“Polimero” = molecola di grandi dimensioni Sequenze di gruppi chimici legati da legami covalenti Struttura a catena Introdotto da Jons Jacob Berzelius (medico svedese, 1779-1848) deriva dalle parole greche “πολυ” (molto) e “μερoς” (parte). polimetilene (conosciuto come polietilene): – CH2 – CH2 – CH2 – CH2 – CH2 – CH2 - CH2 - CH2 - CH2 – poliossimetilene: – CH2 – O – CH2 – O – CH2 – O - CH2 - O - CH2 – Un poliossimetilene di massa molecolare 280000 contiene 20000 gruppi CH2 in sequenza. La natura macromolecolare di questi composti non era chiara ancora alla fine del 1800. Per la gomma naturale (poli-isoprene 1,4) fu proposta la struttura: con n molto grande. L’unità di ripetizione di base: era prevista in modo corretto ma la struttura veniva interpretata come costituita da un aggregato di coppie di unità di base (micella). Solo nel 1927 Hermann Staudinger (chimico tedesco, 1881-1965; premio Nobel nel 1953) formulò il termine “macromolecola” per indicare una molecola gigante, costituita da un numero elevatissimo di gruppi atomici. Macromolecole possono essere: sintetiche e naturali (biopolimeri). “Polimero” e “Macromolecola” non sono equivalenti. Vi sono molecole giganti che non hanno struttura a catena (non sono polimeri per esempio la lignina, costituente fondamentale della struttura delle piante insieme alla cellulosa, che è invece un polimero). Lignina Cellulosa polimero del glucosio La simbologia utilizzata in chimica per indicare la struttura a catena delle molecole polimeriche, costituite da molte, “n”, unità di ripetizione, è la seguente (nell’esempio il polistirene): La commissione IUPAC definisce il grado di polimerizzazione (X) come il numero di monomeri che costituisce la macromolecola. Questo non sempre coincide con il numero “n” che rappresenta la molteplicità di unità di ripetizione del polimero. Una unità di ripetizione può essere costituita da più monomeri: Nylon 6,6: unità di ripetizione costituita da una diammina ed un diacido Oggi i polimeri si possono “vedere”: Immagini di polimeri ottenute mediante microscopia a forza atomica (AFM) Le macromolecole polimeriche si ottengono da “monomeri”, caratterizzati da uno o più doppi legami oppure due o più gruppi funzionali in grado di reagire fra di loro. Per indicare il numero di legami che l’unità strutturale può formare si definisce la funzionalità del monomero (f). Se un monomero ha funzionalità f = 2, il polimero risultante avrà una struttura lineare. -[-CHR-CHR’-]n Nel caso di monomeri con un solo doppio legame, l’apertura di questo può avvenire omoliticamente, con formazione di carboradicali, oppure eteroliticamente per dare un carbocatione ed un carbanione. Il risultato è che molte molecole possono concatenarsi con legami covalenti. Consideriamo il butadiene: Si può aprire solo il doppio legame 1- 2 e il concatenamento avviene fra queste posizioni. Oppure si aprono entrambi i doppi legami e, per effetto della coniugazione, il concatenamento avviene in 1,4. Concatenamento 1,4 Concatenamento 1,2 Non è preferito l’uno o l’altro tipo di concatenamento; il prodotto che si ottiene senza controllare in modo specifico la reazione presenta, lungo la catena, una successione casuale delle due unità. Consideriamo l’isoprene: La molecola non è simmetrica, come quella del butadiene, l’apertura in 1,2 non è equivalente a quella in 3,4 e si possono avere tre possibilità diverse: La polimerizzazione può avvenire tra due funzioni organiche diverse, in grado di reagire tra di loro; ad esempio un carbossile ed un gruppo amminico primario possono formare un gruppo ammidico: La polimerizzazione può avvenire anche se coppie delle due funzioni sono presenti su molecole distinte: ad esempio facendo reagire un acido bicarbossilico ed una diammina. Monomeri o reagenti contenenti più di due funzionalità (f > 2) producono una struttura “ramificata”. Le ramificazioni, inoltre, possono interconnettersi e formare una struttura polimerica "reticolata”, chiamata anche «network» polimerico. La famiglia dei polimeri vinilici, derivanti dalla polimerizzazione di monomeri del tipo CH2 = CHR, comprende tre prodotti di largo consumo: il polipropilene, il polistirene ed il polivinilcloruro Unitamente al polietilene, coprono il 70% del mercato dei polimeri. La classe degli acrilati comprende anch’essa prodotti da monomeri vinilici: gli esteri degli acidi acrilico e metacrilico: Possono essere prodotti molti polimeri in funzione del tipo di estere Comprende un prodotto ben noto, il polimetilmetacrilato: Che ha il nome commerciale di plexiglass. Ai polimeri dienici appartengono due prodotti, il polibutadiene 1,4 ed il poliisoprene 1,4, caratterizzati dall’avere un doppio legame residuo in catena per ogni singola unità di ripetizione, il che conferisce loro una notevole reattività. Il poliisoprene 1,4 esiste in natura ed è il costituente della gomma naturale, che si ricava dal lattice dell’Hevea brasiliensis. Le poliammidi ed i poliesteri, tra i quali la poliammide 6 ed il polietilentereftalato (PET), sono polimeri utilizzati soprattutto nella produzione di fibre. La poliammide 6 costituisce il ben noto Nylon ma sono impiegati anche per oggetti stampati con il PET vengono prodotti molti contenitori per liquidi, tra i quali le bottiglie per le acque minerali. I polimeri più comuni I polimeri mostrati sono tutti sintetici, ma esistono polimeri naturali cioè sintetizzati da organismi viventi che, sebbene abbiano un meccanismo di sintesi completamente diverso, presentano proprietà e caratteristiche macromolecolari del tutto identiche a quelle dei polimeri sintetici. I più comuni sono: proteine, acidi nucleici, polisaccaridi e poliesteri. Struttura polimerica delle proteine Struttura polimerica degli acidi nucleici Struttura polimerica dei polisaccaridi I poliidrossialcanoati (PHA) sono polimeri poliesteri termoplastici sintetizzati da vari generi di batteri (Bacillus, Rhodococcus, Pseudomonas, ecc) attraverso la fermentazione di zuccheri o lipidi. "OMOPOLIMERI” sono prodotti derivanti dalla polimerizzazione di monomeri tutti uguali tra loro o di reagenti che si concatenano in sequenze obbligate. Gli omopolimeri sono costituiti dalla successione, lungo la catena, di un’unica e ben definita unità di ripetizione. Sono pertanto tali non solo il polietilene e la poliammide 6, ma anche la poliammide 6,6 ed il polietilentereftalato: in questi casi, infatti, l’acido bicarbossilico non ha altre alternative che reagire con la diammina o il glicol, dando luogo alle sequenze caratteristiche dei due polimeri. "COPOLIMERI” sono prodotti che si ottengono dalla polimerizzazione di due o più monomeri diversi o di reagenti che non si concatenano in sequenze obbligate. Ad esempio, partendo da una miscela gassosa di etilene e propilene, a seguito dell’apertura dei doppi legami dei due monomeri, è possibile avere l’addizione di entrambi: nella catena di polimero si hanno unità di ripetizione dei due tipi e, in prima approssimazione, si può supporre che la loro successione sia del tutto a caso. Struttura di un copolimero (a): sequenza casuale, (b): alternato, (c): a blocchi, (d) ad innesto. I cerchi grigi e neri indicano le diverse unità di ripetizione. TIPI DI POLIMERIZZAZIONE polimeri di policondensazione e polimeri di poliaddizione. Sono definiti polimeri di policondensazione i prodotti ottenuti con reazioni che implicano l'eliminazione di molecole piccole. Polietilentereftalato, PET Si definiscono polimeri di poliaddizione quei prodotti che si ottengono per concatenamento di monomeri insaturi o ad anello: dal punto di vista della composizione l'unità monomerica coincide con l'unità di ripetizione. Polimetilmetacrilato Si ottiene per polimerizzazione del metacrilato di metile: Questa classificazione è del 1929 ed è dovuta a Wallace H. Carothers chimico statunitense (1896-1937), direttore delle ricerche della Du Pont, oggi non è più appropriata. La poliammide 6 si può ottenere sia dall'acido ε-amminocapronico che dall' εcaprolattame, per apertura dell'anello; nel primo caso la reazione comporta l’eliminazione di acqua, nel secondo caso no. Il polimero è un policondensato o un prodotto di poliaddizione a seconda della tecnologia utilizzata per la sintesi. POLIMERIZZAZIONE A STADI Le polimerizzazioni a stadi procedono attraverso una successione di processi di addizione che, partendo dal monomero, portano alla formazione di dimeri (2 unità di ripetizione), trimetri (3 unità di ripetizione), tetrametri e così via. Il processo va avanti con una rapida scomparsa del monomero, una forte presenza di oligomeri ed un massa molecolare che continua a crescere nel tempo. Gli oligomeri formati possono legarsi tra di loro a formare catene lunghe. L indica la presenza di specie a bassa massa molecolare. Per tempi di reazione infinitamente lunghi si può ottenere, almeno in teoria, un’unica macromolecola. Esempi di policondensazione a stadi: la poliammide 6 a partire dall’acido ε-amminocapronico, la poliammide 6,6 da acido adipico ed esametilendiammina, il polietilenetereftalato da acido tereftalico e glicol etilenico. La reazione si arresta quando la viscosità del sistema ha raggiunto valori elevati a causa degli alti pesi molecolari delle molecole formatesi; il prodotto finale è un sistema costituito da un insieme di catene polimeriche di differente lunghezza a causa dei diversi stadi di reazione ancora presenti nel momento finale del processo di polimerizzazione. POLIMERIZZAZIONE A CATENA La polimerizzazione a catena comporta l’attivazione di un’unità monomerica, seguita in tempi brevissimi dall’addizione di altri monomeri. La propagazione si arresta con la disattivazione della catena in crescita, ottenendo una macromolecola incapace di reagire ulteriormente con il monomero presente. La sintesi di una catena di alta massa molecolare avviene in tempi molto brevi, la scomparsa del monomero, invece, richiede tempi più lunghi, in quanto nell’ambiente di reazione è sempre presente una certa quantità di monomero che non ha reagito. In questo tipo di reazioni si ottengono fin dall’inizio alti pesi molecolari, ma all’aumentare della quantità di monomero che ha reagito (grado di conversione) non aumenta il grado di polimerizzazione (numero di unità di ripetizione presenti nella catena macromolecolare), ma il numero di catene che si formano. Il tempo di durata della reazione, quindi, influisce sulla resa in polimero ma non sulla massa molecolare. Nel processo di polimerizzazione a catena si distinguono tre fasi: inizio, propagazione e terminazione. Fase di inizio (formazione del centro attivo): si ha l’attivazione di una molecola di monomero M (termica, fotochimica) con un iniziatore che forma p.es. radicali trasferendoli poi al primo monomero: I → 2R* → R* + M → RM* Fase di propagazione: in questa fase si hanno addizioni successive di monomero ai radicali di catena: RM* + nM → RM (M)n-1 M* Fase di terminazione: il processo di crescita si arresta con la disattivazione della catena. Può avvenire con meccanismi diversi: trasferimento dell’attivazione dalla catena in accrescimento ad una specie non attiva : il monomero, l’eventuale solvente del mezzo di reazione o il polimero stesso; disproporzionamento che comporta l’interazione tra due radicali di catena. La fase di terminazione avviene in un momento casuale del processo e di conseguenza le lunghezze delle catene possono essere molto diverse; inoltre i meccanismi di terminazione comportano la stabilizzazione di macromolecole di diversa massa molecolare. Il centro di attivazione permane su una singola molecola polimerica durante tutto il corso della sua crescita e può essere un radicale, un carbocatione o un carbanione. Le polimerizzazioni a catena si possono classificare come “polimerizzazioni radicaliche” e “polimerizzazioni ioniche”, anioniche e cationiche. Il grado medio numerico di polimerizzazione viene calcolato come: N0 xn N ovvero come il rapporto tra il numero di monomeri presenti all'inizio e quelli presenti alla fine. Da questa definizione discende l'equazione di Carothers che include la conversione frazionaria : N0 1 xn N 0 1 p 1 p Le condizioni di polimerizzazione controllano la massa molecolare del polimero: Nella polimerizzazione a stadi è necessaria una conversione frazionaria (p) alta. Infatti, considerando il grado di polimerizzazione medio per una polimerizzazione lineare semplice: 1 xn 1 p Per p che tende ad 1, il grado di polimerizzazione tende a valori molto alti. Nella polimerizzazione a catena la massa molecolare diminuisce aumentando la temperatura che rende la terminazione più probabile. Le condizioni di reazione vanno controllate attentamente. CENNI DI POLIMERIZZAZONE RADICALICA «VIVENTE» Obiettivi della polimerizzazione vivente • Aumentare il tempo di vita di un radicale in crescita (da < di 1s a > di 1h); • Permettere una reazione (R) di iniziazione quantitativa (da Ri << Rp a Ri ≈ Rp); • Minimizzare le reazioni di terminazione. Quindi: Controllo del grado di polimerizzazione, del peso molecolare e della topologia del polimero. Vantaggi della polimerizzazione radicalica in generale: • Possibilità di polimerizzare una vasta gamma di monomeri (stirene, acrilonitrile, dieni, monomeri vinilici; • tolleranza verso monomeri e solventi non perfettamente puri; • compatibilità con le condizioni «industriali» (emulsioni, sospensioni, soluzioni); • semplicità e basso costo. Svantaggi: Causati dall’elevata reattività del radicale che deve propagarsi e dalla presenza di reazioni di trasferimento o di terminazione. • Severi limiti a controllare il peso molecolare, polidispersità e composizione di co-polimeri; • difficoltà a controllare l’architettura molecolare; • limitazione nell’introdurre terminali con specifiche funzionalità reattive. Negli anni ‘80 sono state introdotte nuove tecniche di polimerizzazione radicaliche che forniscono un carattere «vivente» (meglio «pseudo vivente») riducendo l’effetto negativo dovuto alla terminazione. In queste polimerizzazioni (idealmente), tutte le catene sono attivate all’inizio del processo e crescono a velocità simile mantenendo un carattere vivente, inteso come mancanza di trasferimento o di terminazione di catena. Inizio molto rapido rispetto alla terminazione significa: • una distribuzione di pesi molecolari stretta; • poter utilizzare le macromolecole ottenute per la costruzione di copolimeri a blocchi controllata per semplice aggiunta di un nuovo monomero. La presenza di catene «viventi» si ottiene con: Un’elevata quantità di iniziatore che aumenta la quantità di catene iniziali ed abbassa il numero di catene in accrescimento. Svantaggi: diminuzione della velocità di polimerizzazione e ottenimento di bassi pesi molecolari. Non si eliminano le reazioni di terminazione (irreversibili). Quindi: Aggiunta di reagenti «controllori» (X) capaci di disattivare «reversibilmente» il radicale in accrescimento facendo in modo che la maggior parte delle catene siano in uno stato dormiente o «cappato». La polimerizzazione procede se, modulando le condizioni di reazione, si raggiunge un equilibrio fra le catene attive e quelle dormienti. Ogni catena cresce in modo intermittente. Il prodotto di polimerizzazione consiste per la maggior parte di catene «dormienti» che possono essere risvegliate (riprendendo la polimerizzazione) in qualsiasi momento in presenza di altro monomero. Si può aggiungere lo stesso monomero ottenendo un aumento di peso molecolare oppure un monomero diverso ottenendo copolimeri a blocchi. In definitiva: • Il peso molecolare medio aumenta linearmente con la conversione; • la polidispersità si mantiene a valori molto bassi (< 1,5 e spesso tendenti ad 1); • il massimo del peso molecolare si sposta con il tempo di polimerizzazione con la possibilità di controllarlo spegnendo la reazione a tempi definiti. Uno dei reagenti controllori utilizzati è il radicale TEMPO: (2,2,6,6-tetramethyl-1-piperidynyl-N-oxy) o un suo derivato. Lo schema dell’equilibrio è il seguente: Dove l’aspetto più importante è il rapporto fra le costanti di equilibrio kd kc