socglobnm_2 globalizzazione seconda parte

Società, globalizzazione e nuovi
media
Globalizzazione (seconda parte)
FRANCESCA COMUNELLO – LUMSA 16-17
Mappe e concezione del mondo
16/10/10
Proiezione di mercatore
16/10/10
La proiezione di Peters (1973)
16/10/10
Europa vs America Latina
16/10/10
Bauman
Zygmunt Bauman (nato 1925, Polonia): “Dentro
la globalizzazione” (1999, tr.it 2001); “La
solitudine del cittadino globale” (tr. it 2000);
“Modernità liquida” (2000, tr. it 2002);
“Globalizzazione e glocalizzazione” (2009), ecc.
Domanda ricorrente nel lavoro di Bauman:
“quale spazio è lasciato all’autonomia sociale e
politica dei soggetti nel mondo globale?”
Annullamento della distanza
Ambivalenza e incertezza sono essenza della vita sociale
Caratteristica fondamentale della globalizzazione è la compressione del tempo e dello spazio, che non si
applica in modo uniforme a tutti gli individui, ma tende anzi a polarizzare le condizioni umane
La globalizzazione divide quanto (e mentre) unisce
Globalizzazione opera una redistribuzione su scala mondiale di risorse quali sovranità, potere, libertà d’azione e
di movimento
Globalizzazione: processo di stratificazione mondiale che dà origine a nuova gerarchia sociale, che crea due
gruppi distinti:
◦ I globalizzati (possiedono libertà di movimento, fisica e virtuale)
◦ I localizzati (sono condannati a una stanzialità forzata e priva di senso)
Cause di questa nuova disuguaglianza: sviluppi della tecnica e riorganizzazione dello spazio che ne segue;
sviluppo di trasporti e informazione ha reso possibile la diminuzione della distanza e una mobilità senza
precedenti (persone, cose e significati).
La dicotomia vicino/lontano è venuta meno (almeno per alcuni)
Molti individui restano però ancora incatenati alla loro località, sono separati dai membri delle nuove comunità
extraterritoriali
Stratificazione sociale basata sulla
mobilità
“I globalizzati traggono una libertà senza precedenti dall’annullamento delle distanze spaziotemporali e, in quanto membri della nuova élite fondata sulla mobilità, partecipano a reti di
potere dalle dimensioni extraterritoriali” (Guolo, p. 54). I globalizzati vivono nel tempo (scarso
significato dello spazio, dato che possono annullare facilmente le distanze)
I localizzati restano invece legati al territorio, vivono nello spazio ma il controllo del tempo
sfugge loro. “Essere localizzati in un mondo globalizzato diventa segno di inferiorità e
degradazione sociale” (Bauman 1999)
Nella società della modernità liquida, il grado di mobilità (possibilità di cambiare spazi, ruoli e
identità), oscura i tradizionali fattori di diseguaglianza
La mobilità assurge al rango più elevato tra i valori che danno prestigio e la libertà di movimento
diventa il principale fattore di stratificazione sociale dei nostri tempi. Il grado di immobilità
diventa indicatore del livello di deprivazione sociale
Stratificazione sociale e confine
La stratificazione sociale fondata sulla mobilità vale anche all’interno delle aree urbane
(posizione nella gerarchia sociale data dalla capacità di non rimanere confinato in una singola
area e dalla possibilità di ignorare aree “da evitare”)
“Gli abitanti della città sono stratificati in relazione alla possibilità e alla capacità di ignorare
selettivamente la presenza degli stranieri”
Nella modernità liquida, il significato del confine consiste nella regolazione delle differenze:
divisione rigida tra coloro che hanno la possibilità di superarlo e coloro che devono subirlo, tra la
condanna ad essere locali e il privilegio di essere globali (e differenza tra turista e vagabondo)
Un capitalismo leggero
Conseguenza della separazione tra globali e locali è il dominio nell’assenza delle nuove élite
mobili
“La libertà dallo spazio dell’impresa spezza il vincolo tra capitale e lavoro che ha caratterizzato la
modernità pesante”
Nasce un capitalismo leggero, mobile e svincolato dal suolo, che deve però fare talvolta i conti
con fattori territoriali e poteri locali che tentano di limitarne il movimento.
Tuttavia, paradossalmente i governi possono vincolare il capitale al territorio solo assicurandogli
che sarà libero di andarsene senza troppi problemi
Il capitale oggi è marcatamente extraterritoriale
“Mentre nel passato ricchi e poveri erano legati da una reciproca dipendenza, nell’era globale
extraterritoriale niente unisce i nuovi ricchi globalizzati ai nuovi poveri”
La crisi dello stato nazione
Il rapido movimento del capitale azzera anche i vincoli spaziali statali. “Gli stati nazionali non
hanno sufficienti risorse o libertà per resistere alla pressione dei mercati finanziari globali che
impongono le loro regole all’intero pianeta
Costante erosione dell’autorità degli stati nazionali e assenza di un potere sostitutivo legittimato
Analogia con la “Grande Trasformazione” alla nascita del capitalismo: secessione del mondo
degli affari dal mondo domestico e dalla rete comunitaria, dando vita a una terra di nessuno
libera da vincoli morali; in tale contesto, gli stati moderni hanno iniziato a reclamare il proprio
diritto a regolare l’economia
Oggi quel controllo è nuovamente messo in discussione; la globalizzazione è “una secessione
modello secondo”
Ordine locale, caos globale
Per Bauman il dominio si ottiene sia abolendo le regole che limitano le proprie scelte, sia
imponendo agli altri regole che limitano la loro condotta; la globalizzazione produce la
svalutazione dell’ordine in quanto tale
“L’incertezza endemica a tutti i livelli della scala sociale è un sostituto efficace e poco costoso
della regolamentazione normativa e del controllo disciplinare”
Le nuove tecniche di controllo sono leggere, fondate sul disimpegno, l’elusione, la fuga
Il potere leggero resta in grado di terrorizzare con la forza, ma lo fa selettivamente
Smantellamento welfare state, precarietà, insicurezza… “l’ordine locale sembra così funzionare
esclusivamente come ordine pubblico”
La sicurezza insicura
La globalizzazione incide sulla stessa natura del legame sociale
Politiche neoliberiste e relativi mutamenti sociali: duplice effetto: sgretolamento del tessuto
sociale; esaltazione della libertà individuale a discapito della dimensione collettiva
Distanza tra l’individualità come pratica di autoaffermazione e la limitata capacità di
controllare il contesto sociale
Si approfondisce il divario tra individualità in quanto sorte decretata (vincoli di appartenenza
di classe, genere ecc.) e individualità in termini di capacità di autoaffermazione
Enfasi e onere della responsabilità si sono spostati sull’autoaffermazione dell’individuo
Rischi e contraddizioni continuano a essere prodotti socialmente ma affrontarli resta un fatto
privato
La trasformazione dell’individuo de iure in individuo de facto (soggetto davvero padrone della
possibilità di autorealizzarsi) appare remota
Sicherheit
L’individualizzazione comporta la fine della Sicherheit (lett. “sicurezza”), termine che riassume
tre diversi significati:
◦ Sicurezza esistenziale: valenza sociale, stabilità e affidabilità del mondo (abitudini e abilità acquisite)
◦ Certezza: prevedibilità razionale nelle scelte quotidiane (aspettative rispetto a azioni)
◦ Sicurezza personale: quotidianità (protezione corpo, famiglia, proprietà, ecc.)
L’assenza o l’insufficienza di una delle tre produce dissoluzione della sicurezza in sé e sfiducia
esistenziale
Ambivalenza della retorica dell’individualità, che si declina non come libertà individualizzata ma
come ascesa della precarietà a regola del sistema delle relazioni tra capitale e lavoro
Freud (Disagio della civiltà): sofferenza psicologica dell’uomo è il risultato della rinuncia alla
libertà individuale in cambio di protezione; oggi la situazione si è rovesciata: illimitata libertà e
crescente Unsicherheit
Identità e nostalgia della comunità
Rif.: dibattito sull’identità
La ricerca dell’identità può sfociare anche nel tentativo di ricostruire la comunità, qui intesa
come identicità (esclusione dell’altro)
“Comunità solipsistica composta da individui che proteggono spasmodicamente la loro
solitudine e si aggregano in forme assai labili”
Scapegoating: tendenza a proiettare la propria vittimizzazione su un oggetto concreto che può
assumere forme diverse (ricerca di un pretesto contro cui combattere)
“Comunità guardaroba”: i membri, per aggregarsi, hanno bisogno di uno spettacolo che ridesti
interessi simili in individui diversi (transitorie e incentrate su una sola istanza)
Voglia di comunità (?)
“Questo trasferimento di ansia sociale operato dai poteri territoriali, incapaci di far fronte a quelli
extraterritoriali, concentra l’attenzione sulla “difesa della comunità”, rendendo ancora più agevole il
flusso del potere globale”
Ricerca di un’identità collettiva passa anche per l’illusorio tentativo di ricostituire la “comunità
perduta”
Ma: dibattito su comunità
Gli spazi locali hanno persola loro capacità di generare e imporre significati all’esistenza
La ricerca dell’identità a partire dal livello locale si mostra così come vano tentativo di restaurare un
equilibrio perduto; le identità comunitarie, che si presuppongono naturalmente condivise, sono in
realtà sottoprodotti di un’attività artificiale di definizione di confini
Surrogati di comunità; “comunità-gruccia”, cui si appoggiano le paure degli individui, ma che non
riescono a recintare le identità esistenti
La dimensione localistica è il risultato dell’incapacità di affrancarsi da una morale di prossimità
profondamente inadeguata per una società in cui tutto avviene a distanza
La polis privatizzata e la società
individualizzata
Crisi della polis è legata alla divaricazione tra stato politico e società civile
La globalizzazione accentua il processo di spoliticizzazione: nello spazio in cui operano il capitale, la
finanza, l’informazione globale non esistono istituzioni di governo e nemmeno cittadinanza
L’agorà viene abbandonata, viene occupata dall’oikos (dimensione del privato); il privato colonizza il
pubblico
La crescente impotenza delle istituzioni pubbliche scoraggia la partecipazione politica, mentre
l’incapacità di tradurre le sofferenze private in questioni pubbliche favorisce le forze globali che
stimolano quell’impotenza
Bauman: qualsiasi processo di liberazione reale richiede più e non meno sfera pubblica. È necessario
creare due spazi pubblici:
◦ Quello in cui si cerca di ricomporre la separazione tra individualità de iure e de facto (concreta possibilità di
agire sulle proprie condizioni di vita)
◦ Quello in cui si cerca di ricomporre la separazione tra potere e politica
Gallino
Luciano Gallino (1927-2015) analizza la globalizzazione
concentrandosi prevalentemente sul piano economico.
Attenzione alle diseguaglianze, vecchie e nuove, contribuendo a
“decostruire le mitologie economiche e politiche relative agli
‘effetti solo positivi’ della globalizzazione” (Guolo, p. 97).
Evidenzia la posizione sociale di un ceto di dirigenti transnazionali,
che sono al contempo prodotto e motore della globalizzazione (sia
nei paesi ricchi che nei paesi poveri)
Concentrazione di potere che ”non gode (…) di alcuna
legittimazione democratica” (Guolo, p. 100)
Diseguaglianze e stratificazione
sociale
Individua tredici principali strati sociali:
◦ Al vertice: capi di governo, direttori banche centrali, alti dirigenti di grandi imprese o istituzioni
transnazionali (reddito o potere politico)
◦ Leader de maggiori partiti, vertici della magistratura, professionisti operanti sul mercato internazionale,
scienziati di grande fama e personaggi di spicco dei mass media
◦ Dirigenti aziende nazionali, alti funzionari statali
◦ In mezzo: classe media (medio-alta; medio-bassa)
◦ Operai, impiegati scarsamente qualificati; lavoratori interinali
◦ Lavoratori poveri, economia sommersa, immigrati clandestini
◦ Disoccupati di lunga data, pensionati con pensione minima, minori che lavorano con tasso di
sfruttamento
◦ Esclusi: detenuti, bambini che vivono in strada, rifugiati e profughi
Gli effetti perversi della
globalizzazione
Avvalendosi dei dati OCSE, mostra come, dal 1980, la globalizzazione non abbia portato
maggiore crescita economica e riduzione della disoccupazione (USA e Europa)
- Crescita del PIL: forte rallentamento rispetto agli anni Cinquanta e Sessanta (a. ‘50 e ‘60
tasso medio crescita: 5% annuo; a. ‘80: 3,2%; a. ‘90: 1,5%); liberalizzazione e deregulation
non avrebbero favorito la crescita (maggiore prima della loro introduzione)
- (Dis)occupazione: nella zona Euro, la disoccupazione è scesa sotto il 10% alla fine degli
anni Novanta; negli anni Sessanta era al 2%; fuori dai paesi avanzati, la disoccupazione
non è mai stata alta quanto nell’età della globalizzazione
- Divario tra ricchi e poveri: nel 1960, il quinto più ricco della popolazione mondiale
aveva a disposizione il 70,2% del PIL mondiale e al quinto più povero restava il 2,3%; nel
1999 il quinto più ricco disponeva dell’86%, il più povero dell’1%; inoltre, rapporto tra
redditi dei più alti dirigenti e degli operai era di 41 a 1 nel 1975, nel 1995 era 187 a 1
Fonte:
http://www.aflcio.org/CorporateWatch/Paywatch-2014
Diseguaglianze - segue
Nuova frattura sociale: lavoratori stabili vs precari (lavori con stipendi ai limiti della soglia di
povertà)
Aumento del numero dei disoccupati
Aumento delle disuguaglianze di reddito tra strato ricco e strato povero della popolazione
Digital divide: connessi e non connessi si collocano in diverse posizioni della stratificazione
sociale globale
Riduzione della quota salari sul PIL (incidenza sul PIL dei redditi da lavoro): in Italia la
riduzione 1976-2006 ha toccato i 15 punti (15 paesi più ricchi OCSE: 10 punti)
Diminuzione del livello di consumi pro capite: 1,4 miliardi di persone vive con 1 dollaro al
giorno; 2,6 miliardi con 2 (dati 2008, Banca Mondiale)
“Lotta di classe dall’alto verso il basso” (Gallino; cfr. “La lotta di classe dopo la lotta di classe”,
Laterza, 2012)
Politica e globalizzazione
Per evitare così ampie fasce di esclusione, è necessario governare il processo globale, ma la
politica appare paralizzata (es. finanziarizzazione dell’economia mondiale)
Mercati finanziari globali spingono i ceti politici nazionali ad applicare ricette spesso dannose
per l’occupazione
Gli ”investitori istituzionali” (fondi pensione, fondi d’investimento, ecc.) hanno potere
d’intervento non solo nelle aziende nelle quali investono, ma anche nelle scelte di molti Stati
Contenimento della spesa pubblica genera spesso una contrazione della domanda
Oscillazioni dei mercati finanziari generano un senso d’insicurezza generale e colpiscono fasce
più deboli, ma anche i risparmi dei ceti medi e medio-alti
Il lavoro è sempre più condizionato da fattori non legati alla professionalità (o all’azione politica
dei governi nazionali)
La global governance
Per limitare gli effetti della globalizzazione, Gallino auspica una “global governance”:
“un insieme di regole e accordi (…) stipulati a vari livelli (...), capaci di controllare, in qualche
modo, i flussi economici mondiali e dare vita a un diverso modello di mercato planetario”.
Obiettivi:
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Riduzione dello squilibrio tra economia finanziaria e economia reale
Riduzione delle diseguaglianze internazionali e nazionali
Garantire una reale concorrenza tra imprese, sempre più minacciata da concentrazioni e monopoli
Migliorare la qualità dello sviluppo economico a partire dalla sua stessa rilevazione
Promuovere lo sviluppo locale
Quali istituzioni? Organismi internazionali andrebbero riorientati; inoltre, coinvolgere soggetti
quali: cittadini, imprenditori, amministratori pubblici, sindacati, Ong
Oltre il PIL, in Italia:
l’indice BES
Beck
Ulrich Beck (1944-2015), “Che cos’è la globalizzazione”
(1997, tr. it 1999), “La società del rischio. Verso una
seconda modernità” (1986, tr. it. 2000)
La società industriale avanzata è contrassegnata da:
- crisi delle certezze scientifiche, sociali, ideologiche
- un policentrismo socioculturale che mina l'autorità
delle istituzioni ma anche la fondatezza di qualsiasi punto
di riferimento.
Questa situazione genera disorientamento, perdita di
controllo della realtà, che si ritraducono in una
condizione di debolezza, e quindi di “rischio”.
Oltre il nazionalismo metodologico
Nella prospettiva del nazionalismo metodologico (prima modernità) la società e lo
Stato sono vissuti e organizzati come sovrapponibili
Presupposto: controllo politico-statale dello spazio
Questa architettura del pensiero e dell’azione “si infrange contro la spinta di una
globalizzazione economica, politica, ecologica, culturale e “biografica”
Imprese transnazionali sono in grado di muovere gli Stati nazionali uno contro
l’altro
Anche con “i mondi simbolici dell’industria culturale globale” si supera
l’identificazione di Stato, società e identità (Appadurai: immaginazione delle vite
possibili non può più essere intesa in senso nazionale o etnico)
Sociologia della globalizzazione
Insieme disorganico di teorie dei “dissidenti della sociologia” dell’ordine nazional-statale
La sociologia non è affatto globale: si manifesta localmente e con diversa intensità
“Globalizzazione della localizzazione” (cfr. glocal)
Due modi di intendere la globalizzazione:
◦ Globalizzazione semplice (teoria del “contenitore sociale”; globalizzazione come qualcosa che si
aggiunge al contesto nazionale e può minacciare l’identità dei diversi attori locali)
◦ Globalizzazione riflessiva (muta la definizione di società e comunità, le relazioni sociali non necessitano
più di luoghi geograficamente condivisi; “vivere assieme” non significa più vivere nello stesso luogo;
anche “globalizzazione delle biografie”): questa dimensione globale è percepita riflessivamente dai
soggetti coinvolti e proprio questa riflessività caratterizza la globalità come fenomeno della modernità
riflessiva
Cosmopolitismo: deve adattarsi al nesso globale-locale; rende conflittuale e contingente la
relazione tra strutture transnazionali e nazional-statali
Relativizzazione dello stato nazione
Globalizzazione significa politicizzazione, perché “il dispiegarsi della globalizzazione
consente alle imprese (…) di liberare e riconquistare il potere di azione, finora
addomesticato con gli strumenti della politica e dello Stato sociale” (Beck, p. 14)
“Proprio perché il lavoro può e deve essere più flessibile per far crescere i profitti, la
politica corrente va contro se stessa. Chi stimola la crescita economica produce, alla
fine, disoccupazione. Chi abbassa le tasse (…), produce in modo analogo, quasi
sempre, disoccupazione” (pp.14-15)
Globalizzazione sollecita un depotenziamento della politica nazional-statale
Imprese possono esportare posti di lavoro, distribuire il lavoro nel mondo, fino a
rendere “puri e semplici inganni le etichette dei prodotti”
“Contribuenti virtuali”: le imprese possono “distinguere autonomamente tra luogo
di investimento, luogo di produzione, sede fiscale e sede di residenza” dei manager
Globalismo
Beck distingue tra globalismo, globalità e globalizzazione
Globalismo: “il punto di vista secondo cui il mercato mondiale rimuove o sostituisce
l’azione politica, vale a dire l’ideologia del dominio del mercato globale”
(neoliberismo, p. 22; p.90 Guolo)
Monocausale, economicistica, “riduce la multidimensionalità della globalizzazione ad
una sola dimensione” (quella economica) e considera ad essa subordinate le altre
dimensioni
Il nucleo ideologico del globalismo consiste nel liquidare una differenza fondamentale
della prima modernità (politica vs economia)
Non c’è solo un globalismo affermativo, ma anche un globalismo “che dice no”
Globalità
“Globalità significa che viviamo da tempo in una società mondiale, e questo nel senso
che la rappresentazione di spazi chiusi diviene fittizia” (Beck, p. 23; Guolo p. 91)
“Società mondiale” significa l’insieme dei rapporti sociali che non sono integrati nella
politica dello Stato nazionale o non sono da essa determinati
Significa anche società mondiale percepita, riflessiva: gli uomini e le culture si
percepiscono come reciprocamente legati, pur nelle loro differenze
“mondo” significa dunque differenza, molteplicità, “società” significa non-integrazione
> società mondiale come molteplicità senza unità
Globalizzazione
Globalizzazione significa “il processo in seguito al quale gli Stati nazionali e la loro
sovranità vengono condizionati e connessi trasversalmente da attori transnazionali”
Irreversibilità della globalità come differenza essenziale tra prima e seconda modernità
Cosa rende la globalità irreversibile?
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l’interazione del commercio internazionale
la rivoluzione permanente delle comunicazioni
le rivendicazioni di democrazia e dei diritti umani
lo sviluppo degli attori multicentrici
le problematiche ambientali
la povertà globale
Distruzioni globali dell’ambiente
Conflitti transculturali locali
Società mondiale
La globalità caratterizza la seconda modernità; la globalizzazione è il processo che
“crea spazi e legami sociali transnazionali, rivaluta le culture locali e stimola le
culture terze” (Beck, p. 25)
Tre parametri fondamentali: estensione nello spazio, stabilità nel tempo, densità
sociale delle reti
La specificità del processo di globalizzazione “consiste nell’estensione, densità e
stabilità, empiricamente rilevabili, delle reti di relazioni reciproche regional-globali e
della loro autodefinizione massmediale, così come degli spazi sociali e dei loro flussi
d’immagine a livello culturale, politico, finanziario, militare ed economico” (p. 25)
Nuova è anche l’autopercezione di questa transnazionalità, nuova è la “perdita del
luogo”, nuova è la percezione dell’Altro transculturale nella propria vita
Società mondiale senza stato mondiale e senza governo mondiale
Globalizzazioni (dimensioni della
globalizzazione)
Globalizzazione delle informazioni (es. Eltsin trasmesso dalla CNN)
Globalizzazione ecologica
Globalizzazione economico-finanziaria
Globalizzazione della produzione
Globalizzazione culturale
Dimensioni: tecnico-comunicativa; ecologica; economica; organizzazione del lavoro; civile; ecc.
“Per globalizzazione si intende l’evidente perdita di confini dell’agire quotidiano nelle diverse
dimensioni dell’economia, dell’informazione, dell’ecologia, della tecnica, dei conflitti transculturali e
della società civile” (p. 39)
Radicale trasformazione della vita quotidiana; “(con)vivere e agire al di sopra delle distanze”
(Giddens)
Rischio e pericolo nella società
globale
La seconda modernità è una "società del rischio“: caratterizzata da una serie di rischi sia
individuali che globali che derivano dalla complessità sociale e dalle sue multiformi
manifestazioni.
“I rischi sociali, ecologici e individuali generati dalle dinamiche di mutamento si
sottraggono sempre più alle istituzioni di controllo e protezione della società industriale”
Globalizzazione del rischio nel senso di intensità: guerra nucleare può minacciare l’intera
umanità
Globalizzazione del r. nel senso di numero crescente di eventi contingenti che interessano
grandi masse in tutto il pianeta (divisione globale del lavoro)
R, derivante dall’ambiente creato o dalla natura socializzata: applicazione del sapere
umano all’ambiente fisico
Consapevolezza del r. come tale: lacune di sapere dei rischi non colmate altrimenti
Consapevolezza diffusa del rischio
Consapevolezza dei limiti del sapere esperto: nessun sistema esperto può avere una
conoscenza totale delle conseguenze derivanti dall’applicazione dei principi esperti
SMR: pericoli globali
3 generi di pericoli globali: (pericoli della normalità vs pericoli eccezionali)
Conflitti sui “bads” che vengono prodotti come rovescio dei “goods”: distruzione
ecologica e pericoli tecnico-industriali determinati dalla ricchezza (emissioni CO2,
effetto serra, conseguenze imprevedibili biogenetica)
Distruzione ecologica e pericoli tecnico-industriali determinati dalla povertà. Es.
disboscamento foreste pluviali, rifiuti tossici (anche importati), grandi tecnologie
invecchiate (industria chimica, nucleare). “Questi pericolo emergono nel contesto
dei processi di modernizzazione avviati e interrotti. Così, crescono le industrie che
possiedono un potenziale tecnologico rischioso per l’ambiente e la vita, senza che i
paesi in cui si trovano dispongano dei mezzi istituzionali e politici per evitare
possibili catastrofi” (Beck, p. 60)
Armi di distruzione di massa, guerra, terrorismo
Errori del globalismo
Nuova semplificazione del globalismo “inteso come il dominio del mercato che si
impone su tutto e che tutto cambia”
Metafisica del mercato mondiale: agire unidimensionale, mondo unicausale (es.
pensioni)
Il cosiddetto libero mercato mondiale: si trascura che viviamo in un mondo lontano dal
libero mercato fondato sui vantaggi che possono derivare dalla competizione. Due
modi per abbassare i costi: accresciuta redditività o abbassamento standard di
produzione e lavoro
Da un punto di vista economico abbiamo ancora a che fare con
l’internazionalizzazione, non con la globalizzazione: rapporti tra determinate aree del
mondo
Drammaturgia del rischio: il potere del globalismo deriva per lo più dalla messa in
scena della minaccia; egemonia semantica
Errori del globalismo - 2
Assenza di politica come rivoluzione: si ubbidisce alle leggi di mercato mondiale, che
“costringono” a ridurre al minimo lo Stato (sociale) e la democrazia
Il mito della linearità
Critica del pensiero catastrofico: diminuzione della forza lavoro non è una crisi
(difficilmente reversibile), né una catastrofe (potenziali opportunità di libertà)
Protezionismo nero: adorano lo Stato nazionale e lo smantellano con ideologia
neoliberale
Protezionismo verde: considerano lo Stato-nazione come un biotopo a rischio che
protegge gli standard ambientali contro gli interventi del mercato mondiale
Protezionismo rosso: rispolverano la vecchia lotta di classe; nostalgia dello Stato
sociale
Risposte alla globalizzazione
1- Cooperazione internazionale e stato transnazionale
“per realizzare il proprio interesse nazionale lo stato deve agire a vari livelli, locali e transnazionali” e in
istituzioni spesso lontane dai propri confini (Guolo p. 96); “organismo dotato di una sovranità inclusiva,
che ’pensa globalmente e agisce localmente’”
aumento collaborazione tra stati nazionali per limitare il potere delle imprese globali;
necessità di una regolamentazione internazionale e di maggiore coordinamento interstatuale;
2- La sovranità inclusiva
la delega dei diritti di sovranità è parallela all’acquisizione di maggiore potere di organizzazione
transnazionale
3- Partecipazione del lavoro al capitale
Società civile transnazionale e “globalizzazione dal basso”
Per un confronto tra gli autori
Gli esponenti dei cultural studies (es. Robertson) sono critici nei confronti delle spiegazioni della
globalizzazione come fatto solo economico (prodotto del capitalismo globale)
Anche Giddens e Beck criticano la logica funzionalistica e utilitaristica e il taglio monocausale
dell’impianto di Wallerstein (pur riconoscendogli di aver fortemente contribuito alla nascita della
sociologia della globalizzazione)
Beck sulla teoria di Wallerstein:
◦ Difficoltà di verifica sul piano empirico
◦ Cornice concettuale rigida che non permette di determinare l’elemento storicamente nuovo della realtà
transnazionale
◦ Teoria lineare, unidirezionale; incapacità di rilevare dinamiche di generazione (indiretta) di conflitti e
identità cosmopolitiche
Beck critica anche le tesi di Bauman sulla polarizzazione tra ricchi e poveri prodotta dalla
globalizzazione, in quanto ritiene che Bauman abbia in mente solo i “ricchi delle società
occidentali” (resta un focus nazional-statale)
Bauman critica la tesi di Giddens secondo cui la Politica come disegno comune sarebbe finita e
sarebbe sostituita dalla “politica della vita” (che è una politica “dello stile di vita”, riguarda “le
controversie e i conflitti a proposito del modo in cui – a livello individuale e collettivo –
dovremmo vivere in un mondo oggetto delle decisioni degli uomini”); per Bauman “non c’è
automatico passaggio nel tradurre questioni private in questioni pubbliche (…), nel
ricollettivizzare le utopie privatizzate della politica della vita in modo che diano forma a una
società giusta”.
Anche Robertson indirizza le sue critiche a Giddens, imputandogli soprattutto di ignorare la
teoria culturale della globalizzazione (con la sola eccezione di Mc Luhan, Giddens si concentra
sostanzialmente solo sulla teoria del sistema-mondo e sulla teoria delle relazioni internazionali)
Il futuro della globalizzazione
Gli studiosi si dividono tra coloro che ne mettono in luce soprattutto gli aspetti negativi
(Wallerstein e Bauman) e coloro che lo ritengono un processo in grado di produrre
potenzialmente esiti sia positivi che negativi (Beck, Giddens, Gallino, Robertson)
Es. Giddens: globalizzazione ha un duplice volto, presenta grandi opportunità sia sul piano degli
scambi culturali, sia su quello del consumo di beni e servizi; ma comporta anche limiti ed effetti
destrutturanti per le identità e le economie nazionali, alimentando il senso di insicurezza delle
società. Opporsi alla globalizzazione è inutile, in quanto si tratta di un processo irreversibile (la
politica ha il compito di aiutare i cittadini a ridefinire le loro identità all’interno di questo
processo)
Anche Beck vede la globalizzazione come un processo aperto: presenta il volto del globalismo
(neoliberismo, dominio del mercato mondiale), ma anche il volto del cosmopolitismo. Necessita
di un alto tasso di tolleranza. Può prendere la forma di una decisa apertura al mondo (secondo
illuminismo?)
“La globalizzazione si presenta con un volto frammentario, contraddittorio, discontinuo,
smentendo il suo preteso e immaginario carattere uniformante”
“Più che mai, dunque, il compito della sociologia della globalizzazione è quello di accrescere
l’autocoscienza e la responsabilità individuale in un processo sociale che sembrerebbe volerne
fare a meno” (Guolo, p. 130).