l`educatore e il lavoro socio-educativo.

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI ROMA TRE
Dipartimento di Scienze della Formazione
Collegio Didattico Educativo Professionale
Corso di laurea in “Educatore Professionale di Comunità”
A.A. 2015-2016
TIROCINIO II
Prof. Daniele De Angelis
Dispensa per esame
L’EDUCATORE E IL LAVORO SOCIO-EDUCATIVO.
Tra le varie figure professionali operanti nel campo sociale che hanno subìto un inevitabile
cambiamento quella dell’educatore professionale è senz’altro la più palese.
I cambiamenti delle politiche sociali e dell’organizzazione dei servizi verificatisi in questi
ultimi anni hanno trasformato profondamente il modo di intendere e di realizzare tale
professione.
In questi anni l’educatore ha dovuto rimodulare alcuni aspetti del suo percorso formativo,
ridefinire il proprio profilo professionale senza perdere di vista la funzione sociale fin da
sempre esercitata, individuare nuovi settori d’intervento sperimentando approcci metodologici
di tipo diverso.
Nell’ampio mondo delle professioni sociali l’educatore professionale con fatica e tenacia è
riuscito a occupare un posto di rilievo, si è fatto spazio modificando decisamente i riferimenti
teorici del proprio lavoro.
Con il tempo egli ha acquisito tutta una serie di conoscenze, competenze, strumenti, che lo
hanno portato ad utilizzare, in modo sempre più raffinato, abilità procedurali capaci di mettere
al centro della propria attenzione e del proprio agire l’ecosistema della persona-utente e le sue
reali dimensioni relazionali ed emotive.
In particolare il suo contributo specifico si è orientato sui processi di crescita, di apprendimento,
di reinserimento sociale, sulla prevenzione con una rilevante e costante attenzione allo sviluppo
degli individui, dei nuclei familiari, degli ambienti relazionali e comunitari.
In tutte queste situazioni l’educatore professionale è riuscito progressivamente a collocarsi
portando un apporto distinto, differente da quello di altre figure (assistente sociale, psicologo,
medico ecc.), non in competizione o rivalità, ma in modo complementare ad esso.
Il suo campo di lavoro si è indirizzato verso lo sviluppo dei nuclei familiari, degli ambienti
comunitari e privilegiando la dimensione all’ascolto e al valore della libertà delle persone.
La sua realtà lavorativa si è caratterizzata da una pluralità di percorsi, di origini, di matrici
storiche, che hanno reso articolato, complesso ed differenziato lo specifico panorama
professionale.
Rispetto al passato, l’educatore ha ampliato il suo target di riferimento e si è indirizzato verso
bambini, disabili, adolescenti e adulti, così come persone in particolari situazioni di rischio o
svantaggio: disabili psichici, consumatori e dipendenti da alcool e droghe, persone senza
dimora, ecc. Nella situazione attuale gli attori non sono più soltanto i giovani o i bambini ma
1
anche gli adulti con i loro bisogni di socializzazione, i diversi”, le persone ridotte alla povertà,
quella povertà che porta con sé nuovi pericoli, l’esclusione sociale e la rottura del principio e
del diritto di cittadinanza democratica, ecc.
Il contesto lavorativo non è più la scuola intesa solo come unico luogo dove la funzione
educativa viene svolta, ma tutto il territorio in cui si svolge la vita dei soggetti bisognosi di
aiuto.
I luoghi sono cambiati: la strada, le case, i centri di ritrovo culturale sono diventati spazi per una
educazione sociale nuova entro cui collocare l’azione educativa.
Oggi il campo d'azione dell’educatore è molto ampio: lavora in strutture pubbliche, private o
all'interno di cooperative e a contatto con i responsabili organizzativi, psicologi, operatori
sociali, animatori, terapisti della riabilitazione, ecc.
Egli si inserisce in numerosi contesti, come i servizi socio-educativi, i centri sociali, culturali, i
centri per le famiglie, per minori, i centri di quartiere, associazioni educative e di riabilitazione,
comunità alloggio, centri occupazionali diurni per disabili, strutture assistenziali per anziani,
SERT (Servizi pubblici per le tossicodipendenze) ecc., con lo scopo di sviluppare attività di
prevenzione e di integrazione sociale nei confronti di gruppi appartenenti alle diverse fasce di
età.
“(…) L’educatore quale figura professionale, ha affinato capacità proprie dell’essere umano
che gli permettono di operare dentro sé, attorno a sé, assieme agli altri, per attenuare l’effetto
del limite e della fragilità e alimentare creatività e vitalità costruttiva che sono in ognuno di
noi”1.
Il lavoro dell’educatore è divenuto oggi “lavoro socio-educativo”2 in continua evoluzione per
quanto riguarda campi d’intervento, i gruppi target, le metodologie, ecc.
Tra gli obiettivi fondamentali riscontrabili nel lavoro socio-educativo sono da considerare la
prevenzione e l’aiuto alla marginalità sociale e, aggiungiamolo, all’emarginazione sociale,
termini questi, simili ma con significati diversi.
L’emarginazione è il processo attraverso il quale determinati individui o gruppi sono respinti ai
margini della società.
Tra le cause dell'emarginazione possiamo distinguere fattori di ordine economico, che
riguardano principalmente la struttura del mercato del lavoro e la sua capacità di assorbimento
della forza lavoro; fattori di ordine politico, che riguardano le forme e le limitazioni della
partecipazione politica; infine fattori di ordine culturale, relativi ai processi di differenziazione
culturale, alla sovrapposizione di culture diverse in uno stesso ambito territoriale e sociale,
all'esistenza di minoranze etniche o di altro tipo.
La malattia mentale, la tossicodipendenza, la microdelinquenza, la formazione di bande
giovanili che adottano stili aggressivi, l'estremismo politico e il terrorismo sono alcuni dei
fenomeni che spesso sono stati interpretati come conseguenze, più o meno dirette,
dell'emarginazione sociale.
1
AA.VV., La professione di educatore. Ruolo e percorsi formativi, Carocci Faber, Roma, 2001.
2
Nato e sviluppatosi nel lavoro con i bambini e i giovani comprendendo l’educazione e le loro condizioni
includendo anche il trattamento, il lavoro socio-educativo ha ampliato il suo target di riferimento e si
indirizza oggi verso bambini, disabili, adolescenti e adulti, così come persone in particolari situazioni di
rischio o svantaggio.
2
Generalmente alla base dell’emarginazione c’è una diversità riconoscibile. Gli handicappati, gli
immigrati extracomunitari, i tossicodipendenti, i malati di AIDS, gli anziani ecc.
L’emarginato esce dalla norma per qualche ragione, perché disabile, straniero, anticonformista.
Tuttavia, l'emarginazione non dipende solo dalla diversità, ma soprattutto da origini sociali: è la
società che allontana il diverso, per questo si parla di “emarginazione sociale”, ovvero di un
trattamento discriminatorio che gli individui ricevono dalla società e che appare ingiusto.
La marginalità invece, è la condizione in cui può trovarsi un individuo.
Nelle Scienze Sociali il termine indica la condizione di chi, vivendo in società industriali
avanzate, specialmente nelle grandi aree urbane, e subendo gli effetti del fenomeno di
emarginazione o di marginalizzazione dovuto a cause diverse ma in generale connessi con le
modalità dello sviluppo economico e industriale, si trova escluso dal mercato del lavoro e,
quindi, dai livelli generalizzati dei consumi, con conseguente impoverimento della sua vita
culturale e sociale.
I marginali3 sono più esterni alla vita sociale rispetto agli emarginati: l'emarginato si sente
ancora coinvolto e avverte il fatto di essere messo da parte come un’ingiustizia per la quale può
protestare; nel marginale invece è maturato un senso di estraneità alla società per cui non
avverte l’esigenza di partecipare, non cerca l’integrazione e si considera di un mondo a parte.
I gruppi marginali hanno una cultura propria, cioè valori, norme, abitudini, tradizioni a sé stanti;
si tratta di subculture all'interno della più ampia cultura della società, con una vita e uno
sviluppo separati.
Gli emarginati, invece, non hanno una cultura propria, ma condividono, più o meno
integralmente, quella dominante nella società.
Mentre gli emarginati hanno una posizione periferica, i marginali sono del tutto fuori
dell'organizzazione sociale.
La marginalità è riconducibile sia alla mancanza di risorse economiche adeguate sia ad un
accesso limitato ad ambiti sociali come l’educazione, l’assistenza sanitaria, il lavoro, l’alloggio,
la tecnologia, la vita politica ecc.
L’educatore è chiamato ad intervenire su queste problematiche coinvolgendo le comunità locali
nel difficile compito di mettere in campo azioni di contrasto a questi fenomeni anche se per la
risoluzione del problema della marginalità sociale fondamentale è il ruolo e il supporto delle
istituzioni e della “società civile”.
Non solo gli educatori e altre professioni operanti nel sociale, ma tutta la società civile è
chiamata a recuperare la sua natura comunitaria, cioè consentire a tutti i suoi componenti, a
partire dai più vulnerabili4, una partecipazione attiva e responsabile alla vita sociale.
Per riuscirci è necessario anche un forte senso delle istituzioni, dello Stato, della legalità: a
ciascuno è richiesto di adoperarsi perché la democrazia, il pieno rispetto della Costituzione, con
3
Un soggetto, sia esso un gruppo o un individuo, è marginale quando occupa una posizione periferica dal
centro del sistema sociale cui appartiene; e subisce gli effetti di fenomeni detti appunto di emarginazione o di
marginalizzazione dovuti a cause diverse con conseguente impoverimento della sua vita culturale e sociale.
4
Nelle società contemporanee le categorie maggiormente vulnerabili sono: le persone senza fissa dimora, i
disabili, i detenuti o ex-detenuti, le persone con dipendenza da sostanze, gli anziani, gli immigrati, i rom, le
famiglie numerose o monoparentali, i minori.
3
i principi di libertà, di giustizia e di uguaglianza in essa sanciti 5, restino punti fermi di scelte e
progetti politico-economici.
Attraverso un processo di interazione sociale, l’educatore mira a prevenire e ad aiutare sia i
singoli individui sia i gruppi a rischio di marginalità sociale, affinché possano sviluppare le loro
risorse in una società che cambia progressivamente.
E’ dalla risoluzione del fenomeno della marginalità sociale che dipende il benessere non solo
dei singoli cittadini ma della comunità globale.
Nella formulazione di tali politiche diventa importante tenere in considerazione anche gli aspetti
relazionali dell’emarginazione.
Per far fronte a questo problema l’educatore agisce insieme ad altre “professioni d’aiuto”, ossia
tutte quelle figure professionali che hanno come obiettivo la riduzione del disagio: l’accoglienza
e la reintegrazione delle persone colpite da situazioni di bisogno di tipo relazionale, infatti, non
è possibile con il solo aiuto e la partecipazione degli educatori.
L’educatore professionale certamente non può affrontare da solo le molteplici situazioni
problematiche che incontra nel territorio. Per riuscire nel migliore dei modi a raggiungere gli
obiettivi preposti egli viene affiancato e supportato da altre figure professionali. La
collaborazione con queste figure si è nel tempo intensificata e formalizzata, fino a divenire oggi
prassi operativa.
Le professioni di aiuto sono professioni che hanno nel loro mandato la caratteristica di
rispondere alle molteplici richieste di tutti coloro che hanno bisogno del loro aiuto
professionalmente qualificato. Esse sono riferite a quanti si occupano dell’assistenza a persone
con un’elevata situazione di disagio sia fisico che psichico, professioni cioè, caratterizzate da
un’alta motivazione soggettiva al lavoro di dedizione agli altri.
Basti pensare ai medici, agli psicologi, agli infermieri, agli assistenti sociali, agli assistenti
domiciliari, agli operatori di comunità terapeutiche, ma anche ai poliziotti, ai vigili del fuoco, ai
sacerdoti oppure alle suore.
“(…) Queste professioni sono high-touch (a contatto continuo), implicano cioè numerosi
contatti diretti con persone in difficoltà”6.
Educare e accompagnare gli utenti, compatibilmente con le loro esigenze soggettive nello
sviluppo di un'autonomia personale e sociale e nell'acquisizione e/o mantenimento di
competenze comportamentali, cognitive, affettive e relazionali, finalizzate verso un’adeguata
integrazione sociale sono altri obiettivi assai importanti del lavoro socio-educativo.
Il lavoro socio-educativo consiste in una pluralità di attività di osservazione, di ascolto, di
interazione e di guida sia con l’utente (o con il gruppo), sia con la rete familiare e sociale che la
5
Costituzione della Repubblica Italiana, Art. 2: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili
dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede
l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Art. 3: Tutti i
cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza,
di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della
Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e
l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
6
MASLACH C., LEITER P., Burnout e organizzazione. Modificare i fattori strutturali della demotivazione
al lavoro, Feltrinelli, Milano, 2000, p. 26.
4
circonda; ciò garantisce all'utente l'indispensabile accompagnamento educativo ed affettivo nel
suo processo di socializzazione, di acquisizione della maggior autonomia possibile e di
integrazione sociale. Guida e accompagnamento sono funzioni educative che appartengono al
lavoro dell’educatore: risultano necessarie al fine di facilitare l’inserimento, la partecipazione e
la piena cittadinanza delle persone (giovani e adulti) alla vita sociale. La presa a carico fa leva
sulle risorse fisiche, psichiche, sociali e ambientali dell’utente, tutelandone al contempo i diritti.
Gli educatori si trovano oggi a lavorare, dialogare, costruire processi di cambiamento con i
cittadini, con gli amministratori pubblici, con professionisti di altri servizi, con interlocutori del
privato sociale, al di fuori delle istituzioni.
In questi ultimi anni hanno dovuto ricostruire i riferimenti teorici, ricollocandosi nella rete e
nelle relazioni, hanno dovuto sviluppare capacità particolari grazie al quotidiano impegno ad
informarsi, a partecipare, a pagare di persona, a scendere in campo.
In questi anni gli educatori hanno saputo assumersi le responsabilità della partecipazione alla
vita sociale, culturale, politica; hanno mostrato in tutta la sua ampiezza la vera sfida che si è
posta e che si presenta quotidianamente loro: concorrere, insieme alla cittadinanza e ad altre
figure professionali coinvolte, alla ricostruzione del tessuto sociale e civile, contribuire a
realizzare la rinascita del senso della democrazia e della cittadinanza, nel segno
dell’accoglienza, della pace, della giustizia e della solidarietà.
Non dimentichiamo però che lo strumento essenziale del lavoro socio-educativo è costituito dal
processo interpersonale e relazionale attraverso un contatto diretto con la persona. Questo
richiede all’educatore di essere in grado di chiarire i contenuti, le relazioni, le dinamiche e
metodi delle proprie azioni.
Il contatto diretto dà all'educatore la possibilità di entrare in relazione stretta e intima con la
persona, relazione che spesso è caratterizzata da una comunicazione interattiva basata
sull'ascolto, la condivisione empatica, la confidenza e l'aiuto.
“(…) Il fatto che il lavoro socio-educativo sia centrato sulla relazione interpersonale e che il
processo educativo sia principalmente una relazione sociale fra l’educatore coinvolto e i
bambini/giovani/adulti, richiede che l’educatore sia in grado di coinvolgersi ed impegnarsi da
solo nel proprio lavoro. È necessario che l’educatore sociale si metta in gioco in prima
persona, pena la sterilità della relazione interpersonale” 7.
L’educatore deve stabilire la relazione con l'apertura al dialogo, con la disponibilità a mettere in
discussione le proprie considerazioni, poiché egli non è portatore di verità assolute.
Deve permettere e facilitare contatti tra i soggetti e le strutture, svolgendo così, anche una
funzione di “mediatore”.
Il suo lavoro non deve rivolgersi precipuamente alla persona ma all’ambiente; il suo ruolo di
collegamento tra il servizio e il sistema di risorse presenti nel territorio lo vedono come
mediatore tra ciò che sta dentro e ciò che sta fuori il servizio.
Per riuscire in questo, egli deve stimolare le attività dei gruppi e delle associazioni del territorio,
deve incoraggiare la persona ad individuare e a collegarsi con tutte quelle associazioni che gli
permettono meglio di allargare le sue possibilità di relazioni interpersonali.
7
AIEJI (International Association of Social Educators), [email protected], Le competenze professionali
dell’educatore sociale. Piattaforma concettuale (versione in lingua italiana), p. 7.
La versione italiana della Piattaforma è stata curata da Paola Scarpa e Marina Testi per conto di ANEP
(Associazione Nazionale Educatori Professionali) www.anep.it.
5
Il ruolo dell’educatore deve essere quello di mediatore, tra il soggetto e la comunità, ma anche
tra il soggetto e la famiglia e il territorio; non deve esaurirsi nel rapporto con la singola persona
ma allargarsi anche a contenuti più culturali che creino la consapevolezza nei membri della
collettività delle risorse e dei problemi esistenti. Il favorire la comunicazione e le relazioni tra le
varie risorse, sensibilizzare, informare e coinvolgere, trasformano l’educatore in un
“facilitatore” di comunicazione e connessione delle risorse disponibili.
Una professione quella dell’educatore complessa, che richiede vigore e capacità d’intervento a
grandi livelli sul lavoro socio-educativo.
“(…) Il lavoro socio-educativo può essere definito come un processo di azioni sociali rivolte ad
individui ed a vari gruppi di individui. I metodi sono multidimensionali e includono il prendersi
cura, l’intervento, la terapia, la promozione di luoghi dove svolgere le azioni che siano
inclusivi e non escludenti, ecc. L’obiettivo è la piena socializzazione e cittadinanza per tutti
(…) Il lavoro socio-educativo si svolge a diretto contatto con i bambini, i giovani e gli adulti,
spesso per un lungo periodo di tempo. Il contatto non è limitato ad un particolare momento
della giornata. Questo implica che un educatore sociale può seguire relativamente pochi utenti,
e quindi stabilisce con il singolo utente una conoscenza approfondita. Non da ultimo, il
contatto diretto dà all'educatore sociale la possibilità di entrare in relazione stretta e intima
con la persona, relazione che spesso è caratterizzata da continuità e stabilità. All’educatore
sociale è richiesto di saper aiutare la persona nella realizzazione e soddisfacimento dei suoi
bisogni, necessità e obiettivi”8.
Il lavoro socio-educativo si occupa dunque di aiuto a partire dalle necessità di persone in
situazione di disagio e marginalità. L’inevitabile aumento diversificato degli interventi di lavoro
sociale verso tutte quelle persone bisognose di aiuto ha richiesto quanto meno necessarie nuove
forme innovative di supporto professionale. Da questa diversificazione di interventi è nata da
parte dell’educatore l’esigenza di confrontarsi con altre figure professionali sugli aspetti
metodologici del lavoro.
Il lavoro socio educativo” rientra a pieno titolo nel ”lavoro sociale”, ne è parte integrante.
“(…) Gli interventi di lavoro sociale spaziano dai processi di aiuto psico-sociali centrati
soprattutto sulla singola persona al coinvolgimento nella costruzione delle politiche sociali,
nella pianificazione dei servizi e nello sviluppo sociale. Gli interventi di lavoro sociale
comprendono il counseling, il lavoro sociale riparativo o “clinico” , il lavoro con i gruppi, il
lavoro socio-educativo, il trattamento e la terapia dei problemi familiari, così come le iniziative
per aiutare le persone a ottenere servizi formali e risorse nella comunità. Gli interventi
comprendono, ancora, la gestione di enti e servizi socio-assistenziali, l'organizzazione di
progetti di comunità e l'impegno nell'azione sociale e politica per incidere sullo sviluppo delle
politiche sociali ed economiche”9.
8
AIEJI (International Association of Social Educators), op.cit., pp. 5 - 6 - 7.
9
Tratto da “Definizione di lavoro sociale” adottata dall'International Federation of Social Workers,
Montreal, Canada, 26 luglio 2000. Questa definizione internazionale di lavoro sociale professionale
sostituisce quella adottata dalla IFSW nel 1982. Va tenuto presente che il lavoro sociale è dinamico e in
evoluzione e, quindi, nessuna definizione va considerata esaustiva.
6
Il lavoro sociale rivolge la sua azione verso le barriere, le disuguaglianze e le ingiustizie che
esistono nella società utilizzando diverse abilità, tecniche ed attività rispondendo così ai
problemi che si presentano nella vita quotidiana del singolo individuo o del gruppo.
I diritti umani e la giustizia sociale sono la motivazione che giustifica la condotta del lavoro
sociale. La professione è solidale con le persone svantaggiate e si sforza di alleviare la povertà e
di emancipare i deboli e gli oppressi, al fine di promuovere l'inclusione sociale.
“(…) Il concetto di “inclusione sociale”, affermatosi a livello comunitario, comprende
l’accesso di tutti i cittadini alle risorse di base, ai servizi sociali, al mercato del lavoro e ai
diritti necessari “per partecipare pienamente alla vita economica, sociale e culturale, e per
godere di un tenore di vita e di un benessere considerati normali nella società in cui vivono”.
In altri termini per inclusione sociale si intende il superamento, per la più grande quota di
persone possibile di livelli di servizio socialmente accettabile nelle molteplici dimensioni del
proprio vivere: istruzione, sicurezza, salute, abitazione, ambiente, rispetto di sé, etc.”10.
Obiettivo primario dell'inclusione sociale è quello di promuovere le condizioni di vita più
dignitose e un sistema di relazioni soddisfacenti nei riguardi di persone che presentano
difficoltà nella propria autonomia personale e sociale, in modo che esse possano sentirsi parte di
comunità e di contesti relazionali dove poter agire, scegliere, giocare e vedere riconosciuto il
proprio ruolo e la propria identità.
Questo richiede da parte delle istituzioni delle diverse realtà e degli educatori che si occupano
di inclusione sociale lo sforzo di acquisire un pensiero e un approccio mentale aperto al
cambiamento e al superamento dell’ottica d’intervento centrata sulla relazione duale
“educatore/utente”.
Il compito focalizzato sul cambiamento, è quello di fare in modo che tutte le persone siano in
grado di sviluppare pienamente il proprio potenziale, arricchendo le loro esistenze e prevenendo
le disfunzioni.
In questa prospettiva l’educatore professionale si trasforma in “agente di cambiamento” non
solo a livello individuale, ma a livello sociale, familiare, comunitario; diviene “professionista
del lavoro sociale”, con competenze e titoli di studio specifici, nonché portatore di un'esigenza
continua di aggiornamento formativo e raffinamento dell'offerta.
Il terreno in cui l’educatore professionale opera nel campo sociale è quello della cittadinanza
attiva11, il che significa che è in grado di realizzare progetti capaci di dialogare con il territorio,
10
Decisione di esecuzione della Commissione Europea del 29.10.2014 che approva determinati elementi
dell'accordo di partenariato con l'Italia - CCI 2014IT16M8PA001. Così viene definito il concetto di
inclusione sociale nell’Accordo di Partenariato 2014-2020 nella sua ultima versione del 9 dicembre 2013.
Un’inclusione integrata che contribuisce a rendere i soggetti svantaggiati o a rischio di povertà sia
economicamente che socialmente inseriti.
11
La cittadinanza attiva è la capacità dei cittadini di organizzarsi in modo multiforme, di mobilitare risorse
umane, tecniche e finanziarie, e di agire con modalità e strategie differenziate per tutelare diritti esercitando
poteri e responsabilità volti alla cura e allo sviluppo dei beni comuni. Favorire la consapevolezza di valori
condivisi, lavorare perché l’azione comune non prescinda da essi, prima ancora di essere un esercizio
politico, si configura come un fatto eminentemente educativo. Il significato di cittadinanza ha un valore
aggiunto che risiede sicuramente nei termini di cittadinanza attiva e solidale. Per attiva si intende un voler
prendere parte concretamente all’azione civica nelle sue molteplici forme, per solidale si intende invece
avere un occhio attento e pronto verso chi, per vari motivi si sente fuori, non integrato, non coinvolto nella
vita pubblica. Cfr. MORO G., Manuale di cittadinanza attiva, Carocci Editore, Roma, 1998.
7
con le reti di soggetti organizzati e, più in generale, si pone in un'ottica di stimolo al
miglioramento nei confronti della cittadinanza e delle istituzioni.
Il lavoro socio-educativo spinge l’educatore a riconoscersi soggetto sociale consapevole,
presente nella vita di tutti i giorni, capace di creare connessioni e di finalizzare le proprie azioni
al benessere e all’inclusione sociale. È un lavoro, questo, costruito intorno ai servizi socioeducativi inseriti nel territorio e non una semplice somma di figure professionali.
“(…) Da una parte l’educatore professionale deve supportare e guidare la persona/utente nel
“sistema”in cui vive; dall’altra, l’educatore professionale deve gestire le aspettative e le
richieste che la comunità ha rispetto questi gruppi/persone. L’educatore professionale deve
inoltre aiutare a migliorare e sviluppare le basi socio-culturali e le condizioni di questi gruppi.
Il lavoro socio-educativo e i servizi socio-educativi non sono isolati, non sono a “parte” nel
sistema sociale: sono un’istituzione che fa parte del sistema di welfare locali più ampi, dentro
cui si inserisce il “quadro generale” delle attività socio educative.
L’educatore professionale deve conoscere ed essere capace di relazionarsi e agire nei contesti
di cui il suo servizio è parte, così deve:
1. conoscere il sistema globale in cui opera ed essere in grado di pianificare il lavoro,
tenendo conto del sistema legislativo, delle regole e dei contratti che costituiscono in
generale la struttura del lavoro socio-educativo;
2. avere delle conoscenze basate sulla professionalità che lo rendano in grado di operare
sia nella pubblica amministrazione che nelle organizzazioni private, e conoscere le
modalità decisionali gerarchiche;
3. conoscere i sistemi organizzativi ed amministrativi e la loro gestione, in modo da poter
rispondere alle richieste attuali e future delle imprese pubbliche e private, rispetto alla
documentazione, alla valutazione e alla garanzia della qualità del proprio lavoro;
4. avere una visione approfondita ed essere in grado di partecipare come professionista
alla costruzione del dialogo e della negoziazione delle decisioni che competono alle
autorità locali in tema di educazione (p.e. politiche per l’infanzia e la gioventù, per il
mercato del lavoro e la famiglia…);
5. essere in grado di gestire l’impatto che il lavoro socio-educativo ha sull’opinione
pubblica. L’educatore professionale deve quindi promuovere e prendere parte ai
dibattiti sulla professione socio-educativa e l’impatto che ha sulla comunità”12.
Posto in questi termini, il lavoro socio-educativo si colloca in una definizione molto più ampia
dell’educazione divenendo nel sistema dei servizi socio-educativi conditio sine qua non.
Si presenta come un processo di interazione sociale mirato a supportare ed aiutare i singoli
individui ed i gruppi a rischio di esclusione sociale ed è per questo che necessita sempre più di
essere legittimato e studiato scientificamente.
Un lavoro, quello socio-educativo, capace di promuovere lo sviluppo della solidarietà e la
partecipazione alla vita sociale degli individui e di favorire i cambiamenti sociali migliorando la
qualità della vita.
Prof. Daniele De Angelis
12
L'educatore professionale (a cura di Associazione Nazionale Educatori Professionali), Maggioli editore,
Satarcangelo di Romagna (RN), 2012, pp. 49-50.
8