lezione 6

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Émile Durkheim
Il suicidio
Il suicidio è un fatto sociale
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“Talvolta gli uomini si uccidono perché hanno
avuto dispiaceri di famiglia o delusioni d’amor
proprio; talvolta hanno sofferto la miseria e la
malattia; ecc. Ma noi abbiamo visto che queste
particolarità individuali non sarebbero capaci di
spiegare il tasso sociale dei suicidi […].”
(S.:359)
Il suicidio è un fatto sociale
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È possibile notare come ciascuna nazione europea
mostri un numero più o meno stabile di suicidi nel
corso del tempo.
Non è possibile che le persone che si suicidano l’anno
prima tornino a suicidarsi l’anno dopo.
Quindi le “correnti suicidogene” debbono essere
causate dalla differenza delle morali di quelle diverse
nazioni. Vale a dire che il suicidio è causato da un fatto
sociale e dunque anche il suicidio è un fatto sociale.
L’impostazione del problema
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Se il suicidio è causato da un fatto sociale, la psiche
dell’individuo non gioca nessun ruolo?
Durkheim non ha l’obiettivo di negare validità alla
spiegazione psicologica. Ciò che sottolinea con chiarezza è
la natura sociale della forza scatenante il suicidio.
Che ruolo ha quindi la psiche? Vi possono essere delle
predisposizioni di tipo psicologico. Personalità vulnerabili
(non è detto che siano patologiche), hanno maggior rischio
di togliersi la vita in specifiche situazioni sociali.
Ma per il sociologo, il problema è comprendere quali sono le
cause sociali che possono provocare l’atto suicida nelle
personalità predisposte.
Ancora l’homo duplex
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Ricordate l’antropologia durkheimiana:
l’individuo non è un’unità, ma una frattura. Una
componente pulsionale, riferita all’ego, ed una
componente abitata dalla società
In contesti sociali particolari la componente
sociale non è compatibile con la componente
individuale provocando il suicidio.
Il metodo
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Se dunque il tasso suicidogeno è un fatto
sociale (di confine), allora il metodo per
cercarne la causa sta nelle variazioni
concomitanti
Cioè, occorre osservare quali sono gli altri fatti
sociali la cui presenza o assenza si
accompagna all’aumento o alla diminuzione
dei suicidi.
I tipi di suicidio
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EGOISTICO (S. E.): il legame di coppia (i liberi si suicidano
di più dei coniugati); l’estensione della famiglia (i membri
delle coppie senza figli si suicidano di più rispetto quelli che
invece ne hanno) e la tradizione religiosa della società (i
protestanti mostrano tassi di suicidio più elevati dei cattolici)
ANOMICO (S. An.): le recessioni o gli sviluppi troppo
repentini dell’economia provocano impennate nelle correnti
suicidogene
ALTRUISTICO (S. Al.): società i cui codici morali prevedono
il suicidio (Giappone, India); società dove l’appartenenza
dell’individuo al gruppo è così elevata da far considerare la
propria vita un bene inferiore rispetto la sicurezza del
gruppo (kamikaze, eroe di guerra, ecc.)
S. E.
Cuase sociali specifiche. Religione
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I suicidi sono più frequenti nelle società
protestanti che in quelle cattoliche.
Per Durkheim la differenza principale tra i due
sistemi religiosi riguarda la dottrina del libero
esame. Nel cattolicesimo “tutto un sistema
gerarchico d’autorità è organizzato con un’arte
meravigliosa per rendere la tradizione
invariabile. Tutto quello che è variazione è
orrore al cattolico” (S.: 201).
S. E.
Religione
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Al contrario, invece, al protestante “la bibbia è messa
nelle sue mani e nessuna interpretazione gli è imposta.
La struttura stessa del culto riformato rende sensibile
questo stato d’individualismo religioso. In nessun luogo
tranne che in Inghilterra il clero protestante è
gerarchizzato; il prete dipende solo da se stesso e
dalla sua coscienza come il fedele. È una guida più
istruita del comune credente ma senza speciale
autorità nel fissare il dogma” (S.: 201)
S. E.
Religione. Il tema dell’integrazione
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Da ciò ne deduciamo che le società protestanti
non costituiscono dei sistemi privi di morali ma
dei sistemi che spingono l’individuo a costituirsi
la propria morale tramite il libero esame e ad
assumersene le responsabilità. Durkheim
conclude che “la chiesa protestante è una
chiesa meno fortemente integrata della chiesa
cattolica” (S.: 203)
S. E. Chiesa protestante e
concezione dell’individuo
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La morale proposta dalla chiesa protestante
dipinge un individuo autonomo, senza legami
fondativi con la comunità, solitario nel suo
rapporto con il mistero di dio.
Il prodotto di questa concezione è una
costrizione alla libertà ed alla responsabilità.
S. E. L’individuo egoico
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Un passo de La struttura dell’azione sociale di Talcott
Parsons: “Durkheim vede dunque la differenza
fondamentale (tra cattolicesimo e protestantesimo) nel
rapporto con dell’individuo con il gruppo religioso
organizzato. In un senso la differenza consiste nel fatto
che il cattolico è sottoposto ad un’autorità di gruppo
alla quale il protestante è libero; ma quest’aspetto
negativo non è tutto, poiché il punto essenziale è che
la libertà del protestante dal controllo del gruppo non è
facoltativa” (1986: 375)
S. E.
Cause sociali specifiche. Famiglia
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Analogamente, anche la famiglia è considerata
per Durkheim un’istituzione d’integrazione
fondamentale. Ed infatti si nota che in sua
assenza i suicidi aumentano, così come a
riguardo ci sono sensibili differenze tra le
coppie senza figli e quelle con figli, ecc.
Le cause sociali specifiche nel
suicidio egoistico
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Talcott Parsons propone nella sua critica al suicidio una
visone specifica del rapporto in cui stanno famiglia e
religione nel complesso del suicidio egoistico.
“Si chiarisce l’ipotesi inesatta che considera la famiglia
come elemento di difesa contro il suicidio. Infatti, nella
misura in cui la responsabilità individuale e l’indipendenza
propria del culto della personalità hanno contribuito a
distruggere certi tipi di dipendenza emotiva dal gruppo
famigliare, a impedire agli individui di sposarsi e a favorire il
divorzio, nonché a influenzare le relazione dell’ambito
famigliare è legittimo parlare di una componente egoistica
del suicidio di persone prive di legami famigliari” (Parsons,
La struttura dell’azione sociale, Il Mulino, 1986: 377).
Il suicidio egoistico: il rapporto
psiche/società
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Sia nel cattolicesimo che nel protestantesimo il suicidio
è condannato allo stesso modo. Ma nel primo caso
abbiamo una religione più solidale, più capace di
integrare l’individuo nel gruppo. Dall’altra parte invece
abbiamo un sistema di regole che interferiscono meno
con la vita individuale. Quindi in condizioni di crisi (più
probabili visto il mix libertà responsabilità) le
personalità individuali trovano minor appoggio
nell’ambiente sociale.
Il suicidio anomico
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Una causa sociale differente di correnti
suicidogene riguarda le repentine crisi o
sviluppi economici.
Come mai?
Nelle brusche dinamiche economiche vanno in
frantumi gli standard culturali. Vale a dire le
norme che hanno il compito di costituire la
parte sociale dell’individuo.
S. An. La produzione dell’anomia
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L’attività materiale (dunque l’attività
economica) è sempre in connessione con il
piano morale (ricordiamoci la divisione del
lavoro sociale e le cause che formano la
coscienza collettiva)
In una rapida trasformazione economica
(sviluppo o regressione) vanno logicamente in
frantumi le norme morali (i fatti sociali) creando
una situazione anomica
S. An. I bisogni individuali nello
stadio anomico
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La componente pulsionale trova espressione nella
componente sociale
Lo stadio anomico (la mancanza cioè di regole) non permette
quindi la regolazione del desiderio. L’individuo è sempre alla
ricerca di qualcosa che non può trovare.
Il risultato è una voglia perennemente insoddisfatta
Il tipo psicologico che fa riferimento al suicidio anomico è un
disgustato, un inappagato.
Secondo Durkheim a suicidarsi anomicamente sono sempre le
classi superiori della società, non quelle modeste.
S. An.
L’anomia: un destino del moderno
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Tra i popoli dove il progresso è e deve essere rapido, le
norme che contengono gli individui debbono essere
sufficientemente flessibili e malleabili, perché se
conservassero la rigidità immutabile che hanno nelle società
primitive, l’evoluzione così intralciata, non potrebbe avvenire
con la debita prontezza. È allora inevitabile che desideri e
ambizioni, meno fortemente trattenuti scavalchino
tumultuosamente gli argini in vari punti. Inculcando agli
individui il precetto che il progresso è per loro un dovere, è
più difficile farne dei rassegnati e l’accrescersi del numero
degli scontenti e degli irrequieti si fa inevitabile. Ogni morale
del progresso e del perfezionamento è inseparabile da un
certo grado di anomia. (S.: 430)
S. An.
Durkheim e l’individualismo
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A questo proposito occorre far riferimento al complesso
rapporto che intrattiene Durkheim con le correnti
individualiste.
Durkheim vs. Spencer egli economisti: rimprovera di non
cogliere l’esistenza di una natura sociale sui generis, ed è
in completa distonia con la loro visione egoistica
dell’individuo.
Durkheim e Kant: in entrambi la questione centrale
dell’individualità è l’uguaglianza universale: gli individui
sono tutti uguali.
Si agisce allora bene quando le proprie idee sull’azione
possono essere generalizzate senza provocare una
catastrofe.
S. An.
L’individualismo morale
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Contro una modernità perennemente anomica,
Durkheim propone in un suo saggio del 1898 la
sua concezione di individualismo morale:
“l’individuo non va rispettato per ciò che è
concretamente ma perché in lui c’è una
scintilla di umanità. Non è il particolare, ma
l’universale che esso contiene a comandare
rispetto” (Bortolini, L’immunità necessaria,
2006: 34)
Il suicidio altruistico
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Un terzo tipo di cause sociali al suicidio
riguardano l’eccessiva integrazione e dunque
la scomparsa della rappresentazione
dell’individuo
Vi sono società cioè in cui l’individuo si
identifica talmente nel gruppo da far sì che la
considerazione che ha della propria vita sia
inferiore rispetto quella che nutre verso il
proprio gruppo d’appartenenza.
S. Al.
Gli esempi empirici del S. Al. obbligatorio
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Il suicidio è molto frequente presso i popoli
primitivi. Ma vi presenta caratteri
particolarissimi. Il tratto comune è un codice
morale che prevede il suicidio in specifiche
condizioni. Se l’individuo lo rifiuta, la pena
consiste in una maledizione religiosa, in una
emarginazione radicale da gruppo, nel
disonore, ecc.
S. Al.
Gli esempi empirici del S. Al. facoltativo
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In Giappone, ad esempio, se l’individuo riceve
un’offesa da un superiore, non potendone
intaccare la dignità con la sfida a duello, l’unico
modo che ha per lavare l’offesa è uccidersi.
Così, chi non si propone come kamikaze non è
punito, ma chi lo fa riceve in premio onori, la
sicurezza economica della propria famiglia e
una promessa di salvezza eterna.
S. Al.
Il suicidio altruistico assoluto
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“Il Bramino che si è liberato dal corpo mediante
una delle pratiche messe in uso dai grandi
santi, libero da dolori e da timori è ammesso
con onore al soggiorno di Brama”.
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Il suicidio addirittura è promosso dalla stessa
religione.
La natura politeista del suicidio
assoluto
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Nelle religioni politeiste, l’idea dominante è che
l’esperienza individuale sia finzione. Tutto ciò
che il soggetto esperisce riguardo se stesso (il
desiderio, l’emozione, il corpo, ecc.) non è
affatto la sua vera natura. Dunque, l’esistenza
personale è un feticcio, un’illusione ottica. Il
suicidio è l’unico modo per spezzare
l’incantesimo e raggiungere la vera vita.
Il monoteismo e la proibizione del
suicidio
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Nelle religioni monoteiste invece il suicidio è
proibito in quanto queste religioni lasciano
all’individuo e alla sua scelta uno spazio ben
più grande di quanto non facciano quelle
politeiste. Non solo, ma gli assegnano doveri
personali cui è impossibile sfuggire. I compiti
che si svolgono quaggiù mettono da parte delle
gioie nell’aldilà (S: 278).
Politeismo e organizzazione della
società
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“Se perciò quel che costituisce il panteismo è
una negazione più o meno radicale di qualsiasi
individualità, una simile religione può formarsi
solo in una società dove l’individuo non conti
niente, nella quale cioè sia quasi totalmente
integrato nel gruppo. Infatti gli uomini possono
rappresentarsi il mondo solo ad immagine e
del piccolo mondo sociale in cui vivono” (S.:
279)
Una questione di metodo
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Il modo in cui Durkheim classifica i tipi di suicidio è
eziologico e non morfologico: “In una parola, la nostra
classificazione anziché morfologica, sarà
immediatamente eziologica” (S.: 141)
Che significa?
Che non risale alle cause sociali generali considerando
ciascun specifico suicidio, ma individua a partire dalla
teoria alcune cause sociali specifiche
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Durkheim come ha fatto a interrogare il materiale
statistico? Come ha fatto a vedere quali erano i fatti
sociali che causavano il suicidio?
Ha dedotto i fattori d’influenza dalla teoria (la religione,
la famiglia, le cause di trasformazione della coscienza
collettiva, ecc.)
Non ha costruito le cause sociali partendo
dall’osservazione concreta. Anche perché questa
sarebbe stata impossibile.
Ancora sulla regolarità statistica
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Ha immaginato cause sociali specifiche che avessero un
rapporto semantico con cause sociali generali (i tipi di
suicidio).
Una volta costruiti gli indicatori si interroga il dato statistico
attraverso il metodo delle variazioni concomitanti.
Il problema della regolarità statistica: a variare il dato ci
pensa il sociologo non la società. Vale a dire che le
categorie attraverso cui ordinare il dato le fornisce la teoria
e non la realtà sociale stessa come accade con il diritto.
Conclusioni sul suicidio
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Ancora una volta troviamo esemplificata l’idea
dominante di Durkheim: l’individuo non è che una
costruzione della società.
Che l’individuo sia una costruzione della società è
un’espressione che va presa sul serio
Nella teoria di Durkheim l’idea di individuo non è che
una conseguenza dell’ambiente sociale e delle forme
della solidarietà che esprime. Più la società si sposta
verso l’organico, più l’idea di individuo diventa precisa.
Conclusioni sul suicidio
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Questo però non significa che l’individuo sia più al sicuro in
società organiche, infatti l’anomia è una condizione empirica
della società che esemplifica molto bene i rischi della
modernità.
Nello stadio anomico i bisogni che emergono non trovano
risposta e provocano l’insoddisfazione continua del
soggetto.
Dunque la componente sociale non è solo una limitazione
del soggetto a anche una sua preservazione
Con troppa società dentro l’individuo si schiaccia, ma senza
nemmeno un pezzetto di società dentro di sé l’individuo
finisce con l’implodere in se stesso
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