lezione omunione legale dei beni 5 - Progetto e

Comunione legale dei beni
• Non avendo la comunione dei beni carattere universale, la
legge distingue tre categorie di beni:
• 1) i beni comuni (art. 177, lett. a) e d), c. c.) , i quali cadono
immediatamente in comunione, al momento dell’acquisto,
costituiti sia dalle aziende gestite da entrambi i coniugi e
costituite dopo il matrimonio (o dopo l’instaurazione del
regime di comunione), sia dai beni acquistati dopo tale
momento, anche singolarmente, da ciascuno dei coniugi;
• 2) i beni personali (art. 179), tra cui quelli acquistati da
ciascun coniuge prima del matrimonio, che sono esclusi
dalla comunione;
• 3) i beni comuni de residuo, che cadono in comunione solo
al momento dello scioglimento del regime legale
Beni in comunione immediata
• In base all’art. 177 c. c. costituiscono oggetto di
comunione immediata:
- i beni acquistati sia congiuntamente, sia
separatamente durante il matrimonio o la vigenza del
regime legale, a meno che essi non rientrino nelle altre
due categorie di beni innanzi richiamate;
- le aziende gestite congiuntamente e costituite dopo il
matrimonio; nonché gli utili e gli incrementi prodotti
dalla gestione comune, se l’azienda viene costituita da
un solo coniuge prima del matrimonio.
Problemi interpretativi in relazione al
titolo
• In relazione al titolo, si discute se cadano in
comunione immediata gli acquisti a titolo
originario (particolarmente controversa è
l’ipotesi di acquisto per accessione ex art. 934
c. c.; vedi Cass. civ., sez. I, 30.09.2010, n.
20508 e App. Roma, sez. III, 04.07.2012)
Problemi interpretativi in relazione
all’oggetto
• In relazione all’oggetto, si discute se la comunione possa riguardare
anche i diritti di credito ed i diritti sui beni immateriali.
• La dottrina prevalente accoglie la soluzione positiva, in base alle
seguenti considerazioni:
• il termine “acquisti” appare suscettibile di includere ogni specie di
diritto;
• l’art. 180 c.c. prevede che debbono essere stipulati da entrambi i
coniugi i contratti con cui si concedono o si acquistano diritti
personali di godimento, che hanno natura di diritti di credito;
• è espressamente previsto dalla legge che è oggetto della
comunione anche l’azienda, comprensiva dei diritti di credito
inerenti al complesso aziendale.
Segue
• Secondo la giurisprudenza, può rientrare nella
comunione ogni diritto, assoluto o relativo,
che rappresenti un incremento stabile del
patrimonio (Cass. Civ., sez. I, 9.10.2007, n.
21098; contra però Cass. Civ., sez. I,
24.01.2008, n. 1548 e Cass., 15.01.2009, n.
799).
Problemi interpretativi con riguardo al
requisito temporale
• Con riguardo al requisito temporale, si discute se
cadono in comunione i diritti il cui iter acquisitivo
abbia avuto inizio anteriormente al matrimonio
(fattispecie a formazione progressiva).
• La giurisprudenza ritiene che, ai fini della loro
ricaduta in comunione, si debba avere riguardo al
momento in cui si produce l’acquisto del diritto
(ad es., contratto preliminare, usucapione,
vendita a rate, contratto sospensivamente
condizionato, etc.).
Natura della comunione immediata
• Secondo l’opinione prevalente, la situazione
giuridica sui beni caduti in comunione
consiste, non in una comunione per quote,
come negli art. 1100 s. c. c., bensì in una
contitolarità senza quote, in cui i coniugi sono
solidalmente titolari del diritto sui beni
oggetto della comunione (come chiarito da
Corte Costituzionale, 17 marzo 1988, n. 311).
Segue
• Nella comunione tra coniugi, le quote,
necessariamente paritarie, assolvono
solamente alla funzione di delimitare
l’aggressione dei beni comuni da parte dei
creditori particolari del singolo coniuge e di
determinare la ripartizione dei beni medesimi
tra i coniugi, una volta che la comunione sia
scolta per una delle cause previste dalla legge.
Segue
• A differenza della comunione ordinaria, dove
ciascun partecipante può disporre del suo diritto
nei limiti della quota, nella comunione legale, il
coniuge non può disporre del suo diritto neppure
entro siffatti limiti, perché l’ordinamento non
ammette la partecipazione ad essa di estranei.
• Inoltre, la comunione legale si può sciogliere solo
per effetto delle cause tassative previste dalla
legge, mentre, nella comunione ordinaria,
ciascun comunista può in ogni tempo
domandarne lo scioglimento.
Segue
• Infine, nella prima sono previste particolari
regole in materia di amministrazione, che
deve essere necessariamente congiuntiva se si
tratta di atti di straordinaria amministrazione,
laddove, invece, nella comunione ordinaria
vige il principio maggioritario.
L’acquisto in comunione: il congegno
acquisitivo dei diritti
• In caso di acquisto separato, il coniuge
estraneo è acquirente immediato del diritto,
per trasferimento diretto dal dante causa del
coniuge che ha preso parte all’atto e dunque è
destinatario di un automatico coacquisto.
Segue
• Il coacquisto a favore del coniuge estraneo costituisce
un effetto ex lege e non ha carattere negoziale,
neppure quando si ricollega ad un contratto: l’acquisto
del coniuge contraente si comunica all’altro, con le
medesime caratteristiche (per ciò che riguarda, ad
esempio, la rilevanza della buona o della mala fede).
• Di conseguenza, la contitolarità si crea
indipendentemente, ed anche contro, la volontà
dell’altro coniuge o di entrambi, trattandosi di un
effetto indisponibile (come si dirà quando si tratterà il
c. d. rifiuto di coacquisto).
Segue
• In caso di acquisto separato, la veste di parte
contrattuale spetta solo al coniuge contraente, con le
seguenti conseguenze:
- compete esclusivamente a costui la legittimazione
all’esercizio delle azioni contrattuali (nullità,
annullamento, risoluzione, rescissione, etc.);
- spetta al coniuge estraneo al contratto, invece, la
legittimazione all’esercizio delle azioni a tutela del diritto
acquistato;
- il coniuge estraneo al contratto, non essendo parte,
nemmeno in senso sostanziale, non acquista le
obbligazioni nascenti dal contratto.
Responsabilità del coniuge per le obbligazioni
contratte nell’interesse della famiglia
• Quindi, nessuna deroga è stata introdotta al principio
di relatività del contratto (art. 1372 c. c.), salva la
possibilità di ravvisare, nel caso concreto, un potere di
rappresentanza basato sul diverso principio di
apparenza (tutte le volte in cui sia stata creata una
situazione tale da suscitare nel creditore l’affidamento,
meritevole di protezione, che il coniuge abbia assunto
l’obbligazione anche in nome e per conto dell’altro)
ovvero su di una procura tacita, tale da qualificare il
coniuge che non ha stipulato il contratto come parte in
senso sostanziale, dunque, destinataria degli effetti,
anche obbligatori, dello stesso.
Segue
• Pertanto, il coniuge stipulante è responsabile in proprio
per le obbligazioni contratte nell’interesse della
famiglia, mentre il coniuge estraneo al contratto è
responsabile delle obbligazioni contratte in suo nome
dall’altro:
• - nel caso in cui sia stato a questo conferito, in forma
espressa o tacita, una procura a rappresentarlo;
• - ovvero nel caso in cui sia stata posta in essere una
situazione tale da far ritenere, alla stregua del principio
dell’apparenza giuridica, che il coniuge stipulante abbia
contratto non già in proprio, ma in nome e per conto
dell’altro.
Responsabilità patrimoniale dei
coniugi
• La disciplina del regime patrimoniale della
famiglia ha introdotto una regolamentazione
espressa del (diverso) profilo costituito dalla
responsabilità patrimoniale gravante sui beni
comuni.
• Ed infatti, secondo l’art. 186 c. c. i beni della
comunione rispondono:
• - dei pesi ed oneri gravanti sui beni comuni al
tempo dell’acquisto;
• - dei carichi dell’amministrazione;
Segue
• - delle obbligazioni contratte dai coniugi
congiuntamente (anche per un fine diverso dal
perseguimento dell’interesse familiare,
diversamente da quanto avviene nel fondo
patrimoniale);
• - delle obbligazioni assunte per il mantenimento,
istruzione ed educazione dei figli, nonché di ogni
obbligazione contratta dai coniugi, anche
separatamente, nell’interesse della famiglia (a
titolo di esempio, si pensi ad un mutuo contratto
da un coniuge per l’acquisto della casa familiare).
Segue
• Se i beni della comunione non sono sufficienti a
soddisfare i debiti su di essa gravanti, i creditori
possono agire in via sussidiaria sui beni personali di
ciascun coniuge (cui spetta la facoltà di opporre il
beneficio di preventiva escussione dei beni comuni,
indicando gli elementi del patrimonio comune sui quali
il creditore può soddisfare, in via prioritaria, la propria
pretesa), ma solo nella misura della metà del credito
(tale regola tuttavia si ritiene applicabile al solo
coniuge che non ha assunto l’obbligazione, mentre il
coniuge obbligatosi risponde con l’intero suo
patrimonio, ai sensi dell’art. 2740 c. c.).
Segue
• I beni della comunione non rispondono dei debiti
personali di ciascun coniuge (ad es., quelli assunti
separatamente dal coniuge, per ragioni estranee
all’interesse familiare ed alle esigenze di
amministrazione dei beni comuni, come i debiti
contratti nell’esercizio della professione, etc.), se non in
via sussidiaria, ma solo entro la misura della metà del
valore degli stessi, pari alla quota spettante al coniuge
debitore (art. 189 c. c.).
• In ogni caso, i creditori della comunione hanno diritto
di soddisfarsi con preferenza sui beni comuni rispetto ai
creditori personali di ciascun coniuge (art. 189 c. c.).
Pubblicità
• L’acquisto alla comunione di beni immobili e mobili
registrati è assoggettato a trascrizione ai fini della sua
opponibilità ai terzi (art. 2643 c. c.).
• Nel caso di acquisto separato, l’atto va trascritto nei
confronti del solo coniuge stipulante, sebbene anche
l’altro ne divenga titolare (c. d. pubblicità negativa).
• Il coniuge non stipulante può sempre ottenere una
pronuncia giudiziale di accertamento della titolarità
congiunta del bene, sulla base della quale richiedere la
trascrizione anche a proprio nome.
Amministrazione dei beni comuni
• Gli atti di straordinaria amministrazione compiuti da un
coniuge senza il necessario consenso dell’altro sono
soggetti ad un doppio regime (art. 184 c. c.):
• - gli atti di disposizione di beni immobili e di beni
mobili registrati compiuti da un solo coniuge sono
annullabili entro un anno dalla conoscenza dell’atto e
comunque non oltre un anno dalla loro trascrizione
(termine di prescrizione);
• - mentre in caso di atti di disposizione di beni mobili, è
previsto l’obbligo di ricostituire la comunione, in forma
specifica o per equivalente, nello stato in cui si trovava
prima del loro compimento.
Segue
• L’annullabilità dell’atto trova fondamento nella natura della
comunione legale dei beni (secondo Corte Costituzionale, 17
marzo 1988, n. 311): essendo entrambi i coniugi solidalmente
titolari del diritto sui beni ed avendo entrambi il potere di
disporne, il terzo acquista a domino e non è configurabile
un’inefficacia per difetto di legittimazione: il consenso
dell’altro coniuge ha solamente la funzione di rimuovere un
limite all’esercizio di siffatto potere e consiste in un requisito
di regolarità del procedimento di formazione dell’atto, in caso
di beni immobili o mobili registrati; mentre, nel caso dei beni
mobili, il suddetto limite, per volontà della legge, mantiene un
carattere esclusivamente interno (affinché non sia intralciata
la circolazione giuridica, in considerazione della mancanza di
un sistema di pubblicità).
Beni personali
• L’art. 179 c. c. detta un elenco di beni personali
avente carattere inderogabile e si ritiene che i
presupposti che conferiscono ai beni il suddetto
carattere debbano esistere oggettivamente (Cass.
civ., sez. I, 17.07.2012, n. 12197; Cass. civ., sez. I,
02.02.2012, n. 1523).
• Ai sensi dell’’art. 179 c. c. sono beni personali:
• quelli oggetto di acquisti anteriori alla
instaurazione del regime di comunione legale
(art. 179, 1° co., lett. a), c. c. (beni personali a
causa del tempo dell’acquisto);
Segue
• quelli oggetto di acquisti per successione mortis
causa e per donazione (art. 179, 1° co., lett. b), c.
c.), a meno che il testatore o il donante non
abbiano diversamente stabilito in modo espresso
ed non equivoco nell’atto [l’ipotesi comprende,
per orientamento unanime, non solo gli acquisti
mortis causa e mediante donazione, ma anche
quelli effetto di liberalità indirette (art. 809 c.
c.)]; beni oggetto di acquisti per risarcimento del
danno o per pensione d’invalidità (art. 179, 1°
co., lett. e), c. c. (beni personali a causa del titolo
dell’acquisto);
Segue
• i beni di uso strettamente personale
(problema se rileva l’effettiva destinazione e
se l’uso personale è escluso dal valore ingente
del bene) ed i beni destinati all’uso
professionale o all’esercizio dell’impresa (art.
179, 1° co., lett. c) e d), c. c. (beni personali
per destinazione);
• i beni personali per surrogazione reale.
Beni personali per surrogazione
• Sono beni personali per surrogazione - che si
sostituiscono a beni personali già appartenenti
ad un coniuge – quelli acquistati con il prezzo
dell’alienazione di tali ultimi beni o con il loro
scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato
all’atto dell’acquisto (art. 179, 1° co., lett. f), c. c.).
• In difetto dei suddetti requisiti, i beni che si
sostituiscono a quelli personali del singolo
coniuge cadono in comunione.
Segue
• Al fine di evitare la caduta in comunione del
beni che si surroga a quello personale, è
necessaria una fattispecie complessa,
risultante dalla combinazione di un elemento
oggettivo (il reimpiego del corrispettivo
dell’alienazione di un bene personale), con
uno soggettivo (la dichiarazione del coniuge
acquirente avente ad oggetto il carattere
personale della provvista impiegata per
l’acquisto).
Segue
• La surrogazione si determina in tutti i casi di
impiego di un bene personale ai fini
dell’acquisto.
• Essa, invece, non si ha quando, per l’acquisto,
il coniuge abbia impiegato un bene facente
parte della comunione de residuo.
Segue
• Secondo l’art. 179, co. 2°, c. c., un bene immobile o
mobile registrato acquistato singolarmente da uno dei
coniugi cade in comunione immediata, a meno che:
• - sia stato acquistato con il prezzo dell’alienazione o
con lo scambio di un bene rientrante nel novero dei
beni personali;
• - l’acquirente emetta la dichiarazione di esclusione;
• - all’atto di acquisto partecipi anche il coniuge non
acquirente;
• - costui ponga in essere una dichiarazione attestante il
carattere personale del bene (o si limiti a non fare
opposizione alla dichiarazione emessa dall’altro).
Segue
• Essendo la suddetta formalità introdotta a tutela
del coniuge dell’acquirente, pare preferibile
l’opinione che ritiene la partecipazione di costui e
l’emissione della dichiarazione necessarie
(nonostante il tenore della norma possa far
ritenere il contrario, dove usa l’espressione “se
all’atto partecipa”, che letteralmente potrebbe
rivestire il significato di “nei soli casi in cui
partecipa”). Così ha ritenuto la Cassazione a
sezioni unite (28 ottobre 2009, n. 22755).
Segue
• Quanto alla natura della dichiarazione, si
tende a negarne il carattere negoziale (ed a
considerarla una dichiarazione di scienza; così
Cass., sez. un., 28 ottobre 2009, n. 22755),
poiché, diversamente, si subordinerebbe alla
volontà del coniuge dell’acquirente la
possibilità per costui di liberamente
modificare la composizione del proprio
patrimonio personale.
Segue
• Il coniuge partecipante all’atto può successivamente
contestare in via giudiziale l’acquisto personale dell’altro
senza alcuna restrizione probatoria, se si è limitato a non
fare opposizione alla dichiarazione dell’altro.
• Se il coniuge partecipante all’atto ha attestato l’effettiva
esistenza di fatti giustificativi della esclusione addotti dal
coniuge acquirente, ha posto in essere una confessione,
che fa piena prova contro il dichiarante, ai sensi dell’art.
2733, 2° co., c. c., e può essere revocata solo se
determinata da errore di fatto o violenza (art. 2732 c. c.).
• Così ha ritenuto Cass., 14 giugno 2010, n. 14226.
Rifiuto di coacquisto
• Si discute se il coniuge partecipante all’atto di acquisto
possa impedire il coacquisto in proprio favore,
respingendolo mediante un atto di natura negoziale.
• Il problema si presenta quando, nel caso concreto, il
coniuge dell’acquirente, partecipante all’atto, pone in
essere la dichiarazione pur nella consapevolezza che
difettano i requisiti oggettivi previsti dall’art. 179 c. c.
(non è bene personale quello con il cui prezzo o con il
cui scambio l’altro coniuge compie l’acquisto), e,
dunque, al fine di rinunciare all’effetto ex lege
dell’acquisto (sussistendo il suddetto l’intento, la
dichiarazione di esclusione assume natura dispositiva e
non, come di regola, di dichiarazione di scienza).
Segue
• Una tesi ritiene ammissibile la stipulazione di
convenzioni matrimoniali con cui i coniugi
convengano di escludere dalla comunione dati
beni. A conforto di tale conclusione si adduce
la previsione dell’art. 2647, 1° co., c. c.,
secondo la quale sono trascrivibili le
convenzioni matrimoniali che escludono beni
immobili dalla comunione tra coniugi.
Segue
• Seguendo questa impostazione si giunge ad ammettere la
possibilità di escludere una bene dalla comunione, ma
soltanto mediante un’apposita convenzione matrimoniale
di tipo estromissivo; mentre si giudica invalido l’atto
unilaterale di rinuncia al coacquisto.
• Tuttavia, più di un dubbio circa la fondatezza della suddetta
conclusione solleva il disposto dell’art. 210, co. 3°, c. c., sui
limiti che i coniugi incontrano nella comunione
convenzionale, secondo il quale non è derogabile la regola
relativa all’uguaglianza delle quote di comproprietà dei beni
che oggetto di comunione secondo legge, previsione da cui
dovrebbe desumersi a fortiori l’indisponibilità dell’intera
quota spettante al coniuge (così Cass., 27febbraio 2003, n.
2954).
Beni comuni de residuo
• Si tratta dei beni che diventano comuni per la
parte che residua al momento dello
scioglimento della comunione legale e che
prima di tale momento sono oggetto di
proprietà esclusiva e di piena disponibilità da
parte del coniuge titolare.
Oggetto della comunione de residuo
• Ne sono oggetto (art. 177, lett. b) e c), c. c.):
- i frutti (naturali e civili) dei beni propri di ciascun
coniuge;
- i proventi dell’attività separata (le utilità derivate da
attività di lavoro, a qualsiasi titolo, includenti
solamente beni mobili, titoli di credito e diritti di
credito; ad esempio, canoni di locazione, dividendi
di azioni, stipendi, redditi da attività professionale,
utili netti dell’esercizio di attività d’impresa, frutti
dell’utilizzazione di diritti d’autore, opere
dell’ingegno ed invenzioni, etc.).
In particolare: i beni destinati
all’esercizio dell’impresa
• In ordine ai beni destinati all’esercizio dell’impresa, valgono le
seguenti regole:
• essi cadono in comunione immediata, se l’impresa è gestita da
entrambi i coniugi ed è costituita dopo il matrimonio (art. 177, lett.
d), c. c.);
• se, invece, l’impresa è stata costituita prima del matrimonio ed è
gestita da entrambi, la comunione immediata concerne unicamente
gli utili e gli incrementi di essa creati dopo il matrimonio (art. 177
cpv.);
• se l’impresa è esercitata da uno solo dei coniugi, i beni ad essa
destinati, acquistati dopo il matrimonio, e gli incrementi
dell’impresa costituita anche precedentemente, cadono in
comunione differita, senza che occorra che di tale destinazione si
faccia menzione nell’atto di acquisto (art. 178 c. c.).
Natura della comunione de residuo
• La natura della comunione de residuo è discussa.
• Secondo una prima tesi, essa consiste in una contitolarità
dei diritti sopra indicati (come tale rilevante erga omnes),
avente però natura di comunione ordinaria, con le relative
conseguenze in punto di disciplina (a partire dall’esistenza
della facoltà di domandarne lo scioglimento).
• In base ad un’opposta teoria, invece, non si tratterebbe di
una comunione in senso tecnico, poiché essa consiste nella
costituzione, per volontà della legge, di reciproci diritti di
credito, in capo a ciascun coniuge, aventi ad oggetto la
metà del valore dei beni indicati dall’art. 177, lett. b) e d),
nonché dall’art. 178 c. c.
Segue: lo statuto dei beni destinati alla
comunione differita.
• Il coniuge produttore dei suddetti redditi o
proprietario del bene fruttifero ha piena facoltà
di utilizzare e consumare gli stessi, anche per
finalità estranee al mantenimento della famiglia; i
suddetti redditi e frutti sono liberamente
aggredibili da parte dei creditori di costui.
• Prima dello scioglimento della comunione, l’altro
coniuge vanta solo un’aspettativa di mero fatto,
che non può essere tutelata attraverso l’azione
revocatoria od il sequestro conservativo.
Trattamento giuridico dei beni oggetto
di comunione de residuo
• Vi è una significativa differenza tra i beni destinati
alla comunione de residuo (d’ora in poi, per
brevità, beni propri) ed i beni personali ai sensi di
tale ultima disposizione.
• In caso di alienazione o permuta dei primi, infatti,
non può aversi surrogazione di questi con i beni
acquistati con il prezzo della loro alienazione o
con il loro scambio, come accade per i beni
personali in base all’art. 179, 1° co., lett. f), e 2°
co., c. c.
Segue
• Pertanto, sono tre le potenziali destinazioni di tali beni:
• possono essere conservati tali e quali ovvero accantonati in
altra forma, ad es., investiti in titoli o depositi presso banche,
che, al pari dei primi sono oggetto di comunione differita;
• possono essere impiegati per l’acquisto di beni mobili o
immobili, che però cadono in comunione immediata, non
essendo possibile la surrogazione reale;
• possono essere destinati all’esercizio dell’attività
professionale del singolo coniuge od a soddisfare interessi
strettamente inerenti alla sua persona (nel qual caso,
acquistano natura di beni personali ai sensi dell’art. 179, lett.
d) e c), c. c.); ovvero consumati (senza comportare acquisto di
altri beni) per esigenze voluttuarie o per adempiere ai doveri
di contribuzione ai bisogni della famiglia.
Scioglimento della comunione
• Le cause, tassative, di scioglimento della
comunione si distinguono in:
- legali;
- convenzionali;
- giudiziali.
Cause legali di scioglimento
• Vi rientrano:
- Dichiarazione di morte presunta o di assenza;
- annullamento, scioglimento di matrimonio
(per morte o divorzio) e cessazione degli
effetti civili del matrimonio canonico;
- separazione personale;
- fallimento di uno dei coniugi.
Scioglimento convenzionale
• Ad opera di una convenzione matrimoniale,
con l’osservanza dei requisiti di forma e con gli
oneri di pubblicità previsti dall’art. 162 c. c.
(annotazione nei registri dello stato civile).
Separazione giudiziale
• E’ pronunciata dal giudice su domanda di uno dei
coniugi nel caso di esclusione
dall’amministrazione (art. 183 c. c.):
- per interdizione o inabilitazione;
- per cattiva amministrazione, quando il disordine
negli affari o la condotta nell’amministrazione dei
beni metta in pericolo gli interessi della comunione;
ovvero quando uno dei coniugi non contribuisce ai
bisogni della famiglia in misura proporzionale al
proprio patrimonio ed ai propri redditi.
Effetti tra i coniugi
• Subentra il regime di separazione dei beni con
la relativa disciplina (anche in punto di
responsabilità patrimoniale).
• La caduta in comunione de residuo dei beni
indicati dagli artt. 177 e 178 c. c.
• La nascita di obblighi di rimborsi e restituzioni
(art. 192 c. c.).
• Il sorgere del diritto di prelevamento (art. 195
c. c.)
Effetti rispetto ai terzi
• Lo scioglimento della comunione deve essere
portato a conoscenza dei terzi, per essere
opponibile, con l’annotazione a margine del
matrimonio nei registri dello stato civile, e con
la trascrizione nei registri immobiliari,
relativamente ai singoli beni immobili e mobili
registrati.
liquidazione e divisione dei beni
comuni
• Si apre la fase della liquidazione e della
divisione dei beni comuni, durante la quale
ciascun coniuge deve far valere il proprio
diritto alla quota, pari alla metà del valore dei
beni oggetto di comunione immediata e dei
beni comuni de residuo.
• Durante tale fase si compiono le operazioni di
rimborsi, restituzioni e prelevamenti.
Rimborsi
• Ciascuno dei coniugi è tenuto a rimborsare
all’altro quanto abusivamente prelevato dalla
comunione (art. 192 c. c.) e, in particolare, le
somme utilizzate per fini personali, nonché il
valore dei beni alienati senza il necessario
consenso dell’altro coniuge, a meno che
l’alienazione non sia stata vantaggiosa per la
comunione o abbia soddisfatto un bisogno
della famiglia.
Restituzione
• Ciascun coniuge è tenuto a restituire le
somme prelevate dall’altro dal proprio
patrimonio personale e impiegate a vantaggio
della comunione, ex art. 192 c. c. (per far
fronte a spese necessarie o per investimenti
oggettivamente utili; vedi Cass., civ., sez. I,
09.11.2012, n. 19454).
Prelievo di beni comuni
• Il coniuge avente diritto al rimborso o alle
restituzioni può far valere prelievo di beni
comuni (nell’ordine; denaro, poi beni mobili e
infine beni immobili) sino alla concorrenza del
proprio credito (art. 192, 5° co., c. c.).
Segue
• In qualunque momento ciascuno dei coniugi
può esercitare il diritto potestativo di chiedere
la divisione dei beni comuni (ex art. 1111 c.
c.), che si effettua ripartendo in parti uguali
l’attivo e il passivo (art. 194 c. c.).
• Vedi Cass. civ., sez. I, 15.06.2012, n. 9845.