2.3 La produzione di un modello urbano di dettaglio nella zona Aventino-Testaccio. Nella seconda parte di questa sezione, relativa alla sperimentazione, vengono illustrate le fasi di produzione di un modello urbano, completo della sua parte architettonica e delle altre componenti antropiche. Resta invece fuori l’ambito della modellazione la copertura vegetale sia nelle sue componenti basse quali siepi e arbusti, così come per la componente alta arborea. Per ulteriore precisazione si deve osservare come all’interno dei supporti cartografici utilizzati fossero censiti in un apposito livello la componente arborea misurata attraverso un punto quotato posizionato sulla testa della chioma degli alberi, purtroppo però queste rilevazioni sono discontinue sul territorio del comune di Roma, e all’interno dell’ambito di studio gli alberi erano rilevati solo per una minima parte. La rappresentazione del verde comunque sarà affidata alla mappatura di foto aeree o da satellite. Anche per questo modello di dettaglio è stato previsto un ampio set di livelli diversificati di illustrazioni comprendendo la produzione di un plastico da realizzarsi con tecniche di prototipazione rapida. 71 2.3.1 Definizione dell’ambito di studio. L’ambito prescelto riguarda una zona ricadente nella parte sud-occidentale del centro storico di Roma (vedi fig. 2.3.1), comprendente gran parte dell’area archeologica del colle Palatino, la zona dell’Aventino, del rione Testaccio, gran parte del rione San Saba, una parte del rione Trastevere includendo il complesso del San Michele e via di Porta Portese. L’area è delimitata a sud dalla ferrovia nel tratto compreso tra la Stazione Ostiense e la Stazione Trastevere, ad ovest dal Tevere e dalle ultime pendici del Gianicolo, a nord dal lungotevere de’Cenci, dal teatro Marcello e le pendici del Campidoglio, ad est dal Circo Massimo, via Aventina, piazzale Ardeatino e via Beltrami. L’area è inclusa nella tavola 17-I del Nuovo Piano Regolatore Generale di Roma, così come illustrato nella cartografia di base (fig. 2.3.2) e nella foto aerea corrispondente (fig. 2.3.3). Questa area è stata individuata secondo dei criteri di significatività morfologica dettati da un andamento orografico in generale mosso ma con alcune peculiarità che costituiscono delle linee di discontinuità: zone ad alta acclività (la scarpata dell’Aventino verso il Tevere e verso via Marmorata) confinanti con la zona piana del Testaccio, la presenza dell’alveo del fiume, rilievi e depressioni puntuali (Monte dei cocci e Circo Massimo). Questa significatività orografica causa una complessa varietà di informazioni geomorfologiche che costituiscono un valido test per la validazione dei risultati delle fasi di modellazione. Il Circo Massimo, gran parte dell’area archeologica del Palatino, la Piramide Cestia con un tratto di mura Aureliane comprendente Porta Ostiense e Porta Portese, il monte dei Cocci sono le preesistenze archeologiche più importanti presenti nell’area di studio. L’area è altresì caratterizzata dalla compresenza di un tessuto architettonico estremamente vario costruito in un arco temporale molto vasto, si noti la presenza di capolavori dell’architettura razionalista, le chiese del periodo romanico, delle tracce di medioevo, il tessuto ortogonale ottocentesco. Nel complesso, questa area costituisce una zona di particolare interesse e pregio, inoltre è fortemente rappresentativa delle stratificazioni storiche che caratterizzano e qualificano la città di Roma. 72 Fig. 2.3.1 – Inquadramento generale dell’area campione 73 Fig. 2.3.2 – Cartografia di base dell’area campione 74 Fig. 2.3.3 – Foto Aerea dell’area campione 75 2.3.2 Descrizione dei dati di input utilizzati. La cartografia di base illustrata in tav. 2.1.1 e la foto aerea illustrata in tav. 2.1.2 rappresentano i materiali di base utili alla costruzione del modello digitale oggetto di questa sperimentazione. La cartografia è stata redatta in scala 1:2000, a partire da un volo effettuato nel periodo maggio-giugno 1998 da Cartesia s.p.a., società inizialmente a capitale misto Acea-Telecom Italia, oggi completamente assorbita da Gemma, società a capitale misto privato-comune di Roma, che come proprietario ne detiene i diritti riservati di pubblicazione e sfruttamento. La redazione della carta, appoggiata sul reticolo UTM / WGS84, copre l’intero territorio comunale di Roma, Guidonia e Fiumicino per un totale di 160.000 ettari (il comune di Roma copre un territorio di circa 130.000 ettari), fu terminata nell’anno 2000 e successivamente aggiornata fino al 2004. La carta è realizzata in modalità digitale vettoriale, associata ad una banca dati territoriale in formato GIS leggibile attraverso i più utilizzati software di gestione GIS. Nella tav. 2.2.1 è mostrata l’ottimo livello di corrispondenza degli elementi disegnati sovrapposti all’ortofoto realizzata per l’area campione, si noti come nel particolare mostrato in tav. 2.2.2, le tracce a terra degli elementi cartografici siano in ottima collimazione con la rappresentazione ortocorretta dell’attacco a terra del corpo dell’edificio. La scelta di utilizzare prevalentemente il software AutoCAD MAP 3D 2006 per l’elaborazione di questa sperimentazione, è stata dettata dal fatto che tale software è in grado di operare direttamente con elementi di modellazione solida, a differenza degli altri software GIS che operano in tre dimensioni conferendo l’elevazione “z” tramite attributo di banca dati. Questa peculiarità di AutoCAD MAP proviene direttamente dalla sua appartenenza alla famiglia di prodotti Autodesk nati per risolvere problematiche di disegno CAD ancor prima della soluzione di problematiche GIS. Per le caratteristiche sopra esposte del software applicativo, la maggior parte delle informazioni di banca dati associate ai singoli oggetti di disegno, vengono tramutate operativamente in caratteristiche geometriche, un esempio tra gli altri riguarda l’altezza “z” che viene attribuita direttamente all’oggetto di disegno, tanto che i punti di quota vengono propriamente visualizzati alla loro reale altezza. Nella tavola 2.2.3 sono mostrate una assonometria e una vista laterale di prospetto dell’insieme dei dati descrittivi l’orografia del sito campione, in rosso sono indicati i punti di quota generici, in nero le quote dell’asse stradale, nella vista assonometrica è ricostruibile l’altezza del monte dei cocci attraverso le curve di livello. 76 Tavola n. 2.3.4 – Sovrapposizione della cartografia vettoriale e ortofoto. 77 Tavola n. 2.3.5 – Particolare del disegno dell’edificato sovrapposto alla ortofoto. 78 Tavola n. 2.3.6 – Elementi di descrizione della orografia. Prospetto e assonometria. 79 Tavola n. 2.3.7 – Elementi di descrizione della orografia. Planimetria. 80 Una serie di contenuti della banca dati restano comunque associati ai vari oggetti pur non producendo risultati sulla geometria; tali informazioni sono interrogabili dal software nella modalità di attributo GIS e riguardano principalmente le informazioni alfanumeriche, come ad esempio i nomi delle strade o dei numeri civici, fisicamente associate alle linee di mezzeria delle strade che costituiscono il grafo stradale. Secondo la schematizzazione della banca dati cartografici l’edificato è visualizzato attraverso l’indicazione della planimetria del singolo edificio, o meglio del singolo corpo di fabbrica caratterizzato dall’altezza costante, la planimetria è disegnata in modalità sgrondata e cioè al netto del piede dell’edificio non considerando l’ingombro della gronda dello stesso. Questa indicazione planimetrica è posizionata all’altezza della quota di gronda. Per ogni corpo di fabbrica così rappresentato sono illustrati, negli attributi di banca dati, codici alfanumerici riguardanti dati amministrativi univoci, relazioni con altri corpi di fabbrica, relazioni con i numeri civici, sono altresì riportate le quote di piede e di gronda, in altezze assolute riferite al livello del mare. L’altezza del corpo di fabbrica resta perciò facilmente identificabile attraverso la differenza tra la quota di gronda e la quota di piede. La figura 2.3.8 mostra i dati contenuti nella scheda identificativa GIS di un qualsiasi corpo edificato cartografato all’interno del software di disegno. Fig. 2.3.8 – Scheda dati attributo dell’edificato. 81 Fig. 2.3.9 – Vista assonometrica degli elementi di cartografia. 82 Nella figura 2.3.9 è riassunta, in una vista assonometrica, la cartografia digitale completa. Lo sfasamento visibile tra i singoli elementi disegnati (la traccia al piede dell’edificio e la planimetria alla gronda) con la aereofoto, rende percepibile la differenza di altezza degli stessi elementi posizionati alle relative quote di altezza. Tutte le informazioni cartografiche sono censite in layers diversificati che ne consentono una segmentazione tematica ad uso dell’utente. Nella tabella 2.3.10 è illustrata la tabella dei layers utilizzati per questa cartografia, raggruppati per tematismo descrittivo. Come già esposto tutti gli elementi della cartografia sono caratterizzati da una propria elevazione reale ad eccezione dei testi e dei simboli, questo indurrebbe a pensare che la costruzione del modello orografico, primo passo nella metodologia di rappresentazione tridimensionale, possa sfruttare gran parte degli elementi per una più corretta e appropriata definizione. Purtroppo in questo caso non sarà possibile a causa della presenza di un consistente numero di errori peraltro grossolani. La presenza di questi errori parrebbe essere riconducibile al cartografo, che spesso, in fase di redazione della mappa, dovrebbe essere stato ingannato nella digitazione si corretta in planimetria ma con una quota di elevato falsata, probabilmente a causa di un osnap malaccorto. Nella figura 2.3.11 è mostrata, a titolo di esempio, la planimetria del singolo impianto stradale, rispetto ad una esatta corrispondenza planimetrica c’è da notare come lo sviluppo in altezza degli elementi stradali illustrati in cartografia, sovente non sia appropriata. I cigli delle strade colorati in rosso, evidenziate sia nelle vista planimetrica come in quella prospettica, sono solo alcuni di quelli che riescono ad illustrare quelle discrepanze. Questa circostanza rende inutilizzabili tutti gli elementi di cartografia, eccezion fatta per quelli della categoria orografica, per la realizzazione del modello orografico a meno di non effettuare una delicata fase di correzione manuale degli errori a seguito di complessi controlli. Altra problematica presente sulla mappa base è costituita dal fatto che all’edificato- costruito è associato un database di dati specifici di altezza dell’edificio, esclusivamente ai layers dotati di prefisso “1A” riguardanti edifici, servizi, chiese. Solo per quegli oggetti presenti su quei layers sarà possibile costruire un affidabile modello tridimensionale. 83 44A 44AL1 46A 48A 49A 50A 52A 53A 54A S_44AL1 Fiume Fiume (copia linee visibili) Canale non rappresentabile a misura, fossetto Scalo Cisterna Piscina scoperta Cascata, rapida Pozzi Vasca e fontana non a misura Simbolo Freccia verso acqua fiume 25A Bosco fitto 25AL Limite di bosco 29A Filare di alberi 30A Albero isolato urbano H_25A Campitura Bosco 1B Binario a scartamento ordinario e trazione elettrica 2B Binario a scartamento ridotto 3B Binario tram Comunicazioni e Ferrovie Viabilità 10B 11B 13B 15B 16B 17B 18B 19B 20B 21B 32A Autostrada Strada campestre Sentiero – Mulattiera - Tratturo Ponte Aiuole spartitraffico, banchine salvagente Marciapiedi Passerella pedonale Sottopasso Ponte sovrastante strada Fermata metropolitana Stazioni di rifornimento o/e assistenza stradale Edifici e costruzioni Direttrice di determinazione certa Intermedia di determinazione certa Cava, estrazione, torbiera, miniera Frana Scarpata Scarpata artificiale piede Scarpata artificiale testa Scarpata naturale piede Scarpata naturale testa Testo curve direttici Curva di livello principale Curva di livello secondaria Curva di livello minore Simbologia di vestizione scarpata Vegetazione 24B10 24B20 33A 37B1 37B2 37BAP 37BAT 37BNP 37BNT A24B1 A42B A46B A47B V_37B Tematismo descrittivo Quote e elementi planoaltimetrici Tipologia degli elementi Orografia - Forma del terreno Nome layer Idrografia Tematismo descrittivo Nome layer Tipologia degli elementi 1A110 1A120 1A130 1A140 1A150 1A160 1A170 1A180 1A190 1A200 1A210 1A220 1A230 1A290 10A 13A 14A 15A 16A 17A 18A 21A 22A 23A 2A 2A1 3A 42A 4A 5A 6A 7A 8A S_13A S_1AC S_1AH V_17A V_18B V_6A V_8A Edificio (residenziale) / Altra costruzione annessa Edifici commerciali Edificio industriale, stabilimento Edifici ricreativi Edifici culturali Uffici Servizi Chiesa Ospedali e case di cura Edifici scolastici Edificio sportivo Fabbricati di stazione a servizio dei viaggiatori Edificio metropolitana - tramviaria Altri edifici Silos, serbatoio Cabina elettrica o cabina di trasformazione Altra struttura complementare all’edificato Portico sormontato da edificio, corpo aggettante Galleria e passaggio pubblico sotto area pubblica Scala / gradinata Campo sportivo Rovina Mura e bastioni Monumento, non rappresentabile a misura / Siti archeologici di interesse culturale Muro Muro di sostegno in cls Muro a secco Palo elettrico di illuminazione Palizzata, cancellata, staccionata, filo spinato, rete metallica Siepe Portico non sormontato da edificio Capannone Baracca Simbolo Cabina elettrica Simbolo Chiesa Simbolo Ospedale Vestizione Gradini Vestizione Passerella Vestizione diagonali portico Vestizione diagonali baracca 25B Punto quotato a terra 26B Punto quotato asse strada A27B Testo punto quotato a terra A28B Testo punto quotato asse strada A40B Testo toponimo stradale 84 Le perdite più gravi dal punto di vista della completezza ed appropriatezza dei risultati attesi, riguardano per la ragione di mancanza dati, tutte le categorie di oggetti relative alla descrizione dei monumenti o comunque della archeologia. Nello specifico la geometria di costruzione degli elementi archeologici ricalca quella dell’edificato rappresentando la corretta posizione in planimetria ma elevato alla quota altimetrica massima del singolo elemento. Fortemente limitativo per effetto di inconsistenza geometrica è l’utilizzo dei muri che sono rappresentati senza una indicazione di spessore realistico. L’insieme dei dati cartografici risulta assai fortemente limitato, conseguentemente ci aspettiamo una precisione media nella fase di produzione del modello orografico. 85 Fig. 2.3.11 – Planimetria dell’impianto stradale. 86 2.3.3 La produzione del modello orografico. Il processo di costruzione del modello orografico, consta normalmente di diversi tentativi di costruzione di DTM, a seguito di ognuno si verifica la presenza di anomalie geometriche presenti sottoforma di bruschi innalzamenti di quota o irregolarità nella rappresentazione. Tutta l’operazione è risultata di molto semplificata dalle prestazioni eccellenti, sia sotto il punto di vista della velocità di esecuzione tanto quanto della precisione di esecuzione, del software adottato AutoDESK Civil 3D 2006. In virtù di un modellatore TIN molto efficiente, insito nel programma, la fase di controllo di qualità si è esperita in tempi brevi, permettendo un grande miglioramento della geometria secondo semplici e piccoli accorgimenti. La visualizzazione del primo TIN prodotto ha generato esiti scoraggianti (vedi figura 2.3.14), l’alveo del Tevere era definito in maniera precaria e si riconosceva con difficoltà la forma dell’isola tiberina, il piano orografico di testaccio e quello dell’aventino erano generati con grosse sfaccettature. La ragione di tutto questo, era dovuta alla generazione di un TIN povero di punti, tanto quanto impostato in fase di filtraggio della cartografia di base, dalla quale, in questa prima fase, erano stati selezionati per la produzione del TIN solo i punti quotati. Gli accorgimenti usati per addivenire al TIN definitivo, sono consistiti nell’aumento dei punti altimetrici, ricavati dagli elementi di tipo cigli di strada, e imposta degli edifici. Tali elementi disegnati in cartografia attraverso linee tridimensionali, qualora semplicemente utilizzati per la generazione del TIN, avrebbero generato pochi punti altimetrici coincidenti con i vertici delle stesse linee. Per aumentare la definizione spaziale di quegli elementi, gli stessi sono stati “misurati” ovvero sono stati collocati, attraverso un comando misura di AutoCAD, punti accessori sopra gli elementi 3D a distanza prefissata di 5 metri. A seguito di tali azioni il numero totale dei punti utilizzati per la definizione del TIN è quintuplicato e la definizione del TIN base è risultata pressoché perfetta. Nelle figure 2.3.12 e 2.3.13 sono mostrate le distribuzioni dei punti altimetrici in rosso quella iniziale e in verde quella finale, così come nelle figure 2.3.14 e 2.3.15 sono mostrati i TIN iniziale e finale secondo lo stesso codice di colore. Infine per meglio rappresentare le differenze di illustrazione la figura 2.3.16 mostra la sovrapposizione dei due TIN. 87 Fig. 2.3.12 – Disposizione planimetrica dei punti altimetrici usati per la definizione del TIN iniziale. 88 Fig. 2.3.13 – Disposizione planimetrica dei punti altimetrici usati per la definizione del TIN finale. 89 Fig. 2.3.14 – Rappresentazione in rendering del TIN iniziale. Fig. 2.3.15 – Rappresentazione in rendering del TIN finale. 90 Fig. 2.3.16 Rappresentazione in rendering della sovrapposizione tra i TIN iniziale e finale 91 La definizione del modello preso in esame ha presentato comunque dei problemi legati agli errori e/o imprecisioni contenute nei dati del cartografo. E’ capitato infatti di imbattersi in una discreta quantità di punti non correttamente allineati con le celle più vicine, tali da originare dei picchi ingiustificati. Tali discontinuità appaiono evidenti e disturbano la lettura di un modello da rappresentare in scala 1:2000, e vanno corrette manualmente tramite un accurato controllo visivo. Successivamente sono passato alla produzione del GRID generato attraverso una maglia di 5 metri di lato. Un ultimo controllo di qualità si è effettuato ispezionando l’intersezione del modello TIN con il GRID (illustrata nella figura 2.3.17) al fine di controllare nuovamente la presenza di discontinuità particolarmente evidenti. Fig. 2.3.17 – Sovrapposizione di GRID e TIN. Resta da osservare, comunque come per la buona riuscita del modello orografico sia necessario un attento lavoro di pulizia, identificazione e censimento delle informazioni altimetriche prodotto in fase di esplorazione della cartografia di base, al fine di minimizzare il numero dei punti che producono anomalie morfologiche. 92 2.3.4 L’inserimento dell’edificato e di altre componenti antropiche. Verificata l’orografia mi sono posto il problema di inserire il tessuto edilizio alla giusta scala e posizione, elaborando così il modello delle volumetrie architettoniche. Il problema principale di tale operazione è scaturito dalla mancanza o approssimazione nella definizione di alcune corti e cortili, che generano un edificio pieno massivo, non rispondente al vero, falsando la lettura del tessuto edilizio. In generale però l’accuratezza della cartografia permette di riconoscere facilmente le varie tipologie edilizie, proponendo una lettura del modello fino ad ora inedita. Fig. 2.3.18 – Sovrapposizione dell’edificato al GRID orografico. 93 La produzione del modello delle volumetrie architettoniche, è stato ottenuto elevando le forme degli edifici, alla loro propria quota di gronda, segnalata nei dati oggetto caratteristici (vedi figura 2.3.8), attraverso una query spaziale, effettuata in modalità tipica del GIS dentro la parte MAP, del software utilizzato AutoDESK Civil 3D. La successiva estrusione delle forme verso il basso ha realizzato le singole volumetrie cosìcome sono visibili nelle figure 2.3.18 e 2.3.19 Fig. 2.3.19 – Sovrapposizione del modello dell’edificato al GRID orografico. L’inserimento di elementi urbani “particolari”, come ad esempio i ponti e la Piramide Cestia, hanno richiesto una cura particolare, non potendo essere generati in automatico con il medesimo procedimento adottato x gli edifici o l’orografia. I muretti ed i contrafforti dell’Aventino hanno richiesto un controllo pedissequo, così come le piccole rampe lungo la scarpata, al fine di ottenere una corretta vista d’insieme. 94 2.3.5 La rappresentazione del modello virtuale. Fig. 2.3.20 – Rendering finale del modello urbano con la mappatura della ortofoto. Terminato l’inserimento di tutti gli elementi non generati autonomamente o che comunque hanno richiesto un intervento manuale, l’intero modello è stato importato in un software specifico per la generazione di rendering (3DStudio Max). All’interno delle procedure di rendering mi sono posto il problema di “spalmare” un’immagine fotografica satellitare sull’orografia al fine di valutare la congruenza del modello con l’immagine reale, utilizzando la tecnica del Map draping. A questo punto il modello è pronto per generare delle rappresentazioni significative e compiere operazioni derivanti da interrogazioni GIS come ad esempio mettere in evidenza gli edifici sacri; oppure mostrare il rapporto tra orografia e tessuto. 95 Fig. 2.3.21 – Rendering finale del modello urbano con la mappatura della ortofoto. Fig. 2.3.21 – Rendering finale del modello urbano con la mappatura della ortofoto. Fig. 2.3.22 – Rendering finale del modello urbano con la mappatura della ortofoto. 96 Fig. 2.3.23 – Rendering finale del modello urbano con la mappatura della ortofoto. 97 2.3.6 La produzione del modello fisico. L’ultima fase di indagine, è consistita nello studio della produzione di un modello fisico, da prodursi con macchine di rapid toolig, nella fattispecie, se ne è verificata la realizzazione con il metodo della “prototipazione rapida”, procedura evinta dal campo del disegno industriale. Attraverso questo test, ci si proponeva di verificare le maggiori problematiche operative, legate all’utilizzo di macchine prototipatrici, l’obiettivo consisteva nella realizzazione di un plastico in scala 1:2000 di grande ampiezza planare, tanto da poter permettere la verifica del sistema di ricomposizione di diversi pezzi, realizzati separatamente. La tecnologia più idonea alla riproduzione di un plastico in scala 1:2000, ricco di particolari di dimensioni minime (al di sotto di 1mm), era individuabile, solo tra due sistemi oggi a disposizione: la Stereolitografia (SLA) e la Sinterizzazione laser (SLS) entrambe per la capacità di produrre modelli fisici di buona robustezza, con riproduzione fedele di particolari minuti. I due sistemi di produzione risultano analoghi, la costruzione del modello avviene per solidificazione di materiale, addotto, per la costruzione di successive sezioni planari dell’oggetto. Per quanto concerne la caratteristica di accuratezza di realizzazione, i due processi di produzione sono simili, con una prestazione lievemente migliore per le realizzazioni con tecniche SLA. A seguito di una scelta ponderata, mi sono orientato verso la Sinterizzazione laser (SLS), quale sistema di produzione ottimale. Il confronto prestazionale, tra i prodotti dei due sistemi di prototipazione, non permette una chiara individuazione di un processo migliore rispetto all’altro, la scelta è risultata principalmente influenzata dalle caratteristiche di aspetto del modello finale realizzato, l’aspetto di un modello SLS è migliore e si presta quindi meglio allo studio concettuale. A seguito di una indagine sul campo, utile a conoscere ed individuare le aziende in grado di produrre il plastico si è potuto scegliere la ditta e conseguentemente, le caratteristiche della macchina di produzione, questo per poter riconoscere, le specifiche dimensionali e di materiale, da stabilirsi come requisiti, e quindi procedere alla definizione di una area di test, da determinare all’interno del modello virtuale. 98 Fig. 2.3.24 La macchina prototipatrice utilizzata per la produzione del plastico. Il plastico che ci si accingeva a realizzare, riguardava solo una parte dell’area di studio, utilizzata per la costruzione del modello virtuale fin qui illustrato. La porzione utile ad effettuare il plastico è stata definita in funzione della grandezza ottimale di quattro riquadri, realizzabili separatamente. Dal punto di vista della morfologia del territorio che si voleva rappresentare, si è incluso nella porzione di test, una parte dell’alveo del Tevere, le pendici del colle Aventino che guardano il fiume e quelle rivolte verso Testaccio, oltre buona parte del monte dei Cocci, individuando così una serie di condizioni critiche rispetto agli spessori fortemente differenziati del plastico. Il plastico definitivo avrebbe avuto una dimensione totale di 485 x 550 mm., conseguentemente le quattro parti da realizzarsi risultavano di 242.5 x 275 mm. di grandezza. Questa dimensione, era ritenuta ottimale per poter consentire la costruzione del plastico, sia in verticale tanto quanto in orizzontale, all’interno della macchina prototipatrice. 99 La possibilità di cambiare la posizione del plastico dentro il cestello della prototipatrice, era ritenuta strategica, qualora si fossero riscontrati problemi di ritiro del materiale o possibile svergolamento del plastico stesso, questo avrebbe permesso l’individuazione di una soluzione operativa. Dato il forte carattere sperimentale, si è deciso di produrre un primo prototipo, in scala ridotta, riguardante l’intera area del plastico, utile per poter testare le caratteristiche fisiche dei materiali, prima di individuare eventuali modifiche da apportare al modello virtuale. Fig. 2.3.25 Distacco delle spallette del ponte, a causa di sezioni inferiori a 0.3mm., troppo assottigliate, nel primo prototipo realizzato in scala ridotta. Il primo prototipo è stato realizzato, a partire dalla porzione riguardante l’area di test prescelta, dal modello virtuale illustrato nella sezione precedente, al quale sono stati aggiunti esclusivamente, un modello tridimensionale del ponte sul Tevere e un modello tridimensionale della Piramide Cestia, non derivabili direttamente nei processi utilizzati per la costruzione dei volumi edilizi a partire dalla cartografia digtale.. 100 Fig. 2.3.26 Svergolatura del piano di base del primo prototipo. Nella figura 2.3.26 sono illustrati i problemi di svergolatura riscontrati nella produzione del primo prototipo. Il modello tridimensionale, fino a questo momento elaborato, ha quindi subito una trasformazione, per potersi interfacciare correttamente con il macchinario. Un primo accorgimento è consistito nell’irrobustimento del plastico attraverso la posizione di un basamento, infatti per mantenere il riferimento della quota 0 orografica, il modello è risultato alto solo pochi millimetri, favorendo il problema dell’imbarcamento e dello svergolamento, a causa delle tensioni interne del materiale. Tale irrobustimento si è ottenuto attraverso un ispessimento della base pari a 10 millimetri, questo spessore, riesce a riportare il plastico, ad un migliore rapporto volumetrico, fino a quel momento, falsato dall’ampio sviluppo di superficie e ridottissima altezza del modello di base. Onde prevenire problemi, dovuti al ritiro del polimero di costruzione del plastico, la base del modello, è stata comunque alleggerita realizzando una struttura a nido d’ape, di grande efficienza per quanto concerne la resistenza, ma dal minimo volume di materiale impiegato per la costruzione. 101 Un’ultima accortezza si è prestata nella scelta del materiale per la realizzazione del plastico, la scelta è caduta non su polimero puro bensì su una miscela di nylon caricato con polvere di vetro, questo per contrastare ulteriormente fenomeni di ritiro del materiale. Nella figura 2.3.25 sono illustrati problemi di distacco di sezioni dovute all’esiguità di alcune parti solide. Accorgimenti particolari sono stati adottati per quelle porzioni di modello che, in scala 1:2000, sarebbero state rappresentate in misure inferiori a 0.5 millimetri, limite oltre il quale il macchinario ha delle difficoltà a polimerizzare il materiale; il modello tridimensionale del ponte è stato spessorato di quella minima quantità affinché nel plastico apparisse solido e non mancante di parti. Fig. 2.3.27 Plastico finale. Dimensioni 485 x 550 mm. 102 Fig. 2.3.28 a,b Plastico finale. 103 Fig. 2.3.29 Plastico finale. Particolari. Fig. 2.3.30 Plastico finale. Particolare della Piramide Cestia. 104 Fig. 2.3.31 a,b,c Plastico finale. Particolari del nido d’ape di basamento. 105 Fig. 2.3.32 a,b Particolari delle volumetrie architettoniche e orografia. 106 Fig. 2.3.33 Fase di sinterizzazione. A raffreddamento avvenuto si apre la prototipatrice Fig. 2.3.34 Fase di sinterizzazione. Il build può essere estratto dalla macchina. 107 Fig. 2.3.35 Fase di pulizia del build Fig. 2.3.36 Fase di sabbiatura. 108 Conclusioni. Tutte le fasi operative legate allo svolgimento della sperimentazione applicativa, sono state coronate da successo. L’intento di illustrare lo spazio urbano sia a grande scala, ponendo grandi problematiche relative alle difficoltà di mole di calcolo, tanto quanto nella scala più ravvicinata, dove erano preponderanti i problemi di precisione, è stato soddisfatto. Gli aspetti sperimentali di questo studio, non riguardano la possibilità di illustrare lo spazio urbano secondo tecniche innovative, le prime rappresentazioni di modelli orografici “vestite” di foto satellitari, sono conosciute già da diversi anni, quegli aspetti bensì, cercano di mettere in luce quelle relazioni volumetriche, che le forme architettoniche, dapprima hanno tra loro, e poi hanno con lo spazio orografico a scala urbana, peraltro poco indagata. Nell’uso corrente delle tecniche di modellazione dei volumi architettonici, non è consueto tentare la modellazione di spazi virtuali, con le dimensioni di quartiere. Quand’anche si fosse intrapreso il tentativo, ci si porrebbe, per prima cosa, alla ricerca di semplificazioni, le quali finirebbero per essere per lo più orografiche, tutto nell’intento di rendere il sistema gravato da una minore quantità di variabili, dominabile, per la riuscita dell’impresa. Probabilmente il sistema di illustrazione preferenziale dello spazio urbano, è ancora oggi il plastico fisico. Questo, resta un mio convincimento, avvalorato del fatto che, oggi, lo scarso uso dei plastici fisici sia limitato solo dai costi e dalla effettiva difficoltà di produzione, per tempi e significatività. Il contributo che porta questo studio, al contesto scientifico, consiste nella dimostrazione, che un approccio CAD oriented alla modellazione dello spazio urbano, possa ottenere, in questo momento, un miglior risultato rispetto alle modalità correntemente proposte da sistemi GIS, modalità operazionali che peraltro non sono deputate a ragionamenti tridimensionali. In attesa che le varie tecnologie GIS, possano evolvere al ruolo utile ad illustrare gli stessi temi, secondo le modalità rigorose della scienza della rappresentazione, possiamo affermare che l’approccio CAD, getta un primo ponte, tra la pratica della rappresentazione architettonica, e quella dello spazio geografico. 109 Un secondo aspetto, a giudizio di chi scrive, di grande importanza inseguito nelle varie fasi di svolgimento di questo studio, era la individuazione del ruolo da attribuire ad un modello di grande scala, quale quello realizzato per l’area romana. Spesso nella pratica della illustrazione della architettura, si presenta la necessità di ambientare la stessa architettura, sia essa rilievo o progetto, in un contesto ambientale veritiero e sufficientemente realistico. Lo spirito con cui è stata approcciato la costruzione del modello di grande scala, è stato quello di riuscire ad attribuirgli il ruolo di una matrice spaziale, tale da poter accogliere al suo interno, tutti gli approfondimenti di indagine spaziale possibili, ed in questo senso, durante lo svolgersi della sperimentazione di grande scala, è seguita la costruzione di un modello di dettaglio, nello stesso tempo la matrice spaziale rende, a chi ne usufruisce, un orizzonte geografico certo, alle proprie ambientazioni, aumentando la appropriatezza della rappresentazione. 110 Bibliografia • M.F.Goodchild, D.J. Maguire, P.A. Longley, “Geografic Information System and sciences”, Wiley & sons, Somerset NJ (USA), 2001; • M.N. Demers, “Fundamentals of Geografic Information Systems”, Wiley & sons, Somerset NJ (USA), 2003; • Robert Laurini, “Information Systems for Urban Planning”, Taylor & Francis, London (UK) – New York (USA), 2001 • Naser El-Sheimy, Caterina Valeo, Ayman Habib, “Digital Terrain Modelling – Acquisition, manipulation, and applications”, Artech House, Boston MA (USA) – London (UK), 2005; • Zhilin Li, Quing Zhu, Christopher Gold, “Digital Terrain Modelling – Principles and methodology”, CRC Press, Boca Raton FA (USA), New York NJ (USA), London (UK), Washington DC (USA), 2004; • Itzhak Benenson, Paul M. Torrens, “Geosimulation, Automata-based modelling of urban phenomena”, Wiley & sons, Somerset NJ (USA), 2004; • Paul A.Longley, Michael Batty, “Advanced Spatial Analysis – The CASA book of GIS”, ESRI press, Redland CA (USA), 2003; • AA.VV. “Photogrammetric mapping”, American Society of Civil Engineers, 1996 • Weiso Chen, “3D city: prototyping techniques for urban design modelling”, MacAulay Land Use Research Institute, Aberdeen (UK), 2000; • Thomas Blaschke, Dirk Tiede, “Bridging GIS-based landscape analysis/modelling and 3D-simulation. Is this already 4D?”, University of Tubingen (D), 2003; • Christophe Valorge, “3D restitution and rendering through high resolution imagery: State of the art and new challenges”, CNES Tolouse (F), 2003; • Ilkka Korpela , “3D data capture for DEM ,DTM, DSM production – an introduction to photogrammetric methods and ranging laser”, University of Helsinki (FI), 2000. 111 Siti internet di riferimento • Centre for Advanced Spatial Analisys (CASA) University College of London www.casa.ucl.ac.uk • urbanSimulation www.urbansimulation.com • geosimulation www.geosimulation.org • Urban Data Management Society www.udms.net • Geocomputation www.geocomputation.com • Laboratoire d’InfoRmatique en Images et Systemes d’information (LIRIS) CNRS INSA de Lyon www.liris.cnrs.fr • MondoGIS www.mondogis.it • Autodesk www.autodesk.com • Bentley www.bentley.com • ESRI www.esritalia.it • CYBERGEO www.cybergeo.presse.fr 112