71 2.3 La produzione di un modello urbano di dettaglio nella

2.3
La produzione di un modello urbano di dettaglio nella zona Aventino-Testaccio.
Nella seconda parte di questa sezione, relativa alla sperimentazione, vengono illustrate le
fasi di produzione di un modello urbano, completo della sua parte architettonica e delle altre
componenti antropiche. Resta invece fuori l’ambito della modellazione la copertura vegetale sia
nelle sue componenti basse quali siepi e arbusti, così come per la componente alta arborea.
Per ulteriore precisazione si deve osservare come all’interno dei supporti cartografici utilizzati
fossero censiti in un apposito livello la componente arborea misurata attraverso un punto quotato
posizionato sulla testa della chioma degli alberi, purtroppo però queste rilevazioni sono discontinue
sul territorio del comune di Roma, e all’interno dell’ambito di studio gli alberi erano rilevati solo
per una minima parte.
La rappresentazione del verde comunque sarà affidata alla mappatura di foto aeree o da satellite.
Anche per questo modello di dettaglio è stato previsto un ampio set di livelli diversificati di
illustrazioni comprendendo la produzione di un plastico da realizzarsi con tecniche di
prototipazione rapida.
71
2.3.1 Definizione dell’ambito di studio.
L’ambito prescelto riguarda una zona ricadente nella parte sud-occidentale del centro storico
di Roma (vedi fig. 2.3.1), comprendente gran parte dell’area archeologica del colle Palatino, la zona
dell’Aventino, del rione Testaccio, gran parte del rione San Saba, una parte del rione Trastevere
includendo il complesso del San Michele e via di Porta Portese. L’area è delimitata a sud dalla
ferrovia nel tratto compreso tra la Stazione Ostiense e la Stazione Trastevere, ad ovest dal Tevere e
dalle ultime pendici del Gianicolo, a nord dal lungotevere de’Cenci, dal teatro Marcello e le pendici
del Campidoglio, ad est dal Circo Massimo, via Aventina, piazzale Ardeatino e via Beltrami. L’area
è inclusa nella tavola 17-I del Nuovo Piano Regolatore Generale di Roma, così come illustrato nella
cartografia di base (fig. 2.3.2) e nella foto aerea corrispondente (fig. 2.3.3).
Questa area è stata individuata secondo dei criteri di significatività morfologica dettati da un
andamento orografico in generale mosso ma con alcune peculiarità che costituiscono delle linee di
discontinuità: zone ad alta acclività (la scarpata dell’Aventino verso il Tevere e verso via
Marmorata) confinanti con la zona piana del Testaccio, la presenza dell’alveo del fiume, rilievi e
depressioni puntuali (Monte dei cocci e Circo Massimo). Questa significatività orografica causa
una complessa varietà di informazioni geomorfologiche che costituiscono un valido test per la
validazione dei risultati delle fasi di modellazione.
Il Circo Massimo, gran parte dell’area archeologica del Palatino, la Piramide Cestia con un
tratto di mura Aureliane comprendente Porta Ostiense e Porta Portese, il monte dei Cocci sono le
preesistenze archeologiche più importanti presenti nell’area di studio. L’area è altresì caratterizzata
dalla compresenza di un tessuto architettonico estremamente vario costruito in un arco temporale
molto vasto, si noti la presenza di capolavori dell’architettura razionalista, le chiese del periodo
romanico, delle tracce di medioevo, il tessuto ortogonale ottocentesco. Nel complesso, questa area
costituisce una zona di particolare interesse e pregio, inoltre è fortemente rappresentativa delle
stratificazioni storiche che caratterizzano e qualificano la città di Roma.
72
Fig. 2.3.1 –
Inquadramento generale dell’area campione
73
Fig. 2.3.2 –
Cartografia di base dell’area campione
74
Fig. 2.3.3 –
Foto Aerea dell’area campione
75
2.3.2 Descrizione dei dati di input utilizzati.
La cartografia di base illustrata in tav. 2.1.1 e la foto aerea illustrata in tav. 2.1.2
rappresentano i materiali di base utili alla costruzione del modello digitale oggetto di questa
sperimentazione.
La cartografia è stata redatta in scala 1:2000, a partire da un volo effettuato nel periodo
maggio-giugno 1998 da Cartesia s.p.a., società inizialmente a capitale misto Acea-Telecom Italia,
oggi completamente assorbita da Gemma, società a capitale misto privato-comune di Roma, che
come proprietario ne detiene i diritti riservati di pubblicazione e sfruttamento. La redazione della
carta, appoggiata sul reticolo UTM / WGS84, copre l’intero territorio comunale di Roma, Guidonia
e Fiumicino per un totale di 160.000 ettari (il comune di Roma copre un territorio di circa 130.000
ettari), fu terminata nell’anno 2000 e successivamente aggiornata fino al 2004. La carta è realizzata
in modalità digitale vettoriale, associata ad una banca dati territoriale in formato GIS leggibile
attraverso i più utilizzati software di gestione GIS. Nella tav. 2.2.1 è mostrata l’ottimo livello di
corrispondenza degli elementi disegnati sovrapposti all’ortofoto realizzata per l’area campione, si
noti come nel particolare mostrato in tav. 2.2.2, le tracce a terra degli elementi cartografici siano in
ottima collimazione con la rappresentazione ortocorretta dell’attacco a terra del corpo dell’edificio.
La scelta di utilizzare prevalentemente il software AutoCAD MAP 3D 2006 per l’elaborazione di
questa sperimentazione, è stata dettata dal fatto che tale software è in grado di operare direttamente
con elementi di modellazione solida, a differenza degli altri software GIS che operano in tre
dimensioni conferendo l’elevazione “z” tramite attributo di banca dati.
Questa peculiarità di AutoCAD MAP proviene direttamente dalla sua appartenenza alla famiglia di
prodotti Autodesk nati per risolvere problematiche di disegno CAD ancor prima della soluzione di
problematiche GIS.
Per le caratteristiche sopra esposte del software applicativo, la maggior parte delle informazioni di
banca dati associate ai singoli oggetti di disegno, vengono tramutate operativamente in
caratteristiche geometriche, un esempio tra gli altri riguarda l’altezza “z” che viene attribuita
direttamente all’oggetto di disegno, tanto che i punti di quota vengono propriamente visualizzati
alla loro reale altezza. Nella tavola 2.2.3 sono mostrate una assonometria e una vista laterale di
prospetto dell’insieme dei dati descrittivi l’orografia del sito campione, in rosso sono indicati i punti
di quota generici, in nero le quote dell’asse stradale, nella vista assonometrica è ricostruibile
l’altezza del monte dei cocci attraverso le curve di livello.
76
Tavola n. 2.3.4 –
Sovrapposizione della cartografia vettoriale e ortofoto.
77
Tavola n. 2.3.5 – Particolare del disegno dell’edificato sovrapposto alla ortofoto.
78
Tavola n. 2.3.6 –
Elementi di descrizione della orografia. Prospetto e assonometria.
79
Tavola n. 2.3.7 –
Elementi di descrizione della orografia. Planimetria.
80
Una serie di contenuti della banca dati restano comunque associati ai vari oggetti pur non
producendo risultati sulla geometria; tali informazioni sono interrogabili dal software nella modalità
di attributo GIS e riguardano principalmente le informazioni alfanumeriche, come ad esempio i
nomi delle strade o dei numeri civici, fisicamente associate alle linee di mezzeria delle strade che
costituiscono il grafo stradale.
Secondo la schematizzazione della banca dati cartografici l’edificato è visualizzato
attraverso l’indicazione della planimetria del singolo edificio, o meglio del singolo corpo di fabbrica
caratterizzato dall’altezza costante, la planimetria è disegnata in modalità sgrondata e cioè al netto
del piede dell’edificio non considerando l’ingombro della gronda dello stesso.
Questa indicazione planimetrica è posizionata all’altezza della quota di gronda. Per ogni corpo di
fabbrica così rappresentato sono illustrati, negli attributi di banca dati, codici alfanumerici
riguardanti dati amministrativi univoci, relazioni con altri corpi di fabbrica, relazioni con i numeri
civici, sono altresì riportate le quote di piede e di gronda, in altezze assolute riferite al livello del
mare. L’altezza del corpo di fabbrica resta perciò facilmente identificabile attraverso la differenza
tra la quota di gronda e la quota di piede. La figura 2.3.8 mostra i dati contenuti nella scheda
identificativa GIS di un qualsiasi corpo edificato cartografato all’interno del software di disegno.
Fig. 2.3.8 –
Scheda dati attributo dell’edificato.
81
Fig. 2.3.9 –
Vista assonometrica degli elementi di cartografia.
82
Nella figura 2.3.9 è riassunta, in una vista assonometrica, la cartografia digitale completa.
Lo sfasamento visibile tra i singoli elementi disegnati (la traccia al piede dell’edificio e la
planimetria alla gronda) con la aereofoto, rende percepibile la differenza di altezza degli stessi
elementi posizionati alle relative quote di altezza.
Tutte le informazioni cartografiche sono censite in layers diversificati che ne consentono
una segmentazione tematica ad uso dell’utente.
Nella tabella 2.3.10 è illustrata la tabella dei layers utilizzati per questa cartografia, raggruppati per
tematismo descrittivo.
Come già esposto tutti gli elementi della cartografia sono caratterizzati da una propria
elevazione reale ad eccezione dei testi e dei simboli, questo indurrebbe a pensare che la costruzione
del modello orografico, primo passo nella metodologia di rappresentazione tridimensionale, possa
sfruttare gran parte degli elementi per una più corretta e appropriata definizione. Purtroppo in
questo caso non sarà possibile a causa della presenza di un consistente numero di errori peraltro
grossolani.
La presenza di questi errori parrebbe essere riconducibile al cartografo, che spesso, in fase di
redazione della mappa, dovrebbe essere stato ingannato nella digitazione si corretta in planimetria
ma con una quota di elevato falsata, probabilmente a causa di un osnap malaccorto.
Nella figura 2.3.11 è mostrata, a titolo di esempio, la planimetria del singolo impianto
stradale, rispetto ad una esatta corrispondenza planimetrica c’è da notare come lo sviluppo in
altezza degli elementi stradali illustrati in cartografia, sovente non sia appropriata. I cigli delle
strade colorati in rosso, evidenziate sia nelle vista planimetrica come in quella prospettica, sono
solo alcuni di quelli che riescono ad illustrare quelle discrepanze.
Questa circostanza rende
inutilizzabili tutti gli elementi di cartografia, eccezion fatta per quelli della categoria orografica, per
la realizzazione del modello orografico a meno di non effettuare una delicata fase di correzione
manuale degli errori a seguito di complessi controlli.
Altra problematica presente sulla mappa base è costituita dal fatto che all’edificato- costruito
è associato un database di dati specifici di altezza dell’edificio, esclusivamente ai layers dotati di
prefisso “1A” riguardanti edifici, servizi, chiese. Solo per quegli oggetti presenti su quei layers sarà
possibile costruire un affidabile modello tridimensionale.
83
44A
44AL1
46A
48A
49A
50A
52A
53A
54A
S_44AL1
Fiume
Fiume (copia linee visibili)
Canale non rappresentabile a misura, fossetto
Scalo
Cisterna
Piscina scoperta
Cascata, rapida
Pozzi
Vasca e fontana non a misura
Simbolo Freccia verso acqua fiume
25A
Bosco fitto
25AL
Limite di bosco
29A
Filare di alberi
30A
Albero isolato urbano
H_25A
Campitura Bosco
1B
Binario a scartamento ordinario e trazione elettrica
2B
Binario a scartamento ridotto
3B
Binario tram
Comunicazioni e
Ferrovie
Viabilità
10B
11B
13B
15B
16B
17B
18B
19B
20B
21B
32A
Autostrada
Strada campestre
Sentiero – Mulattiera - Tratturo
Ponte
Aiuole spartitraffico, banchine salvagente
Marciapiedi
Passerella pedonale
Sottopasso
Ponte sovrastante strada
Fermata metropolitana
Stazioni di rifornimento o/e assistenza stradale
Edifici e costruzioni
Direttrice di determinazione certa
Intermedia di determinazione certa
Cava, estrazione, torbiera, miniera
Frana
Scarpata
Scarpata artificiale piede
Scarpata artificiale testa
Scarpata naturale piede
Scarpata naturale testa
Testo curve direttici
Curva di livello principale
Curva di livello secondaria
Curva di livello minore
Simbologia di vestizione scarpata
Vegetazione
24B10
24B20
33A
37B1
37B2
37BAP
37BAT
37BNP
37BNT
A24B1
A42B
A46B
A47B
V_37B
Tematismo
descrittivo
Quote e elementi
planoaltimetrici
Tipologia degli elementi
Orografia - Forma del terreno
Nome layer
Idrografia
Tematismo
descrittivo
Nome layer
Tipologia degli elementi
1A110
1A120
1A130
1A140
1A150
1A160
1A170
1A180
1A190
1A200
1A210
1A220
1A230
1A290
10A
13A
14A
15A
16A
17A
18A
21A
22A
23A
2A
2A1
3A
42A
4A
5A
6A
7A
8A
S_13A
S_1AC
S_1AH
V_17A
V_18B
V_6A
V_8A
Edificio (residenziale) / Altra costruzione annessa
Edifici commerciali
Edificio industriale, stabilimento
Edifici ricreativi
Edifici culturali
Uffici
Servizi
Chiesa
Ospedali e case di cura
Edifici scolastici
Edificio sportivo
Fabbricati di stazione a servizio dei viaggiatori
Edificio metropolitana - tramviaria
Altri edifici
Silos, serbatoio
Cabina elettrica o cabina di trasformazione
Altra struttura complementare all’edificato
Portico sormontato da edificio, corpo aggettante
Galleria e passaggio pubblico sotto area pubblica
Scala / gradinata
Campo sportivo
Rovina
Mura e bastioni
Monumento, non rappresentabile a misura / Siti archeologici di interesse culturale
Muro
Muro di sostegno in cls
Muro a secco
Palo elettrico di illuminazione
Palizzata, cancellata, staccionata, filo spinato, rete metallica
Siepe
Portico non sormontato da edificio
Capannone
Baracca
Simbolo Cabina elettrica
Simbolo Chiesa
Simbolo Ospedale
Vestizione Gradini
Vestizione Passerella
Vestizione diagonali portico
Vestizione diagonali baracca
25B
Punto quotato a terra
26B
Punto quotato asse strada
A27B
Testo punto quotato a terra
A28B
Testo punto quotato asse strada
A40B
Testo toponimo stradale
84
Le perdite più gravi dal punto di vista della completezza ed appropriatezza dei risultati attesi,
riguardano per la ragione di mancanza dati, tutte le categorie di oggetti relative alla descrizione dei
monumenti o comunque della archeologia.
Nello specifico la geometria di costruzione degli elementi archeologici ricalca quella
dell’edificato rappresentando la corretta posizione in planimetria ma elevato alla quota altimetrica
massima del singolo elemento.
Fortemente limitativo per effetto di inconsistenza geometrica è l’utilizzo dei muri che sono
rappresentati senza una indicazione di spessore realistico. L’insieme dei dati cartografici risulta
assai fortemente limitato, conseguentemente ci aspettiamo una precisione media nella fase di
produzione del modello orografico.
85
Fig. 2.3.11 – Planimetria dell’impianto stradale.
86
2.3.3 La produzione del modello orografico.
Il processo di costruzione del modello orografico, consta normalmente di diversi tentativi di
costruzione di DTM, a seguito di ognuno si verifica la presenza di anomalie geometriche presenti
sottoforma di bruschi innalzamenti di quota o irregolarità nella rappresentazione.
Tutta l’operazione è risultata di molto semplificata dalle prestazioni eccellenti, sia sotto il punto di
vista della velocità di esecuzione tanto quanto della precisione di esecuzione, del software adottato
AutoDESK Civil 3D 2006. In virtù di un modellatore TIN molto efficiente, insito nel programma,
la fase di controllo di qualità si è esperita in tempi brevi, permettendo un grande miglioramento
della geometria secondo semplici e piccoli accorgimenti.
La visualizzazione del primo TIN prodotto ha generato esiti scoraggianti (vedi figura
2.3.14), l’alveo del Tevere era definito in maniera precaria e si riconosceva con difficoltà la forma
dell’isola tiberina, il piano orografico di testaccio e quello dell’aventino erano generati con grosse
sfaccettature. La ragione di tutto questo, era dovuta alla generazione di un TIN povero di punti,
tanto quanto impostato in fase di filtraggio della cartografia di base, dalla quale, in questa prima
fase, erano stati selezionati per la produzione del TIN solo i punti quotati.
Gli accorgimenti usati per addivenire al TIN definitivo, sono consistiti nell’aumento dei
punti altimetrici, ricavati dagli elementi di tipo cigli di strada, e imposta degli edifici. Tali elementi
disegnati in cartografia attraverso linee tridimensionali, qualora semplicemente utilizzati per la
generazione del TIN, avrebbero generato pochi punti altimetrici coincidenti con i vertici delle stesse
linee. Per aumentare la definizione spaziale di quegli elementi, gli stessi sono stati “misurati”
ovvero sono stati collocati, attraverso un comando misura di AutoCAD, punti accessori sopra gli
elementi 3D a distanza prefissata di 5 metri.
A seguito di tali azioni il numero totale dei punti utilizzati per la definizione del TIN è quintuplicato
e la definizione del TIN base è risultata pressoché perfetta.
Nelle figure 2.3.12 e 2.3.13 sono mostrate le distribuzioni dei punti altimetrici in rosso
quella iniziale e in verde quella finale, così come nelle figure 2.3.14 e 2.3.15 sono mostrati i TIN
iniziale e finale secondo lo stesso codice di colore. Infine per meglio rappresentare le differenze di
illustrazione la figura 2.3.16 mostra la sovrapposizione dei due TIN.
87
Fig. 2.3.12 – Disposizione planimetrica dei punti altimetrici usati per la definizione
del TIN iniziale.
88
Fig. 2.3.13 – Disposizione planimetrica dei punti altimetrici usati per la definizione
del TIN finale.
89
Fig. 2.3.14 – Rappresentazione in rendering del TIN iniziale.
Fig. 2.3.15 – Rappresentazione in rendering del TIN finale.
90
Fig. 2.3.16 Rappresentazione in rendering della sovrapposizione tra i TIN iniziale e finale
91
La definizione del modello preso in esame ha presentato comunque dei problemi legati agli
errori e/o imprecisioni contenute nei dati del cartografo. E’ capitato infatti di imbattersi in una
discreta quantità di punti non correttamente allineati con le celle più vicine, tali da originare dei
picchi ingiustificati.
Tali discontinuità appaiono evidenti e disturbano la lettura di un modello da rappresentare in
scala 1:2000, e vanno corrette manualmente tramite un accurato controllo visivo.
Successivamente sono passato alla produzione del GRID generato attraverso una maglia di 5
metri di lato. Un ultimo controllo di qualità si è effettuato ispezionando l’intersezione del modello
TIN con il GRID (illustrata nella figura 2.3.17) al fine di controllare nuovamente la presenza di
discontinuità particolarmente evidenti.
Fig. 2.3.17 – Sovrapposizione di GRID e TIN.
Resta da osservare, comunque come per la buona riuscita del modello orografico sia necessario un
attento lavoro di pulizia, identificazione e censimento delle informazioni altimetriche prodotto in
fase di esplorazione della cartografia di base, al fine di minimizzare il numero dei punti che
producono anomalie morfologiche.
92
2.3.4 L’inserimento dell’edificato e di altre componenti antropiche.
Verificata l’orografia mi sono posto il problema di inserire il tessuto edilizio alla giusta
scala e posizione, elaborando così il modello delle volumetrie architettoniche.
Il problema principale di tale operazione è scaturito dalla mancanza o approssimazione nella
definizione di alcune corti e cortili, che generano un edificio pieno massivo, non rispondente al
vero, falsando la lettura del tessuto edilizio.
In generale però l’accuratezza della cartografia permette di riconoscere facilmente le varie tipologie
edilizie, proponendo una lettura del modello fino ad ora inedita.
Fig. 2.3.18 – Sovrapposizione dell’edificato al GRID orografico.
93
La produzione del modello delle volumetrie architettoniche, è stato ottenuto elevando le
forme degli edifici, alla loro propria quota di gronda, segnalata nei dati oggetto caratteristici (vedi
figura 2.3.8), attraverso una query spaziale, effettuata in modalità tipica del GIS dentro la parte
MAP, del software utilizzato AutoDESK Civil 3D.
La successiva estrusione delle forme verso il basso ha realizzato le singole volumetrie
cosìcome sono visibili nelle figure 2.3.18 e 2.3.19
Fig. 2.3.19 – Sovrapposizione del modello dell’edificato al GRID orografico.
L’inserimento di elementi urbani “particolari”, come ad esempio i ponti e la Piramide
Cestia, hanno richiesto una cura particolare, non potendo essere generati in automatico con il
medesimo procedimento adottato x gli edifici o l’orografia.
I muretti ed i contrafforti dell’Aventino hanno richiesto un controllo pedissequo, così come
le piccole rampe lungo la scarpata, al fine di ottenere una corretta vista d’insieme.
94
2.3.5 La rappresentazione del modello virtuale.
Fig. 2.3.20 – Rendering finale del modello urbano con la mappatura della ortofoto.
Terminato l’inserimento di tutti gli elementi non generati autonomamente o che comunque
hanno richiesto un intervento manuale, l’intero modello è stato importato in un software specifico
per la generazione di rendering (3DStudio Max). All’interno delle procedure di rendering mi sono
posto il problema di “spalmare” un’immagine fotografica satellitare sull’orografia al fine di valutare
la congruenza del modello con l’immagine reale, utilizzando la tecnica del Map draping.
A questo punto il modello è pronto per generare delle rappresentazioni significative e
compiere operazioni derivanti da interrogazioni GIS come ad esempio mettere in evidenza gli
edifici sacri; oppure mostrare il rapporto tra orografia e tessuto.
95
Fig. 2.3.21 – Rendering finale del modello urbano con la mappatura della ortofoto.
Fig. 2.3.21 – Rendering finale del modello urbano con la mappatura della ortofoto.
Fig. 2.3.22 – Rendering finale del modello urbano con la mappatura della ortofoto.
96
Fig. 2.3.23 – Rendering finale del modello urbano con la mappatura della ortofoto.
97
2.3.6 La produzione del modello fisico.
L’ultima fase di indagine, è consistita nello studio della produzione di un modello fisico, da
prodursi con macchine di rapid toolig, nella fattispecie, se ne è verificata la realizzazione con il
metodo della “prototipazione rapida”, procedura evinta dal campo del disegno industriale.
Attraverso questo test, ci si proponeva di verificare le maggiori problematiche operative,
legate all’utilizzo di macchine prototipatrici, l’obiettivo consisteva nella realizzazione di un plastico
in scala 1:2000 di grande ampiezza planare, tanto da poter permettere la verifica del sistema di
ricomposizione di diversi pezzi, realizzati separatamente.
La tecnologia più idonea alla riproduzione di un plastico in scala 1:2000, ricco di particolari
di dimensioni minime (al di sotto di 1mm), era individuabile, solo tra due sistemi oggi a
disposizione: la Stereolitografia (SLA) e la Sinterizzazione laser (SLS) entrambe per la capacità di
produrre modelli fisici di buona robustezza, con riproduzione fedele di particolari minuti.
I due sistemi di produzione risultano analoghi, la costruzione del modello avviene per
solidificazione di materiale, addotto, per la costruzione di successive sezioni planari dell’oggetto.
Per quanto concerne la caratteristica di accuratezza di realizzazione, i due processi di produzione
sono simili, con una prestazione lievemente migliore per le realizzazioni con tecniche SLA.
A seguito di una scelta ponderata, mi sono orientato verso la Sinterizzazione laser (SLS), quale
sistema di produzione ottimale.
Il confronto prestazionale, tra i prodotti dei due sistemi di prototipazione, non permette una chiara
individuazione di un processo migliore rispetto all’altro, la scelta è risultata principalmente
influenzata dalle caratteristiche di aspetto del modello finale realizzato, l’aspetto di un modello SLS
è migliore e si presta quindi meglio allo studio concettuale.
A seguito di una indagine sul campo, utile a conoscere ed individuare le aziende in grado di
produrre il plastico si è potuto scegliere la ditta e conseguentemente, le caratteristiche della
macchina di produzione, questo per poter riconoscere, le specifiche dimensionali e di materiale, da
stabilirsi come requisiti, e quindi procedere alla definizione di una area di test, da determinare
all’interno del modello virtuale.
98
Fig. 2.3.24
La macchina prototipatrice utilizzata per la produzione del plastico.
Il plastico che ci si accingeva a realizzare, riguardava solo una parte dell’area di studio,
utilizzata per la costruzione del modello virtuale fin qui illustrato. La porzione utile ad effettuare il
plastico è stata definita in funzione della grandezza ottimale di quattro riquadri, realizzabili
separatamente. Dal punto di vista della morfologia del territorio che si voleva rappresentare, si è
incluso nella porzione di test, una parte dell’alveo del Tevere, le pendici del colle Aventino che
guardano il fiume e quelle rivolte verso Testaccio, oltre buona parte del monte dei Cocci,
individuando così una serie di condizioni critiche rispetto agli spessori fortemente differenziati del
plastico.
Il plastico definitivo avrebbe avuto una dimensione totale di 485 x 550 mm.,
conseguentemente le quattro parti da realizzarsi risultavano di 242.5 x 275 mm. di grandezza.
Questa dimensione, era ritenuta ottimale per poter consentire la costruzione del plastico, sia in
verticale tanto quanto in orizzontale, all’interno della macchina prototipatrice.
99
La possibilità di cambiare la posizione del plastico dentro il cestello della prototipatrice, era
ritenuta strategica, qualora si fossero riscontrati problemi di ritiro del materiale o possibile
svergolamento del plastico stesso, questo avrebbe permesso l’individuazione di una soluzione
operativa.
Dato il forte carattere sperimentale, si è deciso di produrre un primo prototipo, in scala
ridotta, riguardante l’intera area del plastico, utile per poter testare le caratteristiche fisiche dei
materiali, prima di individuare eventuali modifiche da apportare al modello virtuale.
Fig. 2.3.25
Distacco delle spallette del ponte, a causa di sezioni inferiori a 0.3mm.,
troppo assottigliate, nel primo prototipo realizzato in scala ridotta.
Il primo prototipo è stato realizzato, a partire dalla porzione riguardante l’area di test
prescelta, dal modello virtuale illustrato nella sezione precedente, al quale sono stati aggiunti
esclusivamente, un modello tridimensionale del ponte sul Tevere e un modello tridimensionale della
Piramide Cestia, non derivabili direttamente nei processi utilizzati per la costruzione dei volumi
edilizi a partire dalla cartografia digtale..
100
Fig. 2.3.26
Svergolatura del piano di base del primo prototipo.
Nella figura 2.3.26 sono illustrati i problemi di svergolatura riscontrati nella produzione del
primo prototipo.
Il modello tridimensionale, fino a questo momento elaborato, ha quindi subito una
trasformazione, per potersi interfacciare correttamente con il macchinario.
Un primo accorgimento è consistito nell’irrobustimento del plastico attraverso la posizione
di un basamento, infatti per mantenere il riferimento della quota 0 orografica, il modello è risultato
alto solo pochi millimetri, favorendo il problema dell’imbarcamento e dello svergolamento, a causa
delle tensioni interne del materiale.
Tale irrobustimento si è ottenuto attraverso un ispessimento della base pari a 10 millimetri, questo
spessore, riesce a riportare il plastico, ad un migliore rapporto volumetrico, fino a quel momento,
falsato dall’ampio sviluppo di superficie e ridottissima altezza del modello di base.
Onde prevenire problemi, dovuti al ritiro del polimero di costruzione del plastico, la base del
modello, è stata comunque alleggerita realizzando una struttura a nido d’ape, di grande efficienza
per quanto concerne la resistenza, ma dal minimo volume di materiale impiegato per la costruzione.
101
Un’ultima accortezza si è prestata nella scelta del materiale per la realizzazione del plastico, la
scelta è caduta non su polimero puro bensì su una miscela di nylon caricato con polvere di vetro,
questo per contrastare ulteriormente fenomeni di ritiro del materiale.
Nella figura 2.3.25 sono illustrati problemi di distacco di sezioni dovute all’esiguità di
alcune parti solide.
Accorgimenti particolari sono stati adottati per quelle porzioni di modello che, in scala 1:2000,
sarebbero state rappresentate in misure inferiori a 0.5 millimetri, limite oltre il quale il macchinario
ha delle difficoltà a polimerizzare il materiale; il modello tridimensionale del ponte è stato
spessorato di quella minima quantità affinché nel plastico apparisse solido e non mancante di parti.
Fig. 2.3.27
Plastico finale. Dimensioni 485 x 550 mm.
102
Fig. 2.3.28 a,b
Plastico finale.
103
Fig. 2.3.29
Plastico finale. Particolari.
Fig. 2.3.30
Plastico finale. Particolare della Piramide Cestia.
104
Fig. 2.3.31 a,b,c
Plastico finale. Particolari del nido d’ape di basamento.
105
Fig. 2.3.32 a,b
Particolari delle volumetrie architettoniche e orografia.
106
Fig. 2.3.33
Fase di sinterizzazione. A raffreddamento avvenuto si apre la prototipatrice
Fig. 2.3.34
Fase di sinterizzazione. Il build può essere estratto dalla macchina.
107
Fig. 2.3.35
Fase di pulizia del build
Fig. 2.3.36
Fase di sabbiatura.
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Conclusioni.
Tutte le fasi operative legate allo svolgimento della sperimentazione applicativa, sono state
coronate da successo. L’intento di illustrare lo spazio urbano sia a grande scala, ponendo grandi
problematiche relative alle difficoltà di mole di calcolo, tanto quanto nella scala più ravvicinata,
dove erano preponderanti i problemi di precisione, è stato soddisfatto.
Gli aspetti sperimentali di questo studio, non riguardano la possibilità di illustrare lo spazio
urbano secondo tecniche innovative, le prime rappresentazioni di modelli orografici “vestite” di
foto satellitari, sono conosciute già da diversi anni, quegli aspetti bensì, cercano di mettere in luce
quelle relazioni volumetriche, che le forme architettoniche, dapprima hanno tra loro, e poi hanno
con lo spazio orografico a scala urbana, peraltro poco indagata.
Nell’uso corrente delle tecniche di modellazione dei volumi architettonici, non è consueto
tentare la modellazione di spazi virtuali, con le dimensioni di quartiere. Quand’anche si fosse
intrapreso il tentativo, ci si porrebbe, per prima cosa, alla ricerca di semplificazioni, le quali
finirebbero per essere per lo più orografiche, tutto nell’intento di rendere il sistema gravato da una
minore quantità di variabili, dominabile, per la riuscita dell’impresa.
Probabilmente il sistema di illustrazione preferenziale dello spazio urbano, è ancora oggi il
plastico fisico. Questo, resta un mio convincimento, avvalorato del fatto che, oggi, lo scarso uso dei
plastici fisici sia limitato solo dai costi e dalla effettiva difficoltà di produzione, per tempi e
significatività.
Il contributo che porta questo studio, al contesto scientifico, consiste nella dimostrazione,
che un approccio CAD oriented alla modellazione dello spazio urbano, possa ottenere, in questo
momento, un miglior risultato rispetto alle modalità correntemente proposte da sistemi GIS,
modalità operazionali che peraltro non sono deputate a ragionamenti tridimensionali.
In attesa che le varie tecnologie GIS, possano evolvere al ruolo utile ad illustrare gli stessi temi,
secondo le modalità rigorose della scienza della rappresentazione, possiamo affermare che
l’approccio CAD, getta un primo ponte, tra la pratica della rappresentazione architettonica, e quella
dello spazio geografico.
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Un secondo aspetto, a giudizio di chi scrive, di grande importanza inseguito nelle varie fasi
di svolgimento di questo studio, era la individuazione del ruolo da attribuire ad un modello di
grande scala, quale quello realizzato per l’area romana. Spesso nella pratica della illustrazione della
architettura, si presenta la necessità di ambientare la stessa architettura, sia essa rilievo o progetto,
in un contesto ambientale veritiero e sufficientemente realistico.
Lo spirito con cui è stata approcciato la costruzione del modello di grande scala, è stato
quello di riuscire ad attribuirgli il ruolo di una matrice spaziale, tale da poter accogliere al suo
interno, tutti gli approfondimenti di indagine spaziale possibili, ed in questo senso, durante lo
svolgersi della sperimentazione di grande scala, è seguita la costruzione di un modello di dettaglio,
nello stesso tempo la matrice spaziale rende, a chi ne usufruisce, un orizzonte geografico certo, alle
proprie ambientazioni, aumentando la appropriatezza della rappresentazione.
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www.liris.cnrs.fr
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MondoGIS
www.mondogis.it
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www.autodesk.com
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www.bentley.com
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ESRI
www.esritalia.it
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CYBERGEO
www.cybergeo.presse.fr
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