Muro di Berlino - luciogentilini

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Lucio Gentilini
IL MURO DI BERLINO
CRONISTORIA MINIMA
Per comprendere l’incredibile storia del Muro di Berlino (e di quanti significati si sia
caricato nel corso degli anni) è necessario prendere le mosse dagli ultimi sviluppi
della seconda guerra mondiale in Germania.
Nella primavera del 1945 il Terzo Reich, stritolato nella morsa stretta dagli Alleati
(U.S.A. e Gran Bretagna) a ovest e dall’ U.R.S.S. a est, venne interamente occupato e
spartito secondo piani e accordi stipulati in precedenza, così che – mentre i territori a
est dei fiumi Oder e Neisse venivano furiosamente sgombrati dai loro abitanti e
divenivano Polonia – il fiume Elba separò invece la zona di occupazione alleata da
quella di occupazione sovietica.
In questo modo, però, Berlino, la capitale, venne a trovarsi in mezzo alla zona
sovietica e – data la sua importanza, anche simbolica - fu allora divisa in quattro (la
Francia intanto era stata aggregata alle potenze vincitrici) settori di occupazione:
secondo gli Accordi di Potsdam poi tutte le truppe occupanti ebbero diritto di libera
circolazione per tutta la città e le forze armate occidentali potevano raggiungere per
terra e per aria la capitale dalla zona occidentale del Paese sotto il loro controllo.
Si trattava ovviamente di una situazione temporanea e transitoria che sarebbe dovuta
durare finchè trattati di pace non avessero concluso finalmente la guerra, tuttavia
l’intesa fra i vincitori non era destinata a durare e, una volta schiacciato il
nazifascismo, le Potenze Occidentali e l’U.R.S.S. cominciarono a non intendersi più e
ad entrare in urto crescente fra di loro fino alla guerra che fu “fredda” solo per il
deterrente esercitato dalle armi nucleari: grazie a questo “equilibrio del terrore” non
si combattè una terza guerra mondiale, ma l’intera Europa – così come la Germania venne attraversata da una “cortina di ferro” che la segava in due lungo la linea di
demarcazione fra le due precedenti zone di occupazione.
Questi eventi, notissimi e qui solo accennati di sfuggita, ebbero particolare significato
proprio a Berlino, dove i militari dei due schieramenti vivevano gomito a gomito e
potevano entrare liberamente l’uno nel settore dell’altro.
Soprattutto poi era a Berlino che i tedeschi potevano vedere coi loro occhi e toccare
direttamente con mano la diversità dei due sistemi, comunista da una parte e
democratico-capitalistico dall’altra.
A parte la politica degli stupri e le spoliazioni effettuate dall’Armata Rossa e
nonostante la situazione della città nell’immediato dopoguerra fosse dovunque
terribile, era comunque evidente che l’imposizione del modello comunista, così
oppressivo e aggressivo, non poteva convincere che una minoranza fortemente
ideologizzata della popolazione mentre la maggioranza era invece sempre più attratta
dal modello occidentale.
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E a Berlino per passare da un settore all’altro a volte bastava attraversare
semplicemente la strada.
Mentre la tensione fra i due schieramenti internazionali non faceva che crescere,
quell’ènclave democratico-capitalistica nel sistema comunista rappresentata da
Berlino ovest (quella dei tre settori gestiti dalle Potenze Occidentali) risultava
insopportabile e Stalin usò la forza nel tentativo di soffocarla e neutralizzarla.
Dopo aver reso sempre più complicato e difficile il trasferimento dal settore orientale
(quello sovietico) della ex-capitale a quello occidentale, il 24 giugno 1948
procedette al blocco del settore occidentale della città, impedendo ai cittadini del
settore di competenza sovietica di trasferirsi all’altro ed isolando completamente
Berlino ovest dal resto della Germania.
La risposta degli Alleati (soprattutto americani) fu però straordinaria e coronata dal
successo: lungo le rotte a loro assegnate essi infatti organizzarono un imponente
ponte aereo che riuscì a rifornire di tutto i circa due milioni e mezzo di abitanti di
Berlino ovest riuscendo ben presto a far atterrare un aereo ogni 62 secondi (!).
Il piano sovietico di asfissiare questa scomoda ènclave falliva miseramente e il 15
maggio 1949 il blocco doveva essere tolto … ma ormai era chiaro che la rottura fra
i due settori della città, le due Germanie, le due Europe e i due sistemi, era
irrimediabile (il mese precedente la nascita della N.A.T.O. aveva reso ancora più
evidente questa realtà).
Tuttavia anche se ormai esistevano due Germanie - la Repubblica Federale Tedesca
(R.F.T.), o Germania ovest, con 50 milioni di abitanti e la Repubblica Democratica
Tedesca (R.D.T.) o Germania est, con 18,5 milioni di abitanti - Berlino, seppure
anch’essa divisa, rimaneva purtuttavia una città con linee telefoniche, sistema di
trasporti, fognature, centrali elettriche e quant’altro in comune: i confini fra i settori
erano sì segnalati e controlli più o meno occasionali venivano sì effettuati per coloro
che passavano da una parte all’ altra, ma i berlinesi potevano muoversi ancora per
tutta la città in modo relativamente libero..
La situazione era insomma paradossale: mentre i 1.381 km. di confine (con una ‘no
man land’ di 5 km. di profondità) fra le due Germanie erano sigillati ed efficacemente
controllati, se un tedesco-orientale voleva passare nella Germania ovest gli bastava
però venire a Berlino est e da qui entrare in modo tutto sommato semplice e con poco
rischio in Berlino ovest, dove sarebbe stato accolto nell’apposito campo per rifugiati
di Marienfelde e poi trasferito dove voleva.
Per quanto bizzarra era questa la situazione e il flusso di fuggitivi fu imponente: solo
nei dodici anni che vanno dalla fondazione della R.D.T. (1949) all’erezione del
Muro (1961) 2,1 milioni di tedeschi dell’est passarono a ovest con una
accelerazione dopo la sanguinosa repressione sovietica della sollevazione del giugno
1953.
I tedeschi orientali erano molto più tentati di abbandonare il luogo dove abitavano
perché – a differenza di tutti gli altri popoli soggetti al dominio sovietico – avevano
nella R.F.T. un Paese nel quale potevano sentirsi a casa loro e quindi un rifugio molto
più sicuro e accogliente.
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Agli occhi del mondo Berlino era insomma la lampante dimostrazione del
fallimento del sistema comunista posto a confronto con quello democraticocapitalistico.
Ma era anche un punto nevralgico e sensibile nei rapporti fra est e ovest, come
riconobbe a modo suo Krushev quando (nel 1956) disse che Berlino era “i testicoli
dell’Occidente. Ogni volta che voglio farlo urlare premo su Berlino”.
Comunque, per la dirigenza tedesco-orientale capeggiata da Walter Ulbricht era
sempre più evidente che la R.D.T. andava dissanguandosi in modo intollerabile e che
se la si voleva salvare si doveva intervenire con la massima decisione - e ciò poteva
solo significare che bisognava sigillare ermeticamente anche Berlino est.
La decisione – o la necessità - di costruire il Muro nacque così.
Per realizzarlo il Progetto ‘Rosa’ venne affidato al capace e fidatissimo Erich
Honecker, il determinato ed efficiente Segretario per la Sicurezza.
Per la riuscita del piano bisognava che il mondo venisse messo di fronte al fatto
compiuto senza che avesse modo di reagire e per questo la segretezza doveva essere
assoluta; innumerevoli erano poi i problemi pratici da risolvere che riguardavano
il modo di dividere in due senza bloccarli i trasporti pubblici, il sistema fognario (!),
l’erogazione di energia elettrica, ecc.; il perimetro da chiudere ermeticamente era di
164 km. e bisognava che ogni metro di questo fosse controllato e monitorato.
Delle tantissime persone che furono coinvolte nella gigantesca operazione nessuna
doveva sapere più dello stretto necessario in modo che non potesse nemmeno
immaginare la reale portata dell’intero progetto.
E si dovette faticare non poco per convincere i sovietici della necessità di una misura
così radicale (!).
Intanto nell’estate del 1961 il flusso dei fuggitivi cresceva senza posa fino a superare
il migliaio al giorno: Berlino per la Germania est era davvero “un buco” come
ebbe a riconoscere lo stesso Ulbricht.
Solo il 7 agosto 1961 il Politburo tedesco-orientale fu informato della vastità del
progetto; e il 13, all’una di notte, le buste con le istruzioni vennero aperte da una
miriade di persone ignare fino a quel momento di quel che avrebbero dovuto fare
come dell’intera operazione ( per fare un esempio: le truppe e i poliziotti mobilitati e i
400 camion che portavano il materiale necessario vennero fatti affluire per strade
diverse in tempi diversi).
E tutto si mise in moto e procedette con un’efficienza, un coordinamento e un
sincronismo che testimoniano una capacità organizzativa e direzionale
semplicemente eccezionali.
La sorpresa fu totale: quando albeggiò e Berlino si svegliò al nuovo giorno, si trovò
segata in due con comunicazioni e passaggi interrotti da filo spinato, barriere, polizia
ed esercito schierato in perfetto ordine. Nella concitazione del primo momento si
assistette a scene incredibili e dettate dall’improvvisazione e dall’improvvisa
disperazione, come quelle delle persone che immediatamente decidevano di saltare da
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una finestra che dava sul settore occidentale mentre il resto del loro appartamento
rimaneva nel settore orientale della città (!).
Senza nessun preavviso, in un attimo, le vite di tante persone erano sconvolte: per es.
un certo numero di abitanti nel settore orientale lavorava però in quello occidentale
ed ora rimaneva senza lavoro; oppure i suoi figli avevano frequentato fino al giorno
prima scuole nel settore occidentale e ora – a meno che non fossero piccoli – non
poterono più continuare i loro studi (in quanto troppo pericolosamente contaminati
dalla cultura ‘borghese’) e vennero avviati al lavoro.
Ulbricht ed Honecker avevano pensato a tutto, anche al fatto che i diritti degli
occidentali (berlinesi e Alleati) non andavano toccati né tantomeno lesi: così Berlino
rimaneva ancora sotto il controllo delle quattro potenze vincitrici e gli abitanti del
settore occidentale potevano ancora recarsi in quello orientale - anche se con più
controlli e solo attraverso ben precisi passaggi: due per i tedeschi occidentali, quattro
per i berlinesi occidentali, il celeberrimo ‘checkpoint Charlie’ per gli stranieri e tre
per le forze armate occidentali: tutte le altre strade e vie di accesso erano interdette.
Il mondo era stato colto completamente alla sprovvista: né i militari alleati che
vivevano a Berlino e i loro uffici informazioni, né i Governi e i Ministeri degli Esteri,
né i vari Servizi Segreti, nè la stampa e il mondo dell’informazione, avevano avuto
alcun sentore di quel che realmente stava accadendo ed era accaduto: nei Paesi
occidentali i massimi responsabili politici e di governo vennero buttati giù dal letto
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(per es. a dodici ore dalla scoperta del blocco della città il presidente degli U.S.A.
Kennedy non sapeva ancora nulla!) e non seppero nè che dire né che fare.
Il fatto era che – come i comunisti avevano previsto – non potevano fare
assolutamente nulla se non scatenare una terza guerra mondiale, cosa che,
ovviamente, nessuno voleva.
E non solo: pur nella sua follia e crudeltà, il Muro (o, al momento, la chiusura
ermetica di Berlino est) in fondo non faceva altro che ribadire ancora una volta la
divisione dell’Europa in due sfere cui l’Occidente si era da tempo assuefatto; rendeva
ancor più manifesta la divisione della Germania che molti (soprattutto la Francia)
voleva; e fugava infine il timore di un colpo di mano sovietico sull’intera città (con
tutto quel che ne sarebbe potuto conseguire). Kennedy la capì subito e lo espresse con
chiarezza fin dal giorno seguente, il 14 agosto, quando dichiarò:
“Perché Krushev avrebbe tirato su un muro se avesse voluto davvero prendere
Berlino? … Questa è la fine della crisi di Berlino. L’altra parte è stata presa dal
panico – non noi. Non faremo nulla perché non c’è alternativa tranne la guerra. E’
finita, non occuperanno Berlino.”
E fu così che, mentre i presidi militari occidentali della città venivano comunque
rafforzati, la costruzione del Muro andò avanti indisturbata rendendo sempre più
difficili le fughe (col loro carico di morti e di imprigionati quando fallivano) che
continuarono con diverse modalità: spesso erano gestite da vere e proprie
organizzazioni ad hoc che ben presto cominciarono a chiedere di essere pagate e,
addirittura, stipularono contratti sia con la N.B.C. statunitense che con organi di
stampa che, dietro pagamento, poterono seguire, filmare e documentare tutti i
preparativi e le fughe stesse (!).
In tutta la vicenda della chiusura della Germania est e dell’edificazione del Muro
erano stati e furono sempre i comunisti tedeschi i più decisi e determinati (cioè
fanatici) ed era la presenza dei sovietici a fungere semmai da freno al loro
estremismo (!).
Come aveva lucidamente capito fin da subito Kennedy, il Muro cancellava ogni
possibilità che gli Accordi di Potsdam sulla spartizione di Berlino venissero annullati,
la città fosse riunificata e le truppe alleate venissero ritirate: Krushev ne prese atto al
XXII Congresso del P.C.U.S. (aperto il 17 ottobre 1961) e fu dopo la sua conclusione
che iniziò l’opera di vera e propria fortificazione con mura, fari, sistemi di allarme,
strade ad hoc che costituirono il vero e proprio Muro: solo campi minati e congegni
per l’apertura automatica del fuoco vennero risparmiati alla città rispetto a quanto era
stato da tempo installato sul confine fra la due Germanie.
I confini fra le due Germanie e le due Berlino erano enormemente più controllati ed
impenetrabili di quelli fra gli altri Paesi comunisti e i Paesi dell’Europa occidentale
dato che la spinta ad attraversarli era ovviamente più forte fra gli appartenenti allo
stesso popolo.
Non è scopo di queste pagine affrontare la storia della Germania est o quella
dell’Europa al tempo della guerra fredda, così a questo proposito basterà segnalare
qualche dato:
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i pensionati (un peso più che una risorsa) dell’est potevano viaggiare liberamente a
ovest;
per dare un’idea dell’oppressione politica nella R.D.T. basterà ricordare che, rispetto
alla popolazione, gli agenti della Stasi (la polizia politica tedesca comunista) erano 11
volte più numerosi della Gestapo nazista;
date le persistenti carenze dell’economia comunista, i prigionieri del G.U.Lag.
tedesco-orientale per decenni vennero letteralmente venduti all’Occidente: negli anni
Sessanta uno di essi costava circa 40mila marchi (20mila euro di allora) e negli anni
Ottanta si era arrivati a 100mila. Circa 4mila dei circa 200mila incarcerati ottennero
così la libertà e, analogamente, furono concessi permessi di emigrazione in cambio di
prestiti;
le spese per la Stasi e per l’esercito (proporzionalmente molto numeroso) erano
enormi e venne così istituita una economia segreta, parallela ed illegale, chiamata
KoKo, per finanziarle;
il sistema concentrazionario non cambiò se non marginalmente né dopo l’avvio della
Ostpolitik (‘politica orientale’) inaugurata dal 1969 dal cancelliere Brandt con le sue
aperture a est; né con il conseguente riconoscimento reciproco delle due Germanie il
24 dicembre 1972; né con l’adesione formale anche della Germania est al Trattato di
Helsinki del 1975 che prevedeva il rispetto da parte di tutti i firmatari di tutte le
libertà e di tutti i diritti fondamentali;
solo un dato sembra in controtendenza, quello circa il numero delle persone morte a
causa del Muro (cioè del tentativo di oltrepassarlo): ci sono varie stime, dato che non
tutti concordano che alcuni decessi siano stati dovuti ad esso, mentre per altri lo sono
stati, seppur indirettamente: ebbene, la cifra più alta parla di 227 morti nei 28 anni di
esistenza del Muro stesso! Davvero pochi – ammesso che si possano fare bilanci del
genere – e questo non può che far concludere che esso davvero rappresentò un mezzo
particolarmente efficace di dissuasione, capace di spegnere lo spirito delle persone, la
loro possibilità di sperare: a est (ed a ovest!) ci si assuefece ad uno strumento del
genere che entrò a far parte del panorama generale e della situazione che piano piano
sembrò ‘normale’.
Non è scopo di queste pagine nemmeno analizzare e trattare del crollo del
comunismo che implose miseramente nel 1989, fortunatamente sotto la saggia e
pacifica regia Michail Gorbacev, l’ultimo segretario del P.C.U.S., e basti allora
ricordare che - nello sfascio del sistema comunista e dell’Impero sovietico - a partire
dal 2 maggio, quando l’Ungheria aprì il suo confine con l’Austria, presto seguita su
questa strada dalla Cecoslovacchia, un fiume crescente e ben presto inarrestabile di
tedeschi orientali si mise in marcia per entrare in Austria da questi Paesi mentre nelle
maggiori città tedesco-orientali le manifestazioni di protesta crescevano di intensità e
in partecipazione.
Travolto da una crisi economica terribile ed insolubile, lo screditato ed inumano
regime comunista non faceva più paura!
Honecker, successore di Ulbricht alla guida del Paese dal 1971, fu dimesso il 17
ottobre ed il successore Krenz, dopo aver tergiversato e tentato qualche impossibile
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riforma, il 9 novembre annunciò che i tedeschi orientali potevano attraversare anche
loro i confini con l’ovest.
La gioia e l’entusiasmo spinsero i berlinesi verso il Muro che non li imprigionava
più; una fiumana festante l’attraversò di slancio mentre le guardie – i famigerati
Vopos – che il giorno prima avrebbero sparato per uccidere, stettero a guardare.
La riunificazione della Germania (coi tanti problemi che comportò) seguì di lì a
poco, ma, nonostante tutta la propaganda portata avanti per decenni, i Paesi europei la
temettero e si guardarono bene dal sostenerla: questa potè avvenire grazie
all’approvazione statunitense e di Gorbacev oltre che alla determinazione e capacità
del cancelliere Kohl ed alle garanzie offerte … ma questa – come si dice – è
(finalmente!) un’altra storia.
Il Muro venne assalito, picconato e distrutto da una folla festante, ma non finì nelle
discariche: vedendo che c’era chi ne strappava un pezzo per ricordo e per cimelio, il
governo dimissionario pensò bene di ricavarne ancora qualcosa: così venne
trasportato nel Principato di Monaco e messo all’asta in un suo grande albergo il 23
giugno 1990.
Le 81 parti in cui era stato diviso (con tanto certificato di garanzia!) vennero
vendute tutte ad un prezzo di 20mila marchi (10mila euro dell’epoca) l’una.
Chissà, forse piacquero i disegni e i graffiti che per tanti anni mani ignote avevano
tracciato sulla sua parete occidentale, grottesco tentativo di rendere almeno meno
tetro il simbolo più noto della miserabile follia del comunismo di importazione.
Sottomarina 2009