienti 1.650.000 cassa - totale impieghi 5.722.000 debiti v/fornitori debiti v/banche debiti v/dipendenti | | 1.650.000 capitale netto | 5.722.000 totale fonti 2) Utile (reddito, guadagno, profitto) ottenuto durante la mattina del 20 settembre 250.000 valore della produzione ricavi - (20.000 + 62.000 + 100x5x20 + 8.000) = meno valore dei fattori produttivi consumati = costi 150.000 utile (o reddito) uguale guadagno Il maggior valore di ciò che l’azienda ha prodotto (le piastrelle) rispetto al valore di quanto ha consumato nel periodo (metano, caolino, lavoro, macchinari e attrezzature) ha provocato un aumento di pari importo nel capitale netto, cioè un arricchimento dell’azienda, e quindi – indirettamente – anche del suo proprietario (o dei suoi proprietari, se l’azienda è di vari “soci”). I ragionieri dicono che, in quel periodo di tempo, l’azienda ha prodotto utili per 150.000 euro. (o un reddito positivo) L’incremento del capitale proprio da 1.500.000 a 1.650.000 euro verificatosi quella mattina è stato originato dall’attività della azienda che, essendo efficiente, ha creato dal nulla 150.000 euro di nuova ricchezza, avendo prodotto beni (le piastrelle) che valgono 250.000 € utilizzando solo 100.000 € di risorse (le materie prime, il lavoro, il consumo delle macchine). Ma i 150.000 € di capitale netto in più non si trovano in un determinato (= in un particolare) bene di cui l’azienda ha la disponibilità; non si trovano certamente in cassa o in banca (infatti nulla è successo quella mattina alla cassa e al c/c bancario): in realtà i 150.000 € di valore creato dal nulla sono nascosti nella differenza positiva fra l’incremento dell’attivo (5.722.000 – 5.500.000 = 222.000 €) e l’aumento dei debiti (4.072.000 – 4.000.000 = 72.000 €), variazione originata dai fatti accaduti in quelle 5 ore. E infatti 222.000 – 72.000 fa 150.000. L’azienda ha incrementato (= aumentato) da sé la propria ricchezza, misurata dalla fonte di finanziamento “capitale proprio”: in questo senso si dice che l’utile, facendo aumentare il capitale proprio (o capitale netto), “autofinanzia” l’azienda. Se l’imprenditore, soddisfatto per come stavano andando le cose nella mattinata ed eccitato per l’abbigliamento della giovane segretaria, prima di mezzogiorno le avesse regalato un anello di diamanti pagandolo con 50.000 euro presi dal conto corrente della ditta, allora avrebbe effettuato, come già sappiamo, un "prelievo" (o "spesa extra-gestione"). I debiti bancari sarebbero così 7 diventati 3.070.000 (3.020.000 + 50.000) e il capitale netto aziendale sarebbe aumentato, in quella mattinata, non più di 150.000 ma di soli 100.000 euro, diventando di “soli” 1.600.000 € (e non 1.650.000 come sarebbe successo nel caso la segretaria fosse stata anziana). Attenzione: l’utile sarebbe rimasto quello di prima (150.000 €), perché l’azienda quel valore aggiuntivo l’ha comunque creato, ma il capitale netto sarebbe aumentato di 50.000 in meno per effetto del prelievo fatto ai danni dell’azienda e a favore della segretaria (e, presumibilmente o almeno nelle sue intenzioni, in via indiretta anche a beneficio dell’imprenditore). Si può notare, quindi, come i prelievi di beni dall’impresa per fini extra-aziendali provochino una corrispondente diminuzione del capitale netto, per cui se in un certo periodo, a fronte di un utile prodotto di X, si hanno prelievi di beni per scopi extra-aziendali per un valore di Y, allora il capitale netto, in quel periodo, si modificherà per un importo pari a X – Y. Più in generale è possibile affermare questa uguaglianza: dato un certo periodo di tempo (ad esempio dal 1/1/2016 al 31/12/2016) il capitale netto esistente alla fine del periodo (al 31/12/2016) è sempre pari al capitale netto iniziale (cioè quello al 1/1/2016) più l'utile guadagnato (o meno la perdita subita) nel periodo (cioè, sempre nell’esempio, l'anno 2016), più eventuali apporti effettuati nel periodo e meno eventuali prelievi fatti sempre nel periodo. 4) Il reddito come confronto fra produzione e distruzione: il conto economico Dal § 6.1) dei soliti appunti “Beni, aziende, economia, scambi ecc.” dovreste avere imparato che “la produzione è tutto ciò che aumenta il valore dei beni disponibili sulla terra e utili a soddisfare, direttamente (nel caso di produzione di beni di consumo) o indirettamente (se si producono beni di produzione), i bisogni. Voglio che vi soffermiate ancora a riflettere sul fatto che, seppure sia innegabile che i fattori della produzione siano il lavoro e i beni, il valore dei beni prodotti – cioè la loro capacità di soddisfare bisogni – non proviene però totalmente dal valore dei beni distrutti e del lavoro impiegato: se l’azienda è efficiente, infatti, una parte del valore di ciò che ha prodotto semplicemente prima non esisteva ed è quindi stato creato al suo interno. Se così non fosse, se il valore non si creasse ma fosse solo possibile assorbirlo dai fattori produttivi per trasferirlo in una produzione di pari valore, allora non si spiegherebbe perché un tempo sulla terra eravamo pochi milioni quasi tutti poveri e affamati mentre ora siamo sette miliardi e quasi tutti opulenti e sazi (e se non comprendi torna alle ultime tre pagine del solito “Attività umana, beni, aziende e economia”). Nella prossima pagina vi riscrivo gli stessi concetti già visti nell’esempio della ceramica. Lo faccio non perché sia (ulteriormente) rincretinito, ma per esercitarvi nella comprensione di testi scritti senza l’aiuto della concretezza offerta dagli esempi (cominciate a essere grandini, è il caso di non trattarvi più solo da bimbi). Voi sforzatevi di abbinare quanto leggerete qui con quello che ho scritto nell’esempio della ceramica nelle due pagine precedenti. L’attività aziendale di produzione, quando è efficiente, ottiene beni per 100 € distruggendone altri che, però, valgono 100 – X , in cui X è il numero positivo che misura la creazione di valore. Il valore (X €) che l’azienda efficiente crea con la sua attività si inserisce nel suo patrimonio e, a meno che non le sia prelevato per utilizzarlo a scopi extra-aziendali, l’arricchisce. 8 Dalla situazione patrimoniale dell’azienda non si riesce però a comprendere come questi X € di valore siano stati prodotti; anzi, poiché la situazione patrimoniale si riferisce a un certo istante, e poiché nell’istante nulla cambia e quindi anche nulla si produce, una singola situazione patrimoniale non può nemmeno informare se l’azienda è efficiente (cioè produce ricchezza) o inefficiente (cioè distrugge ricchezza). Per avere questa informazione io devo confrontare due fotografie dell’azienda (due situazioni patrimoniali) scattate in due momenti diversi, e se verifico che nel lasso di tempo (= nel periodo) compreso fra i due istanti fotografati l’azienda si è arricchita senza l’intervento di apporti, allora saprò che è efficiente, cioè che crea ricchezza. Ma anche in questo modo, cioè avendo a disposizione due fotografie scattate in momenti diversi, non ho ancora alcuna informazione relativa al modo in cui quella ricchezza aggiuntiva si è creata. Per sapere come l’azienda ha creato (o distrutto, nel caso di azienda inefficiente) ricchezza mi occorre il filmato di ciò che ha fatto nel periodo, in modo da scoprire cosa ha prodotto e cosa ha utilizzato per produrre. Ebbene, il filmato dell’attività aziendale svolta in un periodo di tempo ci viene offerto da un altro documento (“altro” rispetto la “situazione patrimoniale”): il “Conto economico” di quel periodo. Come vedremo meglio più avanti, lo stato patrimoniale e il conto economico insieme formano il “Bilancio” aziendale, che è lo strumento più efficace per organizzare e rendere facilmente leggibili le informazioni sulla realtà complessiva di un’azienda. Nella sua forma tradizionale e didatticamente più efficace il conto economico è rappresentato, allo stesso modo già visto per lo stato patrimoniale, con due sezioni contrapposte: una di sinistra (Dare) e una di destra (Avere). Nella sezione di destra si descrive ciò che è stato prodotto nel periodo, in quella di sinistra ciò che è stato utilizzato (consumato) per produrre. Conto economico dell’azienda Pinca Pallina del periodo 1/1/2016 – 30/6/2016 INPUT (fattori produttivi consumati) (produzione ottenuta) OUTPUT Materie prime x | j Produzione di HKL Lavoro dipendente y | h Produzione di JY& Servizi vari w | Usura immobilizzazioni z | Reddito [ 1.000 – (x + y + w + z) ] Totale a pareggio r ------- | | ------- 1.000 | 1.000 Totale valore della produzione Nelle prossime due pagine trovate qualche esempio reale di conto economico, a cominciare da quello relativo al primo semestre 2016 della Telecom. Se volete dati più dettagliati cliccate su http://www.telecomitalia.com/content/dam/telecomitalia/it/archivio/documenti/Investitori/Semestrali/2016/Relazione-finanziaria-semestrale-al-30-giugno-2016-deposito.pdf Conto economico Telecom 1/1/2016 – 30/6/2016 (dati in milioni di €) INPUT (fattori produttivi consumati, costi) (produzione ottenuta, ricavi) OUTPUT Acquisti di servizi, componenti e materiali di cons. 3.783 | 9.203 Ricavi di vendita Aumento delle rimanenze di compon.-mat.di cons. - 33 | 325 Attività realizzate internamente Costi per il personale dipendente 1.551 | Altri costi operativi 449 | Ammortamenti 2.047 | 13 Plusvalenze non ordinarie Accantonamenti, svalutazioni e altri oneri 5 | 2.157 | Imposte sul reddito 489 Reddito (utile) del periodo (milioni di €) 1.105 | | Oneri finanziari (interessi passivi, oneri da partecipaz.) 2.012 Proventi finanziari (interessi attivi, utili su cambi ecc.) ----------------------------------------------------------------------------------- Totale a pareggio 11.553 | | | -------------------------------------------------------------------------------- 11.553 Totale valore della produzione (milionidi€) 9 Dalla lettura di questo conto economico si trae, fra le altre, l’informazione che la Telecom nel primo semestre di quest’anno ha “guadagnato” 1.105.000.000 €, in quanto ha prodotto beni (per lo più servizi telefonici) per un valore di 1.105 milioni di € superiore al valore dei fattori produttivi consumati. Qui sotto, invece, trovate il conto economico relativo all’intero anno 2008 e quello del 2015 della “LANDI RENZO S.p.A.”, la nota azienda reggiana leader mondiale nel settore degli impianti a gas GPL e a metano per autotrazione. LANDI RENZO S.p.A. Conto economico 1/1/2008 – 31/12/2008 (dati in migliaia di €) INPUT (fattori produttivi consumati, costi) Materie prime, componenti e materiali di consumo Acquisti di servizi e uso di beni di terzi Costi per il personale dipendente 95.874 52.373 20.279 | Ammortamenti (consumo immobilizzazioni) Accantonamenti, svalutazioni e altri oneri Oneri finanziari (interessi passivi, perdite su cambi ecc.) Imposte 6.032 1.564 2.966 12.867 | | | | 26.802 Utile netto anno 2008 (218.757 – 191.955) | | 218.757 652 Altri ricavi e proventi 1.907 Proventi finanziari (interessi attivi, utili da partecipazioni e su cambi) | ------------------------------------------ Totale a pareggio (produzione ottenuta, ricavi) OUTPUT 216.198 Ricavi delle vendite e prestazioni --------------------------------------- | 218.757 Totale valore della produzione LANDI RENZO S.p.A. Conto economico 1/1/2015 – 31/12/2015 (dati in migliaia di €) INPUT (fattori produttivi consumati, costi) Materie prime, componenti e materiali di consumo Acquisti di servizi e uso di beni di terzi 100.439 | 58.483 | (produzione ottenuta, ricavi) OUTPUT 205.522 Produzione impianti e componenti 1.883 Altri ricavi e proventi | Costi per il personale dipendente 43.854 | Ammortamenti (consumo immobilizzazioni) Accantonamenti, svalutazioni e altri oneri 25.617 5.913 6.184 2.914 Oneri finanziari (interessi passivi, perdite su cambi ecc.) Imposte | | | | | ------------------------------------------ Totale costi 243.404 | 412 Proventi finanziari (interessi attivi, utili da partecipazioni e utili su cambi) 35.587 Perdita anno 2015 --------------------------------------- 243.404 Totale a pareggio Leggendo questi due conti economici della Landi Renzo S.p.A. e confrontandoli fra loro si nota come l’ottima efficienza che l’azienda reggiana dimostrava nel 2008 [in quell’anno fu in grado di creare ricchezza dal nulla pari a circa il 14% del valore degli input che usò (26,802 milioni/191,955 milioni = 13,96%)] col tempo si è persa totalmente, tant’è che l’anno scorso (2015) la Landi Renzo ha distrutto quasi il 15% del valore degli input usati per produrre (35,587 milioni/243,404 milioni = 14,6%). Il drammatico peggioramento della Landi Renzo S.p.A. è un esempio indicativo della rischiosità dell’attività d’impresa: nulla garantisce che un’azienda, per quanto sana ed efficiente sia, continuerà a esserlo in futuro; nulla garantisce l’imprenditore e il capitalista che il loro investimento non vada in fumo. 10 5) Ripasso e approfondimenti su reddito e capitale netto 5a) Il valore del capitale (o patrimonio) netto di un’azienda (cioè il totale dei valori attivi meno i debiti) è un dato che deve essere riferito a un istante (le sette del mattino di un dato giorno, la mezzanotte del 31/12/2015 ecc.), in quanto esso varia di continuo nel tempo per effetto delle cose che accadono senza soste (acquisti, lavorazioni, vendite, insoluti (= mancati pagamenti) da clienti, incidenti ecc.). di un’azienda è un dato che, per avere significato, deve essere riferito ad un certo periodo di tempo (un’ora, un giorno, un trimestre, un anno ecc.): dire che Tizio con la sua azienda guadagna 8.000 euro, non significa nulla se non si riferisce quel guadagno a un periodo di tempo (guadagnare ottomila euro l’anno è altra cosa che guadagnarli in un mese o in un giorno). La stessa cosa vale, oltre che per il reddito, anche per i ricavi e per i costi, nel senso che anch’essi vanno riferiti a un periodo di tempo. 5b) Il dato che esprime il reddito (positivo o negativo, cioè utile o perdita che sia) 5c) Per determinare il reddito ottenuto da un’azienda in un certo periodo, si possono seguire due strade (riporto l’esempio di pagina 6 e 7): 1) determinare, attraverso il confronto fra valori attivi e debiti, il valore del patrimonio netto aziendale sia all’inizio che alla fine del periodo e sottrarre il primo dal secondo: 1.650.000 1.500.0000 = 150.000 capitale netto finale meno capitale netto iniziale uguale reddito – utile – del periodo) 2) sottrarre dal valore della produzione ottenuta nel periodo il valore dei fattori produttivi impiegati: 250.000 (valore produzione) – 62.000 – (val. metano) 20.000 – 8.000 – 10.000 (val. caolino) (val. consumo impianti) = (val. lavoro) 150.000 (utile del periodo) Resta valida l’analogia con la vasca: quando si vuole sapere di quanto è aumentata o diminuita in un certo tempo l’acqua in una vasca, si può procedere in due modi arrivando allo stesso risultato: 1) misuro la quantità d’acqua presente nella vasca all’inizio e quella alla fine del periodo e poi faccio la differenza fra i due valori; 2) misuro l’acqua entrata nel periodo e quella uscita nello stesso periodo e faccio la differenza fra i due dati. (la quantità d’acqua iniziale e finale rappresenta il capitale netto iniziale e finale, l’acqua entrata nella vasca dal il rubinetto è il valore della produzione e l’acqua uscita è il valore dei fattori produttivi consumati) Al concetto di guadagno imparato alle elementari (guadagno = ricavo – costo, e che è più corretto esprimere così: utile = valore della produzione meno valore dei fattori produttivi consumati), si può affiancare anche quello di guadagno visto come incremento nel tempo di ricchezza, vale a dire: utile = patrimonio netto finale meno patrimonio netto iniziale. 5d) Il patrimonio netto di un’azienda può diminuire anziché aumentare nel tempo. Così come in un certo periodo in una vasca il livello dell’acqua può calare perché può uscire più acqua di quanto ne entri, anche nell’azienda può capitare che il capitale netto, nel tempo, diminuisca. Questo può accadere in due casi: 1) quando in un certo periodo il valore della produzione ottenuta è minore del valore dei fattori produttivi utilizzati (cioè quando si è in presenza di un reddito negativo, di una perdita); 2) quando in un certo periodo vengono effettuati prelievi eccessivi (eccessivi nel senso di superiori alla somma fra gli utili e gli eventuali apporti). Il primo caso è ciò che capita alle aziende che, prima o poi, spesso, fortunatamente, falliscono. Per fortuna perché il loro fallimento, la loro uscita di scena, è un bene: impedisce loro di continuare a distruggere ricchezza, vale a dire di consumare risorse che valgono più dell’output che realizzano, e quindi impedisce loro di continuare ad impoverire la collettività. 5e) E’ possibile che un’azienda abbia un patrimonio netto negativo. Ciò capita quando i debiti diventano maggiori del patrimonio lordo. Qui l’analogia con il serbatoio d’acqua non vale più: per quanta poca sia l’acqua, non può essercene meno di nulla. 11 Qui sotto vediamo, con un esempio, come può accadere che il patrimonio netto di un’azienda diventi negativo. Pierino è un vostro coetaneo pieno di iniziativa. Il 28/9/2016, dopo anni di estati a raccogliere pomodori e a vendemmiare e di risparmi sulla paghetta settimanale, Pierino ha accumulato nel suo salvadanaio 20.000 € in contanti. Irretito (= incantato, circuìto, raggirato, turlupinato, ingannato) da un blog di un sedicente (= autoproclamatosi) esperto del settore, lo stesso giorno Pierino decide di iniziare l’attività di allevatore di rinoceronti, apportando nella nascitura (= in procinto di nascere, che sta per nascere) azienda i suoi 20.000 € di risparmi che aveva nel salvadanaio: la situazione patrimoniale della neonata azienda “Pierinoceronti” è così schematizzabile: Situazione patrimoniale al 28/9/2016 ditta “PIERINOCERONTI” valori attivi (impieghi) (euro x 1.000) (euro x 1.000) fonti di finanziamento ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- ------------------- cassa totale attivo (patrimonio lordo) 20 ----20 | | | | 0 20 ----20 debiti patrimonio (capitale) netto totale fonti di finanziamento Il 30/9/2016 Pierino acquista due rinoceronti per 100.000 €, versando un acconto di 15.000 € in contanti e impegnandosi a pagare i rimanenti 85.000 € entro fine mese; nello stesso giorno acquista poi una gabbia per 10.000 €, che paga con un assegno tratto su di una banca che gli ha concesso un fido soldi). Alla sera del 30/9/2016 la situazione patrimoniale sarà così: (cioè che si è impegnata a prestargli dei Situazione patrimoniale al 30/9/2016 ditta “PIERINOCERONTI” ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- ------------------------------- valori attivi (impieghi) (euro x 1.000) attrezzature 10 rinoceronti 100 cassa 5 totale attivo (patrimonio lordo) 115 | (euro x 1.000) | 85 | 10 | 20 | 115 fonti di finanziamento debiti v/fornitori debiti v/banche capitale netto totale fonti di finanziamento Si può notare che la ricchezza della Pierinoceronti (il suo patrimonio – o capitale – netto) è rimasta quantitativamente uguale a prima (20.000 euro). Il suo patrimonio si è però trasformato qualitativamente: l’originaria situazione (20.000 € in banconote e monete) si è modificata, ed ora vi è un patrimonio lordo che vale 115.000 € (due rinoceronti, la gabbia e 5.000 € in contanti), per ottenere il quale sono stati accesi debiti per 95.000 € (verso fornitori e banche). Il patrimonio, al netto dei debiti, vale però 20.000 € come prima. Questo perché, nel frattempo, l’azienda di Pierino non ha ancora prodotto nulla né ha consumato alcun fattore produttivo; nulla (nessun valore) è stato creato e nulla (nessun valore) è stato distrutto. Come già sappiamo, si dice che l’attivo aziendale (o patrimonio lordo) di 115.000 è finanziato da 95.000 di capitale di terzi (fornitori e banca) e da 20.000 di capitale proprio (o capitale netto o patrimonio netto). La notte fra il 30 settembre e il primo ottobre c’è un temporale, e un fulmine stecchisce entrambi i rinoceronti. Al mattino, dopo un drammatico ma inutile tentativo di rianimare i rinoceronti con la respirazione bocca a bocca, Pierino vende per 6.000 euro i corni (antenati del viagra) a un cinese depresso che paga immediatamente e in contanti, e nel pomeriggio vende le carcasse per 2.000 € ad un macellaio estroso (= bizzarro, originale), che si impegna a pagare entro fine marzo. 12 Se ipotizziamo che non siano state fatte altre operazioni e che le attrezzature non si siano né danneggiate né usurate, la situazione patrimoniale della “Pierinoceronti” è, alla sera dell’1/10/2016, questa: Situazione patrimoniale all’1/10/2016 ditta “PIERINOCERONTI” ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- ------------------- valori attivi (impieghi) (euro x 1.000) attrezzature 10 rinoceronti 0 cassa 11 crediti v/clienti 2 totale attivo (patrimonio lordo) 23 | | | | | | (euro x 1.000) 85 10 - 72 23 fonti di finanziamento debiti v/fornitori debiti v/banche capitale netto totale fonti Ecco quindi che il capitale netto è diventato negativo ( - 72.000 €). Ora calcoliamo il reddito (la perdita) del periodo dal 30 settembre al primo ottobre 2016 della ditta “Pierinoceronti” con i due sistemi che già conosciamo: 1) calcolato come differenza fra capitale netto finale meno capitale netto iniziale: capitale netto finale: – 72.000; capitale netto iniziale: + 20.000 reddito del periodo: - 72.000 - 20.000 = meno 92.000 (predita) 2) calcolato come differenza fra valore della produzione e valore dei fattori produttivi consumati: valore della produzione: (i corni e le carcasse dei rinoceronti) valore dei fattori produttivi consumati: (i rinoceronti vivi) 8.000 100.000 reddito del periodo: 8.000 – 100.000 = meno 92.000 L’imprenditore Pierino si è impoverito di 92.000 euro, passando da un patrimonio netto positivo di 20.000 € a uno negativo per 72.000 €. Infatti Pierino inizialmente aveva 20.000 € di risparmi in contanti, mentre ora si ritrova con beni che valgono sì 23.000 €, ma anche con debiti per 95.000 (e 23.000 meno 95.000 fa – 72.000). 5f) Il valore del capitale netto aziendale e l’utile prodotto sono fortemente influenzati da considerazioni e stime soggettive: se diamo l’incarico a 10 diversi periti, tutti ugualmente capaci ed onesti, di stabilire quale è il patrimonio netto di una certa azienda in un certo momento, o qual è l’utile di un certo periodo, riceveremo 10 risposte diverse, e tra di loro anche fortemente differenziate. Questo perché le risposte sono pesantemente influenzate da valutazioni e stime che dipendono necessariamente da considerazioni e modi di ragionare assolutamente personali: quanto valgono i prodotti già finiti ma che non siamo ancora riusciti a vendere? Quanto valgono, adesso, le attrezzature acquistate l’anno scorso per 145.000 euro e che, forse, potremo utilmente adoperare ancora per cinque anni? Quanto vale il brevetto da noi depositato, che ci permette di adottare in esclusiva nei prossimi 10 anni un certo processo produttivo? Quanto vale, ammesso che valga ancora qualcosa, il credito di 200.000 euro che vantiamo verso quel cliente che ha delle difficoltà finanziarie? Quale è il valore (negativo) del risarcimento che saremo costretti a dare a quella casalinga di Voghera che ci ha fatto causa perché è rimasta sfregiata al volto a causa di un difetto di fabbricazione di un nostro frullatore? ecc. ecc. ...... 13 In effetti, una valutazione oggettiva (= certa e esatta) del capitale netto può essere fatta unicamente dopo aver “liquidato” l’azienda, cioè dopo aver: a) venduto tutti i beni attivi aziendali, b) incassato il prezzo di vendita, e c) aver saldato tutti i debiti; in pratica dopo avere trasformato l’intero patrimonio in denaro contante. Il denaro che rimane in cassa dopo queste operazioni darà la misura – questa volta, finalmente, certa – del patrimonio netto che l’azienda durante la sua vita aveva accumulato: soltanto dopo la liquidazione, infatti, non c’è più la necessità di fare delle stime e delle considerazioni soggettive, essendo il valore del denaro contante un dato certo. Ed allora è anche vero che l’unico periodo di cui può essere calcolato con certezza l’utile è quello che va dalla nascita alla liquidazione dell’azienda, cioè il periodo che copre l’intera vita dell’impresa: questo perché è l’unico periodo di tempo dei cui due estremi sono noti, con certezza, gli importi del capitale netto. Vi faccio notare, però, che liquidare un’azienda significa farla morire, ed uccidere un organismo per verificare con l’autopsia se era sano o malato, cioè se stava producendo utili od accumulando perdite, se stava quindi creando o distruggendo ricchezza, è cosa assai poco ragionevole. Necessariamente, allora, occorre fare delle verifiche periodiche durante la vita dell’azienda, e queste verifiche le si fa redigendo il cosiddetto “bilancio” aziendale. Normalmente le aziende di produzione fanno un bilancio ogni 3 o 6 mesi per fini “interni”, e cioè per tenere adeguatamente sotto controllo la situazione. Sono, invece, obbligate per legge a farlo una volta all’anno (fotografando, in genere, la situazione al 31 dicembre di ogni anno) e a renderlo pubblico per via telematica inviandolo alla CCIAA (Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura), in modo che chiunque sia interessato possa, collegandosi via Internet con la CCIAA, informarsi sulla situazione di qualsiasi azienda (in realtà solo delle aziende che hanno forma giuridica di società di capitali, ma impareremo più avanti cosa questo significa). Tra gli interessati all’andamento dell’attività d’impresa, oltre ai fornitori, alle banche e ai finanziatori in genere dell’azienda, vi è anche lo stato, il quale – famelico – controlla quante imposte l’azienda deve pagare. Al di là dell’obbligo di legge, è comunque indispensabile fare queste verifiche periodiche della situazione per avere dati su cui basare le decisioni, ma bisogna anche essere consapevoli che la rappresentazione di una azienda non può che essere offerta per “valori”, e che questi valori sono tutti (con le sole eccezioni delle banconote e monete in euro e dei debiti pure in euro) non oggettivi in quanto frutto di stime e di impressioni di chi si è assunto il compito e la responsabilità di fare il bilancio, allo stesso modo in cui la “Gioconda” è la rappresentazione di Monna Lisa Gherardini così come la mente di Leonardo la vedeva, o il “De bello Gallico” riporta i fatti accaduti più di duemila anni fa nella Gallia nel modo in cui Giulio Cesare li vedeva. Chi sa di ragioneria sa, quindi, che non si può pretendere un bilancio “vero”, perché non esiste il “vero” valore delle cose; ciò che, legittimamente, si può e si deve pretendere è unicamente un bilancio fatto bene e “onesto”, che vuol dire fatto senza errori causati da incapacità professionale e redatto con l’intento di informare correttamente i terzi, e non invece con la volontà di far credere loro cose diverse da quelle che noi, in coscienza, pensiamo siano vere (ma che potrebbero essere diverse da come le vediamo). Qui sotto vi metto un paio di immagini di Luca Pacioli, il frate Francescano che scrisse, cinque secoli fa, un testo che ha contribuito enormemente alla diffusione del metodo di rilevazione dei fatti aziendali della partita doppia, sistema che i mercanti veneziani adottarono per primi e che poi si diffuse in tutto il mondo. Ho inserito le immagini di colui che è considerato il padre della ragioneria non solo per riempire la pagina ma anche perché, osservando l’espressione del suo volto, vi rassegniate alla pallosità dell’argomento. 14 6) Funzione della contabilità. Vedremo nei prossimi anni che il “bilancio”, materialmente, è un documento che si compone di vari elaborati, ma tra questi i due di gran lunga più importanti sono la “situazione patrimoniale” (o “stato patrimoniale”, che abbiamo già incontrato qualche pagina fa) e il “conto economico”. La situazione patrimoniale funge (= svolge la funzione) da fotografia dell’azienda in un certo istante (quindi i dati che appaiono sono tutti di stock), ad esempio alla mezzanotte del 31/12/2015, mentre il conto economico svolge il compito di filmato di ciò che è accaduto nell’azienda in un certo periodo (quindi tutti i dati che in esso appaiono sono di flusso), ad esempio tra il 1/1/2015 e il 31/12/2015. In altre parole: mentre lo stato patrimoniale descrive l’azienda come era in un certo momento (quali beni possedeva e quanto valevano, e di che tipo erano e a quante erano i debiti che aveva), il conto economico ci fa vedere cosa l’azienda ha fatto in un certo periodo (cosa ha prodotto e quanto vale ciò che ha prodotto in un certo periodo e cosa e quanto vale ciò che ha utilizzato e distrutto per produrre). Il “bilancio” (detto anche “bilancio d’esercizio”) è la sintesi, il risultato finale della continua e meticolosa (= diligente, attenta, precisa, ordinata) rilevazione (= annotazione, registrazione) dei fatti che accadono nell’azienda e dell’attento e impegnativo lavoro di elaborazione dei dati ottenuti. La “contabilità” in senso ampio è la disciplina che insegna come registrare ed elaborare i fatti aziendali (sia quelli che collegano l’azienda all’esterno, sia quelli interni di produzione) per permettere di controllare ciò che accade e di avere informazioni utili per decidere cosa fare. La “contabilità generale” (che è campo di lavoro per ragionieri) è quella parte della contabilità che si occupa di registrare i fatti che collegano l’azienda con l’esterno e di elaborarli per dare – tra l’altro – una descrizione dell’azienda la più realistica possibile attraverso il “bilancio d’esercizio”. La “contabilità industriale” (che è campo di lavoro per ingegneri) si occupa, invece, dei fatti interni di produzione e ha lo scopo – tra l’altro – di rilevare, di calcolare i costi di produzione (e infatti è anche detta “contabilità dei costi”). La tecnica usata per registrare i fatti aziendali che mettono in relazione l’azienda con l’ambiente economico (in pratica con le altre aziende) è detta “partita doppia”. Il “sistema informativo” dell’azienda, nella sua parte relativa alla contabilità generale, serve soprattutto a questo: a descrivere e a capire nel modo migliore possibile (meno peggiore) come sta di salute e come sta andando verso i suoi obiettivi un’azienda. Solo un ragioniere fanatico e stupido o i profani (= ignoranti, inesperti) di economia aziendale (come i magistrati e tanti avvocati) possono credere che i bilanci debbano essere rappresentazioni certe e precise dell’azienda; ma pur sapendo che il risultato finale del lavoro non sarà mai del tutto attendibile, nondimeno è assolutamente necessario impegnarsi per cercare di conoscere quale è la situazione, perché – come detto all’inizio e ripetuto più volte – per poter prendere le decisioni migliori è indispensabile avere dei dati su cui basarsi. Occorre quindi sforzarsi continuamente per migliorare sempre più il “sistema informativo” aziendale, cioè tutto il processo di raccolta ed elaborazione dei dati relativi ai fatti che accadono senza soste in azienda (acquisti, vendite, pagamenti, incassi, consumi, trasformazioni, entrate e uscite di merci, tempi di lavoro dei dipendenti ecc.), processo che porta, come risultato finale, alla determinazione del reddito e del patrimonio netto, i due indicatori di gran lunga più significativi della salute di un’azienda. 15 7) Le regole di registrazione in “partita doppia” 7.1) Il “conto”. Lo strumento di base del metodo (chiamato “partita doppia”) di rilevazione dei dati relativi ai fatti “esterni” di gestione (cioè delle cose che capitano e che mettono in contatto l’azienda con l’ambiente esterno) è il “conto”, che non è altro che un foglio (un tempo un pezzo di carta, ora un file) intestato a un elemento aziendale e diviso verticalmente in due parti dette “sezioni”; la sezione di sinistra è chiamata “Dare”, quella di destra “Avere”. I termini “Dare” e “Avere” delle due sezioni avevano, ai tempi di Luca Pacioli, un significato collegabile ai due verbi, ma nel corso dei secoli l’evolversi della ragioneria ha fatto sì che ora il loro significato non sia altro che “Sinistra” e “Destra”. Si chiamassero “Dario” e “Annibale” sarebbe la stessa cosa (anzi, sarebbe meglio perché gli studenti farebbero meno errori). Ogni fatto che determina una modifica del patrimonio e che coinvolge l’azienda con il mondo esterno lo si registra nei conti; in questo modo, col tempo, ogni conto recepisce, nell’ordine cronologico determinato dal momento in cui il fatto è accaduto, sempre più dati. La differenza fra le sommatorie dei dati annotati nelle due sezioni è detta “saldo” del conto, e se la somma degli importi scritti in dare è maggiore di quelli scritti in avere si dirà che il conto presenta un “saldo dare” (nel caso opposto si dirà che il conto ha “saldo avere”) Nei due esempi qui sotto si possono leggere i fatti (le operazioni) accaduti tra il 22 e il 25 settembre che hanno coinvolto, rispettivamente, la cassa aziendale e il c/c che l’azienda ha aperto presso la banca Credem. (1.30.001 e 2.40.014 sono i due codici numerici, memorizzati nell’archivio contabile del sistema informativo aziendale, che identificano i due conti: quando si vuole visualizzare un conto si digita, indifferentemente, o il suo codice numerico o il suo nome in chiaro. La “P” a destra è la segnalazione – molto scolastica – che si tratta di un conto “patrimoniale”; i conti, come vedremo fra poco, si suddividono infatti in due categorie: conti Patrimoniali (P) e conti Reddituali (R)). 1.30.001 CASSA CONTANTI P Dare Avere Data descrizione accadimento Saldo 22.9.2016 Saldo al 21.9.2016 (alla mezzanotte del 21.9.2016) 22.9.2016 Versamento su c/c 3845/b CREDEM 23.9.2016 Prelievo da bancomat 24.9.2016 Acquisto benzina (targa ED101YZ) 50,00 D 851,00 24.9.2016 S.do fatt. prot. 1.651/16 fornitore MpM srl 300,00 D 551,00 D 944,21 543,21 500,00 D 401,00 D 901,00 P 2.40.014 CREDEM c/c n. 3845/b Dare avere Data descrizione accadimento 22.9.2016 Saldo al 21.9.2016 (alla mezzanotte del 21.9.2016) 22.9.2016 Versamento contanti 23.9.2016 Prelievo da bancomat 500,00 25.9.2016 Assegno n. xy a saldo fatt. zt fornitore Pinco snc 1.200,00 25.9.2016 Bonifico da cliente Conip sas a s.do ns fatt. n. 497 Saldo Zero 543,21 1.000,00 D 543,21 D 43,21 A 1.156,79 A 156,79 16 7.1.1) I conti patrimoniali I conti patrimoniali sono quelli che hanno come oggetto elementi aziendali il cui valore è un dato di stock. E’ il caso, ad esempio, dei due conti appena visti. Il conto “cassa contanti”, infatti, esprime il valore del denaro presente in cassa, valore che ha un significato solo se riferito a un determinato istante: alla mezzanotte del 21.9.2016 in cassa c’erano 944,21 €; alla mezzanotte del giorno dopo (22 settembre) il valore della cassa era calato a 401,00 € a causa del prelievo di 543,21 € effettuato quando (in un’ora imprecisata) quel contante è stato portato alla banca “CREDEM” per aprire il conto corrente bancario. Alla fine del giorno seguente (23 settembre) il valore della cassa è salito a 901,00 € per effetto dell’immissione dei 500 € prelevati dal conto corrente attraverso il bancomat; durante il giorno successivo (24 settembre) il valore della cassa ha subito due peggioramenti a causa: prima dell’acquisto in contanti di 50 € di benzina, poi per il pagamento, sempre in contanti, di una debito di 300 € che avevamo nei confronti del fornitore MpM srl. Come potete vedere, leggendo le registrazioni fatte nel conto si ottengono informazioni su quando è cambiato il valore dell’oggetto del conto patrimoniale (prima colonna “data”), perché si sono avute queste variazioni (seconda colonna, “descrizione fatto”), di quanto ogni operazione ha modificato il valore dell’oggetto del conto (sezioni “dare” e “avere”), se la variazione è stata in senso migliorativo (nel caso l’importo sia in “dare”) o peggiorativo (nel caso sia in “avere”) e, infine, sulla dimensione che l’oggetto del conto (nell’ultima colonna “saldo”) aveva in un qualsiasi momento, dalla nascita dell’azienda fino all’ultimo giorno di cui si sono annotate le operazioni. Si può dire che dalla lettura di tutto ciò che appare annotato in un singolo conto patrimoniale si ottiene il racconto di tutta la vita dell’oggetto di quel conto (nell’esempio la cassa contanti, ma avrei potuto scegliere di raccontarvi la storia di come il valore dell’auto targata ED101YZ o il valore di qualsiasi attrezzatura o bene durevole di proprietà dell’azienda è cambiato dal momento dell’acquisto in poi, oppure la storia di tutti i cambiamenti avvenuti in un qualsiasi rapporto di credito o di debito verso un particolare soggetto, come in effetti vi faccio qui sotto), da quando quell’elemento è entrato a far parte del patrimonio dell’azienda. Nel conto patrimoniale “c/c n. 3845/b presso CREDEM” annotiamo tutte le operazioni che modificano il credito (oppure il debito) che la nostra azienda ha nei confronti della banca CREDEM. Fino al mattino del 22 settembre l’oggetto del conto (il rapporto di c/c fra noi e quella banca) non esisteva. Durante la giornata del 22 abbiamo aperto il c/c (a cui la banca ha assegnato il codice 3845/b) depositandovi 543,21 € in contanti, e poiché quel giorno nessuna altra operazione fra noi e la banca ha interessato quel conto, alla sera del 22 settembre noi avevamo un credito di 543,21 € nei confronti del CREDEM. Il giorno dopo, 23 settembre, il nostro credito peggiora di 500,00 € perché attraverso il bancomat ci facciamo restituire dalla banca una parte dei nostri soldi, cosicché alla mezzanotte del 23 il valore del nostro credito (il nostro denaro depositato sul c/c) è di soli 43,21 €. Il 25 settembre, (approfittando che la banca si era impegnata a prestarci fino a un massimo di 10.000 € autorizzandoci ad andare “in rosso” (cioè a debito) sul conto corrente), abbiamo pagato con un assegno 1.200,00 € il fornitore Pinco snc, e in questo modo il saldo del conto è peggiorato di 1.200, passando da un credito di 43,21 a un nostro debito nei confronti della banca di 1.156,79 €; pertanto il saldo da “dare” si è trasformato in saldo “avere”. Lo stesso giorno (25 settembre) il nostro cliente Conip sas invia 1.000 € sul nostro conto 3845/b del CREDEM per saldare un debito che aveva verso di noi, così il valore dei nostri debiti verso la banca migliora, portandosi da un saldo passivo di 1.156,79 a un saldo, ancora passivo, ma di soli 156,79. 17 7.1.2) I conti di reddito I conti di reddito hanno come oggetto dati aziendali di flusso. Sono, quindi, tutti quei conti in cui si annotano i consumi dei fattori produttivi (degli input) e la produzione degli output. Vediamo, ad esempio, il conto “carburante” tenuto da un’azienda di trasporto taxista o quello che ti pare) che, per svolgere la sua attività, utilizza due automezzi. (un corriere, , un R 3.45.001 CARBURANTE Data descrizione accadimento Dare avere 03.01.2016 targa CD543AF 80,00 D 03.01.2016 targa ED101YZ 105,00 D 185,00 05.01.2016 targa ED101YZ 75,50 D 260,50 07.01.2016 targa CD543AF 119,50 D 380,00 Saldo 80,00 La lettura del conto “carburante” ci informa su quando (colonna “data”) e per quali importi (colonna “dare”) sono stati fatti i rifornimenti di carburante nella prima settimana dell’anno. Leggendo la colonna “saldo”, poi, ci si informa su quale è, cumulativamente, il valore dei rifornimenti fatti dall’inizio dell’anno fino alla data che ci interessa (dall’inizio dell’anno al 3 gennaio è 185 €; dal primo al 7 gennaio 380 €; se leggessimo il conto ad esempio il 30 settembre 2016, dalla colonna “saldo” potremmo immediatamente ottenere il dato del valore complessivo dei rifornimenti fatti nei primi nove mesi dell’anno). In ogni caso si tratta di dati di flusso, cioè di dati che, appunto, fanno riferimento a un periodo di tempo. Lo studente attento obietterà: all’inizio della pagina c’è scritto che i conti di reddito “sono tutti quei conti in cui si annotano i consumi dei fattori produttivi (degli input)”, ma nel conto “carburante” usato nell’esempio sono stati registrati gli acquisti, e non è detto che tutta la benzina acquistata sia stata consumata; così se la benzina del rifornimento fatto il 7 gennaio fosse ancora quasi tutta nel serbatoio dell’automezzo alla sera di quel giorno, sarebbe un errore dire che durante la prima settimana dell’anno sono stati consumati 380 € di benzina: il dato corretto sarebbe certamente minore, magari 275 €. Quello studente è certamente attento e sveglio, ma ignora ancora (perché lo studierà fra due pagine) che per semplicità quando si acquista il carburante così come qualsiasi altro input destinato a essere consumato in poco tempo, si fa finta che sia già stato totalmente utilizzato. Qui sotto, infine, un esempio di conto (di reddito) con registrate alcune operazioni di produzione. Data 04.01.2016 04.01.2016 05.01.2016 4.03.054 SERVIZI di TARSPORTO Dare descrizione accadimento Ns fatt. n. 1 cliente Aldini Ns fatt. n. 2 cliente Bisi s.r.l. Ns fatt. n. 3 cliente Capperi s.p.a. R avere 140,00 204,00 1.000,00 Saldo A 140,00 A 344,00 A 1.344 ,00 Compresa la funzione del “conto”, ora impariamo come vi si registra ciò che capita. Le regole per registrare nei “conti” i fatti che accadono sono tre (a, b, c), a cui si aggiungono altrettanti “trucchi” (t1, t2, t3) riconducibili però ad un’unica logica (per questo li ho chiamati tutti “t”). 18 7.2) a) Le tre regole. (a1) Le operazioni che fanno migliorare il saldo di un conto patrimoniale si registrano a sinistra (in dare) del conto patrimoniale interessato. Così, ad esempio: • l’incasso di 5 biglietti da 100, migliorando il valore attivo della nostra cassa, lo registriamo scrivendo 500 nella sezione dare del conto “cassa contanti”; • se paghiamo un debito di 1.000 € che avevamo nei confronti di un nostro fornitore, registreremo 1.000 in dare del conto “debiti v/fornitori” perché il saldo (passivo) del conto è migliorato, essendo diminuito di 1.000 €. a) (a2) Le operazioni che, invece, fanno peggiorare il saldo di un conto patrimoniale si registrano a destra (in avere) del conto patrimoniale interessato. Così, ad esempio: • se i ladri ci rubano un martello pneumatico che valeva 600 € (ed era registrato in contabilità per un valore di 600 €), registreremo 600 in avere del conto “attrezzature” perché il loro valore è peggiorato; • se otteniamo un mutuo (= un prestito) di 500.000 € da una banca, registriamo 500.000 in avere del conto “debiti” perché il suo saldo è peggiorato in quanto i nostri debiti, che sono un valore passivo, sono aumentati (e se volessimo trarre dalla contabilità informazioni più dettagliate utilizzeremmo non un conto generico come “debiti” ma uno più specifico intestato al soggetto che ci ha erogato il prestito, ad esempio “mutuo banca CREDEM”). b) (b1) Le operazioni che provocano un consumo di fattori produttivi (un costo, un componente negativo di reddito: sono tutti sinonimi) si registrano in dare (a sinistra) del conto reddituale interessato. Così, ad esempio: • se abbiamo consumato per ¼ la mola da 400 € con la quale affiliamo i coltelli, registreremo 100 in dare del conto di reddito “usura attrezzature” (un ragioniere scriverebbe “ammortamento attrezzature”); • se facciamo pulire gli uffici della nostra ditta da una impresa di pulizie per 350 €, registreremo 350 in dare del conto di reddito “acquisti servizi” (e se volessimo informazioni più dettagliate probabilmente utilizzeremmo un conto più specifico come “acquisti servizi di pulizia”). b) (b2) Le operazioni che provocano un aumento del valore della nostra produzione ricavo, un componente positivo di reddito) (un si registrano in avere (a destra) del conto reddituale interessato. Così, ad esempio: • se progettiamo per la DUCALE un nuovo distributore automatico di bevande per un compenso di 90.000 €, registreremo quell’importo in avere del conto reddituale “servizi di progettazione”; • se un dentista cura un dente per 200 €, registra 200 in avere del conto di reddito “otturazioni”. c) Ogni operazione provoca necessariamente registrazioni sia in dare (di uno o più conti) che in avere (di uno o più conti), e il totale degli importi annotati in dare è sempre uguale al totale degli importi annotati in avere. E’ questa regola, tra l’altro, ad aver originato il nome “partita doppia” con il quale è stato chiamato il metodo di registrazione dei fatti aziendali. Fu anche cominciando a usare questa regola per primi – nel medio evo – che i mercanti italiani divennero i migliori del mondo: con questa metodo gli errori di distrazione e di calcolo si ridussero enormemente rispetto al sistema contabile (la “partita semplice”) usato in precedenza. 7.3) I trucchi Come già si è detto, i trucchi sono tre, e la logica unitaria che è alla loro base mira a semplificare la vita dei poveri contabili addetti alla registrazione dei fatti aziendali. Infatti, l’Adamo dei ragionieri, essendosi reso conto che il registrare ogni fatto che accade in azienda avrebbe imposto una mole (= un volume, una quantità) di lavoro insostenibile, ebbe una idea brillante: registrare man mano che accadono solo i fatti che mettono in rapporto l’azienda con il mondo 19 esterno, ed invece tenere conto dei fatti che si svolgono all’interno dell’azienda soltanto nel momento in cui si vuole determinare la situazione patrimoniale ed il reddito prodotto (cioè nel momento in cui si vuole fare il “bilancio”). Esemplifico per chiarire il concetto, prendendo in considerazione l’azienda “Cantina sociale di Puianello”. L’operazione di pigiatura dell’uva, che si svolge al suo interno a inizio autunno, implica certamente l’uso di fattori produttivi (l’uva, il torchio, il lavoro degli operai ecc.) e contemporaneamente l’ottenimento di una produzione (il mosto e il vino). Sarebbe però assurdo quantificare ed annotare istante per istante (o anche solo giorno per giorno) i valori coinvolti in queste operazioni che si svolgono internamente all’azienda. Ed allora ci si limita a registrare il valore dei fattori produttivi nel momento in cui li si acquista, ed il valore della produzione nel momento in cui la si vende (momenti in cui l’azienda ha un rapporto con l’esterno); con un po’ di approssimazione si può dire che ci si limita a tenere conto, a misurare, ciò che entra (input) e ciò che esce (output) dall’azienda. Ma poiché l’acquisto di un input non necessariamente coincide con il suo consumo e poiché può esserci produzione anche senza vendita, quando si vuole verificare l’andamento dell’azienda attraverso la redazione dello stato patrimoniale e del conto economico si rende necessario apportare delle correzioni ai dati risultanti dalle sole registrazioni dei fatti “esterni”. Queste correzioni i ragionieri le chiamano “scritture di assestamento”. Spiegata (spero) la natura comune dei tre trucchi, andiamo a vederli (t1, t2 e t3). t1) Il consumo di fattori produttivi che esauriscono la loro utilità rapidamente, cioè o nel momento in cui vengono usati (l’uva, il carburante, l’energia elettrica, il lavoro, lo shampoo per parrucchiera o le arance per l’ortolano ecc.) o comunque entro un anno perché non sono destinati a durare a lungo (le biro, le lampadine i (“gli”, per gli insegnanti di italiano) pneumatici ecc.), non viene registrato nel momento in cui avviene bensì viene registrato nel momento dell’acquisto del fattore produttivo stesso, fingendo che esso si sia immediatamente e totalmente consumato. Nel momento in cui si vuole determinare l’esatta situazione patrimoniale e calcolare il reddito guadagnato si deve poi: a) effettuare una registrazione di assestamento (= di aggiustamento, correttiva) per aggiungere fra i valori attivi patrimoniali il valore di questi fattori produttivi già acquistati ma non consumati e perciò ancora presenti in azienda; b) effettuare un’altra correzione in contabilità, nei conti reddituali, per andare a togliere dai costi lo stesso valore ancora non consumato degli input il cui acquisto, e quindi il cui consumo, era stato in precedenza registrato. Ecco quindi perché quando Alice Sgombri acquista le esche o il carburante per la barca, oppure quando Mangiafuoco acquista la biada per il cavallo non si registra l’aumento del valore delle scorte nel conto patrimoniale “scorte di materiali di consumo” ma, invece, il valore dell’input viene annotato in un conto di reddito (come consumo). t2) Il consumo di fattori produttivi che offrono la loro utilità per lungo tempo (più di un anno, non viene registrato né nel momento in cui avviene né nel momento dell’acquisto del fattore produttivo, bensì viene registrato soltanto nel momento in cui si vuole determinare la situazione patrimoniale e il reddito dell’azienda, cioè quando si fa il “bilancio” aziendale. come gli automezzi, le poltrone della parrucchiera, gli scaffali dell’ortolano ecc.) 20 Quando si acquista il fattore produttivo “duraturo” si registra in un conto patrimoniale l’aumento del valore presente in azienda di quel fattore produttivo (attrezzatura, macchinario o altro che sia), dopo di che si finge che il fattore produttivo conservi intatto il suo valore nonostante l’uso che se ne sta facendo, ed è soltanto quando si decide di determinare il patrimonio ed il reddito (cioè quando si fa il bilancio aziendale) che si apportano le correzioni con delle scritture di assestamento. Infatti in quel momento si dovrà: a) diminuire il saldo (registrando in avere la diminuzione del suo valore) del conto patrimoniale in cui al momento dell’acquisto fu inserito il valore del bene, così da correggerne il valore contabile facendo in modo che rispecchi la realtà; b) registrare in un conto di reddito tale diminuzione di valore in quanto rappresenta il consumo del fattore produttivo durevole, e quindi la si registrerà in dare del conto “ammortamento” (che significa perdita di valore, usura). Ad esempio, se la sarta Lucia Cecati il 12/3/2016 acquista una nuova macchina da cucire del valore di 1.140 € (pagando 40 € in contanti e impegnandosi a pagare il resto fra 90 giorni) in contabilità l’operazione viene registrata in questo modo (in grassetto): (data di questa registrazione: 12.3.2016) Dare Attrezzature (P) avere dare ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- (s.i.) (1) | 1.140 | debiti v/fornitori (P) avere | | xy dare cassa contanti (P) avere ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- (s.i.) xyz | | yx (s.i.) 1.100 (1) 40 (1) Dopo di che mentre Lucia usa (ed usura) la macchina da cucire non si registra nulla; è soltanto quando si decide di determinare il reddito prodotto nel periodo nonché la nuova situazione patrimoniale (cioè quando si fa il bilancio aziendale, ad esempio il 31.12.2016) che si farà la seguente registrazione di assestamento (ammortamento) (in grassetto e ipotizzando che l’uso abbia causato una diminuzione del valore della macchina da cucire di 150 €): dare Attrezzature (P) avere ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- (s.i.) (1) xy 1.140 dare ammortamento attrezzature (R) avere ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ | | | 150 (data di questa registrazione: 31.12.2016) 150 | | | Si può quindi dire che quando si registra l’acquisto di un fattore produttivo si commette in ogni caso un errore, e lo si fa consapevolmente, avendo comunque l’intenzione di correggerlo prima di fare il bilancio (con delle registrazioni correttive): se l’acquisto riguarda un bene che si esaurisce nel momento dell’utilizzo (come il lavoro del dipendente o lo sciampo per il parrucchiere) allora si commette l’errore di registrarne il consumo in anticipo rispetto al momento effettivo; se invece l’acquisto riguarda un bene che è in grado di offrire la sua utilità per molto tempo (come la poltrona o le phon del parrucchiere) allora si commette l’errore di registrarne il consumo (l’ammortamento) in ritardo rispetto al momento dell’effettivo utilizzo. Ecco perché, quando attraverso il bilancio si vuole dare l’immagine della situazione dell’azienda a una certa data e la descrizione di ciò che è accaduto in un certo periodo (periodo che termina in quella data) ci si deve preoccupare di andare a correggere gli errori fatti registrando le operazioni aziendali durante il periodo, e queste correzioni si inseriscono attraverso altre registrazioni contabili chiamate “scritture di assestamento”. t3) La produzione di valore viene registrata non nel momento in cui la si realizza, bensì quando ciò che è stato prodotto (bene materiale o immateriale che sia) viene venduto. Il valore di ciò che è stato prodotto ma non ancora venduto viene considerato (aggiunto) soltanto nel momento in cui si vuole determinare la situazione patrimoniale e il reddito dell’azienda (cioè quando si fa il “bilancio” aziendale). In quella occasione si dovranno anche togliere dal valore della produzione le vendite di beni prodotti in momenti precedenti il periodo osservato (e questo lo vedremo più avanti). 21 Così se per esempio la sarta Lucia Cecati negli ultimi mesi del 2015 ha prodotto 3 abiti da sposa per un valore complessivo di 15.000 € e li ha poi venduti per 15.000 € nei primi mesi del 2016, quei 15.000 € di valore dovranno risultare nel valore della produzione dell’anno 2015 e non dell’anno in cui c’è stata la vendita (e quindi faranno aumentare il reddito del 2015 e non quello del 2016). Le registrazioni che si faranno in contabilità sono queste: Al momento della materiale produzione degli abiti non si registra nulla (è un’operazione interna). - Quando (supponiamo alla fine dell’anno 2015) si vuole fare il bilancio dell’azienda, allora occorrerà rilevare il componente positivo di reddito e l’incremento del valore patrimoniale costituito dagli abiti in magazzino, valutati 15.000 € e pronti per la vendita: dare scorte di prodotti finiti (P) avere ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 15.000 | dare valore della produzione (*) (R) avere ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- (data di questa registrazione: 31.12.2015) | 15.000 (*) In realtà si usa un conto, ovviamente di Reddito, chiamato “variazione rimanenze prodotti” - Quando nel 2016, magari il 28 gennaio, si vendono gli abiti (supponiamo proprio per 15.000 e con pagamento si registra: posticipato) dare vendite abiti da sposa (R) avere dare crediti v/vlienti (P) | 15.000 (data di questa registrazione: 28/1/2016) 15.000 | ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ avere ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ Supponiamo ora, per semplificare l’esempio, che nel corso del 2016 non avvenga alcuna altra operazione al di fuori della vendita di quegli abiti: quando – supponiamo il 31.12.2016 – si farà il bilancio, bisognerà riportare il valore corretto delle scorte di prodotti finiti, e allora occorrerà ridurre il valore contabile che è errato in quanto risulta ancora di 15.000 € nonostante non vi sia alcun abito pronto per la vendita (e in contabilità appaiono, invece, ancora 15.000 € di abiti in scorta perché all’atto della vendita le registrazioni non coinvolsero il conto Patrimoniale “scorte di prodotti finiti” il cui saldo, pertanto, è rimasto quello del 31.12.2015). Ecco allora che si procederà con questa altra scrittura di assestamento (con data 2016): dare scorte di prodotti finiti (P) avere ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- (saldo iniziale ) 15.000 dare variazione rimanenze prodotti (R) avere ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- | | | 15.000 (data di questa registrazione: 31.12.2016) 15.000 | In questo modo i 15.000 € in dare del conto di reddito “variazione rimanenze prodotti” compensano, annullandoli, i 15.000 € in avere del conto di reddito “vendite abiti da sposa”, in modo che nel conto economico dell’anno 2016 i componenti positivi di reddito (ricavi) risultino complessivamente pari a zero (15.000 meno 15.000 = zero) come deve essere in quanto nel corso del 2016 nulla è stato prodotto. Se nel 2016 gli abiti fossero venduti a un valore diverso rispetto alla valutazione inserita nel bilancio chiuso al 31.12.2015 (ad esempio 18.000 €) allora il conto economico dell’anno 2016 sarebbe stato coinvolto per la differenza (nell’esempio, avrebbe registrato un maggior utile di 3.000 €). 22 8) Il libro giornale, la chiusura e la riapertura dei conti (ovvero: l’inutile reso obbligatorio) 8.1) Il libro giornale Dopo tanto studiare (?), dovreste almeno aver recepito che lo strumento base della contabilità generale è il “conto”, cioè (vedi pag. 16) un supporto (di carta o in file) diviso verticalmente in due e intestato all’oggetto (patrimoniale o reddituale che sia) di cui si vogliono notizie: a sinistra o a destra del foglio, seguendo regole vecchie ormai di secoli, si annotano dati numerici e alfabetici relativi a ciò che accade in azienda. Così, se alleviamo struzzi e vogliamo notizie su ciò che è accaduto in passato (nel mese di agosto 2016 o anche dal 1992 fino a ieri) a un elemento patrimoniale della nostra azienda (che movimenti di denaro ci sono stati sul c/c bancario xy, che debiti sono sorti nel tempo verso il fornitore zt e che pagamenti gli abbiamo fatto, che crediti sono sorti sul cliente wk e quali ci ha già saldato, che attrezzature o che impianti sono stati acquistati, per quanto li abbiamo ammortizzati e sostituiti nel tempo ecc.) o a un suo componente reddituale (quanti € di carne di struzzo abbiamo venduto nel terzo trimestre del 2016, quanti € di uova abbiamo fatturato l’anno scorso, che valore di servizi veterinari è stato acquistato nel 2010 o nell’ultimo semestre del 2016, quanto carburante è stato acquistato e quando, quante spese telefoniche abbiamo sostenuto nel 2014, quale è stata nel 2001 la spesa per noleggiare le incubatrici ecc.) andiamo a cercare le risposte nei conti (da alcuni più vezzosamente chiamati mastrini). Lo facciamo noi che alleviamo struzzi, lo fa Marchionne (al vertice di Fiat-Chrysler) che produce auto e lo fa la Ryanair che ci fa volare; fanno tutti così, in tutte le aziende, in tutto il mondo; non si fa così solo nella scuola, dove si insegna la contabilità su un altro strumento che, invece, in nessuna azienda e in nessun paese nessuno ha mai usato: l’assolutamente inutile “Libro Giornale” (le maiuscole sono da molti – non da me - considerate doverose in quanto questo strumento è imposto dalla legge). Attenzione, non sto dicendo che le aziende non facciano e non stampino il “libro giornale”, infatti lo fanno e lo stampano tutte, ma solo perché sono obbligate (dall’articolo 2214 del codice civile); immediatamente dopo averlo stampato lo archiviano in cantina (o, in formato pdf, in una cartella del computer) e lo riprenderanno in mano solo se, in seguito a una qualche causa legale, un avvocato o un magistrato vorrà (far finta di) leggerne qualche (per lui incomprensibile) pagina. Il libro giornale serve a nulla perché è solo il diario di ciò che è accaduto, uno stupido elenco dei fatti ordinati solo cronologicamente e senza alcun altro criterio: così se, ad esempio, volete sapere dal libro giornale quanti soldi vi deve oggi un cliente con cui intrattenete affari dal 2005, allora dovrete leggervi tutte le pagine del diario dal 2005 a oggi, qualche decina di migliaia (se siete una piccola azienda) o qualche milione di pagine (se siete una grande azienda), impiegando qualche settimana (o parecchi anni) di lavoro di un impiegato e sopportando così un costo di qualche centinaio (o di molte decine di migliaia) di euro e ritraendone un’utilità nulla (perché la risposta arriverebbe troppo tardi per servire ancora; probabilmente, poi, sarebbe anche sbagliata essendo quasi impossibile che nulla sfugga all’incaricato della lettura). Sono almeno tre i motivi per cui a scuola si fanno fare le registrazioni d’esercizio (quelle che sa fare anche il ragioniere di serie B e che spesso fa automaticamente un software del computer) e le registrazioni di assestamento (quelle che sa fare il ragioniere di serie A e che il sw del computer non può fare da solo) sul giornale invece che sui conti: un po’ per inerzia di quiete (si è sempre fatto così, e la Fisica insegna che per modificare la direzione di marcia occorre applicare una forza), un po’ per tradizione (i docenti sono quasi tutti anziani e gli anziani sono in genere conservatori) e un po’ per comodità (si fa prima a correggere le verifiche se le operazioni sono registrate a giornale). A meno che io non muoia (probabilità nulla) o vada in pensione (probabilità minima) o voi, in seguito a bocciatura, cambiate sezione (e qui le probabilità aumentano), voi continuerete a fare le registrazioni sui mastrini. Ma nel caso cambiaste insegnante di economia aziendale, sappiate che la forma grafica con cui dovrete registrare, ad esempio, il pagamento fatto l’11 settembre di un debito di 2.100,00 € a un fornitore con l’emissione di un assegno di 2.000,00 € e la consegna di una banconota da 100,00 €, non è quella a cui siete abituati, e cioè: Dare Debiti v/Fornitori P Avere (11/9) Dare 2.100,00 | | Banca c/c P Avere | 2.000,00 | Dare Cassa P | 100,00 | (11/9) Avere (11/9) ma quest’altra: (vedi anche, ad esempio, il libro a pagina 128). Cambia solo la forma della registrazione, ma le regole, ovviamente, restano le stesse. Dare ------------------------------------------------------------------------------ Debiti v/fornitori Banca c/c Cassa (11/9) Avere ----------------------------------------------------------------- | 2.100,00 | | | | | | 2.000,00 | 100,00 | 23 8.2) La chiusura e la riapertura dei conti Per la chiusura e la riapertura dei conti il discorso è analogo a quanto appena visto per il “giornale”, nel senso che anche la “chiusura” e la successiva “riapertura” dei conti sono operazioni che servono a niente ma che pure, in azienda, sono effettivamente fatte. La differenza rispetto al caso precedente è che mentre il libro giornale lo si fa solo per rispettare una stupida norma del codice civile, la chiusura e la riapertura dei conti la si fa solo per un reale motivo tecnico operativo che vedremo fra qualche riga. In un caso e nell’altro, comunque, c’è ben poco di impegnativo; il difficile, infatti, è fare tutte e correttamente le scritture d’esercizio e quelle di assestamento, scritture che si fanno a video sul computer inserendo gli importi in dare o in avere di qualche mastrino, dopo di che: per fare il giornale si clicca “Stampa Giornale” sul menù del programma di contabilità generale, mentre per la chiusura e la riapertura dei conti i click sono tre: sempre nel menù del programma di contabilità generale, prima si clicca “Chiusura conti economici”, poi su “Chiusura patrimoniale” e infine su “Riapertura conti patrimoniali”. Tre cliccate e via, non serve un ragioniere, né di serie A né di B: basta uno scimpanzé appena ammaestrato. . 8.2.1) La chiusura dei conti economici Già sapete come si fa il conto economico: dopo aver fatto tutte le scritture d’esercizio e quelle di assestamento, si va a vedere quale è il saldo di ogni conto di reddito e i saldi “Dare” (cioè l’eccedenza della somma degli importi scritti nella sezione di sinistra del conto rispetto alla somma degli importi scritti a destra) li si riporta a sinistra del “Conto economico” a fianco del nome del conto (e così si segnalano i costi del periodo) mentre i saldi “Avere” li si scrive a destra (indicando così il valore dei ricavi). Tenete sempre ben presente lo scopo per cui si fa il conto economico: informare su che valore l’azienda ha prodotto, in beni e servizi, in un certo periodo (ad esempio l’anno 2016) e su che valore l’azienda ha consumato o perso in fattori produttivi (lavoro, energia, materie prime, attrezzature ecc.) per produrre quei beni; la differenza fra questi due valori ci informa, infine, su che valore l’azienda ha creato nel periodo (arricchendo l’umanità dell’utile ottenuto) o su che valore ha distrutto (impoverendo l’umanità di un importo pari alla perdita subita). Il conto economico, contenendo dati di flusso, si riferisce sempre a un periodo di tempo, perciò dopo aver fatto il bilancio di un certo periodo, ad esempio dell’anno 2016, quei ricavi e quei costi che lì (nel conto economico del bilancio) sono stati riportati non avranno nulla a che fare con i ricavi e i costi del periodo successivo (ad esempio l’anno 2017) di cui in futuro vorrò avere informazioni. Ecco perché dopo aver fatto il bilancio al 31/12 2016 è necessario che i conti di reddito accesi (= intestati) ai ricavi e ai costi ripartano da zero, puliti da qualsiasi importo precedente. E’ a questo che serve l’operazione di chiusura dei conti di reddito: ad azzerare i loro saldi dopo che si è fatto un bilancio, in modo che, successivamente alla data del bilancio appena fatto (ad esempio il 31/12/2016), nei conti di reddito si accumulino giorno dopo giorno solo i componenti di reddito positivi o negativi (= ricavi o costi) relativi al periodo che sarà oggetto del bilancio successivo (ad esempio l’anno 2017). L’operazione, tecnicamente, si svolge in questo modo: si prende un conto, lo si chiama “Conto Economico” (mezzo secolo fa, quando tentavo di comprendere la partita doppia con risultati ancor più sconfortanti dei vostri, lo si chiamava “Conto profitti e perdite”), e in esso con un’unica registrazione si scrivono a sinistra (in Dare) tutti i saldi dei conti di reddito che hanno saldo “Dare”, e a destra (in Avere) tutti i saldi dei conti di reddito che hanno saldo “Avere”. In base alla regola aurea della partita doppia, se scrivo degli importi in Dare (o in Avere) di un conto (in questo caso il conto d’ordine (*) “Conto Economico”) allora quegli stessi importi devono anche essere scritti rispettivamente in Avere (o in Dare) di qualche altro conto, e infatti li si scrive ognuno nel conto di reddito di cui quell’importo rappresenta il saldo. Ecco, così, che ogni conto di reddito si ritroverà, dopo questa operazione di registrazione (chiamata “chiusura economica”) con saldo pari a zero; contemporaneamente il conto “Conto Economico” in cui sono stati riportati tutti i saldi dei conti di reddito avrà un saldo pari al reddito prodotto nel periodo, cioè avrà un saldo “Avere” pari all’utile (se i ricavi sono stati maggiori dei costi) oppure avrà un saldo “Dare” pari alla perdita del periodo (se i costi sono stati maggiori dei ricavi). 24 A questo punto i conti di reddito sono chiusi (cioè, come già detto, hanno saldo zero) e quindi sono pronti a raccogliere i ricavi e i costi del nuovo periodo, il periodo di tempo che comincia un nanosecondo dopo la mezzanotte dell’ultimo giorno del periodo di cui si è fatto il bilancio. E’ però ora aperto (ha, cioè, un saldo diverso da zero) il conto d’ordine “Conto Economico” poiché il saldo di questo conto d’ordine è pari all’utile o alla perdita (se, rispettivamente, i ricavi del periodo che abbiamo chiuso con l’ultimo bilancio sono stati superiori o inferiori ai costi). La successiva annotazione contabile sarà trasferire questo saldo dal Conto Economico (che così si chiude, arrivando al saldo zero) al conto “Capitale Netto”, il cui saldo iniziale in questo modo aumenterà di un importo pari all’utile (recependo la registrazione in Avere) o diminuirà della perdita (accogliendo in dare l’importo proveniente dal Conto Economico). Il conto d’ordine “Conto Economico” non sarà mai più usato fino al successivo bilancio, quando dovremo fare una nuova operazione di chiusura del conti economici. (*) Il conto “Conto Economico” rientra fra i conti detti “d’ordine” in quanto non è né un conto di Reddito né un conto Patrimoniale, infatti in esso non si annota alcuna operazione aziendale che determina un componente di reddito (un ricavo o un costo) o che modifica un elemento patrimoniale (migliorandone o peggiorandone il valore). Esso, così come suo cugino il conto “Stato Patrimoniale”, serve solo come conto d’appoggio per fare la scrittura di chiusura della contabilità del periodo di cui si sta facendo il bilancio; serve, insomma, solo per mettere in ordine, uno dopo l’altro, i saldi dei conti di reddito (o, nel caso del cugino “Stato Patrimoniale”, i saldi dei conti patrimoniali). Un esempio per chiarire (ma è anche un esercizio per ripassare). Accertatomi di aver ormai raggiunto la completa impossibilità di trasmettere alcunché agli alunni, a fine novembre 2016 mi dimetto dalla scuola e in dicembre comincio l’attività di mercante d’arte. Nel mese di dicembre svolgo queste sole quattro azioni: 1) apporto nella neonata azienda “L’arte di Massa” 35,00 € in contanti prelevati dalla zuccheriera in cui conservo tutti i miei risparmi di una vita; destino anche all’attività aziendale il mio cellulare seminuovo, il cui valore stimo essere di 15,00 €; 2) acquisto una ricarica telefonica da 25,00 € pagando in contanti (il credito residuo precedente era zero); 3) telefono a Guido Barilla e lo convinco a vendermi il suo quadro “Il romanzo di una cucitrice” di Umberto Boccioni per 1.500.000,00 €, pagamento entro il 6/1/2017 e consegna il 15 gennaio ore 8 presso la Collezione d’Arte Moderna Barilla in via Mantova a Pedrignano (PR); 4) telefono a Bill Gates e lo convinco ad acquistare il quadro per 2.000.000,00 €, pagamento entro il 2/1/2017 e consegna il 15 gennaio ore 9 presso il Bar Chiozzola in via Mantova a Pedrignano (PR). a1) Alla mezzanotte del 31/12/2016 il valore del mio cellulare è stimabile in 14,99 €; a2) Alla mezzanotte del 31/12/2016 il valore del mio credito telefonico residuo risulta di 1,00 €. In questo riquadro propongo lo svolgimento completo dell’esercizio così come abbiamo sempre fatto, con le scritture d’esercizio [ 1), 2), 3), e 4) ], le scritture di assestamento [ a1) e a2) ], l’evidenziazione dei saldi di tutti i conti [ (S.F.) per i conti patrimoniali e (S.F.) per quelli di reddito ] e il loro riepilogo nei prospetti del Conto Economico e dello Stato Patrimoniale. Cassa P D A 1) 35,00 | | 25,00 2) (S.F.) 10,00 | D Merci c/acquisti R A D Attrezzature P 1) 15,00 | | 0,01 a1) (S.F.) 14,99 | D Debiti v/G. Barilla P A 3) 1.500.000,00 | (S.F.) 1.500.000,00 | D Capitale Netto P A A | 50,00 1) D D Ammortamenti R A D Crediti v/Vodafone P A a1) a2) 1,00 0,01 | ( S.F.) 0,01 | (S.F.) 1,00 Totale attivo 14,99 2.000.000,00 1,00 10,00 2.000.025,99 | | | | | D Crediti v/Bill Gates P A 4) 2.000.000,00 | (S.F.) 2.000.000,00 | Costi L’arte di Massa Conto Economico Dicembre 2016 Ricavi | | 1.500.000,00 | | 1,00 a2) (S.F.) 24,00 | | 2.000.000,00 4) | 2.000.000,00 (S.F.) Impieghi L’arte di Massa Situazione Patrimoniale 31/12/2016 Fonti Attrezzature Crediti v/Bill Gates Crediti v/ Vodafone Cassa A 2) 25,00 Merci c/vendite R A | 1.500.000,00 3) | 1.500.000,00 (S.F.) Spese telefoniche R D Merci c/acquisti 1.500.000,00 Spese telefoniche 24,00 Ammortamenti 0,01 Utile del periodo 499.975,99 | 2.000.000,00 Merci c/vendite | | | Debiti v/G. Barilla 500.025,99 Capitale Netto 2.000.025,99 Totale fonti di finanziamento . [C.N.finale meno C.N.iniziale : 500.025,99 - 50,00 = 499.975,99 (reddito del periodo) ] 25 . Qui sotto, invece, trovate le scritture che apparirebbero nella contabilità reale dell’azienda dopo l’operazione di chiusura dei conti di reddito e dopo anche il trasferimento del risultato economico (utile di 499.975,99 €) al Capitale Netto. D 1) Cassa P A 35,00 | | 25,00 2) D Attrezzature P 1) 15,00 | | 0,01 a1) D Capitale Netto P A A D | 50,00 1) | 499.975,99 giroconto risultato d’es.) | Spese telefoniche R A 2) 25,00 | | 1,00 a2) | 24,00 chiusura economica) (saldo nullo) D Debiti v/G. Barilla P A D Merci c/acquisti R A 3) 1.500.000,00 | | 1.500.000,00 chiusura econ.) | 1.500.000,00 3) D Merci c/vendite R A | 2.000.000,00 4) Chiusura ec.) 2.000.000,00 | (saldo nullo) Crediti v/Bill Gates P A 4) 2.000.000,00 | (saldo nullo) D Ammortamenti R A D Crediti v/Vodafone P A a1) a2) 1,00 0,01 D | | 0,01 chiusura economica) Conto Economico d’Ordine D A chiusura economica) 1.500.000,00 | 2.000.000,00 chiusura economica) chiusura economica) 24,00 | chiusura economica) 0,01 | giroconto risultato d’es.) 499.975,99 | | (saldo nullo) A questo punto sono chiusi tutti i conti di reddito, e quindi sono già pronti per recepire i nuovi componenti reddituali che si formeranno con le operazioni del nuovo periodo, cioè con i fatti che accadranno dal 1/1/2017; inoltre, il saldo del conto Patrimoniale “Capitale Netto” è corretto in quanto contiene anche il risultato economico dell’ultimo periodo. 8.2.2) La chiusura dei conti patrimoniali Così come, terminate le scritture di assestamento, i saldi dei conti di Reddito sono girati (= trasferiti) al conto d’Ordine “Conto Economico”, immediatamente dopo (ma non prima di aver trasferito al conto Patrimoniale “Capitale Netto” il risultato economico individuato dal saldo che si è creato nel conto “Conto Economico”) anche i saldi dei conti Patrimoniali vengono girati al conto d’Ordine “Stato Patrimoniale”, e questa operazione la si fa al solo scopo di avere riassunti in un prospetto tutti i valori patrimoniali (gli attivi in Dare, i passivi e il netto in Avere di questo secondo conto d’ordine). Dopo questa operazione tutti i conti (di reddito, patrimoniali o d’ordine che siano) hanno saldo zero. Riprendendo l’esempio di prima, la contabilità dell’azienda L’arte di Massa ora, dopo la chiusura patrimoniale, appare così: D 1) Cassa P A Attrezzature P D 35,00 | 1) | 25,00 2) | 10,00 chiusura patrimoniale) (saldo zero) D Merci c/acquisti R A D Capitale Netto P A A 15,00 | | 0,01 a1) | 14,99 chiusura patr.) (saldo zero) (saldo zero) D | 2.000.000,00 4) chiusura ec.) 2.000.000,00 | D Crediti v/Vodafone P A a1) a2) 1,00 | | 0,01 chiusura economica) (saldo zero) Merci c/vendite R A (saldo zero) D Crediti v/Bill Gates P A 4) 2.000.000,00 | | 2.000.000,00 chiusura patrim.) (saldo zero) D A (saldo zero) c D Ammortamenti R A 0,01 Spese telefoniche R 2) 25,00| | 1,00 a2) | 24,00 chiusura economica) (saldo zero) D Debiti v/G. Barilla P A 3) 1.500.000,00 | | 1.500.000,00 3) | 1.500.000,00 ch.econ.) ch.patr.) 1.500.000,00 | D | 50,00 1) | 499.975,99 giroconto risultato d’es.) ch.patr.) 500.025,99 | (saldo zero) Conto Economico d’Ordine A chiusura economica) 1.500.000,00 | 2.000.000,00 chiusura economica) chiusura economica) 24,00 | chiusura economica) 0,01 | giroconto risultato d’es.) 499.975,99 | | | 1,00 chiusura patrimoniale) (saldo zero) (saldo zero) D Stato patrimoniale d’Ordine chiusura patrimoniale 10,00 chiusura patrimoniale 14,99 chiusura patrimoniale 2.000.000,00 chiusura patrimoniale 1,00 A | 500.025,99 chiusura patrimoniale | 1.500.000,00 chiusura patrimoniale | | (saldo zero) 26 8.2.3) La riapertura dei conti patrimoniali Che i conti di reddito all’inizio del nuovo periodo siano chiusi (abbiano cioè saldo zero) ci fa piacere, nel senso che ci serve: in questo modo i saldi che si otterranno in seguito alle registrazioni dei fatti che accadranno in futuro ci diranno quali sono i ricavi e i costi del prossimo periodo di cui vorremo fare il bilancio. Al contrario, il fatto che i conti patrimoniali abbiano, dopo l’operazione di chiusura, saldo pari a zero è una fregatura: se in una azienda, alla mezzanotte del 31/12/2016, il debito su c/c del Credem era 123.456 € e le attrezzature avevano un valore stimato in 987.654 €, quei valori sono ovviamente ancora presenti nel suo patrimonio anche un millesimo di secondo dopo (cioè alle 00h 00m 00,001s dell’1/1/2017), e invece la contabilità ora ci dice che c’è più nulla, che quei i valori patrimoniali, attivi e passivi, sono spariti. Per rimediare a questa coglionata non resta altro che fare la terza operazione meccanica (il terzo clic dal da parte dello scimpanzé ammaestrato): fare la registrazione esattamente opposta a quella, appena fatta, di chiusura dei conti patrimoniali, cioè fare la “riapertura” dei conti patrimoniali per rimettere in Dare i saldi che già prima della chiusura erano in Dare e rimettere in Avere i saldi che già prima erano in Avere dei conti patrimoniali. Fatta questa operazione, nei conti patrimoniali e nei due conti d’Ordine dell’azienda “L’arte di Massa” si leggeranno queste scritture (quelle di chiusura hanno data 31/12/2016, quella di riapertura 1/1/2017): D 1) Cassa P A 35,00 | D Attrezzature P 1) 15,00 | | 25,00 2) | 10,00 chiusura patrimoniale) A D Capitale Netto P A | | 0,01 a1) | 14,99 chius. patr.) ch.patr.) 500.025,99 | (saldo zero) (saldo zero) riapert.patr.) 10,00 | Stato patrimoniale d’Ordine D 50,00 1) | 499.975,99 giroconto utile) (saldo zero ) riapertura patr.) 14,99 | A chiusura patrimoniale) 10,00 | 500.025,99 chiusura patrimoniale) chiusura patrimon.) 14,99 | 1.500.000,00 chiusura patrimoniale) chiusura patrimon.) 2.000.000,00 | chiusura patrimoniale 1,00 | | 500.025,99 riapertura patr.) (saldo zero) riapertura patrimoniale) 500.025.99 | 10,00 riapertura patrimoniale) riapertura patrimon.) 1.500.000,00 | 14,99 riapertura patrimoniale) | 2.000.000,00 riapertura patrimon.) | 1,00 riapertura patrimoniale) (saldo zero) Debiti v/G. Barilla P A D D | 1.500.000,00 3) Crediti v/Bill Gates chiusura patr.) 1.500.000,00 | D Crediti v/Vodafone P a2) 1,00 | 1,00 chiusura patrimoniale) (saldo zero) | 1.500.000,00 riapert. patr.) Merci c/acquisti R A (saldo zero) riapert. patr.) 2.000.000,00 | D Merci c/vendite 3) 1.500.000,00 | riapertura patrimoniale) 1,00 | R A | 1.500.000,00 ch.econ.) D chiusura economica) chiusura economica) chiusura economica) giroconto utile) | 2.000.000,00 4) chiusura ec.) 2.000.000,00 | (saldo zero) A | | 2.000.000,00 chiusura patrim.) (saldo zero) D P A 4) 2.000.000,00 | (saldo zero) Conto Economico d’Ordine A 1.500.000,00 | 2.000.000,00 chiusura economica) 24,00 | 0,01 | 499.975,99 | (saldo zero) D 2) Spese telefoniche R 25,00 A | | 1,00 a2) | 24,00 chiusura economica) D Ammortamenti a1) 0,01 R A | | 0,01 chiusura economica) (saldo zero) (saldo zero) 27