Questionario Schopenhauer e Kierkegaard 1) Quali sono le critiche che Schopenhauer muove alla filosofia hegeliana? La principale critica mossa da Schopenhauer è verso l’ottimismo ontologico che pervade la filosofia hegeliana. In Hegel, tutto il reale è razionale, e tutto avviene perché deve necessariamente avvenire secondo ragione. Per Schopenhauer, invece, tutto è dominato dall’irrazionalità e dalla volontà di vita inconscia. Dove Hegel vede ordine e ragione, Schopenhauer vede caos e rovina. Schopenhauer accusa inoltre Hegel di fare una “filosofia del potere”, che giustifichi le tendenze dello stato e della classe dominante. 2) Qual è il rapporto di Schopenhauer con il criticismo Kantiano? Schopenhauer reinterpreta in maniera personale il pensiero di Kant. Innanzitutto, per entrambi i filosofi si parte da una gnoseologia e si arriva ad un’ontologia (rappresentazione e volontà di vita, fenomeno e noumeno). Mantiene poi il dualismo fenomeno-noumeno, ma mentre per Kant il fenomeno è l’unica forma conoscibile tramite le forme pure a priori, ed è comune a tutti, per Schopenhauer il fenomeno è una rappresentazione personale, soggettiva e fallace del mondo in sé. Le forme pure a priori vengono poi ridotte da Schopenhauer a spazio, tempo e principio di causa (valevole sia in modo logico, che ontologico, che fattuale). La morale è poi completamente diversa, mancando, secondo Schopenhauer, il principio morale interno all’uomo, ed è dunque inesistente. 3) Quali sono le radici culturali del pensiero di Schopenhauer? Schopenhauer fu influenzato da Hegel (a cui appunto si contrapporrà), Kant (fenomeno-noumeno, forme pure ecc.), Platone (le idee sono il primo grado di realizzazione della volontà di vita), dal romanticismo tedesco (per l’idea della volontà che pervade tutto, l’irrazionalismo, le arti e la musica, il dolore ecc.), dalla cultura orientale (Nirvana, velo di Maya ecc.) e dall’illuminismo (pessimismo critico ecc.). 4) Che cosa significa per Schopenhauer che la realtà è illusoria? La realtà fenomenica, secondo Schopenhauer, non è nient’altro che una nostra rappresentazione mentale (diversa per ognuno di noi), creata tramite le forme pure a priori di spazio, tempo e principio di causa. Essendo quindi una nostra creazione soggettiva, una nostra rappresentazione mentale, allora la realtà fenomenica è illusoria. 5) Qual è la via d’accesso alla cosa in sé? L’unica via d’accesso alla cosa in sé, cioè alla volontà di vivere, è quella di far sprofondare la coscienza nel corpo, di far aderire la mente al corpo, nel quale la volontà di vivere è più evidente (tutti gli apparati del corpo, infatti, non sono che manifestazioni esteriori di una volontà, come l’apparato digerente per la volontà di mangiare ecc.). 6) Quali sono i caratteri della “volontà di vivere”? La volontà di vivere è: 1) Eterna, unica e incausata 2) immutabile 3) continua 4) inconscia e senza scopo 5)irrazionale 7) Quali sono gli elementi del pessimismo Schopenhaueriano? Sono 3 gli elementi principali del pessimismo Schopenhaueriano: 1) Il dolore, poiché l’uomo è sempre mosso dalla volontà, e quindi dal desiderio, è sempre in tensione verso qualcosa, ed è quindi costantemente provato dalla mancanza dell’oggetto del suo desiderio, e dunque dal dolore. 2) Il piacere, che non è nient’altro che un fugace momento di cessazione del dolore. Ma appena è soddisfatto un desiderio, se ne ha subito un altro, e dunque il piacere non dura che pochissimi istanti. 3) La noia, che interviene quando il desiderio verso qualcosa si placa momentaneamente, lasciando così l’uomo in uno stato di malinconia e tedio. 8) Che cosa s’intende con il termine pessimismo cosmico? Poiché tutto il mondo è caratterizzato dal principio della volontà di vita, tutto il mondo è caratterizzato dalla tensione, dalla mancanza, e dunque dal dolore. E’ dunque per questo che il pessimismo, prima rivolto solo all’uomo, ora viene ampliato a tutto il mondo, a tutto i lcosmo, diventando così pessimismo cosmico. 9) Qual è la concezione dell’amore per Schopenhauer? Per Schopenhauer, l’amore non è nient’altro che un astuto trucco della volontà di vita per far riprodurre l’uomo, in modo tale da perpetuare sempre sé stessa. 10) Come argomenta Schopenhauer il rifiuto dell’ottimismo cosmico? Essendo il mondo dominato dall’irrazionalità della volontà di vita, non può esistere nulla di ordinato, necessario e provvidenzialistico. E’ in più una realtà evidente (basti pensare agli ospedali, ai campi di battaglia ecc.), rispetto alla quale l’ottimismo non è nient’altro che una mera consolazione. 11) Come argomenta Schopenhauer il rifiuto dell’ottimismo sociale? L’uomo, caratterizzato dalla volontà di vivere, è un essere egoista e malvagio, insensibile al bene degli altri. L’altruismo, il socialismo, la carità sono dunque cose anti-umane, che non rispettano la volontà egoistica dell’uomo. 12) Come argomenta Schopenhauer il rifiuto dell’ottimismo storico? Schopenhauer vede la storia come il luogo del caos, dal cui studio nessuno ha mai imparato nulla, in quanto eventi terribili come la guerra e il genocidio si sono ripetuti più e più volte nel tempo. (La storia è inoltre troppo individualistica, e fa perdere di vista l’uomo generale in sé (libro)) 13) Quali sono per Schopenhauer le vie di liberazione dal dolore? Per contrapporsi alla volontà di vivere, che non si può combattere e rispetto alla quale non ci si può suicidare, per non alimentarla ulteriormente, l’unico rimedio è la noluntas, ovvero l’allontanamento, la negazione di questa volontà. Esistono 3 tappe: 1) L’arte, divisa in arte materiale (architettura, scultura, pittura), della parola (lirica e tragedia) e musica, la più importante in quanto più si allontana dal mondo materiale, dominio della volontà di vita. L’arte appunto serve a staccarsi dal mondo materiale della voluntas, rivolgendosi così ad idee più astratte e generali. 2) La pietas, ovvero la compassione, il soffrire insieme a qualcuno, che fa uscire l’individuo dal proprio egoismo, caratterizzato dalla volontà di vivere. Si divide in 2 virtù, la giustizia (in quanto siamo disposti a non fare il male e a riconoscere agli altri ciò che siamo pronti a riconoscere a noi stessi) e la carità/agape (aiutare gli altri e far proprie le sofferenze altrui). 3) L’ascesi, caratterizzata dalla castità, dalla rinuncia ai beni materiali, e dall’umiliazione di sé, che porterà l’asceta fino al grado ultimo dell’annullamento della volontà di vita, ovvero il Nirvana. 14) Ricostruite la critica di Kierkegaard all’idealismo hegeliano. Kierkegaard critica all’hegelismo: 1) La tendenza costante all’universalizzazione. Secondo lui, è impossibile, in quanto gli uomini esistono nella loro singolarità e unicità. 2) Rapporto uomo-Dio. Dio è totalmente altro dall’uomo, è completamente trascendente. In più, non si innalza l’uomo a Dio tramite il percorso hegeliano, bensì si riduce Dio all’uomo. 3) Visione della storia. Per Hegel, la storia è data dallo Spirito come processo, mentre per Kierkegaard questa è solo una costruzione arbitraria, essendo la storia solo una somma di attimi. 4) E’ solo una grande filosofia della consolazione, che non mostra la terribile angoscia della scelta. 15) Individuate i presupposti dal pensiero di Kierkegaard. La libertà come terribile scelta angosciosa, la singolarità (dell’individuo e del tempo), il costante rimando a una scelta, mai presa per sempre (?) 16a) Qual è il significato del concetto di “esistenza come possibilità”? Secondo Kierkegaard, l’uomo singolo è libero, e dunque ha la capacità di scegliere il proprio specifico modo d’essere. Dunque la sua “esistenza” futura deriverà dalla propria “possibilità” di scelta. 16b) Che cosa intende indicare Kierkegaard con gli stadi dell’esistenza? Quali sono? Perché vengono rappresentati con dei personaggi? Gli stadi dell’esistenza sono i modi fondamentali di vivere e di concepire l’esistenza. Essi sono lo stadio estetico (Don Giovanni), lo stadio etico (assessore Guglielmo) e lo stadio religioso (Abramo), caratterizzati da dei personaggi che sono stereotipi per far comprendere meglio al lettore. 17) Che cosa caratterizza lo stato estetico? Lo stato estetico, rappresentato da Don Giovanni, è caratterizzato dalla ricerca del piacere e dell’originalità, del particolare, dello speciale, che però porta a una coazione a ripetere, a un piacere mai raggiunto per sempre, ad un’incapacità di far altro (Don Giovanni può essere solo un seduttore) ed al rimpianto di aver potuto fare un’altra scelta che non è mai stata fatta. 18) Che cosa caratterizza lo stato etico? Lo stato etico, rappresentato dall’assessore Guglielmo, è caratterizzato dal principio del dovere e dalla moralità. L’assessore fa sempre ciò che è giusto e ciò che ci si aspetta da lui, è affidabile e disponibile. Ma anche lui, alla fine della sua vita, si renderà conto delle fantasie mai realizzate, dei progetti tenuti nel cassetto, di tutte quelle cose singolari e speciali che avrebbe potuto fare e non ha fatto. 19) Che cosa caratterizza lo stato religioso? Lo stato religioso, rappresentato da Abramo, è caratterizzato dal “salto nel vuoto”, dall’abbandono totale e completo verso Dio, che è trascendente e dunque totalmente altro. Dio, essendo onnipotente, libera l’uomo dall’angoscia, in quanto l’uomo non dovrà più scegliere, ma si sottometterà alla legge divina, benché possa sembrare incomprensibile e paradossale (es. l’uccisione di Isacco). 20) Che cosa significa che per Kierkegaard la fede è scandalo? Essendo Dio totalmente trascendente, e dovendo l’uomo scegliere se credere in lui oppure no, l’uomo prega Dio per avere la fede. Ma se la fede venisse donata da Dio, allora ci sarebbe un collegamento tra immanente e trascendente, e lo stesso se la fede fosse insita nell’uomo. Questa è la contraddizione e lo scandalo, il fatto che qualcosa di totalmente trascendente sia al tempo stesso immanente e presente. 21) Qual è il significato del termine angoscia per Kierkegaard? E’ il sentimento del possibile, ovvero quella “vertigine” che prova l’uomo davanti all’infinità di scelte possibili, e davanti alla sua incapacità di scelta. 22) Qual è il significato del termine disperazione per Kierkegaard? E’ il sentimento del rapporto dell’uomo con sé stesso. Infatti, se si vuole essere sé stessi, è impossibile essere completamente autosufficienti, in quanto finiti e limitati. Se si vuole essere altro da sé, ci si aliena, e dunque ci si imbatte di nuovo nel sentimento della disperazione, considerata una malattia mortale, in quanto fa vivere la morte dell’io (in entrambi i casi cerco di essere ciò che non sono, e quindi distruggo il mio io). 23a) In che senso la fede è un antidoto contro la disperazione? La fede in Dio fa capire all’uomo di non essere autosufficiente, bensì dipendente da un essere superiore. In questo modo, se l’io vuole essere sé stesso, non ha più paura di non essere autosufficiente, in quanto sa già di dipendere da Dio stesso. 23b) Qual è la concezione di Kierkegaard della storia? Per Kierkegaard la storia non è che una somma di attimi, nei quali ogni volta l’uomo è chiamato a decidere della propria esistenza. Secondo lui non può esistere una visione processuale e generalizzante della storia, come quella hegeliana. 24) Come Kierkegaard interpreta le concezioni dell’uomo del cristianesimo e del socratismo? L’uomo del cristianesimo, per conto suo, vivrà sempre nella non-verità, in quanto la rivelazione divina avviene soltanto in un istante, che deve essere ripetuto per poter essere continuo. L’uomo socratico invece ha la verità innata in lui, e deve soltanto esprimerla tramite un esercizio di maieutica. Il maestro socratico fa solo un esercizio di maieutica, il maestro cristiano deve invece far rinascere l’uomo, in modo tale che riesca ad arrivare alla rivelazione divina in ogni istante.